------------------------Gli uomini che vinsero un impero UVI 5 1 Prefazione UVI 7 1 Capitolo 1 -- Il piano di Dio per la sua chiesa UVI 12 1 Capitolo 2 -- La preparazione dei dodici UVI 17 1 Capitolo 3 -- Il grande mandato UVI 23 1 Capitolo 4 -- La Pentecoste UVI 31 1 Capitolo 5 -- Il dono dello Spirito UVI 37 1 Capitolo 6 -- Alla porta del tempio UVI 45 1 Capitolo 7 -- Un avvertimento contro l'ipocrisia UVI 49 1 Capitolo 8 -- Davanti al sinedrio UVI 55 1 Capitolo 9 -- I sette diaconi UVI 61 1 Capitolo 10 -- Il primo martire cristiano UVI 65 1 Capitolo 11 -- Il vangelo in Samaria UVI 71 1 Capitolo 12 -- Da persecutore a perseguitato UVI 78 1 Capitolo 13 -- Giorni di preparazione UVI 83 1 Capitolo 14 -- Un cercatore di verità UVI 90 1 Capitolo 15 -- Liberato dalla prigione UVI 97 1 Capitolo 16 -- Il vangelo in Antiochia UVI 104 1 Capitolo 17 -- Messaggeri del vangelo UVI 111 1 Capitolo 18 -- La predicazione ai pagani UVI 118 1 Capitolo 19 -- Giudei e gentili UVI 126 1 Capitolo 20 -- Esaltando la croce UVI 132 1 Capitolo 21 -- Nelle regioni più lontane UVI 138 1 Capitolo 22 -- Tessalonica UVI 144 1 Capitolo 23 -- Berea e Atene UVI 152 1 Capitolo 24 -- Corinto UVI 160 1 Capitolo 25 -- Le lettere ai tessalonicesi UVI 169 1 Capitolo 26 -- Apollo a Corinto UVI 177 1 Capitolo 27 -- Efeso UVI 183 1 Capitolo 28 -- Giorni di fatica e di prova UVI 187 1 Capitolo 29 -- Un accorato messaggio d'avvertimento UVI 194 1 Capitolo 30 -- Chiamati a raggiungere un ideale più elevato UVI 203 1 Capitolo 31 -- Il messaggio è ascoltato UVI 211 1 Capitolo 32 -- Una chiesa generosa UVI 218 1 Capitolo 33 -- Un lavoro pieno di difficoltà UVI 226 1 Capitolo 34 -- Un sacro ministero UVI 234 1 Capitolo 35 -- La salvezza dei giudei UVI 240 1 Capitolo 36 -- Apostasia in Galazia UVI 244 1 Capitolo 37 -- L'ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme UVI 250 1 Capitolo 38 -- Paolo prigioniero UVI 262 1 Capitolo 39 -- Il processo a Cesarea UVI 268 1 Capitolo 40 -- Paolo si appella a Cesare UVI 271 1 Capitolo 41 -- "Per poco non mi persuadi" UVI 275 1 Capitolo 42 -- Viaggio e naufragio UVI 280 1 Capitolo 43 -- A Roma UVI 289 1 Capitolo 44 -- Alla corte di Cesare UVI 294 1 Capitolo 45 -- Le lettere scritte da Roma UVI 304 1 Capitolo 46 -- In libertà UVI 306 1 Capitolo 47 -- L'ultimo arresto UVI 308 1 Capitolo 48 -- Paolo di fronte a Nerone UVI 312 1 Capitolo 49 -- L'ultima lettera di Paolo UVI 319 1 Capitolo 50 -- Condannato a morte UVI 322 1 Capitolo 51 -- Un fedele pastore al servizio di Cristo UVI 332 1 Capitolo 52 -- Fedele fino alla morte UVI 338 1 Capitolo 53 -- Il discepolo che Gesù amava UVI 343 1 Capitolo 54 -- Un testimone irreprensibile UVI 350 1 Capitolo 55 -- Trasformato dalla grazia UVI 357 1 Capitolo 56 -- A Patmos UVI 363 1 Capitolo 57 -- Il mistero svelato UVI 372 1 Capitolo 58 -- La chiesa trionfante ------------------------Prefazione UVI 5 1 Una canzone di qualche anno fa ripeteva nel ritornello: "...Dio è morto... ai bordi delle strade Dio è morto..." In effetti nella nostra società postindustriale parlare di Dio sembra assurdo, o tutt'al più una favola dei "bei tempi andati"! UVI 5 2 Eppure scorrendo le pagine di questo libro ti sembrerà di respirare un'atmosfera diversa... leggerai tanti episodi della vita di personaggi che hai già sentito nominare molte volte: Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni e altri apostoli e discepoli di Gesù. UVI 5 3 Leggerai la storia della nascita del Cristianesimo e soprattutto dei miracoli compiuti da Dio in quei tempi lontani. UVI 5 4 Miracoli?... sembra anche questa una parola assurda, ma, se avrai la pazienza di continuare la tua lettura, scoprirai che le cose fantastiche che Dio ha compiuto quasi duemila anni fa sono le stesse che vuole realizzare oggi, mentre ci avviciniamo al Duemila! UVI 5 5 Nel piano di Dio il nostro tempo è destinato a testimoniare un rinnovamento della fede e delle azioni potenti del Signore come già è successo alla Pentecoste, il momento in cui è nata la Chiesa Cristiana! UVI 5 6 In questo libro potrai trovare chiaramente espressa la convinzione che Dio è vivo, agisce oggi come ieri e soprattutto ci ama! UVI 5 7 Questo significa che le storie raccontate in questo volume non sono solo "pie credenze", ma realtà storiche che potranno ripetersi, se lo desideri, nella tua vita! UVI 5 8 Atti degli Apostoli è uno degli ultimi libri di Ellen White, pubblicato pochi anni prima della sua morte. In esso l'Autrice che pure ha lasciato decine di scritti, riesce come in poche occasioni a "farci toccar con mano" quella realtà soprannaturale che tutti abbiamo ricercato o forse ricerchiamo nella nostra esperienza. UVI 5 9 Il nostro augurio è che anche nella tua vita, caro lettore, possano avvenire quelle cose fantastiche che banno trasformato l'esistenza delle persone la cui storia ti accingi a percorrere. ------------------------Capitolo 1: Il piano di Dio per la sua chiesa UVI 7 1 La chiesa deve operare in favore della salvezza dell'uomo. Essa è stata organizzata per servire; la sua missione consiste nel portare il Vangelo al mondo; il suo scopo è quello di riflettere nel mondo la pienezza e la perfezione della natura divina. I suoi membri, che Dio ha chiamato dalle tenebre alla sua meravigliosa luce, devono rivelarne la gloria. La chiesa è depositaria della ricca grazia di Dio. Non a caso sarà proprio tale grazia a mostrare l'amore di Dio in modo pieno e definitivo perfino alle "autorità e le presenze presenti nel cielo". Efesini 3:10. UVI 7 2 Ecco come la Bibbia riporta le meravigliose promesse che riguardano la chiesa. "permetterò loro di vivere intorno al mio monte santo" (Isaia 56:7, Luzzi), "...le benedirò facendo piovere nella stagione giusta... Gli darò campi famosi per la loro fertilità, non soffrirà più la fame nella sua terra e non sarà disprezzato dalle altre nazioni. Allora tutti riconosceranno che io il Signore, loro Dio, proteggo Israele e che questo è veramente il mio popolo. Lo dichiaro io, Dio, il Signore. ... Voi che appartenete al mio gregge, siete gli uomini che guiderò perché sono il vostro Dio. Lo affermo io, Dio, il Signore". Ezechiele 34:26, 29-31. UVI 7 3 "I miei testimoni siete voi, o Israeliti! -- dice il Signore -- voi siete i miei servi, che io ho scelti, perché crediate in me e sappiate che io sono il solo Dio. Prima di me non ce n'é stato un altro, dopo di me non ce ne sarà. Io sono il solo Signore, l'unico che può salvare. Io l'ho annunziato, vi ho salvati, l'ho fatto sapere, non sono straniero in mezzo a voi. Voi siete i miei testimoni!" "...Io, il Signore, ti ho chiamato e ti ho dato il potere di portare giustizia sulla terra. Io ti ho formato e per mezzo tuo farò un'alleanza con tutti i popoli e porterò la luce alle nazioni. Aprirai gli occhi ai ciechi, metterai in libertà i prigionieri e tutti quelli che si trovano in una oscura prigione". Isaia 43:6, 7. UVI 7 4 "Il Signore dice al suo popolo: 'Nel momento della misericordia ti ho ascoltato; nel giorno della salvezza ti sono venuto in aiuto. Ti ho formato e protetto, perché per mezzo tuo voglio fare un'alleanza con tutti i popoli. Ti farò conquistare e abitare la tua terra ora desolata. Ai prigionieri dirai: Uscite! A coloro che vivono nell'oscurità: Venite alla luce del sole! Saranno come pecore, che pascolano lungo le strade e trovano erba abbondante su ogni collina. Non soffriranno più la fame o la sete, né il sole, né il vento caldo del deserto li colpirà. Li condurrò con amore, li guiderò a fresche sorgenti. Farò passare attraverso le montagne facili strade...'. 'Cielo, grida di gioia! terra, rallegrati! montagne, giubilate! il Signore conforta il suo popolo e ha misericordia per quelli che hanno sofferto. Il popolo di Gerusalemme diceva: 'Dio mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato'. Ma il Signore ha risposto: 'Può una donna dimenticare il suo bambino o non amare più il piccolo che ha concepito? Anche se ci fosse una tale donna, io non ti dimenticherò mai. Ho disegnato sulle palme delle mie mani la tua immagine, ho negli occhi la visione delle tue mura'". Isaia 49:8-16. UVI 8 1 La chiesa è una fortezza divina, una città di rifugio che Dio ha posto in un mondo in rivolta. Tradirla significa essere sleali nei confronti di Colui che ha acquistato l'umanità con il sangue del suo unico Figlio. La chiesa terrena è formata da persone sincere, che fino dai suoi albori hanno svolto il loro compito di sentinelle del Signore. Tali persone non hanno mai smesso di testimoniare e di dare i loro messaggi di avvertimento. E quando costoro dovevano lasciare il campo, altri li sostituivano nella loro missione. Dio ha stretto un patto con questi testimoni unendo la chiesa terrena a quella celeste. Egli ha inviato angeli per servire la sua chiesa ed essa non sarà travolta dalle forze del male. UVI 8 2 Nei secoli bui, in tempi di persecuzione e lotta, Dio ha sostenuto la chiesa. Colui che non è stato sorpreso dalle ombre che l'hanno oscurata conosce tutte le forze che si levano per ostacolarla. Infatti tutto ciò che Egli ha predetto si è verificato. Attraverso il suo Spirito i profeti hanno annunciato gli eventi futuri. Tutti i suoi frutti si adempiono e nessuna potenza malefica può permettersi di cancellare la legge che regola il governo divino dell'universo. La verità trionfa sempre sui suoi oppositori perchè Dio, oltre a ispirarla, la difende da ogni possibile contraffazione. UVI 8 3 Il compito della chiesa di Dio, anche durante i secoli più bui, è stato quello di essere un punto di riferimento per chiunque fosse interessato a conoscere le dottrine celesti. Anche se può apparire debole e imperfetta, la chiesa è oggetto della massima cura di Dio. Egli prende piacere nel rivelare, attraverso la chiesa, la sua grazia, provando in essa l'effetto di una potenza che può trasformare i cuori. UVI 8 4 "A cosa somiglia il regno di Dio? Con quale parabola ne parleremo?" (Marco 4:30, Luzzi), chiese Gesù. Non poteva rappresentare tale realtà con segni terreni: in effetti, ogni autorità terrena si fonda sulla forza, e la società secolare non ha elementi paragonabili a ciò che Gesù voleva illustrare. Nel suo regno non vi è posto né per le armi né per gli strumenti di coercizione; lo scopo del regno di Dio è piuttosto quello di sollevare e nobilitare l'uomo. Nella chiesa di Dio si formano uomini santi, arricchiti dai vari doni dello Spirito Santo. La loro felicità deriva dalla gioia di coloro che essi aiutano e benedicono. UVI 9 1 L'opera che il Signore desidera che la sua chiesa compia è meravigliosa e glorifica il nome divino. La visione di Ezechiele del "fiume della guarigione" rappresenta un'immagine di tale opera. "Questo torrente scorre verso est, arriva fino alla pianura del Giordano e sbocca nel mar Morto. Quando arriva al mare ne rinnova l'acqua salata e questa diventa salubre. Dovunque arriverà il torrente, brulicheranno animali di ogni specie e i pesci si moltiplicheranno. Risanerà l'acqua del mare, dovunque scorrerà porterà la vita... Su entrambe le rive del torrente cresceranno alberi da frutta di ogni tipo. Non smetteranno mai di produrre frutti e le loro foglie non appassiranno mai. Anzi daranno un raccolto al mese perché sono irrigati dall'acqua che scorre dal santuario. I loro frutti serviranno da cibo e le loro foglie saranno usate come medicine". Ezechiele 47:8, 9, 12. UVI 9 2 La volontà di Dio è che il suo popolo rechi benedizione al mondo. Dio trasformò Giuseppe in una fonte di vita per gli antichi egiziani, i quali dovettero la loro sopravvivenza all'integrità di quell'uomo. Attraverso Daniele, Dio salvò la vita di tutti i saggi di Babilonia. Il senso di queste liberazioni è quello di illustrare le benedizioni spirituali che il mondo ha ricevuto da uomini che, come Giuseppe e Daniele, hanno vissuto in comunione con Dio. Chiunque abbia accettato Gesù nel proprio cuore, manifesta l'amore di Dio per il mondo e collabora con lui per il bene dell'umanità. Chi riceve dal Salvatore la grazia da offrire agli altri, emanerà da tutta la sua persona un flusso di spiritualità. UVI 9 3 Dio scelse il popolo d'Israele per rivelare il suo carattere agli uomini e offrire al mondo una fonte di salvezza; a esso affidò gli oracoli celesti e la rivelazione della sua volontà. Israele sorse in un tempo in cui i popoli della terra, seguendo pratiche corrotte, avevano ormai dimenticato l'unico vero Dio. "Pur avendo conosciuto Iddio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si son dati a vani ragionamenti, e l'insensato loro cuore s'è ottenebrato". Romani 1:21 (Luzzi). Tuttavia il Dio misericordioso non li cancellò dalla faccia della terra. Attraverso il popolo eletto, Dio voleva dar loro l'opportunità di riavvicinarsi a lui. Attraverso gli insegnamenti del sacrificio espiatorio, la figura di Cristo doveva essere presentata a tutti i popoli in modo che chiunque l'avesse considerata, avrebbe ottenuto la vita eterna. Cristo rappresentava il fondamento della religione ebraica. I personaggi tipici e i simboli che la caratterizzavano costituivano una sintetica profezia del Vangelo, un compendio di promesse riguardanti la redenzione dell'uomo. UVI 10 1 Gli Israeliti però persero di vista il loro compito, sublime e privilegiato, di rappresentanti di Dio. Dimenticando Dio, la loro missione si concluse con un fallimento e le benedizioni da loro ricevute non furono trasmesse al mondo. Fu la paura della tentazione che li portò a rinchiudersi in loro stessi. Invece di limitarsi a seguire le indicazioni divine che limitavano i loro contatti con i popoli idolatri allo scopo di proteggerli dalle pratiche pagane, si servirono di tali restrizioni per erigere un muro tra loro e le altre nazioni. Cosi gli israeliti, non compiendo la missione che era stata loro affidata, ostacolarono l'opera di Dio e privarono i loro simili di una guida religiosa e di un esempio di santità. UVI 10 2 I sacerdoti e i governanti, soddisfatti da una religione formale, non superarono la soglia di un rigido ritualismo. Questo atteggiamento impediva loro di trasmettere agli altri le verità vivificanti che Jahvè aveva loro rivelate. Soddisfatti dalla propria giustizia non desideravano che altri condividessero il loro credo. Essi non accettavano che fosse Dio a infondere in loro la volontà di seguirlo, pensavano che essa fosse dovuta ai meriti acquisiti con le buone opere. La fede che opera per mezzo dell'amore e purifica gli animi non poteva trovare posto in quelle cerimonie e in quei precetti che i farisei avevano creato per mettere in evidenza la loro religiosità. UVI 10 3 Dio disse al suo popolo: "Avevo piantato viti di prima qualità per fare di te una vigna privilegiata. Come mai ti sei mutata in tralci bastardi di uva selvatica?" Geremia 2:21. "Il popolo d'Israele era come una vigna rigogliosa, piena di grappoli". Osea 10:1. "Abitanti di Gerusalemme e di Giuda, fate da arbitri tra me e la mia vigna: potevo fare di più per la mia vigna? Perché essa mi ha dato solo uva selvatica e non l'uva buona che io mi aspettavo?" UVI 10 4 "Ecco quel che farò alla mia vigna: le toglierò la siepe d'intorno, abbatterò il muro di cinta, la farò diventare un pascolo, un ritrovo per animali selvatici. La ridurrò terreno incolto: nessuno verrà più né a zappare né a potare, vi cresceranno soltanto rovi e spine. Dirò alle nuvole di non darle la pioggia. Anche il Signore dell'universo ha una vigna: Israele. Questa piantagione da lui preferita è il popolo di Giuda. Dio si aspettava giustizia, vi trovò invece assassinii e violenze, chiedeva fedeltà, udì solamente le grida degli sfruttati". Isaia 5:3-7. "Non avete reso forti le pecore deboli, curato quelle malate, fasciato quelle ferite, ricondotte al gregge quelle andate lontano, cercato quelle perdute. Invece le avete governate con violenza e crudeltà". Ezechiele 34:4. UVI 10 5 Le guide d'Israele si ritenevano troppo sagge per essere istruite, troppo giuste per aver bisogno della salvezza, troppo onorate per aver bisogno dell'onore che proviene da Cristo. Il Salvatore tolse loro i privilegi e la missione che avevano disprezzato per darli ad altri. Occorreva rivelare la gloria di Dio e affermare il primato del suo insegnamento. Il regno di Cristo doveva essere ristabilito nel mondo, e per far conoscere la salvezza di Dio sarebbe stato necessario chiamare dei discepoli che avrebbero compiuto l'opera che i capi giudei non erano riusciti a compiere. ------------------------Capitolo 2: La preparazione dei dodici UVI 12 1 Per la realizzazione della sua missione, Cristo non si servì né degli uomini colti ed eloquenti del sinedrio giudaico, né della potenza di Roma. Per proclamare le verità che avrebbero scosso il mondo, Cristo tralasciò i maestri giudei pieni di autosufficienza per scegliere degli uomini umili e illetterati. Il Maestro si proponeva di prepararli ed educarli a essere delle guide della sua chiesa in modo da poter a loro volta istruire gli altri per inviarli a recare il messaggio evangelico. Il successo della loro missione sarebbe stato attribuito alla potenza dello Spirito Santo. Non sarebbero quindi state la potenza o la saggezza umana a permettere la proclamazione del Vangelo, ma la potenza di Dio. UVI 12 2 Per tre anni e mezzo i discepoli furono istruiti dal più grande Insegnante che il mondo abbia mai conosciuto, il quale vivendo in contatto con loro, li preparò al servizio divino. Giorno dopo giorno camminavano e vivevano con lui, ascoltavano le parole di incoraggiamento che lui rivolgeva agli stanchi e agli oppressi, vedevano la manifestazione della sua potenza in favore degli afflitti e dei malati. A volte Egli si sedeva tra loro sulle pendici di un monte per insegnare; altre volte, camminando per strada o lungo il mare, rivelava i misteri del regno di Dio. Dovunque vi fossero cuori recettivi al messaggio divino, Egli rivelava le verità relative alla salvezza; non ordinava ai discepoli di fare questo o quello, ma diceva loro: "Seguitemi". Li portava con sé durante i suoi viaggi per le città e le campagne in modo che potessero vedere come Egli insegnava alla gente. Durante questo pellegrinaggio da un posto all'altro condividevano con lui il suo pasto frugale, qualche volta soffrivano la fame e spesso la stanchezza. Per le strade, lungo le rive del lago, nella solitudine del deserto, in ogni momento della vita erano con lui. UVI 12 3 La consacrazione dei dodici segnò il primo passo dell'organizzazione della chiesa che dopo l'ascensione di Gesù avrebbe portato avanti la sua missione sulla terra. Di questa chiamata, la Scrittura dice: "Poi Gesù sali sul monte e chiamò a sé quei ch'Egli stesso volle, ed essi andarono a lui. E ne costituì dodici per tenerli con sé e per mandarli a predicare". Marco 3:13-15 (Luzzi). UVI 12 4 Contempliamo questa scena commovente. Il Sovrano dei cieli circondato dai dodici da lui scelti per essere consacrati per la sua opera: strumenti deboli destinati attraverso la sua Parola e lo Spirito a rendere la salvezza accessibile a tutti. UVI 13 1 Fu con sentimenti di gioia che Dio insieme agli angeli contemplò tale scena. Il Padre sapeva che la luce celeste avrebbe brillato attraverso questi uomini, che le parole pronunciate da loro, testimoni di suo Figlio, sarebbero risuonate di generazione in generazione sino alla fine dei tempi. UVI 13 2 Come testimoni di Cristo, i discepoli dovevano annunciare al mondo ciò che avevano visto e udito di lui. A parte Cristo nessun uomo era stato mai chiamato a un compito così importante: collaborare con Dio per la salvezza degli uomini. Come ai tempi dell'Antico Testamento i dodici patriarchi rappresentavano Israele, così i dodici apostoli rappresentavano la chiesa evangelica. UVI 13 3 Durante la sua missione terrena, Cristo iniziò a demolire il muro che separava i Gentili dai giudei predicando la salvezza universale. Pur essendo giudeo evitava di seguire le abitudini farisaiche e si univa ai disprezzati samaritani. Gesù dormì sotto i loro tetti, mangiò alle loro tavole e insegnò nelle loro strade. UVI 13 4 Un profondo desiderio del Salvatore era quello di insegnare ai suoi discepoli che il muro di separazione eretto tra Israele e le altre nazioni doveva essere abbattuto. "I Gentili sono eredi con noi... e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante l'Evangelo". Efesini 3:6 (Luzzi). Tale verità venne parzialmente rivelata quando Egli ricompensò la fede del centurione di Capernaum, come anche quando predicò il Vangelo agli abitanti di Sicar. Il Salvatore fu ancora più esplicito quando in Fenicia guarì la figlia della cananea. I discepoli poterono così meglio comprendere che tra coloro che erano da molti considerati indegni di salvezza, ve ne erano alcuni desiderosi di ricevere la luce della verità. UVI 13 5 Cristo cercò quindi di far comprendere ai discepoli che il regno di Dio non aveva un confine territoriale, né era appannaggio di una casta o di un gruppo aristocratico; occorreva recarsi in tutte le nazioni per far conoscere l'amore del Salvatore. Ci volle però del tempo affinché fosse ben chiaro che "da un solo uomo Dio ha fatto discendere tutti i popoli, e li ha fatti abitare su tutta la terra. Ha stabilito per loro i periodi delle stagioni e i confini dei territori da loro abitati. Dio ha fatto tutto questo perché gli uomini lo cerchino e si sforzino di trovarlo, anche a tentoni, per poterlo incontrare. In realtà Dio non è lontano da ciascuno di noi". Atti 17:26, 27. UVI 13 6 Indubbiamente il fatto che i primi discepoli avessero dei caratteri differenti rappresentava un certo vantaggio nell'adempimento di una missione che riguardava tutti gli uomini. Nonostante le differenze, naturali o acquisite, con i modi di vita che caratterizzavano le diverse popolazioni di allora, era necessario che essi raggiungessero un'unità di pensiero e di azione. Raggiungere questa unità era un obiettivo essenziale per Cristo, e per questo occorreva che prima essi fossero uniti a lui. Fu questo un obiettivo molto sentito da Cristo, come traspare da questa preghiera che rivolse al Padre: "Che siano tutti uno; che come tu, o Padre, sei in me, ed io sono in te, anch'essi siano in noi... affinché il mondo conosca che tu m'hai mandato, e che li ami come hai amato me". Giovanni 17:21, 23 (Luzzi). Cristo chiedeva costantemente in preghiera che essi potessero essere santificati attraverso la verità, e pregava con fiducia, perché sapeva che un decreto dell'Onnipotente era stato emanato prima della creazione del mondo. Sapeva anche che il Vangelo del Regno sarebbe stato predicato a tutti i popoli, che la verità sorretta dallo Spirito Santo avrebbe vinto la battaglia contro il male, e che lo stendardo insanguinato sarebbe un giorno sventolato in segno di trionfo davanti ai seguaci del Salvatore. UVI 14 1 Quando il ministero di Cristo volse al termine, prima di lasciare i suoi discepoli, Egli cercò di incoraggiarli in modo da prepararli a lavorare senza la sua guida personale. Presentò loro il futuro in maniera chiara senza ingannarli con false speranze. Gesù sapeva che si sarebbe separato da loro e che essi si sarebbero trovati come pecore in mezzo a lupi, che avrebbero sofferto la persecuzione, che sarebbero stati cacciati dalle sinagoghe e anche gettati in prigione. Alcuni di loro sarebbero stati uccisi perché avevano testimoniato della messianicità del Cristo. Parlando del loro futuro, Gesù li informò chiaramente delle difficoltà che avrebbero dovuto affrontare. Nel momento della prova, il ricordo delle sue parole e la fiducia che nutrivano in lui come Redentore li avrebbero rincuorati. UVI 14 2 Rivolse loro anche parole di speranza e di incoraggiamento. "Non siate tristi -- disse -- abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio c'è molto posto. Altrimenti ve lo avrei detto. Io vado a prepararvi un posto. E se vado ve lo preparo, tornerò e vi prenderò con me. Cosi anche voi sarete dove sono io. Voi sapete dove io vado e sapete anche la strada". Giovanni 14:1-4. Sono venuto nel mondo per amor vostro e per voi ho compiuto la mia missione che continuerò per voi con serietà anche quando me ne sarò andato. Sono venuto al mondo per rivelare me stesso in modo che possiate credere, e ora vado dal Padre per collaborare con lui alla vostra salvezza. UVI 14 3 "Ve lo assicuro: chi ha fede in me farà anche lui le opere che io faccio, e ne farà di più grandi, perché io ritorno al Padre". Giovanni 11:12. Con ciò Cristo non intendeva dire che i suoi discepoli avrebbero compiuto azioni più importanti delle sue, ma che la loro opera avrebbe avuto un'estensione maggiore. Non si riferiva inoltre ai soli miracoli, ma a tutto ciò che sarebbe stato compiuto con l'influsso dello Spirito Santo. "Quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre -- disse -- lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati meco fin dal principio". Giovanni 15:26, 27 (Luzzi). UVI 15 1 Queste parole si adempirono in modo prodigioso quando, dopo la discesa dello Spirito Santo, i discepoli furono talmente colmi di amore per Colui che era morto per loro, da intenerire con le loro parole e le loro preghiere coloro che li ascoltavano. Migliaia di persone si convertirono per aver sentito parlare degli uomini diretti dalla potenza dello Spirito. UVI 15 2 Come rappresentanti di Cristo, gli apostoli avrebbero destato una notevole impressione sulla gente. Il fatto di essere uomini di umile estrazione, invece di diminuire il loro ascendente, l'avrebbe aumentato, perché il pensiero dei loro ascoltatori sarebbe andato al Salvatore il quale, pur senza farsi vedere, operava ancora con loro. Lo straordinario insegnamento degli apostoli, i loro inviti al coraggio e alla fiducia, avrebbero garantito che tutto ciò che facevano dipendeva dalla potenza di Cristo e non dalle loro capacità. La loro umiltà avrebbe testimoniato del fatto che Colui che i giudei avevano crocifisso era il Principe della vita, il figlio del Dio vivente, perchè solo nel suo nome si potevano compiere le opere che i discepoli avevano fatto. UVI 15 3 Nell'ultimo colloquio intrattenuto coi discepoli, la notte precedente la crocifissione, il Salvatore non fece riferimento alle sofferenze che avrebbe patito, non parlò dell'umiliazione che lo attendeva, ma attirò la loro attenzione su ciò che avrebbe rafforzato la loro fede, invitandoli a soffermarsi sulla gioia che precede la vittoria. Gioì per la consapevolezza di poter fare per i suoi seguaci più di quanto aveva promesso, per l'amore e la pietà che avrebbe infuso nei loro animi, per il fatto che avrebbe dato all'uomo un carattere simile al suo. La diffusione della verità che aveva insegnato ai suoi discepoli sarebbe progredita, raccogliendo un successo dopo l'altro. UVI 15 4 "Vi ho detto tutto questo -- disse -- perché troviate in me la pace. Nel mondo avrete dolori; coraggio, però! Io ho vinto il mondo". Giovanni 16:33. La fede aveva preservato il Cristo dal fallimento e dallo scoraggiamento; il suo desiderio era che i suoi discepoli manifestassero nella loro opera la sua stessa fede e costanza. Erano chiamati a operare come lui e a ricevere da lui la forza. Con la sua grazia avrebbero potuto superare ostacoli apparentemente impossibili senza disperarsi e continuando sempre a contare sul suo soccorso. UVI 16 1 Cristo voleva formare delle persone che fossero in grado di continuare la sua opera su questa terra. In questo modo Egli completava la missione che gli era stata affidata. Ecco alcune sue parole: "Tutto ciò che è mio appartiene a te, e ciò che è tuo appartiene a me, e la mia gloria si manifesta in loro. Io non sono più nel mondo, loro invece sì. Io ritorno a te. Padre santo, conserva uniti a te quelli che mi hai affidati, perché siano una cosa sola come noi. Io non prego soltanto per questi miei discepoli, ma prego anche per altri, per quelli che crederanno in me dopo aver ascoltato la loro parola. Fa' che siano tutti una cosa sola: come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi... io unito a loro e tu unito a me. Così potranno essere perfetti nell'unità, e il mondo potrà capire che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me". Giovanni 17:10, 11, 20-23. ------------------------Capitolo 3: Il grande mandato UVI 17 1 Dopo la morte di Cristo, i suoi discepoli erano quasi sopraffatti dallo scoraggiamento. Il loro Maestro era stato rifiutato, condannato e crocifisso. Gli stessi sacerdoti e governanti avevano affermato con disprezzo: "Ha salvato altri e non può salvar se stesso! Da che è il re d'Israele, scenda ora giù di croce, e noi crederemo in lui". Matteo 27:42 (Luzzi). La speranza dei discepoli era tramontata e nei loro cuori si profilava la notte. Soli e con il cuore rotto, spesso si dicevano: "Noi speravamo che fosse lui che avrebbe riscattato Israele" (Luca 24:21, Luzzi), e ricordavano queste parole del Maestro: "Poichè se fan queste cose al legno verde, che sarà egli fatto al secco?" Luca 23:31 (Luzzi). UVI 17 2 Tutte le volte che Gesù aveva tentato di rivelare il futuro ai suoi discepoli, essi si erano mostrati noncuranti. Era per questo motivo che la sua morte li aveva colti impreparati. Solo successivamente, riesaminando il passato, provarono una grande tristezza nel notare i risultati della loro incredulità. Quando videro Cristo crocifisso non credevano che sarebbe risorto. Eppure lui aveva detto esplicitamente che sarebbe risorto il terzo giorno. Le loro perplessità per quello che Gesù aveva affermato furono la causa della loro profonda disperazione al momento della sua morte. Proprio allora la loro fede fu impedita dalla fitta trama di tenebre con le quali Satana aveva avvolto le loro menti. Non riuscivano a capire il motivo di quella morte. Se invece avessero creduto alle parole del Salvatore quanta tristezza si sarebbero risparmiati! UVI 17 3 I discepoli, soffocati dal dolore, dallo scoraggiamento e dalla disperazione, nel timore di dover seguire la sorte del loro amato Maestro, si rinchiusero nella camera alta; e fu proprio in quel luogo che il Salvatore risorto apparve loro. UVI 17 4 Cristo rimase su questa terra per quaranta giorni per preparare i discepoli all'opera che li attendeva e per spiegare loro ciò che essi non erano stati precedentemente capaci di comprendere. Parlò delle profezie riguardanti il suo avvento, della sua reiezione da parte dei giudei, della sua morte, indicando loro che in questo modo si era adempiuto ogni aspetto della profezia che lo riguardava. Disse anche che avrebbero dovuto considerare questi adempimenti garanzia della potenza che li avrebbe sostenuti nell'opera che li attendeva. Scrive l'evangelista Luca: "Allora Gesù li aiutò a capire le profezie delle Scritture. Poi aggiunse: 'Così sta scritto: il Messia deve morire, ma il terzo giorno doveva risuscitare dai morti. Per suo incarico ora deve essere portato a tutti i popoli l'invito a cambiare vita e a ricevere il perdono dei peccati. Voi sarete testimoni di tutto ciò cominciando da Gerusalemme'". Luca 24:45-48. UVI 18 1 In questi giorni che Cristo dedicò ai discepoli, essi acquisirono nuove esperienze. La loro fede fu pienamente confermata da ciò che il loro diletto Maestro spiegava loro in riferimento all'adempimento delle profezie contenute nelle Scritture, tanto che essi potevano dire: "So in chi ho creduto". 2 Timoteo 1:12 (Luzzi). Cominciavano a rendersi conto della natura e dell'ampiezza di quell'opera che consisteva nel proclamare al mondo le verità loro affidate. Erano chiamati a essere testimoni verso il mondo degli eventi che avevano caratterizzato la vita del Cristo, la sua morte e risurrezione, le profezie che a essi si riferivano, i misteri del piano della salvezza e della potenza di Gesù per il perdono dei peccati. Dovevano proclamare un Vangelo di pace e salvezza per mezzo del pentimento e della potenza che il Salvatore assicurava. UVI 18 2 Prima di salire al cielo, Cristo dette il mandato ai suoi discepoli, dicendo che sarebbero stati gli strumenti per far conoscere al mondo i tesori della vita eterna. "Voi siete stati testimoni del sacrificio che ho compiuto in favore del mondo", disse, "e avete visto quanto ho faticato per Israele. Anche se il mio popolo non si è rivolto a me per ricevere la vita, i sacerdoti e i capi hanno fatto di me quello che hanno voluto; essi avranno un'altra opportunità se vorranno accettare il Figlio di Dio. Io ricevo liberamente tutti coloro che vengono a me per confessare i loro peccati. Come io mostro la mia misericordia non respingendo in alcun modo chiunque venga a me, voi che siete i miei discepoli, dovete diffondere questo messaggio di misericordia. Si tratta di un messaggio rivolto sia ai giudei che ai Gentili. A Israele, in primo luogo, e poi a tutta la popolazione della terra. E questo perché tutti i credenti saranno riuniti in un'unica chiesa". UVI 18 3 Il mandato evangelico per il suo carattere missionario costituisce la più importante presentazione del regno di Dio. Compito dei discepoli era quello di adoperarsi con impegno per rivolgere a tutti l'invito della misericordia divina. Dovevano andare dalla gente per portare il messaggio; non bastava attendere semplicemente di essere interpellati. UVI 18 4 L'opera dei discepoli andava compiuta nel nome di Cristo. Ogni loro parola e ogni loro azione per poter avere quella forza vitale in grado di salvare i peccatori dovevano orientare l'attenzione verso il nome del Salvatore; la loro fede doveva essere fondata su Colui che dà misericordia e potenza. Le loro richieste dovevano essere presentate nel nome del Figlio per ottenere una risposta. I discepoli dovevano inoltre battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il nome del Cristo doveva costituire la loro parola d'ordine, il loro segno di distinzione, il loro patto d'unione, l'autorizzazione ad agire e la fonte del loro successo. Nulla di ciò che non portasse il segno del suo beneplacito poteva essere reso idoneo al suo regno. UVI 19 1 Quando Cristo invitò i discepoli ad andare nel suo nome per formare una chiesa che raccogliesse tutti i credenti, raccomandò un comportamento ispirato alla semplicità. Minore sarebbe stato lo spirito di ostentazione manifestato, maggiore sarebbe stato l'influsso positivo che essi avrebbero esercitato sul loro prossimo. I discepoli dovevano parlare con la stessa semplicità con cui Cristo si era espresso per imprimere nelle menti degli ascoltatori le lezioni che Egli aveva insegnato loro. UVI 19 2 Cristo non disse ai discepoli che la loro opera sarebbe stata facile, anzi mostrò come il male si era coalizzato contro di loro, come essi avrebbero dovuto combattere "contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono ne' luoghi celesti". Efesini 6:12 (Luzzi). Ma non si sarebbero trovati a combattere da soli. Li assicurò che lui sarebbe stato con loro, e che se essi fossero andati avanti con fede, Dio li avrebbe protetti con il suo scudo. Cristo si adoperò per favorire la prosecuzione della sua opera prendendo su di sé la responsabilità del successo. Per tutto il tempo in cui essi avrebbero ubbidito alla sua parola e lavorato uniti a lui non sarebbero andati incontro al fallimento. Andate presso tutti i popoli -- ordinò loro -- anche nelle parti più remote del globo, e siate certi che io sarò con voi persino in quei luoghi. Lavorate con fede e con fiducia, perché io non vi abbandonerò mai; sarò sempre con voi aiutandovi a compiere il vostro dovere, guidandovi, confortandovi, santificandovi, sostenendovi, suggerendovi parole capaci di suscitare l'interesse della gente per le promesse di Dio. UVI 19 3 Il sacrificio di Cristo in favore dell'uomo è stato pieno e completo. Le condizioni per l'espiazione erano state soddisfatte e l'opera che lui era venuto a compiere in questo mondo era stata realizzata. Spodestando Satana, Egli aveva conquistato il regno ed era divenuto erede di tutte le cose. Gesù stava per elevarsi al trono di Dio, dove sarebbe stato onorato dalle schiere celesti. Nel segno della grandissima autorità che aveva ricevuto, Egli conferì ai discepoli il seguente mandato: "Perciò andate, fate diventare miei discepoli tutti gli uomini del mondo; battezzateli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo". Matteo 28:19, 20. UVI 20 1 Proprio poco prima di lasciare i discepoli, Gesù spiegò ancora una volta in modo semplice quale fosse la natura del suo regno, richiamando la loro attenzione su ciò che aveva precedentemente detto. Affermò che non era suo proposito formare in questo mondo un regno temporale. Egli non era stato chiamato a regnare come un monarca terreno sul trono di Davide. E quando i discepoli gli chiesero: "Signore è questo il momento nel quale tu devi ristabilire il regno d'Israele?, Gesù rispose: Non spetta a voi sapere quando ciò esattamente accadrà: solo il Padre può deciderlo". Atti 1:6, 7. Non era necessario che essi ricevessero delle rivelazioni ulteriori, riguardanti il futuro dell'umanità. Il loro unico compito consisteva nel proclamare il messaggio evangelico. UVI 20 2 Anche se privati della presenza fisica del Cristo, i discepoli avrebbero ricevuto in dono una nuova forza. Lo Spirito Santo sarebbe stato dato loro nella sua pienezza in modo da consacrarli per la loro missione "Ecco -- aveva detto il Salvatore -- io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso; quant'è a voi, rimanete in questa città finché dall'alto siate rivestiti di potenza". Luca 24:49 (Luzzi). "Poiché Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo tra non molti giorni... Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra". Atti 1:5, 8 (Luzzi). UVI 20 3 Il Salvatore sapeva che nessun argomento, per quanto logico, avrebbe reso sensibili dei cuori induriti o infranto la barriera dell'egoismo e della mondanità. Sapeva che i suoi discepoli dovevano ricevere il dono del cielo, che il Vangelo sarebbe stato efficace solo se proclamato da cuori resi sensibili e da labbra rese eloquenti dalla conoscenza di Colui che è la via, la verità e la vita. L'opera affidata ai discepoli avrebbe richiesto un grande impegno perché l'ondata del male li avrebbe investiti con grande forza. Per combattere contro le forze del male, guidate da un essere attento e deciso, era necessario l'aiuto che Dio avrebbe elargito attraverso il suo Spirito. UVI 20 4 Cristo disse ai discepoli di iniziare a Gerusalemme la loro opera, nella città teatro dello straordinario sacrificio compiuto in favore dell'umanità. In quella città Egli aveva camminato e parlato con la gente, che a parte qualche eccezione non si era accorta di quanto il cielo fosse vicino alla terra. Molti credevano che Gesù di Nazareth fosse il Messia ma non osavano ammetterlo pubblicamente. Altri erano stati ingannati dai sacerdoti e dai governanti. A loro doveva essere proclamato il Vangelo; loro dovevano essere invitati al pentimento e informati chiaramente del fatto che solo attraverso Cristo sarebbe stato possibile ottenere il perdono dei peccati. E proprio ora che tutta Gerusalemme era agitata dagli eventi elettrizzanti delle ultime settimane, la predicazione degli apostoli avrebbe suscitato una profonda impressione. UVI 21 1 Durante il suo ministero, Gesù aveva costantemente presentato ai discepoli l'esigenza di essere uno con lui per compiere l'opera di redenzione del mondo dalla schiavitù del peccato. Prima di mandare i Dodici e poi i Settanta a proclamare il regno di Dio, li aveva informati circa il dovere di riferire agli altri ciò che lui aveva fatto conoscere. Il loro compito era quello di imparare a operare individualmente e in gruppo, per estendere la loro azione, in relazione con la crescita della chiesa, sino alle zone piu remote della terra. L'ultima lezione che dette ai suoi seguaci riguardò il modo in cui dovevano custodire le liete notizie di salvezza che Dio aveva indirizzato a tutta l'umanità. UVI 21 2 Quando giunse il tempo di salire al Padre, Cristo condusse i discepoli nei pressi di Betania. Dopo essersi fermato, essi si raccolsero attorno a lui che con le mani alzate in segno di benedizione, in ricordo della sua promessa di protezione, mentre era ancora in mezzo a loro, ascese lentamente al cielo "E avvenne che mentre li benediceva, si dipartì da loro e fu portato su nel cielo". Luca 24:51 (Luzzi). UVI 21 3 Mentre lo sguardo dei discepoli era rapito in alto verso il loro Signore ormai quasi invisibile, quest'ultimo veniva accolto fra le fila esultanti degli angeli. Scortandolo sino alla corte celeste, questi angeli cantavano in segno di trionfo: "O regni della terra, cantate a Dio, salmeggiate al Signore, a colui che cavalca sui cieli dei cieli eterni!... Riconoscete la potenza di Dio; la sua maestà è sopra Israele, e la sua potenza è nei cieli!" Salmi 68:32-34 (Luzzi). UVI 21 4 I discepoli stavano ancora scrutando con intensità il cielo, quando "ecco che due uomini in vesti bianche si presentarono loro e dissero: Uomini galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù che è stato tolto da voi ed assunto in cielo verrà nella medesima maniera che l'avete veduto andare in cielo". Atti 1:10, 11 (Luzzi). UVI 21 5 La promessa della seconda venuta di Cristo sarebbe rimasta sempre ben presente nella mente dei discepoli. Quello stesso Gesù che essi avevano visto salire al cielo sarebbe tornato per portare con sé coloro che quaggiù si sarebbero consacrati al suo servizio. La stessa voce che aveva detto: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente", avrebbe loro dato il benvenuto alla sua presenza nelle corti celesti. UVI 21 6 Come nel rituale israelitico il sommo sacerdote, deposti gli abiti pontificali, officiava con la veste di lino bianco di un semplice sacerdote, così Cristo si spogliò dei suoi abiti regali per rivestire l'umanità e offrire un sacrificio in cui era sia sacerdote che vittima. Come il sommo sacerdote dopo aver compiuto il servizio nel luogo santo andava con i suoi paramenti pontificali verso la folla che lo attendeva, così Cristo verrà la seconda volta rivestito con abiti splendenti e bianchissimi. "Nessuno a questo mondo avrebbe potuto farli diventar così bianchi a forza di lavarli". Marco 9:3. Egli verrà ammantato della sua gloria e della gloria del Padre, al suo seguito avrà tutte le schiere angeliche. UVI 22 1 È così che si adempirà la promessa che Cristo aveva fatto ai discepoli: "Tornerò, e v'accoglierò presso di me". Giovanni 14:3 (Luzzi). Tutti coloro che lo avranno amato e lo avranno atteso, saranno da lui coronati di gloria, onore e immortalità. I giusti deceduti usciranno dalle tombe, e i giusti viventi saranno elevati sino a incontrare il Signore. Tutti insieme udranno la voce di Gesù che con una dolcezza indicibile dirà loro: la vostra lotta è finita; "Venite, voi che siete i benedetti dal Padre mio; entrate nel regno che è stato preparato per voi fin dalla creazione del mondo". Matteo 25:34. UVI 22 2 La speranza nel ritorno del Signore diventerà allora un grande motivo di gioia per i suoi discepoli. ------------------------Capitolo 4: La Pentecoste UVI 23 1 Mentre i discepoli ritornavano dal monte degli Ulivi a Gerusalemme, la gente li osservava, aspettando di vedere sui loro volti espressioni di tristezza, confusione e sconfitta; invece vi videro gioia e trionfo. Ora, i discepoli non si lamentavano più per le speranze deluse. Avevano visto il Salvatore risorto e non avevano dimenticato le parole della promessa che Egli aveva pronunciato prima di separarsi. UVI 23 2 Ubbidendo all'ordine di Cristo, essi aspettavano in Gerusalemme l'adempimento della promessa del Padre: la discesa dello Spirito. Non aspettavano oziando. Il Vangelo dice che "erano del continuo nel tempio, benedicendo Iddio". Luca 24:53 (Luzzi). Si riunirono assieme anche per presentare le loro richieste al Padre, nel nome di Gesù. Essi sapevano di avere in cielo un Avvocato che ci rappresenta presso il trono di Dio. Con sacro timore, si inginocchiarono in preghiera, ripetendo con fiducia le parole "Quel che chiederete al Padre, Egli ve lo darà nel nome mio. Fino ad ora non avete chiesto nulla nel nome mio; chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa". Giovanni 16:23, 24 (Luzzi). In alto e sempre più in alto stesero le mani con la potente certezza che "Gesù Cristo è morto. Anzi Egli è risuscitato e ora si trova accanto a Dio, dove sostiene la nostra causa". Romani 8:34. UVI 23 3 Mentre i discepoli aspettavano l'adempimento della promessa, si umiliarono manifestando un sincero pentimento e confessando la loro incredulità. Essi si sforzavano di ricordare le parole che Cristo aveva pronunciato prima di morire. A mano a mano che i loro sforzi si moltiplicavano, il significato di quelle parole diventava più chiaro. Le verità che prima non ricordavano, ora ritornavano alla mente. Essi se le ripetevano l'un l'altro. Intanto si rimproveravano di non aver compreso il Salvatore. La sua meravigliosa vita, scena dopo scena, passò dinanzi a loro. Riflettendo sulla purezza e santità del suo esempio, si convinsero che nessuna fatica sarebbe stata troppo difficile, nessun sacrificio troppo grande, se avessero permesso di testimoniare con la loro vita dell'amorevole carattere di Cristo. Oh, se avessimo potuto rivivere i tre anni passati -- essi pensavano -- quanto differentemente ci saremmo comportati! Se avessero potuto rivedere il Maestro, con quanto fervore avrebbero cercato di dimostrargli il loro amore; quanto erano dispiaciuti per averlo addolorato con una parola o con un atto di incredulità! Ma i discepoli erano confortati al pensiero di essere stati perdonati. E decisero che, per quanto fosse loro possibile, avrebbero rimediato alla loro incredulità confessando coraggiosamente dinanzi al mondo la fedeltà a Gesù. UVI 24 1 I discepoli pregarono con intenso fervore per essere resi idonei a incontrarsi con tutti gli uomini e per testimoniare nella loro vita quotidiana con parole che guidassero i peccatori a Cristo. Cancellando tutte le differenze, tutti i desideri di supremazia, essi si univano. Il loro rapporto con Dio si intensificava. Così facendo comprendevano quale privilegio avessero nel potersi associare così intimamente a Cristo, e si rammaricavano del fatto che spesso il loro comportamento aveva addolorato il Signore. Erano stati troppo lenti nel comprendere le lezioni che, per il loro bene, Egli aveva impartite. UVI 24 2 Quei giorni di preparazione furono giorni di profondi esami di coscienza. I discepoli riconobbero il loro bisogno spirituale e supplicarono il Signore affinché con l'olio santo dello Spirito li rendesse idonei a lavorare per la salvezza del mondo. Essi non chiesero solamente benedizioni per se stessi. Si sentivano aggravati dalla responsabilità che comportava l'annuncio della salvezza. Comprendevano che l'Evangelo doveva essere predicato a tutto il mondo e chiedevano la potenza che Cristo aveva promesso. UVI 24 3 Durante il periodo dei patriarchi, l'influsso dello Spirito Santo si era spesso rivelato in maniera notevole, ma mai nella sua pienezza. Ora, ubbidendo alle parole del Salvatore, i discepoli invocavano questo dono. Alle loro preghiere Cristo, in cielo, aggiungeva la sua personale intercessione. Egli chiedeva il dono dello Spirito per poterlo riversare sul suo popolo. UVI 24 4 "E come il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nel medesimo luogo. E di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov'essi sedevano". Atti 2:1, 2 (Luzzi). UVI 24 5 Mentre i discepoli pregavano, lo Spirito si posò su loro con una pienezza che colmava ogni cuore. L'Essere Infinito rivelava con potenza Se stesso alla sua chiesa. Era come se per secoli questo influsso fosse stato trattenuto, e ora il cielo gioiva di poter riversare sulla chiesa le ricchezze dello Spirito. Sotto la guida dello Spirito, i discepoli pronunciarono parole di pentimento e confessione insieme a canti di lode per il perdono ricevuto. Si udivano parole di gratitudine e di profezia. Immersi nell'estasi di quegli istanti, i discepoli esclamavano: "In ciò si manifesta l'amore di Dio..." Essi si appropriarono del dono offerto loro. E cosa successe? La spada dello Spirito, affilata con potenza e contrassegnata dal bagliore del cielo, si fece strada fra l'incredulità degli uomini. Migliaia ne furono convertiti in un solo giorno. UVI 25 1 "Ma io vi assicuro che per voi è meglio, se io me ne vado. Perché se non me ne vado non verrà a voi lo Spirito che vi difende. Invece se me ne vado, ve lo manderò... quando però verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà verso tutta la verità. Non vi dirà cose sue, ma quelle che avrà udito, e vi parlerà delle cose che verranno". Giovanni 16:7, 13. UVI 25 2 L'ascensione di Cristo era un segno. Essa indicava che presto i suoi seguaci avrebbero ricevuto la benedizione promessa. Per questo essi attendevano la sua manifestazione prima d'intraprendere la loro missione. Una volta arrivato nelle sedi celesti, Gesù fu posto sul trono e qui ricevette l'adorazione degli angeli. E quando questa cerimonia terminò, lo Spirito discese abbondantemente, e Cristo fu glorificato e ricevette gli stessi onori che aveva condiviso con il Padre sin dall'eternità. La discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, era un segno dell'approvazione divina che aveva caratterizzato la consacrazione del Cristo come Redentore dell'umanità. Secondo la sua promessa, Egli aveva mandato lo Spirito Santo sui suoi discepoli. Egli aveva ricevuto tutta l'autorità che competeva al suo ruolo di re e di sacerdote. Un'autorità che riguardava il cielo e la terra. Egli era il Messia che avrebbe diretto il suo popolo. UVI 25 3 "E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d'esprimersi". Atti 2:3, 4 (Luzzi). Lo Spirito Santo, sotto forma di" lingue di fuoco", si posò su coloro che erano riuniti. Questo era il segno che il dono dello Spirito era stato riversato sui discepoli, dono che li avrebbe resi capaci di parlare in lingue a loro fino a quel momento sconosciute. L'apparenza del fuoco raffigurava il fervente zelo con il quale gli apostoli avrebbero lavorato, e la potenza che li avrebbe accompagnati nel loro lavoro. UVI 25 4 "A Gerusalemme c'erano Ebrei, uomini molto religiosi, venuti da tutte le parti del mondo". Atti 2:5. Durante il periodo della diaspora [dal 722 a. C. in poi, ndr], gli ebrei si erano sparsi in tutto il mondo allora abitato, e nel loro esilio avavano imparato a parlare varie lingue. Molti di loro erano venuti a Gerusalemme per partecipare alla celebrazione delle feste religiose tradizionali. Ogni lingua era rappresentata da coloro chr partecipavano a queste feste. La diversità di lingue sarebbe stato un grande ostacolo per la proclamazione del Vangelo; Dio perciò scelse un modo miracoloso per colmare la lacuna degli apostoli in questo ambito. Lo Spirito Santo fece per loro ciò che essi non avrebbero potuto compiere da soli iin tutta la vita. Ora potevano predicare le verità del Vangelo ovunque, parlando con precisione le stesse lingue di coloro ai quali testimoniavano. Questo dono miracoloso era la prova del fatto che la loro missione aveva ottenuto l'approvazione di Dio. Da allora in poi la lingua dei discepoli fu pura, semplice e corretta, sia che parlassero nella loro lingua nativa che in lingua straniera. UVI 26 1 "Appena si sentì quel rumore, si radunò una gran folla, e non sapevano che cosa pensare. Ciascuno infatti li sentiva parlare nella propria lingua, per cui erano pieni di meraviglia e di stupore e dicevano: "Questi uomini che parlano sono tutti Galilei? Come mai allora li sentiamo parlare nella nostra lingua nativa?" Atti 2:6-8. UVI 26 2 I sacerdoti e i capi del popolo erano molto irritati a motivo di questa meravigliosa manifestazione, ma non osavano maliziare sul fatto per paura di esporsi alla reazione del popolo. Essi avevano messo a morte il Nazareno, ma ora i suoi servitori, illetterati galilei, raccontavano in tutte le lingue parlate, la storia della sua vita e del suo ministero. I sacerdoti decisero così di rendere meno appariscente il miracolo compiuto dai discepoli presentandolo come una qualsiasi altra manifestazione naturale, e dichiarando che essi si erano ubriacati con il vino che era stato preparato per la festa. Alcuni tra i più ignoranti del popolo credettero a queste false insinuazioni, ma i più perspicaci capirono che si trattava di un inganno. Coloro che avevano assistito al miracolo testimoniarono di aver compreso il messaggio apostolico nella loro lingua nativa. UVI 26 3 In risposta alle accuse dei sacerdoti, Pietro spiegò che questa manifestazione era il perfetto adempimento della profezia di Gioele, dove egli predisse che una tale potenza sarebbe venuta sugli uomini per renderli idonei a svolgere una speciale missione. "Uomini giudei, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, siavi noto questo, e prestate orecchio alle mie parole. Perché costoro non sono ebbri, come voi supponete, poiché non è che la terza ora del giorno: ma questo è quel che fu detto per mezzo del profeta Gioele: "E avverrà negli ultimi giorni, dice Iddio, che io spenderò del mio Spirito sopra ogni carne: e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno, e i vostri giovani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serventi, in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno"". Atti 2:14-18 (Luzzi). UVI 26 4 Con chiarezza e potenza Pietro testimoniò della morte e risurrezione di Cristo: "Uomini d'Israele, ascoltate ciò che sto per dire. Gesù di Nazareth era un uomo mandato da Dio per voi: Dio gli ha dato autorità con miracoli, con prodigi e con segni. è stato Dio stesso a compierli per mezzo di lui fra voi. E voi la sapete bene!... voi, con la complicità di uomini malvagi, lo avete ucciso inchiodandolo a una croce. Ma Dio l'ha fatto risorgere, liberandolo dal potere della morte. Era impossibile infatti che Gesù rimanesse schiavo della morte". Atti 2:22-24. UVI 27 1 Pietro non si riferì agli insegnamenti di Cristo per provare la sua posizione, perché sapeva quanto grande fosse il pregiudizio dei suoi ascoltatori: in tal caso le sue parole non avrebbero avuto nessun effetto. Invece, egli parlò di Davide, che era considerato dai giudei come un patriarca della nazione. "Un salmo di Davide infatti dice di lui: "Vedevo continuamente il Signore davanti a me: egli mi sostiene perché io non abbia a cadere. Per questo io sono pieno di gioia e posso cantare la mia felicità. Pur essendo mortale, vivrò nella speranza, perché tu non mi abbandonerai nel mondo dei morti e non permetterai che il tuo santo vada in corruzione. Tu mi hai mostrato i sentieri che portano alla vita..." UVI 27 2 "Fratelli devo parlarvi molto chiaramente riguardo al nostro patriarca Davide. Egli è morto e fu seppellito, e la sua tomba si trova ancor oggi in mezzo a noi... Davide dunque vide in anticipo ciò che doveva accadere, e queste sue parole si riferiscono alla risurrezione del Messia: "Egli non è stato abbandonato nel mondo dei morti e il suo corpo non è andato in corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha fatto risorgere, e noi tutti ne siamo testimoni"". Atti 2:25-32. UVI 27 3 La scena suscita curiosità. Ed ecco la gente venire da tutte le direzioni per udire i discepoli testimoniare della verità che Gesù aveva insegnato loro. Un gran numero di persone affolla il tempio. I sacerdoti e i capi del popolo, con un ghigno di malignità che traspare dai loro volti, sono là tra la folla: i cuori ancora pieni di un invincibile odio per Cristo, le mani ancora sporche del sangue versato in occasione della crocifissione del Redentore del mondo. Essi pensano di trovare gli apostoli paralizzati dalla paura a motivo dell'oppressione e di quel recente omicidio. Invece i discepoli paiono privi di ogni timore. Lo Spirito Santo è su loro. Con forza proclamano la divinità di Gesù di Nazareth. Essi li sentono dichiarare che Colui che è stato recentemente umiliato, deriso, frustato da mani crudeli e crocifisso, è il Principe della vita, ora esaltato alla destra di Dio. UVI 27 4 Alcuni di coloro che ascoltavano gli apostoli avevano avuto una parte attiva nella condanna e morte di Cristo. Le loro voci si erano unite alla folla che chiedeva la sua crocifissione. Quando Gesù e Barabba erano dinanzi a loro nell'aula del giudizio, e Pilato chiese: "Chi volete che vi liberi?", essi risposero: "Non costui, ma Barabba!" Matteo 27:17; Giovanni 18:40 (Luzzi). Quando Pilato consegnò loro Cristo, dicendo: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; perché io non trovo in lui alcuna colpa". "Io sono innocente del sangue di questo giusto"; essi gridarono: "Il suo sangue sia sopra a noi e sopra i nostri figliuoli". Giovanni 19:6; Matteo 27:24, 25 (Luzzi). UVI 28 1 Ora loro udivano i discepoli dichiarare che era stato il Figlio di Dio a essere crocifisso. Sacerdoti e anziani tremavano. Un moto di sdegno percorse la folla. Molti furono presi da rimorso "e dissero a Pietro e agli altri apostoli: Fratelli, che dobbiam fare?" Atti 2:37 (Luzzi). Tra coloro che ascoltavano i discepoli c'erano giudei devoti e sinceri nella loro fede. La potenza che accompagnava le parole del predicatore li convinse che senza dubbio Gesù era il Messia. UVI 28 2 E Pietro a loro: Ravvedetevi, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remissione de' vostri peccati e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Poiché per voi è la promessa, e per i vostri figliuoli, e per tutti quelli che son lontani, per quanti il Signore Iddio nostro ne chiamerà". Atti 2:38, 39 (Luzzi). UVI 28 3 Pietro fece comprendere a quelle persone che avevano rigettato Cristo perché erano stati ingannati dai sacerdoti e dagli anziani; e che se continuavano a rivolgersi a costoro per ricevere consiglio e per ricevere il Messia, non lo avrebbero mai trovato né accettato. Questi uomini potenti, sebbene facessero professione di carità, ricercavano in primo luogo le ricchezze e la gloria terrena. Non desideravano venire a Cristo per ricevere la luce della verità. UVI 28 4 Sotto l'Influsso di questa celeste illuminazione, le Scritture che Cristo aveva spiegato ai discepoli acquistavano quella chiarezza e quella immediatezza che caratterizzano una completa rivelazione della verità. Il velo che non aveva permesso loro di vedere fino in fondo ciò che era stato abolito, era ora rimosso. In tal modo comprendevano qual era l'oggetto della missione di Cristo e la natura del suo regno. Potevano predicare con potenza l'opera del Salvatore. La dottrina della salvezza convinse molte persone. Le tradizioni e le superstizioni inculcate dai sacerdoti furono spazzate dalle loro menti. Questa azione purificatrice favoriva l'accettazione degli insegnamenti del Salvatore. UVI 28 5 "Quelli dunque i quali accettarono la sua parola furon battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone". Atti 2:41 (Luzzi). UVI 28 6 I capi giudei avevano creduto che il lavoro del Cristo sarebbe finito con la sua morte. Nonostante questa loro aspettativa, essi non avevano potuto fare a meno di assistere alle meravigliose scene del giorno della Pentecoste. Essi si erano accorti che i discepoli erano ripieni di una potenza e di una energia fino allora sconosciute. La loro predicazione era confermata da segni e prodigi di ogni tipo. In Gerusalemme, la roccaforte del giudaismo, migliaia di persone avevano apertamente dichiarato la loro fede in Gesù di Nazareth, il Messia. UVI 29 1 I discepoli stupivano e gioivano per la conversione di tutte quelle persone. Essi non riconoscevano questa meravigliosa mietitura come il risultato dei propri sforzi, bensì come il frutto di un lavoro altrui. Fin dalla caduta di Adamo, Cristo aveva affidate a uomini scelti il seme della sua Parola, perché fosse seminato nei cuori umani. Durante la sua vita, Egli aveva seminato il seme della verità e lo aveva innaffiato con il suo sangue. Le conversioni che avvennero nel giorno della Pentecoste erano il risultato di questa semina, erano dovute al lavoro di Cristo e rivelavano l'efficacia del suo insegnamento. UVI 29 2 I discorsi dei soli apostoli, sebbene chiari e convincenti, non avrebbero rimosso il pregiudizio che era stato diffuso fra il popolo. Ma lo Spirito Santo aggiunse ai discorsi che già toccavano i cuori la potenza divina. Le parole degli apostoli erano come le frecce acuminate dell'Onnipresente, e convincevano gli uomini della terribile colpa di aver rigettato e crocifisso il Signore della gloria. UVI 29 3 L'insegnamento di Cristo aveva a spinto i discepoli a ricercare il bisogno dello Spirito. Con l'insegnamento dello Spirito, essi ricevevano la qualificazione finale per poter compiere l'opera della loro vita. Non erano più limitati dalla loro scarsa educazione. Non erano più un'accozzaglia di individui in disaccordo e in perenne conflitto tra loro. Le loro speranze non erano più limitate a un ideale terreno. Essi avevano realizzato una perfetta unità: "Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il tempio. Spezzavano il pane nelle loro case e mangiavano con gioia e semplicità di cuore". Atti 2:46. "La comunità dei credenti viveva unanime e concorde". Atti 4:32. Cristo era l'oggetto preferito dei loro pensieri. Lo scopo che si erano prefissati era l'avanzamento del suo regno. La loro mente e il loro carattere si erano adeguati all'ideale proposto dal loro Maestro. Gli uomini" riconoscevano che erano stati con Gesù". Atti 4:13 (Luzzi). UVI 29 4 La Pentecoste portò loro l'illuminazione celeste. Le verità che non potevano comprendere mentre Gesù era con loro, ora erano capite. Con una fede e una certezza che non avevano mai conosciuto prima, accettavano gli insegnamenti delle Sacre Scritture. La divinità del Cristo non era più una questione di fede. Loro sapevano che, sebbene rivestito di umanità, Egli era senza dubbio il Messia, e raccontavano la loro esperienza al mondo convinti del fatto che Dio era in mezzo a loro. UVI 29 5 Gli apostoli potevano pronunciare il nome di Gesù con certezza; non era forse lui il loro amico e fratello maggiore? La loro comunione con Cristo era tanto intensa da far sentire loro la vicinanza fisica del Maestro. Con quali parole ferventi essi esprimevano i loro pensieri mentre testimoniavano di lui! I loro sentimenti di amore per il prossimo erano così profondi da costringerli ad andare fino alle estremità della terra per testimoniare della potenza di Cristo. Essi volevano portare avanti, a ogni costo, il lavoro che Egli aveva iniziato. Riconoscevano la grandezza del loro debito verso Dio e la responsabilità della loro missione. Fortificati dalla potenza dello Spirito Santo, avanzavano pieni di zelo per estendere a tutto il mondo i trionfi della croce. Lo Spirito li animava e parlava attraverso loro. La pace di Cristo splendeva sui loro volti. Avevano dedicato la loro vita al suo servizio e il carattere testimoniava della loro consacrazione. ------------------------Capitolo 5: Il dono dello Spirito UVI 31 1 Verso la fine del suo ministero terreno, Cristo promise ai discepoli l'invio dello Spirito Santo. Fino agli ultimi istanti che precedettero la sua crocifissione, Egli era ben cosciente delle difficoltà che avrebbe incontrato. Egli doveva portare su di sé una colpa che non era sua. Prima di offrirsi come vittima espiatrice, Egli istruì i discepoli circa il dono più importante che avrebbe elargito ai suoi seguaci. Gesù desiderava che essi approfittassero delle illimitate risorse della sua grazia. "Io pregherò -- disse -- il Padre ed egli vi darà un altro difensore che starà sempre con voi, lo Spirito della verità. Il mondo non lo vede e non lo conosce, perciò non può riceverlo. Voi lo conoscete, perché è con voi e sarà con voi sempre". Giovanni 14:16, 17. Il Salvatore indicava il tempo in cui lo Spirito Santo avrebbe svolto una potente opera come suo rappresentante. Il male che si era accumulato per secoli sarebbe stato annullato dalla potenza divina dello Spirito Santo. UVI 31 2 Quale fu il risultato della discesa dello Spirito nel giorno della Pentecoste? La buona notizia del Salvatore risorto fu portata alle più estreme regioni del mondo abitato. I discepoli proclamavano il messaggio della grazia salvifica e i cuori cedevano alla potenza di questo messaggio. La chiesa raccolse convertiti provenienti da ogni parte. Furono convertiti degli apostati; dei peccatori si unirono ai credenti per cercare la perla di gran prezzo. Alcuni di quelli che erano stati tra i più accaniti oppositori del Vangelo divennero i suoi strenui difensori. La profezia si avverò, "colui che fra loro vacilla sarà in quel giorno come Davide, e la casa di Davide sarà come Dio, come l'angelo dell'Eterno davanti a loro". Zaccaria 12:8 (Luzzi). Ogni cristiano vide nel suo prossimo una rivelazione dell'amore e della benevolenza divini. Un solo interesse prevalse, un solo modello da seguire era bramato da tutti gli altri. L'ambizione dei credenti era di rivelare l'immagine del carattere di Cristo e di lavorare per l'espansione del suo regno. UVI 31 3 "Gli apostoli con gran potenza rendevan testimonianza della risurrezione del Signor Gesù; e gran grazia era sopra tutti loro". Atti 4:33 (Luzzi). Grazie al loro lavoro si aggiunsero alla chiesa uomini scelti che, avendo ricevuto la verità, consacrarono la loro vita alla testimonianza di quella speranza che riempiva i loro cuori di pace e di gioia. Essi non potevano essere trattenuti o intimiditi da minacce. Il Signore parlava per mezzo loro. Essi andavano di luogo in luogo, predicavano ai poveri il Vangelo e compivano miracoli per grazia divina. UVI 32 1 Iddio può operare potentemente quando degli uomini si sottomettono al controllo del suo Spirito. UVI 32 2 La promessa dello Spirito Santo non è limitata a un'età o a una razza soltanto. Cristo dichiarò che l'influsso divino del suo Spirito avrebbe sostenuto i suoi seguaci sino alla fine dei tempi. Dal giorno della Pentecoste a oggi, il Consolatore è stato mandato a coloro che si sono consacrati completamente al Signore e al suo servizio. Per tutti coloro che hanno accettato Cristo come personale Salvatore, lo Spirito Santo è stato consigliere, santificatore, guida e testimone. Più i credenti si avvicinano a Dio e più chiaramente essi testimoniano dell'amore del Redentore e della sua grazia salvifica. Uomini e donne che nei secoli hanno gioito in larga misura della presenza dello Spirito nella loro vita, sono stati dei segni e dei prodigi per il mondo. Dinanzi ad angeli e uomini essi hanno rivelato la potenza trasformatrice dell'amore divino. UVI 32 3 Coloro che durante la Pentecoste furono rivestiti della potenza divina non erano esenti da tentazioni e prove. Mentre testimoniavano per la verità e la giustizia, ripetutamente erano assaliti dal nemico della verità che cercava di derubarli della loro esperienza cristiana. Furono costretti a lottare con tutta la potenza che Dio aveva dato loro per raggiungere la statura perfetta di Gesù Cristo. Ogni giorno pregavano per un rinnovato dono della grazia, che permettesse loro di raggiungere vette sempre più alte verso la perfezione. Anche il più debole, sottomettendosi allo Spirito Santo, esercitando la fede in Dio, imparò a migliorare le qualità che gli erano state date e a diventare santo, puro e nobile. Sottomettendosi umilmente all'influsso trasformatore dello Spirito Santo, ricevettero tutti la pienezza del Padre, e furono trasformati secondo l'immagine divina. UVI 32 4 Il periodo di tempo trascorso non ha apportato alcun cambiamento alla promessa di Cristo di inviare lo Spirito Santo come suo rappresentante. Non è a causa di una restrizione di Dio che le ricchezze della sua grazia non si riversano sugli uomini. Se l'adempimento della promessa non si realizza appieno è perché essa non viene apprezzata come si dovrebbe. Tutti, se lo desiderassero, potrebbero essere ripieni dello Spirito. Dove il bisogno dello Spirito è poco sentito, ci sono aridità spirituale, oscurità, declino spirituale e morte. Dove si presta attenzione alle cose di poco valore, la potenza divina, tanto necessaria alla crescita e alla prosperità della chiesa, viene a mancare. Con facilità si dimentica che essa è totalmente disponibile e che ogni possibile miglioramento della condizione umana è legato indissolubilmente alla sua azione. UVI 33 1 Se dunque questo è il mezzo grazie al quale riceviamo potenza, perché non desideriamo con tutte le nostre forze il dono dello Spirito? Perché non parliamo, non preghiamo, non predichiamo la sua esistenza? Il Signore è tanto più desideroso di dare lo Spirito a coloro che lo servono di quanto non lo siano i genitori quando danno dei buoni doni ai propri figli. Ogni credente dovrebbe presentare a Dio la richiesta di un quotidiano battesimo dello Spirito. Lavoratori cristiani dovrebbero riunirsi a gruppi e chiedere assistenza e sapienza celeste per poter programmare ed eseguire i loro piani saggiamente. Bisogna pregare in modo speciale affinché Dio battezzi i suoi ambasciatori nei campi missionari con una ricca misura del suo Spirito. Lo Spirito che accompagna gli operai di Dio conferirà una tale potenza alla proclamazione della verità da non poterla paragonare alla gloria e all'onore che il mondo offre. UVI 33 2 Lo Spirito Santo dimora con l'operaio consacrato a Dio, ovunque egli si trovi. Le parole che furono dette ai discepoli sono rivolte anche a noi. Lo Spirito provvede la forza che sostiene in ogni emergenza le persone che lottano in mezzo all'odio del mondo e che riconoscono i propri errori e le proprie sconfitte. Nel dolore e nell'afflizione, quando tutto sembra nero e il futuro incerto, quando ci sentiamo impotenti e soli: è proprio in questi momenti che, in risposta alla preghiera della fede, lo Spirito Santo ci conforta. UVI 33 3 La manifestazione di un'estasi spirituale in circostanze straordinarie non è la prova conclusiva dell'essere cristiano di un credente. La santità non è estasi: essa è sottomissione completa al volere di Dio; è vivere secondo ogni parola che procede dalla sua bocca; è fare la volontà del nostro Padre celeste; è aver fede in Dio nelle prove, nell'oscurità come nella luce; è camminare per fede non secondo la logica umana; è avere una fiducia incondizionata in Dio ed essere certi del suo amore. UVI 33 4 Per noi non è essenziale sapere definire esattamente che cos'è lo Spirito Santo. Cristo ci dice che lo Spirito è il Consolatore, "lo Spirito della verità che procede dal Padre". Giovanni 15:26 (Luzzi). Dello Spirito è stato chiaramente detto che, nella sua funzione di guida degli uomini alla verità, "non parlerà di suo". Giovanni 16:13 (Luzzi). UVI 33 5 La natura dello Spirito Santo è un mistero. Gli uomini non possono spiegarla, perché il Signore non l'ha rivelata loro. Uomini dotati di fantasia potrebbero mettere insieme alcuni passi delle Scritture e basare su di questi una particolare dottrina. Accettare queste idee non contribuirà però all'edificazione della chiesa. Intorno a tali ministeri, al di là della comprensione umana, il silenzio è la scelta migliore. UVI 34 1 Il ministero dello Spirito Santo è distintamente specificato nelle parole di Cristo: "Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio" (Giovanni 16:8, Luzzi) è lo Spirito Santo che convince di peccato. Se il peccatore risponde agli avvertimenti dello Spirito, sarà guidato a pentirsi e a rendersi conto dell'importanza di ubbidire ai comandamenti divini. UVI 34 2 Al peccatore pentito, affamato e assetato del perdono divino, lo Spirito Santo rivela l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Cristo disse: "Nelle sue parole si manifesterà la mia gloria, perché riprenderà quel che io ho insegnato, e ve lo farà capire meglio". Giovanni 16:14. "Egli v'insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che v'ho detto". Giovanni 14:26 (Luzzi). UVI 34 3 Lo Spirito è dato come un agente rigeneratore. Egli rende effettiva la salvezza, grazie alla morte del nostro Redentore. Lo Spirito cerca costantemente di attirare l'attenzione degli uomini sul grande sacrificio fatto sulla croce del Calvario, di rivelare al mondo l'amore di Dio e di svelare ai convertiti le preziose verità delle Scritture. UVI 34 4 Convincendo di peccato e presentando gli ideali di giustizia, lo Spirito Santo allontana le menti dalle cose terrene e riempie l'anima con il desiderio di santità. "Egli vi guiderà in tutta la verità" (Giovanni 16:13, Luzzi), dichiarò il Salvatore. Se gli uomini desiderano essere modellati, saranno santificati nell'intero essere. Lo Spirito imprimerà nelle menti le cose di Dio. Con la sua potenza, la strada da percorrere diverrà così piana che nessuno potrà deviare. UVI 34 5 Fin dal principio Dio ha operato con lo Spirito mediante strumenti umani per compiere il suo scopo in favore dell'umanità caduta. Questo fu manifestato nella vita dei patriarchi. Ai fedeli nel deserto, ai tempi di Mosè, Dio diede il suo "buono spirito per istruirli". Neemia 9:20 (Luzzi). Nei giorni degli apostoli operò potentemente per la sua chiesa attraverso lo Spirito Santo. La stessa forza che sostenne i patriarchi, che diede a Caleb e Giosuè fede e coraggio, e che rese l'opera della chiesa apostolica efficace, ha sostenuto i figli di Dio in ogni epoca. Fu tramite la potenza dello Spirito Santo che, durante il Medioevo, i cristiani Valdesi contribuirono a preparare la via per la Riforma. Fu la stessa potenza che diede successo all'impegno degli uomini e delle donne che fondarono le moderne missioni, e che rese possibile la traduzione della Bibbia nelle lingue e nei dialetti di tutto il mondo. UVI 34 6 Ancora oggi Dio utilizza la sua chiesa per far conoscere al mondo il piano della salvezza. Ancora oggi i messaggeri della croce vanno di città in città, di luogo in luogo, per preparare la via al secondo avvento di Cristo. La legge di Dio è fatta conoscere ovunque. Lo Spirito dell'Onnipotente si sta riversando sui cuori degli uomini. Coloro che accettano il suo influsso diventano testimoni di Dio e della sua verità. In molti luoghi, uomini e donne consacrati stanno comunicando agli altri la luce che ha indicato loro la via della salvezza in Cristo. Mentre continuano a far splendere la loro luce, come fecero coloro che furono battezzati nel giorno della Pentecoste, essi ricevono la potenza dello Spirito sempre più abbondantemente. In tal modo la terra sarà illuminata dalla gloria di Dio. UVI 35 1 D'altra parte, ci sono alcuni che, invece di utilizzare saggiamente le presenti opportunità, oziano aspettando un tempo di risveglio spirituale che accresca la loro capacità di illuminare gli altri. Trascurando i doveri e i privilegi del presente, permettono che la luce di cui dispongono si affievolisca. Essi sperano in un tempo in cui senza nessuno sforzo da parte loro, potranno diventare beneficiari di speciali benedizioni che potenzieranno la loro capacità di servire. UVI 35 2 È vero che nel tempo della fine, quando l'opera di Dio nel mondo starà per concludersi, sotto la guida dello Spirito Santo, gli sforzi di uomini consacrati saranno accompagnati da speciali segni del favore divino. Dietro l'immagine della prima e ultima pioggia, che cade in Oriente al tempo della semina e del raccolto, i profeti ebrei predissero che la chiesa di Dio avrebbe ricevuto dei doni spirituali in straordinaria misura. Il dono dello Spirito ai tempi degli apostoli fu l'inizio della prima pioggia e diede grandi risultati. Al tempo della fine, lo Spirito sarà presente tra le file della vera chiesa. UVI 35 3 Per il periodo dell'ultima raccolta è stato promesso un dono speciale della grazia spirituale che preparerà la chiesa per la venuta del Figlio dell'uomo. Questa discesa dello Spirito è raffigurata dalla pioggia dell'ultima stagione. I credenti devono chiedere questa speciale potenza al Signore "nella stagione di primavera", quando si attendono i frutti migliori. In risposta, "L'Eterno che produce i lampi, darà loro abbondanza di pioggia". Zaccaria 10:1 (Luzzi). "E fa cadere per voi la pioggia, quella d'autunno e quella di primavera". Gioele 2:23 (Luzzi). UVI 35 4 Se, oggi, i membri della chiesa di Dio non hanno un rapporto vitale con la Fonte di ogni crescita spirituale, non saranno pronti per il tempo della mietitura. Se essi non alimentano e fanno splendere le loro lampade, non riceveranno la grazia di cui avranno bisogno nei tempi difficili. UVI 35 5 Solo coloro che costantemente ricevono i doni della grazia avranno la forza necessaria per supplire alle proprie necessità quotidiane e l'abilità per usarli. Costoro, invece di aspettare di ricevere in un tempo futuro, una speciale forza spirituale che li renda miracolosamente capaci di annunciare la salvezza agli uomini, si sottomettano quotidianamente a Dio, affinché Egli li renda strumenti adatti a svolgere la sua opera. Migliorino ogni giorno le opportunità di servizio che si presentano. Testimonino sempre del Maestro ovunque si trovino, sia nell'umile sfera del lavoro casalingo sia nella sfera dei servizi di pubblica utilità. UVI 36 1 Colui che si è consacrato al servizio del Signore trova consolazione nel sapere che anche Cristo, durante il suo servizio terreno, chiese al Padre di rinnovare quotidianamente il dono della grazia. Da questa intima comunione con Dio, Gesù ricevette la forza per aiutare e benedire gli altri. Contemplate il Figlio di Dio che s'inginocchia per pregare il Padre. Sebbene sia il Figlio di Dio, Egli rafforza la propria fede con la preghiera, e comunicando con il cielo raccoglie in sé la forza per resistere al male e per aiutare gli uomini. Come fratello maggiore della razza umana, Egli conosce le necessità di coloro che, vivendo nelle infermità, a contatto con il peccato e le tentazioni, desiderano servirlo. Egli sa che i messaggeri che chiama sono uomini deboli; ma a tutti coloro che si dedicano completamente al suo servizio, egli promette l'ausilio divino. Il suo stesso esempio offre la certezza che le sincere e perseveranti supplicazioni, fatte a Dio con fede -- fede che guida a una completa sottomissione a Dio e a un'incondizionata consacrazione alla sua -- opera renderanno disponibile l'azione dello Spirito Santo per vincere la lotta contro il peccato. UVI 36 2 Ogni operaio che segue l'esempio di Cristo sarà preparato a ricevere e usare la potenza che Dio ha promesso alla sua chiesa per il tempo dell'ultima mietitura di questo mondo. Giorno dopo giorno, ai messaggeri dell'Evangelo che si inginocchiano dinanzi al Signore e che gli rinnovano la loro consacrazione, Egli invierà con potenza il suo Spirito affinché siano edificati e santificati. E mentre essi adempiranno il loro servizio quotidiano avranno la certezza che lo Spirito Santo li renderà capaci di essere dei veri "collaboratori di Dio". ------------------------Capitolo 6: Alla porta del tempio UVI 37 1 I discepoli di Cristo avevano un profondo senso della loro inefficienza ma con umiltà e spirito di preghiera decisero di sostituire le loro debolezze con la sua forza, la loro ignoranza con la sua saggezza, la loro indegnità con la sua integrità, la loro povertà con la sua inesauribile ricchezza. Così rafforzati ed equipaggiati, non esitarono a continuare il servizio per il Maestro. UVI 37 2 Poco tempo dopo la discesa dello Spirito Santo, immediatamente dopo una riunione di fervide preghiere, Pietro e Giovanni si avviarono verso il tempio per adorare. Davanti alla porta detta "Bella", videro un uomo zoppo da quarant' anni la cui vita, fin dalla nascita, era stata piena di dolore e infermità. Quest'uomo sfortunato per lungo tempo desiderò di vedere Gesù per essere guarito, ma era debole e lontano dai luoghi dove il grande Medico operava. Le sue supplicazioni alla fine convinsero alcuni amici a portarlo alla porta del tempio, ma quando arrivarono, egli scoprì che Colui nel quale aveva riposto le sue speranze, aveva subìto una morte crudele. UVI 37 3 La sua delusione suscitò la simpatia di coloro che sapevano per quanto tempo egli aveva ferventemente sperato di essere guarito da Gesù. Ogni giorno lo portavano al tempio in modo che quelli che lo vedevano avessero pietà e gli dessero almeno qualche spicciolo per poter soddisfare le sue necessità. Quando Pietro e Giovanni passarono, egli chiese loro l'elemosina. I discepoli ebbero compassione, e Pietro disse: "Guarda noi! Ed egli li guardava intentamente, aspettando di ricever qualcosa da loro. Ma Pietro disse: Dell'argento e dell'oro io non ne ho". Mentre Pietro dichiarava la sua povertà, il volto dello zoppo si rattristò; ma si illuminò di speranza quando l'apostolo continuò dicendo: "Ma quello che ho, te lo do: Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!" Atti 3:4-6 (Luzzi). UVI 37 4 "E presolo per la man destra, lo sollevò; e in quell'istante le piante e le caviglie de' piedi gli si raffermarono e d'un salto si rizzò in piè e cominciò a camminare; ed entrò con loro nel tempio, camminando, e saltando, e lodando Iddio. E tutto il popolo lo vide che camminava e lodava Iddio; e lo riconoscevano per quello che sedeva a chieder l'elemosina alla porta "Bella" del tempio; e furono ripieni di sbigottimento e di stupore per quel che gli era avvenuto". Atti 3:7-10 (Luzzi). UVI 38 1 "E mentre colui teneva stretti a sé Pietro e Giovanni, tutto il popolo, attonito, accorse a loro al portico detto di Salomone". Atti 3:11 (Luzzi). La gente era stupita che i discepoli potessero operare miracoli simili a quelli fatti da Gesù. Tuttavia, l'uomo che per quarant'anni era stato uno zoppo impotente, ora gioiva nel pieno uso delle sue gambe. Egli era ormai libero dal dolore e felice di credere in Gesù. UVI 38 2 Quando i discepoli videro lo sbigottimento del popolo, Pietro chiese: "Perché vi meravigliate di questo? O perché fissate gli occhi su noi, come se per la nostra propria potenza o pietà avessimo fatto camminar quest'uomo?" Atti 3:12 (Luzzi). Egli li assicurò che la guarigione era stata operata nel nome e attraverso i meriti di Gesù di Nazareth, che Dio aveva risuscitato dai morti. "Ed è per la fede in Gesù -- dichiarò l'apostolo -- che quest'uomo che voi vedete e conoscete ha riacquistato le forze. Gesù gli ha dato la fede e con la sua potenza lo ha completamente guarito alla presenza di tutti voi". Atti 3:16. UVI 38 3 Gli apostoli parlarono apertamente del grande peccato che commisero i giudei nel rigettare e condannare a morte il Principe della vita. Ma essi fecero anche attenzione a non condurli alla disperazione. "Voi avete fatto condannare il Santo e il Giusto -- disse Pietro -- e avete preferito chiedere la liberazione di un criminale. Così voi avete messo a morte Gesù, che dà la vita a tutti. Ma Dio lo ha fatto risorgere dai morti e noi ne siamo testimoni... Fratelli, so bene che voi e i vostri capi avete agito contro Gesù senza sapere quello che stavate facendo. Ma Dio, in questo modo, ha portato a compimento quello che aveva annunziato per mezzo dei profeti, e cioè che il suo Messia doveva soffrire". Atti 3:14, 15, 17, 18. Pietro dichiarò che lo Spirito Santo li stava chiamando a pentirsi e convertirsi, e li assicurò che c'era speranza di salvezza solo mediante la grazia di Colui che avevano crocifisso. Solo avendo fede in lui potevano ricevere il perdono dei loro peccati. UVI 38 4 "Ravvedetevi dunque e convertitevi -- egli gridò -- onde i vostri peccati siano cancellati, affinché vengano dalla presenza del Signore, dei tempi di refrigerio". Atti 3:19, 20 (Luzzi). UVI 38 5 "Voi siete i figliuoli de' profeti, e del patto che Dio fece coi vostri padri, dicendo ad Abramo: E nella tua progenie tutte le nazioni della terra saranno benedette. A voi per primi Iddio, dopo aver suscitato il suo Servitore, l'ha mandato per benedirvi, convertendo ciascuno di voi dalle sue malvagità". Atti 3:25, 26 (Luzzi). UVI 38 6 Così i discepoli predicarono la risurrezione di Cristo. Molti tra quelli che li udirono aspettavano questa testimonianza, e quando la sentirono, credettero. Essa fece loro ricordare le parole che Cristo aveva pronunciate. Tale testimonianza li spinse a unirsi alla schiera di coloro che avevano accettato il Vangelo. Il seme che il Salvatore aveva seminato germogliò e diede frutto. UVI 39 1 Mentre i discepoli parlavano al popolo, "i sacerdoti e il capitano del tempio e i Sadducei sopraggiunsero, essendo molto crucciati perché ammaestravano il popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dei morti". Atti 4:1, 2 (Luzzi). UVI 39 2 Dopo la risurrezione di Cristo, i sacerdoti avevano sparso la voce che il suo corpo era stato rubato dai discelpoli, mentre le guardie romane dormivano. Non c'è da meravigliarsi che essi furono dispiaciuti quando udirono Pietro e Giovanni predicare la risurrezione di Colui che loro avevano ucciso. I sadducei specialmente erano molto irritati, perché sentivano che la dottrina a loro più cara era in pericolo e così pure la loro reputazione. UVI 39 3 I convertiti alla nuova fede aumentavano rapidamente. Sia i farisei che i sadducei si erano resi conto che l'influsso di questi nuovi maestri, se non fosse stato controllato, sarebbe diventato più pericoloso di quando Gesù era sulla terra. Conseguentemente, il comandante delle guardie del tempio, con l'aiuto di alcuni sadducei, arrestarono Pietro e Giovanni e li misero in prigione, dato che era troppo tardi per interrogarli. UVI 39 4 I nemici dei discepoli non potevano non essere convinti che Cristo era risuscitato dai morti. L'evidenza dei fatti era troppo lampante perché la si potesse negare. Ciononostante si mostrarono insensibili e non si pentirono del terribile errore che avevano commesso mettendo a morte Gesù. Anche per i capi giudei era evidente che gli apostoli parlavano e agivano sotto l'ispirazione divina, tuttavia si opposero fermamente al messaggio della verità. Cristo non era venuto nella maniera che loro si aspettavano, e sebbene a volte erano stati convinti che fosse il Figlio di Dio, soffocarono questa convinzione e lo crocifissero. Dio diede un'ulteriore prova delle sue buone intenzioni e offrì loro un'altra opportunità di conversione. Egli mandò i discepoli per dire loro che avevano ucciso il Principe della vita, e con questa terribile accusa Egli li chiamò un'altra volta a pentirsi. I capi giudei, sentendosi sicuri della propria giustizia, rifiutarono di ammettere che gli uomini che li accusavano di aver crocifisso Cristo erano guidati dallo Spirito Santo. UVI 39 5 Per i sacerdoti, che si erano impegnati a opporsi a Cristo, ogni azione dei discepoli li spingeva a continuare nello stesso intento. La loro ostinazione si fece più decisa. Se avessero voluto cedere, avrebbero potuto, ma non vollero farlo. Essi furono diseredati della salvezza non solo perché erano colpevoli e meritavano la morte, non solo perché avevano messo a morte il Figlio di Dio, ma perché si erano opposti a Dio. Di continuo avevano rigettato la luce e soffocato gli stimoli dello Spirito. L'influsso che controlla i figli della disubbidienza operava in loro e li spingeva a perseguitare gli uomini attraverso i quali Dio stava operando. La malvagità della loro ribellione si intensificò a ogni atto successivo di opposizione a Dio e al messaggio che Egli aveva affidato ai suoi servitori perché fosse proclamato. Ogni giorno, rifiutandosi di pentirsi, i capi giudei rinnovarono la loro ribellione, preparandosi a raccogliere ciò che avevano seminato. UVI 40 1 Di norma l'ira di Dio colpisce gli impenitenti non solo perché hanno commesso dei peccati, ma perché, quando sono chiamati a pentirsi, essi scelgono di opporsi alla volontà divina, ripetendo i peccati del passato nonostante abbiano ricevuto un chiaro avvertimento circa il loro stato. Se i capi giudei si fossero sottomessi al convincente influsso dello Spirito Santo, sarebbero stati perdonati, ma essi erano determinati a non cedere. Nello stesso modo il peccatore, continuando a opporsi alla volontà divina, impedisce l'azione dello Spirito Santo. UVI 40 2 Durante il giorno seguente la guarigione dello zoppo, Anna e Caiafa, con i dignitari del tempio, si riunirono per il processo, e i prigionieri furono portati dinanzi a loro. In quella stessa stanza e di fronte ad alcuni degli stessi uomini presenti, Pietro aveva vergognosamente rinnegato il suo Signore. Egli si ricordò distintamente di questo, mentre stava per essere processato. Questa era l'opportunità per porre rimedio alla sua codardia. UVI 40 3 Coloro tra i presenti che ricordavano la parte che Pietro aveva avuto al processo del suo Maestro, credettero di poterlo intimorire minacciandolo di prigionia e morte. Il Pietro che aveva rinnegato Cristo nell'ora del suo più grande bisogno era impulsivo e pieno di sé, mentre il Pietro che si trovava ora dinanzi al Sinedrio era un uomo molto diverso. Dopo la caduta, egli era stato convertito. Ora non era più orgoglioso ed esaltato ma umile e modesto. Era ripieno dello Spirito Santo, e con l'aiuto della sua potenza decise di cancellare l'infamia della sua apostasia, onorando il nome di Colui che aveva disonorato. UVI 40 4 Fino a quel momento i sacerdoti evitarono di menzionare la crocifissione e risurrezione di Gesù. Per poter raggiungere il loro scopo, furono costretti a chiedere all'accusato come era stata operata la guarigione dell'uomo zoppo. Essi domandarono: "Con qual potestà, in nome di chi avete voi fatto questo?" Atti 4:7 (Luzzi). UVI 40 5 La potenza dello Spirito sostenne Pietro, che senza timore dichiarò: "Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele che ciò è stato fatto nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti: in virtù d'esso quest'uomo comparisce guarito, in presenza vostra... La pietra che è stata da voi edificatori sprezzata, ed è diventata la pietra angolare. E in nessun altro è la salvezza; poiché non v'è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati". Atti 4:10-12 (Luzzi). UVI 41 1 Questa coraggiosa difesa spaventò i capi giudei. Loro supponevano che i discepoli sarebbero stati bloccati dal timore e dalla confusione quando sarebbero stati portati dinanzi al Sinedrio. Invece, questi testimoni parlavano come Cristo aveva parlato, con una tale convincente autorità da zittire i loro avversari. Non ci fu traccia di paura nella voce di Pietro mentre proclamava il Cristo. "La pietra che è stata da voi edificatori sprezzata ed è divenuta la pietra angolare". Atti 4:11 (Luzzi). UVI 41 2 Pietro qui usò un linguaggio figurativo che era familiare ai sacerdoti. I profeti avevano parlato della pietra rigettata, e Cristo stesso, parlando in un'occasione ai sacerdoti e agli anziani, disse: "Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella ch'è divenuta pietra angolare: ciò che è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri? Perciò io vi dico che il Regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne faccia i frutti. E chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà colui sul quale cadrà". Matteo 21:42-44 (Luzzi). UVI 41 3 Mentre i sacerdoti udivano le schiette parole degli apostoli, "si maravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù". Atti 4:13 (Luzzi). UVI 41 4 Dei discepoli dopo la trasfigurazione di Cristo, è scritto che, alla fine di quella splendida scena, "essi, alzati gli occhi, non videro alcuno, se non Gesù tutto solo". Matteo 17:8 (Luzzi). "Solo Gesù..." In queste parole è contenuto il segreto dell'attività e della potenza che evidenziò la storia della chiesa apostolica. Quando i discepoli udirono le prime parole di Cristo, compresero il bisogno che avevano di lui. Loro lo aspettavano, lo trovarono e lo seguirono. Furono con lui nel tempio, a tavola, quindi ai piedi della montagna, nei campi. Essi erano come degli allievi con il loro insegnante. Quotidianamente ricevevano da lui lezioni di verità eterna. UVI 41 5 Dopo l'ascensione del Salvatore, il senso della presenza divina, piena di amore e di luce, era ancora con gli apostoli. Si trattava di una presenza personale. Gesù, il Redentore, che aveva camminato, parlato e pregato con loro, che aveva portato speranza e conforto ai cuori, fu tolto loro, mentre il messaggio di pace era ancora sulle sue labbra. Mentre gli angeli lo ricevevano in cielo, le sue parole ritornarono alla loro mente, "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente". Matteo 28:20 (Luzzi). Egli era asceso al cielo in forma umana. Loro sapevano che Gesù era davanti al trono di Dio, ancora amico e Salvatore, che la sua compassione era immutata, che Egli si sarebbe per sempre identificato con l'umanità sofferente. Sapevano che stava presentando a Dio i meriti del suo sangue, mostrando le sue mani e i suoi piedi trafitti, in ricordo del prezzo che Egli aveva pagato per i suoi riscattati; e questo pensiero li incoraggiava a sopportare ogni prova per amore suo. La loro unione con lui era più forte ora di quando Egli era con loro di persona. La luce, l'amore e la potenza di Cristo trasparivano in loro, tanto che gli uomini, costatando ciò, si meravigliavano. UVI 42 1 Cristo approvò le parole che Pietro aveva pronunciato in sua difesa. Accanto ai discepoli stava l'uomo che era stato miracolosamente guarito, come convincente testimone. La presenza di quest'uomo, che poche ore prima era un'impotente zoppo, si aggiungeva come testimonianza alle parole di Pietro. I sacerdoti e i capi del popolo rimasero in silenzio. Essi erano incapaci di contraddire la dichiarazione di Pietro, ciononostante erano decisi a impedire che gli insegnamenti dei discepoli fossero diffusi. UVI 42 2 La risurrezione di Lazzaro, il più grande miracolo del Cristo, aveva spinto i sacerdoti a liberare il mondo da Cristo e dalle sue opere stupefacenti; esse stavano rapidamente distruggendo il loro influsso sul popolo. Anche se lo avevano crocifisso, essi non erano riusciti a impedire che altre persone compissero dei miracoli nel suo nome, né erano riusciti a far cessare la proclamazione della verità che Egli aveva insegnato. Tutta Gerusalemme era ormai piena di fermento a causa della guarigione dell'uomo zoppo e della predicazione degli apostoli. UVI 42 3 Per nascondere la loro perplessità, i sacerdoti e i capi del popolo ordinarono che gli apostoli fossero portati via. In tal modo si sarebbero potuti consultare con più libertà. Nella discussione che ne seguì, tutti convennero che sarebbe stato inutile negare la guarigione dell'uomo. Sarebbero stati contenti di poter coprire il miracolo con una menzogna, ma era impossibile, perché era stato compiuto in pieno giorno, di fronte a molta gente, e già migliaia di persone erano venute a conoscenza del fatto. Sapevano che l'opera dei discepoli doveva essere fermata, altrimenti Gesù avrebbe guadagnato molti seguaci. E per loro sarebbe seguita l'infamia, perché sarebbero stati ritenuti colpevoli dell'assassinio del Figlio di Dio. UVI 42 4 Nonostante il desiderio di distruggere i discepoli, i sacerdoti non osarono fare altro che minacciarli delle più severe pene se avessero continuato a parlare e operare nel nome di Gesù. Richiamati i discepoli a presentarsi nuovamente davanti al Sinedrio, ordinarono loro di non parlare o insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni risposero: "Giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anziché a Dio. Poiché, quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiam vedute e udite". Atti 4:19, 20 (Luzzi). UVI 43 1 I sacerdoti sarebbero stati contenti di poter punire questi uomini per la loro incrollabile fedeltà alla chiamata divina, ma temettero il popolo, "perché tutti glorificavano Iddio per quel ch'era stato fatto". Atti 4:21 (Luzzi). Così, dopo ripetute minacce e intimidazioni, gli apostoli furono messi in libertà. UVI 43 2 Mentre Pietro e Giovanni erano prigionieri, gli altri discepoli, conoscendo la malignità dei giudei, avevano pregato incessantemente per i loro fratelli, temendo che la crudeltà mostrata a Cristo potesse essere ripetuta. Appena gli apostoli furono rilasciati, cercarono gli altri discepoli, e riferirono i risultati del processo. "Ed essi, uditele, alzaron di pari consentimento la voce a Dio, e dissero: Signore, tu sei Colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; Colui che mediante lo Spirito Santo, per bocca del padre nostro e tuo servitore Davide, ha detto: Perché hanno fremuto le genti, e hanno i popoli divisate cose vane? I re della terra si son fatti avanti, e i principi si son raunati assieme contro al Signore, e contro al suo Unto. E invero in questa città, contro al tuo santo Servitore Gesù che tu hai unto, si sono raunati Erode e Ponzio Pilato, insiem coi Gentili e con tutto il popolo d'Israele, per far tutte le cose che la tua mano e il tuo consiglio avevano innanzi determinato che avvenissero". Atti 4:24-28 (Luzzi). UVI 43 3 "E adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servitori di annunziar la tua parola con ogni franchezza, stendendo la tua mano per guarire, e perché si faccian segni e prodigi mediante il nome del tuo santo Servitore Gesù". Atti 4:29, 30 (Luzzi). UVI 43 4 I discepoli pregarono affinché fosse data loro una grande forza per l'opera del ministero. Essi erano consapevoli del fatto che avrebbero dovuto affrontare la stessa accanita opposizione che Cristo incontrò quand'era sulla terra. La risposta venne, mentre le loro preghiere salivano in cielo. Il luogo dove si erano riuniti tremò e lo Spirito Santo discese nuovamente su loro. Con i cuori ripieni di coraggio, essi uscirono per proclamare ancora la parola di Dio in Gerusalemme. "E gli apostoli con gran potenza rendevan testimonianza della risurrezione del Signor Gesù". Atti 4:33 (Luzzi). Dio benedisse meravigliosamente i loro sforzi. UVI 43 5 Il principio per il quale i discepoli resistettero senza paura, quando, in risposta all'ordine di non parlare più nel nome di Gesù dichiararono: "Giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anziché a Dio" è lo stesso che sostennero gli evangelici durante la Riforma. Quando nel 1529 i principi tedeschi si riunirono alla dieta di Spira, fu presentato il decreto dell'imperatore il quale limitava la libertà religiosa e proibiva l'ulteriore diffusione delle dottrine protestanti. Sembrava che la speranza del mondo stesse per essere distrutta. I principi avrebbeo accettato il decreto? Le genti sarebbero state lasciate ancora nell'oscurità, lontane dalla luce del Vangelo? Si trattava di decisioni che avrebbero condizionato il corso della storia. Coloro che avevano accettato la fede della Riforma si riunirono e la loro decisione fu unanime: "Rifiutiamo questo decreto. La maggioranza non ha potere sulle questioni di coscienza" Merlé d'Aubigné, History of the Reformation, Volume 13, capitolo 15. UVI 44 1 Noi dobbiamo sostenere fermamente questo principio. La bandiera della verità e della libertà religiosa che allora venne difesa dai fondatori della chiesa evangelica e dai testimoni di Dio durante i secoli, in questo ultimo conflitto è stata affidata nelle nostre mani. La responsabilità per questo grande dono rimane su coloro che Dio ha benedetto con la conoscenza della sua Parola. Noi dobbiamo ricevere questa Parola come suprema autorità. Dobbiamo riconoscere che i governi umani sono delle istituzioni stabilite da Dio e che è nostro sacro dovere ubbidire a essi, quando questi agiscono nella loro legittima sfera. Ma quando le loro leggi sono in conflitto con la legge di Dio, noi dobbiamo ubbidire a Dio invece che agli uomini. La Parola di Dio deve essere riconosciuta superiore a tutte le legislazioni umane. "Così dice l'Eterno" non deve essere sostituito con" Così dice la Chiesa" o con" Così dice lo Stato". La corona di Cristo deve essere innalzata al di sopra dei diademi delle potestà umane. UVI 44 2 Non ci è chiesto di sfidare le autorità. I nostri discorsi siano scritti che parlati, devono essere studiati attentamente, per non dare l'impressione che prendiamo posizioni antagoniste alla legge e all'ordine sociale. Noi non dobbiamo dire o fare cose che ostacolino inutilmente la nostra testimonianza. Dobbiamo avanzare nel nome di Gesù, difendendo le verità che ci sono state affidate. Se gli uomini ci vietano di fare questo, allora noi potremo dire, come gli apostoli, "Giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anziché a Dio. Poiché, quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiam vedute e udite". Atti 4:19, 20 (Luzzi). ------------------------Capitolo 7: Un avvertimento contro l'ipocrisia UVI 45 1 Dio benedisse le parole dei discepoli mentre proclamavano le verità del Vangelo in Gerusalemme, e un gran numero di persone credette. Molti di questi credenti furono immediatamente scacciati dal loro circolo familiare e separati dagli amici a causa del fanatismo dei giudei, e fu necessario dare a loro da mangiare e un posto per dormire. UVI 45 2 La Bibbia dichiara che" non v'era alcun bisognoso fra loro" e spiega come le varie necessità fossero appagate. I credenti che possedevano denaro e proprietà li sacrificavano liberamente per soddisfare le necessità. Vendevano le loro case e le loro terre e portavano il denaro ricavato ai piedi degli apostoli, "poi, era distribuito a ciascuno, secondo il bisogno". Atti 4:34, 35 (Luzzi). UVI 45 3 Fu lo Spirito che con il suo influsso rese i credenti così generosi. I convertiti al Vangelo erano "d'un sol cuore e d'un'anima sola". Atti 4:32 (Luzzi). Tutti avevano un comune interesse: il successo della missione a loro affidata; non c'era posto per l'avarizia nei loro cuori. L'amore per i fratelli e per la causa che avevano abbracciato era più grande dell'amore per il denaro e per la proprietà. Le loro azioni testimoniavano che davano più valore alle anime che alle ricchezze terrene. UVI 45 4 È sempre così quando lo Spirito di Dio prende possesso della vita di un uomo. Coloro che hanno i cuori ripieni dell'amore di Cristo seguiranno l'esempio di Colui che per amor nostro è diventato povero. Mediante la sua povertà noi siamo potuti diventare ricchi. Denaro, tempo, posizione, tutti i doni che abbiamo ricevuto dalle mani di Dio, li dovremmo usare per estendere l'opera evangelistica a nuovi territori. Così era nella chiesa apostolica. Oggi, la chiesa dovrebbe ricevere la potenza dello Spirito: questo fatto dovrebbe spingere i suoi membri a distogliere il loro interesse dalle cose mondane e a fare volontariamente dei sacrifici che servano all'estensione dell'opera evangelistica. In tal modo le verità proclamate avrebbero un più forte influsso su coloro che ci ascoltano. UVI 45 5 La condotta di Anania e Saffira fu in diretto contrasto con l'esempio di generosità dei credenti. La loro esperienza, riportata dallo scrittore ispirato, ha lasciato una macchia nera nella storia della chiesa primitiva. Queste due persone che si professavano discepoli, avevano avuto, insieme ad altri, il privilegio di udire il Vangelo predicato dagli apostoli. Erano insieme ad altri credenti quando, dopo la preghiera degli apostoli, "il luogo dov'erano radunati tremò; e furon tutti ripieni dello Spirito Santo". Atti 4:31 (Luzzi). Tutti i presenti furono profondamente convinti e sotto l'influsso dello Spirito di Dio, Anania e Saffira fecero voto di dare al Signore il ricavato della vendita di una certa proprietà. UVI 46 1 Poi, Anania e Saffira rattristarono lo Spirito Santo cedendo a sentimenti di avidità. Cominciarono a rimpiangere la loro promessa, e presto persero il gentile influsso che aveva dato ai loro cuori il desiderio di fare grandi cose per l'opera di Cristo. Pensarono che erano stati troppo frettolosi e che dovevano riconsiderare la loro decisione. Discussero su questo soggetto e decisero di non mantenere fede alla loro promessa. Essi videro, comunque, che chi donava i propri beni ai fratelli più poveri acquistava la stima di tutta la comunità. Pur vergognandosi di rivelare ai fratelli il loro egoismo, desideravano quello che avevano solennemente consacrato a Dio; decisero deliberatamente di vendere la proprietà e pretendere di mettere tutto il ricavato nella cassa comune, mentre in realtà avrebbero trattenuto per sé buona parte della somma. In questo modo si sarebbero assicurati i viveri attingendo dalla cassa comune, e allo stesso tempo avrebbero ottenuto la stima dei fratelli. UVI 46 2 Dio odia l'ipocrisia e la falsità. Anania e Saffira praticarono la frode nella loro relazione con Dio; mentirono allo Spirito Santo e il loro peccato fu sottoposto a un rapido e terribile giudizio. Quando Anania giunse con la sua offerta, Pietro disse: "Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del podere? Se questo restava invenduto, non restava tuo? E una volta vendutolo, non ne era il prezzo in tuo potere? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio". Atti 5:3, 4 (Luzzi). UVI 46 3 "E Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E gran paura prese tutti coloro che udiron queste cose". Atti 5:5 (Luzzi). UVI 46 4 "Se questo restava invenduto, non restava tuo?" Pietro chiese. Nessun aveva forzato Anania a sacrificare le proprie possessioni per il bene comune. Egli aveva agito di propria scelta. Ma nel tentativo di ingannare i discepoli, egli aveva mentito a Dio. UVI 46 5 "Or avvenne, circa tre ore dopo, che la moglie di lui, non sapendo ciò che era avvenuto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: Dimmi, le disse, avete voi venduto il podere per tanto? Ed ella rispose: Sì, per tanto. Ma Pietro a lei: Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito il tuo marito sono all'uscio e ti porteranno via. Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi, e i giovani, entrati, la trovarono morta; e portatala via, la seppellirono presso al suo marito. E gran paura ne venne alla chiesa intera e a tutti coloro che udivano queste cose". Atti 5:7-11 (Luzzi). UVI 47 1 Dio, nella sua infinita saggezza, vide che questa manifestazione di ira divina era necessaria per prevenire che la giovane chiesa si demoralizzasse. Il loro numero aumentava rapidamente. La chiesa sarebbe stata danneggiata se, nel rapido aumento di convertiti, si fossero aggiunti uomini e donne che professavano di servire Dio mentre adoravano Mammona. Questo giudizio testimoniava che gli uomini non possono ingannare Dio, che Egli conosce i peccati nascosti del cuore, e che non si può beffarsi di lui. Doveva essere un avvertimento per la chiesa, per guidarla a evitare pretese e ipocrisia, e guidarla a evitare di derubare Dio. UVI 47 2 Questo esempio dell'odio di Dio per l'avarizia, la frode e l'ipocrisia, fu dato come un segnale di pericolo, non solo alla chiesa primitiva, ma a tutte le future generazioni. Era l'avarizia che Anania e Saffira coltivavano all'inizio. Il desiderio di trattenere per se stessi una parte di ciò che era stato promesso al Signore, li spinse alla frode e all'ipocrisia. UVI 47 3 Dio ha voluto che la proclamazione del Vangelo dipendesse dal lavoro e dai doni del suo popolo, che offerte volontarie e la decima costituissero le risorse dell'Opera del Signore. Di tutti i mezzi affidati all'uomo, Dio richiede una certa parte: la decima. Tutti sono lasciati liberi di decidere se dare o no più di questo. Ma quando il cuore è sensibilizzato dall'influsso dello Spirito Santo, e si fa il voto di dare una certa somma, quello che ha fatto la promessa non ha più nessun diritto sulla parte consacrata. Quando si fanno promesse di questo genere agli uomini si è obbligati a mantenerle; non si ha un obbligo maggiore quando le si fanno a Dio? Sono le promesse fatte nel segreto della propria coscienza meno vincolanti di quelle scritte nei contratti che stipuliamo con gli uomini? UVI 47 4 Quando la luce divina illumina il cuore con speciale chiarezza e potenza, l'egoismo abituale viene frenato, e c'è una disposizione a dare generosamente per l'opera di Dio. Nessuno deve pensare che Satana permetterà ai credenti di essere fedeli alle promesse fatte senza protestare. Egli non è contento di vedere che il regno del Salvatore viene edificato sulla terra. Suggerisce che il voto fatto è troppo impegnativo, che la sua realizzazione impedisce l'acquisto di proprietà e l'esaudimento dei desideri della famiglia. UVI 47 5 È Dio che benedice gli uomini dando loro la possibilità di accumulare delle ricchezze. Egli si comporta in questo modo perché vuole che essi contribuiscano alla crescita della chiesa. Egli manda il sole e la pioggia e fa crescere la vegetazione. Egli dà la salute e l'abilità che serve per acquistare dei mezzi. Tutti i nostri beni provengono dalle sue generose mani. In risposta, Egli vuole che uomini e donne mostrino la loro gratitudine restituendogli una porzione in decime e offerte, in offerte di ringraziamento, in offerte volontarie, in offerte riparatrici. Se si agisse in accordo con questo piano divino dando la decima di tutte le entrate e provvedendo a delle offerte volontarie, ci sarebbe una maggiore quantità di denaro utile all'avanzamento dell'opera del Signore. UVI 48 1 I cuori degli uomini purtroppo sono induriti dall'egoismo, e come Anania e Saffira, sono tentati di trattenere parte della somma, mentre pretendono di adempiere le richieste divine. Molti spendono denaro a profusione per la propria gratificazione. Uomini e donne spendono per il proprio piacere e per soddisfare i propri gusti, mentre portano a Dio, quasi malvolentieri, una misera offerta. Queste persone dimenticano che Dio, un giorno, chiederà di rendergli conto dell'uso che hanno fatto dei suoi beni, ed Egli non accetterà più la loro misera offerta come non accettò l'offerta di Anania e Saffira. UVI 48 2 Con la severa punizione inflitta a quegli spergiuri, Dio vuole insegnarci quanto profondo sia il suo odio e il suo disprezzo per ogni forma d'ipocrisia e d'inganno. Pretendendo di aver dato tutto il ricavato, Anania e Saffira mentirono allo Spirito Santo, e come risultato, essi persero questa vita e quella a venire. Oggi, lo stesso Dio che punì loro, condanna ogni forma di menzogna. Le labbra bugiarde sono un'abominazione per Dio. Egli dichiara che nella santa città" niente d'immondo e nessuno che commetta abominazione o falsità, v'entreranno". Apocalisse 21:27 (Luzzi). Diciamo la verità senza timore o incertezza. Facciamo in modo che questa diventi parte della nostra vita. Giocare con la verità o distorcerla per adattarla a scopi egoistici, porta al naufragio della fede. "State dunque saldi, avendo presa la verità a cintura dei fianchi". Efesini 6:14 (Luzzi). Colui che pronuncia menzogne, vende la sua anima a basso prezzo. La sua falsità può servire in emergenza; e gli sembrerà di fare affari che non sarebbe riuscito a fare trattando lealmente; ma alla fine si troverà nella posizione di non poter confidare più in nessuno. Essendo egli stesso un bugiardo, non confiderà nella parola altrui. UVI 48 3 Nel caso di Anania e Saffira, il peccato di frode contro Dio fu rapidamente punito. Lo stesso peccato fu spesso ripetuto nella storia seguente della chiesa, ed è commesso da molti nei nostri giorni. Ma, sebbene questo peccato non sia ora punito con la visibile manifestazione dell'ira divina, esso non è meno odioso a Dio di quanto lo fosse ai tempi degli apostoli. L'avvertimento è stato dato, Dio ha chiaramente manifestato il suo disprezzo per questo peccato. E tutti coloro che cedono all'ipocrisia e all'avarizia siano certi che stanno distruggendo le proprie anime. ------------------------Capitolo 8: Davanti al sinedrio UVI 49 1 La croce, strumento di vergogna e tortura, ha portato speranza e salvezza al mondo. I discepoli erano uomini semplici, senza ricchezze, senza armi tranne la Parola di Dio; tuttavia, fortificati da Cristo, avanzavano predicando la storia meravigliosa della sua vita: dalla nascita alla morte. Essi raccontavano di come avessero superato tutte le difficoltà. Sebbene fossero privi di onori e di riconoscimenti mondani, si dimostrarono dei veri e propri eroi della fede. Dalle loro labbra uscivano parole di eloquenza divina che sconvolsero il mondo. UVI 49 2 In Gerusalemme, dove esisteva il più profondo pregiudizio e le più confuse idee circa Colui che era stato crocifisso come un malfattore, i discepoli continuavano a predicare con franchezza le parole di vita, presentando ai giudei l'opera e la missione di Cristo, la sua crocifissione, la sua risurrezione e ascensione al cielo. I sacerdoti e i capi del popolo ascoltavano con stupore la chiara e coraggiosa testimonianza degli apostoli. La potenza del Salvatore risorto era sui discepoli e il loro lavoro, accompagnato da segni e miracoli, ogni giorno aumentava il numero dei convertiti. La gente portava i suoi malati lungo le strade dove i discepoli dovevano passare, "Li mettevano su lettucci e giacigli, affinché, quando Pietro passava, l'ombra sua almeno ne adombrasse qualcuno". Atti 5:15 (Luzzi). Qui erano portate anche persone afflitte da spiriti immondi. La folla si raccoglieva intorno a loro e quelli che erano guariti innalzavano lodi a Dio, glorificando il nome del Redentore. UVI 49 3 I sacerdoti e i capi del popolo videro che Cristo era innalzato al di sopra di loro. Ora, i sadducei che non credevano nella risurrezione, udivano gli apostoli dichiarare che Cristo era risorto dai morti, e ne furono molto irritati, perché consapevoli che, se agli apostoli fosse stato permesso di predicare del Salvatore risorto e di operare miracoli nel suo nome, la dottrina che affermava l'inesistenza della risurrezione sarebbe stata rigettata da tutti, e la setta dei sadducei si sarebbe presto estinta. I farisei erano furiosi perché sentivano che l'insegnamento dei discepoli tendeva a distruggere le cerimonie giudaiche, e a rendere inutile le offerte sacrificali. UVI 49 4 Fino a questo momento tutti gli sforzi di sopprimere il nuovo insegnamento erano stati vani; ma ora entrambi, sadducei e farisei, decisero che il lavoro dei discepoli doveva essere fermato, perché stava dimostrando che essi erano colpevoli della morte di Gesù. Pieni di indignazione, i sacerdoti, con un'azione violenta, arrestarono Pietro e Giovanni, e li rinchiusero entrambi nella stessa prigione. UVI 50 1 I capi della nazione ebraica avevano chiaramente fallito lo scopo che Dio aveva prefisso per il popolo eletto. Il Signore li aveva fatti depositari della verità, ma essi si erano dimostrati infedeli al compito loro affidato, e Dio scelse altri per compiere la sua opera. Nella loro cecità, questi dirigenti mostrarono pienamente ciò che essi chiamavano giusta indignazione contro coloro che avevano abbandonato le loro care dottrine. Non ammisero neppure la minima possibilità di aver erroneamente compreso la Parola, o di avere male interpretato e applicato le Scritture. Essi agivano come uomini che hanno perso la ragione. Quali diritti hanno questi insegnanti -- essi dissero -- alcuni dei quali sono semplici pescatori, di presentare idee contrarie alle dottrine che noi abbiamo insegnato al popolo? Avendo deciso di sopprimere l'insegnamento di queste idee, essi imprigionarono gli uomini che le presentavano. UVI 50 2 I discepoli non furono impauriti o scoraggiati da questo tattamento. Lo Spirito Santo riportò alla loro mente le parole dette da Gesù: "Il servitore non è da più del suo signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo ve lo faranno a cagion del mio nome, perché non conoscono Colui che m'ha mandato". "Vi espelleranno dalle sinagoghe: anzi l'ora viene che chiunque v'ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio". "Ma io v'ho dette queste cose, affinché quando sia giunta l'ora in cui avverranno, vi ricordiate che ve l'ho dette". Giovanni 15:20, 21; 16:2, 4 (Luzzi). UVI 50 3 L'Iddio del cielo, l'onnipotente sovrano dell'universo, prese la faccenda dell'imprigionamento dei discepoli nelle sue stesse mani. Degli uomini stavano lottando contro la sua opera. L'angelo del Signore, nella notte, aprì le porte della prigione, e disse ai discepoli: "Andate, presentatevi nel tempio e quivi annunziate al popolo tutte le parole di questa Vita". Atti 5:20 (Luzzi). Quest'ordine era esattamente il contrario di quello dato dai capi giudei. Gli apostoli pensarono forse, noi non possiamo fare questo fino a che non avremo consultato i magistrati e ricevuto il loro permesso? No; Dio aveva detto: "Andate!" ed essi ubbidirono. "Entrarono sullo schiarir del giorno nel tempio e insegnavano". Atti 5:21 (Luzzi). UVI 50 4 Quando Pietro e Giovanni si incontrarono con i credenti, riferirono che un angelo li aveva guidati direttamente tra la squadra di soldati che faceva la guardia alla prigione e che li aveva esortati a riprendere il lavoro che era stato interrotto. I fratelli furono meravigliati e pieni di gioia. UVI 51 1 Nel frattempo il sommo sacerdote e quelli che erano con lui "convocarono il Sinedrio e tutti gli anziani dei figliuoli d'Israele". Atti 5:21 (Luzzi). I sacerdoti e i capi del popolo avevano tramato di incolpare i discepoli di insurrezione, dell'assassinio di Anania e Saffira e di cospirazione contro l'autorità dei sacerdoti. Speravano, così, di incitare la massa a prendere il caso nelle loro mani e a trattare i discepoli come avevano trattato Gesù. Essi si rendevano conto che molti, che non avevano accettato gli insegnamenti di Cristo, erano però stanchi dell'arbitrario comportamento delle autorità giudee e ansiosi di qualche cambiamento. I sacerdoti temevano che se queste persone insoddisfatte avessero accettato le verità proclamate dagli apostoli, e avessero riconosciuto Gesù come il Messia, l'ira dell'intero popolo si sarebbe scagliata contro i capi religiosi, i quali sarebbero stati costretti a rispondere dell'assassinio di Cristo. Essi decisero così di prendere misure forti per prevenire tutto ciò. UVI 51 2 Quando questi chiesero che i prigionieri fossero portati dinanzi a loro, con grande stupore si accorsero che erano spariti, anche se le porte della prigione erano state trovate intatte e i soldati avevano fatto la guardia senza mai allontanarsi da quel luogo. UVI 51 3 Seguì subito un altro rapporto: "Ecco, gli uomini che voi metteste in prigione sono nel tempio, e stanno quivi ammaestrando il popolo. Allora il capitano del tempio, con le guardie, andò e li menò via, non però con violenza, perché temevano d'esser lapidati dal popolo". Atti 5:25, 26 (Luzzi). UVI 51 4 Sebbene gli apostoli fossero stati liberati miracolosamente dalla prigione, non furono però esenti da esame e punizione. Cristo, quando era con loro aveva detto: "Badate a voi stessi! Vi daranno in man dei tribunali". Marco 13:9 (Luzzi). Mandando un angelo a liberarli, Dio aveva dato a loro un segno del suo amore e la certezza della sua presenza. Era iniziato però il tempo in cui essi avrebbero dovuto soffrire per amore di Colui del quale stavano predicando il Vangelo. UVI 51 5 Nella storia dei profeti e degli apostoli ci sono nobili esempi di lealtà a Dio. I testimoni di Cristo hanno sopportato la prigione, la tortura e la morte stessa, piuttosto che trasgredire gli ordini di Dio. L'esempio lasciato da Pietro è eroico tanto quanto ogni altro esempio che abbia riguardato la proclamazione del Vangelo. Affrontando per la seconda volta quegli uomini decisi ad annientarli, i discepoli non li temettero e non esitarono a testimoniare della loro fede. E quando il sommo sacerdote disse: "Noi vi abbiamo del tutto vietato di insegnare in cotesto nome; ed ecco avete riempita Gerusalemme della vostra dottrina, e volete trarci addosso il sangue di cotesto uomo", Pietro rispose: "Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini". Atti 5:28, 29 (Luzzi). Fu un angelo dal cielo che li liberò dalla prigione e ordinò loro di insegnare nel tempio. Seguendo queste istruzioni, essi ubbidirono a un ordine divino, e questo dovevano continuare a fare, a qualsiasi costo. UVI 52 1 Allorché lo spirito d'ispirazione si posò sui discepoli, gli accusati diventarono accusatori, e incolparono dell'assassinio di Cristo quelli che componevano il concilio. "L'Iddio de' nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi uccideste appendendolo al legno. Esso ha Iddio esaltato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e remissione dei peccati. E noi siam testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che gli ubbidiscono". Atti 5:30-32 (Luzzi). UVI 52 2 I giudei si infuriarono così tanto nell'udire queste parole che decisero di giudicarli a modo loro. Senza ulteriore processo e senza l'autorità degli ufficiali romani condannarono a morte i prigionieri. Ormai colpevoli del sangue di Cristo, essi erano impazienti di sporcarsi le mani con il sangue dei suoi discepoli. UVI 52 3 Nel concilio ci fu un uomo che riconobbe la voce di Dio nelle parole pronunciate dai discepoli. Costui era Gamaliele, un fariseo di buona reputazione, uomo colto e di posizione elevata. Il suo chiaro intelletto vide che le violente azioni che i sacerdoti tramavano avrebbero recato terribili conseguenze. Prima di rivolgersi ai presenti, egli chiese che i prigionieri fossero allontanati. Lui conosceva bene gli elementi con i quali doveva trattare, e sapeva che niente avrebbe fatto esitare gli assassini di Cristo a procedere nel loro intento. UVI 52 4 Gamaliele parlò con grande ponderatezza e calma, dicendo: "Uomini Israeliti, badate bene, circa questi uomini, a quel che state per fare. Poiché, prima d'ora, sorse Teuda, dicendosi esser qualche gran cosa; e presso a lui si raccolsero intorno a quattrocento uomini; ed egli fu ucciso; e tutti quelli che gli aveano prestata fede, furono sbandati e ridotti a nulla. Dopo costui, sorse Giuda il Galileo, a' dì del censimento, e si trascinò dietro della gente; anch'egli perì, e tutti coloro che gli aveano prestata fede furon dispersi. E adesso io vi dico: Non vi occupate di questi uomini, e lasciateli stare; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non li potrete distruggere, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio". Atti 5:35-39 (Luzzi). UVI 52 5 I sacerdoti compresero la ragionevolezza di queste idee, e furono obbligati a essere d'accordo con Gamaliele. Tuttavia non era facile eliminare il loro pregiudizio e il loro odio. Con riluttanza, dopo aver picchiato i discepoli e dopo averli nuovamente avvertiti di non predicare più nel nome di Gesù a rischio di mettere in pericolo la loro vita, li rilasciarono. "Ed essi se ne andarono dalla presenza del Sinedrio, rallegrandosi d'essere stati reputati degni di esser vituperati per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e per le case, non ristavano d'insegnare e di annunziare la buona novella che Gesù è il Cristo". Atti 5:41, 42 (Luzzi). UVI 53 1 Poco prima della sua crocifissione, Cristo li fece eredi della sua pace. "Io vi lascio pace -- Egli disse -- vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti". Giovanni 14:27 (Luzzi). Questa non è la pace che si ottiene conformandosi al mondo. Cristo mai acquistò la pace attraverso il compromesso con il male. La pace che Cristo lasciò ai suoi discepoli è una pace interiore più che esteriore, e una pace che rimane con i suoi testimoni anche di fronte a lotte e difficoltà. UVI 53 2 Cristo, parlando di se stesso, disse: "Non pensate ch'io sia venuto a metter pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada". Matteo 10:34 (Luzzi). Il Principe della pace fu, malgrado le sue buone intenzioni, una causa di divisione. Colui che venne a proclamare la buona novella, a portare speranza e gioia ai cuori umani, ha acceso una controversia che brucia profondamente e che genera intense passioni nel cuore umano. Egli avverte i suoi seguaci: "Nel mondo avrete dolori". Giovanni 16:33. "Vi metteranno le mani addosso e vi perseguiteranno, dandovi in man delle sinagoghe e mettendovi in prigione, traendovi dinanzi a re e governatori, a cagion del mio nome". "Voi sarete traditi perfino da genitori, da fratelli, da parenti e da amici; faranno morire parecchi di voi". Luca 21:12, 16 (Luzzi). UVI 53 3 Questa profezia si è adempiuta in maniera evidente. I seguaci di Gesù hanno subìto ogni tipo di offesa, biasimo e crudeltà che Satana poteva istigare nel cuore umano. Avverranno ancora queste cose, perché l'uomo naturale è tuttora avverso alla legge di Dio, e non si sottomette alla sua volontà così come è espressa nei comandamenti. Oggi, il mondo non è più in armonia con i princìpi di Cristo di quanto lo fosse ai giorni degli apostoli. Lo stesso odio che generò il grido: "Crocifiggilo! Crocifiggilo!", lo stesso odio che provocò la persecuzione dei discepoli, ancora opera nei figli della disubbidienza. Lo stesso spirito che, nel Medioevo, consegnò uomini e donne alla prigione, all'esilio e alla morte, che concepì la raffinata tortura dell'Inquisizione, che ideò ed eseguì il massacro di San Bartolomeo, che alimentò i roghi di Smithfield, è ancora al lavoro con malvagia energia nei cuori non rigenerati dallo Spirito. La storia è sempre stata caratterizzata dalla lotta tra la verità e l'errore. La proclamazione del Vangelo ha fatto dei progressi, nonostante abbia incontrato una forte opposizione e sia stata esposta a pericoli, penurie e sofferenze. UVI 54 1 Quale forza sostenne coloro che nel passato sono stati perseguitati per amore di Cristo? Fu l'unione con Dio, l'unione con lo Spirito Santo, l'unione con Cristo. Biasimo e persecuzione hanno separato molti credenti dai loro amici, tuttavia queste cose non possono averli separati dall'amore di Cristo. Mai un'anima provata è più profondamente amata dal Salvatore di quando questa soffre per amore della verità. "Io l'amerò -- disse Gesù -- e mi manifesterò a lui". Giovanni 14:21 (Luzzi). Cristo è al fianco del credente, quando per amore della verità affronta le sbarre dei tribunali terreni. Quando egli è confinato dentro le mura di una prigione, Cristo si manifesta a lui, e lo conforta con il suo amore. Quando egli subisce la morte per amore di Cristo, il Salvatore gli dice: loro possono uccidere il corpo ma non distruggere l'anima. "Fatevi animo, io ho vinto il mondo". Giovanni 16:33 (Luzzi). "Tu, non temere, perché io son teco; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia". Isaia 41:10 (Luzzi). UVI 54 2 "Quelli che confidano nell'Eterno sono come il monte di Sion, che non può essere smosso, ma dimora in perpetuo. Gerusalemme è circondata dai monti; e così l'Eterno circonda il suo popolo, da ora in perpetuo". Salmi 125:1-3 (Luzzi). "Egli redimerà l'anima loro dall'oppressione e dalla violenza, e il loro sangue sarà prezioso agli occhi suoi". Salmi 72:14 (Luzzi). UVI 54 3 "L'Eterno degli eserciti li proteggerà; ... L'Eterno, il loro Dio, li salverà, in quel giorno, come il gregge del suo popolo; poiché saranno come pietre d'un diadema, che rifulgeranno sulla sua terra". Zaccaria 9:15, 16 (Luzzi). ------------------------Capitolo 9: I sette diaconi UVI 55 1 "Intanto a Gerusalemme cresceva il numero dei discepoli e accadde che i credenti di lingua greca si lamentarono di quelli che parlavano ebraico: succedeva che le loro vedove venivano trascurate nella distribuzione quotidiana dei viveri". Atti 6:1. UVI 55 2 La chiesa apostolica era formata da differenti classi di persone e da varie nazionalità. Alla Pentecoste, quando discese lo Spirito Santo, "a Gerusalemme c'erano ebrei, uomini molto religiosi, venuti da tutte le parti del mondo". Atti 2:5. Insieme alla gente di fede ebraica si erano riuniti a Gerusalemme alcuni, comunemente chiamati ellenisti, per i quali i giudei della Palestina, da lungo tempo, esprimevano diffidenza e anche antagonismo. UVI 55 3 I cuori di quelli che erano stati convertiti mediante il lavoro degli apostoli erano inteneriti e uniti dall'amore cristiano. Nonostante i pregiudizi iniziali, tutti erano ora, in armonia l'uno con l'altro. Satana sapeva che fino a quando questa unione continuava a esistere, egli sarebbe stato impotente a ostacolare il progresso del Vangelo; pensò di approfittare dei vecchi modi di pensare, sperando di riuscire a introdurre nella chiesa dei motivi di discordia. UVI 55 4 Mentre il numero dei discepoli si moltiplicava, il nemico riuscì a sollevare il sospetto in quelle persone che già da tempo nutrivano della gelosia nei confronti dei fratelli, e criticavano il comportamento dei loro dirigenti spirituali. Così "accadde che i credenti di lingua greca si lamentarono di quelli che parlavano ebraico". La causa del mormorio risaliva al fatto che le vedove appartenenti alla comunità ellenistica erano state trascurate nell'abituale distribuzione dei viveri. Non v'è dubbio che questo tipo di comportamento contrastava con lo spirito del Vangelo; intanto Satana era riuscito a sfruttare la situazione per diffondere il sospetto tra i credenti. Il caso richiedeva rapide misure che rimuovessero tutti i motivi di insoddisfazione ed evitassero il trionfo del nemico nel suo tentativo di creare divisione tra i fratelli. UVI 55 5 I discepoli di Gesù erano giunti a una crisi nella loro esperienza. Il lavoro per la diffusione del Vangelo si sviluppava rapidamente sotto la saggia guida degli apostoli, i quali lavoravano assistiti dalla potenza dello Spirito Santo. La chiesa si espandeva continuamente e l'aumento dei membri aggravava di pesanti responsabilità i dirigenti. Né un uomo, né un gruppo di uomini, poteva portare questi pesi da solo, senza mettere in pericolo la futura prosperità della chiesa. Occorreva un'ulteriore distribuzione delle responsabilità che fino a quel momento erano state fedelmente svolte da un numero limitato di persone. Gli apostoli dovevano prendere l'importante decisione di organizzare in modo migliore la chiesa, affidando ad altri alcuni incarichi svolti da loro stessi. UVI 56 1 I credenti furono convocati, e gli apostoli guidati dallo Spirito Santo tracciarono un piano per una migliore organizzazione delle attività ecclesiali. Era giunto il tempo -- dichiararono gli apostoli -- in cui i dirigenti spirituali che avevano la supervisione della chiesa fossero alleggeriti dall'incarico della distribuzione dei viveri ai poveri e da simili compiti. Si doveva lasciarli liberi di portare avanti il lavoro di evangelizzazione. "Perciò, fratelli -- essi dissero -- cercate di trovare fra voi sette uomini, de' quali si abbia buona testimonianza, pieni di spirito e di sapienza, e che noi incaricheremo di quest'opera. Ma quant'è a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola". Atti 6:3, 4 (Luzzi). Questo consiglio fu seguito; si scelsero sette uomini, e mediante la preghiera e l'imposizione delle mani, furono consacrati diaconi. UVI 56 2 L'assegnazione di compiti particolari ai sette diaconi si dimostrò di grande utilità per il progresso della chiesa. Questi si interessarono particolarmente delle esigenze dei singoli individui come pure dell'amministrazione dei beni della chiesa. Con la loro prudenza nell'amministrazione e il loro buon esempio, essi erano di grande aiuto agli altri diaconi nel legare insieme i vari interessi della chiesa, formando un'unità. UVI 56 3 Che questo fosse un passo in armonia con il volere di Dio è rivelato dagli immediati, buoni risultati che si videro. "E la parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche una gran quantità di sacerdoti ubbidiva alla fede". Atti 6:7 (Luzzi). Questa raccolta di anime fu dovuta sia alla maggiore libertà che gli apostoli si erano concessi, sia allo zelo e all'influsso dimostrato dai sette diaconi. Il fatto che questi fratelli erano stati consacrati per il particolare lavoro di assistenza dei poveri, non li esentò dall'insegnare la dottrina in cui avevano creduto. Al contrario, essi erano pienamente qualificati per istruire gli altri nella verità, e si dedicarono a questo lavoro con grande fervore, anche riportando notevoli successi. UVI 56 4 Alla chiesa apostolica era stato affidato un lavoro in costante espansione, quello di edificare centri di luce e di benedizione ovunque avessero trovato anime oneste e desiderose di mettersi al servizio di Cristo. La proclamazione del Vangelo doveva raggiungere l'intero mondo abitato, e i messaggeri della croce non potevano sperare di compiere questa importante missione senza rimanere legati ai vincoli di unità cristiana, rivelando al mondo che essi erano uno con Cristo in Dio. La loro divina Guida non aveva pregato il Padre, dicendo: "Conservali nel tuo nome, essi che tu m'hai dati, affinché siano uno, come noi"? Non aveva Egli dichiarato ai discepoli: "Il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo"? Non aveva supplicato il Padre perché essi fossero "perfetti nell'unità", "affinché il mondo creda che tu mi hai mandato"? Giovanni 17:11, 14, 23, 21 (Luzzi). La loro vita spirituale e la loro forza dipendevano da un'intima comunione con Colui che li aveva incaricati di predicare il Vangelo. UVI 57 1 Solo rimanendo uniti a Cristo, i discepoli potevano sperare di avere l'assistenza dello Spirito Santo e la cooperazione degli angeli del cielo. Con l'aiuto di questi strumenti divini, essi si sarebbero presentati al mondo come un fronte unito, e sarebbero stati vittoriosi nel conflitto che avevano intrapreso contro le potenze del male. Mentre lavoravano uniti, messaggeri celesti li avrebbero preceduti, aprendo la via, e preparando i cuori a ricevere la verità e a convertirsi a Cristo. Fino a quando sarebbero rimasti uniti, la chiesa sarebbe avanzata "bella come la luna, pura come il sole, tremenda come un esercito a bandiere spiegate". Cantico dei Cantici 6:10 (Luzzi). Niente poteva ostacolare il suo progresso. La chiesa sarebbe avanzata di vittoria in vittoria, adempiendo gloriosamente la divina missione di proclamazione del Vangelo al mondo. UVI 57 2 L'organizzazione della chiesa attuata a Gerusalemme, doveva servire come modello per l'organizzazione delle chiese in ogni luogo dove i messaggeri della verità avrebbero conquistato anime al Vangelo. Coloro che avevano ricevuto la responsabilità della supervisione generale della chiesa, non dovevano signoreggiare sull'eredità di Dio ma, come saggi pastori, dovevano pascere "il gregge di Dio... essendo gli esempi del gregge". 1 Pietro 5:2, 3 (Luzzi). E i diaconi dovevano essere "uomini de' quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza". Atti 6:3 (Luzzi). Questi uomini dovevano unitamente salvaguardare la giustizia e mantenerla con fermezza e decisione. Dovevano esercitare un'influsso unitario sull'intero gregge. UVI 57 3 Più tardi nella storia della chiesa apostolica, in varie parti del mondo, molti gruppi di credenti formarono nuove chiese. Per questo motivo, l'organizzazione della chiesa fu ulteriormente perfezionata, in modo da mantenere l'ordine e provvedere a uno sviluppo armonioso delle sue attività. Ogni membro fu esortato a svolgere bene il proprio compito. Ognuno doveva usare saggiamente i talenti a lui affidati. Lo Spirito Santo aveva dotato alcuni di speciali doni "primieramente degli apostoli; in secondo luogo dei profeti; in terzo luogo de' dottori; poi, i miracoli; poi i doni di guarigione, le assistenze, i doni di governo, la diversità delle lingue". 1 Corinzi 12:28 (Luzzi). Tutte queste classi di operai dovevano lavorare armoniosamente. UVI 58 1 "Or vi è diversità di doni, ma v'è un medesimo Spirito. E vi è diversità di ministeri, ma non v'è che un medesimio Signore. E vi è varietà di operazioni, ma non v'è che un medesimo Iddio, il quale opera tutte le cose in tutti. Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l'utile comune. Infatti, a uno è data mediante lo Spirito parola di sapienza; a un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza d'operar miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue, e a un altro, la interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell'uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come Egli vuole. Poiché, siccome il corpo è uno ed ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un unico corpo, così ancora è di Cristo". 1 Corinzi 12:4-12 (Luzzi). UVI 58 2 Le guide della chiesa di Dio sulla terra furono chiamate ad assolvere dei compiti di grande importanza. Durante la teocrazia, mentre Mosè tentava di portare da solo pesanti responsabilità che presto lo avrebbero esaurito, Jethro gli consigliò un piano per una saggia distribuzione delle responsabilità. "Sii tu il rappresentante del popolo dinanzi a Dio-Jethro disse a Mosè -- e porta a Dio le loro cause. Insegna loro gli ordini e le leggi, e mostra loro la via per la quale han da camminare e quello che devon fare". Jethro consigliò inoltre che fossero scelti degli uomini da stabilire come "capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di diecine". Questi dovevano essere "degli uomini capaci che temano Dio; degli uomini fidati, che detestino il lucro iniquo". Dovevano rendere "ragione al popolo in ogni tempo" così da alleviare Mosè dall'aver cura delle piccole faccende che saggiamente potevano essere affidate a dei collaboratori consacrati. UVI 58 3 Il tempo e le energie di coloro ai quali Dio ha assegnato delle responsabilità direttive nella chiesa, dovrebbero essere spesi per questioni importanti che richiedono una particolare dose di saggezza e una certa maturità morale. Dio non vuole che uomini così dotati si occupino di faccende meno importanti. Altre persone potrebbero occuparsene al posto loro. "Riferiscano a te ogni affare di grande importanza -- Jethro propose a Mosè -- ma ogni piccolo affare lo decidano loro. Allevia così il peso che grava su te, e lo portino essi teco. Se tu fai questo, e se Dio te l'ordina, potrai durare; e anche tutto questo popolo arriverà felicemente al luogo che gli è destinato". UVI 59 1 In armonia con questo piano, "Mosè scelse fra tutto Israele degli uomini capaci, e li stabilì capi del popolo: capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di diecine. E quelli rendevano ragione al popolo in ogni tempo; le cause difficili le portavano a Mosè, ma ogni piccolo affare lo decidevano loro". Esodo 18:19-26 (Luzzi). UVI 59 2 Mosè, quando scelse i settanta anziani che avrebbero condiviso insieme a lui le responsabilità direttive, fece molta attenzione a selezionare, come suoi assistenti, uomini che possedessero dignità, buon senso ed esperienza. Durante l'ordinazione di questi uomini, Mosè elencò alcune delle qualificazioni che rendevano un uomo idoneo a essere un buon dirigente nella chiesa. "Ascoltate le cause de' vostri fratelli -- disse Mosè -- e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere col fratello o con lo straniero che sta da lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio". Deuteronomio 1:16, 17 (Luzzi). UVI 59 3 Re Davide, verso la fine del suo regno, fece un solenne discorso a coloro che, in quel periodo, avevano grandi responsabilità nell'opera di Dio. "Davide convocò a Gerusalemme tutti i capi d'Israele, i capi delle tribù, i capi delle divisioni al servizio del re, i capi di migliaia, i capi di centinaia, gli amministratori di tutti i beni e del bestiame appartenente al re ed ai suoi figli insieme con gli ufficiali di corte, cogli uomini coraggiosi e tutti i valorosi". L'anziano re si rivolse solennemente a loro dicendo: "In presenza di tutto Israele, dell'assemblea dell'Eterno, e dinanzi al nostro Dio che ci ascolta, io v'esorto ad osservare e a prendere a cuore tutti i comandamenti dell'Eterno, ch'è il vostro Dio". 1 Cronache 28:1, 8 (Luzzi). UVI 59 4 A Salomone, chiamato a occupare una posizione di responsabilità direttiva, il re Davide fece una speciale esortazione: "E tu, Salomone, figliuol mio, riconosci l'Iddio di tuo padre, e servilo con cuore integro e con animo volenteroso; poiché l'Eterno scruta tutti i cuori, e penetra tutti i disegni e tutti i pensieri. Se tu lo cerchi, Egli si lascerà trovare da te; ma, se lo abbandoni, egli ti rigetterà in perpetuo. Considera ora che l'Eterno ha scelto te... sii forte". 1 Cronache 28:9, 10 (Luzzi). UVI 59 5 Gli stessi princìpi di pietà e giustizia che guidarono i capi del popolo di Dio al tempo di Mosè e di re Davide, dovevano essere seguiti da coloro ai quali era stata assegnata la supervisione della nascente chiesa di Cristo, durante l'espansione del campo evangelistico. Gli apostoli riaffermarono gli stessi princìpi elencati nell'Antico Testamento, quando organizzarono le chiese e ordinarono uomini capaci di guidare il suo popolo. Essi sostennero che colui che è chiamato a svolgere una responsabilità direttiva nella chiesa "bisogna che sia irreprensibile, come economo di Dio; non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non manesco, non cupido di disonesto guadagno, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, temperante, attaccato alla fedele Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d'esortare nella sana dottrina e di convincere i contradittori". Tito 1:7-9 (Luzzi). UVI 60 1 L'ordine istituito nella chiesa cristiana apostolica rese possibile il suo successo, come un esercito ben disciplinato e rivestito dell'armatura di Dio. I gruppi dei credenti, sebbene dispersi su un vasto territorio, erano tutti membri di un solo corpo, e si muovevano in perfetta armonia l'uno con l'altro. Quando nasceva un'occasione di dissenso, come per esempio in Antiochia e altrove, e i credenti non riuscivano a mettersi d'accordo fra loro, non si permetteva che tali questioni creassero una divisione nella chiesa. Esse erano riferite a un concilio generale, formato da delegati scelti dalle varie chiese locali, dagli apostoli, e da anziani con responsabilità direttive. In questo modo, gli attacchi di Satana fatti alle chiese isolate, venivano affrontati con un'azione comune da parte di tutti; e i dannosi piani del nemico venivano ostacolati. UVI 60 2 "Dio infatti non vuole il disordine, ma la pace. Come in tutte le comunità di credenti". 1 Corinzi 14:33. Egli richiede che l'ordine e l'organizzazione siano osservati anche oggi, negli affari della chiesa, come lo erano nei tempi passati. Egli desidera che il suo piano sia portato avanti in modo completo ed esatto, rispettando quei princìpi che motivano la sua approvazione. L'unità dei cristiani deve diventare una realtà. Si devono creare delle condizioni adatte a favorire l'intesa e la collaborazione tra le diverse comunità locali. L'uomo deve lavorare in stretto contatto con Dio, ogni progetto deve essere sottoposto alla supervisione dello Spirito Santo. Si deve raggiungere questo ideale di unità nel presentare al mondo la buona notizia della grazia di Dio. ------------------------Capitolo 10: Il primo martire cristiano UVI 61 1 Stefano, il primo dei sette diaconi, era un uomo di grande pietà e di profonda fede. Sebbene fosse giudeo di nascita, parlava la lingua greca, ed era familiare con le usanze e i costumi dei greci. Perciò trovò facilmente l'opportunità di predicare il Vangelo nelle sinagoghe dei giudei di lingua greca. Egli era molto attivo nel servizio che svolgeva in onore di Cristo, e proclamava con fermezza la sua fede. Rabbini colti e dottori della legge partecipavano a discussioni pubbliche con lui, illudendosi di ottenere una facile vittoria. Ma "non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava". Atti 6:10 (Luzzi). Stefano non solo parlava con la potenza dello Spirito Santo, il suo eloquio rivelava una profonda conoscenza delle profezie e di tutte le materie della legge. Egli difendeva con abilità le verità che proteggeva e sconfiggeva totalmente i suoi oppositori. Si era avverata la promessa di Gesù: "Mettetevi dunque in cuore di non premeditar come rispondere a vostra difesa, perché io vi darò una parola e una sapienza alle quali tutti i vostri avversari non potranno contrastare né contraddire". Luca 21:14, 15 (Luzzi). UVI 61 2 Come i sacerdoti e i capi del popolo eletto videro l'influsso che la predicazione di Stefano esercitava sul popolo, andarono su tutte le furie. Invece di cedere all'evidenza delle prove che lui presentava, decisero di farlo tacere una volta per tutte, mettendolo a morte. In numerose occasioni essi avevano corrotto le autorità romane. Il loro scopo era quello di alienare il loro controllo su quei processi che avevano condotto seguendo un proprio criterio di giustizia. Spesso i giudei avevano processato, condannato e giustiziato i prigionieri, in accordo con i loro costumi nazionali. Gli avversari di Stefano sapevano che questa iniziativa comportava dei pericoli per se stessi. Decisero, comunque, di rischiare le conseguenze, e perciò arrestarono Stefano e lo portarono dinanzi al concilio del Sinedrio per processarlo. UVI 61 3 Giudei colti, provenienti dai paesi circostanti, furono convocati con lo scopo di confutare gli argomenti del prigioniero. Saulo da Tarso era presente, ed ebbe una parte rilevante nell'accusare Stefano. Egli usò l'eloquenza e la logica tipica dei rabbini per convincere il popolo che Stefano stava predicando delle dottrine ingannevoli e pericolose. Egli si accorse che Stefano possedeva una conoscenza completa del piano che Dio aveva ideato per portare a termine l'evangelizzazione del mondo. UVI 62 1 Siccome i sacerdoti e i capi del popolo non riuscivano a prevalere contro la chiara e calma saggezza di Stefano, decisero di far di lui un esempio; e mentre avrebbero soddisfatto la loro sete di vendetta, avrebbero sparso il terrore e prevenuto altri dall'adottare il suo credo. Delle persone furono pagate per testimoniare il falso, e cioé che avevano udito Stefano dire cose blasfeme contro il tempio e la legge. "Infatti gli abbiamo udito dire -- questi testimoni dichiararono -- che quel Nazareno, Gesù, distruggerà questo luogo e muterà gli usi che Mosé ci ha tramandati". Atti 6:14 (Luzzi). UVI 62 2 Mentre Stefano era dinanzi ai suoi giudici per rispondere alle accuse di bestemmia, il suo volto si illuminò di una luce santa, e "tutti coloro che sedevano nel Sinedrio, avendo in lui gli occhi, videro la sua faccia simile alla faccia d'un angelo". Atti 6:15 (Luzzi). Molti di coloro che videro questa luce tremarono e si coprirono il viso, ma la testarda incredulità e il pregiudizio dei dirigenti non vacillarono. UVI 62 3 Quando Stefano fu interrogato circa la verità delle accuse mosse contro di lui, si difese con una voce così chiara e squillante che risuonava in tutta la sala del concilio. Le sue parole incantavano l'assemblea. Così continuò descrivendo la storia del popolo eletto da Dio. Egli dimostrò di avere una completa conoscenza della storia ebraica e dell'interpretazione spirituale delle sue diverse fasi sino all'apparizione del Cristo. Pronunciò le stesse parole con le quali Mosè aveva profetizzato la venuta del Messia: "Il Signore Iddio vostro vi susciterà un profeta d'infra i vostri fratelli, come me". Atti 7:37 (Luzzi). Diede evidenza della sua lealtà a Dio e alla fede giudaica, mentre dimostrava che la legge nella quale i giudei confidavano per ottenere la salvezza non era stata capace di salvarli dall'idolatria. Egli connesse Gesù Cristo con tutta la storia ebraica. Riferì le parole sia di Salomone che di Isaia circa la costruzione del tempio: "L'Altissimo però non abita in templi fatti da man d'uomo, come dice il profeta: Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello de' miei piedi. Qual casa mi edificherete voi? dice il Signore; o qual sarà il luogo del mio riposo? Non ha la mia mano fatte tutte queste cose? Atti 7:48-50 (Luzzi). UVI 62 4 Quando Stefano raggiunse questo punto, scoppiò un tumulto fra la gente. Quando connesse Cristo con le profezie e parlò in quei termini del tempio, il sacerdote, pretendendo di essere inorridito si strappò le vesti. Stefano capì che questo gesto era il segno che la sua voce sarebbe stata fatta tacere per sempre. Si rese conto di quanta opposizione incontravano le sue parole, e comprese che stava dando la sua ultima testimonianza. Sebbene fosse nel bel mezzo del suo sermone, lo concluse bruscamente. UVI 63 1 Interruppe improvvisamente il suo discorso, e rivolgendosi ai giudici infuriati, gridò: "Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d'orecchi, voi contrastate sempre lo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che preannunziavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete stati i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l'avete osservata". Atti 7:51-53 (Luzzi). UVI 63 2 Sentendo ciò, i sacerdoti e i capi del popolo s'infuriarono e persero il controllo. Comportandosi come bestie feroci più che come esseri umani, si avventarono su Stefano, con il chiaro desiderio di annientarlo. Sui visi crudeli delle persone che lo circondavano, il prigioniero lesse il suo destino; ma la sua fede non vacillò. Non temeva più la morte. Ad un tratto, la scena che gli era dinanzi svanì. Egli alzò gli occhi al cielo e vide la gloria del regno di Dio, e Cristo in piedi accanto al suo trono, già pronto a sostenere il suo fedele servitore. Con parole piene di un'invincibile gioia, Stefano esclamò: "Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figliuol dell'uomo in piè alla destra di Dio". Atti 7:56 (Luzzi). UVI 63 3 Egli descriveva la scena gloriosa che i suoi occhi stavano contemplando, e questo era al di là di quel che i suoi persecutori potessero sopportare. Si turarono gli orecchi per non udire le sue parole, ed emettendo grandi grida, si gettarono su di lui tutti insieme e lo cacciarono dalla città. "E lapidavano Stefano che invocava Gesù e diceva: Signor Gesù, ricevi il mio spirito. Poi, postosi in ginocchio, gridò ad alta voce: Signore, non imputar loro questo peccato. E detto questo si addormentò". Atti 7:59, 60 (Luzzi). UVI 63 4 Nessuna condanna legale fu emessa contro Stefano, ma le autorità romane erano state corrotte con forti somme di denaro affinché non investigassero su questo caso. UVI 63 5 Il martirio di Stefano lasciò una profonda impressione in tutti coloro che assistettero al fatto. Il suo volto illuminato dalla gloria divina, le sue parole, che toccavano l'intimo del cuore di coloro che le udivano, rimasero nella mente dei presenti, e testimoniavano della verità che era stata proclamata. La sua morte fu una prova molto difficile per la chiesa, ma diede come risultato la conversione di Saulo, il quale non poteva allontanare dalla sua mente la fede e la costanza del martire, e la gloria che aveva illuminato il suo volto. UVI 63 6 Al processo e alla morte di Stefano, Saulo sembrava essere pervaso da uno zelo frenetico. Dopo, egli si infuriò con se stesso, contro la propria convinzione che Stefano erano stato onorato da Dio nel medesimo momento in cui era disonorato dagli uomini. Saulo continuò a perseguitare la chiesa di Dio, dando la caccia, penetrando nelle case e consegnando gli arrestati ai sacerdoti e ai capi giudei affinché fossero imprigionati e messi a morte. Il suo zelo nel condurre la persecuzione sparse il terrore tra i cristiani di Gerusalemme. Le autorità romane non fecero nessuno sforzo per fermare quest'opera crudele, anzi aiutarono segretamente i giudei, in modo da riconciliarsi e assicurarsi il loro favore. UVI 64 1 Dopo il martirio di Stefano, Saulo fu eletto membro del concilio del Sinedrio, in considerazione della parte che aveva avuto in quell'occasione. Per un certo periodo di tempo egli fu un potente strumento nelle mani di Satana per condurre la sua ribellione contro il Figlio di Dio. Ma presto questo instancabile persecutore fu assunto per l'edificazione della chiesa che, ora, stava cercando di distruggere. Colui che è più potente di Satana aveva scelto Saulo perché prendesse il posto del martire Stefano, per predicare e soffrire per amore del suo nome, e per diffondere ovunque la buona novella della salvezza mediante il suo sangue. ------------------------Capitolo 11: Il vangelo in Samaria UVI 65 1 Dopo la morte di Stefano, in Gerusalemme sorse una terribile persecuzione contro i cristiani e "Tutti furon dispersi per le contrade della Giudea e della Samaria". Atti 8:1 (Luzzi). "Saulo devastava la chiesa, entrando di casa in casa; e trattine uomini e donne, li metteva in prigione". Atti 8:3 (Luzzi). Del suo zelo e del suo crudele lavoro più tardi lui stesso affermò: "Quant'è a me, avevo sì pensato anch'io di dover fare molte cose contro il nome di Gesù il Nazareno. E questo difatti feci a Gerusalemme; e avutane facoltà dai capi sacerdoti serrai nelle prigioni molti de' santi... E spesse volte, per tutte le sinagoghe, li costrinsi con pene a bestemmiare; e infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitai fino nelle città straniere". Che Stefano non era stato il solo a essere condannato a morte lo si può dedurre dalle stesse parole di Saulo: "e quando erano messi a morte, io detti il mio voto". Atti 26:9-11 (Luzzi). UVI 65 2 Durante questo tempo di pericolo, Nicodemo si fece avanti e confessò senza timore la sua fede nel Salvatore crocifisso. Era un membro del Sinedrio, e con altri era stato scosso dagli insegnamenti di Gesù. Mentre osservava le meravigliose opere di Cristo, si convinse che Egli era stato mandato da Dio. Troppo orgoglioso per ammettere apertamente di avere simpatia per il Maestro galileo, cercò di avere un incontro segreto. Durante questo incontro, Gesù gli spiegò il piano della salvezza, e la sua missione per il mondo; tuttavia Nicodemo esitava. Egli nascose la verità nel suo cuore, e per tre anni diede pochi frutti visibili. Ma, sebbene non avesse riconosciuto pubblicamente Cristo, nel Sinedrio, lui aveva ripetutamente ostacolato i piani omicidi dei sacerdoti. Alla fine, quando Cristo fu innalzato sulla croce, Nicodemo ricordò le parole che Gesù gli aveva dette durante l'incontro notturno sul monte degli Ulivi, "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figliuol dell'uomo sia innalzato" (Giovanni 3:14, Luzzi), e riconobbe in lui il redentore del mondo. UVI 65 3 Nicodemo, insieme a Giuseppe di Arimatea, aveva sostenuto le spese per la sepoltura di Gesù. I discepoli temevano di mostrarsi come seguaci di Cristo, ma Nicodemo e Giuseppe erano accorsi in loro aiuto. L'assistenza di questi uomini ricchi e onorati fu grandemente necessaria in quell'ora di oscurità. Loro riuscirono a fare per il defunto Maestro ciò che i poveri discepoli non erano riusciti a fare. Queste persone benestanti e influenti li avevano ben protetti dalla malvagità dei sacerdoti e dei capi giudei. UVI 66 1 Ora che i giudei stavano cercando di devastare la chiesa di Cristo, Nicodemo si fece avanti in sua difesa. Senza più prudenza e titubanza, incoraggiò la fede dei discepoli, e usò la sua ricchezza per sostenere la chiesa in Gerusalemme e per la diffusione del Vangelo. Allora, quelli che nel passato lo avevano riverito, cominciarono a deriderlo e a perseguitarlo ed egli da ricco divenne ben presto povero, ma non per questo esitò a difendere la sua fede. UVI 66 2 La persecuzione della chiesa in Gerusalemme generò un grande impeto per l'opera di evangelizzazione. I messaggeri del Vangelo avevano avuto successo in quel luogo, ma c'era il pericolo che si trattenessero troppo a lungo, trascurando il compito che il Salvatore gli aveva affidato: evangelizzare tutto il mondo. Dimenticando che la forza per resistere al male si ottiene più facilmente mediante un servizio aggressivo, essi cominciarono a pensare che il lavoro più importante era quello di proteggere la chiesa di Gerusalemme dagli attacchi del nemico. Invece di educare i nuovi convertiti a portare il Vangelo a coloro che non lo avevano ancora ricevuto, essi correvano il pericolo di essere soddisfatti di ciò che avevano già raggiunto. Dio permise la persecuzione dei cristiani affinché i suoi rappresentanti si spargessero in nuovi paesi, dove avrebbero potuto lavorare in favore di altri uomini. Fuggendo da Gerusalemme, i credenti "se ne andarono di luogo in luogo, annunziando la Parola". Atti 8:4 (Luzzi). UVI 66 3 Tra coloro che avevano ricevuto il mandato del Signore: "Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli", c'erano molte persone di umili origini, uomini e donne che avevano imparato ad amare il Salvatore, e che avevano deciso di seguire il suo esempio nel servizio altruistico. Gesù, durante il suo ministero terreno, aveva dato questo prezioso incarico, sia a questi umili credenti sia ai suoi discepoli. Tutti dovevano portare al mondo la buona novella della salvezza mediante Cristo. UVI 66 4 Durante la dispersione provocata dalla persecuzione, i cristiani avanzavano pieni di zelo missionario. Comprendevano la responsabilità della loro missione. Sapevano che a loro era stato affidato il pane della vita per questo mondo affamato; e furono costretti dall'amore di Cristo, a dare questo pane celeste a tutti quelli che ne avevano bisogno. Il Signore operava mediante loro. E ovunque andavano, i malati erano guariti, e ai poveri veniva predicato il Vangelo. UVI 67 1 Filippo, uno dei sette diaconi, era tra quelli che erano fuggiti da Gerusalemme. Egli, "disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo. E le folle di pari consentimento prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, udendo e vedendo i miracoli ch'egli faceva. Poiché gli spiriti immondi uscivano da molti che li avevano, gridando con gran voce; e molti paralitici e molti zoppi erano guariti. E vi fu grande allegrezza in quella città". Atti 8:5-8 (Luzzi). UVI 67 2 Il messaggio che Cristo diede alla donna samaritana, presso il pozzo di Giacobbe, aveva portato frutti. Dopo aver ascoltato le sue parole, la donna si era recata dagli uomini della città e aveva detto loro: "Venite a vedere un uomo che m'ha detto tutto quello che ho fatto; non sarebb'egli il Cristo? La gente uscì dalla città e veniva a lui". Essi seguirono la donna, udirono Gesù, e credettero in lui. Ansiosi di continuare ad ascoltarlo, lo supplicarono di rimanere. Ed Egli stette con loro per due giorni. "E più assai credettero a motivo della sua parola". Giovanni 4:29, 41 (Luzzi). UVI 67 3 Quando i discepoli fuggirono da Gerusalemme, alcuni di loro trovarono un rifugio sicuro in Samaria. I samaritani accolsero bene questi messaggeri del Vangelo, e i giudei convertiti raccolsero anime preziose fra quelli che, nel passato, erano stati i loro più accaniti oppositori. UVI 67 4 In Samaria, l'opera di Filippo ebbe molto successo, e lui incoraggiato da questo, andò a Gerusalemme per aiutare. Gli apostoli ora, compresero meglio il pieno significato delle parole di Cristo: "Mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra". Atti 1:8 (Luzzi). UVI 67 5 Mentre Filippo era ancora in Samaria, un messaggero celeste gli disse: "Lèvati, e vattene dalla parte di mezzodì, sulla via che scende da Gerusalemme a Gaza... Ed egli levatosi, andò". Atti 8:26, 27 (Luzzi). Egli non fece domande e non esitò a ubbidire, perché aveva imparato la lezione di sottomettersi al volere di Dio. UVI 67 6 "Ed ecco un Etiope, un eunuco, ministro di Candace, regina degli Etiopi, il quale era sovrintendente di tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare e stava tornandosene, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia". Atti 8:27, 28 (Luzzi). Questo etiope era un uomo di ottima reputazione e di grande autorità. Dio vide che quando si sarebbe convertito, egli avrebbe dato ad altri la luce che aveva ricevuto e che avrebbe esercitato un forte influsso in favore del Vangelo. Gli angeli di Dio proteggevano quest'uomo assetato di verità, mentre si avvicinava al Salvatore. Mediante l'intervento dello Spirito Santo, il Signore lo aveva portato in contatto con un uomo che poteva condurlo alla verità. UVI 68 1 Filippo fu guidato ad andare dall'etiope a spiegargli la profezia che stava leggendo. "Accostati, e raggiungi codesto carro", gli disse lo Spirito. Filippo si avvicinò, e chiese all'eunuco: "Intendi tu le cose che leggi? Ed egli rispose: E come potrei intenderle, se alcuno non mi guida? E pregò Filippo che montasse e sedesse con lui". Il passo che stava leggendo era la profezia del profeta Isaia circa il Cristo: "Egli è stato menato all'uccisione come una pecora; e come un agnello che è muto dinanzi a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca. Nel suo abbassamento fu tolta via la sua condanna; chi descriverà la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra". Atti 8:29, 32, 33 (Luzzi). UVI 68 2 "Di chi, ti prego, dice questo il profeta? -- domandò l'eunuco -- Di se stesso oppure d'un altro?" Poi Filippo spiegò a lui il grande piano della redenzione. "Cominciando da questo passo della Scrittura gli annunziò Gesù". Atti 8:34, 35 (Luzzi). UVI 68 3 Il cuore dell'etiope esultò con interesse quando gli furono spiegate le Scritture, e quando il discepolo terminò, lui era pronto ad accettare la luce ricevuta. L'eunuco non fece della sua elevata posizione sociale una scusa per rifiutare il Vangelo. "E cammin facendo, giunsero a una cert'acqua. E l'eunuco disse: Ecco l'acqua; chi impedisce che io sia battezzato? Filippo disse: Se tu credi con tutto il cuore, è possibile. L'eunuco rispose: Io credo che Gesù Cristo è il Figliuol di Dio. E comandò che il carro si fermasse; e discesero ambedue nell'acqua, Filippo e l'eunuco, e Filippo lo battezzò. UVI 68 4 "E quando furon saliti fuori dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo; e l'eunuco, continuando il suo cammino tutto allegro, non lo vide più. Poi Filippo si ritrovò in Azot; e, passando, evangelizzò tutte le città, finché venne a Cesarea". Atti 8:36-40 (Luzzi). UVI 68 5 Questo etiope rappresenta una larga classe di individui che hanno bisogno di essere istruiti da missionari come Filippo, da uomini che quando odono la voce di Dio, vanno dove Egli li manda. Molte persone leggono la Bibbia ma non riescono a capire il suo vero significato. Nel mondo ci sono uomini e donne che stanno cercando ansiosamente il cielo. Queste anime assetate di luce innalzano a Dio preghiere e piangendo chiedono la grazia divina e lo Spirito Santo. Molti sono ai confini del regno di Dio, in attesa di essere raccolti in esso. UVI 68 6 Un angelo guidò Filippo a un uomo in cerca di luce, e che era pronto per ricevere il Vangelo. Anche oggi, gli angeli sono pronti a guidare i passi di quegli operai che permettono allo Spirito Santo di santificare ogni loro talento e di dirigere il loro sguardo fiducioso verso il cielo. L'angelo che fu mandato a guidare Filippo, poteva egli stesso parlare con l'etiope, ma questo non era nei piani di Dio. Egli vuole che siano gli uomini a lavorare per i loro simili. UVI 69 1 L'incarico che è stato dato inizialmente agli apostoli, è stato condiviso dai credenti di ogni epoca. Ogni persona che ha ricevuto il Vangelo è stata incaricata di impartirlo al mondo. Gli uomini fedeli a Dio sono sempre stati dei missionari aggressivi, individui che hanno consacrato le loro risorse in onore del suo nome, e che hanno usato saggiamente i propri talenti nel suo servizio. UVI 69 2 Il lavoro altruistico che hanno svolto i cristiani del passato dovrebbe servirci di lezione e ispirare la nostra stessa esistenza. I membri della chiesa di Dio devono essere zelanti in opere buone, alieni da ambizioni mondane, imitatori di Colui che li ha mandati a fare del bene. Essi devono assistere quelli che sono nel bisogno, con il cuore pieno di simpatia e di compassione, e devono far conoscere ai peccatori l'amore del Salvatore. Questo lavoro necessita di sforzi costanti ma porta ricche ricompense. Coloro che si consacreranno con sincerità di cuore spingeranno delle persone a seguire Gesù, perché l'influsso esercitato da quelli che vivono adempiendo il compito che Cristo ha dato loro, è irresistibile. UVI 69 3 La responsabilità di compiere questo mandato non è soltanto dei pastori. Chiunque ha ricevuto Cristo è chiamato a lavorare per la salvezza dei propri simili. "E lo Spirito e la sposa dicono: Vieni. E chi ode dica: Vieni". Apocalisse 22:17 (Luzzi). A tutti i membri di chiesa è dato l'incarico di questo invito agli altri. Chiunque abbia ricevuto tale invito, lo dovrà far echeggiare per valli e monti, dicendo: "Vieni". UVI 69 4 È un errore fatale supporre che l'opera di evangelizzazione dipenda soltanto dai pastori. Gli uomini a cui il Signore ha affidato grandi responsabilità nella sua chiesa devono incoraggiare quei credenti consacrati che desiderano condurre nuove persone nella vigna del Signore. Gli uomini che dirigono la chiesa di Dio devono comprendere che quest'incarico è dato a tutti quelli che credono nel nome di Gesù Cristo. Dio manderà a lavorare nella sua vigna molti che non sono stati consacrati al ministero mediante l'imposizione delle mani. UVI 69 5 Centinaia, anzi, migliaia di persone che hanno udito il messaggio della salvezza, oziano, invece di essere attivi in un campo o nell'altro del servizio. A costoro, Cristo dice: "Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi? -- e aggiunge -- Andate anche voi nella vigna". Matteo 20:6, 7 (Luzzi). Come mai molti non rispondono a questo ordine? è perché pensano di poter scusare se stessi per il fatto che non sono dei pastori? Queste persone devono comprendere che c'è un enorme lavoro che migliaia di membri laici consacrati potrebbero svolgere, anche se non sono dei pastori. UVI 70 1 Dio aspetta da lungo tempo che lo spirito di servizio si impossessi dell'intera chiesa, così che ognuno lavori per lui secondo le proprie capacità. Quando tutti i membri della chiesa di Dio svolgeranno l'incarico loro assegnato, ovunque ci sia bisogno, nel proprio paese e altrove, adempiendo il compito che Gesù ha affidato, l'intero mondo sarà avvertito in poco tempo, e il Signore ritornerà con potenza e gloria. "E questo evangelo del Regno sarà predicato per tutto il mondo, onde ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine". Matteo 24:14 (Luzzi). ------------------------Capitolo 12: Da persecutore a perseguitato UVI 71 1 Tra i capi giudei che furono irritati dal successo della proclamazione del Vangelo, una persona prominente era Saulo da Tarso. Cittadino romano per nascita, e nondimeno giudeo per discendenza, Saulo era stato educato in Gerusalemme dai rabbini più eminenti. "Della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo d'ebrei; quanto alla legge, Fariseo, quanto allo zelo, persecutore della chiesa, quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile". Filippesi 3:5, 6. I rabbini lo reputavano un giovane molto promettente e speravano grandemente che diventasse uno zelante difensore dell'antica fede. Come membro del Sinedrio egli aveva una posizione di primo piano in seno al suo popolo. UVI 71 2 Saulo aveva avuto un ruolo principale nel processo e nella sentenza di Stefano, e l'evidente presenza di Dio con il martire lo aveva spinto a dubitare circa la giustizia della causa che egli aveva abbracciato contro i seguaci di Gesù. La sua mente era stata scossa profondamente. Essendo confuso, si era consigliato con quelli che reputava avessero saggezza e buon giudizio. E gli argomenti dei sacerdoti e dei rabbini alla fine lo avevano convinto di essere nel giusto: Stefano era un bestemmiatore e il Cristo che il martire aveva predicato era un impostore. UVI 71 3 Saulo era giunto a questa conclusione dopo aver affrontato una severa lotta interiore. Ma alla fine, la sua educazione, il suo pregiudizio, il rispetto per i suoi anziani maestri, e la sua sete di popolarità, lo avevano spinto a ribellarsi contro la voce della coscienza e contro la grazia di Dio. Avendo deciso che i sacerdoti e gli scribi agivano giustamente, Saulo diventò molto accanito nell'opporsi alle dottrine insegnate dai discepoli di Gesù. La sua attività, che consisteva nel trascinare uomini e donne dinanzi ai tribunali dove venivano condannati, alcuni all'imprigionamento altri alla morte soltanto perché credevano in Gesù, aveva procurato angoscia e lutto alla chiesa cristiana nascente, e aveva costretto molti a trovare rifugio nella fuga. UVI 71 4 I cristiani che fuggirono da Gerusalemme a causa della persecuzione "se ne andarono di luogo in luogo, annunziando la Parola". Atti 8:4 (Luzzi). Una delle città dove si rifugiarono fu Damasco, nella quale molti erano stati convertiti alla nuova fede. UVI 72 1 I sacerdoti e i capi giudei speravano che con una spietata persecuzione e una severa vigilanza sarebbero riusciti a sopprimere l'eresia. E decisero di usare le loro crudeli misure contro i nuovi insegnanti, non solo in Gerusalemme ma anche in altre città. Saulo offrì il suo aiuto per questo speciale lavoro che avevano deciso di svolgere a Damasco. "Saulo intanto continuava a minacciare i discepoli del Signore e faceva di tutto per farli morire. Si presentò al sommo sacerdote, e gli domandò una lettera di presentazione per le sinagoghe di Damasco. Intendeva arrestare, qualora ne avesse trovati, uomini e donne, seguaci della nuova fede, e condurli a Gerusalemme". Atti 9:1, 2. Saulo si sentiva capace di grandi cose, dalla sua aveva l'autorizzazione dei capi sacerdoti. Si trattava di uno zelo distorto dall'errore delle sue convinzioni. Non sapeva che il viaggio che stava incominciando sarebbe stato memorabile. Con quel viaggio avrebbe cambiato l'intero corso della sua esistenza. UVI 72 2 Durante l'ultimo giorno di viaggio, "a mezzogiorno", non lontano da Damasco, i viaggiatori stanchi poterono contemplare i vasti campi di terra fertile, gli splendidi giardini, i ricchi frutteti bagnati dai freschi torrenti che scendevano dalle montagne circostanti. Dopo un lungo viaggio per luoghi desolati, essi erano rinfrancati dalla frescura di quei luoghi. Mentre Saulo, con i suoi compagni, ammiravano la fertile pianura e la bella città, improvvisamente, apparve "una luce dal cielo, più splendente del sole, la quale lampeggiò intorno a me ed a coloro che viaggiavan meco" (Atti 26:12, 13, Luzzi), affermò Saulo più tardi. Accecato e confuso, egli cadde a terra. UVI 72 3 Mentre la luce continuava a risplendere intorno a loro, Saulo udì una voce che, in lingua ebraica, gli disse: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ei t'è duro di ricalcitrar contro gli stimoli". Atti 26:14, 15 (Luzzi). UVI 72 4 Pieni di paura, e quasi accecati dall'intensità della luce, i compagni di Saulo udirono una voce, ma non videro alcuno. Ma Saulo comprese le parole che furono pronunciate; egli riconobbe in Colui che gli parlava il Figlio di Dio. Nell'essere glorioso che gli stava dinanzi, Saulo riconobbe Colui che era stato crocifisso. L'immagine del Salvatore si impresse per sempre nell'anima di questo giudeo. Le parole udite colpirono il suo cuore con una forza spaventosa. Le oscure camere della sua mente furono inondate di una luce che gli rivelava tutta l'ignoranza e l'errore della sua vita passata, e il suo presente bisogno dell'illuminazione dello Spirito Santo. UVI 72 5 Saulo comprese che perseguitando i seguaci di Gesù, egli in realtà attuava il piano di Satana. Comprese che le sue convinzioni circa la giustizia e il suo dovere erano largamente basate sull'implicita fiducia che aveva nei sacerdoti e nei capi giudei. Saulo aveva creduto a loro quando avevano affermato che la storia della risurrezione era soltanto un prodotto dell'immaginazione dei discepoli. UVI 73 1 In quell'ora di divina illuminazione, la mente di Saulo funzionò con notevole rapidità. Gli scritti profetici gli erano più chiari di prima. Egli vide che il rifiuto di Gesù da parte dei giudei, la sua crocifissione, la sua risurrezione e la sua ascensione erano stati predetti dai profeti, e che erano la prova che Gesù era il Messia promesso. Il sermone che Stefano aveva predicato prima del suo martirio, ritornò alla sua mente, ed egli si rese conto che il martire aveva realmente contemplato "la gloria di Dio" quando disse, "Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figliuol dell'uomo in pié alla destra di Dio". Atti 7:56 (Luzzi). I sacerdoti avevano reputato questa testimonianza una bestemmia, ma Saulo, ora, sapeva che queste parole erano la verità. UVI 73 2 Quale rivelazione fu questa, per il persecutore! Ora Saulo sapeva per certo che il Messia promesso era venuto su questa terra come Gesù di Nazareth, e che Egli era stato rigettato e crocifisso proprio da coloro che era venuto a salvare. Lui sapeva anche che il Salvatore era risorto trionfando sulla morte, e che era asceso al cielo. In quel momento di divina rivelazione, Saulo ricordò con terrore che Stefano, il quale aveva testimoniato di un Salvatore crocifisso e risorto, era stato sacrificato con il suo consenso, e che più tardi, mediante la sua collaborazione, molti altri seguaci fedeli di Gesù erano stati messi a morte a termine di una crudele persecuzione. UVI 73 3 Il Salvatore parlò a Saulo mediante Stefano, il cui discorso non poteva essere contraffatto. Il colto giudeo aveva visto il volto del martire riflettere la luce della gloria di Cristo, come se fosse la "faccia d'un angelo". Atti 6:15 (Luzzi). Egli aveva notato la pazienza che Stefano aveva dimostrato verso i suoi nemici, e il perdono che il martire aveva loro accordato. Saulo aveva testimoniato la calma e serena rassegnazione, con la quale molti cristiani subivano torture e discriminazioni di vario genere. Aveva visto alcuni dare la loro vita con gioia per amore della propria fede. UVI 73 4 Tutte queste cose assillavano la mente di Saulo, e costituivano la prova schiacciante della messianicità di Gesù. Per intere notti aveva lottato contro questa idea, e aveva sempre finito con l'ammettere che Gesù non era il Messia e che i suoi seguaci erano dei fanatici delusi. UVI 73 5 Ora Cristo ha parlato personalmente a Saulo, dicendogli: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" E alla domanda: "Chi sei Signore?", la stessa voce gli rispose: "Io son Gesù che tu perseguiti". Atti 9:4-6 (Luzzi). Perseguitando i seguaci di Gesù, Saulo aveva lottato direttamente contro il Signore del cielo. Testimoniando e accusandoli falsamente, egli aveva testimoniato e accusato falsamente il Salvatore del mondo. UVI 74 1 Non ci fu dubbio nella mente di Saulo che Colui che gli stava parlando fosse Gesù di Nazareth, l'atteso Messia, il Consolatore e il Redentore d'Israele. Tremando, Saulo chiese che cosa doveva fare, e il Signore gli rispose: "Lèvati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". Atti 9:6 (Luzzi). UVI 74 2 Quando la gloria si ritirò, e Saulo si alzò da terra, scoprì di essere totalmente privo della vista. Il bagliore della gloria di Cristo era stato troppo intenso per i suoi occhi mortali; e quando esso fu rimosso, la sua vista risultò essere completamente oscurata. Egli credette che questa cecità fosse il castigo di Dio per avere crudelmente perseguitato i seguaci di Gesù. Egli brancolava intorno, e i suoi compagni, intimoriti e sorpresi, "menandolo per la mano, lo condussero a Damasco". Atti 9:8 (Luzzi). UVI 74 3 Durante il mattino di quel memorabile giorno, Saulo si stava avvicinando a Damasco con sentimenti di soddisfazione perché i capi sacerdoti avevano riposto in lui la loro fiducia, e gli avevano affidato grandi responsabilità. Gli era stato assegnato il compito di proteggere gli interessi della religione ebraica controllando, il più possibile, la diffusione della nuova fede in Damasco. Egli era deciso a coronare la sua missione di successo, e aspettava ansiosamente l'esperienza che gli stava davanti. UVI 74 4 Quanto diversa dalle sue aspettative fu la sua entrata nella città! Colpito dalla cecità, impotente, torturato dal rimorso, e ignorante di quale altra punizione divina fosse in serbo per lui, Saulo cercò la casa di Giuda, per poter riflettere e pregare, in solitudine. UVI 74 5 "E rimase tre giorni senza vedere, e non mangiò né bevve". Atti 9:9 (Luzzi). A Saulo questi giorni di angoscia spirituale sembrarono anni. Sempre più spesso ricordava la parte che aveva svolto nel martirio di Stefano. Pensò con orrore alla sua colpa per aver permesso che la malizia e il pregiudizio dei sacerdoti e dei dirigenti controllassero la sua mente, anche dopo aver contemplato il volto di Stefano illuminato dalla luce celeste. Con una amara sofferenza mentale, ripensava a quante volte aveva chiuso gli occhi e si era turato le orecchie per rifiutare la chiara evidenza, e per poter sollecitare la persecuzione dei credenti in Gesù di Nazareth. UVI 74 6 Saulo trascorse questi giorni appartato, in solitudine, esaminando la sua coscienza e umiliando il suo cuore. I credenti erano stati avvisati dello scopo della sua venuta a Damasco, e temettero che stesse recitando una parte per poterli adescare più facilmente; così si tennero lontani da lui, rifiutandogli la loro simpatia. Egli non desiderava rivolgersi ai giudei inconvertiti, ai quali aveva pensato di unirsi per perseguitare i credenti, perché sapeva che non avrebbero dato credito alla sua storia. Così gli sembrava di essere solo al mondo. La sua sola speranza di aiuto era nella misericordia divina, in Colui che egli umilmente supplicava. UVI 75 1 Durante le lunghe ore in cui Saulo rimase in stretta comunione con Dio, ricordò i numerosi passi delle Scritture che si riferivano al primo avvento di Cristo. Con la memoria sensibilizzata dalla presente convinzione circa Gesù, rintracciò attentamente le profezie. E mentre rifletteva sul loro significato, si stupì che i giudei, in generale, fossero stati tanto ciechi e privi di intelligenza da rigettare Gesù come il Messia promesso. Ora, alla sua mente illuminata, tutto sembrava chiaro. Egli capì che la sua passata incredulità e il suo pregiudizio avevano indebolito la sua percezione spirituale, e gli avevano impedito di discernere che Gesù di Nazareth era il Messia della profezia. UVI 75 2 Mentre Saulo si sottometteva al convincente influsso dello Spirito Santo, comprese gli errori della propria vita, e riconobbe la mèta alla quale guidava tutta la legge di Dio. Lui, che era stato un orgoglioso fariseo, sicuro di essere giustificato dalle proprie buone opere, ora si inginocchiava davanti a Dio con l'umiltà e la semplicità di un fanciullo, confessando la propria indegnità, e supplicando i meriti del Salvatore crocifisso e risorto. Saulo desiderava riconciliarsi con il Padre e il Figlio; e desiderando intensamente il perdono, offriva ferventi supplicazioni al trono della grazia. UVI 75 3 Le preghiere di questo penitente fariseo non furono vane. I suoi più intimi pensieri e le sue emozioni furono trasformati dalla grazia divina; e le sue più nobili facoltà furono portate in armonia con l'eterno scopo di Dio. Cristo e la sua santità diventarono tutto il mondo di Saulo. UVI 75 4 La conversione di quest'uomo è la chiara evidenza del miracoloso influsso dello Spirito Santo nel convincere l'uomo di peccato. Egli aveva sinceramente creduto che Gesù di Nazareth trasgredisse la legge di Dio, e che avesse insegnato ai suoi discepoli che essa non aveva più alcun valore. Ma dopo la conversione, Saulo riconobbe che Gesù era venuto in questo mondo con il preciso scopo di rivendicare la legge del Padre celeste. Si convinse che Gesù era colui che aveva dato origine all'intero sistema di sacrifici. Egli vide che alla sua crocifissione il tipo aveva incontrato l'antitipo, che Gesù aveva adempiuto le profezie dell'Antico Testamento riguardanti il Redentore d'Israele. UVI 75 5 La storia della conversione di Saulo ci dà importanti princìpi, che dovremmo tenere sempre presenti nella nostra mente. Saulo fu messo in diretto contatto con Cristo. Era stato scelto per compiere un lavoro di grandissima importanza; tuttavia il Signore non spiegò immediatamente quale fosse il lavoro che gli era stato assegnato. Egli lo fermò e lo convinse di peccato; ma quando Saulo chiese che cosa dovesse fare, il Salvatore, per prima cosa, lo mise in contatto con la sua chiesa, affinché ottenesse conoscenza del volere di Dio. UVI 76 1 La luce meravigliosa che illuminò l'oscurità di Saulo fu opera del Signore; ma anche i discepoli avevano un preciso lavoro da compiere nei suoi riguardi. Cristo aveva compiuto l'opera di rivelazione e convinzione; e ora il penitente era nella condizione adatta per imparare da quelli che Dio aveva stabilito come insegnanti della verità. UVI 76 2 Mentre Saulo continuava a pregare e supplicare, in solitudine, nella casa di Giuda, il Signore apparve in visione a "un certo discepolo, chiamato Anania" e gli disse che Saulo da Tarso stava pregando e aveva bisogno di aiuto. "Lèvati, vattene nella strada detta Diritta -- disse il messaggero celeste -- e cerca, in casa di Giuda, un uomo chiamato Saulo da Tarso; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha veduto un uomo, chiamato Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista". Atti 9:10-12 (Luzzi). UVI 76 3 Anania stentava a credere alle parole dell'angelo; perché la notizia della severa persecuzione svolta da Saulo si era diffusa ovunque. E cercò di dilungarsi, dicendo: "Signore, io ho udito dire da molti di quest'uomo, quanti mali abbia fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha potestà dai capi sacerdoti d'incatenare tutti coloro che invocano il tuo nome". Ma l'ordine fu imperativo: "Va' perché egli è uno strumento che ho eletto per portare il mio nome davanti ai Gentili, ed ai re, ed ai figliuoli d'Israele". Atti 9:13-15 (Luzzi). UVI 76 4 Ubbidiente all'ordine ricevuto, Anania cercò l'uomo di cui aveva recentemente sentito dire che costituiva una minaccia per chi credeva nel nome di Gesù. E imponendo le mani sul capo del penitente sofferente, disse: "Fratello Saulo, il Signore, cioè Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo. UVI 76 5 "E in quell'istante gli caddero dagli occhi come delle scaglie, e ricuperò la vista; poi, levatosi, fu battezzato". Atti 9:17, 18 (Luzzi). UVI 76 6 Così Gesù confermò l'autorità della sua chiesa organizzata, e mise Saulo in relazione con i suoi agenti terreni. Ora, Cristo aveva una chiesa come suo rappresentante su questa terra, e ad essa fu assegnato il compito di guidare i peccatori pentiti nella via della vita. UVI 76 7 Molti pensano che Cristo soltanto sia il responsabile della luce ricevuta e della loro esperienza cristiana, indipendentemente dai suoi seguaci su questa terra. Gesù è l'amico dei peccatori, e il suo cuore è sensibile ai loro problemi. Egli ha tutta la potenza in cielo e in terra; ma rispetta gli agenti ai quali ha affidato di portare la luce al mondo. Egli guida i peccatori alla chiesa, affinché essa rechi la salvezza agli uomini. UVI 77 1 Quando Saulo, nel pieno del suo errore e cieco pregiudizio, ricevette la rivelazione del Cristo che stava perseguitando, fu messo in diretta comunicazione con la chiesa, che è la luce del mondo. In questo caso, Anania rappresentò Cristo, e rappresenta i suoi ministri su questa terra, che Egli ha destinato a rappresentarlo. Al posto di Cristo, Anania toccò gli occhi di Saulo, affinché potesse ricevere la vista. Al posto di Cristo, egli pose le sue mani su lui, pregando nel nome di Gesù, e Saulo ricevette lo Spirito Santo. Ogni cosa deve essere essere fatta nel nome e mediante l'autorità di Cristo. Cristo è la fonte; la chiesa è il canale di comunicazione. ------------------------Capitolo 13: Giorni di preparazione UVI 78 1 Dopo il battesimo, Paolo interruppe il digiuno, e "rimase alcuni giorni coi discepoli che erano a Damasco. E subito si mise a predicare nelle sinagoghe che Gesù è il Figliuol di Dio". Atti 9:19, 20 (Luzzi). Coraggiosamente egli dichiarò che Gesù di Nazareth era il Messia tanto a lungo atteso, il quale "è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture; ... fu seppellito; ... risuscitò il terzo giorno", e "apparve a Cefa, poi ai Dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli... e, ultimo di tutti, apparve a me". 1 Corinzi 15:3, 4, 8 (Luzzi). L' esposizione delle profezie era così convincente, e i suoi sforzi così chiaramente accompagnati dalla potenza di Dio, che i giudei furono confusi e incapaci di rispondergli. UVI 78 2 La notizia della conversione di Paolo fu una grande sorpresa per i giudei. "Un giorno però stavo andando a Damasco: i capi dei sacerdoti mi avevano autorizzato dandomi pieni poteri" (Atti 26:12, Luzzi), per cercare e perseguitare i credenti. Ora, stava predicando il Vangelo di un Salvatore morto e crocifisso, confermando i suoi discepoli e portando nuovi convertiti alla fede che una volta aveva accanitamente combattuto. UVI 78 3 Paolo era ufficialmente conosciuto come uno zelante difensore della religione ebraica, e come un instancabile persecutore dei seguaci di Gesù. Era coraggioso, indipendente, perseverante, e i suoi talenti e la sua educazione lo avrebbero reso idoneo a servire in qualsiasi ambito. Egli sapeva esprimersi con straordinaria chiarezza, e con il suo annientante sarcasmo poteva mettere in difficoltà qualsiasi oppositore. E ora i giudei vedevano questo promettente giovane unirsi a coloro che aveva precedentemente perseguitato, e predicare nel nome di Gesù senza alcun timore. UVI 78 4 Quando un generale viene ucciso in battaglia il suo esercito subisce una perdita, ma la sua morte non reca nessun particolare vantaggio al nemico. Ma quando un uomo eminente si aggrega alle forze opposte, non solo i suoi servigi sono perduti, ma quelli a cui si unisce guadagnano un decisivo vantaggio. Saulo da Tarso, sulla via di Damasco, poteva facilmente essere colpito a morte dal Signore, e una grave perdita sarebbe stata inflitta alle forze persecutrici. Ma Dio nella sua provvidenza non solo risparmiò la vita di Saulo, ma anche lo convertì, trasferendo così un campione dal lato nemico al lato di Cristo. Paolo era un oratore eloquente e un severo critico, e con il suo rigido scopo e indomito coraggio, possedeva proprio le qualità di cui la chiesa primitiva aveva bisogno. UVI 79 1 Quando Paolo predicò Cristo in Damasco, tutti quelli che lo udidono si stupirono, e dissero: "Non è costui quel che in Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed è venuto qui allo scopo di menarli incatenati ai capi sacerdoti?" Atti 9:21 (Luzzi). Paolo dichiarò che il suo cambiamento di fede non era stato generato da impulsività o fanatismo, ma che era sorto da una indiscutibile evidenza. Nella sua presentazione del Vangelo, egli cercò di rendere chiare le profezie riguardanti il primo avvento di Cristo. Mostrò con precisione che queste profezie erano state letteralmente adempiute da Gesù di Nazareth. Il fondamento della sua fede era la certa parola della profezia. UVI 79 2 Mentre Paolo continuava a invitare i suoi ascoltatori affinché si ravvedessero e si convertissero a Dio "facendo opere degne del ravvedimento" egli" vie più si fortificava e confondeva i giudei che abitavano in Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo". Atti 26:20; 9:22. Ma molti indurirono i loro cuori e rifiutarono di rispondere al suo messaggio; e presto il loro stupore per la sua conversione si mutò in intenso odio, come quello che avevano mostrato verso Gesù. UVI 79 3 L'opposizione divenne così feroce che Paolo non poté più svolgere la sua opera in Damasco. Un messaggero celeste gli ordinò di allontanarsi da quel luogo per un periodo di tempo; e lui andò in Arabia, dove trovò un rifugio sicuro. Galati 1:17. UVI 79 4 Qui, nella solitudine del deserto, Paolo ebbe ampia opportunità di studiare e meditare tranquillamente. Egli rifletté con calma sul suo passato, e trascorse molto tempo in pentimento. Cercò Dio con tutto il cuore, senza stancarsi fino a che non ebbe la certezza che il suo pentimento era stato accettato e i suoi peccati perdonati. Paolo desiderava avere la certezza che Gesù sarebbe stato al suo fianco durante il suo futuro ministero. Cancellò dalla sua anima i pregiudizi e le tradizioni che lo avevano guidato fino allora, e ricevette istruzione dalla Fonte della verità. Gesù comunicò con lui e lo stabilì nella fede, riversando su di lui le abbondanti benedizioni della sua grazia e della sua saggezza. UVI 79 5 Quando la mente dell'uomo è in comunione con la mente di Dio, il finito con l'Infinito, l'effetto sul corpo, la mente e l'anima è inestimabile. In tale comunione si trova la più elevata forma di educazione. Questo è il metodo di Dio per lo sviluppo umano. "Riconciliati dunque con Dio" è il messaggio che deve essere dato all'umanità. UVI 79 6 Il solenne incarico che era stato affidato a Paolo in occasione del suo incontro con Anania, pesava sempre di più sulla sua anima. Quando in risposta alle parole: "Fratello Saulo, ricupera la vista" Paolo poté guardare in faccia per la prima volta questo uomo devoto, Anania, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, gli disse: "L'iddio de' nostri padri ti ha destinato a conoscer la sua volontà, e a vedere il Giusto, e a udire una voce dalla sua bocca. Poiché tu gli sarai presso tutti gli uomini un testimone delle cose che hai vedute e udite. Ed ora, che indugi? Lèvati, e sii battezzato, e lavato dei tuoi peccati, invocando il suo nome". Atti 22:14-16 (Luzzi). UVI 80 1 Queste parole erano in armonia con quelle che Gesù stesso aveva pronunciato, quando fermato Saulo sulla via di Damasco gli disse: "Per questo ti sono apparito; per stabilirti ministro e testimone delle cose che tu hai vedute, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, liberandoti da questo popolo e dai Gentili, ai quali io ti mando per aprir loro gli occhi, onde si convertano dalle tenebre alla luce e alla potestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la remissione dei peccati e la loro parte d'eredità fra i santificati". Atti 26:16-18 (Luzzi). UVI 80 2 Mentre Paolo rifletteva su queste cose nel profondo del suo cuore, comprendeva sempre più chiaramente il significato della sua chiamata "ad essere apostolo di Cristo Gesù per la volontà di Dio". 1 Corinzi 1:1 (Luzzi). La sua chiamata era giunta "non dagli uomini né per mezzo d'alcun uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre". Galati 1:1 (Luzzi). La grandezza dell'opera che gli stava dinanzi spinse Paolo a studiare profondamente le Sacre Scritture, in modo da poter predicare il Vangelo "non con sapienza di parola, affinché la croce di Cristo non sia resa vana", "ma in dimostrazione di Spirito e di potenza", in tal modo la fede di quelli che avrebbero ascoltato "fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio". 1 Corinzi 1:17; 2:4, 5 (Luzzi). UVI 80 3 Ricercando le Scritture, Paolo imparò che attraverso i secoli erano stati chiamati "non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i savi; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo, e le cose sprezzate, anzi le cose che non sono per ridurre al niente le cose che sono, affinché nessuna carne si glori nel cospetto di Dio". 1 Corinzi 1:26-29 (Luzzi). Confrontando la saggezza del mondo con la luce della croce, Paolo si propose "di non saper altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso". 1 Corinzi 2:2 (Luzzi). UVI 80 4 Durante il successivo ministero, Paolo non si allontanò mai dalla vera Fonte di saggezza e di forza. Infatti lo sentiamo dichiarare, alcuni anni dopo "Per me il vivere è Cristo". Filippesi 1:21 (Luzzi). E nuovamente: "Io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte codeste cose e le reputo tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo, e d'esser trovato in lui avendo non una giustizia mia, derivante dalla legge, ma quella che si ha mediante la fede in Cristo; la giustizia che vien da Dio, basata sulla fede: in guisa ch'io possa conoscere esso Cristo, e la potenza della sua risurrezione, e la comunione delle sue sofferenze, essendo resa conforme a lui nella sua morte". Filippesi 3:8-10 (Luzzi). UVI 81 1 Paolo, ritornato dall'Arabia, si recò di nuovo a Damasco e predicò coraggiosamente nel nome di Gesù. Non potendo sopportare la saggezza delle sue argomentazioni, "i Giudei si misero d'accordo per ucciderlo". Atti 9:23 (Luzzi). Le porte della città venivano controllate giorno e notte, per impedire la sua fuga. Questa crisi spinse i discepoli a supplicare Dio con fervore; e finalmente" presolo di notte, lo calarono a basso giù dal muro in una cesta". Atti 9:25 (Luzzi). UVI 81 2 Dopo essere fuggito da Damasco, Paolo andò a Gerusalemme. Tre anni erano trascorsi dalla sua conversione. Lo scopo principale di questa visita, come lui stesso in seguito dichiara, fu "per visitare Cefa". Galati 1:18 (Luzzi). Arrivato nella città dove una volta era stato conosciuto come "Saulo il persecutore", egli tentò "d'unirsi ai discepoli; ma tutti lo temevano, non credendo ch'egli fosse un discepolo". Atti 9:26 (Luzzi). Era difficile credere che un fariseo bigotto, uno che aveva fatto di tutto per distruggere la chiesa, potesse diventare un sincero seguace di Gesù. "Ma Barnaba, presolo con sé, lo menò agli apostoli, e raccontò loro come per cammino avea veduto il Signore e il Signore gli avea parlato, e come in Damasco avea predicato con franchezza nel nome di Gesù". Atti 9:27 (Luzzi). UVI 81 3 Avendo udito ciò, i discepoli lo accolsero come uno di loro. Presto ebbero abbondante evidenza della genuinità della sua esperienza cristiana. Il futuro apostolo dei Gentili si trovava ora nella città dove molti dei suoi vecchi amici vivevano; ed egli desiderò spiegare loro le profezie riguardanti il Messia, che erano state adempiute con l'avvento del Signore. Paolo credeva che questi insegnanti d'Israele, con i quali era stato in buoni rapporti, fossero sinceri e onesti quanto lui stesso. Non avendo compreso lo spirito dei suoi fratelli giudei, sperava che si sarebbero convertiti rapidamente, ma era destinato a un'amara delusione. Anche se Paolo "...parlava apertamente nel nome del Signore, parlava e discorreva anche con gli Ebrei", i capi della chiesa giudaica si rifiutavano di credere e "cercavano d'ucciderlo". Atti 9:29. Il suo cuore si riempì di dispiacere. Paolo avrebbe volontariamente sacrificato la propria vita, se con ciò gli fosse stato possibile far conoscere la verità ad alcune persone. Con vergogna egli ripensò alla parte che aveva preso nel martiro di Stefano; e ora, nella sua ansia di cancellare l'infamia di cui il martire era stato falsamente accusato, cercò di rivendicare la verità per cui Stefano aveva dato la vita. UVI 82 1 Sentendosi aggravato dalla sua responsabilità nei confronti di quegli increduli, Paolo si recò nel tempio a pregare, e lì, come lui stesso dichiarò in seguito, fu rapito in estasi. E vide un messaggero celeste che gli disse: "Svelto, lascia subito Gerusalemme perché i suoi abitanti non ascolteranno la tua testimonianza su di me". Atti 22:18. UVI 82 2 Paolo era incline a rimanere in Gerusalemme, dove avrebbe affrontato l'opposizione. A lui sembrò un atto di codardìa l'allontanarsi dalla città, perché pensava che rimanendo avrebbe potuto convincere alcuni di quegli ostinati giudei circa la verita del Vangelo, anche se rimanere gli sarebbe costata la vita. Così egli rispose: "Signore, eglino stessi sanno che io incarceravo e battevo nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si spandeva il sangue di Stefano tuo testimone, anch'io ero presente e approvato, e custodivo le vesti di coloro che l'uccidevano". Atti 22:19, 20 (Luzzi). Ma non era in armonia con i piani di Dio che il suo servitore esponesse inutilmente la sua vita; e il messaggero rispose: "Va', perché io ti manderò lontano, ai Gentili". Atti 22:21 (Luzzi). UVI 82 3 Avendo appreso di questa visione, i fratelli affrettarono la partenza segreta di Paolo da Gerusalemme, per timore che l'assassinassero. "Lo condussero a Cesarea, e di là lo mandarono a Tarso". Atti 9:30 (Luzzi). La lontananza di Paolo sospese per un certo tempo l'opposizione dei giudei, e la chiesa ebbe un periodo di tregua, durante la quale molte anime si aggiunsero al numero dei credenti. ------------------------Capitolo 14: Un cercatore di verità UVI 83 1 L'apostolo Pietro, durante il suo ministero, visitò i credenti che abitavano in Lidda. Qui, egli guarì Enea, che da otto anni giaceva in un letto a causa di una paralisi. "Pietro gli disse: Enea, Gesù Cristo ti sana; lèvati e rifatti il letto. Ed egli subito si levò. E tutti gli abitanti di Lidda e del pian di Saron lo videro e si convertirono al Signore". Atti 9:34, 35 (Luzzi). UVI 83 2 A Ioppe, città situata vicino a Lidda, viveva una donna chiamata Tabita, che era molto apprezzata per le sue buone opere. Ella era degna discepola di Gesù, e la sua esistenza era stata caratterizzata da numerosi atti di carità. Sapeva chi aveva bisogno di indumenti e chi aveva bisogno di conforto, e liberamente serviva il povero e il sofferente. Le sue abili mani erano più attive della sua lingua. UVI 83 3 "E avvenne in que' giorni ch'ella infermò e morì". Atti 9:37 (Luzzi). La chiesa di Ioppe comprese la sua grande perdita; e avendo udito che Pietro si trovava a Lidda, i credenti mandarono dei messaggeri, "per pregarlo che senza indugio venisse fino a loro. Pietro allora, levatosi, se ne venne con loro. E come fu giunto, lo menarono nella sala di sopra; e tutte le vedove si presentarono a lui piangendo, e mostrandogli tutte le tuniche e i vestiti che Gazzella faceva, mentr'era con loro". Atti 9:38, 39 (Luzzi). Considerando la vita di servizio che Tabita aveva condotto, non sorprende che si facesse grande cordoglio, e che calde lacrime cadessero sul suo corpo senza vita. UVI 83 4 Comprendendo il dolore che lo circondava, il cuore di Pietro si riempì di compassione. E dopo aver ordinato che tutti uscissero dalla stanza, egli si inginocchiò, e pregò con fede Dio affinché ridesse a Tabita la vita e la salute. "E voltatosi verso il corpo, disse: Tabita, lèvati. Ed ella aprì gli occhi; e veduto Pietro, si mise a sedere". Atti 9:40 (Luzzi). Tabita aveva svolto un grande servizio per la chiesa, e Dio ritenne giusto riportarla indietro dalla terra del nemico. In tal modo la sua abilità e le sue energie potevano essere ancora una benedizione per gli altri, inoltre con questa manifestazione della sua potenza la causa di Cristo poteva essere rafforzata. UVI 83 5 Fu qui a Ioppe che Pietro fu chiamato da Dio per portare il Vangelo a Cornelio, in Cesarea. UVI 84 1 Cornelio era un centurione romano; era un uomo ricco e di nobile nascita, e possedeva una posizione di prestigio e di onore. Era pagano per nascita, cultura ed educazione. Attraverso il contatto con i giudei, egli aveva acquisito una conoscenza di Dio, e lo adorava con cuore sincero, dimostrando la veridicità della sua fede nell'avere compassione per i poveri. Cornelio era conosciuto ovunque per la sua generosità, e la sua onesta condotta gli aveva procurato una buona reputazione sia tra gli ebrei che tra i gentili. Il suo influsso recava una benedizione a tutti coloro che venivano in contatto con lui. Le Scritture ispirate lo descrivono come un uomo "pio e temente Iddio con tutta la sua casa", come un uomo che "faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio del continuo". Atti 10:2 (Luzzi). UVI 84 2 Cornelio credeva in Dio, come creatore del cielo e della terra, e lo riveriva, riconoscendo la sua autorità, e ricercando la sua guida in tutti gli affari della vita. Egli era fedele a Geova nella vita familiare come nello svolgimento del suo dovere pubblico. Aveva eretto un altare a Dio nella sua casa, perché non osava intraprendere i suoi piani o svolgere le sue responsabilità senza l'aiuto di Dio. UVI 84 3 Sebbene Cornelio credesse nelle profezie, e attendesse il Messia promesso, non possedeva la conoscenza del Vangelo come era stato rivelato nella vita e nella morte di Cristo. Egli non era un membro della comunità giudaica, e i rabbini lo avrebbero reputato un pagano e un impuro. Ma lo stesso Dio che disse ad Abramo, "Io lo conosco", conosceva anche Cornelio, e mandò un messaggio dal cielo per lui. UVI 84 4 L'angelo apparve a Cornelio, mentre egli pregava. Sentendosi chiamare per nome, il centurione ebbe paura, ma riconoscendo che il messaggero era mandato da Dio, disse: "Che v'è Signore? E l'angelo gli disse: Le tue preghiere e le tue elemosine son salite come una ricordanza davanti a Dio. Ed ora, manda degli uomini a Ioppe, e fa' chiamare un certo Simone, che è soprannominato Pietro. Egli alberga da un certo Simone coiaio, che ha la casa presso al mare". Atti 10:4-6 (Luzzi). UVI 84 5 La chiarezza di queste indicazioni, le quali informavano non solo circa il nome ma anche circa l'occupazione dell'uomo presso cui Pietro albergava, mostra che il cielo è al corrente con la storia e gli affari degli uomini in ogni momento della vita. Dio è familiare con l'esperienza e il lavoro dell'umile operaio quanto con quelli di un re che governa il suo regno. UVI 84 6 "Manda gli uomini a Ioppe, e fa' chiamare un certo Simone". Atti 10:5 (Luzzi). Così Dio diede evidenza dell'importanza che attribuiva al ministero del Vangelo e alla sua chiesa organizzata. L'angelo non fu inviato per raccontare a Cornelio la storia della croce. Un uomo soggetto, come il centurione, alla fragilità umana e alla tentazione, doveva testimoniare a lui del Salvatore crocifisso e risorto. UVI 85 1 Come suoi rappresentanti tra gli uomini, Dio non scelse gli angeli che non sono mai caduti, ma esseri umani, uomini che hanno passioni simili a coloro che cercano di salvare. Cristo diventò uomo per poter raggiungere l'umanità. La salvezza doveva essere portata al mondo da un salvatore divino-umano. E a uomini e donne è stato affidato il sacro compito di far conoscere "le ricchezze di Cristo". Efesini 3:8 (Luzzi). UVI 85 2 Il Signore, nella sua saggezza, porta quelli che cercano la verità in contatto con uomini e donne che conoscono il Vangelo. è nel piano di Dio che coloro che hanno ricevuto la luce l'impartiscano a quelli che sono nell'oscurità. L'uomo, traendo la sua efficienza dalla grande Sorgente di saggezza, è lo strumento, l'agente, mediante il quale il Vangelo esercita il suo influsso trasformatore sulla mente e sul cuore. UVI 85 3 Cornelio fu felice di ubbidire alla visione. Quando l'angelo se ne fu andato, il centurione "chiamò due dei suoi domestici, e un soldato pio di quelli che si tenean del continuo presso di lui; e raccontata loro ogni cosa, li mandò a Ioppe". Atti 10:7, 8 (Luzzi). UVI 85 4 L'angelo dopo aver incontrato Cornelio, andò da Pietro, in Ioppe. In quel momento Pietro stava pregando sulla terrazza della casa dove alloggiava, e leggiamo che "ebbe fame e desiderava prender cibo; e come gliene preparavano, fu rapito in estasi". Atti 10:10 (Luzzi). Pietro era affamato non solo di cibo materiale. Dalla terrazza aveva visto la città di Ioppe e i dintorni, e bramava la salvezza dei suoi concittadini. Egli desiderava intensamente di spiegare loro le profezie bibliche riguardanti le sofferenze e la morte di Cristo. UVI 85 5 Nella visione, Pietro "vide il cielo aperto, e scenderne una certa cosa, simile a un gran lenzuolo che, tenuto per i quattro capi, veniva calato a terra. In esso erano dei quadrupedi, dei rettili della terra e degli uccelli del cielo, di ogni specie. E una voce gli disse: Lèvati, Pietro; ammazza e mangia. Ma Pietro rispose: In niun modo, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla d'immondo né di contaminato. E una voce gli disse di nuovo la seconda volta: Le cose che Dio ha purificate, non le fai tu immonde. E questo avvenne per tre volte; e subito il lenzuolo fu ritirato in cielo". Atti 10:11-16 (Luzzi). UVI 85 6 Questa visione trasmise a Pietro sia rimprovero che istruzione. Essa gli rivelò il piano di Dio nel quale era stato stabilito che mediante la morte di Cristo i Gentili sarebbero diventati co-eredi insieme agli ebrei della salvezza. Fino allora nessuno dei discepoli aveva predicato il Vangelo ai Gentili. Nella loro mente, il muro di separazione distrutto dalla morte di Cristo, esisteva ancora, e la loro opera era stata confinata agli ebrei, perché avevano ritenuto che i Gentili fossero esclusi dalle benedizioni del Vangelo. Ora il Signore cercò di insegnare a Pietro che il piano divino includeva il mondo intero. UVI 86 1 Molti dei Gentili erano stati attenti ascoltatori delle prediche di Pietro e degli altri apostoli, e molti degli ellenisti erano diventati seguaci di Cristo, ma la conversione di Cornelio doveva essere la prima in importanza fra i Gentili. UVI 86 2 Per la chiesa di Cristo era giunto il tempo di entrare in una fase di lavoro completamente nuova. La porta che molti giudei convertiti avevano tenuta chiusa contro i Gentili, ora doveva essere spalancata. I Gentili che accettavano il Vangelo dovevano essere considerati uguali ai discepoli ebrei, senza la necessità di osservare il rito della circoncisione. UVI 86 3 Con quanta attenzione agì il Signore per far superare a Pietro il pregiudizio contro i Gentili che era stato inculcato nella sua mente dall'educazione ebraica che gli era stata impartita! Con la visione del lenzuolo e del suo contenuto, Dio cercò di allontanare la mente dell'apostolo da questo pregiudizio, e di insegnare l'importante verità che in cielo non c'è riguardo alla qualità delle persone: giudei e Gentili sono ugualmente preziosi agli occhi di Dio. Mediante Cristo i pagani possono condividere assieme al popolo della promessa le benedizioni e i privilegi del Vangelo. UVI 86 4 Mentre Pietro meditava sul significato della visione, gli uomini mandati da Cornelio arrivarono a Ioppe, e si fermarono davanti alla porta dell'albergo. "Lo Spirito gli disse: Ecco tre uomini che ti cercano. Lèvati dunque, scendi, e va' con loro, senza fartene scrupolo, perché sono io che li ho mandati". Atti 10:19, 20 (Luzzi). UVI 86 5 Per Pietro quest'ordine fu una prova, e fu con riluttanza che intraprese questo dovere, ma non osava disubbidire. "Pietro, sceso verso gli uomini, disse loro: Ecco, io son quello che cercate: qual è la cagione per la quale siete qui? Ed essi risposero: Cornelio centurione, uomo giusto e temente Iddio, e del quale rende buona testimonianza tutta la nazione de' Giudei, è stato divinamente avvertito da un santo angelo, di farti chiamare in casa sua e d'ascoltar quel che avrai da dirgli". Atti 10:21, 22 (Luzzi). UVI 86 6 Uddidendo alle istruzioni ricevute da Dio, l'apostolo promise di seguirli. Il mattino seguente, Pietro si avviò verso Cesarea accompagnato da sei fratelli. Quest'ultimi dovevano essere dei testimoni in tutto ciò che egli avrebbe detto e fatto durante la visita ai Gentili; perché Pietro sapeva che sarebbe stato chiamato a rendere conto di avere trasgredito un insegnamento giudaico. UVI 87 1 Quando Pietro entrò nella casa del Gentile, Cornelio non lo salutò come si saluta un ordinario visitatore, ma come un santo del cielo, mandato a lui da Dio. è un'usanza orientale inchinarsi dinanzi a un principe o a un alto dignitario, e per i bambini inchinarsi dinanzi ai loro genitori; ma Cornelio esuberante per colui che gli era stato inviato da Dio, cadde ai piedi dell'apostolo, e l'adorò. Pietro si inorridì, e rialzato il centurione, gli disse: "Lèvati, anch'io sono un uomo". Atti 10:26 (Luzzi). UVI 87 2 Mentre i messaggeri di Cornelio erano in viaggio per compiere il loro dovere, il centurione aveva riunito in casa sua parenti e amici, perché anch'essi potessero ascoltare la testimonianza del Vangelo. E quando Pietro entrò, trovò un gran numero di persone che aspettava ansionsamente di ascoltare le sue parole. UVI 87 3 Ai presenti, Pietro parlò prima delle usanze dei giudei, spiegando che per loro non era lecito avere rapporti sociali con i Gentili, perché questo causava una contaminazione rituale. "Voi sapete -- disse a loro -- come non sia lecito ad un Giudeo di aver relazioni con uno straniero o d'entrare da lui; ma Dio mi ha mostrato che non debbo chiamare alcun uomo immondo o contaminato. è per questo che, essendo stato chiamato, venni senza far obiezioni. Io vi domando dunque: Per qual cagione m'avete mandato a chiamare?" Atti 10:28, 29 (Luzzi). UVI 87 4 Allora Cornelio riferì la sua esperienza e le parole dell'angelo, concludendo: "Perciò, in quell'istante io mandai da te, e tu hai fatto bene a venire; ora dunque siamo tutti qui presenti davanti a Dio, per udir tutte le cose che ti sono state comandate dal Signore". Atti 10:33 (Luzzi). UVI 87 5 Pietro affermò: "In verità io comprendo che Dio non ha riguardo alla qualità delle persone; ma che in qualunque nazione, chi lo teme e opera giustamente gli è accettevole". Atti 10:35 (Luzzi). UVI 87 6 Poi, a quella compagnia di attenti ascoltatori, l'apostolo predicò Cristo, la sua vita, i suoi miracoli, il tradimento, la crocifissione, la sua risurrezione, l'ascensione e la sua opera celeste come Rappresentante e Avvocato dell'uomo. Mentre Pietro presentava Gesù come l'unica speranza per il peccatore, egli stesso comprese meglio il significato della visione. La mente di Cornelio fu illuminata dallo stesso spirito di verità che poco prima aveva proclamato. UVI 87 7 Improvvisamente il discorso fu interrotto dalla discesa dello Spirito Santo. "Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue e magnificare Iddio". Atti 10:44-46 (Luzzi). UVI 88 1 "Allora Pietro prese a dire: Può alcuno vietar l'acqua perché non siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi stessi? E comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo". Atti 10:47, 48 (Luzzi). UVI 88 2 Così il Vangelo fu portato a coloro che erano stati stranieri ed esclusi, rendendoli concittadini con i santi, e membri della famiglia di Dio. La conversione di Cornelio e della sua famiglia fu solo uno dei primi frutti di una grande mietitura. L'opera del Vangelo, dalla casa del centurione, si diffuse in tutta quella città pagana. UVI 88 3 Oggi, Dio sta cercando anime da salvare sia tra gli umili che tra i nobili e i potenti. Ci sono molti uomini come Cornelio, che il Signore vuol portare in contatto con la sua opera nel mondo. Uomini la cui simpatia è per il popolo di Dio, ma che rimangono vincolati al mondo dai loro legami sociali. Queste persone hanno bisogno di molto coraggio per mettersi dalla parte di Cristo. È necessario fare degli sforzi speciali per raggiungere queste persone, che sono in grande pericolo, a causa delle loro responsabilità e delle associazioni a cui aderiscono. UVI 88 4 Dio sta cercando operai consacrati affinché portino il Vangelo alle classi più elevate. Ci sono miracoli di genuine conversioni da compiere, miracoli che ora non possono essere attuati. I grandi uomini di questa terra non sono esclusi dall'influsso miracoloso di Dio. Se gli operai lavorassero in collaborazione con Dio coglierebbero ogni opportunità per compiere il loro lavoro con fedeltà e coraggio. Egli convertirà uomini che occupano posizioni di grande responsabilità, uomini intellettualmente dotati, che esercitano un notevole influsso sulla società. Lo Spirito Santo convincerà molte di queste persone ad accettare i princìpi divini. E quando si saranno convertiti alla verità, questi diventeranno agenti, nelle mani di Dio, per comunicare ad altri la luce. Essi avranno uno speciale interessamento per quelli che fanno parte della loro stessa classe. Tempo e denaro saranno allora consacrati all'opera del Signore, e nuova efficienza e nuova potenza verranno aggiunte alla chiesa. UVI 88 5 È perché Cornelio viveva ubbidendo alle istruzioni che aveva ricevuto, che Dio ordinò gli eventi in modo tale da fargli ricevere più verità. Un messaggero dalle corti celesti fu mandato dall'ufficiale romano e da Pietro, affinché Cornelio potesse essere messo in contatto con la persona che poteva guidarlo a una luce più grande. UVI 88 6 Nel nostro mondo ci sono molti che sono vicini al regno di Dio più di quanto possiamo supporre. In questo mondo oscurato dal peccato, il Signore ha molti gioielli preziosi, ai quali invia i suoi messaggeri. Ovunque ci sono persone che prenderanno la decisione di seguire Cristo. Molti valuteranno la saggezza di Dio di molto superiore a qualsiasi vantaggio terreno, e diventeranno fedeli portatori di luce. Costretti dall'amore di Cristo, questi costringeranno altri a venire a lui. UVI 89 1 Quando i fratelli in Giudea udirono che Pietro era andato nella casa di un Gentile, e che vi aveva predicato, furono sorpresi e offesi. Essi temevano che questa sua condotta, che reputavano presuntuosa, si sarebbe dimostrata controproducente. Quando rividero Pietro, lo criticarono, dicendo: "Tu sei entrato da uomini incirconcisi, e hai mangiato con loro". Atti 11:3 (Luzzi). UVI 89 2 Pietro spiegò loro l'accaduto. Egli riferì la sua esperienza circa la visione con la quale era stato ammonito di non osservare più la distinzione cerimoniale della circoncisione e incirconcisione, né di considerare i Gentili come degli impuri. Raccontò che gli fu comandato di andare dai Gentili: dei messaggeri sarebbero venuti a chiamarlo per condurlo a Cesarea dove si sarebbe dovuto incontrare con Cornelio. E rivelò la sostanza della sua visita al centurione: in quella occasione Cornelio gli aveva raccontato della visione e di come era stato istruito a chiamare Pietro. UVI 89 3 "E come avevo cominiciato a parlare -- egli disse, raccontando la sua esperienza -- lo Spirito Santo scese su loro, com'era sceso su noi da principio. Mi ricordai allora della parola del Signore, che diceva: "Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo". Se dunque Iddio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiam creduto nel Signor Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?" Atti 11:15-17 (Luzzi). UVI 89 4 Dopo avere udito questo resoconto, i fratelli rimasero senza parole. Convinti che Pietro avesse agito in diretta armonia con il piano di Dio, e che il loro pregiudizio e il loro esclusivismo fosse totalmente contrario allo spirito del Vangelo, essi glorificarono Dio, dicendo: "Anche ai pagani Dio ha offerto l'occasione di convertirsi perché possano partecipare alla sua vita". Atti 11:18. UVI 89 5 Così, senza controversia, era stato abbattuto il muro del pregiudizio ed era stato abbandonato quell'esclusivismo che per molti secoli era stato retaggio di una mentalità tradizionalista. Tale nuovo fatto aveva dato il via all'evangelizzazione fra i Gentili. ------------------------Capitolo 15: Liberato dalla prigione UVI 90 1 "In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare la chiesa per colpire alcuni suoi membri". Atti 12:1. Il governo di Giudea era nelle mani di Erode Agrippa, il quale era soggetto a Claudio, l'imperatore romano. Erode occupava anche la posizione di tetrarca di Galilea. Egli era un proselito della fede giudaica, e apparentemente era molto zelante nell'osservare le cerimonie prescritte. Erode desiderava ottenere il favore dei giudei, sperando di assicurarsi posizione e onore, e così esaudiva i loro desideri perseguitando la chiesa di Cristo, devastando le case, derubando i beni dei credenti, e imprigionando i membri dirigenti della chiesa. Egli gettò in prigione Giacomo, fratello di Giovanni, e mandò un carnefice a decapitarlo con la spada. Nello stesso modo un altro Erode aveva fatto decapitare il profeta Giovanni. Vedendo che i giudei erano compiaciuti dei suoi crimini, egli imprigionò anche Pietro. UVI 90 2 Queste crudeltà di solito venivano praticate durante il periodo pasquale. Mentre i giudei celebravano la loro liberazione dall'Egitto, pretendendo un grande zelo per la legge di Dio, nello stesso momento trasgredivano ogni principio di quella legge, perseguitando e assassinando i credenti in Cristo. UVI 90 3 La morte di Giacomo causò grande lutto e grande costernazione fra i fedeli. Quando anche Pietro fu imprigionato, l'intera chiesa si impegnò a digiunare e pregare. UVI 90 4 Erode fu applaudito dai giudei per aver messo a morte Giacomo, sebbene alcuni si lamentassero perché era stato fatto di nascosto, affermando che un'esecuzione pubblica avrebbe maggiormente intimidito i credenti e quelli che avevano simpatia per loro. Erode perciò tratteneva Pietro in prigione, volendo gratificare ulteriormente i giudei con lo spettacolo pubblico della sua morte. Ma gli fu suggerito che non era saggio dare spettacolo della morte dell'anziano apostolo davanti a tutta la gente che si era riunita in Gerusalemme. Si temeva che la vista dell'esecuzione avrebbe suscitato la pietà della moltitudine. UVI 90 5 I sacerdoti e gli anziani temevano soprattutto che Pietro potesse rivolgere uno dei suoi potenti appelli, mediante i quali aveva frequentemente persuaso la gente a studiare la vita e il carattere di Gesù; appelli che loro, con tutti i loro argomenti, non erano stati capaci di contraddire. Lo zelo di Pietro nel difendere la causa di Cristo aveva guidato molti ad accettare il Vangelo, e i capi temevano che se gli fosse stata data l'opportunità di difendere la sua fede in presenza della moltitudine che era giunta nella città per adorare, essa avrebbe richiesto al re la sua liberazione. UVI 91 1 Mentre, con vari pretesti, l'esecuzione di Pietro veniva rinviata fino a dopo la Pasqua, i membri della chiesa continuavano a esaminare i loro cuori e a elevare ferventi preghiere. Essi pregavano incessantemente per Pietro, perché sentivano che non sarebbe stato risparmiato. Comprendevano di vivere in un tempo in cui, senza l'aiuto speciale di Dio, la chiesa di Cristo sarebbe stata distrutta. UVI 91 2 Nel frattempo adoratori di ogni nazione si avvicinavano al tempio che era stato dedicato all'adorazione di Dio. Il suo oro e le sue pietre preziose brillando creavano una scena di rara bellezza e splendore. Ma Geova non si trovava più in quel luogo così amabile. Israele come nazione si era separata da Dio. Quando Cristo, vicino al termine del suo ministero terreno, guardò per l'ultima volta l'interno del tempio, disse: "Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta". Matteo 23:38 (Luzzi). Fino a quel momento Egli aveva chiamato il tempio la Casa di suo Padre, ma quando il Figlio di Dio ne uscì, la presenza di Dio fu ritirata per sempre dal tempio che era stato costruito alla sua gloria. UVI 91 3 Il giorno dell'esecuzione di Pietro era stato finalmente fissato, ma le preghiere dei credenti salivano ancora in cielo; e mentre tutte le loro energie e la loro simpatia erano spese nell'innalzare appelli di soccorso, gli angeli di Dio proteggevano l'apostolo prigioniero. UVI 91 4 Ricordando che nel passato degli apostoli alcuni di essi erano stati liberati dalla prigione, Erode in questa occasione prese doppie precauzioni. Per prevenire tutte le possibilità di fuga, Pietro fu messo sotto il controllo di sedici soldati i quali, in differenti turni, facevano la guardia di giorno e di notte. Nella cella, egli era posto tra due soldati, con i polsi incatenati da due catene, ognuna delle quali era legata al polso di uno dei soldati. Pietro non poteva muoversi senza che loro lo sapessero. Con le porte della prigione ben chiuse, e la costante guardia, non esisteva alcuna possibilità di liberazione e di fuga mediante forze umane. Ma l'impossibilità dell'uomo è l'opportunità di Dio. UVI 91 5 Pietro fu imprigionato in una cella scavata nella roccia, le cui porte erano fermamente sprangate, e con soldati di guardia resi responsabili della sua detenzione. Ma le sbarre e le guardie romane, che effettivamente rendevano impossibile qualsiasi aiuto umano, non facevano che rendere più completo il trionfo di Dio nella liberazione di Pietro. Erode stava alzando la sua mano contro l'Onnipotente, ed egli sarebbe stato totalmente sconfitto. Dio, manifestando la sua potenza, avrebbe salvato quella vita preziosa che i giudei volevano distruggere. UVI 92 1 È l'ultima notte prima della presunta esecuzione. Un potente angelo è mandato dal cielo a liberare Pietro. Le robuste porte che imprigionano il santo di Dio si aprono senza l'intervento di mani umane. L'angelo dell'Altissimo le attraversa, ed esse si richiudono silenziosamente dietro di lui. Egli entra nella cella, dove Pietro è alloggiato. L'apostolo dorme, il suo tranquillo sonno deriva dalla fede perfetta che nutre per il suo Maestro. UVI 92 2 La luce che circonda l'angelo riempie la cella in cui Pietro dorme, ma non lo sveglia. Soltanto quando Pietro si sente toccare dalla mano dell'angelo e sente la sua voce dire: "Svelto, alzati", si sveglia e vede la cella illuminata dalla luce celeste e l'angelo glorioso dinanzi a lui. Egli ubbidisce meccanicamente alle parole che gli sono rivolte, e mentre si alza solleva le mani accorgendosi solo vagamente che le catene sono cadute dai suoi polsi. Atti 12:7. UVI 92 3 Di nuovo il messaggero celeste gli dice: "Mettiti vesti e sandali", e nuovamente Pietro ubbidisce meccanicamente, tenendo fisso lo sguardo sul visitatore, e credendo di trovarsi in sogno o in visione. Ancora una volta l'angelo gli ordina: "Prendi il tuo mantello e vieni con me!" Egli si muove verso la porta seguito da Pietro che sebbene fosse loquace di natura, ora era ammutolito dalla sorpresa. Superano i posti di guardia e raggiungono la porta pesantemente sprangata. Essa si apre da sola, e da sola si richiude dietro di loro, mentre le guardie dentro e fuori rimangono immobili al loro posto. Atti 12:8-10. UVI 92 4 Raggiungono la seconda porta, anch'essa controllata da guardie sia all'interno che all'esterno. Essa si apre come la prima, senza fare alcun rumore; l'attraversano, ed essa si richiude silenziosamente da sé. Nella stessa maniera passano attraverso il terzo cancello, e si ritrovano nella strada. Non c'è rumore di parole né di passi. L'angelo fa da guida, illuminando la via con il suo straordinario splendore, e Pietro, perplesso e credendo ancora di trovarsi in un sogno, segue il suo liberatore. Percorrono una strada, e poi, l'angelo, giunto al termine della sua missione, scompare alla sua vista. UVI 92 5 La luce celeste si affievolisce e si spegne, lasciando Pietro nella più completa oscurità. Poi i suoi occhi cominciano ad abituarsi al buio e a intravvedere gradualmente i contorni di ciò che lo circonda. Si trova solo nella strada silenziosa, e la fresca brezza notturna gli soffia sul volto. Egli comprende di essere libero e di trovarsi in una zona conosciuta della città. A un tratto riconosce un luogo che era solito frequentare e che si aspettava di rivedere l'indomani per l'ultima volta. UVI 93 1 Pietro cercò di richiamare alla memoria gli eventi appena passati. Ricordò di essersi addormentato, incatenato tra due soldati, senza sandali e senza indumenti. Esaminò se stesso e scoprì di essere completamente vestito. I suoi polsi, gonfi a causa delle crudeli catene, erano liberi dalle manette. Capì allora che la sua libertà non era un'illusione, né un sogno, né una visione, ma la realtà di un miracolo che il Signore aveva compiuto in suo favore. Al mattino egli sarebbe stato portato sul luogo del supplizio ma, ecco, un angelo lo aveva liberato dalla prigione e dalla morte. "E Pietro, rientrato in sé, disse: "Ora conosco per certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode e da tutta l'aspettazione del popolo dei Giudei"". Atti 12:11 (Luzzi). UVI 93 2 L'apostolo si avviò subito verso la casa dove i fratelli erano riuniti, e dove, in quell'istante, stavano ancora pregando per lui. "E avendo Pietro picchiato all'uscio del vestibolo, una serva, chiamata Rode, venne ad ascoltare; e riconosciuta la voce di Pietro, per l'allegrezza non aprì l'uscio, ma corse dentro ad annunziare che Pietro stava davanti alla porta. E quelli le dissero: Tu sei pazza! Ma ella asseverava che era così. Ed essi dicevano: è il suo angelo". Atti 12:13-15 (Luzzi). UVI 93 3 "Ma Pietro continuava a picchiare, e quand'ebbero aperto, lo videro e stupirono. Ma egli, fatto lor cenno con la mano che tacessero, raccontò loro in qual modo il Signore l'avea tratto fuor della prigione". Poi Pietro "essendo uscito, se ne andò in un altro luogo". Atti 12:16, 17 (Luzzi). I cuori dei credenti si riempirono di gratitutidine e gioia, perché Dio aveva ascoltato e risposto alle loro preghiere, liberando l'apostolo dalle mani di Erode. UVI 93 4 Al mattino numerose persone si riunirono per assistere all'esecuzione di Pietro. Erode mandò gli ufficiali a prelevare il prigioniero, il quale doveva essere accompagnato da un grande numero di soldati e di guardie, in modo da prevenire qualsiasi possibilità di fuga, da intimidire i simpatizzanti, e da mostrare la potenza del re. UVI 93 5 Quando i guardiani che custodivano Pietro scoprirono che era fuggito, furono assaliti dal panico. Era stato detto espressamente che ci avrebbero rimesso la vita se il prigioniero fosse riuscito a scappare; e per questo erano stati specialmente vigilanti. Quando gli ufficiali arrivarono a prelevare Pietro, le guardie erano ancora davanti alle porte della prigione, le porte erano ancora sicuramente chiuse con le sbarre, le catene ancora legate ai polsi dei due soldati; ma il prigioniero non c'era. UVI 93 6 La notizia della fuga di Pietro fu dunque portata a Erode, ed egli si arrabbiò e si disperò. Allora accusò le guardie della prigione di infedeltà, e ordinò che fossero messe a morte. Erode sapeva che nessuna forza umana aveva liberato Pietro, tuttavia decise di non riconoscere che i suoi piani erano stati sabotati dalla potena divina, e così sfidò spavaldamente Dio. UVI 94 1 Qualche giorno dopo la liberazione di Pietro, Erode andò a Cesarea. Qui egli allestì una grande festa, destinata a suscitare l'ammirazione e l'entusiasmo del popolo. A questa festa parteciparono gli amanti del piacere di tutti i quartieri di quella città, i beoni ebbero divertimento e vino in quantità. Erode apparve alla gente con grande pompa e cerimonia e rivolse loro un eloquente discorso. Avvolto in una tunica coperta d'oro e d'argento che rifletteva la luce dei raggi solari, egli abbagliava gli spettatori, con la sua figura luminosa. La sua apparenza maestosa e l'influsso del suo raffinato linguaggio eccitò enormemente l'assemblea. I presenti, con i sensi pervertiti dai festeggiamenti e dal vino, furono incantati dalle seducenti parole e dall'affascinante portamento di Erode, e presi da un facile entusiasmo, lo adularono, dichiarando che nessun mortale poteva avere una tale apparenza, e una così straordinaria eloquenza. Affermarono, inoltre, che fino ad allora lo avevano semplicemente rispettato come re, ma che da allora in poi lo avrebbero adorato come un dio. UVI 94 2 Alcuni di quelli che ora alzavano le loro voci per glorificare un vile peccatore, pochi anni prima avevano freneticamente gridato: "Manda via Gesù! Crocifiggilo! Crocifiggilo!" I giudei avevano rifiutato di ricevere Cristo i cui abiti, ineleganti e spesso coperti dalla polvere raccolta durante i viaggi, coprivano un cuore pieno di amore divino. I loro occhi non poterono discernere, sotto l'umile apparenza del Nazareno, il Signore della vita e della gloria, neanche quando Cristo rivelò la sua potenza compiendo dinanzi a loro miracoli che nessun altro uomo poteva fare. Ma essi erano pronti ad adorare come Dio un re arrogante, i cui abiti d'oro e d'argento coprivano un cuore corrotto e crudele. UVI 94 3 Erode sapeva di non meritare le lodi e gli omaggi che gli offrivano, tuttavia accettò l'idolatria del popolo come se gli fosse dovuta. Egli assaporò il piacere del trionfo e il suo volto si illuminò di soddisfazione, quando sentì gridare: "Voce d'un dio, e non d'un uomo!" Atti 12:22 (Luzzi). UVI 94 4 Improvvisamente Erode mutò in modo terribile. La sua faccia divenne pallida come la morte, e contorta dall'agonia. Grandi gocce di sudore uscirono dai suoi pori. Egli rimase immobile per un momento come se fosse stato sopraffatto dal dolore e dal panico, poi voltando il suo cadaverico volto verso i suoi amici inorriditi, e piangendo dalla disperazione disse che proprio lui, che era esaltato come un dio, era stato colpito a morte. UVI 95 1 Soffrendo della più atroce angoscia, Erode fu allontanato da quella scena di baldoria ed esibizione. Un momento prima egli era stato l'orgoglioso oggetto di lode e di adorazione della folla, ora invece riconosceva di essere nelle mani di un Re di molto superiore a lui. Il rimorso lo assalì: si ricordò della sua accanita persecuzione contro i seguaci di Cristo; si ricordò che spinto dalla mortificazione e dalla rabbia aveva sfogato la sua irragionevole sete di vendetta sulle guardie innocenti della prigione. Egli capì che ora Dio stava trattando con lui, l'inflessibile persecutore. Non riuscì a trovare sollievo né dalle pene fisiche né dall'angoscia mentale, e tanto meno se lo aspettava. UVI 95 2 Erode era a conoscenza della legge di Dio, la quale dice: "Non avere altri dei nel mio cospetto" (Esodo 20:3, Luzzi), e sapeva che avendo accettato l'adorazione del popolo, egli aveva raggiunto il colmo della sua iniquità, e aveva giustamente attirato su di sé l'ira di Geova. UVI 95 3 Lo stesso angelo che era stato mandato dal cielo a liberare Pietro, fu mandato da Erode come messaggero d'ira e di giudizio. L'angelo toccò Pietro per svegliarlo dal sopore; ma fu con un ben differente colpo che percosse il malvagio re, abbassandone l'orgoglio, e portandogli il castigo dell'Onnipotente. Erode morì in grande agonia fisica e mentale, sotto il giudizio retributivo di Dio. UVI 95 4 Questa dimostrazione di giustizia divina ebbe un potente influsso sulla gente. La notizia che l'apostolo di Cristo era stato miracolosamente liberato dalla prigione e dalla morte, mentre il suo persecutore era stato colpito a morte dalla maledizione di Dio, si sparse in tutte le regioni, e divenne un mezzo per guidare molti a credere in Cristo. UVI 95 5 Tutte queste esperienze: quella di Filippo che diretto da un angelo fu condotto a incontrarsi con un cercatore di verità; quella di Cornelio, visitato da un angelo che portava un messaggio da Dio; quella di Pietro che imprigionato e condannato a morte, fu liberato da un angelo, mostrano l'intima connessione che esiste tra il cielo e la terra. UVI 95 6 Gli operai di Dio, essendo a conoscenza di queste visite angeliche, dovrebbero rafforzarsi e avere coraggio. Oggi come nei giorni degli apostoli, messaggeri celesti attraversano la terra in tutta la sua ampiezza, cercando di confortare i sofferenti, di proteggere gli impenitenti, e di vincere i cuori degli uomini a Cristo. Noi non possiamo vederli personalmente; nondimeno essi sono con noi, per guidarci, dirigerci, e proteggerci. UVI 95 7 Il cielo è connesso con la terra da quella mistica scala, la cui base è fermamente fissata sulla terra, mentre la cima raggiunge il trono dell'Infinito. Gli angeli costantemente ascendono e discendono questa scala di straordinario splendore, recando le preghiere dei bisognosi e dei sofferenti al Padre celeste, e portando benedizioni, speranza, coraggio e aiuto ai figli degli uomini. Questi angeli di luce creano un'atmosfera celeste intorno all'anima, innalzandola verso l'invisibile e l'eterno. Noi non possiamo contemplare la loro forma con i nostri occhi umani; solo mediante visioni spirituali possiamo discernere le cose celesti. Solo l'orecchio spirituale può udire l'armonia delle voci celesti. UVI 96 1 "L'angelo dell'Eterno s'accampa intorno a quelli che lo temono, e li libera". Salmi 34:7 (Luzzi). Dio comanda ai suoi angeli disalvare i suoi eletti dalle calamità, di proteggerli dalla "peste che va attorno nelle tenebre,"e dallo "sterminio che infierisce in pien mezzodì". Salmi 91:6 (Luzzi). Sempre e in ogni epoca degli angeli hanno parlato agli uomini come l'uomo parla a un amico, e li hanno guidati in luoghi sicuri. In tutte le età degli angeli con parole d'incoraggiamento hanno rialzato gli spiriti depressi, guidando le loro menti a cose che sono al di là di quelle terrene, e facendo loro contemplare, mediante la fede, gli abiti bianchi, le corone, le palme della vittoria, che i vincitori riceveranno quando ciconderanno il grande trono divino. UVI 96 2 Il compito degli angeli è di stare accanto a quelli che sono provati, sofferenti e tentati. Essi lavorano instancabilmente per il bene delle anime per cui Cristo è morto. Quando dei peccatori sono indotti ad accettare il Salvatore, gli angeli portano la notizia in cielo, e là c'è grande gioia tra gli eserciti celesti. "Vi sarà in cielo più allegrezza per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti i quali non han bisogno di ravvedimento". Luca 15:7 (Luzzi). Un rapporto è riferito in cielo di ogni sforzo che noi facciamo per dissipare l'oscurità, e diffondere la conoscenza di Cristo. E come il gesto è raccontato davanti al Padre, tutti gli eserciti celesti esultano di gioia. UVI 96 3 Tutti gli esseri e le potenze del cielo osservano la lotta che, sotto circostanze apparentemente scoraggianti, i seguaci di Dio stanno conducendo. Nuove conquiste saranno acquisite, nuovi onori vinti, quando i cristiani, innalzando la bandiera del Redentore, avanzeranno per lottare il buon combattimento della fede. Tutti gli angeli celesti, sono al servizio dell'umile, credente popolo di Dio, e mentre l'armata degli operai del Signore su questa terra canta inni di lode, il coro celeste si unisce a loro dando lode a Dio e al suo Figlio. UVI 96 4 Noi dobbiamo comprendere sempre meglio la missione degli angeli. Sarebbe bene ricordare che ogni figlio di Dio ha la cooperazione degli esseri celesti. Potenti eserciti invisibili, sostengono gli umili e i poveri che credono e attendono le promesse di Dio. Cherubini, serafini, e angeli che eccellono in forza, stanno alla destra di Dio, "tutti spiriti ministratori, mandati a servire a pro di quelli che hanno da eredare la salvezza". Ebrei 1:14 (Luzzi). ------------------------Capitolo 16: Il vangelo in Antiochia UVI 97 1 In seguito alla persecuzione, i discepoli si allontanarono da Gerusalemme, e il Vangelo fu diffuso rapidamente nelle regioni situate ai confini della Palestina. Molti piccoli gruppi di credenti diventarono in poco tempo delle chiese influenti. Alcuni dei discepoli "passarono fino in Fenicia, in Cipro e in Antiochia". Atti 11:19 (Luzzi). I loro sforzi evangelistici erano solitamente limitati ai giudei e agli ellenisti: di quest'ultimi esistevano grandi colonie in quasi tutte le città del mondo allora abitato. UVI 97 2 Tra i luoghi che accolsero con gioia il Vangelo, c'era Antiochia, a quel tempo città della Siria. Si trattava di un centro popoloso dedito al commercio. Le sue vie erano frequentate da gente di varie nazionalità. Oltretutto Antiochia era famosa per le comodità e il piacere che offriva. La sua posizione era invidiabile: a questo vantaggio si sommavano il clima salutare, i bei dintorni, la ricchezza e la cultura raffinata dei suoi abitanti. Al tempo degli apostoli, essa era conosciuta come una città dedita al vizio e all'immoralità spinta fino ai peggiori eccessi. UVI 97 3 Il Vangelo fu pubblicamente predicato in Antiochia da alcuni discepoli provenienti da Cipro e Cirene, i quali andavano "annunziando il Signor Gesù". Atti 11:20 (Luzzi). "E la mano del Signore era con loro: e gran numero di gente, avendo creduto, si convertì al Signore". Atti 11:21 (Luzzi). UVI 97 4 "E la notizia del fatto venne agli orecchi della chiesa ch'era in Gerusalemme: onde mandarono Barnaba fino ad Antiochia". Atti 11:22 (Luzzi). Al suo arrivo in questo campo di lavoro, Barnaba scoprì che l'opera stava già avanzando per grazia divina e si "rallegrò, e li esortò tutti ad attenersi al Signore con fermo proponimento di cuore". Atti 11:23 (Luzzi). UVI 97 5 Gli sforzi di Barnaba in Antiochia furono benedetti oltremodo. Molte anime furono aggiunte al numero dei credenti. Come l'opera si sviluppava, Barnaba sentì l'esigenza di un collaboratore che lo aiutasse a sfruttare meglio l'opportunità offerta dal Signore; per questo si recò a Tarso e cercò Paolo il quale, dopo aver lasciato Gerusalemme, era andato "nelle contrade della Siria e della Cilicia" per predicare "la fede che altra volta cercava di distruggere". Galati 1:21, 23 (Luzzi). Barnaba riuscì a trovare Paolo e lo persuase a collaborare alla realizzazione del suo progetto. UVI 98 1 Nell'affollata città di Antiochia, Paolo trovò un eccellente campo di lavoro. La sua educazione, la sua saggezza e il suo zelo esercitarono un potente influsso sugli abitanti e sui frequentatori di quella erudita città. Egli dimostrò di essere l'aiuto adatto di cui Barnaba aveva bisogno. Per un anno i due discepoli lavorarono insieme testimoniando fedelmente e conducendo molti alla conoscenza di Gesù di Nazareth, il Redentore del mondo. UVI 98 2 Fu in Antiochia che per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani. Questo nome fu dato loro perché Cristo era il principale soggetto della loro predicazione, dei loro insegnamenti, e delle loro conversazioni. Di continuo i credenti raccontavano gli episodi accaduti durante i giorni del suo ministero terreno, quando i suoi apostoli erano benedetti dalla sua personale presenza. Non si stancavano mai di ricordare i suoi insegnamenti e i miracoli di guarigione che il Maestro aveva compiuto. Essi parlavano della sua agonia nel giardino, del tradimento, del processo, dell'esecuzione, della tolleranza e umiltà con le quali Gesù sopportò l'ingiuria e la tortura dei suoi nemici, e dell'immensa pietà con la quale Egli pregò per quelli che lo perseguitavano. Nel raccontare queste cose manifestavano apertamente la gioia che ispirava loro la figura del Maestro. Essi attiravano l'attenzione dei loro uditori sulla sua risurrezione e ascensione, sull'opera che stava svolgendo nel cielo come mediatore dell'uomo caduto. I pagani giustamente li chiamavano cristiani, poiché essi predicavano Cristo e pregavano Dio nel suo nome. UVI 98 3 Fu Dio che diede loro il nome di cristiani. Questo è un nome regale, dato a tutti quelli che si uniscono a Cristo. Circa questo nome Giacomo, più tardi, affermò: "Non son forse i ricchi quelli che vi opprimono e che vi traggono ai tribunali? Non sono essi quelli che bestemmiano il buon nome che è stato invocato su di voi?" Giacomo 2:6, 7 (Luzzi). E Pietro dichiarò: "Se siete vituperati per il nome di Cristo, beati voi! perché lo Spirito di Dio riposa su voi... Ma se uno patisce come cristiano, non se ne vergogni, ma glorifichi Iddio portando questo nome". 1 Pietro 4:14, 16 (Luzzi). UVI 98 4 I credenti di Antiochia compresero che Dio desiderava infondere nel loro animo "il volere e l'operare, per la sua benevolenza". Filippesi 2:13 (Luzzi). E pur vivendo in mezzo a gente che sembrava avere poco interesse per le cose di valore eterno, essi cercarono di attirare l'attenzione delle persone oneste, dando una buona testimonianza di Colui che amavano e servivano. Nel loro umile ministero, impararono ad attendere che la potenza dello Spirito Santo rendesse efficace la parola della vita. E così, in ogni particolare circostanza testimoniavano della loro fede in Cristo. UVI 99 1 L'esempio dei seguaci di Cristo in Antiochia dovrebbe ispirare ogni credente che vive oggi nelle grandi città. È nei piani di Dio che operai scelti e consacrati lavorino in importanti centri urbani per condurre delle nuove iniziative evangelistiche. Egli però desidera che i membri di chiesa che vivono in queste città si mettano anche loro all'opera affinché molte più persone conoscano Cristo. Ci sono ricche benedizioni in serbo per coloro che si sottomettono completamente alla chiamata di Dio. Come questi operai si impegneranno per conquistare delle anime a Cristo, scopriranno che molte persone sono pronte a rispondere positivamente ai loro appelli. Senza questi sforzi personali non sarebbe possibile raggiungerle. UVI 99 2 Oggi, l'opera di Dio su queste terra ha bisogno di rappresentanti che pratichino l'insegnamento della Bibbia. Da soli, i pastori consacrati non riuscirebbero ad assolvere l'impegno di avvertire la gente che abita le città. Dio sta chiamando non solo pastori ma anche dottori, infermieri, colportori e lettori biblici. Egli desidera che dei laici capaci e consacrati, con una conoscenza diretta della Parola di Dio e della potenza della sua grazia, cerchino di avvertire la gente che abita le città. Il tempo trascorre rapidamente e molto resta ancora da fare. Ogni agente deve essere messo al lavoro per creare nuove opportunità di testimonianza. UVI 99 3 Lavorando in Antiochia, insieme a Barnaba, Paolo si convinse che il Signore lo aveva chiamato a svolgere un'opera speciale in favore del mondo pagano. Al tempo della sua conversione, il Signore aveva dichiarato che Paolo doveva essere destinato a predicare ai Gentili, "per aprire i loro occhi, per farli passare dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana al servizio di Dio. Quelli che crederanno in me riceveranno il perdono dei loro peccati e faranno parte del mio popolo santo". Atti 26:18. Inoltre il Signore comunicò ad Anania quale doveva essere il compito di Paolo nella chiesa: "Egli è uno strumento che ho eletto per portare il mio nome davanti ai Gentili, ed ai re, ed ai figliuoli d'Israele". Atti 9:15 (Luzzi). E Paolo stesso, più tardi, mentre pregava nel tempio di Gerusalemme, fu visitato da un angelo celeste, che gli ordinò: "Va', perché io ti manderò lontano, ai Gentili". Atti 22:21 (Luzzi). UVI 99 4 Così il Signore diede a Paolo il compito di evangelizzare il mondo pagano. Per prepararlo a questo vasto e difficile lavoro, Dio si rivelò facendogli contemplare la bellezza e la gloria del suo regno celeste. A lui fu affidato il compito di far conoscere agli uomini quel "mistero" che per lungo tempo era rimasto nascosto. Romani 16:25. "Il qual mistero, nelle altre età, non fu dato a conoscere ai figliuoli degli uomini nel modo che ora, per mezzo dello Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di Lui; vale a dire, che i Gentili sono eredi con noi, membra con noi d'un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante l'Evangelo -- dichiara Paolo -- del quale io sono stato fatto ministro, in virtù del dono della grazia di Dio largitami secondo la virtù della sua potenza. A me, dico, che son da meno del minimo di tutti i santi, è stata data questa grazia di recare ai Gentili il buon annunzio delle non investigabili ricchezze di Cristo, e di manifestare a tutti quale sia il piano seguito da Dio riguardo al mistero che è stato fin dalle più remote età nascosto in Dio, il Creatore di tutte le cose affinchè nel tempo presente, ai principati e alle potestà, ne' luoghi celesti, sia data a conoscere, per mezzo della Chiesa, la infinitamente varia sapienza di Dio, conforme al proponimento eterno ch'Egli ha mandato ad effetto nel nostro Signore, Cristo Gesù". Efesini 3:5-11 (Luzzi). UVI 100 1 Dio benedisse abbondantemente gli sforzi di Paolo e Barnaba durante l'anno che rimasero con i credenti di Antiochia. Ma entrambi non erano stati ufficialmente consacrati al ministero evangelistico. Ora, era giunto il momento in cui Dio li avrebbe incaricati formalmente di portare avanti una difficile impresa missionaria, per la quale avrebbero avuto bisogno di quei vantaggi che si potevano ottenere mediante la collaborazione della chiesa. UVI 100 2 "Nella chiesa d'Antiochia v'eran dei profeti e dei dottori: Barnaba, Simeone chiamato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, fratello di latte di Erode il tetrarca e Saulo. E mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: "Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati". Atti 13:1, 2 (Luzzi). Prima di essere inviati al mondo pagano come missionari, gli apostoli furono solennemente consacrati a Dio mediante il digiuno, la preghiera e l'imposizione delle mani. Questo rito conferiva loro piena autorità ecclesiastica: essi erano autorizzati non solo a insegnare la verità, ma anche a compiere il rito del battesimo e a organizzare nuove chiese. UVI 100 3 La chiesa cristiana entrava ora in una importante èra. L'opera di evangelizzazione tra i Gentili doveva essere eseguita con vigore. La chiesa ne sarebbe uscita rafforzata. Molte persone avrebbero scelto di appartenere al Maestro. Gli apostoli che erano stati consacrati a dirigere questa impresa, sarebbero stati esposti al sospetto, al pregiudizio e alla gelosia. I loro insegnamenti circa la demolizione del "muro di separazione" che aveva per lungo tempo separato i giudei dai Gentili, avrebbe naturalmente attirato su loro l'accusa di eresia. La loro autorità di ministri del Vangelo sarebbe stata messa in questione da molti credenti giudei. Dio previde le difficoltà che i suoi servitori avrebbero dovuto affrontare, e per non rendere la loro impresa impossibile, istruì la chiesa, mediante una rivelazione, di destinarli pubblicamente a quel compito. La loro ordinazione fu un riconoscimento pubblico del fatto che Dio li aveva chiamati ad annunciare il Vangelo ai Gentili. UVI 101 1 Entrambi, Paolo e Barnaba, avevano già ricevuto la chiamata da Dio stesso, e il rito dell'imposizione delle mani non aggiungeva nulla alla grazia e alla qualificazione che avevano ricevuto dal cielo. Esso era una forma di riconoscimento della designazione a una particolare responsabilità e dell'autorizzazione a svolgere quel dato compito. Mediante questo rito la chiesa confermava ciò che Dio aveva già deciso. UVI 101 2 Questo rito aveva una certa importanza per i giudei. Quando un padre ebreo benediceva i suoi figli, egli posava con cura le sue mani sulle loro teste. Quando un animale veniva dedicato al sacrificio, un sacerdote posava le mani sulla testa della vittima. E quando i ministri della chiesa di Antiochia posarono le loro mani su Paolo e Barnaba, essi, mediante quel gesto, chiesero a Dio di riversare le sue benedizioni sugli apostoli scelti, per il particolare lavoro al quale erano stati assegnati. UVI 101 3 In seguito, questo rito di consacrazione mediante l'imposizione delle mani subì un grande abuso. Si modificò il significato con l'idea che l'ordinato ricevesse immediatamente la potenza che lo qualificava per assolvere qualsiasi compito nella chiesa. Ma nel racconto della consacrazione di questi due apostoli per un compito particolare, non è scritto che il solo rito di imporre le mani avesse infuso in loro qualche speciale virtù. C'è semplicemente scritto della loro ordinazione e dell'orientamento che essa dette al loro futuro lavoro.1 UVI 101 4 Il fatto che lo Spirito Santo abbia separato Paolo e Barnaba per uno specifico servizio, mostra chiaramente che il Signore opera mediante agenti scelti nella sua chiesa organizzata. Anni addietro, il Signore rivelò a Paolo i piani che lo riguardavano. Immediatamente Paolo fu messo in contatto con i membri della chiesa di Damasco. La chiesa non fu lasciata all'oscuro circa l'esperienza personale di quel fariseo convertito. Nel momento stabilito da Dio, lo Spirito Santo rese ancora testimonianza del fatto che Paolo era un agente scelto per portare il Vangelo ai Gentili, e affidò alla chiesa il compito di ordinarlo insieme al suo compagno Barnaba. E mentre i dirigenti della chiesa di Antiochia "celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati". Atti 13:2 (Luzzi). UVI 102 1 Dio ha fatto della sua chiesa su questa terra un canale di luce mediante il quale comunica la sua volontà agli uomini. Egli non dà ai suoi fedeli un'esperienza che è indipendente o contraria all'esperienza della chiesa stessa. Egli dà a un solo uomo la conoscenza del suo volere per l'intera chiesa, mentre la chiesa stessa, il corpo di Cristo, è lasciata all'oscuro. Nella sua provvidenza, Dio pone i suoi servitori in stretta connessione con la sua chiesa, in modo che essi confidino meno in se stessi e più in coloro che Egli ha scelto per dirigere l'avanzamento della sua opera. UVI 102 2 Ci sono sempre state nella chiesa persone inclini a essere indipendenti. Queste persone sembrano non capire che uno spirito di indipendenza spinge l'uomo ad avere troppa fiducia nelle proprie capacità, e a confidare nel proprio giudizio piuttosto che rispettare, il consiglio e il giudizio dei fratelli, specialmente di quelli che hanno ricevuto da Dio la responsabilità di dirigere il suo popolo. Dio ha conferito alla sua chiesa speciale autorità e potenza, e nessuno che la disprezza o che fa l'indifferente sarà giustificato per aver disprezzato la voce di Dio. UVI 102 3 Quelli che sono inclini a considerarsi infallibili nei loro giudizi sono esposti a un grave pericolo. Gli sforzi di Satana sono studiati per riuscire a separare queste persone da quelli che sono canali di luce, con i quali Dio cerca di costruire ed estendere la sua opera su questa terra. Non rispettare o disprezzare coloro a cui il Signore ha assegnato la direzione dell'opera di evangelizzazione significa rigettare gli strumenti che Egli ha ordinato per assistere, incoraggiare e rafforzare il suo popolo. Qualsiasi operaio di Dio che pensi di poter oltrepassare i dirigenti e che ritenga che la luce deve giungere a lui direttamente da Dio, si espone all'inganno del nemico, che intende sopraffarlo. Il Signore nella sua saggezza ha stabilito che ci sia una stretta relazione tra tutti i credenti, realizzando una sempre più stretta unità di intenti tra gli individui e le comunità locali. Solo così gli agenti umani saranno in grado di cooperare con quelli divini. Ogni agente umano deve essere sottomesso allo Spirito Santo. Tutti i credenti devono essere uniti e ben organizzati per saper dare al mondo la buona notizia della grazia di Dio. UVI 102 4 Paolo considerò l'occasione della sua ufficiale ordinazione come il punto di partenza di un nuovo e importante periodo del suo ministero. Egli, in seguito, datò l'inizio del suo apostolato nella chiesa cristiana, riferendosi proprio a quell'occasione. UVI 103 1 Mentre la luce del Vangelo illuminava Antiochia, a Gerusalemme gli apostoli continuavano a svolgere un importante lavoro. Ogni anno, durante il periodo delle festività, molti giudei espatriati ritornavano a Gerusalemme per adorare nel tempio. Alcuni di questi pellegrini erano uomini di grande pietà e zelanti studiosi delle profezie. Essi attendevano trepidamente l'avvento del promesso Messia, la speranza d'Israele. Mentre Gerusalemme era affollata di stranieri, gli apostoli predicarono Cristo con sconcertante coraggio, sebbene sapessero che così facendo mettevano la loro vita in costante pericolo. Lo Spirito di Dio benedisse il loro lavoro, e molti si convertirono alla fede. Questi nuovi convertiti, quando ritornarono alle loro case nelle varie parti del mondo, diffusero il seme della verità tra tutte le nazioni, senza escludere nessun ceto sociale. UVI 103 2 Tra gli apostoli che si dedicarono a questo lavoro si distinguevano Pietro, Giacomo, e Giovanni. Questi ultimi erano convinti del fatto che Dio li avesse assegnati alla predicazione del Cristo tra gli abitanti della Palestina. Essi lavorarono fedelmente, testimoniando delle cose che avevano viste e udite, e appellandosi alla "parola profetica", nel tentativo di persuadere "la casa d'Israele" che Dio aveva stabilito come Signore e Messia lo stesso Gesù che i giudei avevano crocifisso. 2 Pietro 1:19; Atti 2:36. ------------------------Capitolo 17: Messaggeri del vangelo UVI 104 1 Paolo e Barnaba, dopo essere stati ordinati dai fratelli di Antiochia, "mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia, e di là navigarono verso Cipro". Atti 13:4 (Luzzi). Fu così che gli apostoli iniziarono il loro primo viaggio missionario. UVI 104 2 Cipro era uno dei luoghi nei quali i credenti di Gerusalemme si erano rifugiati per proteggersi dalla persecuzione iniziata dopo la morte di Stefano. Alcuni ciprioti visitarono Antiochia "annunziando il Signore Gesù". Atti 11:20 (Luzzi). Barnaba stesso era "cipriota di nascita". Atti 4:36 (Luzzi). Lui e Paolo, accompagnati da Giovanni Marco, parente di Barnaba, si accingevano a visitare l'isola. UVI 104 3 La madre di Marco si era convertita al cristianesimo, e la sua casa in Gerusalemme era diventata un rifugio per i discepoli. Lì ricevevano sempre una buona accoglienza e avevano la possibilità di riposarsi. Fu proprio durante una di queste visite degli apostoli alla casa materna, che Marco chiese a Paolo e Barnaba se poteva accompagnarli nel loro viaggio missionario. Egli sentiva la bontà di Dio nel suo cuore, e desiderava consacrarsi completamente all'opera del Vangelo. UVI 104 4 "Giunti a Salamina -- gli apostoli -- annunziarono la parola di Dio nelle sinagoghe de' Giudei ... Poi, traversata tutta l'isola fino a Pafo, trovarono un certo mago, un falso profeta giudeo, che aveva nome Bar-Gesù, il quale era col proconsole Sergio Paolo, uomo intelligente. Questi, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese d'udir la parola di Dio. Ma Elima, il mago (perché così s'interpreta questo suo nome), resisteva loro, cercando di stornare il proconsole dalla fede". Atti 13:5-8 (Luzzi). UVI 104 5 Satana cerca sempre di intralciare l'edificazione del regno di Dio su questa terra. Le forze del male sono continuamente all'opera per ostacolare le persone che hanno il compito di diffondere il Vangelo. Queste potenze dell'oscurità sono specialmente attive quando la verità viene proclamata a uomini di buona reputazione e rigorosa integrità. Questo stava succedendo mentre il proconsole di Cipro ascoltava il messaggio del Vangelo. Il proconsole aveva chiamato gli apostoli per essere istruito nel messaggio che essi predicavano; e ora le forze del male, operando mediante il mago Elima, con i loro deleteri suggerimenti, tentavano di distoglierlo dalla fede, e di ostacolare il piano di Dio. UVI 105 1 Satana lavora sempre in questa maniera per trattenere nelle sue file uomini di alto rango che, se convertiti, potrebbero rendere un efficace servizio alla causa di Dio. Ma l'operaio del Vangelo non deve temere di essere sopraffatto dalla mano nemica; perché egli ha il privilegio di essere rivestito della potenza divina e può affrontare qualsiasi influsso satanico. UVI 105 2 Sebbene fosse violentemente attaccato da Satana, Paolo ebbe il coraggio di rimproverare colui mediante il quale il nemico stava agendo. "Paolo, pieno dello Spirito Santo, guardandolo fisso, gli disse: O pieno d'ogni frode e d'ogni furberia, figliuol del diavolo, nemico d'ogni giustizia, non cesserai tu di pervertir le diritte vie del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è sopra te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in quell'istante, caligine e tenebre caddero su lui; e andando qua e là cercava chi lo menasse per la mano. Allora il proconsole, visto quel che era accaduto, credette, essendo stupito dalla dottrina del Signore". Atti 13:9-12 (Luzzi). UVI 105 3 Il mago aveva chiuso gli occhi all'evidenza della verità del Vangelo, e il Signore, nella sua giusta ira, lo accecò, impedendogli di vedere la luce del giorno. Questa cecità non fu permanente ma solo temporanea, per avvertirlo di pentirsi e di cercare il perdono di Dio che egli aveva gravemente offeso. La confusione nella quale il mago si ritrovò, rese inefficace la sua subdola magia contro la dottrina di Cristo. Il fatto che ora egli fosse costretto a brancolare nel buio, dimostrava che i miracoli compiuti dagli apostoli -- che Elima aveva denunciato come giochi di prestigio -- erano invece attuati dalla potenza di Dio. Il proconsole, convinto della verità della dottrina insegnata dagli apostoli, accettò il Vangelo. UVI 105 4 Elima non era un uomo erudito, tuttavia era particolarmente adatto a svolgere l'opera di Satana. I predicatori della verità divina incontreranno il vile avversario sotto molte differenti forme. A volte egli agirà mediante persone istruite, ma molto più spesso egli agirà mediante persone ignoranti. Egli le istruisce affinché diventino degli strumenti efficaci per ingannare le anime. Ogni ministro di Dio deve rimanere saldo nella propria posizione, temendo Dio e confidando nella sua onnipotenza. Solo così potrà confondere gli agenti di Satana e trionfare nel nome del Signore. UVI 105 5 Paolo e i suoi compagni continuarono il loro viaggio e arrivarono a Perga di Panfilia. Il loro cammino era stato faticoso. Essi avevano incontrato difficoltà e privazioni ed erano stati circondati da molti pericoli. Nei paesi e nelle città che avevano visitato come pure lungo le solitarie strade erano stati continuamente circondati da pericoli visibili e invisibili. Ma Paolo e Barnaba avevano imparato a confidare nella potenza liberatrice di Dio. I loro cuori erano colmi di zelo e di amore per le anime cadute. Come i buoni pastori che cercano la pecorella smarrita, così essi non pensavano alla loro comodità e convenienza. Dimenticando se stessi, non erano vacillati quando avevano dovuto affrontare la stanchezza, la fame e il freddo. Essi avevano in mente un solo oggetto: la salvezza di coloro che vagavano lontani dal sicuro ovile. UVI 106 1 Fu qui che Marco, sopraffatto dal timore e dallo scoraggiamento, indugiò, per un certo tempo, a consacrarsi all'opera del Signore. Non essendo abituato alle difficoltà, fu scoraggiato dai pericoli e dalle privazioni del viaggio. In circostanze favorevoli Marco aveva lavorato con successo; ma ora, nel mezzo dell'opposizione e dei pericoli che assalgono così spesso i pionieri, egli non riuscì a sopportare i disagi come un buon soldato della croce. Non aveva ancora imparato ad affrontare con coraggio i pericoli, la persecuzione e le avversità. Mentre gli apostoli avanzavano, affrontando difficoltà sempre più grandi, Marco si scoraggiò, rifiutò di proseguire il viaggio e ritornò a Gerusalemme. UVI 106 2 Questa diserzione condusse Paolo a giudicare Marco sfavorevolmente e anche severamente, per un certo tempo. Barnaba invece era incline a scusarlo a causa della sua inesperienza. Egli desiderava che Marco non abbandonasse il ministero, perché aveva vedute in lui delle qualità che lo avrebbero reso un utile operaio di Cristo. Anni dopo, la sua sollecitudine nei riguardi di Marco fu largamente ricompensata, perché il giovane si consacrò completamente al Signore e all'opera di evangelizzazione in luoghi difficili. Con la benedizione di Dio e sotto la guida di Barnaba, divenne un operaio di grande valore. UVI 106 3 In seguito, Paolo si riconciliò con Marco, e lo accettò come suo compagno di lavoro. Lo raccomandò anche ai colossesi come un suo collaboratore "per il regno di Dio" (Colossesi 4:11, Luzzi) che gli aveva recato conforto. E di nuovo, poco prima della sua morte, Paolo parlò di Marco come di un uomo che gli era stato "molto utile per il ministero". 2 Timoteo 4:11 (Luzzi). UVI 106 4 Dopo la partenza di Marco, Paolo e Barnaba visitarono Antiochia di Pisidia, e di sabato si recarono alla sinagoga giudaica, e si sedettero. "E dopo la lettura della legge e dei profeti, i capi della sinagoga mandarono a dir loro: Fratelli, se avete qualche parola d'esortazione da rivolgere al popolo, ditela. Allora Paolo, alzatosi, e fatto cenno con la mano, disse: Uomini israeliti, e voi che temete Iddio, udite". Atti 13:15, 16 (Luzzi). Poi predicò un meraviglioso messaggio. Cominciò raccontando la maniera in cui Dio aveva trattato con i giudei, fin dalla loro liberazione dalla schiavitù egiziana, e di come un Salvatore era stato promesso dal seme di Davide. Paolo coraggiosamente dichiarò: "Dalla progenie di lui Iddio, secondo la sua promessa, ha suscitato a Israele un Salvatore nella persona di Gesù, avendo Giovanni, prima della venuta di lui, predicato il battesimo del ravvedimento a tutto il popolo d'Israele. E come Giovanni terminava la sua carriera diceva: Che credete voi che io sia? Io non sono il Messia; ma ecco, dietro a me viene uno, del quale io non son degno di sciogliere i calzari". Atti 13:23-25 (Luzzi). Con potenza, Paolo predicò che Gesù era il Salvatore dell'umanità, il Messia profetizzato. UVI 107 1 Avendo fatta questa dichiarazione, Paolo continuò: "Fratelli miei, figliuoli della progenie d'Abramo, e voi tutti che temete Iddio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza. Poiché gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi, avendo disconosciuto questo Gesù e le dichiarazioni de' profeti che si leggono ogni sabato, le adempirono, condannandolo". Atti 13:26, 27 (Luzzi). UVI 107 2 Paolo non esitò a riferire la piena verità circa il rigetto del Salvatore da parte dei capi giudei. "E benché non trovassero in lui nulla che fosse degno di morte, chiesero a Pilato che fosse fatto morire. E dopo ch'ebber compiute tutte le cose che erano scritte di lui, lo trassero giù dal legno, e lo posero in un sepolcro. Ma Iddio lo risuscitò dai morti; e per molti giorni egli si fece vedere da coloro ch'eran con lui saliti dalla Galilea a Gerusalemme, i quali sono ora suoi testimoni presso il popolo". Atti 13:28-31 (Luzzi). UVI 107 3 "Noi vi rechiamo la buona novella che la promessa fatta ai padri, Iddio l'ha adempiuta per noi, loro figliuoli, risuscitando Gesù, siccome anche è scritto nel salmo secondo: "Tu sei il mio Figliuolo, oggi Io ti ho generato". E siccome lo ha risuscitato dai morti per non tornar più nella corruzione, Egli ha detto così: "Io vi manterrò le sacre e fedeli promesse fatte a Davide". Difatti egli dice anche in un altro luogo: "Tu non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione". Poiché Davide, dopo aver servito al consiglio di Dio nella sua generazione, si è addormentato, ed è stato riunito coi suoi padri, e ha veduto la corruzione; ma colui che Dio ha risuscitato, non ha veduto corruzione". Atti 13:32-37 (Luzzi). UVI 107 4 Ora, avendo parlato chiaramente dell'adempimento delle familiari profezie riguardanti il Messia, Paolo predicò loro il pentimento e il perdono dei peccati mediante i meriti di Gesù, loro Salvatore. Egli disse: "Siavi dunque noto, fratelli, che per mezzo di lui v'è annunziata la remissione dei peccati; e per mezzo di lui, chiunque crede è giustificato di tutte le cose delle quali voi non avete potuto esser giustificati per la legge di Mosè". Atti 13:38, 39 (Luzzi). UVI 108 1 Lo Spirito di Dio accompagnò le parole pronunciate, e molti cuori furono sensibilizzati dal suo influsso. Gli apostoli, riferendosi alle profezie dell'Antico Testamento e dichiarando che queste erano state adempiute nel ministero di Gesù di Nazareth, convinsero molti di coloro che bramavano l'avvento del Messia promesso. Le rassicuranti parole di Paolo circa la buona notizia della salvezza sia per i giudei che per i Gentili, portarono speranza e gioia a quanti non appartenevano alla discendenza di Abramo. UVI 108 2 "Or, mentre uscivano, furono pregati di parlar di quelle medesime cose al popolo il sabato seguente. E dopo che la raunanza si fu sciolta, molti de' Giudei e de' proseliti pii seguiron Paolo e Barnaba; i quali, parlando loro, li persuasero a perseverare nella grazia di Dio". Atti 13:42, 43 (Luzzi). UVI 108 3 Il discorso di Paolo suscitò molto interesse in Antiochia di Pisidia, e "il sabato seguente, quasi tutta la città si radunò per udir la parola di Dio. Ma i Giudei, vedendo le moltitudini, furon ripieni d'invidia, e bestemmiando contraddicevano alle cose dette da Paolo". Atti 13:44, 45 (Luzzi). UVI 108 4 "Ma Paolo e Barnaba, dissero loro francamente: Era necessario che a voi per i primi si annunziasse la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili. Perché così ci ha ordinato il Signore, dicendo: Io ti ho posto per esser luce de' Gentili, affinché tu sia strumento di salvezza fino alle estremità della terra". Atti 13:46, 47 (Luzzi). UVI 108 5 "E i Gentili, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la parola di Dio; e tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero". Atti 13:48 (Luzzi). Essi si rallegrarono grandemente del fatto che Cristo li riconosceva come figli di Dio, ed erano grati per il messaggio che avevano ricevuto. Quelli che credettero si dimostrarono zelanti nel comunicare il Vangelo ad altri, e così "la parola del Signore si spandeva per tutto il paese". Atti 13:49 (Luzzi). UVI 108 6 Secoli prima, gli scrittori ispirati avevano predetto questa conversione dei Gentili; ma quei messaggi profetici non erano stati ben capiti. Osea aveva detto: "Nondimeno, il numero de' figliuoli d'Israele sarà come la rena del mare, che non si può misurare né contare; e avverrà che invece di dir loro, come si diceva: "Voi non siete mio popolo'', sarà loro detto: "Siete figliuoli dell'Iddio vivente". Osea 1:10 (Luzzi). Di nuovo egli disse: "Io lo seminerò per me in questa terra, e avrò compassione di Lo-ruhama; e dirò a Lo-ammi: "Tu sei il mio popolo!", ed egli mi risponderà: "Mio Dio". Osea 2:23 (Luzzi). UVI 109 1 Il Salvatore stesso, durante il suo ministero terreno, predisse la diffusione del Vangelo tra i Gentili. Nella parabola dei cattivi vignaiuoli, ai giudei impenitenti, Egli dichiarò, "Perciò io vi dico che il Regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne faccia i frutti". Matteo 21:43 (Luzzi). E dopo la sua risurrezione, Gesù diede ai suoi discepoli l'incarico di "ammaestrare tutti i popoli" predicando "l'evangelo ad ogni creatura". Matteo 28:19; Marco 16:15 (Luzzi). Nessuno doveva essere tenuto all'oscuro, tutti gli uomini dovevano essere avvertiti. UVI 109 2 Sebbene Paolo e Barnaba si fossero rivolti ai Gentili di Antiochia di Pisidia, essi non cessarono di lavorare in favore dei giudei. Predicarono ovunque ci fosse una qualche possibilità di essere ascoltati. Più tardi, a Tessalonica, a Corinto, a Efeso e in altri importanti centri, Paolo e i suoi compagni di lavoro, predicarono il Vangelo sia ai giudei che ai Gentili. Ma le loro maggiori energie, da ora in poi, furono utilizzate per l'edificazione del regno di Dio nel territorio pagano, tra gente che sapeva poco o niente del vero Dio e del suo Figlio. UVI 109 3 Paolo e i suoi collaboratori si adoperarono senza riserve per il bene di coloro che erano "senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele ed estranei, ai patti della promessa, non avendo speranza, ed essendo senza Dio nel mondo". Per mezzo del loro instancabile ministero, i Gentili, che una volta erano "lontani", seppero che erano "stati avvicinati mediante il sangue di Cristo", e che credendo nel suo sacrificio espiatorio, potevano diventare "concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio". Efesini 2:12, 13, 19 (Luzzi). UVI 109 4 Avanzando in fede, Paolo lavorò incessantemente per l'edificazione del regno di Dio tra la gente che era stata trascurata dai rabbini d'Israele. Egli esaltò costantemente Gesù Cristo come "il Re dei re il Signore dei signori", ed esortò i credenti a vivere uniti a lui". "Come case che hanno in lui le loro fondamenta, tenete ferma la vostra fede, nel modo che vi è stato insegnato". 1 Timoteo 6:15; Colossesi 2:7. UVI 109 5 Per tutti quelli che credono, Cristo è un fondamento sicuro. Su questa pietra vivente, sia giudei che Gentili possono edificare la loro casa. Questa pietra è grande a sufficienza per tutti, forte abbastanza per sostenere il peso del mondo intero. Questo è un fatto che è chiaramente riconosciuto dallo stesso Paolo. Negli ultimi giorni del suo ministero, rivolgendosi a un gruppo di Gentili convertiti che erano rimasti fedeli alla verità del Vangelo, l'apostolo scriveva: "Voi... (siete) stati edificati sul fondamento degli apostoli e de' profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare". Efesini 2:19, 20 (Luzzi). UVI 109 6 Mentre ili Vangelo si diffondeva in Pisidia, i giudei increduli di Antiochia, nel loro cieco pregiudizio "sobillarono le donne religiose dell'alta società e gli uomini più importanti della città. Così scatenarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li cacciarono dal loro territorio". Atti 13:50. UVI 110 1 Gli apostoli non furono scoraggiati da questo trattamento. Ricordarono invece le parole del loro Maestro: "Beati voi, quando v'oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande ne' cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi". Matteo 5:11, 12 (Luzzi). UVI 110 2 Il messaggio del Vangelo era diffuso ovunque, e gli apostoli avevano tutte le ragioni per sentirsi incoraggiati. I loro sforzi erano stati riccamente benedetti ad Antiochia di Pisidia, e i credenti ai quali avevano lasciato il compito di guidare quella comunità mentre erano assenti, "vivevano nella gioia ed erano pieni di Spirito Santo". Atti 13:52. ------------------------Capitolo 18: La predicazione ai pagani UVI 111 1 Paolo e Barnaba, dopo aver lasciato Antiochia di Pisidia, andarono a Iconio. In questo luogo, come in Antiochia, essi iniziarono il loro lavoro nella sinagoga, tra la loro gente. Ed ebbero un buon successo; infatti "una gran moltitudine di Giudei e di Greci credette". Ma in Iconio, come in altri posti dove gli apostoli operarono, "i Giudei, rimasti disubbidienti, misero su e inasprirono gli animi dei Gentili contro i fratelli". Atti 14:1, 2 (Luzzi). UVI 111 2 Gli apostoli, comunque, non si fecero distogliere dalla loro missione, perché molti stavano accettando il Vangelo di Cristo. Essi continuarono nel loro lavoro, affrontando l'opposizione, l'invidia e il pregiudizio. "Predicando con franchezza, fidenti nel Signore, il quale rendeva testimonianza alla parola della sua grazia, concedendo che per le lor mani si facessero segni e prodigi". Atti 14:3 (Luzzi). Il fatto che Dio manifestasse in questo modo la sua approvazione, aveva condotto molte persone ad accettare il Vangelo. In breve tempo il numero dei convertiti si era moltiplicato. UVI 111 3 La crescente popolarità del messaggio predicato dagli apostoli, riempì di invidia e odio i giudei increduli. Così decisero di fermare immediatamente l'opera di Paolo e Barnaba. Con falsi ed esagerati rapporti, spinsero le autorità a temere che l'intera città fosse esposta al pericolo di una sommossa. Essi dichiararono che un gran numero di persone appoggiava gli apostoli, e suggerirono che quest'ultimi stavano tramando dei piani segreti che rappresentavano un serio pericolo per la cittadinanza. UVI 111 4 A motivo di queste false accuse, i discepoli furono portati ripetutamente dinanzi alle autorità; ma la loro difesa era così chiara e convincente, e le dichiarazioni circa i loro insegnamenti così calme ed esaurienti, da testimoniare abbondantemente della loro buona fede. Sebbene i magistrati nutrissero dei pregiudizi nei loro confronti, a causa delle false affermazioni che avevano udito, non osarono condannarli. Essi non poterono fare a meno di riconoscere che gli insegnamenti di Paolo e Barnaba contribuivano a rendere migliore la gente che li praticava. Non potevano negare il fatto che il livello morale e l'ordine della città sarebbero migliorati se si fossero seguite le verità insegnate dagli apostoli. UVI 112 1 L'opposizione che i discepoli incontrarono fece crescere la curiosità per le verità che predicavano. I giudei videro che i loro tentativi di ostacolare l'opera dei nuovi insegnanti riuscivano solo a far aumentare il numero dei convertiti. "Ma la popolazione della città era divisa; gli uni tenevano per i Giudei, e gli altri per gli apostoli". Atti 14:4 (Luzzi). UVI 112 2 I capi dei giudei increduli si infuriarono a tal punto, nel vedere come andavano le cose, che decisero di raggiungere il loro scopo con la violenza. Aizzando le peggiori passioni dell'ignorante plebaglia, riuscirono a creare un tumulto, del quale incolparono gli insegnamenti dei discepoli. Con questa falsa accusa, speravano di guadagnare l'aiuto dei magistrati per attuare il loro piano. Essi decisero di non dare agli apostoli alcuna possibilità di difendersi, e di lapidare Paolo e Barnaba, mettendo fine alla loro opera. UVI 112 3 Alcuni amici degli apostoli, sebbene fossero inconvertiti, li avvertirono dei malvagi piani dei giudei, e li incoraggiarono a non esporre inutilmente se stessi alla furia della plebaglia, ma di fuggire per salvarsi la vita. Paolo e Barnaba furono d'accordo e partirono in segreto da Iconio, lasciando, per un certo tempo, che i credenti continuassero da soli l'opera. Essi decisero che sarebbero ritornati per completare il lavoro che avevano iniziato quando l'agitazione del popolo si sarebbe calmata. UVI 112 4 In ogni età e in ogni luogo, i messaggeri di Dio sono stati chiamati ad affrontare l'accanita opposizione di quelli che scelgono deliberatamente di rigettare la luce celeste. La contraffazione e la falsità degli avversari del Vangelo sembravano trionfare su chi voleva far conoscere la verità alla gente. Ma le porte non possono rimanere sempre chiuse. E spesso, quando i servitori di Dio ritornavano dopo un certo periodo a riprendere il lavoro abbandonato, il Signore operava potentemente per il loro successo, rendendoli capaci di fare grandi cose per lui. UVI 112 5 Costretti dalla persecuzione a lasciare Iconio, gli apostoli si recarono a Listra e Derba, in Licaonia. Queste città erano predominatamente abitate da pagani superstiziosi, ma tra loro c'erano alcuni che avrebbero volentieri accettato il messaggio del Vangelo. Gli apostoli decisero di lavorare in questi posti e nei dintorni, sperando di evitare il pregiudizio giudeo e la persecuzione. UVI 112 6 A Listra, sebbene vivessero alcuni giudei, non c'era una sinagoga. Molti degli abitanti di questa città adoravano al tempio dedicato a Giove. Quando Paolo e Barnaba giunsero nella città, riunirono intorno a loro dei listriani e spiegarono le semplici verità del Vangelo. Molti di costoro cercarono di collegare queste dottrine con le loro credenze superstiziose circa l'adorazione di Giove olimpico. UVI 113 1 Gli apostoli si sforzarono di impartire a questi idolatri la conoscenza di Dio Creatore e del suo Figlio, il Salvatore dell'umanità. Essi iniziarono dirigendo la loro attenzione sulle grandiose opere di Dio: il sole, la luna, le stelle, il meraviglioso ordine del susseguirsi delle stagioni, le imponenti montagne incappucciate dalla neve, gli alti alberi, e molte altre meraviglie della natura, mostrando un'abilità che era al di sopra della comprensione umana. Mediante queste opere dell'Onnipotente, gli apostoli guidarono le menti dei pagani a contemplare il grande Governatore dell'universo. UVI 113 2 Avendo rese chiare queste verità fondamentali riguardanti il Creatore, gli apostoli parlarono ai listriani del Figlio di Dio che era sceso dal cielo in questo nostro mondo, perché amava gli uomini. Raccontarono della sua vita e del suo ministero, parlando del rigetto di coloro che era venuto a salvare, del processo, della crocifissione, della risurrezione e della sua ascensione al cielo, dove stava intercedendo per l'uomo. Così, Paolo e Barnaba, nello Spirito e nella potenza di Dio, predicarono il Vangelo a Listra. UVI 113 3 Una volta, mentre Paolo stava riferendo al popolo l'opera guaritrice di Cristo, vide tra i suoi ascoltatori uno zoppo, fissato da tutti. Quest'uomo aveva ricevuto e creduto nelle parole del Vangelo. Il cuore di Paolo fu mosso a compassione per quest'anima sofferente, vedendo "che aveva fede per essere guarito". Atti 14:9. In presenza di quella gente idolatra, Paolo ordinò allo zoppo di alzarsi in piedi. Fino a quel momento, quest'uomo era solo in grado di stare seduto, ma ora, ubbidendo immediatamente al comando di Paolo, per la prima volta nella sua vita, si alzò in piedi. La sua fede gli ridonò la forza, ed egli che era stato zoppo "saltò su, e si mise a camminare". Atti 14:10 (Luzzi). UVI 113 4 "E le turbe, avendo veduto ciò che Paolo avea fatto, alzarono la voce, dicendo in lingua licaonica: Gli dèi hanno preso forma umana, e sono discesi fino a noi". Atti 14:11 (Luzzi). Questa dichiarazione era in armonia con la loro tradizione, la quale affermava che gli dèi occasionalmente visitavano la terra. Allora chiamarono Barnaba Giove, il padre degli dèi, a causa della sua venerabile apparenza, del suo dignitoso portamento, e della calma e buona espresione del suo volto. Paolo lo credettero Mercurio, "perché era il primo a parlare" (Atti 14:12, Luzzi), perché era zelante e attivo, ed eloquente nei suoi discorsi di avvertimento ed esortazione. UVI 113 5 Gli abitanti di Listra divennero ansiosi di mostrare la loro gratitudine, e convinsero il sacerdote di Giove a onorare gli apostoli, il quale "menò dinanzi alle porte tori e ghirlande, e volea sacrificare con le turbe". Atti 14:13 (Luzzi). Intanto, Paolo e Barnaba cercarono un luogo per ritirarsi a riposare, non essendo a conoscenza di questi preparativi. Ben presto la loro attenzione fu attratta dal suono della musica e dalle voci entusiaste di una grande folla, che si avvicinava alla casa dove essi dimoravano. UVI 114 1 Quando gli apostoli scoprirono la causa di questa visita e dell'entusiasmo che la contrassegnava, "si stracciarono i vestimenti e saltarono in mezzo alla moltitudine" nella speranza di fermare la processione. Paolo richiese l'attenzione della folla con la sua forte voce. Il tumulto cessò improvvisamente, ed egli disse: "Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo uomini della stessa natura che voi: e vi predichiamo che da queste cose vane vi convertiate all'Iddio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; che nelle età passate ha lasciato camminare nelle loro vie tutte le nazioni, benché non si sia lasciato senza testimonianza, facendo del bene, mandandovi dal cielo piogge e stagioni fruttifere, dandovi cibo in abbondanza e letizia nei vostri cuori". Atti 14:15-18 (Luzzi). UVI 114 2 Sebbene gli apostoli avessero negato decisamente di essere degli dèi, quantunque Paolo avesse cercato di spingerli ad adorare il vero Dio, fu quasi impossibile distogliere i pagani dalla loro intenzione di offrire dei sacrifici. Il fatto che fossero così entusiasti e credessero così fermamente nella divinità di questi uomini, non permetteva loro di riconoscere l'errore che stavano commettendo. Le Scritture affermano che gli apostoli "a mala pena trattennero le turbe dal sacrificar loro". Atti 14:18 (Luzzi). UVI 114 3 I listriani testimoniarono della potenza miracolosa che gli apostoli avevano esercitato. Avevano visto uno zoppo fin dalla nascita, riacquistare vigore e salute. La folla rinunciò al suo programma solo dopo che Paolo aveva spiegato il vero motivo della missione: essi erano venuti in quella città per testimoniare del vero Dio e di suo Figlio, il grande Guaritore. UVI 114 4 Gli sforzi di Paolo e Barnaba a Listra furono improvvisamente ostacolati da certi "Giudei da Antiochia e Iconio". Atti 14:19 (Luzzi). Questi uomini avendo saputo del successo degli apostoli tra gli abitanti della Licaonia, decisero di segurli per perseguitarli. Arrivati a Listra, questi giudei riuscirono ben presto a suscitare nella gente la stessa malignità che dominava le loro menti. Le calunnie e le menzogne dei giudei persuasero quelle stesse persone che avevano acclamato Paolo e Barnaba come dèi, che gli apostoli erano dei criminali meritevoli di morte. UVI 114 5 La delusione che i listriani subirono nell'essere impediti del privilegio di offrire sacrifici, preparò i loro cuori a opporsi a Paolo e Barnaba quasi con lo stesso entusiasmo con il quale li avevano acclamati dèi. Incitati dai giudei, essi si organizzarono per attaccare violentemente gli apostoli. I giudei ordinarono che non fosse data a Paolo nessuna possibilità di parlare, asserendo che se gli fosse stato dato questo privilegio, egli avrebbe convinto la gente. UVI 115 1 Questi piani criminosi furono ben presto attuati. Le forze del male si impossessarono delle menti degli abitanti di Listra. Accecati da una follia omicida che era in loro, catturarono Paolo e lo lapidarono senza pietà. L'apostolo pensò che la sua fine fosse giunta. Si ricordò del martirio di Stefano e del crudele ruolo che lui aveva ricoperto in quell'occasione. Coperto di ferite e stordito dal dolore, egli cadde a terra privo di sensi: e i suoi persecutori infuriati "lo trascinaron fuori della città, credendolo morto". Atti 14:19 (Luzzi). UVI 115 2 Durante questo difficile momento, i credenti di Listra, che si erano convertiti per la predicazione di Paolo e Barnaba, rimasero fedeli ai due apostoli. L'opposizione e la crudele persecuzione dei loro avversari servirono solo a confermarli nella fede degli apostoli. Ora, di fronte al pericolo e al disprezzo, essi dimostrarono la loro fedeltà raccogliendosi intorno al corpo di colui che credevano morto. La tristezza opprimeva i loro cuori. UVI 115 3 Quale grande sorpresa quando, tra i lamenti dei fedeli, Paolo sollevò il capo e si alzò in piedi, lodando il Signore. I credenti considerarono il ristabilimento del servitore di Dio, come un miracolo divino. Sembrò loro che con esso Dio approvasse la loro conversione. I loro cuori erano presi da una gioia inesprimibile che li spingeva a lodare il Signore con fede rinnovata. UVI 115 4 Tra coloro che furono convertiti a Listra, e che erano stati testimoni oculari delle sofferenze di Paolo c'era una persona che in seguito sarebbe diventata un'importante operaio di Cristo, e che avrebbe condiviso le prove e le gioie di pioniere in luoghi difficili. Questo individuo era un giovane di nome Timoteo. Quando Paolo fu trascinato fuori dalla città, questo discepolo era nel gruppo di quelli che si erano riuniti intorno al corpo apparentemente senza vita, e che lo videro alzarsi, ferito e sanguinante, ma con la lode sulle labbra perché gli era stato permesso di soffrire per amore di Cristo. UVI 116 5 Il giorno seguente la lapidazione di Paolo, gli apostoli partirono per Derba. In questa città i loro sforzi furono benedetti: molte persone accettarono Cristo come Salvatore. "E avendo evangelizzata quella città e fatti molti discepoli", Paolo e Barnaba non se la sentirono di intraprendere la loro opera altrove senza prima aver rafforzato la fede di quei nuovi convertiti. Ben presto avrebbero dovuto abbandonare quei luoghi. Così, sfidando i pericoli, "se ne tornarono a Listra, a Iconio ed Antiochia, confermando gli animi dei discepoli, esortandoli a perseverare nella fede". Atti 14:21, 22 (Luzzi). Molti avevano accettato la buona notizia del Vangelo, e si erano esposti al disprezzo e all'opposizione. Gli apostoli cercarono di stabilirli saldamente nella fede, in modo che la loro opera potesse perdurare nel tempo. UVI 116 1 Mettendo in pratica l'importante principio che riguarda la crescita spirituale della chiesa, gli apostoli esortavano i nuovi convertiti ad approfittare di quella protezione dall'errore che solo il Vangelo poteva offrire. Vennero organizzate delle chiese in tutti quei paesi della Licaonia e della Pisidia dove c'erano credenti. In ogni chiesa furono ordinati degli ufficiali responsabili e fu stabilito l'ordine relativo all'organizzazione dei servizi e alla cura del benessere spirituale dei fedeli. UVI 116 2 Era in armonia con i piani del Vangelo che tutti i credenti fossero uniti a formare un corpo in Cristo, e fu questo piano che Paolo applicò attentamente durante tutto il suo ministero. In ogni luogo, coloro che avevano accettato Cristo come Salvatore, furono organizzati al momento giusto in una chiesa. Questo fu fatto anche quando i credenti erano pochi di numero. Fu così insegnato ai cristiani di aiutarsi l'un l'altro, ricordando la promessa, "se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo a loro". Matteo 18:20. UVI 116 3 Paolo non dimenticò le chiese che aveva organizzate. La loro cura rimase nella sua mente come una responsabilità di grande importanza. Anche se si trattava di piccoli gruppi, egli era pronto a soddisfare ogni loro esigenza. Egli sorvegliava con grande amore le piccole chiese, consapevole del fatto che necessitavano di una cura speciale. I loro membri dovevano essere stabiliti saldamente nella fede. Dovevano diventare capaci di adoperarsi altruisticamente per le persone che li circondavano. UVI 116 4 Durante la loro impresa missionaria, Paolo e Barnaba cercarono di seguire l'esempio di Cristo, sacrificandosi fedelmente pur di salvare i loro simili. Vigilanti, zelanti, instancabili, essi non seguirono le loro inclinazioni e non cercarono il beneficio di una vita comoda. Con fervente sollecitudine, sfruttarono ogni istante della loro esistenza per diffondere il seme della verità. Gli apostoli, dopo aver gettato il seme, furono attenti nel dare ai nuovi convertiti al Vangelo un'istruzione pratica di inestimabile valore. Il loro ardore e il loro timore di Dio lasciarono nella mente dei seguaci di Cristo un'impressione indelebile circa l'importanza del Vangelo. UVI 116 5 Quando uomini promettenti e abili furono convertiti, come nel caso di Timoteo, Paolo e Barnaba cercarono di far loro comprendere la necessità di lavorare nella vigna del Signore. E quando gli apostoli partirono per altre destinazioni, la fede di questi uomini non vacillò, anzi aumentò. Essi ormai conoscevano bene la via del Signore. Dovevano lavorare altruisticamente e con perseveranza per la salvezza dei loro concittadini. Questa attenta preparazione dei nuovi convertiti fu un importante fattore del notevole successo che Paolo e Barnaba conseguirono nel predicare il Vangelo alle popolazioni pagane. UVI 117 1 Il primo viaggio missionario stava per concludersi. Raccomandando al Signore le chiese recentemente organizzate, gli apostoli andarono in Panfilia, e "dopo aver annunziata la Parola in Perga, discesero ad Attalia; e di là navigarono verso Antiochia". Atti 14:25, 26 (Luzzi). ------------------------Capitolo 19: Giudei e gentili UVI 118 1 Paolo e Barnaba ritornarono ad Antiochia, in Siria, dalla quale erano partiti per il loro primo viaggio missionario. Qui, essi colsero l'opportunità di riunire i credenti e "riferirono tutte le cose che Dio avea fatte per mezzo di loro, e come avea aperto la porta della fede ai gentili". Atti 14:27 (Luzzi). La chiesa di Antiochia era numerosa e cresceva rapidamente. Essa si era dedicata con successo all'attività missionaria. Tale impegno la distingueva fra tutte le altre comunità cristiane. La chiesa di Antiochia era composta sia da membri giudei che da membri Gentili. UVI 118 2 Ad Antiochia, gli apostoli si unirono agli ufficiali e ai membri laici della chiesa per attirare l'interesse delle persone verso Cristo. Nel frattempo alcuni credenti ebrei della setta dei Farisei riuscirono a introdurre una questione che presto provocò una grande controversia nella chiesa e offese la sensibilità dei credenti gentili. I giudei erano assolutamente convinti del fatto che per essere salvati bisognava essere circoncisi e osservare l'intera legge cerimoniale. UVI 118 3 Paolo e Barnaba affrontarono questa falsa dottrina senza indugio. Essi si opposero all'introduzione di questa questione fra i Gentili. D'altra parte, molti dei credenti d'origine ebraica residenti in Antiochia appoggiavano la posizione dei fratelli venuti recentemente dalla Giudea. UVI 118 4 Questi non erano generalmente inclini a conformarsi rapidamente alla direttiva che Dio aveva dato alla chiesa. Gli apostoli si erano resi conto che i Gentili convertiti erano più numerosi dei giudei convertiti. Quest'ultimi temettero che non si fosse troppo insistito sull'obbligatorietà delle norme e delle cerimonie della Legge per i Gentili convertiti, come una prova di appartenenza alla chiesa. Tali princìpi che fino allora avevano posto in rilievo l'elezione e la superiorità del popolo d'Israele su tutti gli altri popoli, sarebbero scomparsi tra coloro che avevano accettato il Vangelo. UVI 118 5 Gli ebrei erano sempre stati orgogliosi dei rituali che Dio aveva loro prescritto. Molti di quelli che si erano convertiti al cristianesimo credevano ancora che se Dio aveva chiaramente stabilito il modo in cui gli ebrei dovevano adorare, era improbabile che autorizzasse un cambiamento dei princìpi che regolavano l'appartenenza al suo popolo. Essi insistettero nel dire che le leggi e le cerimonie ebraiche dovevano essere riprese dal cristianesimo. I giudei non capivano che tutte le offerte sacrificali prefiguravano la morte del Figlio di Dio; se dunque il tipo aveva sostituito l'antitipo, non aveva più senso continuare a celebrare i riti e le cerimonie riguardanti l'alleanza che Dio aveva stabilito con Mosé. UVI 119 1 Paolo, prima della sua conversione, si considerava irreprensibile "quanto alla giustizia che è nella legge". Filippesi 3:6 (Luzzi). Ma dopo il suo cambiamento di vita, egli aveva acquisito una chiara concezione della missione del Salvatore come il Redentore di tutte le genti, dei giudei come dei Gentili, e aveva compreso la differenza esistente tra una fede vissuta e un formalismo privo di entusiasmo. Alla luce del Vangelo, gli antichi riti e le cerimonie prescritti a Israele avevano acquisito un nuovo e più profondo significato. Tutti gli eventi che essi prefiguravano si erano adempiuti. Coloro che vivevano sotto la nuova alleanza del Vangelo, erano stati esentati dalla loro osservanza. L'apostolo Paolo, comunque, continuò a osservare in spirito e in lettera l'immutabile legge dei dieci comandamenti. UVI 119 2 Nella chiesa di Antiochia la questione della circoncisione provocò delle discussioni e diffuse uno spirito di contesa tra i credenti. Questi ultimi, temendo che tale argomento provocasse una scissione nella chiesa, decisero di mandare Paolo e Barnaba, con alcuni responsabili della chiesa, a Gerusalemme, per presentare la questione agli apostoli e agli anziani. A Gerusalemme, essi avrebbero incontrato i delegati di altre chiese e tutti i credenti che si sarebbero recati nella città per celebrare le prossime festività. Era necessario che il concilio generale si pronunciasse su questa questione. Fino a quel momento, qualsiasi controversia doveva cessare. La decisione del concilio sarebbe stata accettata da tutte le chiese: ad esso spettava la soluzione definitiva della controversia. UVI 119 3 Durante il viaggio verso Gerusalemme, gli apostoli visitarono i credenti delle città che attraversarono, e li incoraggiarono raccontando le loro esperienze missionarie e testimoniando della conversione dei Gentili. UVI 119 4 A Gerusalemme, i delegati di Antiochia incontrarono i fratelli delle varie chiese, che si erano riuniti per un convegno generale, e riferirono a quest'ultimi il successo ottenuto nel loro ministero tra i Gentili. Poi, diedero un chiaro resoconto della confusione che certi convertiti farisei avevano creato nella chiesa di Antiochia, sostenendo l'obbligo della circoncisione e l'osservanza della legge di Mosè per tutti i Gentili che si erano convertiti al cristianesimo. UVI 119 5 L'assemblea discusse animatamente questa questione. Era necessario considerare anche tutti i problemi che erano connessi alla questione della circoncisione. Uno di questi problemi riguardava le misure che si dovevano prendere di fronte all'uso delle carni sacrificate agli idoli. Molti dei Gentili convertiti vivevano tra gente ignorante e superstiziosa, che faceva di frequente sacrifici e offerte agli idoli. I sacerdoti di questa religione pagana ricevevano assieme alle offerte una grande quantità di mercanzia. I giudei temevano che i Gentili convertiti avrebbero recato discredito alla cristianità comprando cose che erano state offerte agli idoli e autorizzando in tal modo l'osservanza dei costumi pagani. UVI 120 1 I Gentili erano abituati a mangiare carne di animali strangolati, mentre i giudei erano stati divinamente istruiti ad avere una cura particolare nel fare uscire fuori il sangue degli animali che uccidevano: in caso contrario l'ingestione della carne sarebbe risultata particolarmente malsana. Dio aveva dato queste prescrizioni agli ebrei con lo scopo di preservare la loro salute. L'uso del sangue nella dieta era considerato un peccato dai giudei. Essi sostenevano che il sangue era il principio della vita, da questo punto di vista il suo spargimento era considerato come una conseguenza del peccato. UVI 120 2 Al contrario, i Gentili usavano raccogliere il sangue che sgorgava dalle vittime sacrificali per adoperarlo nella preparazione del cibo. I giudei non credevano di dover cambiare i costumi che avevano adottato sotto la speciale direzione di Dio. Come stavano le cose, se giudei e Gentili avessero tentato di mangiare allo stesso tavolo, i primi sarebbero stati scandalizzati e oltraggiati dai secondi. UVI 120 3 I Gentili e specialmente i greci, erano estremamente licenziosi, e c'era il pericolo che alcuni, non essendo veramente convertiti, facessero professione di fede senza rinunciare alle loro pratiche inique. I pagani non consideravano neppure reato l'immortalità che invece i giudei cristiani non potevano tollerare. Quest'ultimi perciò asserivano che la circoncisione e l'osservanza della legge cerimoniale erano appropriate, e che i Gentili dovevano osservarle come prova della loro sincerità e devozione. Inoltre credevano che questo avrebbe impedito che si unissero alla chiesa persone che, pur professando la nuova fede, non erano veramente convertite. Queste persone avrebbero portato discredito alla causa con la loro immoralità e i loro eccessi. UVI 120 4 I vari punti coinvolti nella principale controversia sembravano presentare al concilio delle difficoltà insormontabili. Ma lo Spirito Santo aveva, in realtà, già risolto questa questione, dalla quale sembravano dipendere la prosperità e addirittura la stessa esistenza della chiesa cristiana. UVI 120 5 "Ed essendone nata una gran discussione, Pietro si levò in piè, e disse loro: Fratelli, voi sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero". Atti 15:7 (Luzzi). Egli spiegò che lo Spirito Santo era disceso in uguale misura sui Gentili incirconcisi e sui giudei circoncisi. Raccontò la sua visione, nella quale Dio gli aveva presentato un lenzuolo pieno di ogni tipo di quadrupedi e gli aveva ordinato di ucciderli e mangiarli. Quando egli si era rifiutato di ubbidire al suo ordine, affermando che non aveva mai mangiato ciò che era impuro, la risposta era stata: "Le cose che Dio ha purificate, non le far tu immonde". Atti 10:15 (Luzzi). UVI 121 1 Pietro diede l'interpretazione di queste parole, interpretazione che aveva ricevuto subito dopo, quando gli fu comandato di andare dal centurione e di istruirlo nella fede di Cristo. Questo messaggio mostrava che Dio è imparziale e accetta e riconosce tutti quelli che lo temono. Pietro raccontò del suo stupore quando, mentre riferiva la verità a coloro che si erano riuniti nella casa di Cornelio, aveva testimoniato la discesa dello Spirito Santo sui Gentili e sui giudei che lo ascoltavano. La stessa luce e la stessa gloria che avevano circondato i giudei circoncisi, risplendevano anche sui volti dei Gentili incirconcisi. Con questo Dio aveva avvertito Pietro di non considerare una persona inferiore all'altra, perché il sangue di Cristo poteva cancellare qualsiasi impurità. UVI 121 2 Pietro aveva già discusso precedentemente con i suoi fratelli della conversione di Cornelio e dei suoi amici, e della loro adesione al cristianesimo. In quell'occasione aveva riferito come lo Spirito Santo era disceso sui Gentili, dichiarando: "Se dunque Iddio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signor Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?" Atti 11:17 (Luzzi). Con lo stesso ardore e la stessa forza di allora, egli disse: "Dio, conoscitore dei cuori, rese loro testimonianza, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna differenza fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede. Perché dunque tentate adesso Dio mettendo sul collo de' discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiam potuto portare?" Atti 15:8-10 (Luzzi). Questo obbligo non si riferiva ai dieci comandamenti e nemmeno riguardava coloro che ne avevano contestato la validità. Pietro qui si riferiva all'obbligo di osservare la legge cerimoniale. Questa legge era stata annullata dalla crocifissione di Cristo. UVI 121 3 Il discorso di Pietro preparò l'assemblea ad ascoltare con pazienza Paolo e Barnaba, i quali riferirono l'esperienza del loro lavoro tra i Gentili. "E tutta la moltitudine si tacque; e stavano ad ascoltare Barnaba e Paolo, che narravano quali segni e prodigi Iddio aveva fatto per mezzo di loro fra i Gentili". Atti 15:12 (Luzzi). UVI 122 1 Anche Giacomo diede la sua testimonianza con parole decise, dichiarando che Dio desiderava riversare sui Gentili gli stessi privilegi e le stesse benedizioni che aveva elargito ai giudei. UVI 122 2 Lo Spirito Santo vide che non era bene imporre la legge cerimoniale ai Gentili convertiti, e la mente degli apostoli circa questa questione era in armonia con la mente dello Spirito di Dio. Giacomo presiedette il concilio, e così egli espresse la decisione finale: "Per questo io penso che non si devono creare difficoltà per i pagani che si convertono a Dio". Atti 15:19. UVI 122 3 Questa dichiarazione mise fine alla discussione. L'evidenza dei fatti dimostra l'errore di quella dottrina della chiesa cattolica che sostiene il primato di Pietro. I Papi che si sono proclamati suoi successori non hanno potuto esibire alcun testo biblico che avvalorasse tale loro pretesa. Non c'è alcun particolare elemento dell'esistenza di Pietro che possa far pensare alla sua preminenza tra i fratelli, per un diritto che Dio stesso gli avrebbe concesso. Se coloro che si sono dichiarati successori di Pietro avessero seguito il suo esempio, sarebbero stati contenti di rimanere sullo stesso livello dei loro fratelli. UVI 122 4 Non a caso si era affidato a Giacomo il compito di comunicare la decisione presa dal concilio. Fu lui a dichiarare ufficialmente che la legge cerimoniale -- in particolar modo la circoncisione -- non doveva essere imposta o anche raccomandata ai Gentili. Giacomo cercò di imprimere nella mente dei fratelli il fatto che i Gentili, convertendosi a Dio, avevano già attuato un grande cambiamento nella loro vita, e che perciò bisognava essere molto cauti nel non aggravarli con questioni marginali che avrebbero finito per scoraggiarli e allontanarli dal Cristo. UVI 122 5 Comunque, i Gentili convertiti dovevano rinunciare a quei costumi che non erano in armonia con i princìpi cristiani. Perciò gli apostoli e gli anziani decisero di istruirli, con una lettera, affinché si astenessero dalle carni sacrificate agli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati e dal sangue. Essi furono esortati a osservare i comandamenti e a condurre una vita santa. Furono anche assicurati del fatto che gli apostoli non avevano autorizzato nessuno a dichiarare l'obbligatorietà della circoncisione. UVI 122 6 Paolo e Barnaba furono raccomandati a loro come uomini che avevano rischiato la vita per il Signore. Con gli apostoli furono inviati anche Giuda e Sila, perché riferissero direttamente ai Gentili la decisione del concilio: "Poiché è parso bene allo Spirito Santo ed a noi di non imporvi altro peso all'infuori di queste cose, che sono necessarie; cioè: che v'asteniate dalle cose sacrificate agl'idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, dalla fornicazione; dalle quali cose ben farete a guardarvi. State sani". Atti 15:28, 29 (Luzzi). I quattro servitori di Dio furono mandati ad Antiochia con l'epistola e il messaggio che avrebbero messo fine a tutta la controversia; poiché essa era la voce della più elevata autorità su questa terra. UVI 123 1 Il concilio che risolse questo caso era composto dagli apostoli, che avevano dato un grande contributo per la formazione delle chiese cristiane giudee e gentili, e da delegati scelti dalle varie comunità. Erano presenti gli anziani della chiesa di Gerusalemme, i rappresentanti di Antiochia e gli altri delegati delle chiese più influenti. Il concilio espresse un giudizio illuminato che competeva alla dignità di una chiesa stabilita da Dio. Dopo aver ponderato la questione, essi si resero conto che Dio stesso l'aveva già risolta riversando sui Gentili lo Spirito Santo e capirono che era loro dovere seguire la guida dello Spirito. UVI 123 2 Non tutti i cristiani presenti al concilio votarono. Gli apostoli e gli anziani, uomini di indubbio prestigio, composero ed emanarono il decreto, che fu poi generalmente accettato da tutte le chiese cristiane. Non tutti, comunque, furono d'accordo con la decisione presa, ci fu un certo numero di fratelli orgogliosi e ambiziosi che la disapprovarono. Questi dissidenti decisero di agire di proprio conto. Cominciarono a mormorare, a trovare colpe e proposero nuovi piani con lo scopo di screditare l'opera degli uomini a cui Dio aveva affidato il compito d'insegnare il Vangelo. La chiesa fin dalle sue origini dovette affrontare questi problemi; non ci si deve meravigliare se anche nel futuro si dovranno affrontare gli stessi problemi. UVI 123 3 Gerusalemme, oltre a essere la capitale dei giudei, era conosciuta per un esclusivismo e un fanatismo religioso che non aveva pari nel mondo antico. I cristiani d'origine ebrea, che vivevano nei pressi del tempio, erano naturalmente inclini a credere di avere dei privilegi speciali, a motivo della loro appartenenza alla nazione ebraica. Quando essi videro che la chiesa cristiana si separava dalle cerimonie e dalle tradizioni del giudaesimo, capirono che la peculiare sacralità delle loro usanze sarebbe stata seriamente minacciata dalla diffusione della nuova fede. Molti si indignarono con l'apostolo Paolo, perché lui era uno dei maggiori responsabili di questo cambiamento. Anche tra i discepoli c'erano alcuni che non erano preparati ad accettare spontaneamente la decisione del concilio. Alcuni tra gli zelanti difensori della legge cerimoniale disapprovarono la testimonianza di Paolo, perché pensavano che i princìpi riguardanti l'obbligatorietà della legge giudaica non erano stati sufficientemente ribaditi dal concilio. UVI 123 4 Le grandi e durevoli decisioni del concilio generale rassicurarono i Gentili convertiti. Esse contribuirono al progresso dell'opera di Dio. La chiesa di Antiochia fu favorita dalla presenza di Giuda e di Sila, gli speciali messaggeri che erano ritornati con gli apostoli dal convegno in Gerusalemme. "Anch'essi, essendo profeti, con molte parole li esortarono e li confermarono". Atti 15:32 (Luzzi). Questi devoti cristiani dimorarono in Antiochia solo per un periodo di tempo. "Ma Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia insegnando ed evangelizzando con molti altri ancora, la Parola del Signore". Atti 15:35 (Luzzi). UVI 124 1 In seguito, Pietro visitò Antiochia, e conquistò la fiducia di molti con la sua prudente condotta verso i Gentili convertiti. Per un certo tempo, egli agì in armonia con la volontà di Dio. Durante questo periodo superò il suo naturale pregiudizio circa il mangiare alla stessa tavola con i Gentili convertiti. Ma quando arrivarono da Gerusalemme alcuni giudei zelanti per la legge cerimoniale, Pietro avventatamente cambiò il suo atteggiamento verso coloro che dal paganesimo si erano convertiti al cristianesimo. Un numero di giudei "si misero a simulare anch'essi con lui; talché perfino Barnaba fu trascinato dalla loro simulazione". Galati 2:13 (Luzzi). Questa manifestazione di debolezza da parte di coloro che erano rispettati e amati come dirigenti, lasciò una dolorosissima impressione sulla mente dei Gentili che credevano in Cristo. La chiesa fu minacciata dalla divisione. Ma Paolo, avendo compreso il sovversivo influsso esercitato sulla chiesa dal doppio gioco di Pietro, lo rimproverò apertamente per aver mascherato i suoi veri sentimenti. In presenza della chiesa, Paolo chiese a Pietro: "Se tu, che sei Giudeo, vivi alla Gentile e non alla giudaica, come mai costringi i Gentili a giudaizzare?" Galati 2:14 (Luzzi). UVI 124 2 Pietro capì l'errore nel quale era caduto, e si adoperò immediatamente a riparare, per quanto fosse nelle sue possibilità, il male che era stato fatto. Dio che conosce la fine sin dal principio, permise che Pietro rivelasse questa sua debolezza di carattere, perché comprendesse che egli non aveva niente in se stesso di cui vantarsi. Anche gli uomini migliori, se sono lasciati in balìa di se stessi, commetteranno errori di giudizio. Dio previde che con il passar del tempo, altri sarebbero stati delusi di aver acclamato e imposto a Pietro e ai suoi successori quelle prerogative che appartengono solo a Dio. Questo racconto della debolezza di Pietro prova la sua fallibilità, e ribadisce il concetto che egli non era in nessun modo superiore agli altri apostoli. UVI 124 3 La storia di questo allontanamento dai giusti princìpi dà un avvertimento agli uomini che hanno una posizione di fiducia nella chiesa di Dio, affinché non manchino di integrità ma si attengano fermamente ai princìpi. Tali persone devono essere consapevoli del fatto che le responsabilità ricevute li espongono al rischio del fallimento del loro ministero, se non si conformano alla volontà del Signore e non cercano di lavorare in armonia con le decisioni prese dal concilio generale dei credenti. UVI 125 1 Dopo tutti gli errori di Pietro, il suo tradimento e la sua riabilitazione, il suo lungo servizio, la sua intima conoscenza di Cristo e della sua pratica dei giusti princìpi; dopo tutte le istruzioni che aveva ricevuto, tutti i doni, la conoscenza e l'ingerenza che aveva acquisito predicando e insegnando la Parola di Dio, non è strano che egli abbia potuto trascurare i princìpi del Vangelo per timore dell'uomo e per guadagnare la sua stima? Non è strano che abbia potuto sbagliare nonostante il suo grande amore per la giustizia? Possa Dio far comprendere a ogni uomo la propria impotenza e inabilità di fronte alle difficoltà, ai dubbi e alle scelte che deve affrontare. UVI 125 2 Paolo, nel suo ministero, si trovò spesso a dover prendere delle decisioni da solo. Egli era stato istruito da Dio in maniera speciale, e non scese mai a compromessi con i princìpi del Vangelo. Talvolta la sua responsabilità era pesante, nonostante ciò egli resistette rimanendo fedele all'ideale di giustizia che aveva abbracciato. Egli si rese conto che la chiesa non doveva essere sottoposta all'autorità umana. Le tradizioni e i costumi degli uomini non devono mai prendere il posto della verità rivelata. L'avanzamento del Vangelo non deve essere ostacolato dai pregiudizi e dalle preferenze degli uomini, anche se questi occupano una posizione di rilievo in seno alla chiesa. UVI 125 3 Paolo dedicò se stesso e tutte le sue forze per servire Dio. Egli aveva ricevuto le verità del Vangelo direttamente da Dio, e durante tutto il suo ministero si mantenne in contatto con gli agenti celesti. Egli era stato istruito da Dio a non imporre inutili obblighi ai Gentili cristiani. Così, quando i credenti che vivevano come ebrei, introdussero la questione della circoncisione nella chiesa di Antiochia, Paolo, conoscendo la mente dello Spirito di Dio circa questo insegnamento, prese una ferma e incrollabile posizione che liberò le chiese dalle cerimonie e dai riti giudaici. UVI 125 4 Sebbene l'apostolo Paolo fosse personalmente istruito da Dio, egli non impose agli altri idee proprie. Mentre guardava a Dio per ricevere guida, egli riconosceva l'autorità conferita al corpo dei credenti: la chiesa. Paolo sentì il bisogno di consigliarsi con gli altri credenti; e quando sorsero questioni rilevanti, egli fu lieto di presentarle alla chiesa, e di unirsi ai fratelli per chiedere a Dio la saggezza necessaria. Egli dichiarò: "Chi profetizza deve controllare il suo dono. Dio infatti non vuole il disordine ma la pace. Come in tutte le comunità di credenti". 1 Corinzi 14:32, 33. Insieme a Pietro, egli esortò i credenti a sottometteri gli uni agli altri, dicendo: "Rivestitevi d'umiltà gli uni verso gli altri". 1 Pietro 5:5 (Luzzi). ------------------------Capitolo 20: Esaltando la croce UVI 126 1 Dopo aver trascorso un certo tempo servendo in Antiochia, Paolo propose ai suoi compagni di lavoro di intraprendere un altro viaggio missionario. Paolo disse a Barnaba: "Torniamo ora a visitare i fratelli in ogni città dove abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno". Atti 15:36 (Luzzi). UVI 126 2 Entrambi avevano teneri riguardi per le persone che avevano accettato di recente il messaggio del Vangelo durante il loro ministero, e desideravano rivederli ancora una volta. Paolo non perse mai questa sollecitudine. Anche quando si trovò nei luoghi di missione più lontani egli continuò a sentire nel cuore la responsabilità di esortare i convertiti a rimanere fedeli, "compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio". 2 Corinzi 7:1 (Luzzi). Costantemente li aiutò a diventare dei cristiani fiduciosi e maturi, forti nella fede, dotati di santo zelo, interamente consacrati a Dio e all'opera per l'avanzamento del suo regno. UVI 126 3 Barnaba era pronto ad andare con Paolo, ma desiderava prendere con loro Marco, il quale aveva deciso di nuovo di dedicarsi al ministero. A questo Paolo obiettò. Egli "giudicava che non dovessero prendere a compagno colui che si era separato da loro... e che non era andato con loro all'opera". Atti 15:38 (Luzzi). Paolo non era propenso a scusare la debolezza di Marco nell'avere disertato l'opera per amore della sicurezza e delle comodità domestiche. Egli sosteneva che la sua poca capacità di resistenza lo rendesse inadatto per un lavoro che richiedeva pazienza, abnegazione, coraggio, devozione, fede, e la volontà di sacrificare, se fosse stato necessario, anche la propria vita. L'asprezza della loro disputa costrinse Paolo e Barnaba a separarsi. Barnaba seguì le sue convinzioni, prese con sé Marco, e "navigò verso Cipro; ma Paolo, sceltosi Sila, partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore". Atti 15:39, 40 (Luzzi). UVI 126 4 Paolo e Sila, viaggiando attraverso la Siria e la Cilicia. rafforzarono le chiese che incontravano e alla fine raggiunsero Derba e Listra nella provincia della Licaonia. A Listra Paolo era stato lapidato, tuttavia egli tornò in quella città. Era ansioso di sapere come coloro che avevano accettato il Vangelo, resistevano alle prove. Paolo non fu deluso, perché scoprì che i credenti di Listra erano rimasti saldi nella fede nonostante la violenta opposizione dei concittadini. UVI 127 1 Paolo incontrò nuovamente Timoteo. Quest'ultimo aveva testimoniato le sofferenze che erano state inflitte all'apostolo al termine della sua prima visita a Listra. Quell'esperienza aveva lasciato sulla sua mente un'impressione che col passare del tempo era divenuta sempre più profonda. Egli si era convinto che era necessario dedicare tutto se stesso al ministero. Il suo cuore era legato a Paolo e desiderava condividere gli sforzi dell'apostolo, assistendolo ovunque egli andasse. UVI 127 2 Sila, il compagno di lavoro di Paolo, era un operaio capace, che aveva il dono di profezia; in effetti l'opera da svolgere era così grande che fu chiara la necessità di preparare altri uomini per il servizio. Paolo vide che Timoteo riconosceva la santità del ministero. Egli non era spaventato di dover affrontare sofferenza e persecuzione, era disponibile a ricevere l'istruzione necessaria. Tuttavia l'apostolo non si accollò la responsabilità di dare, a un giovane senza esperienza, una preparazione all'attività evangelistica, senza prima essere pienamente soddisfatto del suo carattere e della sua vita passata. UVI 127 3 Il padre di Timoteo era greco e la madre ebrea. Questo promettente giovane aveva conosciuto le Scritture fin dalla più tenera età. Le buone abitudini della sua famiglia avevano influenzato positivamente la formazione del suo carattere. La fede della madre e della nonna negli scritti sacri lo aveva spinto a considerare le benedizioni che Dio riversa su coloro che fanno la sua volontà. La Parola di Dio era stata la regola con la quale queste due donne avevano educato Timoteo. L'influsso spirituale delle lezioni imparate lo preservarono dal male che lo circondava. Il suo linguaggio era puro. I suoi istruttori familiari avevano cooperato con Dio nel preparare questo giovane ad affrontare le sue responsabilità. UVI 127 4 Paolo vide che Timoteo era fedele, equilibrato e sincero, perciò lo scelse come compagno di lavoro e di viaggio. Coloro che avevano educato Timoteo nella sua infanzia furono ricompensati nel vedere che le loro cure avevano sortito un buon effetto: egli aveva guadagnato la fiducia del grande apostolo. Timoteo era soltanto un ragazzo quando fu scelto da Dio per essere un insegnante, ma i buoni princìpi assunti durante l'infanzia l'avevano reso capace di assistere Paolo. E sebbene fosse giovane, egli svolse con umiltà cristiana il compito che gli era stato affidato. UVI 127 5 Come misura di precauzione, Paolo consigliò a Timoteo di farsi circoncidere. Fece questo non perché Dio lo avesse richiesto, ma per poter rimuovere dalle menti dei giudei qualsiasi possibile obiezione al ministero di Timoteo. Nel suo lavoro, Paolo doveva viaggiare di città in città, in molte terre, e spesso avrebbe avuto l'opportunità di predicare Cristo nelle sinagoghe giudaiche, come pure in altri luoghi d'incontro. Se si fosse saputo che il suo compagno di lavoro era incirconciso, la sua opera avrebbe potuto essere grandemente ostacolata dal pregiudizio e dal fanatismo religioso degli ebrei. Ovunque l'apostolo incontrò opposizione e subì una dura persecuzione. Egli desiderava portare ai suoi fratelli ebrei, come ai Gentili, la conoscenza del Vangelo; e perciò egli tentò, per quanto fosse in armonia con la fede, di rimuovere ogni pretesto di opposizione. Sebbene egli avesse tollerato il pregiudizio ebreo circa questo rito, credeva e insegnava che la circoncisione e l'incirconcisione non avevano più alcun valore. La cosa più importante era accettare il Vangelo di Cristo. UVI 128 1 Paolo amò Timoteo, il suo "vero figliuolo nella fede". 1 Timoteo 1:2 (Luzzi). Il grande apostolo stimolò spesso il giovane discepolo, interrogandolo circa la storia biblica; e mentre viaggiavano di luogo in luogo, gli insegnò accuratamente quegli accorgimenti che avrebbero contribuito al loro successo. Entrambi, Paolo e Sila, durante il periodo che trascorsero con Timoteo, cercarono di radicare nella sua mente, la santità e la serietà del ministero che era stato loro affidato. UVI 128 2 Nel suo lavoro, Timoteo cercò costantemente il consiglio e l'istruzione di Paolo. Egli non agì d'impulso, ma fu ponderato e riflessivo, avendo cura di mantenersi nella via del Signore. Lo Spirito Santo trovò in lui un uomo che poteva essere modellato per divenire un utile ricettacolo della potenza divina. UVI 128 3 Quando le lezioni della Bibbia vengono messe in pratica nella vita di ogni giorno, esse lasciano una traccia profonda e durevole sul carattere. Timoteo imparò queste lezioni e le praticò. Egli non era dotato di talenti particolarmente brillanti, nonostante ciò il suo lavoro era prezioso perché dipendeva dalla capacità che Dio stesso gli aveva accordato durante il suo servizio per il Maestro. La sua spiritualità vissuta lo distingueva tra i credenti e dava autorità al suo insegnamento. UVI 128 4 Tutti quelli che lavorano in favore della salvezza degli uomini, devono acquisire una sempre più estesa conoscenza di Dio, superiore a quella che si ottiene per mezzo di sforzi ordinari. Essi devono dedicare tutte le loro energie all'opera del Maestro. Questi ministri sono impegnati in un'opera santa ed elevata. Essi devono aggrapparsi a Dio con tutte le loro forze e ricevere da lui grazia e potenza, se vogliono conquistare l'interesse della gente. "Dio infatti ha manifestato per tutti gli uomini la sua grazia che salva. Questa grazia ci insegna a respingere ogni malvagità e i nostri cattivi desideri, per vivere invece in questo mondo una vita piena di saggezza, di giustizia e di amore verso Dio. Intanto aspettiamo che si manifesti la gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo. Egli è la nostra gioia e la nostra speranza. Egli ha dato se stesso per noi, per liberarci da ogni malvagità e avere un suo popolo puro e impegnato in buone opere". Tito 2:11-14. UVI 129 1 Prima di avanzare verso un nuovo territorio, Paolo e i suoi compagni visitarono le chiese che erano state istituite in Pisidia e nei dintorni. "E passando essi per la città, trasmisero loro, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme. Le chiese dunque erano confermate nella fede, e crescevano in numero di giorno in giorno". Atti 16:4, 5 (Luzzi). UVI 129 2 L'apostolo Paolo sentiva una profonda responsabilità per coloro che si erano convertiti durante il suo ministero. Egli desiderava soprattutto che essi fossero fedeli, "onde nel giorno di Cristo -- egli disse -- io abbia da gloriarmi di non aver corso invano, né invano faticato". Filippesi 2:16 (Luzzi). Paolo tremava nel vedere i risultati della sua opera. E sentiva che la sua stessa salvezza poteva essere messa in pericolo se egli non avesse fatto il suo dovere e se la chiesa avesse mancato di cooperare con lui per la salvezza degli uomini. Sapeva che la predicazione soltanto non era sufficiente per educare i credenti a essere fedeli alla Parola della vita. Sapeva che si doveva istruirli con gradualità perché fossero in grado di contribuire all'avanzamento dell'opera di Cristo. UVI 129 3 L'esperienza ci insegna che chiunque rifiuti di utilizzare con profitto le capacità dategli da Cristo, si espone al pericolo di perderle. La verità che non è vissuta e che non è comunicata agli altri, perde la sua forza vitale, la sua virtù terapeutica. Paolo temeva che il suo ministero fallisse e che la sua stessa salvezza fosse messa in pericolo da qualche errore. Il rischio era che questo errore finisse per modellare la chiesa secondo l'uomo e non secondo Dio. La sua conoscenza, la sua eloquenza, i suoi miracoli, la sua visione delle scene eterne quando fu portato in visione al terzo cielo, tutto sarebbe stato inutile, se fosse stato infedele al suo mandato, tanto da impedire l'azione della grazia di Dio in coloro per i quali si adoperava. Così, per voce e per lettera, egli esortò tutti quelli che avevano accettato Cristo, a percorrere il sentiero che li avrebbe condotti a essere "irreprensibili e schietti, figliuoli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa... come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola della vita". Filippesi 2:15, 16 (Luzzi). UVI 129 4 Ogni vero ministro sente la pesante responsabilità di contribuire alla crescita spirituale dei credenti che sono stati affidati alle sue cure. Egli desidera che essi diventino collaboratori di Dio. Comprende che il benessere della chiesa dipende in larga misura dal fedele adempimento del suo lavoro. Con ardore instancabile, cerca di stimolare i credenti a desiderare di conquistare nuove anime a Cristo, ricordando che ogni aggiunto alla chiesa dovrebbe contribuire personalmente alla piena realizzazione del piano della salvezza. UVI 130 1 Dopo aver visitato le chiese di Pisidia e delle regioni circostanti, Paolo e Sila, insieme a Timoteo, "attraversarono la Frigia e il paese della Galazia", dove proclamarono, con possente forza, la buona notizia della salvezza. Atti 16:6 (Luzzi). I galati si erano abbandonati all'idolatria. La predicazione degli apostoli ebbe un grande successo. Essi erano felici di accettare un messaggio che prometteva loro la libertà dal peccato. Paolo e i suoi collaboratori proclamarono la dottrina della giustificazione per fede nel sacrificio espiatorio di Cristo. Presentarono il Salvatore come Colui che, vedendo la disperata condizione dei peccatori, venne a redimere l'umanità, vivendo una vita di totale ubbidienza alla legge di Dio e sottoponendosi alla pena prevista per chi la trasgredisce. Molti di quelli che non avevano ancora conosciuto il vero Dio, cominciarono a comprendere la grandezza dell'amore del Padre celeste, guardando la croce. UVI 130 2 Così i galati furono istruiti nelle fondamentali verità riguardanti "Dio Padre" e il "Signor nostro Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati affin di strapparci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro Dio e Padre". Galati 1:3, 4 (Luzzi). Per mezzo della "predicazione della fede" i galati ricevettero lo Spirito di Dio e divennero "figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù". Galati 3:2, 26 (Luzzi). UVI 130 3 L'esempio di Paolo mentre viveva con i galati fu tale che egli, in seguito, poté dire: "Siate come son io, fratelli, ve ne prego". Galati 4:12 (Luzzi). Le sue labbra erano state toccate con il tizzone ardente dell'altare. Egli fu reso capace di innalzarsi al di sopra delle infermità corporali, e di presentare Gesù come l'unica speranza del peccatore. Quelli che l'udirono riconobbero che era stato con Gesù. Egli riuscì, con l'aiuto di Dio, a dare una buona testimonianza delle cose che riguardavano il regno di Dio e a superare gli ostacoli che Satana metteva sul suo cammino. La presentazione dell'amore di Dio, rivelato nel sacrificio del suo unico Figlio, toccò i cuori, e molti furono indotti a chiedere: "Cosa devo fare per essere salvato?" UVI 130 4 Questo metodo di predicare il Vangelo caratterizzò l'opera dell'apostolo durante il suo ministero tra i Gentili. Egli pose sempre in rilievo la grandezza del sacrificio di Cristo sulla croce. Negli ultimi anni del suo ministero, Paolo dichiarò: "Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù qual Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servitori per amor di Gesù; perché l'Iddio che disse: Splenda la luce tra le tenebre, è quel che risplendé ne' nostri cuori affinché facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo". 2 Corinzi 4:5, 6 (Luzzi). UVI 131 1 Nella chiesa primitiva, i messaggeri consacrati portavano al mondo caduto la buona notizia della salvezza. Lo facevano, evitando qualsiasi idea che nascesse da un sentimento di autoesaltazione. Essi non permettevano che idee di questo tipo contaminassero la presentazione del Cristo crocifisso. Essi non desideravano acquisire preminenza o autorità nella chiesa. Avevano messo la loro vita e i loro progetti nelle mani del Salvatore. In tal modo intendevano onorare il grande piano della salvezza e l'opera che Cristo aveva compiuto durante la sua esistenza terrena. Cristo, lo stesso ieri, oggi e sempre, era il tema centrale del loro insegnamento. UVI 131 2 Coloro che oggi insegnano la Parola di Dio, avrebbero molto più successo se esaltassero maggiormente il valore della croce. I peccatori comprenderebbero la profondità della compassione divina e si renderebbero conto della spregievolezza del peccato, se si riuscisse a dirigere la loro attenzione sul Redentore crocifisso. UVI 131 3 La morte di Cristo è la prova del grande amore di Dio per l'uomo. Essa è la nostra garanzia di salvezza. Rimuovere la croce dal cristiano è come rimuovere il sole dal cielo. La croce ci avvicina a Dio e ci riconcilia con il suo Spirito. Con la stessa tenerezza di un padre per i figli, Jahvé guarda alle sofferenze che suo Figlio ha patito per poter salvare l'umanità dalla morte eterna, e ci accetta per i suoi meriti. UVI 131 4 Senza la croce, l'uomo non potrebbe avere comunione col Padre. Da essa dipende ogni nostra speranza. Sul suo legno si riflette la luce dell'amore di Cristo; e il peccatore non può che gioire quando va ai piedi della croce, sapendo che i suoi peccati sono stati perdonati. Inginocchiato ai piedi della croce, egli ha raggiunto la più elevata posizione che l'uomo possa ottenere. La sua fede l'ha salvato. UVI 131 5 Mediante la croce noi impariamo che il Padre celeste ci ama infinitamente. Possiamo forse stupirci dell'esclamazione di Paolo: "Non sia mai ch'io mi glorî d'altro che della croce del Signor nostro Gesù Cristo!" Galati 6:14 (Luzzi). È anche nostro privilegio gloriarci nella croce, è nostro privilegio dare tutto noi stessi a Colui che diede se stesso per noi. Con i volti illuminati dalla luce del Calvario, noi potremo avanzare rivelando questa luce a quelli che sono nell'oscurità. ------------------------Capitolo 21: Nelle regioni più lontane UVI 132 1 Il tempo era giunto perché la proclamazione del Vangelo si estendesse oltre i confini dell'Asia minore. Si erano create condizioni favorevoli all'azione di Paolo e dei suoi compagni in Europa. Paolo era arrivato a Troas, sulle rive del Mediterraneo; in quella città "ebbe di notte una visione. Egli vide un uomo macedone che lo supplicava dicendo: "Passa in Macedonia e soccorrici!" Atti 16:9 (Luzzi). UVI 132 2 La chiamata fu imperativa e non ammetteva ritardi. "E com'egli ebbe avuta quella visione -- afferma Luca, il quale accompagnò Paolo, Sila e Timoteo nel loro viaggio attraverso l'Europa -- cercammo subito di partire per la Macedonia, tenendo per certo che Dio ci avea chiamati là, ad annunziar loro l'Evangelo. Perciò, salpando da Troas tirammo diritto verso Samotracia, e il giorno seguente verso Neapoli; e di là ci recammo a Filippi, che è città primaria di quella parte della Macedonia, ed è colonia romana". Atti 16:10-12 (Luzzi). UVI 132 3 "E nel giorno di sabato -- continua Luca -- andammo fuori della porta, presso il fiume, dove supponevamo fosse un luogo d'orazione; e postici a sedere, parlavamo alle donne ch'erano quivi radunate. E una certa donna, di nome Lidia, negoziante di porpora, della città di Tiatiri, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare; e il Signore le aprì il cuore". Atti 16:13, 14 (Luzzi). Lidia fu felice di ricevere la verità. Lei e la sua famiglia furono convertiti e battezzati, ed ella supplicò gli apostoli di dimorare liberamente in casa sua. UVI 132 4 Mentre i messaggeri della croce erano impegnati nel lavoro di insegnamento, una donna posseduta da uno spirito indovino, li seguiva, gridando: "Questi uomini son servitori dell'Iddio altissimo, e vi annunziano la via della salvezza. Così fece per molti giorni". Atti 16:17 (Luzzi). UVI 132 5 Questa donna operava realizzando i piani di Satana. La sua arte divinatoria aveva arricchito i suoi padroni e spinto molte persone sulla via dell'idolatria. Satana seppe che il suo regno stava per essere invaso; ricorse allora a questa donna per opporsi all'opera di Dio, nella speranza di poter mescolare i suoi sofismi con le verità insegnate da coloro che proclamavano il messaggio del Vangelo. La dichiarazione di questa donna danneggiava la causa della verità, perché distraeva le menti del popolo dagli insegnamenti degli apostoli e portava discredito al Vangelo. Le sue parole avevano indotto molte persone a credere che l'insegnamento degli apostoli era ispirato dallo stesso spirito diabolico che la controllava. La gente si era convinta che quelle parole erano dovute alla potenza e allo Spirito di Dio. UVI 133 1 Gli apostoli sopportarono quest'opposizione per un certo tempo, poi, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, comandarono allo spirito malvagio di lasciare la donna. Ella tacque immeditamente. Tale fatto dimostrò che gli apostoli erano veramente i servitori di Dio: il demone li aveva riconosciuti come tali e aveva ubbidito al loro ordine. UVI 133 2 La liberazione da quello spirito malvagio aveva ridato alla donna il pieno controllo delle sue facoltà. Ella aveva scelto di diventare una seguace di Cristo. I suoi padroni si allarmarono perché la sua conversione minacciava i loro affari. Essi videro svanire la speranza di ricavare del denaro dalla sua arte, e si resero conto che se fosse stato permesso agli apostoli di evangelizzare, la loro fonte di guadagno si sarebbe estinta. UVI 133 3 Molti altri cittadini erano interessati a guadagnare denaro per mezzo di illusioni sataniche, e anche questi temendo l'influsso di una potenza che avrebbe potuto bloccare la loro attività, minacciarono i servi di Dio. Essi condussero gli apostoli dinanzi ai magistrati, dicendo: "Questi uomini, che son Giudei, perturbano la nostra città, e predicano dei riti che non è lecito a noi che siam Romani né di ricevere, né di osservare". Atti 16:20, 21 (Luzzi). UVI 133 4 La moltitudine, eccitata da quele parole, si rivoltò contro i discepoli. Lo spirito rissoso della plebaglia prevalse e le autorità, dopo aver strappato i vestiti agli apostoli, ordinarono che fossero frustati. "E dopo aver loro date molte battiture, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di custodirli sicuramente. Il quale, ricevuto un tal ordine, li cacciò nella prigione più interna, serrò loro i piedi nei ceppi". Atti 16:23, 24 (Luzzi). UVI 133 5 Gli apostoli soffrirono molto a causa della dolorosa posizione che era stata imposta. Dalla loro bocca non uscì neppure un lamento. La loro cella era buia e tetra, eppure non mancavano d'incoraggiarsi pregando e cantando inni di lode a Dio perché erano stati reputati degni di soffrire tali pene per amor suo. I loro cuori erano confortati da un profondo e ardente amore per la causa del loro Redentore. Paolo pensò a come aveva perseguitato i cristiani, e gioì per il fatto che Dio gli aveva rivelato il suo errore e fatto apprezzare la potenza delle gloriose verità che una volta aveva disprezzato. UVI 133 6 Gli altri prigionieri si stupirono nell'udire i canti e le preghiere che provenivano dalla cella più interna. Essi erano abituati a sentire gridi, gemiti, imprecazioni e bestemmie durante tutta la notte. Mai prima avevano udito parole di preghiera e di lode ascendere da quell'oscura cella. Guardie e prigionieri si meravigliarono e si chiesero cosa mai spingesse quegli uomini a gioire, anche se pativano i morsi della fame, il freddo e il dolore della tortura. UVI 134 1 Nel frattempo i magistrati ritornarono alle loro case, soddisfatti di aver saputo prendere delle misure adeguate al caso. Il tumulto era stato soffocato. Ma lungo la via udirono ulteriori particolari riguardanti il carattere e l'opera degli uomini che loro avevano condannato a essere frustati e imprigionati. Videro la donna che era stata liberata dall'influsso satanico, e furono colpiti dal suo cambiamento. Nel passato ella aveva causato molti problemi nella città; ora invece era calma e pacifica. Quando compresero che con tutta probabilità avevano condannato due uomini innocenti alla rigorosa pena prevista dalla legge romana, si indignarono e decisero che il mattino seguente avrebbero comandato che gli apostoli fossero liberati privatamente e scortati fuori della città, lontano dalla pericolosa violenza della plebaglia. UVI 134 2 Se anche gli uomini erano crudeli e vendicativi, o criminalmente negligenti delle loro solenni responsabilità, Dio non si dimenticò di essere benigno verso i suoi servitori. Tutto il cielo era interessato a quegli uomini che stavano soffrendo per amor di Cristo, e degli angeli furono inviati a visitare la prigione. Al loro arrivo la terra tremò. Le pesanti porte della prigione si spalancarono, le mani e i piedi dei prigionieri furono liberati dalle catene e dai ceppi. Una luce straordinaria invase quella quell'oscura prigione. UVI 134 3 Il carceriere della prigione aveva udito con stupore le preghiere e gli inni degli apostoli imprigionati. Quando li aveva condotti nella loro cella, aveva notato le loro ferite gonfie e sanguinanti, e si era accertato che i loro piedi fossero stati sicuramente serrati nei ceppi. Egli si era aspettato di udire dei gemiti e delle imprecazioni da parte loro, e invece aveva sentito canti di gioia e di lode. Con questi suoni negli orecchi era crollato in un sonno dal quale era stato svegliato dal terremoto e dal tremore delle pareti della prigione. UVI 134 4 Il carceriere si alzò allarmato. Vide che le porte della prigione erano aperte e fu terrorizzato al pensiero che i carcerati fossero fuggiti. Egli ricordava gli espliciti ordini con i quali Paolo e Sila erano stati affidati alla sua cura la notte precedente, ed era certo che avrebbe pagato con la morte la sua apparente infedeltà. La sua disperazione lo portò a pensare che era meglio suicidarsi che sottomettersi al crudele supplizio che l'aspettava. Tratta fuori la spada, il carceriere stava per uccidersi, quando udì la voce di Paolo pronunciare le confortanti parole: "Non ti far male alcuno, perché siam tutti qui". Atti 16:28 (Luzzi). Ogni uomo era al suo posto, costretto dalla potenza di Dio, esercitata mediante un carcerato come loro. UVI 135 1 La severità con la quale il carceriere aveva trattato gli apostoli non suscitò in loro alcun risentimento. Paolo e Sila erano ispirati dallo spirito di Cristo e non da uno spirito di vendetta. I loro cuori erano pieni di amore per il Salvatore, e non odiavano i loro persecutori. UVI 135 2 Il carceriere lasciò cadere la spada, domandò che gli spiegassero bene le cose. Intanto si affrettò a raggiungere l'interno della prigione. Egli voleva vedere che tipo di uomini erano costoro che ricambiavano con gentilezza la crudeltà del trattamento subìto. Giunto nel luogo dove gli apostoli erano rimasti, il carceriere si prostrò e implorò il loro perdono. Poi li condusse nel cortile e domandò: "Signori, che debbo io fare per esser salvato?" Atti 16:30 (Luzzi). UVI 135 3 Il carceriere aveva tremato nel vedere come l'ira di Dio si era manifestata nel terremoto; quando aveva pensato che i prigionieri fossero fuggiti, era stato pronto a suicidarsi; ma ora tutte queste cose sembravano di poco valore se confrontate con il nuovo strano timore che animava la sua mente. Egli desiderava possedere la stessa tranquillità e gioia che gli apostoli avevano mostrato, malgrado la loro triste condizione. Egli vide nei loro volti la luce del cielo; e riconobbe che Dio era intervenuto in modo miracoloso per salvare le loro vite. Le parole della donna posseduta ritornarono con una forza insolita alla sua mente. "Questi uomini son servitori dell'Iddio altissimo, e vi annunziano la via della salvezza". Atti 16:17 (Luzzi). UVI 135 4 Con profonda umiltà, il carceriere chiese agli apostoli di mostrargli come avrebbe potuto ottenere la vita eterna. "Credi nel Signor Gesù -- essi risposero -- e sarai salvato tu e la casa tua. Poi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua". Atti 16:31, 32 (Luzzi). Il carceriere, poi, lavò le ferite degli apostoli e li servì, dopo di che fu battezzato insieme a tutta la sua famiglia. Un influsso santificante si diffuse tra tutti i prigionieri; quell'evento li aveva spinti ad ascoltare le verità proclamate dagli apostoli. Essi erano convinti che lo stesso Dio che quegli uomini servivano, avesse operato un miracolo in loro favore. UVI 135 5 I cittadini di Filippi furono terrorizzati dal terremoto, e quando al mattino, gli ufficiali della prigione riferirono ai magistrati ciò che era successo durante la notte, essi si allarmarono e mandarono degli ufficiali per ordinare la liberazione degli apostoli. Ma Paolo dichiarò: "Dopo averci pubblicamente battuti senza essere stati condannati, noi che siam cittadini romani, ci hanno cacciato in prigione; e ora ci mandan via celatamente? No davvero! Anzi vengano essi stessi a menarci fuori". Atti 16:37 (Luzzi). UVI 136 1 Gli apostoli erano cittadini romani, ed era illegale frustare un romano, se non per un grave crimine che fosse stato scoperto dalle stesse autorità, o privarlo della sua libertà senza un regolare processo. Paolo e Sila erano stati imprigionati pubblicamente, e ora si rifiutavano di essere rilasciati di nascosto, senza ottenere delle spiegazioni da parte dei magistrati. UVI 136 2 Quando queste parole furono riportate alle autorità, essi si allarmarono e temettero che gli apostoli avrebbero fatto giungere le loro lamentele all'imperatore. Perciò si recarono subito alla prigione e si scusarono per l'ingiustizia e la crudeltà del trattamento riservato a Paolo e Sila, e li condussero personalmente fuori della prigione, supplicandoli di allontanarsi dalla città. I magistrati temevano l'influsso che gli apostoli avevano sul popolo, e temevano la Potenza che era intervenuta a liberare questi due uomini innocenti. UVI 136 3 Agendo in armonia con l'istruzione data da Cristo, gli apostoli non imposero la loro presenza dove non era desiderata. "Allora essi, usciti di prigione, entrarono in casa di Lidia; e veduti i fratelli, li confortarono, e si partirono". Atti 16:40 (Luzzi). UVI 136 4 Gli apostoli non reputarono che la loro opera a Filippi fosse stata inutile. Essi avevano incontrato molta opposizione e persecuzione, ma l'intervento della Provvidenza e la conversione del carceriere e della sua famiglia, furono da loro considerati molto più importanti delle disgrazie e delle sofferenze che avevano subìto. La notizia del loro ingiusto imprigionamento e della miracolosa liberazione si diffuse per tutta quella regione. In questo modo molte persone vennero a conoscenza dell'opera degli apostoli, persone che non si sarebbero potute raggiungere altrimenti. UVI 136 5 Gli sforzi di Paolo a Filippi portarono alla formazione di una chiesa i cui membri erano in costante aumento. Il suo zelo e la sua devozione e soprattutto la sua disponibilità a sopportare ogni sofferenza per amore di Cristo, esercitarono un profondo e durevole influsso sui convertiti. Essi apprezzarono le preziose verità per le quali gli apostoli avevano così tanto sofferto, e diedero se stessi, con sincera devozione, alla causa del loro Redentore. UVI 136 6 Questa chiesa non fu esente da persecuzione, e questo è dimostrato dalle parole che Paolo scrisse in una lettera che le inviò. Egli scrisse: "Poichè a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, sostenendo voi la stessa lotta che mi avete veduto sostenere". Tuttavia essi furono così saldi nella fede che Paolo aggiunse: "Io rendo grazie all'Iddio mio di tutto il ricordo che ho di voi; e sempre, in ogni mia preghiera, prego per voi tutti con allegrezza a cagion della vostra partecipazione al progresso del Vangelo, dal primo giorno fino ad ora". Filippesi 1:29, 30, 3-5 (Luzzi). UVI 137 1 Una terribile lotta è portata avanti tra le forze del bene e quelle del male nei luoghi dove i messaggeri della verità sono chiamati a operare. "Poichè il combattimento nostro non è contro sangue e carne dichiara Paolo -- ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre". Efesini 6:12 (Luzzi). Sino alla fine dei tempi, ci sarà conflitto tra la chiesa di Dio e coloro che sono sotto il controllo degli angeli malvagi. UVI 137 2 I primi cristiani erano spesso chiamati ad affrontare le potenze del male faccia a faccia. Il nemico ha tentato di allontanarli dalla vera fede per mezzo di sofismi e persecuzioni. Oggi, che la fine di tutte le cose terrene è vicina, Satana sta facendo sforzi disperati per intrappolare il mondo nel suo inganno. Egli sta architettando molti piani per occupare le menti e per deviare l'attenzione dalle verità essenziali alla salvezza. In ogni città i suoi agenti sono impegnati a organizzare le forze di quelli che si sono opposti alla legge di Dio. Il padre della menzogna è al lavoro per introdurre motivi di confusione e ribellione e per infiammare gli uomini di uno zelo che non è in armonia con la verità rivelata. UVI 137 3 La malvagità è arrivata a un livello mai prima raggiunto, e tuttavia molti ministri del Vangelo gridano: "Pace e sicurezza". Ma i fedeli mesaggeri di Dio vanno progressivamente avanti nella loro opera. Rivestiti dell'armatura celeste, essi avanzano senza timore, di vittoria in vittoria, non cessando mai di lottare fino a che ogni anima che è loro possibile raggiungere non abbia ricevuto il messaggio della verità per questo tempo. ------------------------Capitolo 22: Tessalonica UVI 138 1 Dopo aver lasciato Filippi, Paolo e Sila si avviarono verso Tessalonica. Qui, fu dato loro il privilegio di parlare a un gran numero di persone nella sinagoga dei giudei. Il loro aspetto portava le tracce del vergognoso trattamento che avevano recentemente ricevuto, e fu necessario dare una spiegazione di ciò che era accaduto. Essi riferirono tutto senza esaltare se stessi, ma glorificando Colui che aveva operato la loro liberazione. UVI 138 2 Nel predicare ai tessalonicesi, Paolo si riferì alle profezie dell'Antico Testamento riguardanti il Messia. Cristo durante il suo ministero aveva fatto comprendere queste profezie ai suoi discepoli: "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano". Luca 24:27 (Luzzi). La predicazione di Pietro metteva in evidenza gli elementi di continuità esistenti tra Cristo e l'Antico Testamento. Stefano aveva seguito lo stesso metodo. E anche Paolo, nel suo ministero si appellò alle Scritture che predicevano la nascita, le sofferenze, la morte, la risurrezione e l'ascensione di Cristo. Per mezzo della testimonianza di Mosè e dei profeti, egli provò che Gesù di Nazareth era il Messia, e mostrò che fin dai giorni di Adamo la voce di Cristo aveva parlato mediante i patriarchi e i profeti. UVI 138 3 Chiare e specifiche profezie erano state date circa l'apparizione del Messia promesso. Ad Adamo fu data la certezza della venuta del Redentore. La sentenza pronunciata su Satana: "Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno" (Genesi 3:15, Luzzi) fu per i nostri primi genitori la promessa della salvezza che si sarebbe realizzata in Cristo. UVI 138 4 Ad Abramo fu data la promessa che il Salvatore sarebbe venuto dalla sua discendenza: "Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie". Genesi 22:18 (Luzzi). "Non dice: "E alle progenie", come se si trattasse di molte; ma, come parlando di una sola, dice: "E alla tua progenie", ch'è Cristo". Galati 3:16 (Luzzi). UVI 138 5 Mosè, ormai al termine della sua opera come condottiero e guida d'Israele, profetizzò chiaramente la venuta del Messia. "L'Eterno, il tuo Dio -- egli dichiarò al popolo d'Israele riunito -- ti susciterà un profeta come me, in mezzo a te, d'infra i tuoi fratelli; a quello darete ascolto!" Mosè assicurò gli israeliti che Dio stesso gli aveva rivelato questo sul monte Horeb, dicendo: "Susciterò loro un profeta come te, di mezzo ai loro fratelli, e porrò le mie parole nella sua bocca, ed egli dirà loro tutto quello che io gli comanderò". Deuteronomio 18:15, 18 (Luzzi). UVI 139 1 Il Messia doveva essere di discendenza reale, perché nella profezia pronunciata da Giacobbe, il Signore aveva detto: "Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando di fra i suoi piedi, finché venga Colui che darà il riposo, e al quale ubbidiranno i popoli". Genesi 49:10 (Luzzi). UVI 139 2 Isaia profetizzò: "Un ramo uscirà dal tronco d'Isaia, e un rampollo spunterà dalle sue radici". "Inclinate l'orecchio, e venite a me; ascoltate e l'anima vostra vivrà; io fermerò con voi un patto eterno, vi largirò le grazie stabili promesse a Davide. Ecco, io l'ho dato come testimonio ai popoli, come principe e governatore dei popoli. Ecco, tu chiamerai nazioni che non conosci, e nazioni che non ti conoscono accorreranno a te, a motivo dell'Eterno, del tuo Dio, del Santo d'Israele, perch'Ei ti avrà glorificato". Isaia 11:1; 55:3-5 (Luzzi). UVI 139 3 Anche Geremia diede testimonianza della venuta del Redentore come di un principe della casa di Davide: "Ecco, i giorni vengono, dice l'Eterno, quand'io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da e e prospererà, e farà ragione e giustizia nel paese. Ai giorni d'esso, Giuda sarà salvato, e Israele starà sicuro nella sua dimora: e questo sarà il nome col quale sarà chiamato: l'Eterno nostra giustizia". Geremia 23:5, 6 (Luzzi). E di nuovo: "Il Signore dice: "Ci sarà sempre un discendente di Davide come re d'Israele; ci saranno sempre discendenti della tribù di Levi come sacerdoti che vengono davanti a me per presentare i sacrifici completi, bruciare l'incenso e offrire altri sacrifici". Geremia 33:17, 18. UVI 139 4 Fu predetto anche il luogo di nascita del Messia: "Betlemme Efrata, tu sei una delle più piccole città della regione di Giuda. Ma da te uscirà colui che deve guidare il popolo d'Israele a nome mio. Le sue origini risalgono ai tempi più antichi". Michea 5:1. UVI 139 5 L'opera che il Salvatore doveva compiere su questa terra fu ampiamente descritta: "Lo spirito dell'Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell'Eterno". Quest'Unto doveva "recare una buona novella agli umili... fasciare quelli che hanno il cuore rotto, ... proclamare la libertà a quelli che sono in cattività, l'apertura del carcere ai prigionieri... proclamare l'anno di grazia dell'Eterno, e il giorno di vendetta del nostro Dio; ... consolare tutti quelli che fanno cordoglio; ... mettere ... dare a quelli che fanno cordoglio in Sion, un diadema in luogo di cenere, l'olio della gioia in luogo di duolo, il manto della lode in luogo d'uno spirito abbattuto, onde possano esser chiamati terebinti di giustizia, la piantagione dell'Eterno da servire alla sua gloria". Isaia 11:2, 3; 61:1-3 (Luzzi). UVI 140 1 "Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto in cui si compiace l'anima mia; io ho messo il mio spirito su lui, egli insegnerà la giustizia alle nazioni. Egli non griderà, non alzerà la voce, non la farà udire per le strade. Non spezzerà la canna e non spegnerà il lucignolo fumante; insegnerà la giustizia secondo verità. Egli non verrà meno e non s'abbatterà finché abbia stabilita la giustizia sulla terra; e le isole aspetteranno fiduciose la sua legge". Isaia 42:1-4 (Luzzi). UVI 140 2 Paolo spiegò con forza convincente, riferendosi alle scritture dell'Antico Testamento, che "era stato necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti". Atti 17:3 (Luzzi). Michea non aveva forse profetizzato: "Colpiscon con la verga la guancia del giudice d'Israele"? Michea 5:1 (Luzzi). E il Messia promesso non aveva forse profetizzato di se stesso, mediante il profeta Isaia, affermando: "Io ho presentato il mio dorso a chi mi percoteva, e le mie guanace, a chi mi strappava la barba, io non ho nascosto il mio volto all'onta e agli sputi"? Per mezzo del salmista, Cristo aveva predetto il trattamento che avrebbe ricevuto dagli uomini: "Io sono... il vituperio degli uomini, e lo sprezzato dal popolo. Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: "Ei si rimette all'Eterno; lo liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce". "Posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano e m'osservano; spartiscon fra loro i miei vestimenti e tirano a sorte la mia veste". "Io son divenuto un estraneo ai miei fratelli, e un forestiero ai figliuoli di mia madre. Poiché lo zelo della tua casa mi ha roso, e i vituperi di quelli che ti vituperano son caduti su me... Il vituperio m'ha spezzato il cuore e son tutto dolente: ho aspettato chi si condolesse meco, non v'è stato alcuno; ho aspettato dei consolatoti, ma non ne ho trovati"". Salmi 22:6-8, 17, 18; 69:8, 9, 20 (Luzzi). UVI 140 3 Con quanta chiarezza il profeta Isaia ha annunciato le sofferenze e la morte di Cristo! "Chi ha creduto a quel che noi abbiamo annunziato? -- chiede il profeta -- e a chi è stato rivelato il braccio dell'Eterno? Egli è venuto su dinanzi a lui come un rampollo, come una radice ch'esce da un arido suolo; non avea forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare col patire, pari a colui dinanzi al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. UVI 141 1 "E, nondimeno, eran le nostre malattie ch'egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui s'era caricato; e noi lo reputavamo colpito, battuto da Dio, ed umiliato! Ma egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiam pace, è stato su lui, e per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione. UVI 141 2 "Noi tutti eravamo erranti come pecore, ognuno di noi seguiva la sua propria via; e l'Eterno ha fatto cader su lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattatto, umiliò se stesso, e non aperse la bocca. Come l'agnello menato allo scannatoio, come la pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non aperse la bocca. Dall'oppressione e dal giudizio fu portato via; e fra quelli della sua generazione chi rifletté ch'egli era strappato dalla terra de' viventi e colpito a motivo delle trasgressioni del mio popolo?" Isaia 53:1-8 (Luzzi). UVI 141 3 Anche la maniera in cui sarebbe morto era stata raffigurata. Come il serpente di bronzo era stato innalzato nel deserto, così anche il Redentore doveva essere innalzato: "Affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna". Giovanni 3:16 (Luzzi). UVI 141 4 "E gli si dirà: "Che son quelle ferite che hai nelle mani?" Ed egli risponderà: "Son le ferite che ho ricevuto nella casa dei miei amici"". Zaccaria 13:6 (Luzzi). UVI 141 5 "Gli avevano assegnata la sepoltura tra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato col ricco, perché non aveva commesso violenze né v'era stata frode nella sua bocca. Ma piacque all'Eterno di fiaccarlo coi patimenti". Isaia 53:9, 10 (Luzzi). UVI 141 6 Colui che doveva morire per mano di uomini malvagi, doveva anche risorgere come vincitore sul peccato e sulla morte. Sotto l'ispirazione dell'Onnipotente, il cantore d'Israele aveva dato testimoniaza della gloria della sua risurrezione. "La mia carne -- egli aveva proclamato con gioia -- dimorerà al sicuro; poiché tu non abbandonerai l'anima mia in poter della morte, né permetterai che il tuo santo vegga la fossa". Salmi 16:9, 10 (Luzzi). UVI 141 7 Paolo mostrò come Dio aveva intimamente connesso i riti sacrificali con le profezie riguardanti Colui che sarebbe stato "l'agnello menato allo scannatoio". Il Messia doveva dare la sua vita come offerta per il peccato. Contemplando attraverso i secoli la scena dell'espiazione compiuta dal Salvatore, il profeta Isasia aveva testimoniato che l'Agnello di Dio "ha dato se stesso alla morte, ed è stato annoverato fra i trasgressori, perch'egli ha portato i peccati di molti, e ha interceduto per i trasgressori". Isaia 53:7, 10, 12 (Luzzi). UVI 142 1 Il Salvatore della profezia doveva venire, non come un re temporale, per liberare la nazione ebrea dai suoi oppressori, ma come un uomo in mezzo agli uomini, per vivere una vita di povertà e umiltà, e alla fine per essere disperzzato, rigettato e ucciso. Il Salvatore predetto nelle scritture dell'Antico Testamento doveva offrire se stesso come sacrifico in favore dell'umanità caduta, soddisfacendo a tutte le richieste della legge che gli uomini avevano trasgredito. In lui tutti i sacrifici avrebbero incontrato il loro antitipo; la sua morte sulla croce avrebbe racchiuso in sé il significato dell'intera economia giudaica. UVI 142 2 Paolo raccontò ai giudei di Tessalonica del suo passato zelo per la legge cerimoniale e della sua meravigliosa esperienza alle porte di Damasco. Prima della sua conversione egli aveva confidato nella pietà ereditata dai padri d'Israele, ma si trattava di una speranza mal riposta. La sua fede allora non era ancorata a Cristo; egli confidava soltanto nelle prescrizioni e nelle cerimonie che la tradizione imponeva. Il suo zelo per la legge non poteva accordarsi con la fede in Gesù, esso era inutile. Vantandosi di essere irreprensibile nell'osservanza dei precetti della legge, egli aveva finito per rifiutare la persona che dava valore alla legge. UVI 142 3 Con la sua conversione tutto era cambiato. Gesù di Nazareth che lui perseguitava perseguitando i suoi santi, gli apparve come il Messia promesso. Il persecutore vide in lui il Figlio di Dio, venuto sulla terra per adempiere le profezie, e per compiere nella sua vita ciò che era stato predetto dalle Sacre Scritture. UVI 142 4 Le parole di Paolo rivolte agli appartenenti della sinagoga di Tessalonica avevano gettato una nuova luce sul vero significato dei riti e delle cerimonie connesse con il servizio del tempio. Egli tracciò un parallelismo tra i servizi del tempio e il ministero di Cristo nel santuario celeste, e fino a quando, avendo completato la sua opera mediatrice, Cristo sarebbe tornato con grande potenza e gloria per stabilire il suo regno sulla terra. Paolo credeva fermamente nella seconda venuta di Cristo. Egli presentò la verità concernente questo evento con tanta chiarezza e convinzione, da lasciare una durevole impressione sulle menti dei suoi numerosi ascoltatori. UVI 142 5 Per tre sabati consecutivi, Paolo predicò ai tessalonicesi spiegando con le Scritture tutto ciò che riguardava la vita, la morte, la risurrezione, il ministero e la futura gloria di Cristo, parlando dell'Agnello che era stato immolato fin dalla creazione del mondo. Apocalisse 13:8. Egli esaltò Cristo, perché la giusta comprensione del suo ministero è la chiave che permette di comprendere le scritture dell'Antico Testamento, dando accesso ai suoi ricchi tesori. UVI 143 1 L'attenzione dei tessalonicesi fa attirata dalle verità del Vangelo che furono loro proclamate con grande forza. "E alcuni di loro furon persuasi, e si unirono a Paolo e Sila; e così fecero una gran moltitudine di Greci pii, e non poche delle donne principali". Atti 17:4 (Luzzi). UVI 143 2 Come nei luoghi dove si erano precedentemente recati, anche qui gli apostoli incontrarono una determinata opposizione. I giudei che non credettero furono" mossi da invidia". Atti 17:5. Questi giudei non erano ben visti dalle autorità romane, perché poco tempo prima avevano generato un'insurrezione a Roma. Essi erano guardati con sospetto e la loro libertà era stata ristretta. Ora, pensarono che fosse giunto il momento di sfruttare le circostanze per riaccaparrarsi il favore romano e allo stesso tempo gettare nel'infamia gli apostoli e i convertiti al cristianesimo. UVI 143 3 Essi fecero questo unendosi a "certi uomini malvagi fra la gente di piazza", insieme a loro riuscirono a mettere "in tumulto la città". Nella speranza di adescare gli apostoli, assalirono la casa di "Giasone", ma non trovarono né Paolo né Sila. E "non avendoli trovati", la plebaglia, irritata e delusa, trascinò "Giasone e alcuni de' fratelli dinanzi ai magistrati della città, gridando: costoro che hanno messo sossopra il mondo, son venuti anche qua, e Giasone li ha accolti; ed essi tutti vanno contro agli statuti di Cesare, dicendo che c'è un altro re: Gesù". Atti 17:5-7 (Luzzi). UVI 143 4 Siccome Paolo e Sila non furono trovati, i magistrati misero in catene i credenti accusati, per mantenere la pace. Temendo ulteriore violenza, "i fratelli, subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea". Atti 17:10 (Luzzi). UVI 143 5 Coloro che oggi insegnano impopolari verità non si devono scoraggiare se a volte quelli che si reputano cristiani non li accettano. Lo stesso accadde a Paolo e ai suoi collaboratori fra la gente per il cui bene si adoperavano. I messaggeri della croce devono essere prudenti e pregare, avanzando con fede e coraggio, e operando sempre nel nome di Gesù. Essi devono esaltare Cristo come il solo Mediatore che l'uomo ha nel santuario celeste; nella sua persona é racchiuso il significato di tutti i sacrifici della dispensazione dell'Antico Testamento. Egli, per mezzo del suo sacrificio espiatorio, può dare pace e perdono ai trasgressori della legge di Dio. ------------------------Capitolo 23: Berea e Atene UVI 144 1 A Berea, Paolo incontrò dei giudei ben disposti ad approfondire le verità che insegnava. Luca, nei suoi scritti dice di loro: "Or questi furono più generosi di quelli di Tessalonica, in quanto che ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando tutti i giorni le Scritture per vedere se le cose stavan così. Molti di loro, dunque, credetero, e non piccol numero di nobildonne greche e d'uomini". Atti 17:11, 12 (Luzzi). UVI 144 2 Le menti dei bereani non erano ristrette dal pregiudizio. Essi controllarono volentieri la veridicità delle dottrine insegnate dagli apostoli. Studiarono la Bibbia, non per curiosità, ma per poter appendere ciò che era stato scritto circa il Messia promesso. Ogni giorno dedicavano del tempo alla ricerca biblica, e mentre confrontavano fra loro i passi che leggevano, gli angeli di Dio erano al loro fianco, illuminando le loro menti e impressionando i loro cuori. UVI 144 3 Dovunque le verità del Vangelo sono proclamate, quelli che con sincerità desiderano vivere giustamente sono guidati a uno studio diligente delle Scritture. Se, approssimandosi la fine della storia terrena, coloro a cui sono presentate verità seguissero l'esempio dei bereani, investigando quotidianamente le Scritture e confrontando i messaggi ricevuti con la Parola di Dio, ci sarebbe, oggi, un gran numero di persone fedeli ai precetti della legge divina, dove ora ce ne sono relativamente poche. Ma quando vengono presentate delle verità bibliche impopolari, molti rifiutano di approfondire tale insegnamento. Sebbene siano incapaci di mettere in dubbio la loro fondatezza, essi manifestano una totale riluttanza a studiare gli argomenti presentati. Alcuni, pur riconoscendo che queste dottrine sono vere, sottovalutano la loro importanza e pensano che sai preferibile credere alle piacevoli favole che il nemico usa per distoglierli dalla verità. Così le loro menti sono accecate dall'errore; non si rendono conto che questo comportamento finirà per separarli completamente da Dio. UVI 144 4 Tutti saremo giudicati in base alla luce che ci è stata data. Il Signore manda i suoi ambasciatori con un messaggio di salvezza e quelli che lo ricevono saranno considerati resoponsabili per il modo con il quale considerano le parole dei suoi servitori. Coloro che stanno cercando sinceramente la verità faranno un attento esame, alla luce della Parola di Dio, delle dottrine che vengono loro presentate. UVI 145 1 I giudei increduli di Tessalonica, pieni di gelosia e di odio contro gli apostoli e non contenti di averli costretti a lasciare la città, li seguirono fino a Berea. Qui aizzarono contro di loro le violente passioni della plebaglia, I fratelli, temendo che fosse fatto del male a Paolo se egli fosse rimasto, lo mandarono ad Atene, accompagnato da alcuni bereani che avevano di recente accettato la fede. UVI 145 2 Così la persecuzione seguì i messaggeri della verità di città in città. I nemici di Cristo non poterono fermare l'avanzamento del Vangelo, ma ebbero successo nel rendere l'opera degli apostoli eccessivamente difficile. Nonostante l'opposizione e i conflitti, Paolo avanzò costantemente, determinato a compiere l'ordine che Dio gli aveva dato nella visione a Gerusalemme: "Va', perché io ti manderò lontano, ai Gentili". Atti 22:21 (Luzzi). UVI 145 3 La frettolosa partenza da Berea privò Paolo dell'opportunità di visitare i fratelli a Tessalonica. UVI 145 4 Arrivato ad Atene, l'apostolo mandò indietro i fratelli bereani con il messaggio per Sila e Timoteo di raggiungerlo immediatamente. Timoteo era giunto a Berea prima della partenza di Paolo, ed era rimasto lì con Sila per continuare l'opera così bene iniziata, e per istruire i nuovi convertiti nei princìpi della fede. UVI 145 5 La città di Atene era la capitale del paganesimo. Qui Paolo non si incontrò con gente ignorante e credulona, come a Listra, ma con un popolo famoso per la sua intelligenza e cultura. Ovunque si potevano ammirare le statue dei loro idoli, eroi della storia e della letteratura, che avevano acquistato con le loro gesta il privilegio della divinità. La splendida architettura dei suoi palazzi arricchita con dipinti che rappresentavano la gloria nazionale, si rifacevano al culto delle divinità pagane. I sensi della gente erano catturati dalla bellezza e dallo splendore dell'arte. In ogni direzione si elevavano santuari e templi di forme massicce, la cui costruzione aveva richiesto una grande quantità di denaro. Vittorie militari e gesta di uomini celebri venivano commemorate da sculture, altari e lapidi. Tutto questo faceva di Atene un centro artistico di primo piano. UVI 145 6 Paolo vide che la bellezza e lo splendore che lo circondavano servivano unicamente all'esercizio di pratiche idolatre. Il suo spirito fu mosso da gelosia per Dio, che egli vedeva disonorato in ogni luogo. E il suo cuore si riempì di pietà per gli ateniesi che, nonostante l'elevatezza della loro cultura, non conoscevano ancora il vero Dio. UVI 146 1 L'apostolo non si fece ingannare da quello che vide in questo centro del sapere. La sua natura spirituale era sensibile all'attrazione delle cose celesti, e così la gioia e la gloria delle ricchezze che non periscono, rendevano vane ai suoi occhi la pompa e lo splendore dai quali era circondato. Quando vide la magnificenza di Atene, comprese il seducente influsso che esercitava sugli estimatori dell'arte e della scienza, e la sua mente fu impressionata dall'importanza dell'opera che doveva compiere. UVI 146 2 In questa grande città, dove Dio non era adorato, Paolo fu oppresso da un sentimento di solitudine e avvertì il bisogno della simpatia e dell'aiuto dei suoi collaboratori. Egli si sentì completamente solo e lontano dall'amicizia dei suoi simili. Nella sua epistola ai Tessalonicesi, l'apostolo rivela il suo disagio con queste parole: "Stimammo... di esser lasciati soli ad Atene". 1 Tessalonicesi 3:1 (Luzzi). Ai suoi occhi si presentavano degli ostacoli apparentemente insormontabili che parevano impedire qualsiasi tentativo di raggiungere i cuori della gente. UVI 146 3 Mentre aspettava Sila e Timoteo, Paolo non rimase in ozio. "Egli... ragionava nella sinagoga coi Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano". Atti 17:17 (Luzzi). Il suo scopo principale era portare la notizia della salvezza a quelli che non conoscevano il vero Dio e il suo piano in favore dell'umanità caduta. L'apostolo avrebbe presto affrontato il paganesimo nelle sue forme più subdole e seducenti. UVI 146 4 I grandi uomini di Atene non rimasero a lungo senza sapere della presenza di quel singolare insegnante che stava presentando al popolo dottrine nuove e strane. Alcuni di questi uomini cercarono Paolo e cominciarono a conversare con lui. Presto una folla di ascoltatori si riunì intorno a loro. Alcuni erano pronti a deridere l'apostolo, dichiarandolo un essere inferiore a loro sia socialmente che intellettualmente. Questi scherzando fra di loro dissero: "Che cosa pretende d'insegnarci questo ciarlatano?" Altri invece sentendo che annunziava Gesù e la risurrezione, osservarono: "A quanto pare è venuto a parlarci di divinità straniere". Atti 17:18. UVI 146 5 Tra le persone che Paolo incontrò nella piazza del mercato c'erano "alcuni filosofi epicurei e stoici". Atti 17:18 (Luzzi). Costoro e tutti gli altri che vennero in contatto con l'apostolo si accorsero subito che egli possedeva un bagaglio culturale superiore al loro. La sua forza intellettuale richiedeva il rispetto dei sapienti, mentre la sua abilità oratoria e il suo entusiasmo attiravano l'attenzione di tutti gli ascoltatori presenti. Quest'ultimi riconobbero che Paolo non era un novizio, ma un uomo capace di comunicare a tutti i livelli con argomenti convincenti in difesa delle dottrine che insegnava. L'apostolo si eresse intrepido, affrontando i suoi oppositori sul loro stesso terreno, abbinando logica con logica, filosofia con filosofia, eloquenza con eloquenza. UVI 147 1 I suoi oppositori pagani richiamarono la sua attenzione sul fatto che Socrate era stato condannato a morte perché aveva predicato l'esistenza di divinità straniere. Essi consigliarono Paolo di non rischiare allo stesso modo la propria vita. Malgrado queste cautele i discorsi di Paolo avevano incuriosito i presenti e conquistato il loro rispetto e la loro ammirazione. Egli non fu messo a tacere dalla scienza o dall'ironia dei filosofi. I presenti erano compiaciuti del fatto che Paolo era determinato a compiere la sua missione in mezzo a loro. La decisione e il coraggio dell'apostolo li spinse a dargli cortese udienza. UVI 147 2 Tutti d'accordo lo condussero sulla collina di Marte. Questo era uno dei luoghi più sacri di tutta Atene, ed essere connessi o associati a esso significava essere riguardati con superstiziosa riverenza e da alcuni addirittura con timore. In quel luogo gli argomenti religiosi erano attentamente studiati da uomini che agivano come giudici di tutte le più importanti questioni sia morali che civili. UVI 147 3 Lontano dal rumore e dalla confusione delle strade affollate e dal tumulto della discussione promiscua, l'apostolo poteva essere ascoltato senza interruzione. Intorno a lui si riunirono poeti, artisti e filosofi. I dotti di Atene si rivolsero a lui, dicendo: "Potremmo noi sapere qual sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci rechi agli orecchi delle cose strane, Noi vorremmo dunque sapere che cosa voglian dire queste cose". Atti 17:19, 20 (Luzzi). UVI 147 4 In quell'ora di solenne responsabilità, l'apostolo fu calmo e padrone di sé. Il suo cuore ardeva per quell'importante messaggio: non per nulla le sue parole convinsero i suoi ascoltatori che egli non era un ozioso ciarlatano. "Ateniesi -- disse Paolo -- io veggo che siete in ogni cosa quasi troppo religiosi. Poiché, passando, e considerando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un'altare sul quale era scritto: Al Dio sconosciuto. Ciò dunque che voi adorate senza conoscerlo, io ve l'annunzio". Atti 17:22, 23 (Luzzi). Con tutta la loro intelligenza e la loro scienza, essi erano ignoranti del Dio che aveva creato l'universo. Tuttavia fra loro c'erano alcuni che sinceramente desideravano approfondire quei temi ed estendere il campo delle loro conoscenze dell'Infinito. UVI 147 5 Con le mani tese verso il tempio affollato da idoli, Paolo svuotò il fardello della sua anima, ed espose le lacune della religione ateniese. I più sapienti dei suoi ascoltatori si stupirono nell'udire i suoi ragionamenti. Egli dimostrava di essere familiare con le loro opere d'arte, con la loro letteratura e con la loro religione. Indicando i loro monumenti e gli idoli, egli dichiarò che Dio non poteva essere rappresentato dalle forme inventate dall'uomo. Le immagini di pietra non potevano in alcun modo rappresentare la gloria di Jahvé. Paolo ricordò loro che quelle immagini non avevano vita; esse dipendevano in ogni cosa dalla volontà umana: ciò dimostrava che coloro che li adoravano erano in tutti i sensi superiori agli oggetti della loro adorazione. UVI 148 1 L'apostolo guidò le menti dei suoi ascoltatori idolatri oltre i limiti della loro falsa religione verso la comprensione della Divinità, che essi avevano rappresentato come il "Dio Sconosciuto". Egli spiegò loro che questo Essere era indipendente dall'uomo, non necessitando, nessun aiuto umano per aumentare la sua gloria e la sua potenza. UVI 148 2 I presenti erano meravigliati per come Paolo avesse presentato gli attributi del vero Dio, la sua potenza creativa e l'esistenza della sua provvidenza. Con zelante e ardita eloquenza, l'apostolo dichiarò: "L'Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra; non abita in templi fatti d'opera di mano; e non è servito da mani d'uomini; come se avesse bisogno di alcuna cosa; Egli che dà a tutti la vita, il fiato ed ogni cosa". Atti 17:24, 25 (Luzzi). I cieli non erano vasti a sufficienza da contenere Dio, quanto meno lo erano i templi costruiti da mani d'uomo! UVI 148 3 In quell'età di caste, i diritti degli uomini erano spesso misconosciuti, tuttavia Paolo proclamò la grande verità della fratellanza umana, affermando che Dio "ha tratto da un solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra". Atti 17:26 (Luzzi). Per Dio tutti gli uomini sono sullo stesso livello, e ogni uomo deve al Creatore la sua suprema ubbidienza. Poi, l'apostolo spiegò come attraverso gli interventi di Dio nella storia umana si manifestasse il principio dell'amore divino. Spiegando anche come Dio avesse "determinato le epoche loro assegnatele i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché Egli non sia lungi da ciascun di noi". Atti 17:26, 27 (Luzzi). UVI 148 4 Rivolgendosi alle nobili persone che lo circondavano, con parole attinte da uno dei loro stessi poeti, Paolo descrisse l'Iddio infinito come un Padre, di cui essi erano i figli. "In lui viviamo, ci moviamo, e siamo -- egli affermò -- come anche alcuni de' vostri poeti han detto: "Poiché siamo anche sua progenie". Essendo dunque progenie di Dio, non dobbiam credere che la Divinità sia simile ad oro, ad argento, o a pietra scolpiti dall'arte e dall'immaginazione umana". Atti 17:28, 29 (Luzzi). UVI 148 5 "Iddio dunque, passando sopra ai tempi dell'ignoranza, fa ora annunziare agli uomini che tutti, per ogni dove, abbiano a ravvedersi". Atti 17:30 (Luzzi). Nei secoli di oscurità che avevano preceduto il primo avvento di Cristo, Dio aveva tollerato l'idolatria pagana; ma ora, mediante il Figlio, Egli aveva dato agli uomini la luce della verità; perciò aveva richiesto il pentimento che conduce alla salvezza, non soltanto dal povero e dall'umile, ma anche dagli orgogliosi filososi e dai principi della terra. "Perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo dell'uomo che Egli ha stabilito; del che ha fatto fede a tutti, avendolo risuscitato dai morti". Atti 17:31 (Luzzi). Mentre Paolo parlava della risurrezione dei morti" alcuni se ne facevano beffe; ed altri dicevano: Su questo noi ti sentiremo un'altra volta". Atti 17:32 (Luzzi). UVI 149 1 Così terminò l'opera che l'apostolo compì ad Atene, il centro del sapere pagano. Gli ateniesi persistendo nella loro idolatria rigettarono la luce della vera religione. Quando un popolo è pienamente soddisfatto della propria conoscenza, si può aspettare ben poco da esso. Sebbene si vantassero della loro sapienza e raffinatezza, gli ateniesi stavano diventando sempre più corrotti e sempre più contenti dei vaghi misteri della loro idolatria. UVI 149 2 Tra la gente che ascoltò Paolo ce n'erano alcuni le cui menti furono convinte dalle verità presentate, ma che non vollero umiliarsi fino a riconoscere Dio e accettare il piano della salvezza. Nessuna eloquenza umana, nessuna forza d'argomentazione possono convertire il peccatore. Solo la potenza di Dio può fare penetrare la verità nel cuore. Colui che persiste nel rigettare questa potenza, non può essere raggiunto. I greci cercavano la sapienza, tuttavia il messaggio della croce fu per loro pazzia, perché considerarono la loro saggezza superiore alla sapienza celeste. UVI 149 3 Il loro orgoglioso intellettualismo e la loro cieca fiducia nella sapienza umana sono all'origine dello scarso successo che il messaggio del Vangelo incontrò tra gli ateniesi. I sapienti del mondo che vengono a Cristo come dei poveri e perduti peccatori riceveranno la sapienza che conduce alla salvezza; ma coloro che pur essendo uomini dotti, esaltano la propria sapienza, falliranno e non saranno in grado di ricevere la luce e la conoscenza che Dio solo può dare. UVI 149 4 In questo modo Paolo affrontò il paganesimo dei suoi giorni. I suoi sforzi ad Atene però non furono completamente inutili. Dionisio, uno dei cittadini più prominenti, e alcuni altri, accettarono il messaggio del Vangelo e si unirono interamente alla comunità dei credenti. UVI 149 5 La penna ispirata ci ha permesso di dare uno sguardo nella vita degli ateniesi, che con tutta la loro conoscenza e raffinatezza d'arte erano affondati nel vizio, perché si possa comprendere come Dio, mediante il suo servitore, ha rimproverato l'idolatria e i peccati di un popolo orgoglioso e autosufficiente. Le parole dell'apostolo, la descrizione delle sue attitudini e delle circostanze relative al suo soggiorno ad Atene sono riportate per le future generazioni, a testimonianza della sua incrollabile fiducia, del suo coraggio malgrado la solitudine e le avversità che dovette subire. Esse ci riferiscono della vittoria che egli guadagnò per la cristianità nel centro più rappresentativo del paganesimo antico. UVI 150 1 Le parole di Paolo contengono un tesoro di conoscenza per la chiesa. Egli si era trovato in una situazione dove avrebbe potuto facilmente irritare i suoi orgogliosi ascoltatori e mettere se stesso in serie difficoltà. Se i suoi messaggi avessero condotto un attacco diretto ai loro idoli e ai grandi uomini della città, egli avrebbe davvero corso il rischio di subire lo stesso destino di Socrate. Ma con tatto, generato dall'amore divino, Paolo diresse prudentemente le loro menti lontano dalle divinità pagane, rivelando il vero Dio, a loro sconosciuto. UVI 150 2 Anche oggi le verità delle Scritture devono essere presentate ai grandi uomini del mondo in modo che essi possano scegliere tra l'ubbidienza alla legge di Dio e l'ubbidienza al principe del male. Dio pone dinanzi a loro verità eterne, verità che li renderanno saggi nella via della salvezza, ma non li forza ad accettarle. Se essi le rigettano, Egli li lascia in balì di se stesi, affinché si rendano conto dei frutti della loro stessa condotta. UVI 150 3 "Poiché la parola della croce é pazzia per quelli che periscono; ma per noi che siam sulla via della via della salvazione, è la potenza di Dio; poich'egli è scritto: Io farò perire la sapienza dei savî, e annienterò l'intelligenza degli intelligenti... Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo, e le cose sprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono". 1 Corinzi 1:18, 19, 27, 28 (Luzzi). UVI 150 4 Molti dei più grandi intellettuali, dei più grandi legislatori, dei più eminenti uomini del mondo, in questi ultimi tempi rigetteranno la luce, perché la sapienza del mondo non conosce Dio. Tuttavia i servitori di Dio devono approfittare di ogni opportunità per comunicare la verità a questi uomini. Alcuni riconosceranno la propria ignoranza circa le cose divine e prenderanno posto ai piedi di Gesù, come umili discepoli del Maestro dei maestri. UVI 150 5 Ogni operaio di Dio necessita di una fede salda per riuscire a raggiungere le classi più elevate. Le apparenze possono sembrare proibitive, ma anche nell'ora più oscura brilla la luce celeste. La forza di coloro che amano e servono Dio sarà rinnovata giorno per giorno. La sapienza dell'Infinito è messa a loro disposizione, affinché non errino nel compiere il suo piano. Operai, siate fiduciosi sino alla fine, ricordando che la luce della verità divina deve splendere nell'oscurità che avvolge il nostro mondo. Non deve esserci abbattimento che condizioni il servizio di Dio. La fede dell'operaio consacrato deve superare ogni prova che si presenta. Dio è capace ed è desideroso di riversare sui suoi servitori tutta la forza di cui essi hanno bisogno. Egli vuole dare loro la sapienza che le varie circostanze richiedono. Coloro che confidano in Dio riceveranno un sostegno superiore alle loro stesse aspettative. ------------------------Capitolo 24: Corinto UVI 152 1 Durante il primo secolo dell'èra cristiana, Corinto era una delle città principali non solo della Grecia, ma del mondo. Greci, giudei, romani e viandanti provenienti da ogni luogo affollavano le sue strade cercando di procurarsi affari e piacere. Essa era un grande centro commerciale ed era situata in un luogo di facile accesso a tutte le regioni dell'impero romano. Era dunque una città che offriva grandi opportunità alla testimonianza della verità. UVI 152 2 Tra i giudei che risiedevano in Corinto c'erano Aquila e Priscilla, i quali in seguito si distinsero come ferventi operai di Cristo. Avendo conosciuto il carattere di queste persone, Paolo "dimorava con loro". Atti 18:3 (Luzzi). UVI 152 3 All'inizio dei suoi sforzi evangelistici in questa città di grande traffico, Paolo vedeva in ogni angolo seri ostacoli al progresso dell'opera. I cittadini erano quasi tutti dediti all'idolatria. Venere era la divinità favorita; il suo culto comprendeva riti e cerimonie che offendevano il comune senso del pudore. I corinzi erano diventati famosi tra i pagani per la loro grossolana immoralità. Sembrava che essi avessero pochi interessi oltre ai piaceri e alla gioia passeggeri. UVI 152 4 Nella predicazione del Vangelo a Corinto, l'apostolo seguì un metodo differente da quello che aveva seguito ad Atene. In quest'ultimo posto, aveva cercato di adattare il proprio stile al carattere del suo uditorio: abbinando logica con logica, scienza con scienza, filosofia con filosofia. Quando ripensò a questa esperienza, Paolo si rese conto che il suo insegnamento ad Atene aveva prodotto soltanto pochi frutti, così decise di seguire un differente piano di lavoro in Corinto. Per poter attirare l'attenzione di quella gente noncurante e indifferente, egli si propose di evitare argomenti e discussioni elaborate, "di non saper altro... fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso". La sua predicazione non sarebbe consistita "in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza". 1 Corinzi 2:2, 4 (Luzzi). UVI 152 5 Gesù, che Paolo stava per presentare come il Messia ai greci di Corinto, era un giudeo di umili origini, cresciuto in un paese proverbiale per la sua malvagità. Egli era stato rigettato dalla sua nazione e alla fine crocifisso come un malfattore. I greci credevano nella necessità di elevare la razza umana ma consideravano lo studio della filosofia e della scienza il solo mezzo per ottenere vera elevazione e onore. Poteva Paolo convincerli che la fede nella potenza di questo sconosciuto giudeo avrebbe innalzato e nobilitato ogni qualità dell'essere umano? UVI 153 1 Nel nostro tempo la croce del Calvario è oggetto della venerazione di molte persone. Le scene della crocifissione vengono spesso connesse a un'atmosfera di santità e devozione. Ma ai giorni di Paolo, la croce era riguardata con sentimenti di repulsione e orrore. Proclamare come salvatore della razza umana uno che era stato crocifisso, avrebbe naturalmente provocato derisione e opposizione. UVI 153 2 Paolo sapeva bene come il suo messaggio sarebbe stato considerato sia dai giudei che dai greci di Corinto. "Noi predichiamo Cristo crocifisso -- egli ammise -- che per i Giudei è scandalo e per i Gentili, pazzia". 1 Corinzi 1:23 (Luzzi). Tra i suoi ascoltatori giudei ce ne sarebbero stati molti che si sarebbero irritati a motivo del messaggio che Paolo stava per proclamare. I greci avrebbero definito folli le sue parole. Egli sarebbe stato considerato uomo di scarsa intelligenza per aver tentato di mostrare come la croce poteva essere connessa con l'elevazione della razza umana o con la salvezza dell'umanità. UVI 153 3 Per Paolo la croce era un oggetto di supremo interesse. Da quando era stato indotto ad abbandonare la persecuzione contro i seguaci del A quel tempo Paolo aveva ricevuto una rivelazione dell'infinito amore di Dio, manifestato nella morte di Cristo, e una meravigliosa trasformazione aveva preso atto nella sua vita, armonizzando tutti i suoi piani e i suoi ideali con la volontà di Dio. Da quel momento, egli era diventato un nuovo uomo in Cristo. Paolo capì per esperienza personale che quando un peccatore contempla l'amore del Padre, come è rivelato nel sacrificio del Figlio, e si sottomette all'influsso divino, realizza un cambiamento del cuore. In questo modo Cristo può diventare la cosa più importante nell'esistenza di ogni uomo. UVI 153 4 Al tempo della sua conversione, Paolo fu ispirato con l'ardente desiderio di aiutare i suoi simili a riconoscere Gesù di Nazareth come il Figlio dell'Iddio vivente, come Colui che è capace di trasformare e salvare ogni uomo. Da allora la sua vita era stata totalmente dedicata alla testimonianza dell'amore e della potenza di Gesù crocifisso. Nel suo grande cuore c'era simpatia per gli appartenenti di ogni ceto sociale. "Io son debitore -- Paolo dichiarò -- tanto ai Greci quanto ai Barbari, tanto ai savî quanto agli ignoranti". Romani 1:14 (Luzzi). L'amore per il Signore della gloria, che egli aveva accanitamente perseguitato, accanendosi contro i suoi santi, era il principio base della sua condotta, e la sua potente motivazione. Se mai egli avesse vacillato nell'adempimento del suo dovere, uno sguardo alla croce e al meraviglioso amore da essa rivelato, sarebbero stati sufficienti a costringerlo a fare dei piani e ad agire con spirito di abnegazione. UVI 154 1 Contempla l'apostolo che predica nella sinagoga a Corinto, che ragiona sugli scritti di Mosè e dei profeti e che annuncia ai suoi ascoltatori l'avvento del Messia promesso. Ascolta come egli spiega l'opera del Redentore, del suo ministero come Sommo sacerdote dell'umanità! Egli doveva espiare, mediante il sacrificio della propria vita, il peccato una volta per tutte, per poi intraprendere il suo ministero nel santuario celeste! Paolo fece comprendere ai suoi ascoltatori che il Messia di cui essi aspettavano l'avvento era già venuto. La sua morte era l'antitipo di tutte le offerte sacrificali, il suo ministero nel santuario celeste era già stato raffigurato e spiegato dal ministero del sacerdozio ebraico. UVI 154 2 Paolo testimoniò "ai Giudei che Gesù era il Cristo". Atti 18:5 (Luzzi). Con le scritture dell'Antico Testamento, egli dimostrò che secondo le profezie e l'attesa universale dei giudei, il Messia doveva essere della discendenza di Abramo e di Davide. Poi, tracciò la discendenza di Gesù dal patriarca Abramo attraverso il regale salmista. Egli lesse la testimonianza dei profeti circa il carattere e l'opera del Messia promesso e circa l'accoglienza e il trattamento che doveva ricevere sulla terra. Poi mostrò che tutte queste predizioni erano state adempiute nella vita, nel ministero, e nella morte di Gesù di Nazareth. UVI 154 3 Paolo spiegò che Cristo era venuto per offrire la salvezza prima di tutto alla nazione che stava aspettando la venuta del Messia per la consumazione e la gloria della sua stessa esistenza. Questa nazione aveva rigettato Colui che avrebbe dato per loro la vita e aveva scelto un'altra guida, il cui potere sarebbe stato vinto dalla morte. Egli si sforzò di far comprendere ai suoi ascoltatori che solo il pentimento poteva salvare la nazione ebrea dall'imminente rovina. Rivelò la loro ignoranza circa il significato di quelle Scritture che erano il loro supremo vanto e gloria. Li rimproverò inoltre per la loro mondanità, per il loro amore per la posizione, per i titoli e per l'esibizione, e per il loro incontrollato egoismo. UVI 154 4 Paolo, sospinto dallo Spirito, riferì la storia della sua miracolosa conversione e confermò la sua fede nelle scritture dell'Antico Testamento: esse erano state pienamente adempiute in Gesù di Nazareth. Le sue parole furono pronunciate con solenne fervore e i suoi ascoltatori non poterono non accorgersi che egli amava con tutto il cuore il Salvatore crocifisso e risorto. Essi videro che la sua mente era centrata in Cristo, che la sua intera vita era legata al suo Signore. Le sue parole furono così tanto impressionanti che solo quelli che avevano l'animo pieno di odio contro la religione cristiana riuscirono a rimanere indifferenti. UVI 155 1 Ma i giudei di Corinto chiusero gli occhi per non vedere l'evidenza che l'apostolo aveva così chiaramente presentata e si rifiutarono di ascoltare i suoi appelli. Lo stesso spirito che li aveva spinti a rigettare Cristo, riempì i loro cuori di rabbia e di furia contro il suo servitore. Se Dio non lo avesse protetto in maniera speciale, perché egli potesse continuare a portare l'Evangelo ai Gentili, essi lo avrebbero ucciso. UVI 155 2 Quando i giudei si opposero e bestemmiarono, Paolo "scosse le sue vesti e disse loro: Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne son netto; da ora innanzi andrò ai Gentili. E partitosi di là, entrò, in casa d'un tale, chiamato Tizio Giusto, il quale temeva Iddio, ed aveva la casa contigua alla sinagoga". Atti 18:6, 7 (Luzzi). UVI 155 3 Sila e Timoteo intanto erano venuti dalla Macedonia per aiutare Paolo, e insieme lavorare per i Gentili. Ai pagani, come ai giudei, l'apostolo e i suoi compagni predicarono Cristo come il Salvatore dell'umanità caduta. Evitando elaborati e sofisticati ragionamenti, i messaggeri della croce persistettero sugli attributi del Creatore del mondo, il supremo Governatore dell'universo. Con i cuori colmi dell'amore di Dio e del suo Figlio, essi pregarono i pagani di accettare l'infinito sacrificio compiuto in favore dell'uomo peccatore. Loro sapevano che se coloro che brancolavano nell'oscurità del paganesimo avessero potuto contemplare la luce emanata dalla croce del Calvario, sarebbero stati attirati al Redentore. "Io, quando sarò innalzato dalla terra -- il Salvatore aveva detto -, trarrò tutti a me". Giovanni 12:32 (Luzzi). UVI 155 4 Sila e Timoteo intanto erano venuti dalla Macedonia per aiutare Paolo, e insieme lavorare per i Gentili. Ai pagani, come ai giudei, l'apostolo e i suoi compagni predicarono Cristo come il Salvatore dell'umanità caduta. Evitando elaborati e sofisticati ragionamenti, i messaggeri della croce persistettero sugli attributi del Creatore del mondo, il supremo Governatore dell'universo. Con i cuori colmi dell'amore di Dio e del suo Figlio, essi pregarono i pagani di accettare l'infinito sacrificio compiuto in favore dell'uomo peccatore. Loro sapevano che se coloro che brancolavano nell'oscurità del paganesimo avessero potuto contemplare la luce emanata dalla croce del Calvario, sarebbero stati attirati al Redentore. "Io, quando sarò innalzato dalla terra -- il Salvatore aveva detto -, trarrò tutti a me". Giovanni 12:32 (Luzzi). UVI 155 5 Gli operai del Vangelo lavorando in Corinto compresero il terribile pericolo che minacciava le anime per cui si davano da fare. Fu con un grande senso di responsabilità che presentarono la verità che è in Gesù. Il loro messaggio fu chiaro e deciso: essi posero in rilievo l'importanza vitale che rivestiva una sua eventuale accettazione. E l'Evangelo fu rivelato non solo dalle loro parole ma anche dalla loro vita quotidiana. Gli angeli cooperarono con loro, e la grazia e la potenza di Dio fu manifestata nella conversione di molti. "E Crispo, il capo della sinagoga, credette nel Signore con tutta la sua casa; e molti dei Corinzî, udendo Paolo, credevano, ed erano battezzati". Atti 18:8 (Luzzi). UVI 156 1 L'odio con il quale i giudei avevano sempre guardato gli apostoli fu ora intensificato. La conversione e il battesimo di Crispo ebbero l'effetto di esasperare invece che convincere questi testardi oppositori. Essi non poterono presentare argomenti per contrastare la predicazione di Paolo, per questo ricorsero all'inganno e li attaccarono profanando il Vangelo e bestemmiando con malignità, il nome di Gesù. Nella loro cieca rabbia, nessuna parola era troppo amara, nessun mezzo troppo basso, purché servisse al loro scopo. Non potendo negare che Cristo aveva compiuto miracoli, essi dichiararono che li aveva compiuti mediante la potenza di Satana. Inoltre, affermarono sfacciatamente che le meravigliose opere di Paolo erano compiute usufruendo quella stessa potenza. UVI 156 2 Sebbene Paolo avesse un certo successo in Corinto, tuttavia la malvagità che egli vide in quella corrotta città quasi lo scoraggiò. La depravazione che aveva denunciato fra i Gentili, l'opposizione, e gli insulti che ricevette dai giudei, provocarono in lui una grande angoscia di spirito. Egli dubitò di poter costruire una chiesa con il materiale umano che c'era in quel posto. UVI 156 3 Mentre Paolo si preparava a lasciare quella città per un campo più promettente, e cercava ardentemente di capire il proprio dovere, il Signore gli apparve in visione, e disse: "Non temere, ma parla e non tacere; perché io son teco, e nessuno metterà le mani su te per farti del male; poiché io ho un gran popolo in questa città". Atti 18:9, 10 (Luzzi). Paolo comprese che queste parole garantivano che il Signore avrebbe moltiplicato il seme sparso, se avesse ubbidito alla sua volontà e fosse rimasto a Corinto. Tale fatto lo incoraggiò a continuare con zelo e perseveranza il suo lavoro in quella città. UVI 156 4 Gli sforzi dell'apostolo non furono limitati alla predicazione pubblica; ce n'erano molti che non si sarebbero potuti raggiungere in quel modo. Egli spese molto tempo lavorando di casa in casa, divenendo così familiare con le abitudini delle famiglie. Visitò gli ammalati e i sofferenti, confortò gli afflitti, e rialzò l'oppresso. In tutto ciò che disse e fece, egli glorificò il nome di Gesù. Lavorò "con debolezza, e con timore, e con gran tremore". 1 Corinzi 2:3 (Luzzi). Egli gemeva al pensiero che il suo insegnamento rivelasse l'immagine umana invece di quella divina. UVI 157 1 "Nondimeno fra quelli che son maturi -- Paolo dichiarò in seguito -- noi esponiamo una sapienza, una sapienza però non di questo secolo né de' principi di questo secolo che stan per essere annientati, ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa ed occulta che Dio avea innanzi i secoli predestinata a nostra gloria e che nessuno de' principi di questo mondo ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signor della gloria. Ma, com'è scritto: le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d'uomo, son quelle che Dio ha preparato per coloro che l'amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; perché lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio. Infatti, chi fra gli uomini, conosce le cose dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? E così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio. UVI 157 2 "Or noi abbiam ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo Spirito che vien da Dio, affinché conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio; e noi ne parliamo non con le parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnante dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali". 1 Corinzi 2:6-13 (Luzzi). UVI 157 3 Paolo comprese che la sua forza non proveniva da se stesso ma dalla presenza dello Spirito Santo che riempiva il suo cuore di un influsso salvifico e che assoggettava ogni suo pensiero a Cristo. Parlando di questa condizione, egli disse: "Portiam sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo". 2 Corinzi 4:10 (Luzzi). Cristo fu la principale figura dell'insegnamento paoliono. "Non son più io che vivo -- egli dichiarò -- ma è Cristo che vive in me". Galati 2:20 (Luzzi). Il suo io era nascosto, mentre Cristo era rivelato e innalzato. UVI 157 4 Paolo fu un eloquente oratore. Prima della sua conversione aveva spesso cercato di impressionare i suoi ascoltatori con l'esibizione della sua arte oratoria. Ma ora abbandonò tutto questo. Invece di indulgere in descrizioni poetiche e in rappresentazioni dettate dall'immaginazione che potevano soddisfare i sensi e provocare meraviglia ma che non avrebbero toccato l'esperienza quotidiana, Paolo si sforzò di usare un linguaggio semplice che potesse far penetrare nei cuori le verità di vitale importanza. Tali rappresentazioni della verità possono anche provocare sentimenti di estasi, ma spesso le verità presentate in questo modo non giovano a fortificare e preparare il credente per le lotte della vita. I bisogni immediati, le prove presenti, le lotte dell'anima devono essere affrontati con una istruzione appropriata che prepari alla pratica dei fondamentali princìpi del cristianesimo. UVI 157 5 L'opera di Paolo in Corinto non rimase senza frutti. Molti abbandonarono il culto degli idoli per servire l'Iddio vivente e si costituì una grande chiesa sotto lo stendardo di Cristo. Alcuni fra i Gentili più dissoluti divennero esempi viventi di come la grazia di Dio e il sangue di Cristo siano efficaci nel purificare l'animo dal peccato. UVI 158 1 Il crescente successo che Paolo ebbe nel presentare Cristo, spinse i giudei increduli a una sempre maggiore opposizione. Essi si unirono in gruppo e "tutti d'accordo, si levaron contro Paolo, e lo menarono dinanzi al tribunale" di Gallione, in quel periodo proconsole d'Acacia. I giudei si aspettavano che le autorità si affiancassero a loro, come era successo in precedenti occasioni. E con grida e con voci rabbiose presentarono la loro accusa contro l'apostolo, dicendo: "Costui va persuadendo gli uomini ad adorare Iddio in modo contrario alla legge". Atti 18:12, 13 (Luzzi). UVI 158 2 La religione ebraica era sotto la protezione romana e gli accusatori di Paolo pensarono che se avessero potuto accusarlo di violazione delle leggi della loro religione, egli sarebbe stato molto probabilmente consegnato nelle loro mani perché si procedesse al suo processo e alla sua condanna. Così pensavano di poterlo eliminare una volta per tutte. Ma Gallione era un uomo integro e si rifiutò di diventare la marionetta di quei gloriosi e intriganti giudei. Disgustato dal loro bigottismo e autogiustificazione, egli non prese atto dell'accusa. Mentre Paolo si preparava a parlare in sua difesa, Gallione gli disse che non sarebbe stato necessario. Poi, voltatosi verso gli accusatori, affermò: "Se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche mala azione, o Giudei, io vi ascolterei pazientemente, come ragion vuole. Ma se si tratta di questioni intorno a parole, a nomi, e alla vostra legge, provvedeteci voi; io non voglio esser giudice di codeste cose. E li mandò via dal tribunale". Atti 18:14-16 (Luzzi). UVI 158 3 Entrambi, giudei e greci, avevano aspettato ansiosamente la decisione di Gallione. Quando egli chiuse il caso, non considerandolo di pubblico interesse, essi capirono che era tempo di ritirarsi. Rabbia e confusione dominavano gli animi dei giudei. La decisione del proconsole aprì gli occhi della folla che era stata incitata dai giudei. Per la prima volta nel viaggio missionario di Paolo in Europa, la folla fu dalla sua parte. Sotto gli stessi occhi del proconsole, e senza essere da lui interferiti, circondarono il più prominente degli accusatori dell'apostolo. "Allora tutti, afferrato Sostène, il capo della sinagoga, lo battevano davanti al tribunale. E Gallione non si curava affatto di queste cose". Atti 18:17 (Luzzi). Così il cristianesimo ottenne una significativa vittoria. UVI 158 4 "Quanto a Paolo, ei rimase ancora molti giorni a Corinto". Atti 18:18 (Luzzi). Se l'apostolo, in questo momento, fosse stato costretto a lasciare Corinto, i convertiti alla fede di Gesù sarebbero stati messi in una posizione pericolosa. I giudei avrebbero tentato di approfittare del vantaggio ottenuto per eliminare i cristiani in quella regione. ------------------------Capitolo 25: Le lettere ai tessalonicesi UVI 160 1 L'arrivo di Sila e Timoteo dalla Macedonia, durante il soggiorno di Paolo in Corinto, aveva grandemente rallegrato l'apostolo. Essi gli recarono buone notizie circa la fede e l'amore di quelli che avevano accettato la verità durante la prima visita dei messaggeri del Vangelo a Tessalonica. 1 Tessalonicesi 3:6. Il cuore di Paolo fu preso da una tenera simpatia per questi credenti, che in mezzo a prove e avversità erano rimasti fedeli a Dio. Egli desiderava visitarli di persona, e siccome questo non fu possibile, scrisse loro. UVI 160 2 In una prima lettera, l'apostolo espresse la sua gratitudine a Dio per la gioiosa notizia della loro accresciuta fede. "Fratelli -- egli scrisse -, siamo stati consolati a vostro riguardo, in mezzo a tutte le nostre distrette e afflizioni, mediante la vostra fede; perché ora viviamo, se voi state saldi nel Signore. Poiché quali grazie possiam noi rendere a Dio, a vostro riguardo, per tutta l'allegrezza della quale ci rallegriamo a cagion di voi nel cospetto dell'Iddio nostro, mentre notte e giorno preghiamo intensamente di poter vedere la vostra faccia e supplire alle lacune della vostra fede?" 1 Tessalonicesi 3:7-10 (Luzzi). UVI 160 3 "Noi rendiamo del continuo grazie a Dio per voi tutti, facendo di voi menzione nelle nostre preghiere, ricordandoci del continuo nel cospetto del nostro Dio e Padre, dell'opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della costanza della vostra speranza nel nostro Signor Gesù Cristo". 1 Tessalonicesi 1:2, 3 (Luzzi). UVI 160 4 Molti dei credenti di Tessalonica si erano "convertiti dagl'idoli a Dio per servire all'Iddio vivente e vero". Essi avevano ricevuto "la Parola in mezzo a molte afflizioni", e i loro cuori si erano riempiti "con l'allegrezza dello Spirito Santo". L'apostolo dichiarò che a motivo della loro fedeltà nel seguire il Signore, essi erano "diventati un esempio a tutti i credenti della Macedonia e dell'Acacia". Queste parole di raccomandazione non erano demeritate, "poiché da voi -- egli scrisse la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell'Acacia, ma la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo". 1 Tessalonicesi 1:6-9 (Luzzi). UVI 160 5 I credenti di Tessalonica erano dei veri missionari. I loro cuori ardevano di zelo per il Salvatore che li aveva liberati dal timore dell'ira a venire". 1 Tessalonicesi 1:10 (Luzzi). Per mezzo della grazia di Cristo nelle loro vite era avvenuta una meravigliosa trasformazione. La parola del Signore che essi annunziarono fu accompagnata da potenza. I cuori furono convinti delle verità presentate e altre persone si aggiunsero alla comunità dei credenti. UVI 161 1 In questa prima epistola, Paolo spiegò il suo metodo di lavoro tra i Tessalonicesi. Egli dichiarò di non avere mai tentato di fare dei convertiti per mezzo dell'inganno o dell'astuzia. "Ma siccome siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l'Evangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Difatti, non abbiamo mai usato un parlar lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Iddio ne è testimone. E non abbiam cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, quantunque, come apostoli di Cristo, avessimo potuto far valere la nostra autorità; invece, siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i propri figliuoli. Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto l'Evangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate divenuti cari". 1 Tessalonicesi 2:4-8 (Luzzi). UVI 161 2 "Voi siete testimoni -- l'apostolo continuò -, Dio lo è pure del modo santo, giusto e irreprensibile con cui ci siamo comportati verso voi che credete; e sapete pure che, come fa un padre coi suoi figliuoli, noi abbiamo esortato, confortato e scongiurato ciascun di voi a condursi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria". 1 Tessalonicesi 2:10-12 (Luzzi). UVI 161 3 "E per questa ragione anche noi rendiamo del continuo grazie a Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione, cioè la parola di Dio, voi l'accettaste non come parola d'uomini ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete... Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra allegrezza, o la corona di cui ci gloriamo? Non siete forse voi, nel cospetto del nostro Signor Gesù quand'egli verrà? Sì, certo, la nostra gloria e la nostra allegrezza siete voi". 1 Tessalonicesi 2:13, 19, 20 (Luzzi). In questa prima lettera ai credenti di Tessalonica, Paolo si sforzò di istruirli circa il vero stato dei morti. Egli spiegò che la morte corrisponde a uno stato di incoscienza. "Or, fratelli, non vogliamo che siate in ignoranza circa quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Poiché, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, così pure, quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Gesù, li ricondurrà con esso lui... perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore". 1 Tessalonicesi 4:13, 14, 16, 17 (Luzzi). UVI 162 1 I tessalonicesi si erano ansiosamente aggrappati all'idea che Cristo stava per ritornare per trasformare i fedeli che erano in vita e portarli con sé. Essi avevano preservato la vita dei loro amici, perché non morissero e perdessero la benedizione che aspettavano di ricevere alla venuta del loro Signore. Ma i loro cari erano morti, uno dopo l'altro e i tessalonicesi guardavano per l'ultima volta il volto dei loro cari scomparsi, non osando sperare di incontrarli nella vita futura. Tale credenza era fonte di angoscia per il loro animo. UVI 162 2 Quando la lettera di Paolo fu aperta e letta le parole rivelanti il vero stato dei morti recarono alla chiesa grande gioia e consolazione. Paolo mostrava che i viventi al ritorno di Cristo non avrebbero preceduto i defunti nell'incontrare il Signore. La voce dell'arcangelo e la tromba di Dio avrebbe raggiunto coloro che dormivano e i morti in Cristo sarebbero risuscitati per primi, prima che il tocco dell'immortalità fosse dato ai viventi. "Poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole". 1 Tessalonicesi 4:17, 18 (Luzzi). UVI 162 3 Questa certezza recò alla giovane chiesa di Tessalonica così tanta speranza e gioia che noi possiamo solo vagamente immaginare. Essi credettero e custodirono la lettera mandata dal loro padre spirituale. I loro cuori furono colmi di amore per lui. Egli aveva già detto loro queste cose: ma a quel tempo le loro menti erano così assorte nell'afferrare la novità di quelle dottrine da non riuscire a cogliere l'importanza di alcuni punti. Erano affamati di verità, e l'epistola di Paolo aveva dato loro nuova speranza, forza, una fede più salda e un affetto più profondo per Colui che mediante la sua morte aveva offerto vita e immortalità all'uomo caduto. UVI 162 4 Essi si rallegrarono del fatto che i loro amici credenti sarebbero risorti dalla tomba, per vivere una vita eterna nel regno di Dio. L'oscurità che aveva avvolto la dimora dei morti fu dissipata. Un nuovo splendore incoronò la fede cristiana, ed essi videro una nuova gloria nella vita, nella morte e nella risurrezione di Cristo. UVI 162 5 Paolo scrisse: "Così pure, quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Gesù, li ricondurrà con esso lui". 1 Tessalonicesi 4:14 (Luzzi). Molti interpretano questo versetto credendo ch'esso giustifichi l'idea che i morti ritorneranno con Cristo dal cielo; ma Paolo intendeva che come Cristo fu risuscitato dai morti, così Dio chiamerà dalle loro tombe i credenti che vi si trovano per condurli con sé nel cielo. Quale preziosa consolazione! Quale gloriosa speranza! Non solo per la chiesa di Tessalonica, ma per tutti i cristiani ovunque essi siano. UVI 163 1 Quando aveva lavorato a Tessalonica, Paolo aveva presentato così esaurientemente il tema dei segni dei tempi, mostrando gli eventi che sarebbero accaduti prima del ritorno del Figlio dell'uomo sulle nuvole del cielo, che egli non reputò necessario dilungarsi sui particolari. Egli, comunque, si riferì ai suoi precedenti insegnamenti. "Or quanto ai tempi ed ai momenti -- egli disse -- non avete bisogno che vi se ne scriva; perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte. Quando diranno: Pace e sicurezza, allora di subito una improvvisa ruina verrà loro addosso". 1 Tessalonicesi 5:1-3 (Luzzi). UVI 163 2 Oggi, ci sono molti nel mondo che chiudono gli occhi di fronte ai segni che Cristo ha dato per avvertire gli uomini della sua venuta. Essi cercano di calmare la loro inquietudine, mentre allo stesso tempo i segni della fine si stanno adempiendo, e il mondo si avvicina al giorno che il Figlio dell'uomo sarà rivelato sulle nuvole del cielo. Paolo insegna che è peccato rimanere indifferenti ai segni che devono precedere la seconda venuta di Cristo. Coloro che coscientemente li ignorano, vengono chiamati da Paolo figli della notte e delle tenebre. Egli incoraggia quelli che vigilano e vegliano, con queste parole: "Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, sì che quel giorno abbia a cogliervi a guisa di ladro; poiché voi tutti siete figlioli di luce e figlioli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre; non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobrî". 1 Tessalonicesi 5:4-6 (Luzzi). UVI 163 3 Gli insegnamenti di Paolo su questo soggetto sono di speciale importanza per la chiesa nel nostro tempo. Coloro che vivono così vicini al tempo della fine dovrebbero essere toccati con forza da queste parole di Paolo: "Ma noi, che siamo del giorno, siamo sobrî, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore, e preso per elmo la speranza della salvezza. Poiché Iddio non ci ha destinati ad ira, ma ad ottener salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui". 1 Tessalonicesi 5:8-10 (Luzzi). UVI 163 4 Il cristiano che vigila è un cristiano attivo, che cerca di fare con tutte le sue forze tutto ciò che è in suo potere per l'avanzamento del Vangelo. Come l'amore per il suo Salvatore aumenta, così aumenta anche l'amore per il suo prossimo. Egli subisce delle prove severe, come le ha subite il suo Maestro, ma non permette all'afflizione di amareggiarlo o di distruggere la sua pace interiore. Egli sa che la prova, se bene sopportata, affinerà le sue qualità e lo purificherà, conducendolo a una più intima comunione con Cristo. Coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo parteciperanno anche alla sua consolazione e alla fine condivideranno la sua gloria. UVI 164 1 "Or, fratelli -- continua Paolo nella sua lettera -- vi preghiamo di avere in considerazione coloro che faticano fra voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono, e di tenerli in grande stima ed amarli a motivo dell'opera loro. Vivete in pace fra voi". 1 Tessalonicesi 5:12, 13 (Luzzi). UVI 164 2 I credenti di Tessalonica erano grandemente infastiditi da uomini che avevano portato in mezzo a loro idee e dottrine dettate dal fanatismo. Quest'ultimi si comportavano "disordinatamente, non lavorando affatto, ma affaccendandosi in cose vane". 2 Tessalonicesi 3:11 (Luzzi). La chiesa era stata organizzata con ordine, ed erano stati scelti dei responsabili per provvedere alle sue diverse esigenze. Ma c'erano alcuni credenti ostinati e impulsivi che rifiutavano di sottomettersi agli anziani e ai diaconi, accettando la posizione di autorità che ricoprivano nella chiesa. Essi pretendevano, oltre al diritto di giudicare la vita privata degli altri, quello di imporre pubblicamente le loro opinioni alla chiesa. In vista di questo, Paolo richiamò l'attenzione dei Tessalonicesi al rispetto e all'ossequio dovuto a quelli che erano stati scelti a occupare posizioni di autorità nella chiesa. UVI 164 3 Paolo, ansioso che i credenti di Tessalonica camminassero nel timore di Dio, li supplicò di comportarsi in modo degno di Dio nella loro vita quotidiana. "Del rimanente, fratelli, come avete imparato da noi il modo in cui vi dovete condurre e piacere a Dio (ed è così che già vi conducete), vi preghiamo e vi esortiamo nel Signor Gesù a vie più progredire. Poiché sapete quali comandamenti vi abbiamo dati per la grazia del Signor Gesù. Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che v'asteniate dalla fornicazione... Poiché Iddio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione". 1 Tessalonicesi 4:1-3, 7 (Luzzi). UVI 164 4 L'apostolo si sentiva in grande misura responsabile del benessere spirituale di quelli che si erano convertiti per il suo ministero. Egli desiderava che essi potessero crescere nella conoscenza del solo e vero Dio, e di Gesù Cristo, che Egli aveva mandato. Spesso durante il suo ministero Paolo si era incontrato con piccoli gruppi di uomini e donne che amavano Gesù, e si era inginocchiato in preghiera per chiedere a Dio di insegnare loro come mantenere una comunione vivente con lui. Spesso si era consigliato con loro per trovare il metodo migliore di portare agli altri la luce della verità contenuta nel Vangelo. E altre volte, quando si era trovato lontano da coloro per i quali aveva lavorato, egli supplicò Dio di proteggerli dal male e di assisterli nei tentativi che facevano per diventare attivi e zelanti missionari. UVI 165 1 Una delle più grandi prove di una vera conversione è l'amore per Dio e per l'uomo. Quelli che accettano Gesù come loro Redentore, hanno un profondo e sincero amore per le persone che condividono la loro stessa fede. Così era per i credenti di Tessalonica. "Or quanto all'amor fraterno -- l'apostolo scrisse -- non avete bisogno che io ve ne scriva, giacché voi stessi siete stati ammaestrati da Dio ad amarvi gli uni gli altri; e invero voi lo fate verso tutti i fratelli che sono nell'intera Macedonia. Ma v'esortiamo, fratelli, che vie più abbondiate in questo, e vi studiate di vivere in quiete, di fare i fatti vostri e di lavorare con le vostre mani, come v'abbiamo ordinato di fare, onde camminate onestamente verso quelli di fuori, e non abbiate bisogno di nessuno". 1 Tessalonicesi 4:9-12 (Luzzi). UVI 165 2 "Il Signore vi accresca e vi faccia abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso voi, per confermare i vostri cuori, onde siano irreprensibili in santità nel cospetto di Dio nostro Padre, quando il Signor nostro Gesù verrà con tutti i suoi santi". 1 Tessalonicesi 3:12, 13 (Luzzi). UVI 165 3 "V'esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere longanimi verso tutti. Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male; anzi procacciate sempre il bene gli uni degli altri, e quello di tutti. Siate sempre allegri; non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, poiché tale è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi". 1 Tessalonicesi 5:14-18 (Luzzi). UVI 165 4 L'apostolo esortò i tessalonicesi a stare attenti a non disprezzare il dono di profezia, e con queste parole: "Non spegnete lo Spirito; non disprezzate le profezie; ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene" (1 Tessalonicesi 5:19, 20, Luzzi), incoraggiò a fare un'attenta discriminazione nel distinguere il falso dal vero. Egli li esortò ad astenersi "da ogni specie di male" e terminò la sua lettera con la preghiera che Dio li santificasse completamente e che "lo spirito, l'anima e il corpo" potesse essere "conservato irreprensibile, per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo. Fedele a Colui che vi chiama -- Paolo aggiunse -, ed Egli farà anche questo". 1 Tessalonicesi 5:22-24 (Luzzi). UVI 165 5 L'istruzione che Paolo diede ai tessalonicesi nella sua prima epistola circa la seconda venuta di Cristo era in perfetta armonia con i suoi precedenti insegnamenti. Tuttavia alcuni dei fratelli di Tessalonica malintesero le sue parole. Essi comprensero che Paolo esprimesse la speranza che lui stesso sarebbe vissuto per testimoniare l'avvento del Salvatore. Questa convinzione contribuì ad aumentare il loro entusiasmo e la loro eccitazione. Coloro che nel passato avevano trascurato le loro responsabilità e i loro doveri, divennero più insistenti nell'imporre le loro erronee opinioni. UVI 166 1 Nella seconda lettera (ai tessalonicesi), Paolo cercò di correggere i malintesi relativi ai suoi insegnamenti, spiegando quale veramente fosse la sua posizione. Egli espresse di nuovo la sua fiducia nella loro integrità e la sua gratitudine perché erano forti nella fede e abbondavano nell'amore per il prossimo e per la causa del Maestro. Egli disse loro che li presentava alle altre chiese come un esempio di fede paziente e perseverante che coraggiosamente sopporta la persecuzione e le tribolazioni. Occorreva considerare il tempo della seconda venuta di Cristo, quando il popolo di Dio si riposerà da tutte le sue preoccupazioni e perplessità. UVI 166 2 "Noi stessi ci gloriamo di voi nelle chiese di Dio -- egli scrisse -, a motivo della vostra costanza e fede in tutte le vostre persecuzioni e afflizioni che voi sostenete... e a voi che siete afflitti, requie con noi, quando il Signor Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza, in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Iddio, e di coloro che non ubbidiscono al Vangelo del nostro Signor Gesù. I quali saranno puniti di eterna distruzione, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza... Ed è a quel fine che preghiamo anche del continuo per voi affinché l'Iddio nostro vi reputi degni di una tal vocazione e compia con potenza ogni vostro buon desiderio e l'opera della vostra fede, onde il nome del nostro Signor Gesù sia glorificato in voi, e voi in lui, secondo la grazia dell'Iddio nostro e del Signor Gesù Cristo". 2 Tessalonicesi 1:4-12 (Luzzi). UVI 166 3 Prima del ritorno di Cristo, dovevano manifestarsi quegli importanti sviluppi nel mondo religioso che erano stati predetti dalla profezia. L'apostolo dichiarò: "Vi preghiamo di non lasciarvi così presto travolgere la mente, né turbare sia da ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche epistola data come nostra, quasi che il giorno del Signore fosse imminente. Nessuno vi tragga in errore in alcuna maniera; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato, il figliuolo della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto quello che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e dicendo ch'egli è Dio". 2 Tessalonicesi 2:2-4 (Luzzi). UVI 166 4 Le parole di Paolo non dovevano essere malintese. Non doveva essere detto che lui, per mezzo di una speciale rivelazione avesse avvertito i tessalonicesi dell'immediato ritorno di Cristo. Una tale interpretazione avrebbe causato confusione nella fede, perché la delusione spesso conduce all'incredulità. L'apostolo perciò ammonì i fratelli a non ricevere un tale messaggio come se provenisse da lui; e continuò a enfatizzare il fatto che il potere papale, così chiaramente descritto dal profeta Daniele, doveva ancora sorgere e far guerra al popolo di Dio. Fino a quando questa potenza non avrebbe compiuto il suo mortale e blasfemo lavoro, invano la chiesa avrebbe atteso la venuta del suo Signore. "Non vi ricordate -- chiese Paolo -- che quand'ero ancora presso di voi io vi dicevo queste cose?" 2 Tessalonicesi 2:5 (Luzzi). UVI 167 1 Prove terribili dovevano assalire la vera chiesa. Anche al tempo in cui l'apostolo stava scrivendo, il "mistero dell'empietà" aveva già iniziato la sua opera. Gli sviluppi che dovevano avvenire nel futuro dovevano essere "l'azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi; e con ogni sorta d'inganno d'iniquità a danno di quelli che periscono". 2 Tessalonicesi 2:9, 10 (Luzzi). UVI 167 2 Specialmente solenne è la dichiarazione dell'apostolo circa quelli che avrebbero rifiutato di farsi guidare dall'amore della verità. Per tutti coloro che avrebbero deliberatamente rigettato i messaggi della verità, "Iddio manda loro efficacia d'errore onde credano alla menzogna; affinché tutti quelli che non han creduto alla verità, ma si son compiaciuti nell'iniquità, siano giudicati". 2 Tessalonicesi 2:11, 12 (Luzzi). L'uomo non può rigettare impunemente gli avvertimenti che Dio, nella sua misericordia, gli manda. Egli ritira il suo Spirito da coloro che persistono nel rifiutare i suoi avvertimenti e li abbandona agli inganni che essi amano. UVI 167 3 Così Paolo descrisse l'opera funesta che la potenza del male avrebbe condotto attraverso i lunghi secoli di oscurità e di persecuzione che avrebbero preceduto il secondo avvento di Cristo. I credenti di Tessalonica avevano sperato in un'immediata liberazione. Ora furono ammoniti a intraprendere coraggiosamente e nel timore di Dio l'opera che avevano dinanzi. L'apostolo li esortò a non trascurare i loro doveri e a non abbandonarsi a una oziosa attesa. Il passaggio dall'attesa di una liberazione immediata alla routine quotidiana e alla opposizione che avrebbero incontrato sarebbe sembrato senza dubbio insopportabile. Per questo motivo egli li esortò a rimanere saldi nella fede. UVI 167 4 "State saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiam trasmessi sia con la parola, sia con una nostra epistola. Or lo stesso Signor nostro Gesù Cristo e Iddio nostro Padre che ci ha amati e ci ha dato per la sua grazia una consolazione eterna e una buona speranza, consoli i vostri cuori e vi confermi in ogni opera buona e in ogni buona parola". "Il Signore è fedele, ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno. E noi abbiam di voi questa fiducia nel Signore, che fate e farete le cose che vi ordiniamo. E il Signore diriga i vostri cuori all'amor di Dio e alla paziente aspettazione di Cristo". 2 Tessalonicesi 2:15-17; 3:3-5 (Luzzi). UVI 168 1 L'opera dei credenti era stata affidata loro da Dio. Per mezzo della loro fedele aderenza alla verità, essi dovevano dare agli altri la luce che avevano ricevuta. L'apostolo li esortò a non stancarsi di fare il bene e indicò loro il suo stesso esempio di diligenza nelle faccende temporali mentre operava con incrollabile zelo all'avanzamento della causa di Cristo. Egli rimproverò quelli che si erano abbandonati all'indolenza e a vani eccitamenti e gli ordinò di mangiare "il loro proprio pane, quietamente lavorando". 2 Tessalonicesi 3:12 (Luzzi). Ordinò anche che la chiesa allontanasse chiunque avrebbe persistito nel trascurare l'istruzione data dai ministri di Dio. "Però -- egli aggiunse -- non lo tenete per nemico, ma ammonitelo come fratello". 2 Tessalonicesi 3:15 (Luzzi). UVI 168 2 Paolo concluse anche questa epistola con una preghiera, che in mezzo alle fatiche e alle prove della vita, la pace di Dio e la grazia del Signor Gesù Cristo potesse essere la loro consolazione e il loro sostegno. ------------------------Capitolo 26: Apollo a Corinto UVI 169 1 Dopo Corinto, il nuovo campo di lavoro di Paolo fu Efeso. Poiché Egli si recava a Gerusalemme per assistere alle prossime festività, la visita a Efeso fu necessariamente breve. L'apostolo discusse con i giudei nella sinagoga, e l'impressione data fu così favorevole che lo implorarono di continuare la sua opera in mezzo a loro. A quel tempo, il suo piano di visitare Gerusalemme gli impedì di rimanere, ma promise che sarebbe ritornato da loro "...se Dio vorrà". Atti 18:21. Paolo si era recato a Efeso accompagnato da Aquila e Priscilla, ed egli li lasciò lì per portare avanti l'opera che era stata iniziata. UVI 169 2 Fu durante questo periodo che "un certo Giudeo, per nome Apollo, oriundo d'Alessandria, uomo eloquente e potente nelle Scritture arrivò a Efeso". Atti 18:24 (Luzzi). Egli aveva udito la predicazione di Giovanni il Battista, aveva ricevuto il battesimo di pentimento, ed era una testimonianza vivente del fatto che l'opera del profeta non era stata vana. Le Scritture informano che Apollo "era stato ammaestrato nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, parlava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni". Atti 18:25 (Luzzi). UVI 169 3 Mentre era a Efeso, Apollo "cominciò pure a parlar francamente nella sinagoga". Tra i suoi ascoltatori c'erano Aquila e Priscilla, i quali, percependo che egli non aveva ancora ricevuto la completa luce del Vangelo, "lo presero seco e gli esposero più appieno la via di Dio". Atti 18:26 (Luzzi). Per mezzo dei loro insegnamenti egli ottenne una comprensione più chiara delle Scritture e divenne uno dei più abili difensori della fede cristiana. UVI 169 4 Apollo desiderava recarsi in Acaia, e i fratelli di Efeso "scrissero ai discepoli che l'accogliessero" come un insegnante in completa armonia con la chiesa di Cristo. Egli andò a Corinto, dove attraverso un lavoro pubblico e di casa in casa, convinse i giudei "dimostrando per le Scritture che Gesù è il Cristo". Atti 18:27, 28 (Luzzi). Paolo aveva seminato il seme della verità; Apollo ora lo innaffiò. Il successo che Apollo ottenne nella predicazione del Vangelo, condusse alcuni credenti a esaltare la sua opera al di sopra di quella di Paolo. Questo paragonare un uomo con un altro portò nella chiesa uno spirito di divisione che minacciò di ostacolare grandemente il progresso del Vangelo. UVI 170 1 Paolo, durante l'anno e mezzo che aveva trascorso a Corinto, aveva deliberatamente presentato il Vangelo nella sua semplicità. "Non venni ad annunziarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola", Paolo scrisse ai Corinzi. Egli si era avvicinato a loro con molto timore e trepidazione, "in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio". 1 Corinzi 2:1, 4, 5 (Luzzi). UVI 170 2 Per necessità, Paolo aveva adattato il suo metodo di insegnamento alla condizione della chiesa. "Io, fratelli, non ho potuto parlarvi come a spirituali ma ho dovuto parlarvi come a carnali -- egli dopo spiegò loro -, come a bambini in Cristo. V'ho nutriti di latte, non di cibo solido, perché non eravate ancora da tanto; anzi, non lo siete neppure adesso". 1 Corinzi 3:1, 2 (Luzzi). Molti dei credenti di Corinto erano stati lenti nell'imparare le lezioni che Paolo si sforzava di insegnare. Il loro avanzamento nella conoscenza spirituale non era stato proporzionato ai privilegi e alle opportunità che erano state offerte. Essi avrebbero dovuto essere ben più avanti nell'esperienza cristiana, e avrebbero dovuto essere capaci di comprendere e praticare le più profonde verità della Parola; essi, invece, erano nella stessa condizione dei discepoli quando Cristo disse loro: "Molte cose ho ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata". Giovanni 16:12 (Luzzi). La gelosia, la malizia e le accuse avevano chiuso i cuori di molti cristiani di Corinito all'influsso dello Spirito Santo, il quale "investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio". 1 Corinzi 2:10 (Luzzi). Per quanto conoscitori potessero essere nella mondana conoscenza, essi non erano che bambini nella conoscenza di Cristo. UVI 170 3 Il lavoro di Paolo a Corinto era stato quello di istruire i convertiti nei fondamenti, nel semplice alfabeto della fede cristiana. Egli era stato costretto a istruirli come si istruiscono gli ignoranti circa l'azione della potenza divina sul cuore umano. A quel tempo essi erano incapaci di comprendere i misteri della salvezza; perché "l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente". 1 Corinzi 2:14 (Luzzi). Paolo si era sforzato di seminare il seme che altri dovevano innaffiare. Quelli che lo seguirono dovevano portare avanti il lavoro dal punto dove era stato lasciato, dando luce spirituale e conoscenza nella giusta stagione e nella misura che fosse più congeniale alle reali esigenze di quella comunità. UVI 170 4 L'apostolo, quando iniziò la sua opera in Corinto, comprese che doveva introdurre con molta attenzione le grandi verità che desiderava insegnare. Egli sapeva che tra i suoi ascoltatori c'erano degli uomini orgogliosi che sostenevano con teorie umane dei falsi sistemi di adorazione. Questi uomini brancolavano nel buio, sperando di trovare nel libro della natura teorie che contraddicessero la, realtà della vita spirituale e immortale rivelata nelle Scritture. Egli sapeva anche che persone ispirate da uno spirito di critica avrebbero cercato di contraddire l'interpretazione cristiana della Parola rivelata; a costoro si sarebbero aggiunti degli scettici che avrebbero trattato il Vangelo di Cristo con scherno e derisione. UVI 171 1 Mentre Paolo si sforzava di guidare le persone ai piedi della croce, non tentò di rimproverare direttamente quelli che erano licenziosi o di mostrare quanto atroci fossero i loro peccati agli occhi di un Dio santo. Egli cercò piuttosto di mettere dinanzi a loro il vero oggetto della vita, e di imprimere sulle menti le lezioni del divino Maestro, che se accettate, li avrebbero allontanati dalla mondanità e dal peccato per condurli alla purezza e alla vera giustizia. Paolo si soffermò specialmente sulla morale pratica e sulla santità che devono raggiungere coloro che desiderano essere reputati degni di un posto nel regno di Dio. Egli sperò di vedere la luce del Vangelo di Cristo squarciare l'oscurità delle loro menti, così che essi potessero vedere quanto fossero offensive le loro pratiche immorali agli occhi di Dio. Perciò il centro del suo insegnamento tra loro fu il Cristo crocifisso. L'apostolo cercò di mostrare che l'oggetto preferito della loro attenzione e della loro gioia doveva riguardare la meravigliosa verità della salvezza per mezzo del pentimento e della fede nel Signor Gesù Cristo. UVI 171 2 Il filosofo rigetta la luce della salvezza perché essa svilisce le sue superbe teorie. Il mondano rifiuta di riceverla perché lo separerebbe dai suoi idoli terreni. Paolo capiva che il carattere di Cristo doveva essere compreso prima ancora che gli uomini fossero capaci di amarlo e guardare alla croce con gli occhi della fede. è qui che comincia lo studio che deve essere la scienza e il cantico dei redenti per tutta l'eternità. Solo alla luce della croce si può stimare il vero valore dell'anima umana. UVI 171 3 L'influsso della grazia di Dio cambia e raffina le naturali inclinazioni dell'uomo. Il cielo non è desiderabile a colui che ha una mente condizionata dai valori mondani; il cuore naturale e corrotto non sente alcuna attrazione per quel luogo puro e santo; e anche se gli fosse possibile entrare, non troverebbe niente che gli è congeniale. Gli impulsi che controllano il cuore naturale devono essere sottomessi alla grazia di Cristo, prima che l'uomo caduto possa essere idoneo per entrare nel cielo e gioire la compagnia dei santi angeli. Quando l'uomo muore al peccato e si risveglia a una nuova vita in Cristo, il suo cuore è ripieno dell'amore divino, il suo intelletto è santificato, egli beve da una inesauribile fonte di gioia e conoscenza. La luce di un giorno eterno brilla sul suo sentiero, perché con lui c'è di continuo la Luce della vita. UVI 172 1 Paolo aveva cercato di imprimere sulla mente dei fratelli di Corinto il fatto che sia lui sia i suoi colleghi nel ministero non erano che uomini inviati da Dio a insegnare la verità e che erano tutti impegnati nella stessa opera. Ognuno di loro doveva dipendere da Dio se voleva che gli sforzi fatti fossero coronati dal successo. La discussione che era sorta nella chiesa circa i relativi meriti dei differenti ministri non era in armonia con Dio, ma era il risultato di una natura condizionata dagli affetti del cuore umano. "Quando uno dice: Io son di Paolo; e un altro: Io son d'Apollo; non siete voi uomini carnali? Che cos'è dunque Apollo? E che cos'è Paolo? Son dei ministri, per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono secondo che il Signore ha dato a ciascuno di loro. Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere; talché né colui che pianta né colui che annaffia sono alcun che, ma Iddio che fa crescere, è tutto". 1 Corinzi 3:4-7 (Luzzi). UVI 172 2 Paolo per primo aveva predicato il Vangelo in Corinto, ed era stato lui a organizzarvi una chiesa. Questo era il lavoro che il Signore gli aveva affidato. Più tardi, mediante la guida di Dio, altri operai entrarono nell'opera per assumersi le loro responsabilità. Il seme piantato doveva essere innaffiato, e questo era ciò che Apollo doveva fare. Egli proseguì il lavoro di Paolo, dando ulteriori istruzioni per curare il seme piantato e provvedere al suo sviluppo. Egli riuscì a conquistare il cuore della gente; ma fu Dio a far crescere il seme. Non è la potenza umana ma quella divina che opera la trasformazione del carattere. Coloro che piantano e coloro che innaffiano, non causano la crescita del seme; essi operano sotto Dio, come suoi agenti scelti, cooperando con lui nella sua opera. Al loro Maestro appartiene l'onore e la gloria che deriva dal successo. UVI 172 3 I servitori di Dio non posseggono tutti gli stessi doni ma tutti sono suoi operai. Ognuno deve imparare dal grande Maestro e poi deve comunicare ciò che ha imparato. Dio ha dato a ciascuno dei suoi messaggeri un compito individuale. C'è una diversità di doni, ma tutti gli operai devono lavorare in armonia, controllati dall'influsso santificante dello Spirito Santo. Quando essi faranno conoscere il Vangelo della salvezza, molti saranno convinti e convertiti dalla potenza di Dio. La strumentalità umana è nascosta con Cristo in Dio, e Cristo appare come Capitano tra le decine di migliaia, e l'unico che possa essere considerato degno della nostra totale dedizione. UVI 172 4 "Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio secondo la propria fatica. Poiché noi siamo collaboratori di Dio, voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio". 1 Corinzi 3:8, 9 (Luzzi). L'apostolo paragona la chiesa a un campo coltivato, nel quale i suoi collaboratori lavorano, avendo cura delle viti che il Signore ha piantato; e anche dell'edificio, il quale deve diventare un tempio santo per il Signore. Dio è il Maestro degli operai. Egli ha affidato a ciascuno di loro il proprio lavoro. Tutti devono lavorare sotto la sua supervisione, lasciando che lui operi per essi e per mezzo di essi. Dio dà loro tatto e abilità, e se seguono le sue istruzioni, i loro sforzi saranno coronati dal successo. UVI 173 1 I servitori di Dio devono lavorare insieme, con gentilezza e cortesia, uniti ordinatamente, e quanto all'onore prevenendosi gli uni con gli altri. Romani 12:10. Non devono esserci critiche malevoli, non si deve distruggere il lavoro gli uni degli altri, né devono esserci gruppi separati. Ogni uomo al quale il Signore ha affidato un messaggio ha il suo specifico lavoro. Ciascuno ha una propria individualità che non deve essere sostituita con quella di nessun altro. Tuttavia ognuno deve lavorare in armonia con i suoi fratelli. Gli operai di Dio, nel loro servizio, devono essere essenzialmente uno. Nessuno deve porre se stesso come criterio di giudizio, parlando irrispettosamente dei suoi colleghi, o trattandoli come esseri inferiori. Sotto Dio, ciascuno deve compiere il lavoro assegnatogli, essendo rispettato, amato e incoraggiato dagli altri operai. Insieme essi devono portare l'opera a compimento. UVI 173 2 Paolo tratta a lungo questi princìpi nella sua prima lettera alla chiesa di Corinto. L'apostolo si rivolge ai "ministri di Cristo" come a "degli amministratori de' misteri di Dio". Del loro lavoro, egli dichiara: "Quel che si richiede dagli amministratori, è che ciascuno sia trovato fedele. A me pochissimo importa d'esser giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, non mi giudico neppur da me stesso. Poiché non ho coscienza di colpa alcuna; non per questo però sono giustificato; ma colui che mi giudica, è il Signore. Cosicché non giudicate di nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e manifesterà i consigli de' cuori; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio". 1 Corinzi 4:1-5 (Luzzi). UVI 173 3 A nessun essere umano è stato dato di giudicare i differenti servitori di Dio. Solo il Signore è giudice dell'opera umana, ed Egli darà a ciascuno la sua giusta ricompensa. UVI 173 4 L'apostolo, continuando, si riferì direttamente al confronto che era stato fatto tra i suoi sforzi e quelli di Apollo. "Queste cose le ho per amor vostro applicate a me stesso e ad Apollo, onde per nostro mezzo impariate a praticare il "non oltre quel che è scritto"; affinché non vi gonfiate d'orgoglio esaltando l'uno a danno dell'altro. Infatti chi ti distingue dagli altri? E che hai tu che non l'abbia ricevuto? E se pur l'hai ricevuto, perché ti glorî come se tu non l'avessi ricevuto?" 1 Corinzi 4:6, 7 (Luzzi). UVI 174 1 Paolo presentò chiaramente alla chiesa i pericoli e le difficoltà che lui e i suoi associati avevano pazientemente sopportato nel loro servizio per Cristo. "Fino a questa stessa ora, noi abbiamo e fame e sete, noi siamo ignudi, e siamo schiaffeggiati, e non abbiamo stanza ferma, e ci affatichiamo lavorando con le nostre proprie mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; diffamati, esortiamo; siamo diventati e siam tuttora come la spazzatura del mondo, come il rifiuto di tutti. Io vi scrivo queste cose non per farvi vergogna, ma per ammonirvi come miei cari figliuoli. Poiché quand'anche aveste diecimila pedagoghi in Cristo, non avete però molti padri; perché sono io che vi ho generati in Cristo Gesù, mediante l'Evangelo". 1 Corinzi 4:11-15 (Luzzi). UVI 174 2 Colui che manda gli operai del Vangelo come suoi ambasciatori è disonorato quando tra gli ascoltatori è manifestato un così forte attaccamento ad alcuni ministri preferiti che accettano malvolentieri gli sforzi di qualche altro insegnante. Il Signore provvede alle esigenze del suo popolo non nel modo che esso può preferire, ma in quello che si rivela più utile al suo progresso: questo perché gli uomini sono di vista corta e non possono discernere ciò che può contribuire alla loro salvezza. è raro che un ministro abbia tutte le qualità necessarie al perfezionamento della chiesa; perciò Dio spesso manda diversi ministri, ciascuno dei quali possiede le qualità che agli altri mancano. UVI 174 3 La chiesa dovrebbe accettare con gratitudine questi servitori di Cristo, come se accettassero il Maestro in persona. Essi dovrebbero cercare di trarre tutto il beneficio possibile dall'istruzione che ogni ministro può dare loro tramite la Parola di Dio. Le verità che portano i servitori di Dio devono essere accettate e apprezzate in uno spirito di umiltà. Nessun ministro dell'Evangelo deve diventare un idolo. UVI 174 4 I ministri di Dio, mediante la grazia di Cristo, sono resi messaggeri di luce e fonte di benedizioni. Se per mezzo di preghiere ferventi e perseveranti essi riceveranno lo Spirito Santo e avanzeranno con l'unico scopo di condurre nuove persone alla conoscenza della verità, con il cuore pieno di zelo nell'estendere i trionfi della croce, essi vedranno i frutti dei loro sforzi. Rifiutando risolutamente di esibire una saggezza limitata da valori mondani o di esaltare se stessi, compiranno un'opera che reggerà agli assalti di Satana. Molte persone verranno condotte dall'oscurità alla luce e molte chiese saranno costituite. Uomini verranno convertiti, non alla strumentalità umana ma a Cristo. L'io sarà tenuto nascosto e l'attenzione di tutti si concentrerà su Gesù, l'uomo del Calvario. UVI 175 1 Coloro che oggi stanno lavorando per Cristo possono rivelare le stesse eccellenti qualità di quelli che proclamarono il Vangelo nell'èra apostolica. Dio oggi, è pronto a dare potenza ai suoi servitori come la diede a Paolo, ad Apollo, a Sila e a Timoteo, a Pietro, Giacomo e Giovanni. UVI 175 2 Ai tempi degli apostoli, alcuni sedicenti cristiani che si erano sviati rifiutarono di mostrare rispetto ai suoi ambasciatori. Essi affermarono, di non seguire alcun maestro umano, perché erano istruiti direttamente da Cristo, senza l'aiuto dei ministri del Vangelo. Essi mostrarono uno spirito indipendente e non vollero sottomettersi alla voce della chiesa. Tali uomini erano un pericolo per tutti. Nel loro insegnamento si celava l'inganno. UVI 175 3 Dio ha posto nella chiesa, come suoi scelti aiutanti, uomini di svariati talenti, affinché attraverso la congiunta saggezza di molti, la mente dello Spirito potesse essere raggiunta. Gli uomini che seguono i loro forti tratti di carattere, rifiutando di cooperare con altri che hanno una lunga esperienza nell'opera di Dio, saranno accecati dalla loro presunzione e non sapranno più discernere il vero dal falso. Non è saggio scegliere tali persone come dirigenti della chiesa; perché essi seguirebbero il proprio giudizio e i propri piani, senza considerare il giudizio dei loro fratelli. Il nemico lavora facilmente per mezzo di coloro che, nonostante abbiano bisogno di consiglio in ogni passo, si assumono le responsabilità pastorali facendo affidamento sulle loro forze, senza avere imparato l'umiltà di Cristo. UVI 175 4 Le sole impressioni non sono una guida sicura al dovere. Il nemico spesso persuade gli uomini a credere che sia Dio a guidarli, quando in realtà essi stanno seguendo soltanto il proprio istinto. Ma se noi vigiliamo attentamente e prendiamo consiglio con i nostri fratelli, riusciremo a comprendere la volontà di Dio, perché la promessa è: "L'Eterno... guiderà i mansueti nella giustizia, insegnerà ai mansueti la sua via". Salmi 25:8, 9 (Luzzi). UVI 175 5 Nella chiesa cristiana primitiva, c'erano alcuni che rifiutavano di riconoscere sia Paolo sia Apollo ma che ritenevano come loro maestro Pietro. Questi affermavano che Pietro era stata la persona più vicina a Cristo quando il Maestro era sulla terra, mentre Paolo era stato un persecutore dei credenti. Le loro opinioni e i loro sentimenti erano condizionati dal pregiudizio. Essi non mostravano la liberalità, la generosità, la tenerezza che rivela la presenza di Cristo nel cuore. UVI 175 6 C'era il rischio che questo spirito di gruppo recasse un grave danno alla chiesa cristiana. Paolo fu istruito dal Signore a pronunciare una severa ammonizione e una solenne protesta. A quelli che dicevano: "Io son di Paolo; e io d'Apollo; e io di Cefa; e io di Cristo -- l'apostolo chiese -- Cristo è egli diviso? Paolo è egli stato crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati nel nome di Paolo?" "Nessuno dunque si glorî degli uomini -- egli supplicò -, perché ogni cosa è vostra: e Paolo, e Apollo, e Cefa, e il mondo, e la vita, e la morte, e le cose presenti, e le cose future, tutto è vostro; e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio". 1 Corinzi 1:12, 13; 3:21-23 (Luzzi). UVI 176 1 Paolo e Apollo erano in perfetta armonia. Quest'ultimo fu deluso e contrito a causa del dissenso sorto nella chiesa di Corinto. Egli non approfittò della preferenza dimostratagli, né l'incoraggiò, anzi lasciò frettolosamente quel campo di contesa. In seguito, Paolo lo sollecitò a rivisitare Corinto, ma Apollo rifiutò e non lavorò in quel luogo se non molto tempo dopo, quando la chiesa aveva raggiunto un migliore stato spirituale. ------------------------Capitolo 27: Efeso UVI 177 1 Mentre Apollo stava predicando a Corinto, Paolo adempì la sua promessa di ritornare a Efeso. Egli aveva fatto una breve visita a Gerusalemme e aveva trascorso un certo tempo ad Antiochia, il luogo della sua prima missione. Poi viaggiò attraverso l'Asia Minore, "percorrendo di luogo in luogo il paese della Galazia e la Frigia", visitando le chiese che lui stesso aveva fondato e rafforzando la fede dei credenti. Atti 18:23 (Luzzi). UVI 177 2 Al tempo degli apostoli, la parte occidentale dell'Asia minore era conosciuta come la provincia romana dell'Asia. Efeso, la capitale, era un grande centro commerciale. Il suo porto era affollato di navi e le sue strade erano frequentate da gente di ogni paese. Come Corinto, sembrava essere un campo promettente per la diffusione dell'Evangelo. UVI 177 3 I giudei, che erano dispersi in tutte le terre civilizzate, stavano generalmente aspettando l'avvento del Messia. Quando Giovanni Battista predicava, molti durante le loro visite a Gerusalemme per le festività annuali, si erano recati sulle rive del Giordano ad ascoltarlo. Là avevano sentito proclamare Gesù come il Messia. Essi avevano sparso la notizia in tutte le parti del mondo. In questo modo Dio aveva preparato la via per l'opera degli apostoli. UVI 177 4 Arrivato a Efeso, Paolo trovò dodici fratelli che, come Apollo, erano stati discepoli di Giovanni Battista, e come lui avevano acquisito una certa conoscenza della missione di Cristo. Questi fratelli non avevano l'abilità di Apollo, ma con la stessa sincerità e fede stavano cercando di spargere la conoscenza che avevano ricevuto. UVI 177 5 Questi fratelli non sapevano nulla della missione dello Spirito Santo. Quando Paolo chiese loro se avevano ricevuto lo Spirito Santo, essi risposero: "Non abbiamo neppur sentito dire che ci sia lo Spirito Santo. Ed egli disse loro: Di che battesimo siete dunque stati battezzati? Ed essi risposero: Del battesimo di Giovanni". Atti 19:2, 3 (Luzzi). UVI 177 6 Allora l'apostolo spiegò loro le grandi verità che sono il fondamento della speranza cristiana. Parlò di Cristo, della sua vita e della sua crudele e ignobile morte. Egli disse loro come il Signore aveva rotto le catene della morte ed era risorto annientando il suo potere. Ripeté il mandato che il Salvatore aveva affidato ai suoi discepoli: "Ogni potestà m'è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo". Matteo 28:18, 19 (Luzzi). Inoltre disse loro della promessa di Cristo di mandare il Consolatore. Per mezzo della sua potenza si sarebbero compiuti grandi segni e prodigi; e descrisse il modo straordinario in cui questa promessa era stata adempiuta nel giorno della Pentecoste. UVI 178 1 I fratelli ascoltarono le parole di Paolo con profondo interesse, con gratitudine e sorprendente gioia. Per fede si appropriarono della meravigliosa verità del sacrificio espiatorio di Cristo, e lo accettarono come loro Redentore. Essi furono battezzati nel nome di Gesù; e come Paolo "ebbe loro imposto le mani", ricevettero anche il battesimo dello Spirito Santo che li rese capaci di parlare le lingue di altre nazioni e di profetizzare. Così furono qualificati per lavorare come missionari in Efeso e nelle vicinanze e a recarsi anche in altri luoghi per proclamare il Vangelo in tutta l'Asia minore. UVI 178 2 Questi uomini ottennero l'esperienza che li qualificò per essere degli operai nel campo affidato loro, perché nutrivano uno spirito umile e pronto a imparare. Il loro esempio presenta ai cristiani una lezione di grande valore. Molte persone fanno poco progresso nella vita spirituale perché sono troppo autosufficienti e non sentono il bisogno di imparare. Esse sono contente di una conoscenza superficiale della Parola di Dio. Non desiderano cambiare la loro fede né praticarla e perciò non fanno alcun sforzo per ottenere maggior luce. UVI 178 3 Se i seguaci di Cristo fossero più interessati alla ricerca della vera sapienza, verrebbero a conoscenza di aspetti della verità del tutto sconosciuti. Colui che si consacra completamente a Dio sarà guidato dalla mano divina. Egli può essere semplice e apparentemente senza talenti; ma se con cuore umile e fiducioso ubbidisce a ogni rivelazione del volere di Dio, le sue forze saranno purificate, nobilitate e riattivate, e le sue capacità aumentate. Quando farà tesoro delle lezioni della sapienza divina, gli sarà affidata una sacra missione; ed egli sarà capace di fare della sua vita un onore a Dio e una benedizione al mondo. "La dichiarazione delle tue parole illumina; dà intelletto ai semplici". Salmi 119:130 (Luzzi). UVI 178 4 Oggi, ci sono molti che ignorano l'opera che lo Spirito Santo compie sul cuore, come lo ignoravano quei credenti di Efeso; tuttavia non c'è verità più chiaramente insegnata nella Parola di Dio. Profeti e apostoli hanno trattato questo soggetto. Cristo stesso richiama la nostra attenzione sull'azione che il suo Spirito compie nel sostenere la vita spirituale dando come illustrazione la crescita delle piante. La linfa della vite, ascendendo dalle radici e diffondendosi nei rami, sostiene la crescita e produce fiori e frutti. Nello stesso modo la forza vitale dello Spirito, procedendo dal Salvatore, pervade l'anima e rinnova le motivazioni e gli affetti. Inoltre rende i pensieri sottomessi al volore di Dio e abilita il ricevitore a produrre preziosi frutti e azioni che riveleranno un carattere santificato. UVI 179 1 L'Autore di questa vita spirituale è invisibile, e l'esatta maniera in cui questa vita è impartita e sostenuta non può essere spiegata dalla filosofia umana. Tuttavia, le operazioni della Spirito sono sempre in armonia con la Parola scritta. Come è nel mondo naturale così è in quello spirituale. La vita naturale è preservata momento dopo momento dalla potenza divina; tuttavia non è sostenuta da un miracolo diretto, bensì attraverso l'uso di benedizioni poste alla nostra portata. Allo stesso modo la vita spirituale è sostenuta dall'uso di quei mezzi che la Provvidenza ha fornito agli uomini. Affinché il seguace di Cristo possa crescere "allo stato d'uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo", deve nutrirsi del pane della vita e bere all'acqua della salvezza. Efesini 4:13 (Luzzi). Egli deve vigilare, pregare e lavorare, seguendo in ogni caso le istruzioni di Dio contenute nella sua Parola. UVI 179 2 Un'altra lezione ci viene data attraverso l'esperienza di quei giudei convertiti. Quando essi ricevettero il battesimo di Giovanni non avevano completamente compreso la missione di Gesù come Colui che porta i nostri peccati. Essi sostenevano seri errori. Ma quando ricevettero una luce più chiara e accettarono Cristo come loro Redentore, progredirono nelle loro esperienze fino a giungere a cambiare idea circa i loro doveri e le loro vite. Come simbolo di questo cambiamento e come riconoscimento della loro fede in Cristo, furono ribattezzati nel nome di Gesù. UVI 179 3 Paolo, come era solito fare, aveva cominciato il suo lavoro a Efeso predicando nella sinagoga dei giudei. Lì continuò a lavorare per tre mesi, "discorrendo con parole persuasive delle cose relative al regno di Dio". All'inizio fu ricevuto favorevolmente, ma, come in altri luoghi, ben presto fu violentemente ostacolato. "Alcuni s'indurivano e rifiutavano di credere, dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine". Atti 19:8, 9 (Luzzi). Dato che questi persistevano nel rifiutare il Vangelo, l'apostolo cessò di predicare nella sinagoga. UVI 179 4 Lo Spirito di Dio aveva collaborato nell'opera che Paolo aveva intrapresa in favore dei suoi connazionali. Tutto il possibile era stato fatto per convincere quanti desideravano onestamente conoscere la verità. Ma molti permisero di farsi condizionare dal pregiudizio e dall'incredulità e rifiutarono di cedere alla convincente evidenza degli argomenti esposti da Paolo. Temendo che la fede dei credenti fosse messa in pericolo dalla continua associazione con questi oppositori della verità, Paolo si separò da loro, e raccolse i discepoli in un gruppo distinto, continuando la sua pubblica istruzione nella scuola di Tiranno, un insegnante di una certa notorietà. UVI 180 1 L'apostolo vide che "una larga porta" si stava aprendo dinanzi a lui sebbene vi fossero "molti avversari". 1 Corinzi 16:9 (Luzzi). Efeso non era solo la più bella ma anche la più corrotta delle città dell'Asia. Superstizione e piacere sensuale predominavano su tutta la sua popolazione. Criminali di ogni tipo trovavano rifugio all'ombra dei suoi templi, dove fiorivano i vizi più degradanti. UVI 180 2 Efeso era un centro famoso per il culto di Diana. La fama del magnifico tempio di "Diana degli Efesini" era sparsa attraverso tutta l'Asia e il mondo. Il suo insuperabile splendore era l'orgoglio, non solo della città, ma di tutta la nazione. La tradizione dichiarava che l'idolo nel tempio era caduto dal cielo. Su di esso erano iscritti dei caratteri simbolici, i quali, si credeva, possedessero grande potenza. Libri erano stati scritti dagli efesini per spiegare il significato e l'uso di questi simboli. UVI 180 3 Tra quelli che studiavano approfonditamente questi libri costosi, c'erano molti maghi, i quali esercitavano un potente influsso sulle menti dei superstiziosi adoratori dell'idolo situato nel tempio. UVI 180 4 A Efeso, Paolo ricevette segni speciali del favore divino. La potenza di Dio accompagnò le sue opere, e molti furono guariti da infermità fisiche. "Iddio faceva de' miracoli straordinari per le mani di Paolo; al punto che si portavano sui malati degli asciugatoi e de' grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie si partivano da loro, e gli spiriti maligni se ne uscivano". Atti 19:11, 12 (Luzzi). Queste manifestazioni di sovrumana potenza erano superiori a tutte quelle che si erano viste a Efeso. Esse non potevano essere imitate dall'abilità del prestigiatore né dagli incantesimi del mago. Mentre i miracoli venivano compiuti nel nome di Gesù di Nazareth, la gente ebbe l'opportunità di vedere che il Dio del cielo era più potente degli stregoni che adoravano la dea Diana. In questo modo il Signore esaltò il suo servitore dinanzi agli idolatri e lo innalzò oltre il più potente e favorito dei maghi. UVI 180 5 Colui al quale tutti gli spiriti maligni si devono sottoporre, Colui che ha dato ai suoi servitori autorità su di essi, stava per portare una grande vergogna e sconfitta su coloro che disprezzavano e profanavano il suo santo nome. La stregoneria era stata proibita dalla legge mosaica, pena la morte, tuttavia ogni tanto dei giudei apostati l'avevano praticata segretamente. Al tempo della visita di Paolo a Efeso, c'erano nella città "alcuni degli esorcisti giudei" che, vedendo i miracoli compiuti dall'apostolo, "tentarono anch'essi di invocare il nome del Signor Gesù su quelli che avevano degli spiriti maligni". Un tentativo di questo tipo fu fatto da "sette figliuoli di un certo Sceva, Giudeo, capo sacerdote". Avendo trovato un uomo posseduto da un demone essi rivolgendosi a lui, dissero: "Io vi scongiuro, per quel Gesù che Paolo predica". Ma "lo spirito maligno, rispondendo, disse loro: Gesù, lo conosco, e Paolo so chi è; ma voi chi siete? E l'uomo che avea lo spirito maligno si avventò su due di loro; li sopraffece, e fe' loro tal violenza, che se ne fuggirono da quella casa, nudi e feriti". Atti 19:13-16 (Luzzi). UVI 181 1 Questa fu l'inconfutabile prova della santità del nome di Cristo e del pericolo che corrono quelli che lo invocano senza aver fede nella divinità e nella missione del Salvatore. "E tutti furon presi da spavento, e il nome del Signor Gesù era magnificato". Atti 19:17 (Luzzi). UVI 181 2 Fatti precedentemente celati furono ora portati alla luce. Alcuni fra i credenti non avevano completamente rinunciato alle loro superstizioni. E in una certa misura avevano continuato a praticare la magia. Ora, convinti del proprio peccato, "molti di coloro che aveano creduto, venivano a confessare e a dichiarare le cose che aveano fatte". Questa buona opera si estese anche ad alcuni degli stregoni; e un "buon numero di quelli che aveano esercitato le arti magiche, portarono i loro libri assieme, e li arsero in presenza di tutti; e calcolatone il prezzo, trovarono che ascendeva a cinquantamila dramme d'argento. Così la parola di Dio cresceva prepotentemente e si rafforzava". Atti 19:18-20 (Luzzi). UVI 181 3 Gli efesini convertiti, bruciando i loro libri di magia, mostravano che tutte le cose nelle quali prima trovavano piacere, erano ora un abominio. Per mezzo della magia essi avevano offeso Dio e rischiato di non essere salvati; e fu proprio contro la magia che ora manifestavano tale indignazione. Questa era la prova migliore dell'autenticità della loro conversione. UVI 181 4 Queste pratiche di divinazione contenevano regole e formule di comunicazione con gli spiriti maligni. Esse costituivano la regola del culto a Satana per sollecitare il suo aiuto e per ottenere informazioni da lui. Se i discepoli avessero conservato questi libri si sarebbero esposti alla tentazione; mentre se li avessero venduti avrebbero posto la tentazione nella vita di altri. Essi avevano rinunciato al regno delle tenebre ed erano disposti a fare qualsiasi sacrificio pur di distruggere il suo potere. Così la verità trionfò sul pregiudizio umano e sull'amore per il denaro. UVI 181 5 Una grande vittoria fu così ottenuta nella vera roccaforte della superstizione per mezzo della manifestazione della potenza di Cristo. L'eco di quegli avvenimenti aveva avuto un effetto che sorprese lo stesso Paolo. La notizia da Efeso circolò altrove, e un forte impeto fu dato alla causa di Cristo. Queste scene durarono nella memoria degli uomini per lungo tempo dopo la morte di Paolo. Molte persone si convertirono al Vangelo a motivo di quei fatti. UVI 182 1 Scioccamente si suppone che nella civilizzazione del ventesimo secolo non esista quella superstizione pagana. Ma la Parola di Dio e la chiara evidenza dei fatti dimostrano che la magia è praticata in questi tempi come lo era ai giorni degli antichi stregoni. Il vecchio sistema di magia è in realtà lo stesso di quello che è ora conosciuto come spiritualismo moderno. Satana sta trovando accesso in migliaia di menti, presentandosi sotto le sembianze di amici defunti. Le Scritture dichiarano che "i morti non sanno nulla". Ecclesiaste 9:5 (Luzzi). I loro pensieri, il loro amore, il loro odio, sono scomparsi. I morti non hanno comunione con i viventi. Ma Satana, fedele al suo primo inganno, impiega questo metodo per poter ottenere il controllo delle menti. UVI 182 2 Molti malati, molte persone che hanno perduto qualche caro e molti curiosi stanno comunicando con spiriti maligni per mezzo dello spiritismo. Tutti coloro che si avventurano in questo si trovano in una posizione pericolosa. La Parola della verità dichiara come Dio li considera. Nei tempi antichi Egli pronunciò un severo giudizio su un re che aveva interpellato un oracolo pagano, per ricevere consiglio. "È forse perché non v'è Dio in Israele che voi andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ekron?. Perciò, così dice l'Eterno: "Tu non scenderai dal letto sul quale sei salito, ma per certo morrai". 2 Re 1:3, 4 (Luzzi). UVI 182 3 Gli stregoni pagani erano ispirati dallo stesso spirito che oggi ispira i medium, i chiaroveggenti e tutte quelle persone che predicono il futuro. Le mistiche voci che parlarono a Ekron e a Efeso stanno ancora ingannando, con le loro bugiarde parole, i figli degli uomini. Se il velo che è sui nostri occhi fosse sollevato potremmo vedere angeli malvagi impegnare tutte le loro arti per ingannare e distruggere. Satana sta usando la sua potenza ingannatrice ovunque venga esercitato un influsso che conduce gli uomini a dimenticare Dio. Quando gli uomini cedono al suo potere, ben presto si rendono conto che la mente è stregata da pensieri e immagini che sono fonte di inquietudine. L'ammonizione che Paolo diede alla chiesa di Efeso dovrebbe essere presa in considerazione dal popolo di Dio oggi: "Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; anzi, piuttosto riprendetele!" Efesini 5:11 (Luzzi). ------------------------Capitolo 28: Giorni di fatica e di prova UVI 183 1 Efeso fu il centro dell'opera di Paolo per più di tre anni. Qui, fu fondata una fiorente chiesa, e da questa città il Vangelo si diffuse attraverso la provincia dell'Asia, sia tra i giudei che tra i Gentili. UVI 183 2 L'apostolo contemplava ormai da tempo un altro viaggio missionario. Egli "si mise in animo d'andare a Gerusalemme, passando per la Macedonia e l'Acaia. Dopo che sarò stato là- diceva -- bisogna ch'io veda anche Roma". Atti 19:21 (Luzzi). In accordo con questo piano, Paolo mandò "in Macedonia due di quelli che lo aiutavano, Timoteo ed Erasto". Atti 19:22 (Luzzi). Ma, vedendo che l'opera in Efeso richiedeva ancora la sua presenza, decise di rimanere lì fino a dopo la Pentecoste. Ben presto, comunque, accadde un evento che affrettò la sua partenza. UVI 183 3 A Efeso, una volta all'anno, venivano tenute speciali cerimonie tenute in onore della dea Diana. Queste attraevano un gran numero di persone provenienti da tutte le parti della provincia. La festa si distingueva per la magnificenza dei suoi paramenti e per la solennità dei suoi riti. A quel tempo molte prove si erano riversate su coloro che avevano accettato di recente la nuova fede. Il gruppo di credenti che s'incontrava nella scuola di Tiranno, non s'intonava col clima di quella festa. Esso fu fatto oggetto di una grande qualità di insulti, sberleffi e rimproveri. L'opera di Paolo aveva dato un terribile colpo al culto pagano e di conseguenza ci fu un sensibile calo di presenze alla festa nazionale, come pure una diminuzione dell'entusiasmo degli adoratori. L'influsso dei suoi insegnamenti si era esteso al di fuori della comunità cristiana. Molti che non avevano apertamente accettato le nuove dottrine, furono così bene illuminati da perdere tutta la fiducia che riponevano nei loro dèi pagani. UVI 183 4 Esisteva un'altra ragione di insoddisfazione. A Efeso era sorto un esteso e vantaggioso commercio artigianale che riguardava la vendita di reliquie e di oggetti raffiguranti il tempio e la dea Diana. Coloro che erano coinvolti in questo tipo di commercio scoprirono che i loro guadagni diminuivano; tutti all'unanimità attribuirono questo scomodo cambiamento all'opera di Paolo. UVI 184 1 Demetrio, un orefice di reliquie in argento, riunì tutti quelli che lavoravano in questo commercio, e disse loro: "Uomini, voi sapete che dall'esercizio di quest'arte viene la nostra prosperità. E voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato gran moltitudine non solo in Efeso, ma quasi in tutta l'Asia, dicendo che quelli fatti con le mani non sono dèi. E non solo v'è pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito, ma che anche il tempio della gran dea Diana sia reputato per nulla, e che sia perfino spogliata della sua maestà colei, che tutta l'Asia e il mondo adorano". Queste parole accesero le passioni dei presenti. "Accesi di sdegno si misero a gridare: Grande è la Diana degli Efesini!" Atti 19:25-28 (Luzzi). UVI 184 2 Un resoconto di questo discorso circolò rapidamente. "E tutta la città fu ripiena di confusione". Atti 19:29 (Luzzi). Si cercò Paolo ma non fu trovato. I suoi fratelli, ricevuto questo indizio, lo affrettarono a lasciare quel posto. Dio aveva inviato degli angeli per proteggere l'apostolo; per lui non era ancora giunto il tempo di morire come martire. UVI 184 3 Non avendo trovato l'odiato apostolo, la folla prese "Gaio e Aristarco, Macedoni, compagni di viaggio di Paolo -- e con essi -, si precipitarono tutti d'accordo verso il teatro". Atti 19:29 (Luzzi). UVI 184 4 Il nascondiglio di Paolo non era molto distante per cui venne subito a sapere del pericolo che incombeva sui suoi amati fratelli. Egli pensò dii fu recarsi immediatamente al teatro per parlare ai rivoltosi. Era pronto a rischiare la propria vita. "Ma i discepoli non glielo permisero". Atti 19:30 (Luzzi). Gaio e Aristarco non erano la preda che la gente cercava, infatti presto appresero che non era stato fatto loro alcun serio danno. Ma se si fosse visto il pallido e preoccupato volto dell'apostolo, nella folla si sarebbero accese le peggiori passioni, e per lui non ci sarebbe stata possibilità di salvare la propria vita. UVI 184 5 Paolo era ancora ansioso di difendere la verità di fronte alla moltitudine ma alla fine fu trattenuto da un messaggio di avvertimento giuntogli dal teatro. "Alcuni de' magistrati dell'Asia che gli erano amici, mandarono a pregarlo che non s'arrischiasse a venire nel teatro". Atti 19:31 (Luzzi). UVI 184 6 Il tumulto nel teatro aumentava di continuo. "Gli uni... gridavano una cosa, e gli altri un'altra; perché l'assemblea era una confusione; e i più non sapevano per qual cagione si fossero raunati". Atti 19:32 (Luzzi). Il fatto che Paolo e alcuni dei suoi compagni erano di estrazione ebrea, rese i giudei ansiosi di mostrare chiaramente che non erano simpatizzanti dell'apostolo, né della sua opera. Perciò essi fecero avanzare uno di loro perché presentasse la faccenda al popolo. L'oratore scelto fu Alessandro, uno degli artigiani, un ramaio. Paolo in seguito dichiarò che costui gli fece del gran male. 2 Timoteo 4:14. Alessandro era un uomo di notevole abilità e impiegò tutte le sue energie per dirigere l'ira della gente esclusivamente contro Paolo e i suoi compagni. Ma la folla, vedendo che Alessandro era un giudeo, non si fidò. "Tutti, ad una voce, per circa due ore, si posero a gridare: Grande è la Diana degli Efesini!" Atti 19:34 (Luzzi). UVI 185 1 Alla fine, esausti, questi cessarono di gridare e ci fu un momentaneo silenzio. Allora il cancelliere della città attrasse l'attenzione della folla, e data la sua posizione, gli fu concessa la parola. Egli affrontò la folla sul suo stesso terreno e spiegò che quel tumulto era immotivato. Appellandosi al loro buon senso, disse: "Uomini di Efeso, chi è che non sappia che la città degli Efesini è la guardiana del tempio della gran Diana e dell'immagine caduta da Giove? Essendo dunque queste cose fuori di contestazione, voi dovete acquetarvi e non far nulla di precipitato; poiché avete menato qua questi uomini, i quali non sono né sacrileghi, né bestemmiatori della nostra dea. Se dunque Demetrio e gli artigiani che son con lui hanno qualcosa contro qualcuno, ci sono i tribunali, e ci sono i proconsoli; si facciano citare gli uni e gli altri. Se poi volete ottenere qualcosa intorno ad altri affari, la questione si risolverà in un'assemblea legale. Perché noi siamo in pericolo d'essere accusati di sedizione per la raunata d'oggi, non essendovi ragione alcuna con la quale noi possiamo giustificare questo assembramento. E dette queste cose, sciolse l'adunanza". Atti 19:35-41 (Luzzi). UVI 185 2 Demetrio, nel suo discorso, aveva detto: "V'è pericolo che questo ramo della nostra arte cada in discredito". Atti 19:27 (Luzzi). Queste parole rivelano la vera causa del tumulto a Efeso, e anche il motivo della persecuzione che seguì gli apostoli nella loro missione. Demetrio e i suoi compagni artigiani videro che il loro commercio di idoli era messo in pericolo dagli insegnamenti e dalla diffusione del Vangelo. I sacerdoti pagani e gli artigiani rischiavano di perdere il loro guadagno; e per questa ragione si rivoltarono contro Paolo tessendo le trame di una delle più aspre opposizioni. UVI 185 3 La posizione assunta dal cancelliere e dagli alti funzionari della città aveva sancito davanti al popolo l'innocenza di Paolo. Questa fu un'altra vittoria della cristianità sull'errore e sulla superstizione. Dio si era servito di un grande magistrato per rivendicare l'innocenza del suo apostolo e per bloccare il tumulto. Il cuore di Paolo fu colmo di gratitudine per Dio, perché la sua vita era stata preservata e perché la cristianità non era stata disonorata dal tumulto a Efeso. UVI 185 4 "Or dopo che fu cessato il tumulto, Paolo, fatti chiamare i discepoli ed esortatili, li abbracciò e partì per andare in Macedonia". Atti 20:1 (Luzzi). In questo viaggio lo accompagnarono due fedeli fratelli di Efeso: Tichico e Trofimo. UVI 186 1 L'opera di Paolo a Efeso era terminata. Il suo ministero in quella città era stato caratterizzato da un incessante lavoro accompagnato da numerose prove e da una grande angoscia. Egli aveva insegnato in pubblico e di casa in casa, istruendo e avvertendo con molte lacrime. Era stato continuamente ostacolato dai giudei, che non persero alcuna opportunità per aizzare la gente contro di lui. UVI 186 2 Paolo portò con sé un pesante fardello per tutte le chiese: combattendo contro l'opposizione, lavorando con instancabile zelo per far avanzare l'opera del Vangelo, e proteggendo gli interessi di una chiesa ancora giovane nella fede. UVI 186 3 Da alcune chiese che Paolo aveva fondato giunsero notizie di apostasia che provocarono in lui un grande dispiacere. Temette che i suoi sforzi nei loro confronti fossero stati vani. E quando venne a sapere quali erano stati i metodi impiegati per contraffare la sua opera, egli spese molte notti insonni, in preghiera e in riflessione. Quando ne ebbe l'opportunità e quando il bisogno lo richiese, l'apostolo scrisse alle chiese, indirizzando loro parole di riprensione, consiglio, ammonizione e incoraggiamento. In queste lettere egli non si soffermò sulle sue tribolazioni. Questo fatto però non ci impedisce di intendere in alcuni passi accenni alle sofferenze che sopportò per causa di Cristo. Per amore dell'Evangelo subì frustate e imprigionamento, freddo, fame e sete, pericoli per terra e per mare, nelle città e nel deserto, dai suoi concittadini, dai pagani e dai falsi fratelli. Egli fu "diffamato", "ingiuriato", reso "come il rifiuto di tutti", "perplesso", "perseguitato", "afflitto in ogni maniera", "ogni momento in pericolo", sempre esposto "alla morte per amore di Gesù". 1 Corinzi 4:12, 13; 15:30; 2 Corinzi 4:8, 9; 7:5 (Luzzi). UVI 186 4 L'intrepido apostolo perse quasi il coraggio in mezzo al costante uragano di opposizione, al clamore degli avversari e all'abbandono degli amici. Ma egli volse lo sguardo al Calvario e con nuovo ardore continuò a diffondere la conoscenza di Colui che era stato crocifisso. Paolo percorse il sentiero bagnato di sangue che Cristo aveva tracciato davanti a lui. Egli non si sarebbe esentato dalla lotta fino al giorno in cui non avrebbe riposto la sua armatura ai piedi del Salvatore. ------------------------Capitolo 29: Un accorato messaggio d'avvertimento UVI 187 1 La prima epistola alla chiesa di Corinto fu scritta dall'apostolo Paolo durante gli ultimi giorni del suo soggiorno a Efeso. Per nessun'altra chiesa egli sentì un più profondo interesse e nessun altro si adoperò così instancabilmente come per la chiesa di Corinto. Per un anno e mezzo Paolo aveva lavorato tra i credenti di questa chiesa, indicando il Salvatore crocifisso e risorto come il solo mezzo di salvezza e esortando ad avere fiducia nella potenza trasformatrice della sua grazia. Prima di accettare come membri della chiesa coloro che professavano il cristianesimo, egli aveva avuto l'accuratezza di dare loro una speciale istruzione circa i privilegi e i doveri del credente cristiano, aiutandoli ad essere fedeli ai loro voti battesimali. UVI 187 2 Paolo aveva un acuto senso del conflitto che ogni persona deve affrontare con gli angeli del male che cercano continuamente di ingannare e intrappolare le loro vittime. Egli aveva lavorato senza posa per rafforzare e confermare coloro che erano giovani nella fede. L'apostolo li aveva supplicati di consacrarsi completamente a Dio, perché sapeva che quando l'anima non è interamente sottomessa, il peccato non è abbandonato, gli appetiti e le passioni ancora lottano per il dominio, e le tentazioni confondono la coscienza. UVI 187 3 La sottomissione deve essere totale. Qualsiasi anima debole, dubbiosa e in conflitto che si sottomette interamente al Signore, è messa in diretto contatto con gli agenti che la rendono capace di vincere. Il cielo è vicino ad essa e angeli compassionevoli la sostengono e l'assistono in ogni momento di prova e di bisogno. UVI 187 4 I membri della chiesa di Corinto erano circondati dall'idolatria e dalla sensualità nelle sue forme più attraenti. Mentre l'apostolo era con loro, questi influssi ebbero poco dominio sulle loro menti. La salda fede di Paolo, le sue ferventi preghiere e le sue ardenti parole di istruzione, e soprattutto la sua condotta, li aveva aiutati a rinunciare a se stessi per amore di Cristo, piuttosto che gioire dei piaceri del peccato. UVI 187 5 Dopo la partenza di Paolo sorsero dei problemi. La zizzania che era stata seminata dal nemico apparve in mezzo al grano, e iniziò a manifestare i suoi malvagi frutti. Questo fu un periodo di severa prova per la chiesa di Corinto. L'apostolo non era più con loro ad alimentarne lo zelo e ad assisterli nei loro sforzi di vivere in armonia con Dio. E a poco a poco essi divennero negligenti e indifferenti: tale atteggiamento permise che i loro desideri naturali e le loro inclinazioni avessero il sopravvento. La persona che li aveva esortati ad alti ideali di purezza e giustizia non era più con loro. Non pochi di quelli che al tempo della loro conversione avevano abbandonato le loro malvagie abitudini, ritornarono ai degradanti peccati del paganesimo. UVI 188 1 Paolo aveva scritto brevemente alla chiesa, raccomandando un'aperta dissociazione dai membri che persistevano in una condotta dissoluta. Molti dei credenti divagarono sulle sue parole, pervertirono il loro significato e si giustificarono per aver trascurato le sue istruzioni. UVI 188 2 La chiesa aveva inviato a Paolo una lettera, richiedendo consiglio per risolvere alcune questioni ma tralasciando di riferire i gravi peccati che esistevano nella comunità. L'apostolo comunque fu potentemente convinto dallo Spirito Santo che il vero stato della chiesa era stato celato, e che questa lettera era un tentativo di spingerlo a dichiarazioni che i destinatari avrebbero poi utilizzato per giustificare il loro comportamento. UVI 188 3 Durante questo periodo giunsero a Efeso membri della casa di Cloe, una famiglia cristiana di alta reputazione in Corinto. Paolo chiese loro circa l'andamento delle cose, ed essi riferirono che la chiesa era divisa. I dissensi che avevano prevalso al tempo della visita di Apollo erano aumentati sempre più. Falsi insegnanti stavano guidando i membri a disprezzare le istruzioni di Paolo. Le dottrine e i precetti del Vangelo erano stati pervertiti. Orgoglio, idolatria e sensualità stavano costantemente aumentando tra coloro che una volta erano stati zelanti testimoni dei princìpi cristiani. UVI 188 4 Quando questo quadro fu presentato, Paolo vide che i suoi peggiori timori si erano avverati. Ma non per questo pensò che la sua opera era stata un fallimento. "Fra le lacrime e con molta angoscia" chiese consiglio a Dio. 2 Corinzi 2:4. Volentieri egli avrebbe immediatamente visitato Corinto, se questo fosse stato il più saggio modo di agire. Ma sapeva che, nella loro presente condizione, i credenti non avrebbero beneficiato dei suoi tentativi. Perciò mandò Tito per preparare la via a una sua visita personale. Poi, abbandonando tutti i suoi personali sentimenti sulla condotta di quelli che rivelavano una così strana perversione, l'apostolo ispirato da Dio scrisse alla chiesa di Corinto una delle epistole più ricche, più istruttive e più efficaci. UVI 188 5 Egli procedette a rispondere con eccezionale chiarezza alle varie questioni che la chiesa aveva sollevato, e a indicare i princìpi generali, che se accettati, li avrebbero giudati a un più alto livello spirituale. Essi erano in pericolo, e Paolo non poté sopportare il pensiero di fallire in questo momento critico. Egli intendeva raggiungere i loro cuori, avvertendoli dei pericoli e rimproverandoli per i loro peccati. Di nuovo indicò loro Cristo e cercò di ravvivare il fervore della loro prima devozione. UVI 189 1 L'apostolo rivelò il suo grande amore per i credenti di Corinto nei teneri saluti che mandò loro. Egli parlò dell'esperienza della loro conversione dall'idolatria all'adorazione e al servizio del vero Dio. Rammentò loro i doni dello Spirito Santo che essi avevano ricevuto e mostrò che era loro privilegio fare continui progressi nella vita cristiana fino al momento in cui avrebbero raggiunto la purezza e la santità di Cristo. "Siete stati arricchiti in ogni cosa -- scrisse Paolo -, in ogni dono di parola e in ogni conoscenza, essendo stata la testimonianza di Cristo confermata tra voi; in guisa che non difettate d'alcun dono, mentre aspettate la manifestazione del Signor nostro Gesù Cristo, il quale anche vi confermerà sino alla fine, onde siate irreprensibili nel giorno del nostro Signor Gesù Cristo". 1 Corinzi 1:5-8 (Luzzi). UVI 189 2 Paolo parlò apertamente dei dissensi sorti nella chiesa di Corinto ed esortò i membri a cessare ogni contesa. Egli scrisse: "Fratelli, io v'esorto, per il nome del nostro Signor Gesù Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare, e a non aver divisioni fra voi, ma a stare perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo sentire". 1 Corinzi 1:10 (Luzzi). UVI 189 3 L'apostolo si sentì libero di menzionare come e chi l'aveva informato circa le divisioni nella chiesa. "Fratelli miei, m'è stato riferito intorno a voi da quei di casa Cloe, che vi son fra voi delle contese". 1 Corinzi 1:11 (Luzzi). UVI 189 4 Paolo fu un apostolo ispirato. Le verità che insegnò ad altri le aveva ricevute mediante rivelazione; tuttavia, non tutte le volte Dio gli rivelò direttamente la condizione del suo popolo. In questo caso furono delle persone interessate alla prosperità della chiesa in Corinto, persone che avevano visto i mali dilaganti in essa, che presentarono la situazione all'apostolo. Grazie alle rivelazioni divine che aveva precedentemente ricevuto, Paolo fu pronto a giudicare il carattere di questi sviluppi. Anche se Dio non aveva dato alcuna nuova rivelazione di quello speciale momento, coloro che veramente cercavano la luce accettarono il suo messaggio come se fosse stato dato loro da Cristo. Il Signore aveva mostrato a Paolo le difficoltà e i pericoli che sarebbero sorti nelle chiese, e quando questi mali si manifestarono, l'apostolo riconobbe il loro significato. Egli era stato chiamato per difendere la chiesa. Doveva aver cura delle anime come uno che deve rendere conto a Dio. Non era forse giusto e sensato che lui conoscesse l'anarchia e le divisioni esistenti tra loro? La nostra risposta a questo interrogativo non può che essere affermativa. Il rimprovero che egli mandò alla chiesa era stato scritto sotto l'ispirazione di Dio tanto quanto qualsiasi altra sua epistola. UVI 190 1 L'apostolo non menzionò i falsi insegnanti che stavano cercando di distruggere i frutti del suo lavoro. A causa dell'oscurità e delle divisioni esistenti nella chiesa, egli saggiamente cercò di non irritarli con tali riferimenti, per timore di allontanare totalmente dalla verità alcuni di loro. Richiamò la loro attenzione sull'opera che aveva compiuto tra loro, come l'opera di un "savio architetto" che aveva posto le fondamenta sulle quali altri dovevano continuare a costruire. Affermando ciò, egli non esaltò se stesso. "Noi siamo collaboratori di Dio". 1 Corinzi 3:9, 10 (Luzzi). Paolo non reclamò una propria saggezza, ma riconobbe che solo la potenza divina lo aveva abilitato a presentare la verità in maniera gradita a Dio. Unito a Cristo, il più grande di tutti gli insegnanti, Paolo era stato preparato a comunicare lezioni di divina sapienza, lezioni che incontravano le necessità di tutte le classi, e che dovevano essere applicate in ogni tempo, in qualsiasi luogo e circostanza. UVI 190 2 Uno dei mali più seri che era dilagato tra i credenti di Corinto era quello che molti erano ritornati ai depravati costumi del paganesimo. Un ex convertito si era così perso che la sua condotta era una violazione persino della più bassa moralità del mondo gentile. L'apostolo supplicò la chiesa di allontanare da essa quel "malvagio". Disse loro: "Non sapete voi che un po' di lievito fa lievitare tutta la pasta? Purificatevi dal vecchio lievito, affinché siate una nuova pasta, come già siete senza lievito". 1 Corinzi 5:12, 6, 7 (Luzzi). UVI 190 3 Un altro grande male che affliggeva la chiesa era che alcuni fratelli portavano le loro cause contro altri fratelli dinanzi ai tribunali. Abbondanti provvedimenti erano stati presi per risolvere le difficoltà fra credenti. Cristo stesso aveva dato chiare istruzioni circa la soluzione di tali problemi. Il Salvatore aveva consigliato: "Se il tuo fratello ha peccato contro di te, va' e riprendilo fra te e lui solo. Se t'ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; ma, se non t'ascolta, predi teco ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. E se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siate come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete sciolto sulla terra, saranno sciolte nel cielo". Matteo 18:15-18 (Luzzi). UVI 190 4 Paolo indirizzò parole di rimprovero ai credenti di Corinto che avevano dimenticato questo chiaro consiglio. "Ardisce alcun di voi -- egli chiese -, quando ha una lite con un altro, chiamarlo in giudizio dinanzi agli ingiusti anziché dinanzi ai santi? Non sapete voi che ai santi giudicheranno il mondo? E se il mondo è giudicato da voi, siete voi indegni di giudicar delle cose minime? Non sapete voi che giudicheremo gli angeli? Quanto più possiamo giudicare delle cose di questa vita! Quando dunque avete da giudicar di cose di questa vita, costituitene giudici quelli che sono i meno stimati nella chiesa. Io dico questo per farvi vergogna. Così non v'è egli tra voi neppure un savio che sia capace di pronunziare un giudizio fra un fratello e l'altro? Ma il fratello processa il fratello, e lo fa dinanzi agl'infedeli. Certo è già in ogni modo un vostro difetto l'aver fra voi dei processi. Perché non patite piuttosto qualche torto? Perché non patite piuttosto qualche danno? Invece, siete voi che fate torto e danno; e ciò a dei fratelli. Non sapete voi che gli ingiusti non erederanno il regno di Dio?" 1 Corinzi 6:1-9 (Luzzi). UVI 191 1 Satana sta costantemente cercando di introdurre tra il popolo di Dio diffidenza, divisione e malizia. Noi saremo spesso tentati di pensare che i nostri diritti ci sono negati, anche quando questo pensiero non corrisponde alla realtà. Coloro che amano se stessi più di Cristo e della sua causa, daranno priorità ai propri interessi, ed escogiteranno qualsiasi espediente per proteggerli. Anche molti che in apparenza sembrano essere cristiani coscienziosi sono limitati dall'orgoglio e dall'egoismo. Tali persone trascurano di recarsi privatamente da quelli che pensano siano in errore, dal parlare loro con lo spirito di Cristo e dal pregare insieme l'uno per l'altro. Pensando di aver subìto un torto dai loro fratelli, alcuni si appellano ai tribunali invece di seguire la regola che il Salvatore ci ha insegnato. UVI 191 2 I cristiani non dovrebbero appellarsi a tribunali civili per sistemare le divergenze che possono sorgere tra membri di chiesa. Tali divergenze dovrebbero essere risolte tra loro o tramite la chiesa, in armonia con l'istruzione di Cristo. Anche se fosse compiuta un'ingiustizia, il seguace dell'umile e modesto Gesù patirà "qualche danno" piuttosto che rendere manifesti dinanzi al mondo i peccati dei fratelli di chiesa. UVI 191 3 Processi legali tra fratelli sono un vergogna per la causa della verità. I cristiani che ricorrono ai tribunali l'uno contro l'altro espongono la chiesa alla derisione dei suoi nemici e assicurano il trionfo delle forze delle tenebre. Essi crocifiggono di nuovo Cristo e lo espongono a infamia. Ignorando l'autorità della chiesa, mostrano disprezzo per Dio, che ha dato alla chiesa la sua autorità. UVI 191 4 In questa lettera ai Corinzi, Paolo cercò di mostrare loro che la potenza di Cristo poteva liberarli dal male. Lui sapeva che se essi si fossero attenuti alle condizioni spiegate avrebbero ottenuto forza divina dall'Onnipotente. Perciò si sforzò di aiutarli a liberarsi dalla schiavitù del peccato e di assisterli a procacciare la santità, nel timore di Dio. Egli enfatizzò i diritti che Cristo aveva su loro dal momento che si erano convertiti e avevano consacrato a lui la loro vita. "Voi siete di Cristo" dichiarò Paolo. "Non appartenete a voi stessi... foste comprati a prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo". 1 Corinzi 3:23; 6:19, 20 (Luzzi). UVI 192 1 L'apostolo presentò chiaramente il risultato dell'abbandono di una vita pura e santa per seguire le corrotte pratiche del paganesimo. "Non v'illudete -- egli scrisse -, né i fornicatori, né gl'idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriachi, né gli oltraggiatori, né i rapaci erederanno il regno di Dio". 1 Corinzi 6:9, 10 (Luzzi). Paolo li supplicò di controllare le più basse passioni e gli appetiti pervertiti. "Non sapete voi -- egli chiese -- che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio?" 1 Corinzi 6:19 (Luzzi). UVI 192 2 La vita di Paolo rivelava la potenza di una rara saggezza. Egli aveva una elevata capacità intellettuale e di conseguenza un'acuta percezione e un animo particolarmente sensibile. Queste qualità che lo conducevano ad avere un'intima relazione con il suo prossimo, lo resero capace di risvegliare negli altri la loro buona natura e di spingerli a lottare per una vita migliore. Il suo cuore era colmo di ardente amore per i credenti di Corinto. Egli sperava di vederli manifestare una pietà interiore che li avrebbe fortificati contro le tentazioni. L'apostolo sapeva che a ogni passo del cammino cristiano sarebbero stati ostacolati dalle forze di Satana e che ogni giorno avrebbero incontrato conflitti. UVI 192 3 Essi avrebbero dovuto vigilare contro il ferreo attacco del nemico, avrebbero dovuto abbandonare le loro vecchie abitudini, le inclinazioni naturali, e sempre vegliare in preghiera. Paolo sapeva che le più alte mete cristiane possono essere raggiunte soltanto attraverso molta preghiera e una costante vigilanza, e fu questo che egli cercò di inculcare nelle loro menti. Ma lui sapeva anche che in Cristo crocifisso veniva offerta potenza sufficiente a convertire l'anima e a renderla capace di resistere a tutte le tentazioni di Satana. Con la fede in Dio come loro armatura, con la Parola come loro arma di lotta, essi avrebbero ricevuto una forza interiore che li avrebbe abilitati a vincere gli attacchi del nemico. UVI 192 4 I credenti di Corinto necessitavano di una più profonda esperienza nelle cose di Dio. Essi non sapevano pienamente cosa significasse contemplare la sua gloria e convertire il proprio carattere. Avevano visto soltanto i primi raggi dell'alba di quella gloria. Il desiderio di Paolo era che essi potessero ricevere nel loro cuore la potenza trasformatrice di Dio. Dovevano continuare a conoscere meglio Colui la cui apparizione è tanto necessaria quanto lo è il sole del mattino. L'esempio e l'insegnamento del Cristo dovevano riflettersi nelle loro esistenze: solo in questo modo i credenti di Corinto avrebbero acquisito quella perfetta fede evangelica che ancora mancava loro! ------------------------Capitolo 30: Chiamati a raggiungere un ideale più elevato UVI 194 1 Paolo, con la sua lettera, sperò di far comprendere ai corinzi l'importanza di un fermo autocontrollo, di una stretta temperanza e di un inflessibile zelo nel servizio di Cristo, usando un eloquente parallelismo tra il combattimento cristiano e le corse che si tenevano vicino a Corinto, a intervalli prefissati. Tra le gare sportive disputate tra greci e romani, le corse erano le più antiche e le più stimate. Esse avevano come spettatori re, nobili e uomini di governo. Vi partecipavano giovani della nobiltà, che non rifuggivano alcuno sforzo o disciplina pur di ottenere il premio. UVI 194 2 Le competizioni erano governate da un severo regolamento al quale non ci si poteva sottrarre. Quelli che desideravano entrare nella lista dei concorrenti, dovevano prima di tutto sottoporsi a un rigido allenamento. La dannosa indulgenza nell'appetito o qualsiasi altra gratificazione che poteva indebolire il vigore fisico e mentale erano strettamente proibite. Perché un atleta potesse avere la speranza di vincere queste gare di forza e velocità, doveva avere dei muscoli che gli assicurassero potenza, agilità e un perfetto controllo dei propri nervi. Ogni movimento doveva essere preciso, ogni passo rapido e leggero; il corpo doveva raggiungere il più alto livello di preparazione in vista della gara. UVI 194 3 Mentre gli atleti apparivano nello stadio davanti al pubblico, venivano pronunciati i loro nomi e veniva letto il regolamento della gara. Poi, partivano tutti insieme. L'attenzione degli spettatori li rendeva ancora più determinati nel ricercare la vittoria. I giudici erano seduti vicino al traguardo, in modo che potessero osservare la gara dall'inizio alla fine e aggiudicare il premio al vero vincitore. Se un uomo raggiungeva il traguardo per primo usando dei mezzi illegali, non otteneva il premio. UVI 194 4 In queste competizioni si correvano grandi rischi. Alcuni non si riprendevano più dal terribile sforzo fisico che avevano subìto. Non era insolito che degli uomini cadessero sul percorso, sanguinando dalla bocca e dal naso e che talvolta uno dei concorrenti cadesse al suolo morto proprio quando stava per assicurarsi il premio. Ma la possibilità di una ferita cronica o di morire non era considerata un rischio troppo grande in confronto all'onore che riceveva il vincitore. UVI 195 1 Allorché il fortunato atleta raggiungeva il traguardo, l'applauso della vasta moltitudine di spettatori squarciava l'aria echeggiando tra le montagne e le colline circostanti. Poi, davanti a tutti gli spettatori, il giudice consegnava gli emblemi di vittoria: una corona di alloro e un ramo di palma nella mano destra. I suoi elogi venivano cantati per tutta la regione; i suoi genitori condividevano il suo onore e anche la città nella quale viveva veniva tenuta in grande stima per aver dato i natali a un così grande atleta. UVI 195 2 Usando queste gare come una figura del combattimento cristiano, Paolo enfatizzò la necessità di prepararsi per ottenere la vittoria con una preliminare disciplina: una dieta priva di bevande alcoliche e un regime di temperanza. "Chiunque fa l'atleta -- egli affermò -- è temperato in ogni cosa". 1 Corinzi 9:25 (Luzzi). Gli atleti abbandonavano qualsiasi indulgenza che avrebbe indebolito le loro forze fisiche, e per mezzo di una severa e costante disciplina cercavano di allenare i propri muscoli e di ottenere quella forza e quella resistenza che avrebbero permesso loro di sopportare le fatiche più pesanti durante la gara. Quanto più importante è per il cristiano, del quale sono in gioco gli interessi eterni, sottomettere gli appetiti e le passioni all'intelletto e al volere di Dio! Egli non deve mai permettere che la sua attenzione sia deviata da divertimenti, lussi e comodità. Tutte le sue abitudini e le sue passioni devono essere controllate da una rigida disciplina. L'intelletto illuminato dagli insegnamenti della Parola di Dio e guidato dal suo Spirito deve tenere le redini del controllo. UVI 195 3 Quando questo è fatto, il cristiano deve esercitare tutte le potenzialità della propria volontà per poter ottenere la vittoria. Nelle corse di Corinto, gli ultimi passi degli atleti venivano compiuti con uno sforzo agonizzante per non diminuire la velocità. Così il cristiano che si avvicina al traguardo, si spingerà avanti con una quantità di zelo e determinazione maggiore di quella che ha utilizzato all'inizio della gara. UVI 195 4 Paolo presenta il contrasto esistente tra la corona di alloro deteriorabile che riceveva il vincitore della corsa e la corona di gloria immortale che sarà data a colui che conduce con successo la sua gara, per conformare la propria esistenza ai princìpi cristiani. Paolo dichiarò: "Quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, una incorruttibile". 1 Corinzi 9:25 (Luzzi). Per vincere un premio che perisce gli atleti greci non badavano né a fatiche né a disciplina. Noi stiamo correndo per un premio infinitamente maggiore, cioè per la corona della vita eterna. Con quanta più passione noi dovremmo impegnarci, quanto più volentieri noi dovremmo sacrificarci e disciplinarci! UVI 195 5 Nell'epistola agli ebrei è indicato l'unico scopo che dovrebbe caratterizzare la corsa cristiana per la vita eterna: "Anche noi... deposto ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, corriamo con perseveranza l'arringo che ci sta dinanzi, riguardando a Gesù, duce e perfetto esempio di fede". Ebrei 12:1, 2 (Luzzi). Invidia, malizia, perversione, maldicenza, avidità, questi sono i pesi che il cristiano deve abbandonare per riuscire ad aver successo nella corsa per l'immortalità. Ogni abitudine o pratica che conduce al peccato e che disonora Cristo deve essere abbandonata, qualsiasi sacrificio comporti. La benedizione del cielo non può riversarsi su colui che viola gli eterni princìpi della giustizia. Un solo peccato accarezzato è sufficiente a causare la degradazione del carattere e a sviare altri. UVI 196 1 "Se la tua mano ti fa intoppare -- disse Gesù -- mozzala; meglio è per te entrar monco nella vita, che aver due mani e andartene nella geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti fa intoppare, mozzalo; meglio è per te entrar zoppo nella vita, che aver due piedi ed esser gittato nella geenna". Marco 9:43-54 (Luzzi). Se per salvare il corpo dalla morte, il piede o la mano avrebbero dovuto essere amputati, o anche l'occhio strappato via, con quanto più ardore il cristiano dovrebbe abbandonare il peccato. Esso conduce all'oblio di una morte eterna. UVI 196 2 I partecipanti alle antiche gare sportive, anche se si sottoponevano all'autocontrollo e a una rigida disciplina, non erano certi della vittoria. "Non sapete voi -- chiese Paolo -- che coloro i quali corrono nello stadio, corrono ben tutti, ma uno solo ottiene il premio?" 1 Corinzi 9:24 (Luzzi). Per quanto ardentemente e tenacemente i partecipanti potessero impegnarsi, il premio poteva essere consegnato soltanto a uno di loro. Soltanto una mano poteva afferrare la desiderata corona. Alcuni, dopo essersi stremati per ottenere il premio, come stendevano la mano per assicurarselo, scoprivano che un altro, un istante prima di loro, aveva afferrato l'invidiato tesoro. UVI 197 3 Non è così nella corsa cristiana. Chiunque osserva le condizioni non rimarrà deluso alla fine della corsa. A nessuno di quelli che avranno fatto il loro possibile, mancherà il successo. La corsa non sarà vinta dal più forte. Sia il più debole dei santi che il più forte può rivestire la corona di gloria immortale. Possono vincere tutti quelli che, attraverso la potenza della grazia divina, sottomettono la loro vita alla volontà di Cristo. La pratica nei dettagli della vita, dei princìpi contenuti nella Parola di Dio, sono troppo spesso considerati di poca importanza, come cose troppo insignificanti per richiamare l'attenzione. Ma in vista del traguardo da raggiungere anche le cose più insignificanti possono diventare le più importanti. Ogni azione getta il suo peso sulla bilancia che determina la vittoria o la sconfitta di una vita. E la ricompensa data sarà in proporzione all'energia e all'ardore con i quali si sono impegnati. UVI 197 1 L'apostolo paragonò se stesso a un uomo che corre in una corsa e che allena ogni parte del suo corpo per vincere il premio. "Io quindi corro -- egli disse -- ma non in modo incerto, lotto al pugilato, ma non come chi batte l'aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia riprovato". 1 Corinzi 9:26, 27 (Luzzi). Per non condurre in modo incerto o negligente la corsa cristiana, Paolo sottopose se stesso a una rigida disciplina. Le parole "tratto duramente il mio corpo" letteralmente significano soffocare per mezzo di una severa disciplina i desideri, gli impulsi e le passioni dell'animo umano. UVI 197 2 Paolo temeva che, dopo aver predicato agli altri, egli stesso potesse essere squalificato. Lui comprese che se non praticava nella sua vita i princìpi nei quali credeva e che predicava, i suoi sforzi in favore degli altri, non sarebbero valsi a nulla per lui. La sua conversazione, il suo influsso, il suo rifiuto a cedere a qualsiasi autogratificazione, dovevano mostrare che la sua religione non era soltanto una professione ma un vivere quotidianamente in contatto con Dio. Un solo traguardo egli tenne sempre dinanzi e si impegnò a raggiungere: "...la giustizia che vien da Dio, basata sulla fede". Filippesi 3:9 (Luzzi). UVI 197 3 Paolo sapeva che il suo combattimento contro il male sarebbe durato sino alla fine della vita. Per questo egli reputò necessario controllare rigidamente se stesso, affinché i suoi desideri carnali non avessero il sopravvento sul suo zelo spirituale. Egli continuò a lottare con tutte le sue forze contro le inclinazioni naturali. Tenne sempre dinanzi a sé il traguardo da raggiungere, e cercò di farlo con una volontaria ubbidienza alla legge di Dio. Le sue parole, le sue azioni, le sue passioni, tutto fu sottomesso al controllo dello Spirito di Dio. UVI 197 4 Fu proprio questa motivazione interiore di vincere la corsa per ottenere la vita eterna che Paolo desiderò vedere nella vita dei credenti di Corinto. Egli sapeva che per raggiungere l'ideale di Cristo essi avrebbero dovuto lottare tutta la loro vita, senza posa alcuna. Li esortò a lottare, secondo le regole, giorno dopo giorno, cercando la pietà e l'eccellenza morale. Li supplicò di abbandonare ogni peso e di spingersi avanti verso il traguardo della perfezione in Cristo. UVI 197 5 Paolo indicò ai corinzi l'esperienza dell'antico Israele, le benedizioni che ne ricompensarono l'ubbidienza e i giudizi che seguirono le loro trasgressioni. Ricordò loro la miracolosa maniera in cui gli ebrei erano stati liberati dalla schiavitù d'Egitto, di giorno protetti dalla nuvola e di notte dalla colonna di fuoco. Così essi attraversarono sicuramente il Mar Rosso, mentre gli egiziani che cercarono di attraversarlo nella stessa maniera, furono tutti annegati. Mediante questi interventi Dio aveva riconosciuto Israele come la sua chiesa. "Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale perché beveano alla roccia spirituale che li seguiva; e la roccia era Cristo". 1 Corinzi 10:3, 4 (Luzzi). Gli ebrei in tutti i loro viaggi, ebbero Cristo come loro guida. La roccia colpita raffigurava il Cristo ferito a motivo delle trasgressioni umane, affinché la sorgente della salvezza potesse riversarsi su tutta l'umanità. UVI 198 1 Sebbene Dio avesse mostrato il suo favore agli ebrei, a causa della loro avidità per le comodità che avevano lasciato in Egitto, e a causa del loro peccato e della loro ribellione, i suoi giudizi si inflissero su loro. L'apostolo incoraggiò i credenti di Corinto a fare proprie le lezioni contenute nell'esperienza d'Israele. "Or queste cose -- affermò -- avvennero per servire d'esempio a noi, onde non siam bramosi di cose malvagie, come coloro ne furon bramosi". 1 Corinzi 10:6 (Luzzi). Egli mostrò come il loro amore per le comodità e il piacere avesse preparato la via ai peccati che provocarono lo sdegno di Dio. Fu proprio quando i figli di Israele indulsero nel mangiare, nel bere e nei divertimenti che persero il timore di Dio, che invece avevano ricercato quando avevano ascoltato la promulgazione della legge da parte dell'Eterno. Fecero un vitello d'oro che rappresentasse Dio e lo adorarono. E fu dopo aver goduto una lussuosa festa connessa con l'adorazione di Baal, che molti ebrei caddero nella licenziosità. Essi provocarono l'ira di Dio, e al suo comando circa tremila persone furono uccise in un solo giorno. UVI 198 2 L'apostolo scongiurò i corinzi: "Chi si pensa di stare ritto, guardi di non cadere". Se si fossero esaltati e sentiti troppo sicuri e avessero trascurato di vegliare e di pregare, sarebbero caduti in gravi peccati e avrebbero attirato su loro l'ira di Dio. Tuttavia Paolo non volle che cedessero allo scoraggiamento e alla disperazione. Egli diede loro questa certezza: "Iddio è fedele e non permetterà che siate tentati al di là delle vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, onde la possiate sopportare". 1 Corinzi 10:12, 13 (Luzzi). UVI 198 3 Paolo esortò i fratelli a chiedersi quale influsso avessero le loro parole e le loro azioni sugli altri. Essi non dovevano commettere alcun atto, che sebbene innocente, potesse sancire l'idolatria o offendere gli scrupoli di quelli che erano ancora deboli nella fede. "Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun'altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio. Non siate d'intoppo né ai Giudei, né ai Greci, né alla chiesa di Dio". 1 Corinzi 10:31, 32 (Luzzi). UVI 198 4 Le parole di avvertimento che Paolo diede alla chiesa di Corinto, sono applicabili a qualsiasi tempo e sono specialmente adatte per i nostri giorni. Con il termine idolatria lui non intendeva soltanto l'adorazione di idoli, ma anche l'autosufficienza, l'amore per le comodità e la gratificazione degli appetiti e delle passioni. Una semplice professione di fede in Cristo, una presuntuosa conoscenza della verità, non fa di un uomo un cristiano. Una religione che cerca solo di soddisfare i sensi o che permette l'indulgenza, non è la religione di Cristo. UVI 199 1 Per mezzo di un parallelismo tra la chiesa e il corpo umano, l'apostolo illustrò abilmente l'intima e armoniosa relazione che dovrebbe esistere tra tutti i membri della chiesa di Cristo. "Noi tutti -- egli scrisse -- abbiam ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito. E infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. Se il piè dicesse: Siccome io non sono mano, non son del corpo, non per questo non sarebbe del corpo. E se l'orecchio dicesse: Siccome io non son occhio, non son del corpo, non per questo non sarebbe del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito, se tutto il corpo fosse udito dove sarebbe l'odorato? Ma ora Iddio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. E se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? Ma ora ci son molte membra, ma c'è un unico corpo; e l'occhio non può dire alla mano: Io non ho bisogno di te; né il capo può dire ai piedi: Non ho bisogno di voi... Dio ha costruito il corpo in modo da dare maggiore onore alla parte che mancava, affinché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. E se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; e se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui. Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d'esso, ciascuno per parte sua". 1 Corinzi 12:13-27 (Luzzi). UVI 199 2 Poi, con parole che da quel giorno a oggi sono state d'ispirazione e di incoraggiamento a uomini e donne, Paolo presentò l'importanza di quell'amore che dovrebbe caratterizzare il comportamento dei seguaci di Cristo. "Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un rame risonante o uno squillante cembalo. E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti, se non ho carità, non son nulla. E quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri, e quando dessi il mio corpo ad essere arso, se non ho carità, ciò niente mi giova". 1 Corinzi 13:1-3 (Luzzi). UVI 199 3 Poco vale esercitare una elevata professione, colui il cui cuore non è colmo di amore per Dio e per il suo prossimo, non è un vero discepolo di Cristo. Sebbene possieda una grande fede, e abbia la potenza di compiere miracoli, senza amore la sua fede è vana. Potrebbe dimostrare una grande generosità, donando tutti i suoi beni per soddisfare i bisogni dei poveri. In realtà solo se farà ciò perché spinto dall'amore, egli potrà diventare oggetto del favore divino. Nel suo zelo potrebbe anche affrontare la morte come un martire. Tuttavia Dio lo considererà come un uomo dominato dall'insensibilità e dall'ambizione, se la sua scelta non sarà ispirata dall'amore. UVI 200 1 "La carità è paziente, è benigna; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia". 1 Corinzi 13:4 (Luzzi). La gioia più pura sorge dalla più profonda umiliazione. I caratteri più forti e più nobili sono edificati sul fondamento della pazienza, dell'amore e della sottomissione alla volontà di Dio. UVI 200 2 La carità "non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non sospetta il male". 1 Corinzi 13:5 (Luzzi). Un amore come quello di Cristo edifica sulle buone motivazioni e le buone azioni del prossimo. Esso non espone inutilmente le mancanze degli uomini. Non ascolta volentieri le critiche e le insinuazioni volte a screditare il suo prossimo, ma cerca piuttosto di attirare l'attenzione sulle sue buone qualità. UVI 200 3 L'amore "non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità, soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa". Questo amore "non verrà mai meno". 1 Corinzi 13:6-8 (Luzzi). Non perde mai il suo valore, esso è un attributo celeste. E come un prezioso tesoro, verrà portato dal suo possessore attraverso le porte della città di Dio. UVI 200 4 "Or dunque queste tre cose durano: fede, speranza, carità; ma la più grande di esse è la carità". 1 Corinzi 13:13 (Luzzi). UVI 200 5 Tra i credenti di Corinto ce n'erano alcuni che, venendo meno ai loro ideali morali, avevano finito per trascurare alcuni dei princìpi fondamentali della loro fede. Alcuni avevano addirittura negato la dottrina della risurrezione. Paolo affrontò questa eresia dando una chiara testimonianza dell'indiscutibile evidenza della risurrezione di Cristo. Egli dichiarò che Cristo, dopo la sua morte, "risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture" dopo di che "apparve a Cefa, poi ai Dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo; poi a tutti gli Apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche a me". 1 Corinzi 15:4-8 (Luzzi). UVI 200 6 L'apostolo presentò la grande dottrina della risurrezione con argomenti convincenti. "Se non v'è risurrezione dei morti -- egli discusse -- neppur Cristo è risuscitato; e se Cristo non è risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione, e vana pure è la vostra fede. E noi siamo anche trovati falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, ch'Egli ha risuscitato il Cristo; il quale Egli non ha risuscitato, se è vero che i morti non risuscitano. Difatti, se i morti non risuscitano, neppur Cristo è risuscitato; e se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che dormono in Cristo, son dunque periti. Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini. Ma ora Cristo è risuscitato dai morti, primizia di quelli che dormono". 1 Corinzi 15:13-20 (Luzzi). UVI 201 1 L'apostolo diresse la mente dei corinzi ai trionfi del giorno della risurrezione, quando tutti i santi dormienti saranno risorti, per vivere eternamente con il loro Signore. "Ecco -- affermò Paolo -- io vi dico un mistero: Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d'occhio, al suon dell'ultima tromba. Perché la tromba sonerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo mutati. Poiché bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità, e che questo mortale rivesta immortalità. E quando questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità, e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è stata sommersa nella vittoria. O morte dov'è la tua vittoria?... ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo". 1 Corinzi 15:51-57 (Luzzi). UVI 201 2 Grande è il premio che Dio ha in serbo per coloro che gli resteranno sempre fedeli. L'apostolo, conoscendo le possibilità che i credenti di Corinto avevano dinanzi, cercò di presentare loro ciò che innalza dall'egoismo e dalla sensualità, ciò che dà più senso all'esistenza umana con la speranza dell'immortalità. Egli li esortò a essere fedeli alla loro santa chiamata in Cristo. "Fratelli miei diletti -- Paolo supplicò -- state saldi, incrollabili, abbondanti sempre nell'opera del Signore, sapendo che, la vostra fatica non è vana nel Signore". 1 Corinzi 15:58 (Luzzi). UVI 201 3 Fu così che l'apostolo cercò di attirare l'attenzione e correggere quelle false idee e quelle pratiche pericolose che si stavano diffondendo nella chiesa di Corinto. Egli parlò apertamente, ispirato dall'amore che nutriva per i suoi fratelli. Una luce proveniente dal trono di Dio illuminò i corinzi, attraverso i suoi avvertimenti e i suoi rimproveri, rivelando peccati nascosti che stavano contaminando la loro vita. Quale sarebbe stato il loro esito? UVI 201 4 Dopo che la lettera fu inviata, Paolo temette che quello che aveva scritto potesse ferire troppo profondamente coloro che lui invece desiderava ne beneficiassero. Egli si sentì terrorizzato all'idea di aver causato un'ulteriore frattura all'interno della comunità. A volte desiderò di non aver mai detto certe cose. Quelli che, come l'apostolo, sentono una responsabilità per le loro care chiese o per le loro istituzioni, possono meglio apprezzare la sua insoddisfazione e il suo continuo ricorso all'autocritica. I servitori di Dio che hanno la responsabilità della sua opera in questo tempo conoscono qualcosa della stessa esperienza di lavoro, dei conflitti, e delle ansiose preoccupazioni che visse il grande apostolo. Egli si dispiacque delle divisioni esistenti nella chiesa; era stato trattato con ingratitudine e tradito da alcuni di quelli da cui si aspettava simpatia e sostegno. Comprendendo il pericolo che incorrono le chiese in cui alberga l'iniquità, fu spinto a dare una decisa e toccante testimonianza nel rimproverare il peccato. Ma egli era allo stesso tempo aggravato dal timore che potesse aver agito con troppa severità. Con ansietà, egli attese di ricevere alcune notizie circa l'accoglienza che era stata riservata al suo messaggio. ------------------------Capitolo 31: Il messaggio è ascoltato UVI 203 1 Paolo partì da Efeso e intraprese un altro viaggio missionario durante il quale sperava di visitare ancora una volta i luoghi dei suoi primi viaggi in Europa. Egli rimase per qualche tempo a Troas a predicare "l'Evangelo di Cristo". In questa città trovò alcune persone pronte ad ascoltare il suo messaggio. L'apostolo, in seguito, dichiarò che in questo luogo aveva trovato "aperta una porta nel Signore" perché proseguisse l'opera di diffusione dell'Evangelo. 2 Corinzi 2:12 (Luzzi). Sebbene avesse successo, non potè rimanere a Troas per lungo tempo. "L'ansietà per tutte le chiese" e particolarmente per la chiesa di Corinto, gravava pesantamente sul suo cuore. 2 Corinzi 11:28 (Luzzi). Egli aveva sperato di incontrare Tito a Troas e di essere da lui informato sull'accoglienza che era stata riservata alle parole di consiglio e rimprovero che aveva indirizzato ai fratelli di Corinto. Ma le sue aspettative furono deluse. "Non ebbi requie nel mio spirito", scrisse Paolo circa questa esperienza, "perché non vi trovai Tito, mio fratello". 2 Corinzi 2:13 (Luzzi). Partì perciò da Troas e attraversò la Macedonia. A Filippi si incontrò con Timoteo. UVI 203 2 Durante questo periodo di ansietà per la chiesa di Corinto, Paolo sperò per il meglio, tuttavia a volte sentimenti di profonda tristezza s'impossessavano del suo animo al pensiero che i suoi consigli e le sue ammonizioni potessero essere fraintesi. "La nostra carne non ha avuto requie alcuna -- egli scrisse più tardi -- ma siamo stati afflitti in ogni maniera; combattimenti di fuori, di dentro timori. Ma Iddio che consola gli abbattuti, ci consolò con la venuta di Tito". 2 Corinzi 7:5, 6 (Luzzi). UVI 203 3 Questo fedele messaggero portò buone notizie: un meraviglioso cambiamento era avvenuto tra i credenti di Corinto. Le istruzioni contenute nella lettera di Paolo erano state accettate e molti si erano pentiti dei propri peccati. La loro vita non era più una vergogna per la cristianità, ma esercitava un potente influsso in favore dei princìpi etici e religiosi che difendeva. UVI 203 4 L'apostolo, colmo di gioia, mandò un'altra lettera ai credenti di Corinto. Egli espresse la sua contentezza perché un buon cambiamento era avvenuto in loro: "Poiché, quand'anche io v'abbia contristati con la mia epistola, non me ne rincresce; ... se pur ne ho provato rincrescimento". Quando era stato assalito dal timore che le sue parole fossero disprezzate, a volte aveva rimpianto di aver scritto in modo così deciso e severo. "Ora mi rallegro -- egli continuò -- non perché siete stati contristati, ma perché siete stati contristati a ravvedimento; poiché siete stati contristati secondo Iddio onde non aveste a ricever alcun danno da noi. Poiché, la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che mena alla salvezza". Il pentimento che è suscitato dall'influsso della grazia divina sul cuore conduce a confessare e ad abbandonare il peccato. Tali erano i frutti che si erano manifestati nella vita dei credenti di Corinto. L'apostolo dichiarò. "Infatti, questo essere stati contristati secondo Iddio ... quanta premura ha prodotto in voi! Anzi, quanta giustificazione, quanto sdegno, quanto timore, quanta bramosia, quanto zelo". 2 Corinzi 7:8-11 (Luzzi). UVI 204 1 Da qualche tempo Paolo stava portando un grave peso nell'animo a motivo delle chiese che doveva curare: si trattava di un carico così pesante che egli riusciva a stento a sopportare. Falsi insegnanti avevano cercato di distruggere il suo influsso tra i credenti e di imporre le proprie dottrine al posto della verità dell'Evangelo. Le perplessità e gli scoraggiamenti che Paolo sopportò sono rivelati da queste parole: "Siamo stati oltremodo aggravati, al di là delle nostre forze, tanto che stavamo in gran dubbio anche della vita". 2 Corinzi 1:8 (Luzzi). UVI 204 2 Una causa di ansietà era stata ora rimossa. Giunta la notizia che i corinzi avevano accettato la sua lettera, Paolo lanciò grida di gioia. "Benedetto sia Iddio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre delle misericordie e l'Iddio d'ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione, affinché, mediante la consolazione onde noi stessi siam da Dio consolati, possiam consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione. Perché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Talché se siamo afflitti, è per la vostra consolazione e salvezza; e se siamo consolati, è per la vostra consolazione, la quale opera efficacemente nel farvi capaci di sopportare le stesse sofferenze che anche noi patiamo. E la nostra speranza di voi è ferma, sapendo che come siete partecipi delle sofferenze siete anche partecipi della consolazione". 2 Corinzi 1:3-7 (Luzzi). UVI 204 3 Nell'esprimere la sua gioia per il loro ravvedimento e per la loro crescita nella grazia, Paolo attribuì a Dio tutti i meriti di questa trasformazione della mente e della vita. "Ma grazie siano rese a Dio -- egli esclamò -- che sempre ci conduce in trionfo in Cristo, e che per mezzo nostro spande da per tutto il profumo della sua conoscenza. Poiché noi siamo dinanzi a Dio il buon odore di Cristo fra quelli che son sulla via della salvezza e fra quelli che son sulla via della perdizione". 2 Corinzi 2:14, 15 (Luzzi). A quei tempi era consuetudine che il generale che era stato vittorioso in battaglia portasse con sé, nel giorno del suo ritorno, un buon numero di prigionieri. In queste occasioni, alcuni venivano incaricati di spargere dell'incenso fumante tutt'intorno, mentre l'armata marciava trionfante verso casa. Quel fragrante profumo, per i prigionieri destinati a morire, era un segno di morte perché ricordava loro che il tempo dell'esecuzione era imminente. Invece per i prigionieri che avevano trovato favore presso i loro vincitori, e le cui vite sarebbero state risparmiate, esso era un segno di vita, perché ricordava loro che l'ora della liberazione era vicina. UVI 205 1 Paolo era ora colmo di fede e di speranza. Egli sentì che Satana non era riuscito ad annientare l'opera di Dio in Corinto ed espresse la gratitudine del suo cuore con parole di lode. Lui e i suoi collaboratori avrebbero celebrato la loro vittoria sui nemici di Cristo e della verità, avanzando con rinnovato zelo per diffondere la conoscenza del Salvatore. La fragranza del Vangelo, come l'incenso, doveva essere diffusa nel mondo. Il messaggio sarebbe stato un profumo di vita per coloro che avrebbero accettato Cristo. Coloro che invece avrebbero persistito nell'incredulità, sarebbero stati costretti dalle circostanze a intenderlo come un profumo di morte. UVI 205 2 Rendendosi conto delle crescenti esigenze dell'opera, Paolo esclamò: "Chi è all'altezza di questo compito?" Chi è capace di predicare Cristo in modo tale da non dare ai suoi nemici un pretesto per disprezzare il messaggero o il messaggio che egli porta? Paolo desiderò imprimere nelle menti dei credenti la solenne responsabilità del ministro del Vangelo. Soltanto la fedeltà nel predicare la Parola unita a una vita pura e coerente, può rendere gli sforzi dei ministri accettevoli a Dio e assicurarne il successo. I ministri del nostro tempo che sono coscienti delle difficoltà che comporta l'estensione dell'opera, possono giustamente esclamare con l'apostolo: "Chi è all'altezza di questo compito?" 2 Corinzi 2:16. UVI 205 3 Alcuni di quelli che avevano letto la prima lettera avevano accusato Paolo di aver raccomandato se stesso. L'apostolo ora si riferì proprio all'accusa chiedendo ai membri della chiesa se era davvero questo il loro giudizio a proposito delle sue motivazioni. "Cominciamo noi di nuovo a raccomandar noi stessi? -- egli chiese -- O abbiam noi bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione presso di voi o da voi?" 2 Corinzi 3:1 (Luzzi). I credenti che si trasferivano in un altro luogo spesso portavano con sé lettere di raccomandazione dalla chiesa di cui erano stati precedentemente membri. Ma i dirigenti, i fondatori di queste chiese, non avevano bisogno di tali raccomandazioni. I credenti corinzi che erano stati condotti dall'adorazione degli idoli alla fede del Vangelo, erano loro stessi la sola raccomandazione di cui Paolo necessitava. La riforma avvenuta nella loro vita con l'accettazione della verità, dava una eloquente testimonianza alla fedeltà dei suoi sforzi e alla sua autorità nel consigliare, rimproverare, ed esortare come ministro di Cristo. UVI 206 1 Paolo considerò i fratelli di Corinto come suoi testimoni. "Siete voi la nostra lettera -- egli disse -- scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini; essendo manifesto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro ministero, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito dell'Iddio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che son cuori di carne". 2 Corinzi 3:2, 3 (Luzzi). UVI 206 2 Per un ministro, la conversione di peccatori e la loro santificazione per mezzo della verità sono la più forte prova che Dio lo ha chiamato al ministero. L'evidenza del suo apostolato è scritta sui cuori di quei convertiti ed è testimoniata dalla loro vita trasformata. Cristo vive nel cuore, speranza di gloria. Un ministro è grandemente incoraggiato da questi segni, perché essi rivelano che Dio approva il suo operato. UVI 206 3 Oggi, i ministri di Cristo dovrebbero ottenere la stessa riconoscenza che la chiesa di Corinto accordò a Paolo. Sebbene in questa epoca ci siano molti predicatori, c'è una grande scarsità di ministri capaci e santi, di uomini ripieni dell'amore che dimorava nel cuore di Cristo. Orgoglio, autoesaltazione, amore per il mondo, critica, amarezza, invidia, sono questi i frutti prodotti da molti di coloro che professano la religione di Cristo. La loro vita, in diretto contrasto con la vita del Signore, spesso offre una triste testimonianza di come conducono quell'opera che ha contribuito alla loro stessa conversione. UVI 206 4 Un uomo non può avere un più alto onore di quello di essere accettato da Dio come un abile ministro del Vangelo. Ma quelli che il Signore benedice con potenza e successo nella sua opera, non si vantano. Essi riconoscono di dipendere completamente da lui. Non hanno alcuna difficoltà ad ammettere i loro limiti. Insieme a Paolo, essi dicono: "Non posso pretendere di compiere da me stesso un'opera di questo genere. Solo Dio mi dà la capacità di compierla. Lui mi ha reso capace di essere servo di una nuova alleanza". 2 Corinzi 3:5, 6. UVI 206 5 Il vero ministro compie l'opera del Maestro. Comprende l'importanza del suo lavoro. Egli sa che è chiamato a sostenere una relazione con la chiesa e con il mondo simile a quella che sostenne Cristo. Egli lavora instancabilmente per condurre i peccatori a una vita più nobile ed elevata, affinché possano ottenere la ricompensa che è riservata a chi vince. Le sue labbra sono toccate con il tizzone ardente dell'altare ed egli innalza Gesù come la sola speranza del peccatore. Quelli che lo ascoltano sanno che è vicino a Dio, grazie alle preghiere che innalza al cielo. Lo Spirito Santo dimora in lui, la sua anima sente il vitale fuoco celeste ed è capace di discernere le cose spirituali. A lui è dato il potere di espugnare le fortezze di Satana. Il suo modo di presentare l'amore di Dio intenerisce i cuori. Molte persone sono spinte a chiedere: "Che debbo io fare per esser salvato?" Atti 16:30 (Luzzi). UVI 207 1 "Perciò, avendo questo ministero in virtù della misericordia che ci è stata fatta, noi non veniam meno nell'animo, ma abbiam rinunziato alle cose nascoste e vergognose, non procedendo con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma mediante la manifestazione della verità raccomandando noi stessi alla coscienza di ogni uomo nel cospetto di Dio. E se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che son sulla via della perdizione, per gl'increduli, dei quali l'iddio di questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce dell'evangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio, non risplenda loro. Poiché noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù qual Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servitori per amor di Gesù; perché l'Iddio che disse: Splenda la luce fra le tenebre, è quel che rispendé ne' nostri cuori affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo". 2 Corinzi 4:1-6 (Luzzi). UVI 207 2 Così l'apostolo magnificò la grazia e la misericordia di Dio, mostrate nell'adempimento del sacro incarico che gli era stato affidato come ministro di Cristo. Era stata l'abbondante misericordia di Dio a sostenere Paolo e i suoi fratelli nelle difficoltà, nell'afflizione e nel pericolo. Essi non avevano modellato la loro fede e il loro insegnamento per accomodare i desideri del loro ascoltatori, né avevano nascosto le verità essenziali alla salvezza per rendere il loro insegnamento più attraente. Avevano presentato la verità con semplicità e chiarezza, pregando perché le persone si convincessero e si convertissero. E si erano sforzati di comportarsi in armonia con ciò che insegnavano, affinché la verità presentata potesse essere riaffermata nella coscienza di ogni uomo. UVI 207 3 "Noi abbiamo questo tesoro -- l'apostolo continuò -- in vasi di terra, affinché l'eccellenza di questa potenza sia di Dio e non da noi". 2 Corinzi 4:7 (Luzzi). Dio avrebbe potuto proclamare la sua verità mediante gli angeli innocenti, ma questo non è nel suo piano. Egli sceglie degli esseri umani limitati perché adempiano i suoi progetti. L'inestimabile tesoro è posto in recipienti di terra. è attraverso gli uomini che le sue benedizioni devono essere trasmesse al mondo. Per mezzo loro la sua gloria deve risplendere nell'oscurità del peccato. Attraverso un ministero d'amore devono aiutare i peccatori e i bisognosi, e condurli alla croce. Qualsiasi cosa facciano, essi devono attribuire gloria, onore e lode a Colui che è sopra tutto e tutti. UVI 208 1 Paolo, facendo riferimento alla propria esperienza, mostrò che quando aveva scelto il servizio di Cristo non era stato spinto da motivazioni egoistiche, anzi, nel suo cammino era stato assalito da prove e tentazioni. "Noi siamo tribolati in ogni maniera -- egli scrisse -- ma non ridotti all'estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati, ma non uccisi; portiam sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo". 2 Corinzi 4:8-10 (Luzzi). UVI 208 2 Paolo rammentò ai suoi fratelli che come messaggeri di Cristo, lui e i suoi collaboratori erano in costante pericolo. Le sofferenze che sopportavano esaurivano la loro forza. "Noi che viviamo -- egli scrisse -- siam sempre esposti alla morte per amor di Gesù, onde anche la vita di Gesù sia manifestata nella nostra carne mortale. Talché la morte opera in noi, ma la vita in voi". 2 Corinzi 4:11, 12 (Luzzi). Anche se avevano patito fatiche e privazioni di ogni genere questi ministri di Cristo stavano conformandosi alla sua morte. Ma ciò che la morte stava portando loro, stava dando vita e salute spirituale ai corinzi, i quali credendo nella verità divenivano partecipi della vita eterna. In vista di ciò, i seguaci di Gesù dovevano fare molta attenzione a non aumentare, per negligenza e per disaffezione, i pesi e le prove dei suoi operai. UVI 208 3 "Siccome abbiam lo stesso spirito di fede, -- continuò Paolo -- ch'é in quella parola della Scrittura: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo, e perciò anche parliamo". 2 Corinzi 4:13 (Luzzi). Niente poteva indurre Paolo a usare la Parola di Dio in modo fraudolento, o a celare le convinzioni della sua anima, poiché egli era pienamente convinto della realtà della verità affidatagli. Egli non avrebbe ricercato ricchezza, onore o piacere uniformandosi a una mentalità secolare. Egli non aveva paura, sebbene fosse in costante pericolo di essere martirizzato per la fede che aveva predicato, perché sapeva che Colui che era morto ed era risorto avrebbe risuscitato anche lui dalla tomba, e lo avrebbe presentato al Padre. UVI 208 4 "Tutte queste cose avvengono per voi -- disse Paolo -, affinché la grazia essendo abbondata, faccia sì che sovrabbondi per bocca di un gran numero il ringraziamento alla gloria di Dio". 2 Corinzi 4:15 (Luzzi). Gli apostoli non predicarono il Vangelo per una propria gratificazione. Fu la speranza di salvare le anime che li condusse a dedicare la loro vita a questa opera. E fu questa speranza che impedì loro di interrompere i piani quando furono minacciati dal pericolo o da reali sofferenze. UVI 209 1 "Perciò -- dichiarò l'apostolo -- noi non veniamo meno nell'animo; ma quantunque il nostro uomo esterno si disfaccia, pure il nostro uomo interno si rinnova di giorno in giorno". 2 Corinzi 4:16 (Luzzi). Egli sentiva la potenza del nemico, e sebbene le sue forze fisiche stessero declinando, continuò a proclamare il Vangelo di Cristo con risoluta fedeltà. Vestito della completa armatura di Dio, questo eroe della croce si spinse avanti nel conflitto. La sua viva voce proclamò il suo trionfo nella battaglia. Con lo sguardo fisso sulla ricompensa dei fedeli, egli esclamò con tono di vittoria: "La nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono son solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne". 2 Corinzi 4:17, 18 (Luzzi). UVI 209 2 L'appello che l'apostolo rivolse ai fratelli di Corinto di considerare nuovamente l'incomparabile amore del loro Redentore, fu ardente e toccante. "Voi conoscete la carità del Signor nostro Gesù Cristo -- egli scrisse -- il quale, essendo ricco, s'è fatto povero per amor vostro, onde, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi". 2 Corinzi 8:9 (Luzzi). Voi sapete da quale altezza Egli si abbassò e quale profonda umiliazione subì. Una volta entrato nel sentiero dell'abnegazione e del sacrificio, Egli non indietreggiò fino a che non ebbe dato la sua vita. Non ci fu tregua alcuna che interrompesse il suo cammino dalla gloria celeste alla croce. UVI 209 3 Paolo spiegò punto dopo punto, in modo che quelli che avrebbero letto la sua epistola potessero comprendere pienamente quanto il Signore aveva fatto per amor loro. L'apostolo tracciò il percorso di Cristo, dal tempo in cui aveva condiviso con Dio la natura, il trono e l'omaggio degli angeli, al tempo della sua più profonda umiliazione. Paolo era convinto che se essi avessero potuto comprendere lo straordinario sacrificio compiuto dal Cristo, qualsiasi egoismo sarebbe scomparso dalla loro vita. Egli mostrò come il Figlio di Dio aveva riposto la sua gloria, per assoggettarsi volontariamente alle condizioni della natura umana; come aveva umiliato se stesso simile a un servo, e come era diventato ubbidiente sino alla morte, se pure "alla morte della croce" (Filippesi 2:8) per poter innalzare l'uomo caduto dalla degradazione alla speranza e alla gioia del cielo. UVI 209 4 Se studiassimo il carattere divino alla luce della croce, non potremmo fare a meno di intendere la misericordia, la tenerezza e il perdono connessi all'esercizio dell'imparzialità e della giustizia. Noi vediamo sul trono qualcuno che porta nelle mani, nei piedi e nel torace i segni della sofferenza che patì per riconciliare l'uomo a Dio. Noi vediamo un Padre infinito, che abita in una luce inaccessibile. Non per questo Egli nega di accettarci per i meriti di suo Figlio. La nuvola di vendetta che minacciava solo miseria e disperazione, nella luce riflessa dalla croce, rivela le parole di Dio: "Vivi, peccatore, vivi! Anima credente e pentita, vivi! Io ho pagato il riscatto". UVI 210 1 Contemplando Cristo, noi scopriamo l'evidenza di un amore infinito. Ci sforziamo di descrivere questo amore, ma il linguaggio è insufficiente. Considerando la sua vita terrena, il suo sacrificio per noi, la sua opera in cielo come nostro avvocato e le dimore che sta preparando per coloro che lo amano, noi possiamo solo esclamare: "Oh, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo!" "In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Iddio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati". "Vedete di quale amore ci è stato largo il Padre, dandoci d'esser chiamati figliuoli di Dio". 1 Giovanni 4:10; 3:1 (Luzzi). UVI 210 2 Questo amore arde come un sacro fuoco sull'altare del cuore di ogni vero discepolo. Cristo ci ha rivelato l'amore di Dio. Ed è sulla terra che i suoi figli devono riflettere questo amore attraverso una condotta irreprensibile. Così i peccatori saranno spinti ad avvicinarsi alla croce per contemplare l'Agnello di Dio. ------------------------Capitolo 32: Una chiesa generosa UVI 211 1 Nella sua prima lettera alla chiesa di Corinto, Paolo istruì i credenti circa i princìpi basilari per il sostentamento dell'opera di Dio in terra. A proposito degli sforzi che aveva compiuto in favore di quella comunità, egli domandò: "Chi è mai che fa il soldato a sue proprie spese? Chi è che pianta una vigna e non ne mangia il frutto? O chi è che pasce un gregge e non si ciba del latte del gregge? Dico io queste cose secondo l'uomo? Non le dice anche la legge? Difatti, nella legge di Mosé è scritto: Non metter la musoliera al bue che trebbia il grano. Forse che Dio si dà pensiero dei buoi? O non dice Egli così proprio per noi? Certo, per noi fu scritto così; perché chi ara deve arare con speranza; e chi trebbia il grano deve trebbiarlo colla speranza d'averne la sua parte. UVI 211 2 "Se abbiam seminato per voi i beni spirituali, è egli gran che se mietiamo i vostri beni materiali? Se altri hanno questo diritto su voi, non l'abbiamo noi molto più? Ma noi non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi sopportiamo ogni cosa, per non creare alcun ostacolo all'Evangelo di Cristo. Non sapete voi che quelli i qualli fanno il servigio sacro mangiano di quel che è offerto nel tempio? e che coloro i quali attendono all'altare, hanno parte all'altare? Così ancora, il Signore ha ordinato che coloro i quali annunziano l'Evangelo vivano dell'Evangelo". 1 Corinzi 9:7-14 (Luzzi). UVI 211 3 Qui, l'apostolo si riferiva al piano del Signore per il mantenimento dei sacerdoti che servivano nel tempio. Le persone che erano state assegnate a questo sacro ufficio venivano mantenute dai loro fratelli, ai quali esse ministravano benedizioni spirituali. "Or quelli d'infra i figliuoli di Levi che ricevono il sacerdozio, hanno bensì ordine, secondo la legge, di prender le decime dal popolo". Ebrei 7:5 (Luzzi). La tribù di Levi era stata scelta dal Signore per i servizi sacri del tempio e del sacerdozio. Del sacerdote era stato detto: "L'Eterno il tuo Dio, l'ha scelto... a fare il servizio nel nome dell'Eterno". Deuteronomio 18:5 (Luzzi). Il Signore richiedeva la decima parte di tutti i profitti; trattenerla per sé sarebbe stato un furto. UVI 211 4 Fu a questo piano per il mantenimento del ministero che Paolo si riferì quando disse: "Così ancora, il Signore ha ordinato che coloro i quali annunziano l'Evangelo vivano nell'Evangelo". Più tardi, scrivendo a Timoteo, l'apostolo disse: "Il lavoratore ha diritto alla sua paga". 1 Timoteo 5:18. UVI 212 1 La restituzione della decima non era che una parte del piano di Dio per il sostenimento del sacerdozio. Dio specificò una serie di doni e offerte che dovevano aggiungersi alla decima. Sotto il sistema giudaico, il popolo fu istruito a coltivare uno spirito di generosità sia nel sostenere l'opera di Dio sia nel soddisfare le necessità dei bisognosi. Per le occasioni speciali c'erano offerte volontarie. Al tempo del raccolto e della vendemmia, le primizie dei campi: mais, vino e olio erano consacrati come offerta al Signore. La spigolatura e gli angoli dei campi erano riservati al povero. Le primizie della lana quando le pecore venivano tosate, del grano quando esso veniva trebbiato, erano messe da parte per Dio. Così anche i primogeniti degli animali; e un prezzo di riscatto veniva pagato per il figlio primogenito. I primi frutti dovevano essere presentati davanti al Signore nel santuario e venivano devoluti per l'uso dei sacerdoti. UVI 212 2 Per mezzo di questo sistema di benevolenza, il Signore cercò di insegnare a Israele che gli si doveva riservare il primo posto. In questo modo veniva ricordato che Dio era il proprietario dei campi, delle mandrie e dei greggi. Egli mandava loro il sole e la pioggia che facevano crescere e maturare il raccolto. Ogni cosa che essi possedevano era sua; loro erano soltanto gli amministratori dei suoi beni. UVI 212 3 Non è nella volontà di Dio che i cristiani, i cui privilegi sono di gran lunga maggiori di quelli della nazione giudaica, diano meno generosamente di quest'ultimi. "A chi molto è stato dato, -- dichiarò il Salvatore -- molto sarà ridomandato". Luca 12:48 (Luzzi). La generosità richiesta agli ebrei assicurava un certo beneficio alla loro stessa nazione. Oggi l'opera di Dio si estende su tutta la terra. Cristo ha posto i tesori del Vangelo nelle mani dei suoi seguaci, e loro è la responsabilità di dare la buona notizia della salvezza al mondo. Certamente i nostri obblighi sono molto più grandi di quelli dell'antico Israele. UVI 212 4 L'estensione dell'opera di Dio richiederà con una frequenza crescente l'impiego di una grande quantità di risorse. Affinché queste richieste ricevano risposta, i cristiani devono ubbidire al comando: "Portate tutte le decime alla casa del tesoro". Malachia 3:10 (Luzzi). Se i cristiani praticanti portassero fedelmente a Dio le loro decime e offerte, il suo tesoro sarebbe pieno. Allora non ci sarebbe bisogno di ricorrere a vendite di beneficenza o a incontri sociali per assicurarsi fondi per il sostenimento delle diverse iniziative evangelistiche. UVI 212 5 Gli uomini sono tentati di usare il loro denaro per soddisfare i propri desideri, per gratificare l'appetito, per adornarsi o per abbellire le proprie case. Per queste cose molti membri di chiesa non esitano a spendere liberamente e anche in maniera stravagante. Ma quando si chiede loro di dare per il tesoro del Signore, per portare avanti la sua opera sulla terra, essi esitano. Forse, pensando di non poter fare altrimenti, danno una elemosina molto più piccola della somma che spendono in cose di poco conto. Queste persone non manifestano vero amore per il servizio di Cristo, né fervente interesse per la salvezza delle anime. C'è da stupirsi se l'esistenza di tali cristiani è grigia e meschina! UVI 213 1 Colui che ha il cuore pieno dell'amore di Cristo, considererà non soltanto un dovere, ma un piacere, poter contribuire per l'avanzamento della più elevata e nobile missione affidata all'uomo: presentare al mondo la ricchezza della bontà, della misericordia e della verità. UVI 213 2 È lo spirito di avidità che conduce gli uomini a trattenere per le proprie gratificazioni ciò che giustamente appartiene a Dio. Questo spirito offende il Signore. Per questo motivo Dio rimproverò severamente il suo popolo, dicendo: "L'uomo dev'egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: In che t'abbiam noi derubato? Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perché mi derubate, voi, tutta quanta la nazione!" Malachia 3:8, 9 (Luzzi). UVI 213 3 Lo spirito di generosità è lo spirito del cielo. Questo spirito trova la sua più alta manifestazione nel sacrificio di Cristo sulla croce. Fu per amor nostro che il Padre diede il suo unigenito Figlio; e Cristo, dopo aver rinunciato a tutto quello che aveva, diede se stesso, affinché l'uomo potesse essere salvato. La croce del Calvario dovrebbe suscitare la benevolenza di ogni seguace del Salvatore. Il principio illustrato dalla croce è quello del dono. "Chi dice di dimorare in lui, deve, nel modo ch'egli camminò, camminare anch'esso". 1 Giovanni 2:6 (Luzzi). UVI 213 4 D'altra parte, lo spirito dell'egoismo è lo spirito di Satana. Il principio illustrato nella vita di quelle persone che seguono il suo esempio, è determinato da una ricerca smodata del profitto. Essi sperano in questo modo di ottenere la felicità e le comodità, invece il frutto della loro condotta è miseria e morte. UVI 213 5 I figli di Dio hanno l'obbligo di restituirgli ciò che gli è dovuto fino a quando le sue benedizioni si esauriranno. Essi dovrebbero dare al Signore non soltanto la parte che gli appartiene, ma dovrebbero portare al suo tesoro delle offerte volontarie, come offerte di gratitudine. Con cuore pieno di gioia dovrebbero dedicare al Creatore una parte scelta dei loro guadagni: le loro migliori proprietà, il loro servizio più eccellente e santo. Dio benedirà ogni iniziativa ed essi si sentiranno felici di dipendere dalla sua potente mano. E quando avverrà l'ultima grande raccolta, i covoni che porteranno al Maestro saranno la ricompensa dell'uso altruistico dei talenti a loro affidati. UVI 214 1 I messaggeri di Dio che sono impegnati nella sua opera non dovrebbero mai trovarsi ad affrontre la lotta da soli senza la simpatia e la cordiale assistenza dei loro fratelli. Ogni membro di chiesa è chiamato a manifestare generosità verso coloro che hanno abbandonato il lavoro per dedicarsi al ministero. Quando i ministri di Dio vengono incoraggiati, la sua causa avanza rapidamente. Ma quando a causa dell'egoismo umano, essi non ricevono il giusto sostegno, le loro mani s'indeboliscono e può accadere che la loro efficacia venga seriamente menomata. UVI 214 2 La collera di Dio è rivolta verso quelle persone che pretendono di essere suoi seguaci e tuttavia permettono che gli operai consacrati manchino del necessario per vivere, mentre sono impegnati in un attivo ministero. Questi egoisti dovranno rendere conto non soltanto dell'errata amministrazione dei beni del Signore, ma anche delle difficoltà che il loro comportamento ha causato ai suoi fedeli servitori. Quelli che sono chiamati all'opera del ministero, e che hanno il dovere di rinunciare a tutto per impegnarsi al servizio di Dio, dovrebbero ricevere, per i loro sacrifici, salari sufficienti a mantenere se stessi e le proprie famiglie. UVI 214 3 Nei vari settori dell'impiego secolare, gli uomini che sono diligenti e capaci possono guadagnare buoni salari. L'opera relativa al progresso e alla cura della chiesa non è forse molto più importante di qualsiasi altra ordinaria occupazione? E quelli che si dedicano fedelmente in quest'opera non hanno forse diritto a un'equa retribuzione? Quando noi sottovalutiamo l'opera che contribuisce al bene fisico e morale dell'uomo, dimostriamo di apprezzare più le cose terrene che quelle celesti. UVI 214 4 Affinché ci siano fondi per pagare i salari degli operai e per rispondere alle richieste di assistenza che pervengono dai campi missionari, è necessario che il popolo di Dio dia allegramente e con generosità. Sui ministri posa la solenne responsabilità di presentare alle chiese i bisogni della sua opera e di educare i membri alla generosità. Quando questo viene trascurato, e le chiese mancano di dare per le necessità degli altri, non soltanto ne soffre l'opera del Signore, ma le benedizioni che dovrebbero riversarsi sui credenti sono trattenute. UVI 214 5 Anche i più poveri dovrebbero portare le loro offerte a Dio. Essi devono condividere la grazia di Cristo, rinunciando a se stessi per aiutare quelli che hanno necessità più urgenti delle loro. Il dono dell'uomo povero, il frutto della rinuncia, s'innalza a Dio come un fragrante profumo d'incenso. Il donatore sincero rafforza il suo spirito di beneficenza con ogni gesto di sacrificio e si avvicina sempre più a Colui che era ricco, ma che per amor nostro divenne povero, affinché noi, attraverso la sua povertà, potessimo diventare ricchi. UVI 215 1 Il gesto della vedova che getta due spiccioli, tutto quello che possedeva, nella cassa delle offerte, è stato scritto per incoraggiare quelli che sono poveri ma che nonostante ciò desiderano sostenere la causa di Dio con i loro doni. Cristo richiamò l'attenzione dei discepoli su questa donna, che aveva dato "tutto ciò che possedeva". Marco 12:44 (Luzzi). Egli stimò il suo dono di maggior valore delle grandi offerte date senza sacrificio. Gli altri avevano dato solo una piccola parte di ciò che possedevano. Ma la vedova per fare la sua offerta si era privata anche del necessario, confidando in Dio per il soddisfacimento dei suoi futuri bisogni. Il Signore disse di lei: "In verità io vi dico che questa povera vedova ha gettato nella cassa delle offerte più di tutti gli altri". Marco 12:43 (Luzzi). Egli insegnò così che il valore del dono dipendeva non tanto dalla sua entità, quanto piuttosto dalla quota delle ricchezze possedute che esso implicava e dalle ragioni che avevano motivato tale gesto. UVI 215 2 L'apostolo Paolo, nel suo ministero, sforzò di ispirare nei cuori dei nuovi convertiti il desiderio di fare grandi cose per la causa di Dio. Egli li esortò spesso a esercitare la generosità. Parlando agli anziani di Efeso circa i suoi sforzi tra loro, egli disse: "In ogni cosa vi ho mostrato ch'egli è con l'affaticarsi così, che bisogna venire in aiuto ai deboli, e ricordarsi delle parole del Signor Gesù, il quale disse egli stesso: Più felice cosa è il dare che il ricevere". Atti 20:35 (Luzzi). "Chi semina scarsamente -- egli scrisse ai corinzi -- mieterà altresì scarsamente; e chi semina liberamente mieterà altresì liberamente. Dia ciascuno secondo che ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza perché Iddio ama un donatore allegro". 2 Corinzi 9:6, 7 (Luzzi). UVI 215 3 Quasi tutti i credenti della Macedonia erano poveri di beni materiali, ma i loro cuori erano traboccanti di amore per Dio e la sua verità, ed essi diedero con gioia per contribuire al sostentamento dell'opera di Dio. Quando furono indette delle collette generali per soccorrere i credenti giudei, la generosità dei convertiti macedoni fu presentata alle altre chiese come un esempio. Scrivendo ai credenti di Corinto, l'apostolo richiamò la loro attenzione sul fatto che Dio aveva benedetto le chiese di Macedonia. "In mezzo alle molte afflizioni con le quali esse sono provate, l'abbondanza della loro allegrezza e la loro profonda povertà hanno abbondato nelle ricchezze della loro liberalità. Poiché, ... secondo il poter loro, anzi al di là del poter loro, hanno dato volenterosi, chiedendoci con molte istanze la grazia di contribuire a questa sovvenzione destinata ai santi". 2 Corinzi 8:2-4 (Luzzi). UVI 216 1 La volontà al sacrificio da parte dei credenti macedoni dipendeva dalla loro completa e sincera consacrazione. Mossi dallo Spirito di Dio, essi "prima si sono dati loro stessi al Signore", e poi avevano dato delle offerte generose per sostenere l'opera di Dio. 2 Corinzi 8:5. Non fu necessario esortarli a dare; anzi, essi gioirono del privilegio di rinunciare anche alle cose necessarie per poter soddisfare i bisogni altrui. Quando l'apostolo cercò di trattenerli, questi insistettero perché accettasse la loro offerta. Questi fratelli, nella loro semplicità e integrità, e nel loro amore per gli altri, furono contenti di rinunciare a se stessi pur di dare un'offerta che dimostrasse la loro benevolenza. UVI 216 2 Quando Paolo mandò Tito a incoraggiare i credenti di Corinto, egli lo istruì affinché li esortasse a essere generosi nelle offerte. In una lettera ai convertiti aggiunse anche il suo appello personale. "Siccome voi abbondante in ogni cosa -- supplicò Paolo -- in fede, in parola, in conoscenza, in ogni zelo e nell'amore che avete per noi, vedete d'abbondare anche in quest'opera di carità". "Portate ora a compimento anche il fare; onde, come ci fu la prontezza del volere, così ci sia anche il compiere secondo i vostri mezzi. Poiché, se c'è la prontezza dell'animo, essa è gradita in ragione di quello che uno ha, e non di quello che non ha". "E Dio è potente, da far abbondare su di voi ogni grazia, affinché, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è necessario, abbondiate in ogni opera buona;... Sarete così arricchiti in ogni cosa onde potere esercitare una larga liberalità, la quale produrrà per nostro mezzo rendimento di grazie a Dio". 2 Corinzi 8:7, 11, 12; 9:8, 11 (Luzzi). UVI 216 3 L'altruismo era un motivo di gioia per la chiesa primitiva. I credenti sapevano che i loro sforzi stavano contribuendo alla diffusione del Vangelo. La loro benevolenza dimostrò che essi non avevano ricevuto invano la grazia di Dio. Cosa poteva produrre tale generosità se non la santificazione dello Spirito? Si trattava di un miracolo della grazia, sia per i credenti che per i non credenti. UVI 216 4 La prosperità spirituale è intimamente connessa con la generosità cristiana. I seguaci di Cristo dovrebbero gioire di aver il privilegio di manifestare nella loro vita la beneficenza del loro Redentore. Quando danno al Signore, essi hanno la certezza che il loro tesoro li sta precedendo nelle corti celesti. Volete avere una proprietà sicura? Mettetela nelle mani che portano i segni della crocifissione. Volete gioire dei vostri beni? Usateli per benedire i poveri e i sofferenti. Volete che le vostre proprietà aumentino? Seguite le istruzioni divine: "Onora l'Eterno con i tuoi beni e con le primizie d'ogni tua rendita; i tuoi granai saran ripieni d'abbondanza e i tuoi tini traboccheranno di mosto". Se essi tratterranno le loro proprietà e il loro denaro per motivi egoistici, avranno una perdita eterna. Ma se daranno il loro tesoro a Dio, da quel momento esso porterà il suo sigillo. La sua approvazione sarà un motivo d'inesauribile prosperità. UVI 217 1 Dio afferma: "Beati voi che seminate in riva a tutte le acque". Una costante distribuzione dei doni di Dio, per assistere la sua opera ovunque ce ne sia bisogno e per soddisfare le necessità dell'umanità, non reca miseria. "C'è chi spande liberalmente e diventa più ricco, e c'è chi risparmia più del dovere e non fa che impoverire". Il seminatore moltiplica il suo seme gettandolo via. E così è per coloro che sono fedeli nella distribuzione dei doni di Dio. Condividendo, essi aumentano le loro benedizioni. "Date, e vi sarà dato: -- Dio ha promesso -- vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante". Isaia 32:20; Proverbi 11:24; Luca 6:38 (Luzzi). ------------------------Capitolo 33: Un lavoro pieno di difficoltà UVI 218 1 Paolo ebbe cura di presentare ai suoi convertiti il chiaro insegnamento delle Scritture circa il modo migliore per finanziare l'opera di Dio. Ma sebbene ritenesse per se stesso, come ministro del Vangelo, il "diritto di non lavorare" a un impiego secolare per mantenersi, varie volte, durante il suo ministero nei grandi centri civilizzati, egli svolse un mestiere per mantenersi. 1 Corinzi 9:6. UVI 218 2 I giudei non consideravano strano né degradante il lavoro fisico. Mosè li aveva istruiti a educare i loro figli al lavoro manuale. Era considerato un peccato permettere che i giovani crescessero ignorando il lavoro fisico. Anche quando un bambino doveva essere preparato per un ufficio santo, una conoscenza della vita pratica era considerata essenziale. A ogni giovane, sia che fosse di ricca o di povera estrazione, veniva insegnato un mestiere. Quei genitori che mancavano di provvedere per i loro figli a una tale preparazione erano accusati di infedeltà alle istruzioni di Dio. In armonia con questa usanza, Paolo, in gioventù, aveva imparato a fabbricare tende. UVI 218 3 Prima di diventare un discepolo di Cristo, Paolo aveva occupato una elevata posizione che gli permetteva di mantenersi senza ricorrere a un lavoro manuale. Ma dopo, esauriti i suoi beni nella causa di Cristo, egli ricorse al suo mestiere per guadagnarsi da vivere. Questo successe specialmente quando si trovò in luoghi dove le sue intenzioni potevano essere malintese. UVI 218 4 Da quel che leggiamo, fu a Tessalonica che Paolo per la prima volta lavorò con le sue mani per mantenersi, mentre predicava la Parola. Quando scrisse ai credenti di quella città, egli ricordò loro che avrebbe potuto essere un peso, e aggiunse: "Fratelli, voi la ricordate la nostra fatica e la nostra pena; egli è lavorando notte e giorno per non essere d'aggravio ad alcuno di voi, che v'abbiam predicato l'Evangelo di Dio". 1 Tessalonicesi 2:9 (Luzzi). E di nuovo, nella sua seconda epistola a quei credenti, egli dichiarò che lui e i suoi colleghi, mentre erano con loro, non avevano mangiato "gratuitamente il pane d'alcuno". Paolo scrisse che avevano lavorato notte e giorno" per non esser d'aggravio ad alcuni di voi. Non già che non abbiamo il diritto di farlo, ma abbiam voluto darvi noi stessi ad esempio, perché c'imitaste". 2 Tessalonicesi 3:8, 9 (Luzzi). UVI 219 1 A Tessalonica, Paolo aveva incontrato alcuni che si rifiutavano di svolgere qualsiasi lavoro manuale. Di queste persone, egli in seguito scrisse: "Alcuni si conducono fra voi disordinatamente, non lavorando affatto, ma affacendandosi in cose vane. A quei tali noi ordiniamo e li esortiamo nel Signor Gesù che mangino il loro proprio pane". Mentre lavorava in Tessalonica, Paolo era stato attento a dare a queste persone il giusto esempio. "E invero quand'eravamo con voi -- egli scrisse -, vi comandavamo questo: che se alcuno non vuol lavorare, neppur deve mangiare". 2 Tessalonicesi 3:11, 12, 10 (Luzzi). UVI 219 2 Satana, in ogni tempo, ha cercato di ostacolare gli sforzi dei servitori di Dio introducendo nella chiesa uno spirito di fanatismo. Così era ai giorni di Paolo e così fu nei secoli successivi, durante il periodo della Riforma. Wycliffe, Lutero e molti altri che benedissero il mondo con il loro influsso e la loro fede, affrontarono le astuzie con le quali Satana cerca di guidare al fanatismo le menti che sono troppo zelanti, squilibrate e contaminate dal peccato. Alcune menti sviate avevano pensato che la vera santità richiedesse il superamento dei legami terreni e l'esclusione da qualsiasi tipo di lavoro. Altri, avendo preso posizioni estremiste su alcuni passi delle Scritture, avevano pensato che il lavoro comportasse un'offesa a Dio. Secondo il loro punto di vista i cristiani non avrebbero dovuto preoccuparsi per il proprio benessere e per quello delle loro famiglie, ma avrebbero dovuto dedicare l'intera esistenza all'elevazione del loro spirito. L'insegnamento e l'esempio dell'apostolo Paolo erano un rimprovero per tali idee dettate dal fanatismo. UVI 219 3 Paolo non si mantenne lavorando con le proprie mani soltanto mentre era a Tessalonica. Più tardi, riferendosi all'esperienza avuta in quella città, egli scrisse ai credenti di Filippi manifestando riconoscenza per i doni che aveva ricevuto da parte loro mentre si trovava in quella città. Egli disse: "Anche a Tessalonica m'avete mandato una prima e poi una seconda volta di che sovvenire al mio bisogno". Filippesi 4:16 (Luzzi). Sebbene avesse ricevuto questo aiuto, egli fece attenzione a dare ai tessalonicesi un esempio di diligenza, così che nessuno potesse accusarlo giustamente di avidità. Quanti avevano sostenuto delle idee fanatiche circa il lavoro manuale, avrebbero ricevuto un rimprovero dall'evidenza stessa del suo comportamento. UVI 219 4 La prima volta che Paolo visitò Corinto, si trovò tra gente sospettosa e piena di pregiudizi. I greci che vivevano sulla costa erano abili commercianti. Essi avevano a lungo praticato l'astuzia derivante dalla loro arte. Questo fatto li aveva indotti a credere che fare buoni affari, sia con mezzi leciti che con mezzi illeciti, fosse raccomandabile. Paolo conosceva queste loro caratteristiche, da parte sua non avrebbe dato loro occasione di dire che egli predicava il Vangelo per arricchirsi; poteva giustamente esigere il sostegno dei credenti di Corinto ma rinunciò a questo diritto, affinché la sua efficacia e il suo successo come ministro, non venissero danneggiati dall'ingiusto sospetto che lui stesse predicando il Vangelo per guadagno. Avrebbe evitato qualsiasi occasione potesse fornire un pretesto per avanzare dei dubbi sulle sue reali intenzioni e sulle veridicità del suo messaggio. UVI 220 1 Subito dopo essere giunto a Corinto, Paolo trovò "un certo giudeo, per nome Aquila, oriundo del Ponto, venuto di recente dall'Italia insieme con Priscilla sua moglie". Questi erano "del medesimo mestiere" dell'apostolo. Esiliati a causa del decreto di Claudio, il quale comandava a tutti i giudei di lasciare Roma, Aquila e Priscilla giunsero a Corinto dove iniziarono un'attività commerciale come fabbricanti di tende. Paolo si informò di loro, e avendo appreso che essi temevano Dio e cercavano di evitare la malvagità che li circondava, "dimorava con loro, e lavoravano... E ogni sabato discorreva nella sinagoga, e persuadeva Giudei e Greci". Atti 18:2-4 (Luzzi). UVI 220 2 Più tardi, Sila e Timoteo raggiunsero Paolo a Corinto. Questi fratelli portarono con loro dei fondi dalle chiese di Macedonia, per il sovvenzionamento dell'opera. UVI 220 3 Nella sua seconda lettera ai credenti di Corinto, scritta dopo avere già completato la formazione di quella chiesa, Paolo menzionò ancora il suo modo di vivere tra loro. "Ho io commesso peccato -- egli chiese -- quando, abbassando me stesso perché voi foste innalzati, v'ho annunziato l'evangelo di Dio gratuitamente? Ho spogliato altre chiese, prendendo da loro uno stipendio, per poter servir voi;... mi trovai nel bisogno, non fui d'aggravio a nessuno, perché i fratelli, venuti dalla Macedonia, supplirono al mio bisogno... Com'è vero che la verità di Cristo è in me, questo vanto non mi sarà tolto nelle contrade dell'Acaia". 2 Corinzi 11:7-10 (Luzzi). UVI 220 4 Paolo spiegò la ragione che lo aveva spinto a comportarsi in questo modo. Egli non voleva dare un pretesto a "coloro che desiderano un'occasione per rimproverarlo". 2 Corinzi 11:12 (Luzzi). Mentre fabbricava tende, lavorò fedelmente anche nella proclamazione del Vangelo. Egli stesso dichiarò circa i suoi sforzi: "Certo, i segni dell'apostolo sono stati manifestati in atto fra voi nella perseveranza a tutta prova, nei miracoli, nei prodigi ed opere potenti". E aggiunge: "In che siete voi stati da meno delle altre chiese se non nel fatto che io stesso non vi sono stato d'aggravio? Perdonatemi questo torto. Ecco, questa è la terza volta che son pronto a recarmi da voi; e non vi sarà d'aggravio, poiché io non cerco i vostri beni, ma voi... e io molto volentieri spenderò e sarò speso per le anime vostre". 2 Corinzi 12:12-15 (Luzzi). UVI 221 1 Paolo, durante il lungo periodo del suo ministero a Efeso, dove per tre anni condusse aggressivi sforzi evangelistici attraverso tutta la regione, lavorò di nuovo al suo mestiere. A Efeso, come a Corinto, l'apostolo fu rallegrato dalla presenza di Aquila e Priscilla, che lo accompagnarono nel suo ritorno in Asia, al termine del suo secondo viaggio missionario. UVI 221 2 Alcuni obiettarono che il lavoro manuale di Paolo non poteva accordarsi col compito affidato ad un ministro del Vangelo. Perché Paolo, un ministro del più alto rango, dovette connettere il lavoro manuale alla predicazione della Parola? Non era egli un operaio degno del suo salario? Perché dovette spendere del tempo nel fabbricare tende che avrebbe potuto utilizzare per uno scopo migliore? UVI 221 3 Paolo non considerò tempo perduto quello speso in tale maniera. Mentre lavorava con Aquila si tenne in contatto con il grande Maestro, e non perse alcuna opportunità di testimoniare per il Salvatore e di aiutare quelli che avevano bisogno della sua assistenza. La sua mente desiderava approfondire la conoscenza di Dio. Egli istruì i suoi colleghi circa i temi di questa conoscenza, dando anche un esempio di operosità e di dirittura morale. Paolo era un lavoratore efficiente, diligente negli affari, fervente nello spirito quando serviva il Signore. Romani 12:11. Mentre svolgeva il suo mestiere, egli ebbe accesso a una classe di persone che non avrebbe potuto raggiungere altrimenti. Dimostrò ai suoi associati che l'abilità nei lavori comuni è un dono di Dio, il quale provvede non solo il dono ma anche la saggezza di usarlo giustamente. Insegnò che Dio deve essere onorato anche nelle fatiche quotidiane. Le sue mani callose non detrassero nulla alla forza dei suoi patetici appelli come ministro di Cristo. UVI 221 4 A volte Paolo lavorò notte e giorno non solo per mantenere se stesso, ma anche per poter assistere i suoi colleghi. Egli condivise i suoi guadagni con Luca, e aiutò Timoteo. A volte soffrì anche la fame per poter alleviare le necessità degli altri. La sua esistenza era stata caratterizzata dall'altruismo. Verso il termine del suo ministero, in occasione del discorso d'addio agli anziani di Efeso, a Mileto, egli poté mostrare loro le sue mani callose, e dire: "Io non ho bramato né l'argento, né l'oro, né il vestito d'alcuno. Voi stessi sapete che queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano meco. In ogni cosa vi ho mostrato ch'egli è con l'affaticarsi così, che bisogna venire in aiuto ai deboli, e ricordarsi delle parole del Signor Gesù, il quale disse egli stesso: Più felice cosa è il dare che il ricevere". Atti 20:33-35 (Luzzi). UVI 222 1 I ministri che sentono di trovarsi in difficoltà e di sopportare delle privazioni al servizio di Cristo, visitino con l'immaginazione il laboratorio dove Paolo lavorò. E cerchino di ricordarsi che mentre quest'uomo scelto da Dio fabbricava la tela, egli stava lavorando per il pane che aveva giustamente guadagnato per mezzo dei suoi sforzi come apostolo. UVI 222 2 Il lavoro è una benedizione, non una maledizione. Uno spirito di indolenza distrugge la moralità e rattrista lo Spirito di Dio. Una pozza stagnante è offensiva, ma un ruscello di pura acqua zampillante dona salute e allegrezza sulla terra. Paolo sapeva che se avessero trascurato il lavoro fisico, il loro entusiasmo si sarebbe presto affievolito. Egli desiderò insegnare ai giovani ministri che attraverso il lavoro manuale e l'esercizio dei propri muscoli, sarebbero diventati forti abbastanza da poter sopportare le fatiche e le privazioni che li attendevano nell'opera del Vangelo. I suoi insegnamenti sarebbero stati privi di vitalità e forza se lui stesso non si fosse mantenuto in esercizio fisico. UVI 222 3 Gli indolenti perdono l'inestimabile esperienza che si ottiene attraverso il fedele adempimento dei comuni doveri della vita. Non sono pochi, ma a migliaia, quelli che vivono soltanto per consumare i benefici che Dio nella sua bontà, riversa su loro, dimenticando di portargli offerte di gratitudine per le ricchezze che ha affidato loro. Essi dimenticano che dovrebbero essere non solo dei consumatori ma anche dei produttori, investendo saggiamente i talenti a loro prestati. Se queste persone comprendessero il lavoro che il Signore desidera che essi compiano come suoi aiutanti, non scanserebbero le responsabilità. UVI 222 4 L'efficienza dei giovani che si sentono chiamati da Dio a predicare, dipende molto dalle intenzioni con le quali entrano nell'opera. Quelli che sono stati scelti da Dio per lavorare nel ministero daranno prova di essere stati chiamati dall'alto, e cercheranno in ogni modo possibile, di diventare degli abili operai. Essi si sforzeranno di acquisire un'esperienza che li renda capaci di progettare, organizzare ed eseguire dei piani per la diffusione dell'Evangelo. Apprezzando la santità della loro chiamata, attraverso l'autodisciplina, diventeranno sempre più simili al loro Maestro, rivelando la sua bontà, il suo amore e la verità del suo insegnamento. E mentre manifesteranno ardore nel migliorare i talenti a loro affidati, la chiesa dovrebbe aiutarli giudiziosamente. UVI 222 5 Non tutti quelli che sentono di essere stati chiamati a predicare dovrebbero essere incoraggiati a dipendere subito dalla chiesa per il loro sostentamento e per quello della propria famiglia. C'è il pericolo che alcuni ministri dotati di una limitata esperienza siano sviati da lusinghe o da errati consigli che possono spingerli ad aspettarsi di ricevere un salario indipendentemente da qualsiasi serio sforzo da parte loro. I mezzi dedicati all'estensione dell'opera di Dio non dovrebbero essere consumati da uomini che desiderano predicare solo per ricevere uno stipendio e per soddisfare la loro egoista ambizione di fare una vita facile. UVI 223 1 I giovani che desiderano esercitare i loro doni nell'opera del ministero troveranno utili lezioni nell'esempio di Paolo a Tessalonica, Corinto, Efeso, e in altri luoghi. Sebbene egli fosse un eloquente oratore, un uomo scelto da Dio per svolgere uno speciale lavoro, non si sentì mai tanto importante da escludere il lavoro manuale. Lui non si stancò mai di sacrificarsi per la causa che amava. "Fino a questa stessa ora -, egli scrisse ai Corinzi -- noi abbiamo e fame e sete, noi siamo ignudi, e siamo schiaffeggiati, e non abbiamo stanza ferma, e ci affatichiamo lavorando con le nostre proprie mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo". 1 Corinzi 4:11, 12 (Luzzi). UVI 223 2 Paolo, uno dei grandi maestri della verità, svolse allegramente il più umile come il più elevato dei suoi doveri. Quando, nel servizio per Gesù, le circostanze sembravano richiederlo, egli lavorò volentieri la tela delle tende. Tuttavia fu sempre pronto a lasciare da parte il suo lavoro per poter affrontare l'opposizione dei nemici del Vangelo o per sfruttare un'occasione di modo che altre persone si convertissero a Gesù. Il suo zelo e la sua operosità sono un rimprovero per quelle persone che desiderano una vita facile. UVI 223 3 L'apostolo diede un esempio contro l'idea già presente in seno alla chiesa, che il Vangelo poteva essere proclamato con successo solo da chi si era completamente liberato dalla necessità di lavorare fisicamente. Egli illustrò in modo pratico ciò che poteva essere fatto da uomini consacrati in tutti i luoghi dove la gente era ignara delle verità evangeliche. La sua condotta ispirò molti umili lavoratori a desiderare di fare quel che era loro possibile per avanzare la causa di Dio, mentre allo stesso tempo lavoravano per mantenersi. Aquila e Priscilla non furono chiamati a dare il loro intero tempo al ministero del Vangelo; tuttavia questi umili lavoratori furono usati da Dio per mostrare ad Apollo una più perfetta conoscenza della verità. Il Signore impiega vari strumenti per raggiungere il proprio scopo; e mentre alcuni che hanno degli speciali talenti sono scelti per dedicare tutte le loro energie all'insegnamento e alla predicazione del Vangelo, molti altri, che non sono mai stati ordinati mediante l'imposizione delle mani, sono chiamati a svolgere un'importante funzione per la salvezza delle anime. UVI 223 4 C'è un largo campo aperto all'operaio del Vangelo che è in grado di provvedere al proprio sostentamento. Molti possono ottenere delle preziose esperienze nel ministero mentre dedicano parte del loro tempo a qualche tipo di lavoro manuale. Attraverso questo metodo si svilupperanno degli operai capaci di lavorare nei campi missionari. UVI 224 1 Il servitore di Dio che si sacrifica e che lavora instancabilmente predicando e insegnando, porta sul suo cuore un pesante carico. Egli non misura il suo lavoro per ore. Il salario non influenza il suo lavoro, né rinuncia al suo dovere a causa di condizioni sfavorevoli. è dal cielo che egli ha ricevuto il suo mandato ed è dal cielo che aspetta la sua ricompensa, quando il lavoro affidatogli sarà completato. UVI 224 2 È nel volere di Dio che questi operai siano liberi da superflue ansietà, per poter avere piena opportunità di ubbidire al comando che Paolo diede a Timoteo: "Cura queste cose e datti ad esse interamente". 1 Timoteo 4:15 (Luzzi). Sebbene essi dovrebbero fare attenzione a esercitarsi sufficientemente per mantenere il vigore fisico e mentale, tuttavia non è nei piani di Dio che siano costretti a spendere buona parte del loro tempo in un impiego secolare. UVI 224 3 Questi fedeli operai, sebbene si consumino volentieri per il Vangelo, non sono esenti da tentazioni. Quando sono aggravati dall'ansietà perché la chiesa manca di provvedere un adeguato sostegno finanziario, alcuni sono ferocemente attaccati dal tentatore. Quando vedono che i loro sforzi non ricevono il giusto apprezzamento, si deprimono. è vero che attendono il tempo del giudizio per ricevere il loro giusto premio, e questa speranza li consola, ma nel frattempo le loro famiglie devono avere di che mangiare e vestire. Se questi sentissero di essere stati sciolti dal mandato divino, lavorerebbero volentieri con le proprie mani. Ma comprendono che il loro tempo appartiene a Dio, nonostante la poca accortezza di coloro che dovrebbero provvedere fondi sufficienti. Così superano la tentazione di intraprendere attività che potrebbero in breve tempo sostenerli al di là dei loro bisogni, e continuano a lavorare per l'avanzamento della causa che è a loro più cara della stessa vita. Per poter fare questo, alcuni potrebbero comunque essere costretti a seguire l'esempio di Paolo e impegnare un certo tempo al lavoro manuale, mentre continuano a portare avanti l'opera del ministero. Essi fanno questo non per i propri interessi, ma per gli interessi dell'opera di Dio in terra. UVI 224 4 A volte, al servitore di Dio può sembrare impossibile svolgere il lavoro necessario, a causa della mancanza di mezzi. Questo fatto impedisce il progresso dell'opera. Alcuni temono che con le facilitazioni a loro disposizione non possono fare tutto quello che sentono di dovere compiere. Ma se avanzano in fede, la salvezza di Dio sarà rivelata e i loro tentativi saranno seguiti dal successo. Colui che ha esortato i suoi seguaci ad andare in tutte le parti del mondo, sosterrà ogni operai che ubbidendo al suo comando cerca di proclamare il suo messaggio. UVI 224 5 Nell'edificare la sua opera, il Signore non sempre rende ogni cosa chiara ai suoi servitori. A volte Egli prova la fiducia del suo popolo presentando loro circostanze che li spingono ad andare avanti per fede. Spesso li conduce in luoghi stretti e difficili, e li esorta ad avanzare quando i loro piedi sembrano toccare le acque del Giordano. è in tali occasioni, quando i suoi servitori gli elevano ardenti preghiere, che Dio apre la via dinanzi a loro e li porta in luoghi aperti. UVI 225 1 Quando i messaggeri di Dio riconoscono la loro responsabilità verso i bisognosi della vigna del Signore, e con lo spirito del Maestro lavorano instancabilmente per la conversione di anime, gli angeli celesti prepareranno la via dinanzi a loro e procureranno i mezzi necessari per portare avanti l'opera. Quelli che saranno illuminati daranno liberamente per sostenere l'opera svolta in loro favore. Essi risponderanno con generosità a ogni richiesta d'aiuto e lo Spirito di Dio muoverà i loro cuori per sostenere la causa del Signore, non solo nella propria nazione, ma anche in altri luoghi. Così coloro che lavorano in paesi lontani riceveranno un valido aiuto e l'opera del Signore avanzerà nella maniera che ha previsto. ------------------------Capitolo 34: Un sacro ministero UVI 226 1 Cristo, con la sua vita e i suoi insegnamenti, ha dato un esempio perfetto del ministero altruistico che ha origine in Dio. Dio non vive per se stesso ma provvede al sostenimento di tutte le cose. Fin dalla creazione del mondo si è impegnato in un servizio altruistico. "Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti". Matteo 5:45 (Luzzi). Questo è il ministero ideale che il Padre ha affidato al Figlio. A Gesù fu dato il compito di guidare l'umanità e di insegnare con l'esempio cosa significa servire. La sua intera vita fu sottoposta alla legge del servizio. Egli servì l'uomo e si prodigò affinché le sue esigenze fossero soddisfatte. UVI 226 2 Gesù cercò ripetutamente di istituire questo principio tra i suoi discepoli. Quando Giacomo e Giovanni fecero richiesta per la preminenza, Egli disse: "Chiunque vorrà esser grande fra voi, sarà vostro servitore... appunto come il Figliuol dell'uomo non è venuto per esser servito ma per servire, e per dar la vita sua come prezzo di riscatto per molti". Matteo 20:26-28 (Luzzi). UVI 226 3 Dal giorno dell'ascensione, Cristo ha portato avanti la sua opera sulla terra mediante scelti ambasciatori, attraverso i quali parla ai figli degli uomini e li assiste con cura. Il grande Capo della chiesa dirige la sua opera attraverso strumenti umani ai quali Dio ordina di agire come suoi rappresentanti. UVI 226 4 Coloro che sono stati chiamati da Dio per lavorare nella predicazione e nell'insegnamento per l'edificazione della sua chiesa, hanno una grave responsabilità. Come rappresentanti di Cristo, essi devono supplicare uomini e donne a riconciliarsi con Dio, e possono compiere la loro missione solo se ricevono dall'alto saggezza e potenza. UVI 226 5 I ministri di Cristo sono i guardiani spirituali del popolo che Egli ha affidato alla loro cura. Il loro lavoro è stato paragonato a quello delle sentinelle. Nei tempi antichi spesso venivano stazionate delle guardie sulle mura della città. Queste erano localizzate in punti strategici da dove potevano sorvegliare le zone importanti e dare il segnale di pericolo all'avvicinarsi del nemico. L'incolumità di tutti quelli che si trovavano all'interno della città dipendeva dalla loro fedeltà. Ogni tanto esse dovevano chiamarsi l'un l'altra, per assicurarsi che tutte fossero sveglie e che nessuna era stata assalita. Il grido che segnalava la quiete o il pericolo veniva trasmesso dall'una all'altra, ciascuna ripeteva il messaggio fino a che esso echeggiva intorno alla città. UVI 227 1 Il Signore dice a ogni ministro: "O figliuol d'uomo, io ho stabilito te come sentinella per la casa d'Israele; quando dunque udrai qualche parola dalla mia bocca, avvertili da parte mia. Quando avrò detto all'empio: -- Empio, per certo tu morrai! -- e tu non avrai parlato per avvertir l'empio che si ritragga dalla sua via, quell'empio morrà per la sua iniquità, ma io domanderò conto del suo sangue alla tua mano. Ma, se tu avverti l'empio che si ritragga dalla sua via... tu avrai scampato l'anima tua". Ezechiele 33:7-9 (Luzzi). UVI 227 2 Le parole del profeta dichiarano la solenne responsabilità di quelli che sono assegnati come guardiani della chiesa di Dio, come amministratori dei misteri divini. Essi devono fare la guardia sulle mura di Sion, per segnalare l'allarme all'avvicinarsi del nemico. Le anime sono in pericolo di cadere in tentazione, ed esse periranno se i ministri di Dio non sono fedeli al loro mandato. Se per qualsiasi ragione i sensi spirituali dei ministri sono paralizzati e resi incapaci di discernere il pericolo, e se a causa del loro mancato avvertimento la gente perisce, Dio richiederà alle loro mani il sangue di quelli che si sono perduti. UVI 227 3 È privilegio delle sentinelle che sono a guardia sulle mura di Sion di vivere così vicino a Dio e di essere così sensibili alle impressioni del suo Spirito, che Egli può operare mediante loro per avvertire gli uomini e le donne del pericolo e per indicare loro il rifugio della salvezza. Fedeli sono coloro che avvertono la gente del sicuro risultato della trasgressione. Fedeli sono coloro che salvaguardano gli interessi della chiesa. Essi non possono mai rilassarsi nella loro vigilanza. Il loro è un lavoro che richiede l'esercizio di ogni facoltà dell'essere. Le loro voci si devono innalzare come il suono della tromba, mai devono emettere suoni vacillanti, note incerte. Non devono lavorare per amore della retribuzione, o perché non possono fare altrimenti, e perché comprendono la calamità che cadrà su loro se non predicano il Vangelo. Scelti da Dio, sigillati dal sangue della consacrazione, essi devono liberare uomini e donne dall'imminente distruzione. UVI 227 4 Il ministro che coopera con Cristo dovrà rendersi conto della sacralità del suo lavoro, delle fatiche e del sacrificio richiesto per avere successo. Egli non progetta per la sua comodità o convenienza. Dimentica se stesso. Quando ricerca la pecora smarrita lui non sente stanchezza, né freddo, né fame. Ha un solo fine in mente: la salvezza di quelli che si sono perduti. UVI 228 1 Colui che serve sotto la bandiera bagnata con il sangue dell'Emmanuele compirà tutto ciò che richiede sforzi eroici e paziente sopportazione. Il soldato della croce si erge indomito sul fronte della battaglia. Quando il nemico inizia il suo attacco, lui chiede l'aiuto che viene dall'alto, e mentre porta al Signore le promesse della Parola, viene fortificato per il dovere di quell'ora. Egli riconosce di aver bisogno della forza celeste. Le vittorie che ottiene non lo guidano all'esaltazione, ma lo spingono ad appoggiarsi sempre più sull'Onnipotente. La sua fiducia in Dio lo rende capace di presentare il messaggio della salvezza con una forza tale da impressionare le menti dei suoi ascoltatori. UVI 228 2 Colui che insegna la Parola deve egli stesso vivere ora per ora in cosciente comunione con Dio, attraverso la preghiera e lo studio della sua Parola, poiché questa è la fonte della sua forza. La comunione con Dio impartirà al ministro una potenza più grande dell'influsso della sua predicazione. Egli non deve mai permettersi di essere privo di questa potenza. Con zelo e decisione deve supplicare Dio di renderlo capace di compiere il suo lavoro e affrontare le prove che si presenteranno. Le sue labbra devono essere toccate dal fuoco ardente della consacrazione. Spesso gli ambasciatori di Cristo trattano con troppa superficialità le realtà eterne. Se gli uomini camminassero con Dio, sarebbero protetti in una cavità della Roccia. Così nascosti, essi potrebbero vedere Dio, come lo vide Mosè. E attraverso la potenza e la luce che Egli impartisce loro, potrebbero comprendere e compiere molto più di quello che il loro limitato giudizio immagina possibile. UVI 228 3 Le astuzie di Satana hanno più successo contro i depressi. Quando il ministro si sente minacciato dallo scoraggiamento, presenti a Dio le sue necessità. Fu proprio quando i cieli erano più cupi che Paolo confidò completamente in Dio. Lui conobbe più di ogni altro uomo il significato dell'afflizione. Ascoltate, comunque, il suo trionfante grido quando, sebbene fosse assalito dalla tentazione, si sentiva sempre più vicino al cielo: "La nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono". 2 Corinzi 4:17, 18 (Luzzi). Gli occhi di Paolo erano fissi sulle cose invisibili ed eterne. Comprendendo di dover combattere contro potenze sovrumane, egli si affidò a Dio, e questo divenne il segreto del suo successo. Contemplando Colui che è invisibile l'anima acquista forza e vigore; è così che la potenza terrena che danneggia la mente e il carattere viene annientata. UVI 228 4 Il pastore dovrebbe mescolarsi liberamente con la gente per la quale lavora, così che, conoscendola, possa sapere come adattare il suo insegnamento alle loro necessità. Quando il ministro ha predicato il sermone, il suo lavoro è appena iniziato. C'è un lavoro personale per lui da compiere. Egli deve visitare le persone nelle loro abitazioni, parlare e pregare con loro con fervore e umiltà. Ci sono famiglie che non saranno mai raggiunte dalle verità della Parola di Dio, a meno che gli amministratori della sua grazia non entrino nelle loro case e non indichino loro la retta via. Ma i cuori di coloro che fanno questo lavoro devono battere all'unisono con il cuore di Cristo. UVI 229 1 Molto è compreso nel comando: "Va' fuori per le strade e lungo le siepi, e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena". Luca 14:23 (Luzzi). Ministri, insegnate la verità nelle famiglie, avvicinandovi a quelli per cui lavorate, e operando in questo modo con Dio, Egli vi rivestirà di potenza spirituale. Cristo vi guiderà nel vostro lavoro, suggerendovi delle parole che penetreranno profondamente nei cuori degli ascoltatori. è privilegio di ogni ministro poter dire con Paolo: "Io non mi son tratto indietro dall'annunziarvi tutto il consiglio di Dio". "Non mi son tratto indietro dall'annunziarvi e dall'insegnarvi in pubblico e per le case, cosa alcuna di quelle che vi fossero utili, scongiurando... a ravvedersi dinanzi a Dio e a credere nel Signor nostro Gesù Cristo". Atti 20:27, 20, 21 (Luzzi). UVI 229 2 Il Salvatore andò di casa in casa, guarendo gli ammalati, confortando gli afflitti, alleviando le loro sofferenze e portando pace agli sconsolati. Egli prese i piccoli fanciulli nelle sue braccia e li benedisse, e parlò di speranza e conforto alle madri affaticate. Trattò con immancabile tenerezza e gentilezza ogni forma di sventura umana e di afflizione. Lavorò per gli altri non per se stesso. Fu il servitore di tutti. Portare speranza e forza a tutti quelli con i quali veniva in contatto fu il suo cibo e la sua bevanda. E mentre gli uomini e le donne ascoltavano le verità pronunciate dalle sue labbra, così differenti dalle tradizioni e dai dogmi insegnati dai rabbini, la speranza fioriva nei loro cuori. Nel suo insegnamento c'era un fervore che convinceva le menti. UVI 229 3 I ministri di Dio devono imparare dal metodo di lavoro usato da Cristo, per saper prendere dalla sua Parola ciò che può supplire alle necessità spirituali delle anime a loro affidate. Lo stesso spirito che dimorava in Cristo, mentre insegnava ciò che gli era stato rivelato, deve essere la sorgente della conoscenza e il segreto della potenza dei ministri che portano avanti l'opera del Salvatore nel mondo. UVI 229 4 Alcuni che lavoravano nel ministero non hanno avuto successo nell'opera del Signore perché non si sono impegnati completamente. I ministri non dovrebbero avere nessun particolare interesse al di fuori del grande lavoro di guidare anime al Salvatore. I pescatori che Cristo chiamò lasciarono immediatamente le loro reti per seguirlo. I pastori non possono fare un accettevole lavoro per Dio e allo stesso tempo portare la responsabilità di grandi imprese. Questa divisione d'interesse diminuisce la loro percezione spirituale. La mente e il cuore sono occupati con cose terrene, e il servizio di Cristo prende il secondo posto. Essi cercano di accomodare la loro opera per Dio alle loro esigenze, invece di adattare le loro esigenze alle richieste di Dio. UVI 230 1 Il ministro necessita di tutte le proprie energie per espletare il mandato che gli è stato affidato. Le sue forze migliori appartengono a Dio. Egli non dovrebbe impegnarsi in speculazioni, né in qualsiasi altro affare che lo distolga dal suo grande compito. "Uno che va alla guerra disse Paolo -- non s'impaccia delle faccende della vita; e ciò, alfin di piacere a colui che l'ha arruolato". 2 Timoteo 2:4 (Luzzi). Così l'apostolo enfatizzò il fatto che il ministro deve consacrarsi totalmente al servizio del Maestro. Il ministro che è interamente consacrato a Dio rifiuta di impegnarsi in faccende che lo ostacolerebbero nel dedicarsi pienamente al suo sacro mandato. Egli non sta lottando per l'onore terreno né per la ricchezza; il suo scopo è parlare agli altri del Salvatore che diede se stesso per portare agli uomini le ricchezze della vita eterna. Il suo più grande desiderio non è accumulare tesori in questo mondo, ma portare l'attenzione degli indifferenti e degli infedeli sul tema della vita eterna. Alcuni potrebbero chiedergli di impegnarsi in imprese che promettono grandi guadagni terreni, ma a tali tentazioni egli risponde: "Che giova egli all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua?" Marco 8:36 (Luzzi). UVI 230 2 Satana tentò Cristo in questa maniera, sapendo che se Egli avesse accettato, il mondo non sarebbe mai stato riscattato. E sotto differenti lusinghe lui presenta la stessa tentazione, oggi, ai ministri di Dio, sapendo che se essi si lasciassero ingannare, verrebbero meno al loro mandato. UVI 230 3 Dio non vuole che i suoi ministri cerchino di diventare ricchi. Riguardo a ciò l'apostolo Paolo scrisse a Timoteo: "L'amore del denaro è radice d'ogni sorta di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si son trafitti di molti dolori. Ma tu, o uomo di Dio, fuggi queste cose, e procaccia giustizia, pietà, fede, amore, costanza, dolcezza". Con l'esempio e con l'insegnamento, l'ambasciatore di Cristo deve ordinare "a quelli che son ricchi in questo mondo... che non siano d'animo altero, che non ripongano la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, il quale ci somministra copiosamente ogni cosa perché ne godiamo; che facciano del bene, che siano ricchi in buone opere, pronti a dare, a far parte dei loro averi, in modo da farsi un tesoro ben fondato per l'avvenire, a fin di conseguire la vera vita". 1 Timoteo 6:10, 11, 17-19 (Luzzi). UVI 231 1 Le esperienze dell'apostolo Paolo e il suo insegnamento circa la sacralità dell'opera del ministro, sono una fonte di aiuto e di ispirazione a quelli che sono impegnati nel ministero del Vangelo. Il cuore di Paolo bruciava di amore per i peccatori, ed egli mise tutte le sue energie nell'opera di vincere anime. Non c'è mai stato un operaio più perseverante e capace di maggiore abnegazione. Le benedizioni che lui ricevette le considerò grandi vantaggi da usare per il bene del prossimo. Egli non perse mai l'occasione di parlare del Salvatore o di aiutare quelli che si trovavano in difficoltà. Andò di luogo in luogo, predicando il Vangelo di Cristo e fondando chiese. Ovunque poté trovare udienza, egli cercò di smascherare l'errore e di dirigere i passi di uomini e donne nel sentiero della giustizia. UVI 231 2 Paolo non dimenticò le chiese che aveva istituito. Dopo aver fatto un viaggio missionario, lui e Barnaba ritornarono sui loro passi e visitarono le chiese che avevano fondato, scegliendo tra i membri degli uomini che potessero essere preparati per la predicazione. UVI 231 3 Questo aspetto dell'opera di Paolo contiene un'importante lezione per i ministri di oggi. Parte del lavoro dell'apostolo fu quello di educare dei giovani per l'ufficio del ministero. Egli li prese con sé nei suoi viaggi missionari, e così essi si formarono un'esperienza che in seguito li abilitò a coprire posizioni di responsabilità. Quando si separarono da lui, egli si tenne in contatto con loro, e le sue lettere a Timoteo e Tito sono l'evidenza di quanto profondo fosse il suo desiderio per il loro successo. UVI 231 4 Gli operai di esperienza oggi fanno un nobile lavoro quando invece di sovraccaricarsi di responsabilità preparano giovani operai e danno loro degli incarichi. UVI 231 5 Paolo non dimenticò mai la responsabilità che aveva come ministro di Cristo; né dimenticò che se delle anime si fossero perse a causa di una sua infedeltà, Dio lo avrebbe reputato responsabile. "Io sono stato fatto ministro -- egli dichiarò del Vangelo -, secondo l'ufficio datomi da Dio per voi di annunziare nella sua pienezza la parola di Dio, cioè, il mistero, che è stato occulto da tutti i secoli e da tutte le generazioni, ma che ora è stato manifestato ai santi di lui; ai quali Iddio ha voluto far conoscere qual sia la ricchezza della gloria di questo mistero fra i Gentili, che è Cristo in voi, speranza della gloria; il quale noi proclamiamo, ammonendo ciascun uomo e ciascun uomo ammaestrando in ogni sapienza, affinché presentiamo ogni uomo, perfetto in Cristo. A questo fine io m'affatico, combattendo secondo l'energia sua, che opera in me con potenza". Colossesi 1:25-29 (Luzzi). UVI 232 1 Queste parole presentano davanti all'operaio di Cristo un alto traguardo; tuttavia esso può essere raggiunto da tutti se si sottomettono al controllo del grande Maestro e imparano giornalmente alla scuola di Cristo. La potenza di Dio è infinita, e il ministro che nel suo bisogno si affida completamente al Signore può essere certo che riceverà quello che per i suoi ascoltatori diventerà un profumo di vita. UVI 232 2 Gli scritti di Paolo mostrano che il ministro del Vangelo dovrebbe essere un esempio delle verità che insegna, e non dovrebbe essere "motivo di scandalo in cosa alcuna, onde il ministero non sia vituperato". Egli ci ha lasciato un quadro del suo lavoro nelle lettere che mandò ai credenti di Corinto, "in ogni cosa ci raccomandiamo come ministri di Dio per una grande costanza, per afflizioni, necessità, angustie, battiture, prigionie, sommosse, fatiche, veglie, digiuni, per purità, conoscenza, longanimità, benignità, per lo Spirito Santo, per carità non finta; per la parola di verità, per la potenza di Dio; per le armi di giustizia a destra e a sinistra, in mezzo alla gloria e all'ignominia, in mezzo alla buona ed alla cattiva riputazione; tenuti per seduttori, eppur veraci; sconosciuti, eppur ben conosciuti; moribondi, eppur eccoci viventi; castigati, eppure non messi a morte; contristati, eppur sempre allegri; poveri, eppure arricchenti molti". 2 Corinzi 6:3, 4-10 (Luzzi). UVI 232 3 A Tito egli scrisse: "Esorta parimente i giovani ad essere assennati, dando te stesso in ogni cosa come esempio di opere buone; mostrando nell'insegnamento purità incorrotta, gravità, parlar sano, irreprensibile, onde l'avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire di noi". Tito 2:6-8 (Luzzi). UVI 232 4 Non c'è nulla di più prezioso agli occhi di Dio dei suoi ministri che avanzano nei luoghi desolati della terra per seminare il seme della verità, aspettando la raccolta. Nessuno tranne Cristo può misurare la sollecitudine con la quale i suoi servitori cercano ciò che era perduto. Egli impartisce loro il suo Spirito, e attraverso i loro sforzi le anime sono condotte dal peccato alla salvezza. UVI 232 5 Dio sta cercando uomini pronti a lasciare le loro fattorie, i loro affari, se necessario le loro famiglie, per diventare suoi missionari. La chiamata avrà risposta. Nel passato ci sono stati uomini che spinti dall'amore di Cristo e dai bisogni dei perduti, hanno lasciato una casa confortevole, la compagnia degli amici, e anche moglie e figli, per andare in terre straniere, in mezzo a idolatri e selvaggi, a proclamare il messaggio della grazia. Molti hanno perso la vita nel loro tentativo, ma altri sono sorti per portare avanti il lavoro. Così, passo dopo passo, la causa di Cristo è progredita e il seme seminato in angustie ha dato un'abbondante raccolta. La conoscenza di Dio è stata ampiamente diffusa, e la bandiera della croce è stata issata in terre pagane. UVI 233 1 Il ministro dovrebbe usare le sue risorse all'estremo, per la conversione di un peccatore. L'anima che Dio ha creato e Cristo ha redento, è di grande valore, per le possibilità che ha dinanzi, per i vantaggi spirituali resi disponibili, per le capacità che può possedere se riceve il costante apporto della parola di Dio, per l'immortalità che può ottenere attraverso la speranza presentata nel Vangelo. E se Cristo lasciò le novantanove per cercare e salvare la pecora perduta, possiamo essere giustificati se noi facciamo meno di quello che lui ha fatto? Non lavorare come Cristo lavorò, non sacrificarsi come lui ha fatto, non è forse una negligenza, un tradimento del sacro mandato, un insulto a Dio? UVI 233 2 Il cuore del vero ministro è colmo di un intenso desiderio di salvare anime. Vi dedica tempo ed energie. Non teme di compiere grandi sforzi affinché altri possano udire le verità che diedero al suo cuore allegrezza, pace e gioia. Lo Spirito di Cristo dimora in lui. Egli vigila sulle anime come uno che deve renderne conto. Con gli occhi fissi sulla croce del Calvario, contempla il Salvatore innalzato. Egli confida nella sua grazia, crede che sarà con lui sino alla fine, difendendolo dai suoi nemici e aiutandolo a portare a termine il lavoro che Dio gli ha affidato. Con inviti e supplicazioni che si accompagnano alla certezza dell'amore di Dio, egli cerca di convincere le persone ad accettare Gesù, e in cielo egli è tra quelli che sono "i chiamati, gli eletti e fedeli". Apocalisse 17:14 (Luzzi). ------------------------Capitolo 35: La salvezza dei giudei UVI 234 1 Dopo molti inevitabili ritardi, Paolo raggiunse Corinto che era stata la scena di tanti ansiosi sforzi e per un certo periodo l'oggetto della sua particolare sollecitudine. Egli scoprì che molti dei primi credenti lo riguardavano ancora con affetto, come colui che per primo aveva portato loro la luce del Vangelo. Mentre salutava questi discepoli, l'apostolo vide l'evidenza della loro fedeltà e del loro zelo, e si rallegrò perché la sua opera in Corinto non era stata vana. UVI 234 2 I credenti di Corinto una volta così inclini a distogliersi dalla santa chiamata in Cristo, avevano sviluppato fermezza di carattere nel mantenersi fedeli ai princìpi cristiani. Le loro parole e le loro azioni rivelavano la potenza trasformatrice della grazia di Dio, ed essi ora erano una benedizione per tutti, in quel centro di ateismo e superstizione. In comunione con i suoi amati compagni e questi fedeli convertiti, l'anima stanca e travagliata di Paolo trovò riposo. UVI 234 3 Durante il suo soggiorno a Corinto, Paolo trovò il tempo per immaginare nuovi e più vasti campi di servizio. La sua mente fu occupata in special modo dall'idea di recarsi a Roma. Una delle sue più ambite speranze e uno dei suoi più preziosi progetti era quello di vedere la fede cristiana fermamente stabilita nel più grande centro del mondo allora conosciuto. A Roma era già stata fondata una chiesa, e l'apostolo desiderava assicurarsi la cooperazione dei credenti romani per l'opera da svolgere in Italia e in altri paesi. Per preparare la via ai suoi sforzi fra questi fratelli, molti dei quali erano a lui sconosciuti, egli mandò una lettera, annunciando lo scopo della sua visita a Roma e la sua speranza di impiantare lo stendardo della croce in Spagna. UVI 234 4 Nella epistola ai romani, Paolo presentò i grandi princìpi del Vangelo. Dichiarò la sua posizione sulle questioni che stavano agitando le chiese dei Gentili e degli ebrei, e mostrò che le speranze e le promesse che una volta appartenevano in speciale modo ai giudei, ora erano offerte anche ai Gentili. UVI 234 5 L'apostolo presentò con chiarezza e potenza la dottrina della giustificazione per fede in Cristo. Egli sperò che anche altre chiese potessero beneficiare dell'insegnamento che inviò ai cristiani di Roma. Quanto fu limitato nel prevedere l'influsso duraturo delle sue parole! Attraverso tutti i secoli la grande verità della giustificazione per fede si è innalzata come un possente faro per guidare i peccatori pentiti nel sentiero della vita. Fu questa luce che dissipò le tenebre che avvolgevano la mente di Lutero e che gli rivelò la potenza del sangue di Cristo di purificare dal peccato. La stessa luce ha guidato migliaia di anime aggravate dal peccato alla vera Fonte di perdono e di pace. Ogni cristiano ha ragione di ringraziare Dio per la lettera alla chiesa di Roma. UVI 235 1 In questa epistola Paolo dà libera espressione alla preoccupazione che nutriva circa la sorte dei giudei. Fino alla sua conversione, egli aveva desiderato aiutare i suoi fratelli ebrei perché avessero una chiara comprensione del messaggio evangelico. "Il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati". Romani 10:1 (Luzzi). UVI 235 2 Questo non era un ordinario desiderio dell'apostolo. Costantemente egli chiese a Dio di lavorare in favore degli israeliti che non avevano riconosciuto in Gesù di Nazareth il promesso Messia. "Io dico la verità in Cristo, non mento -- scrisse Paolo, assicurando i credenti di Roma -- la mia coscienza me lo attesta per lo Spirito Santo: io ho una grande tristezza e un continuo dolore nel cuor mio; perché vorrei essere io stesso anatema, separato da Cristo, per amor dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, che sono Israeliti, ai quali appartengono l'adozione e la gloria e i patti e la legislazione e il culto e le promese; dei quali sono i padri, e dai quali è venuto, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno". Romani 9:1-5 (Luzzi). UVI 235 3 I giudei erano il popolo eletto, attraverso il quale Dio aveva progettato di benedire l'intera razza umana. Lui aveva fatto sorgere fra loro molti profeti. Questi avevano predetto l'avvento di un Redentore che sarebbe stato rigettato e ucciso da coloro che per primi avrebbero dovuto riconoscerlo come il promesso Messia. UVI 235 4 Il profeta Isaia vide attraverso i secoli e testimoniò che Israele avrebbe rigettato un profeta dopo l'altro e alla fine il Figlio di Dio. Egli fu anche ispirato a scrivere circa coloro che, sebbene non appartenessero alla nazione israelita, avrebbero accettato il Redentore. Riferendosi a questa profezia, Paolo dichiara: "Isaia si fa ardito e dice: Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano; sono stato chiaramente conosciuto da quelli che non chiedevan di me. Ma riguardo a Israele dice: Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo disubbidiente e contradicente". Romani 10:20, 21 (Luzzi). UVI 235 5 Sebbene Israele abbia rigettato il Figlio, Dio non ha rigettato il suo popolo. Fate caso a come Paolo continua il suo discorso: "Io dico dunque: Iddio ha egli reietto il suo popolo? Così non sia; perché anch'io sono Israelita, della progenie d'Abramo, della tribù di Beniamino. Iddio non ha reietto il suo popolo, che ha preconosciuto. Non sapete voi quel che la Scrittura dice, nella storia d'Elia? Com'egli ricorre a Dio contro Israele, dicendo: Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno demoliti i tuoi altari, e io son rimato solo, e cercano la mia vita? Ma che gli rispose la voce divina? Mi son riserbato settemila uomini che non han piegato il ginocchio davanti a Baal. E così anche nel tempo presente, v'è un residuo secondo l'elezione della grazia". Romani 11:1-5 (Luzzi). UVI 236 1 Israele inciampò e cadde, ma questo non rese impossibile che si rialzasse. Alla domanda "Hanno essi così inciampato da cadere? -- l'apostolo risponde -- Così non sia; ma per la loro caduta la salvezza è giunta ai Gentili per provocar loro a gelosia. Ora se la loro caduta è la ricchezza del mondo e la loro diminuzione la ricchezza de' Gentili, quanto più lo sarà la loro pienezza! Ma io parlo a voi o Gentili: in quanto io sono apostolo dei Gentili, glorifico il mio ministerio, per veder di provocare a gelosia quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni. Poiché, se la loro reiezione è la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, e non una vita d'infra i morti?" Romani 11:11-15 (Luzzi). UVI 236 2 Il piano di Dio era che la sua grazia fosse rivelata sia tra i Gentili che tra gli israeliti. Questo era stato chiaramente indicato nelle profezie dell'Antico Testamento. L'apostolo usa alcune di queste profezie nel suo argomento. "Il vasaio non ha egli potestà sull'argilla -- chiese Paolo -- da trarre dalla stessa massa un vaso per uso nobile, e un altro per uso ignobile? E che v'è mai da replicare se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta longanimità de' vasi d'ira preparati per la perdizione, e se, per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso de' vasi di misericordia che avea già innanzi preparati per la gloria, li ha anche chiamati (parlo di noi) non soltanto di fra i Giudei ma anche di fra i Gentili? Così egli dice anche in Osea: Io chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo, e "amata" quella che non era amata; e avverrà che nel luogo ov'era loro stato detto: "Voi non siete il mio popolo", quivi saran chiamati figliuoli dell'Iddio vivente". Romani 9:21-26 (Luzzi); cfr. Osea 1:10. UVI 236 3 Nonostante Israele avesse fallito come nazione, in essa rimaneva un santo residuo che sarebbe stato salvato. Al tempo dell'avvento del Salvatore, ci furono uomini e donne fedeli che ricevettero con gioia il messaggio di Giovanni Battista, e che erano stati guidati a studiare in modo nuovo le profezie riguardanti il Messia. Quando la prima chiesa cristiana fu fondata, fu scritto di questi fedeli giudei che riconobbero Gesù di Nazareth come il Messia che attendevano. é a questo rimanente che Paolo si riferisce quando scrive: "Se la primizia è santa, anche la messa è stanta; e se la radice è santa, anche i rami son santi". Romani 11:16 (Luzzi). UVI 237 1 L'apostolo paragona il rimanente in Israele a un nobile ulivo, al quale sono stati tagliati alcuni rami. E paragona i Gentili a dei rami di ulivo selvatico, innestati sul tronco nobile. "Se pure alcuni de' rami sono stati troncati -- egli scrive ai credenti d'origine gentile -- e tu, che sei olivastro, sei stato innestato in luogo loro e sei divenuto partecipe della radice e della grassezza dell'ulivo, non t'insuperbire contro ai rami; ma, se t'insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma la radice che porta te. Allora tu dirai: Sono stati troncati dei rami perché io fossi innestato. Bene: sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t'insuperbire, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te. Vedi dunque la benignità e la severità di Dio; la severità verso quelli che son caduti; ma verso te la benignità di Dio, se pur tu perseveri nella sua benignità; altrimenti, anche tu sarai reciso". Romani 11:17-22 (Luzzi). UVI 237 2 Israele come nazione ha infranto il legame che l'univa a Dio, a motivo della sua incredulità e del suo rigetto del piano celeste progettato per essa. Ma i rami che sono stati separati dal nobile ulivo, Dio è capace di riunirli di nuovo al loro proprio tronco; questo è il residuo d'Israele che rimane fedele al Dio dei loro padri. "Ed anche quelli -- dichiara l'apostolo circa questi rami recisi -- se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio è potente da innestarli di nuovo. Poiché se tu sei stato tagliato dall'ulivo per sua natura selvatico, e sei stato contro natura innestato nell'ulivo domestico, quanto più essi, che son dei rami naturali, saranno innestati nel loro proprio ulivo? Perché, fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi; che cioè, un induramento parziale s'è prodotto in Israele, finché sia entrata la pienezza dei Gentili. UVI 237 3 "E così tutto Israele sarà salvato, secondo che è scritto: Il liberatore verrà da Sion; Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà; e questo sarà il mio patto con loro, quand'io torrò via i loro peccati. Per quanto concerne l'Evangelo, essi sono nemici per via di voi; ma per quanto concerne l'elezione, sono amati per via dei loro padri; perché i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento. Poiché, siccome voi siete stati in passato disubbidienti a Dio ma ora avete ottenuto misericordia per la loro disubbidienza, così anch'essi sono stati ora disubbidienti, onde, per la misericordia a voi usata, ottengano essi pure misericordia. Poiché Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti. UVI 237 4 "O profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi, e incomprensibili le sue vie! Poiché: Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per il primo, e gli sarà contraccambiato? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui son tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno". Romani 11:23-26 (Luzzi). UVI 238 1 Così Paolo mostra che Dio è abbondantemente capace di trasformare i cuori dei giudei come dei Gentili e di garantire a ogni credente in Cristo le benedizioni promesse a Israele. Egli ripete la dichiarazione di Isaia riguardo al popolo di Dio: "Quand'anche il numero dei figliuoli d'Israele fosse come la rena del mare, il rimanente solo sarà salvato; perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra, in modo definitivo e reciso. E come Isaia aveva già detto prima: Se il Signor degli eserciti non ci avesse lasciato un seme, saremmo divenuti come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra". Romani 9:27-29 (Luzzi). UVI 238 2 Quando Gerusalemme fu distrutta e il tempio cadde in rovina, molte migliaia di giudei furono venduti, per servire come servi in terre pagane. Essi furono dispersi tra le nazioni, come dei relitti su una spiaggia deserta. Per diciotto secoli gli ebrei hanno vagato di luogo in luogo per il mondo, e in alcun posto è stato dato loro il privilegio di riottenere il loro antico prestigio come nazione. Diffamati, odiati, perseguitati, di secolo in secolo, hanno accumulato un retaggio di sofferenza. UVI 238 3 Nonostante la terribile condanna pronunciata sui giudei come nazione, al tempo del loro rigetto del Gesù di Nazareth, in ogni età sono esistiti molti nobili ebrei, uomini e donne timorosi di Dio che hanno sofferto in silenzio. Dio ha confortato i loro cuori afflitti e ha guardato con pietà la loro terribile situazione. Egli ha udito le agonizzanti preghiere di quelli che lo hanno cercato con tutto il cuore per poter giustamente comprendere la sua Parola. Alcuni hanno imparato a vedere nell'umile Nazareno che i loro antenati hanno rigettato e crocifisso, il vero Messia di Israele. Quando le loro menti hanno afferrato il significato delle familiari profezie così a lungo oscurate dalla tradizione e dalla errata interpretazione, i loro cuori si sono riempiti di gratitudine per Dio e per l'indicibile dono che Egli riversa su ogni essere umano che sceglie di accettare Cristo come suo personale Salvatore. UVI 238 4 È a questa classe di persone che Isaia si riferisce nella sua profezia: "Il rimanente solo sarà salvato". Dai giorni di Paolo al tempo presente, Dio mediante lo Spirito Santo sta chiamando sia i giudei che i Gentili. "Dinanzi a Dio non c'è riguardo a persone" dichiarò Paolo. L'apostolo si considerò "debitore tanto ai Greci quanto ai Barbari" come ai giudei; ma egli non perse mai di vista i precisi vantaggi che gli ebrei possedevano sugli altri, "prima di tutto, perché a loro furono affidati gli oracoli di Dio". Romani 2:11; 3:2 (Luzzi). Egli affermò che l'Evangelo "è potenza di Dio per la salvezza d'ogni credente; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, secondo che è scritto: Ma il giusto vivrà per fede". Romani 1:16, 17 (Luzzi). Paolo dichiara, nella sua epistola ai romani, che di questo Evangelo, ugualmente efficace per i giudei come per i Gentili, egli non si vergogna. Romani 1:16. UVI 239 1 Quando questo Vangelo sarà presentato nella sua pienezza ai giudei, molti accetteranno Cristo come il Messia. Fra i ministri cristiani sono pochi quelli che si sentono chiamati a lavorare per gli ebrei; ma il messaggio di grazia e di speranza in Cristo deve raggiungere anche quelli che sono stati spesso ignorati. UVI 239 2 Nella finale proclamazione del Vangelo, quando sarà svolto uno speciale lavoro in favore delle classi di persone fino allora trascurate, Dio si aspetta che i suoi messaggeri prendano particolare interesse per il popolo ebreo che si trova in tutte le parti del mondo. Quando le scritture dell'Antico Testamento saranno abbinate con il Nuovo nella spiegazione dell'eterno piano di Dio, questo sarà per molti ebrei come l'alba di una nuova creazione, come la risurrezione dell'anima. Quando essi vedranno il Cristo della dispensazione evangelica ritratto nelle pagine dell'Antico Testamento e comprenderanno quanto chiaramente il Nuovo Testamento spiega l'Antico, le loro dormienti facoltà saranno risvegliate, e riconosceranno Cristo come il Salvatore del mondo. Molti, per fede, riceveranno Cristo come il loro Redentore. Per loro si adempiranno le parole: "A tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome". Giovanni 1:12 (Luzzi). UVI 239 3 Fra i giudei ci sono alcuni, come Saulo di Tarso, che conoscono molto bene le Scritture, e costoro proclameranno con meravigliosa efficacia l'immutabilità della legge di Dio. Il Dio di Israele realizzerà ciò molto presto. Il suo desiderio per la loro salvezza si realizzerà a dispetto d'ogni ostacolo. La sua salvezza sarà rivelata quando i suoi servitori lavoreranno con fede per quelli che per lungo tempo sono stati negletti e disprezzati. UVI 239 4 "Così dice l'Eterno alla casa di Giacobbe, l'Eterno che riscattò Abrahamo: Giacobbe non avrà più da vergognarsi, e la sua faccia non impallidirà più. Poiché quando i suoi figliuoli vedranno in mezzo a loro l'opera delle mie mani, santificheranno il mio nome, santificheranno il Santo di Giacobbe, e temeranno grandemente l'Iddio d'Israele; i traviati di spirito impareranno la saviezza, e i mormoratori accetteranno l'istruzione". Isaia 29:22-24 (Luzzi). ------------------------Capitolo 36: Apostasia in Galazia UVI 240 1 Paolo, mentre soggiornava in Corinto, ebbe ragione di essere seriamente preoccupato per alcune delle chiese già fondate. A causa dell'influsso dei falsi insegnanti sorti fra i credenti di Gerusalemme, divisioni, eresie e sensualità stavano rapidamente guadagnando terreno fra i convertiti della Galazia. Questi falsi insegnanti stavano mescolando le tradizioni giudaiche con le verità del Vangelo. Essi, ignorando la decisione del concilio generale tenutosi a Gerusalemme, imponevano ai Gentili convertiti l'osservanza della legge cerimoniale. UVI 240 2 La situazione era critica. Il male che era stato introdotto minacciava di distruggere rapidamente le chiese in Galazia. UVI 240 3 Paolo era ferito al cuore e la sua anima era agitata per questa aperta apostasia da parte di coloro che egli aveva fedelmente istruito nei princìpi del Vangelo. Egli scrisse immediatamente ai credenti sviati, esponendo le false teorie che avevano accettato e rimproverando con grande severità quelli che si stavano allontanando dalla fede. Dopo avere salutato i galati con le seguenti parole: "Grazie a voi e pace da Dio Padre e dal Signor nostro Gesù Cristo", egli scrisse loro queste frasi di severo rimprovero: UVI 240 4 "Io mi maraviglio che così presto voi passiate da Colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo. Il quale poi non è un altro vangelo; ma ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire l'Evangelo di Cristo. Ma quand'anche noi, quand'anche un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che v'abbiamo annunziato, sia egli anatema". Galati 1:3, 6-8 (Luzzi). Gli insegnamenti di Paolo erano stati in armonia con le Scritture e lo Spirito Santo aveva testimoniato ai suoi sforzi; perciò avvertì i suoi fratelli di non ascoltare alcuna cosa che contraddicesse le verità da lui insegnate. UVI 240 5 L'apostolo esortò i credenti della Galazia a considerare attentamente la loro prima esperienza nella vita cristiana. "O Galati insensati -- esclamò -- chi v'ha ammaliati, voi, dinanzi agli occhi dei quali Gesù Cristo crocifisso è stato ritratto al vivo? Questo soltanto desidero saper da voi: Avete voi ricevuto lo Spirito per la via delle opere della legge o per la predicazione della fede? Siete voi così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne? Avete voi sofferto tante cose invano? Se pure è proprio invano. Colui dunque che vi somministra lo Spirito ed opera fra voi de' miracoli, lo fa Egli per la via delle opere della legge o per la predicazione della fede?" Galati 3:1-5 (Luzzi). UVI 241 1 Così Paolo presentò i credenti della Galazia davanti al tribunale della loro stessa coscienza e cercò di impedire l'allontanamento dalla verità. Confidando in Dio per la salvezza e rifiutando di riconoscere le dottrine degli insegnanti apostati, l'apostolo si sforzò di far comprendere ai convertiti che erano stati grossolanamente ingannati, ma che se fossero ritornati alla loro fede iniziale nel Vangelo, essi avrebbero ancora potuto annientare il piano di Satana. Egli si schierò con fermezza dalla parte della verità e della giustizia. La fede e la certezza che lui aveva nel messaggio che portava, aiutò molti di quelli che avevano perso la fede a ritornare a seguire le orme del Salvatore. UVI 241 2 Quanto differente fu la maniera con la quale Paolo scrisse alla chiesa di Corinto da quella con la quale si rivolse ai galati! Egli rimproverò i primi con cautela e tenerezza, e i secondi con aspre parole di riprensione. I corinzi erano stati sopraffatti dalla tentazione. Essi erano stati confusi e ingannati da ingegnosi sofismi di insegnanti che presentavano errori come fossero verità. Insegnare loro come distinguere il falso dal vero, richiese prudenza e pazienza. Se Paolo avesse avuto fretta o avesse agito con severità, avrebbe distrutto il suo influsso su molti di quelli che lui desiderava aiutare. UVI 241 3 Nelle chiese della Galazia, la falsa dottrina stava soppiantando il messaggio del Vangelo. Cristo, il vero fondamento della fede, fu virtualmente rinnegato per le tramontate cerimonie del giudaismo. L'apostolo comprese che per salvare i galati dai pericolosi influssi che li minacciavano, bisognava prendere delle misure drastiche e dare degli avvertimenti che scuotessero la loro coscienza. UVI 241 4 Una importante lezione che ogni ministro di Cristo deve imparare, è quella di adattare i propri sforzi alla condizione di quelli che lui intende aiutare. Tenerezza, pazienza, decisione e fermezza sono ugualmente necessari, ma devono essere esercitati con approfondita discriminazione. Trattare saggiamente con differenti tipi di mentalità, sotto varie circostanze e condizioni, è un lavoro che richiede saggezza e un discernimento illuminato e santificato dallo Spirito di Dio. UVI 241 5 Nella sua lettera ai galati, Paolo riassunse brevemente i principali avvenimenti connessi con la propria conversione e con la sua prima esperienza cristiana. In questo modo egli cercò di mostrare che era stato guidato a vedere e comprendere le grandi verità del Vangelo attraverso una speciale manifestazione della potenza divina. Per mezzo dell'istruzione ricevuta da Dio, Paolo fu guidato ad avvertire e ammonire i galati in maniera così decisa. Egli scrisse senza esitazione e senza dubbi, con la certezza e la convinzione che derivano da una conoscenza completa della verità. Indicò chiaramente la differenza esistente tra l'essere istruiti dall'uomo e il ricevere istruzione direttamente da Cristo. UVI 242 1 L'apostolo esortò i galati a lasciare le false guide dalle quali erano stati sviati, e a ritornare a quella fede che era stata accompagnata dall'indiscutibile evidenza dell'approvazione divina. Gli uomini che avevano tentato di distoglierli dalla loro fede nel Vangelo erano degli ipocriti, impuri nel cuore e corrotti nella vita. La loro religione era formata da un numero di cerimonie, attraverso l'osservanza delle quali essi pretendevano di ottenere il favore di Dio. Costoro non avevano alcun desiderio di un Vangelo che richiedeva ubbidienza alla parola: "Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio". Giovanni 3:3 (Luzzi). Essi pensavano che una religione basata su questa dottrina richiedesse un sacrificio troppo grande, così si aggrappavano ai loro errori, ingannando se stessi e gli altri. UVI 242 2 La sostituzione della santità del cuore e della vita con la partecipazione formale alle cerimonie religiose è ancora gradita all'anima inconvertita, come lo era a quei giorni. Oggi come allora, ci sono false guide spirituali, le cui dottrine vengono ascoltate da molti con bramosia. è lo scopo ben studiato di Satana quello di deviare le menti dalla speranza di salvezza per mezzo della fede in Cristo e dall'ubbidienza alla legge di Dio. In ogni tempo il nemico per eccellenza adatta le sue tentazioni ai pregiudizi o alle inclinazioni di coloro che cerca di ingannare. Nel periodo apostolico egli guidò i giudei a esaltare la legge cerimoniale e a rigettare Cristo; al presente, con la pretesa di onorare Cristo, induce molti di coloro che si dicono cristiani a gettare infamia sulla legge morale e a insegnare che questi precetti possono essere trasgrediti con impunità. Ogni servitore di Dio ha il dovere di affrontare con fermezza e decisione questi pervertitori della fede, esponendo senza timore i loro errori con l'ausilio delle Sacre Scritture. UVI 242 3 Nel tentativo di riottenere la fiducia dei fratelli galati, Paolo difese abilmente la sua posizione di apostolato di Cristo. Egli dichiarò di essere apostolo, "non dagli uomini né per mezzo d'alcun uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che l'ha risuscitato dai morti". Galati 1:1 (Luzzi). Il suo mandato non dipendeva dagli uomini ma dalla più alta autorità celeste. La sua posizione era stata riconosciuta dal concilio generale di Gerusalemme, alle cui decisioni Paolo si attenne in tutti i suoi sforzi fra i Gentili. UVI 243 1 Non fu per esaltare se stesso ma per magnificare la grazia di Dio che l'apostolo presentò a quelli che stavano negando il suo apostolato la prova che lui non era "in nulla da meno di cotesti sommi apostoli". 2 Corinzi 11:5 (Luzzi). Quelli che cercarono di sminuire la sua chiamata e il suo operato stavano lottando contro Cristo, la cui grazia e potenza venivano manifestate attraverso Paolo. L'apostolo fu costretto dall'opposizione dei suoi nemici a una condotta decisa per mantenere la sua posizione e la sua autorità. UVI 243 2 Paolo supplicò quelli che una volta avevano conosciuto nella loro vita la potenza di Dio, a ritornare al loro primo amore per la verità evangelica. Con indiscutibili argomenti, egli presentò i privilegi di essere uomini e donne liberi in Cristo, per mezzo della cui grazia espiatrice, tutti coloro che si sottomettono completamente alla sua volontà sono rivestiti dell'abito della sua giustizia. Ogni anima che voleva essere salvata doveva avere una genuina, personale esperienza nelle cose di Dio. UVI 243 3 Le ferventi parole di supplica dell'apostolo non rimasero senza frutto. Lo Spirito Santo operò con grande potenza, e molti di coloro che si erano sviati in strani sentieri, ritornarono alla loro primitiva fede nel Vangelo. Da allora essi furono saldi nella libertà perché Cristo li aveva liberati. Nella loro vita furono rivelati i frutti dello Spirito: "Amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza". Galati 5:22 (Luzzi). Il nome di Dio fu glorificato e molti furono aggiunti al numero dei credenti in quella regione. ------------------------Capitolo 37: L'ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme UVI 244 1 Paolo desiderava grandemente raggiungere Gerusalemme prima della Pasqua perché così avrebbe avuto l'opportunità di incontrare molte di quelle persone provenienti da tutte le parti del mondo, che avrebbero partecipato alla festa. Egli aveva sempre sperato di poter essere in qualche modo uno strumento per rimuovere il pregiudizio dei suoi increduli connazionali, così che essi potessero essere guidati ad accettare la preziosa luce del Vangelo. Inoltre desiderava incontrare la chiesa di Gerusalemme per dare loro i doni che le chiese dei Gentili avevano mandato per i poveri della Giudea. Con questa visita sperava di contribuire al miglioramento delle relazioni esistenti tra i giudei e i Gentili convertiti alla fede. UVI 244 2 Completato il suo lavoro a Corinto, l'apostolo decise di imbarcarsi per raggiungere direttamente uno dei porti sulla costa della Palestina. Tutti i preparativi erano stati completati, ed egli stava per salire a bordo della nave, quando gli fu riferito che i giudei avevano preparato un complotto per ucciderlo. Nel passato questi oppositori della fede non erano mai riusciti a mettere fine all'opera di Paolo. UVI 244 3 Il successo ottenuto dalla predicazione del Vangelo aizzò nuovamente l'ira dei giudei. Da ogni angolo giungevano notizie della diffusione della nuova dottrina, tramite la quale i giudei erano liberati dall'obbligo di osservare i riti della legge cerimoniale e i Gentili erano ammessi agli identici privilegi dei giudei, come figli di Abramo. Paolo, nella sua predicazione a Corinto, presentò gli stessi argomenti di cui scrisse così efficacemente nelle sue epistole. La sua enfatica dichiarazione: "Non c'è Greco e Giudeo, circoncisione e incirconcisione" fu considerata dai suoi nemici come un'audace bestemmia. Essi decisero che la sua voce doveva essere messa a tacere. Colossesi 3:11. UVI 244 4 Ricevuto l'avvertimento del complotto, Paolo decise di fare il viaggio passando attraverso la Macedonia. Il suo progetto di raggiungere Gerusalemme in tempo per i servizi della Pasqua dovette essere abbandonato, ed egli sperò di potere essere là per la Pentecoste. UVI 244 5 Paolo e Luca furono accompagnati da "Sòpatro di Berea, figlio di Pirro, e i Tessalonicesi Aristarco e Secondo, e Gaio di Derba e Timoteo, e della provincia d'Asia Tichico e Trofimo". Atti 20:4 (Luzzi). Paolo aveva con sé una grossa somma di denaro proveniente dalle chiese dei Gentili, che si prefiggeva di consegnare ai fratelli responsabili dell'opera in Giudea. Per questo egli provvide affinché questi fratelli, rappresentanti le varie chiese che avevano contribuito, lo accompagnassero a Gerusalemme. UVI 245 1 Paolo rimase a Filippi per celebrare la Pasqua. Solo Luca rimase con lui, gli altri membri del gruppo si recarono a Troas, e lo aspettarono là. I filippesi erano i convertiti più amorevoli e sinceri di Paolo; e durante gli otto giorni della festa egli gioì della loro pacifica e allegra comunione. UVI 245 2 Imbarcatisi a Filippi, Paolo e Luca, cinque giorni dopo raggiunsero i loro compagni a Troas. Essi rimasero per sette giorni con i credenti di quel luogo. UVI 245 3 L'ultima sera del suo soggiorno, i fratelli si riunirono "per rompere il pane". Il fatto che il loro amato insegnante stesse per partire, aveva attirato un gruppo di persone più numeroso del solito. Essi si riunirono in una stanza al terzo piano. Là, Paolo, nel fervore del suo affetto e della sua premura per loro, predicò fino alla mezzanotte. UVI 245 4 Sul davanzale di una delle finestre aperte stava seduto un giovane di nome Eutico. Egli si addormentò in questa pericolosa posizione e cadde nel cortile sottostante. Questo fatto allarmò e confuse i presenti. Il giovane fu raccolto morto e molti lo circondarono piangendo e lamentandosi. Ma Paolo, passando attraverso il gruppo spaventato, abbracciò il giovane e innalzò un'ardente preghiera affinché Dio gli ridesse la vita. La sua supplica fu accolta. La voce dell'apostolo, innalzatasi al di sopra dei lamenti, disse: "Non fate tanto strepito, perché l'anima sua è in lui". I credenti ritornarono con gioia a riunirsi nella stanza superiore. Essi parteciparono alla Cena del Signore, e poi Paolo continò a parlare "sino all'alba". Atti 20:8-11 (Luzzi). UVI 245 5 La nave sulla quale l'apostolo e i suoi compagni dovevano continuare il loro viaggio stava per salpare, e i fratelli si affrettarono a salire a bordo. Paolo, comunque, scelse di fare il tragitto tra Troas e Asso per terra ferma, e di incontrare i suoi compagni in quest'ultima città. Questa circostanza gli assicurò un breve periodo di meditazione e di preghiera. Le difficoltà e i pericoli connessi con la sua prossima visita a Gerusalemme, l'attitudine della chiesa di questa città verso di lui e la sua opera, come pure la condizione delle chiese e gli interessi dell'opera del Vangelo, furono i pensieri che occuparono la sua mente. Egli approfittò di questa speciale opportunità per chiedere a Dio forza e guida. UVI 245 6 Mentre i viaggiatori navigavano a sud di Asso, passarono la città di Efeso, che per lungo tempo era stata la scena degli sforzi di Paolo. L'apostolo aveva grandemente desiderato di visitare la chiesa di questa città perché aveva importanti istruzioni e consigli da dare. Ma dopo avere riflettuto egli decise di proseguire il viaggio perché desiderava trovarsi, "se gli fosse possibile, a Gerusalemme il giorno della Pentecoste". Atti 20:16 (Luzzi). Comunque, arrivato a Mileto, a circa trenta miglia da Efeso, egli seppe che sarebbe stato possibile comunicare con la chiesa, prima che la nave salpasse. Perciò, mandò immediatamente un messaggio agli anziani, esortandoli ad affrettarsi a Mileto, affinché potesse vederli prima di continuare il viaggio. UVI 246 1 Essi vennero, in risposta alla sua chiamata, ed egli rivolse loro forti e toccanti parole di ammonizione e commiato. "Voi sapete -- egli disse -- in qual maniera, dal primo giorno che entrai nell'Asia, io mi son sempre comportato con voi, servendo al Signore con ogni umiltà e con lacrime, fra le prove venutemi dalle insidie dei Giudei; come io non mi son tratto indietro dall'annunziarvi e dall'insegnarvi in pubblico e per le case, cosa alcuna di quelle che vi fossero utili, scongiurando Giudei e Greci a ravvedersi dinanzi a Dio e a credere nel Signor nostro Gesù Cristo". Atti 20:18-21 (Luzzi). UVI 246 2 Paolo aveva sempre esaltato la legge divina. A lui fu mostrato che la legge non ha il potere di salvare gli uomini dalla condanna relativa alla loro disubbidienza. Coloro che hanno errato devono pentirsi dei propri peccati e umiliarsi dinanzi a Dio, poiché trasgredendo la legge sono incorsi nella sua giusta ira. Essi devono anche avere fede nel sangue di Cristo come loro unico mezzo di perdono. Il Figlio di Dio è morto sacrificandosi al posto loro, ed è asceso al cielo per stare dinanzi al Padre come loro difensore. Per mezzo del pentimento e della fede, essi possono essere liberati dalla condanna del peccato; inoltre la grazia di Cristo può renderli capaci di ubbidire alla legge di Dio. UVI 246 3 "Ed ora, ecco, -- continuò Paolo -- vincolato nel mio spirito, io vo' a Gerusalemme, non sapendo le cose che quivi mi avverranno; salvo che lo Spirito Santo mi attesta in ogni città che legami e afflizioni m'aspettano. Ma io non fo alcun conto della vita, quasi mi fosse cara, pur di compiere il mio corso e il ministerio che ho ricevuto dal Signor Gesù, che è di testimoniare dell'Evangelo della grazia di Dio. Ed ora, ecco, io so che voi tutti fra i quali sono passato predicando il Regno, non vedrete più la mia faccia". Atti 20:22-25 (Luzzi). UVI 246 4 Paolo non aveva programmato di dare questa testimonianza, e mentre parlava, lo Spirito d'ispirazione discese su di lui, confermando i timori che questo sarebbe stato l'ultimo suo incontro con i fratelli di Efeso. UVI 246 5 "Perciò io vi protesto quest'oggi che son netto del sangue di tutti; perché io non mi son tratto indietro dall'annunziarvi tutto il consiglio di Dio". Atti 20:26, 27 (Luzzi). Nessun timore di offendere, nessun desiderio di amicizia o di applauso, potevano indurre Paolo a trattenere le parole che Dio gli aveva dato per la loro istruzione, per il loro avvertimento o per la loro correzione. Oggi, Dio richiede dai suoi servitori una maggiore dose di audacia nella predicazione della Parola e nella pratica dei suoi precetti. Il ministro di Cristo non deve presentare alla gente solo le verità più piacevoli, tralasciando quelle che possono causare sofferenza. Egli dovrebbe sorvegliare con profonda sollecitudine lo sviluppo del carattere. Se vede che qualcuno del suo gregge sta vivendo nel peccato, come un fedele pastore, egli deve dargli l'istruzione della Parola di Dio che è applicabile al suo caso. Se egli permette che essi confidino in se stessi e vivano senza avvertimento, sarà ritenuto responsabile per le loro anime. Il pastore che adempie il suo alto mandato deve dare alla sua gente una istruzione adeguata su ogni punto della fede cristiana, mostrando loro cosa essi devono essere per poter superare il giudizio di Dio. Solo chi è un fedele insegnante della verità, al termine della sua opera, potrà dire con Paolo: "Son netto del sangue di tutti". Atti 20:26 (Luzzi). UVI 247 1 "Badate a voi stessi -- l'apostolo ammonì i suoi fratelli -- e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, la quale egli ha acquistata col proprio sangue". Atti 20:28 (Luzzi). Se i ministri del Vangelo tenessero sempre in mente il fatto che stanno trattando con coloro che sono stati acquistati dal sangue di Cristo, si renderebbero maggiormente conto dell'importanza della loro opera. Essi devono badare a se stessi e al loro gregge. Il loro esempio deve illustrare e rafforzare il loro insegnamento. Come insegnanti della via della vita, non dovrebbero dare occasione che la verità venga diffamata. Come rappresentanti di Cristo, devono salvaguardare l'onore del suo nome. Con la loro devozione, la purezza della loro vita, la loro buona conversazione, essi devono dimostrarsi degni della loro santa chiamata. UVI 247 2 I pericoli che avrebbero assalito la chiesa di Efeso furono rivelati all'apostolo. "Io so -- egli disse -- che dopo la mia partenza entreranno fra voi de' lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e di fra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trarre i discepoli dietro a sé". Paolo tremò per la chiesa quando, guardando nel futuro, vide gli attacchi che essa avrebbe subìto, sia dall'esterno che dall'interno. Con solenne ardore egli esortò i suoi fratelli a custodire con ogni cura la loro sacra fede. Come esempio, egli indicò i suoi instancabili sforzi fra loro. "Perciò vegliate, ricordandovi che per lo spazio di tre anni, notte e giorno, non ho cessato d'ammonire ciascuno con lacrime". Atti 20:29-31 (Luzzi). UVI 248 1 "E ora -- egli continuò -- io vi raccomando a Dio e alla parola della sua grazia; a lui che può edificarvi e darvi l'eredità con tutti i santificati. Io non ho bramato né l'argento, né l'oro, né il vestito d'alcuno". Alcuni dei fratelli di Efeso erano ricchi, ma Paolo non aveva mai cercato benefìci personali da loro. Non faceva parte del suo messaggio richiamare l'attenzione sulle sue necessità. "Queste mani -- dichiarò -- hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che eran meco". Durante i suoi faticosi sforzi e gli estesi viaggi per la causa di Cristo, egli fu capace, non solo di provvedere alle proprie necessità, ma di risparmiare qualcosa per sostenere i suoi compagni di lavoro e per alleviare i poveri bisognosi. Riuscì a fare questo solo per mezzo di un'incessante diligenza e di una rigida economia. Con ragione egli poté indicare se stesso come esempio, quando disse: "In ogni cosa vi ho mostrato ch'egli è con l'affaticarsi così, che bisogna venire in aiuto ai deboli, e ricordarsi delle parole del Signor Gesù, il quale disse egli stesso: Più felice cosa è il dare che il ricevere. UVI 248 2 "Quando ebbe dette queste cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro. E si fece da tutti un gran piangere; e gettatisi al collo di Paolo, lo baciavano, dolenti sopra tutto per la parola che avea detta, che non vedrebbero più la sua faccia. E l'accompagnarono alla nave". Atti 20:32-37 (Luzzi). UVI 248 3 Da Mileto i viaggiatori salparono "e per diritto corso" giunsero "a Cos, e il giorno seguente a Rodi, e di là a Patara", sulla costa sud-ovest dell'Asia Minore, dove, "trovata una nave che passava in Fenicia" salirono a bordo e presero il largo. Approdati a Tiro, dove la nave fu vuotata del suo carico, essi trovarono alcuni discepoli, con i quali rimasero per sette giorni. Lo Spirito Santo avvertì questi credenti dei pericoli che attendevano Paolo in Gerusalemme e quindi lo esortarono a "non mettere piede a Gerusalemme". Atti 21:1-4 (Luzzi). Ma l'apostolo non permise che il timore dell'afflizione e dell'imprigionamento lo facesse desistere dal suo piano. UVI 248 4 Al termine della settimana trascorsa a Tiro, tutti i fratelli compresi le mogli e i bambini, andarono con Paolo alla nave. Prima di salire a bordo, si inginocchiarono tutti sulla spiaggia e pregarono gli uni per gli altri. UVI 248 5 Proseguendo il loro viaggio verso sud, i viaggiatori arrivarono a Cesarea, "ed entrati in casa di Filippo l'evangelista, ch'era uno dei sette", dimorarono con lui. Atti 21:8 (Luzzi). Qui Paolo trascorse alcuni giorni felici e tranquilli: l'ultima perfetta libertà che egli avrebbe ricordato per un lungo tempo. UVI 249 1 Durante il soggiorno di Paolo a Cesarea, "scese dalla Giudea un certo profeta, di nome Agabo, il quale venuto da noi -- dice Luca -, prese la cintura di Paolo, se ne legò i piedi e le mani, e disse: Questo dice lo Spirito Santo: Così legheranno i Giudei a Gerusalemme l'uomo di cui è questa cintura, e lo metteranno nelle mani dei Gentili. UVI 249 2 "Quando udimmo queste cose, tanto noi che quei del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme". Ma Paolo non si sarebbe scostato dal sentiero del dovere. Egli avrebbe seguito Cristo anche se fosse stato imprigionato e ucciso. "Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuore? -- egli esclamò -- Poiché io son pronto non solo ad esser legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signor Gesù". Vedendo che essi gli causavano dolore senza poter cambiare i suoi piani, i fratelli cessarono di importunarlo, dicendo soltanto: "Sia fatta la volontà del Signore". Atti 21:10-14 (Luzzi). UVI 249 3 Il breve soggiorno a Cesarea giunse presto al termine. Paolo e i suoi compagni, accompagnati da alcuni dei fratelli, si avviarono verso Gerusalemme, con i cuori profondamente turbati dal presentimento del male che li aspettava. UVI 249 4 Mai prima d'ora l'apostolo si era avvicinato a Gerusalemme con un cuore così triste. Egli sapeva che avrebbe trovato pochi amici e molti nemici. Era vicino alla città che aveva rigettato e ucciso il Figlio di Dio e sulla quale pendeva la minaccia dell'ira divina. Ricordando quanto amaro era stato il suo pregiudizio contro i seguaci di Cristo, sentiva una profonda pietà per i suoi sviati connazionali. E tuttavia si rendeva conto del fatto che non avrebbe potuto far molto per aiutarli! La stessa rabbia cieca che una volta aveva bruciato nel suo cuore, ora stava ardendo con indicibile potenza nei cuori di tutta la nazione. Paolo era divenuto l'oggetto del loro odio e del loro risentimento. UVI 249 5 Non poteva contare neppure sulla simpatia e sul sostegno dei suoi fratelli nella fede. I giudei inconvertiti che avevano seguito da vicino ogni suo passo, avevano fatto circolare con rapidità a Gerusalemme i più sfavorevoli rapporti sul suo conto e sulla sua opera, sia personalmente che per lettera. Addirittura alcuni degli apostoli e degli anziani, avevano considerato veritieri questi rapporti, e non avevano tentato di opporsi alle accuse contenute in essi e nemmeno desideravano chiarire questi malintesi direttamente con lui. UVI 249 6 Anche se le circostanze erano scoraggianti, Egli confidò che la Voce che aveva parlato al suo cuore, avrebbe parlato ai cuori dei suoi connazionali. Il Maestro, che i suoi fratelli amavano e servivano, avrebbe unito i loro cuori al suo nell'opera del Vangelo. ------------------------Capitolo 38: Paolo prigioniero UVI 250 1 "Quando fummo giunti a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero lietamente. E il giorno seguente, Paolo si recò con noi da Giacomo: e vi si trovarono tutti gli anziani". Atti 21:17, 18 (Luzzi). UVI 250 2 In questa occasione, Paolo e i suoi compagni consegnarono ai dirigenti dell'opera in Gerusalemme le offerte mandate dalle chiese dei Gentili per assistere i poveri esistenti fra i loro fratelli giudei. La raccolta di queste offerte era costata all'apostolo e ai suoi compagni molto tempo, preoccupazione e fatica. La somma, che superava di molto le aspettative degli anziani di Gerusalemme, aveva comportato molti sacrifici e anche severe privazioni da parte dei credenti Gentili. UVI 250 3 Queste offerte volontarie erano il simbolo della lealtà dei Gentili convertiti all'opera di Dio organizzata in tutto il mondo, e sarebbero dovute essere accettate da tutti con riconoscenza. Tuttavia, Paolo e i suoi compagni compresero che, persino fra quelli che ora stavano dinanzi a loro, c'erano alcuni incapaci di apprezzare lo spirito di amore fraterno che aveva motivato quei doni. UVI 250 4 Nei primi anni della diffusione del Vangelo fra i Gentili, alcuni dirigenti di Gerusalemme, rimasti attaccati ai vecchi pregiudizi e alla vecchia mentalità, non avevano cooperato sinceramente con Paolo e i suoi compagni. Nell'ansia di preservare alcune cerimonie e formalità prive d'importanza, essi avevano perduto di vista la benedizione di cui avrebbero beneficiato loro stessi e la causa che amavano. Sebbene fossero desiderosi di salvaguardare gli interessi della chiesa cristiana, non avevano compreso quale fosse il piano di Dio per il suo sviluppo. Nella loro umana saggezza essi vollero imporre agli operai molte superflue restrizioni. Così sorsero degli uomini che, sebbene ignorassero le varie circostanze e i particolari bisogni incontrati dagli operai in terre lontane, insistevano di avere l'autorità di dirigere i fratelli che lavoravano in questi campi a seguire certi specifici metodi di lavoro. Costoro pensavano che l'opera della predicazione del Vangelo dovesse essere condotta in armonia con le loro opinioni. UVI 250 5 Alcuni anni erano trascorsi da quando i fratelli in Gerusalemme, insieme ai rappresentanti delle altre principali chiese, avevano considerato con attenzione le dubbie questioni sorte sui metodi seguiti da quelli che lavoravano in favore dei Gentili. Come risultato di questo concilio, i fratelli di comune accordo inviarono delle raccomandazioni alle chiese circa alcuni riti e costumi, inclusa la circoncisione. Fu a questo concilio generale che i fratelli unanimi raccomandarono alle chiese cristiane Paolo e Barnaba come operai degni della completa fiducia di ogni credente. UVI 251 1 Fra quelli presenti a quest'incontro c'erano alcuni che avevano severamente criticato i metodi di lavoro seguiti dagli apostoli sui quali pesava la maggiore responsabilità di portare il Vangelo al mondo pagano. Ma durante il concilio, le loro vedute del piano di Dio si erano allargate, ed essi erano stati consenzienti con i loro fratelli nel prendere delle sagge decisioni che rendevano possibile l'unificazione dell'intero corpo dei credenti. UVI 251 2 In seguito, quando si vide che i convertiti fra i Gentili stavano aumentando rapidamente, alcuni dirigenti di Gerusalemme iniziarono a nutrire di nuovo i vecchi pregiudizi contro i metodi di Paolo e dei suoi colleghi. Con il passare del tempo questi pregiudizi si rafforzarono, fino a che i dirigenti decisero che l'opera della predicazione del Vangelo doveva essere condotta da allora in poi in accordo con le loro idee. Se Paolo avesse conformato i suoi metodi ai princìpi che essi difendevano, loro avrebbero riconosciuto e sostenuto la sua opera; altrimenti non lo avrebbero considerato più con favore né avrebbero garantito il loro appoggio. UVI 251 3 Questi uomini avevano perso di vista il fatto che è Dio la guida del suo popolo e che ogni operaio nella sua opera deve conoscere per esperienza quale sia la volontà del divino Maestro. Egli non deve guardare all'uomo per essere guidato. Gli operai di Dio devono essere formati e modellati secondo ciò che è più consono alla natura e al carattere di Dio. Non si deve limitare la loro formazione a un ideale umano. UVI 251 4 Nel suo ministero, l'apostolo Paolo aveva insegnato alla gente non con "discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza". Le verità che lui proclamava gli erano state rivelate dallo Spirito Santo. "Lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio. Infatti, chi, fra gli uomini, conosce le cose dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? E così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio... e noi ne parliamo -- dichiarò Paolo -- non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali". 1 Corinzi 2:4, 10-13 (Luzzi). UVI 251 5 Paolo, nel suo ministero, si era rivolto a Dio per ottenere una guida diretta. Allo stesso tempo, egli era stato attento a lavorare in armonia con le decisioni del concilio generale di Gerusalemme. Come risultato: "Le chiese... erano confermate nella fede, e crescevano in numero di giorno in giorno". Atti 16:5 (Luzzi). E ora, nonostante alcuni dimostrassero una mancanza di simpatia nei suoi confronti, lui trovò conforto nella consapevolezza di aver compiuto il suo dovere incoraggiando i convertiti a nutrire uno spirito di lealtà, generosità e amore fraterno, come fu rivelato in questa occasione per mezzo delle generose contribuzioni che gli fu possibile consegnare agli anziani giudei. UVI 252 1 Dopo la presentazione dei doni, "Paolo si mise a raccontare ad una ad una le cose che Dio avea fatte fra i Gentili, per mezzo del suo ministerio". Queste testimonianze portarono nei cuori di tutti, anche di quelli che avevano avuto dei dubbi, la convinzione che la benedizione celeste aveva accompagnato i suoi sforzi. "Ed essi, uditele, glorificavano Iddio". Atti 21:19, 20 (Luzzi). Gli ascoltatori compresero che i metodi di lavoro seguiti dall'apostolo portavano il sigillo divino. Le generose offerte poste dinanzi a loro, aggiungevano valore alla testimonianza di Paolo circa la fedeltà delle nuove chiese fondate fra i Gentili. Quegli uomini che facevano parte del corpo dirigenziale della chiesa di Gerusalemme e che avevano imposto delle misure arbitrarie di controllo, videro il ministero dell'apostolo sotto una nuova luce. Essi furono convinti che la loro condotta era stata erronea e che erano stati limitati nel loro giudizio da un eccessivo attaccamento alla tradizione e alle usanze ebraiche. Compresero che l'opera del Vangelo era stata grandemente ostacolata dalla loro incapacità di riconoscere che il muro di divisione tra giudei e Gentili era stato distrutto dalla morte di Cristo. UVI 252 2 Per tutti i fratelli dirigenti, questa era un'occasione d'oro per confessare apertamente che Dio aveva operato per mezzo di Paolo e che essi a volte avevano sbagliato nel permettere che i rapporti riferiti dai suoi nemici suscitassero la loro gelosia e rafforzassero il loro pregiudizio. Invece di unirsi nel tentativo di rendere giustizia a colui che era stato danneggiato, gli diedero un consiglio che dimostrava che ancora credevano Paolo largamente responsabile dell'esistente pregiudizio. E non si schierarono distintamente in sua difesa. Per cercare di mostrare agli ostili che erano nell'errore, giunsero a un compromesso e gli dissero di compiere un'azione che, a parere loro, avrebbe rimosso ogni motivo di incomprensione. UVI 252 3 "Fratello, tu vedi -- essi dissero, in risposta alla sua testimonianza -- quante migliaia di Giudei ci sono che hanno creduto; e tutti sono zelanti per la legge. Or sono stati informati di te, che tu insegni a tutti i Giudei che sono fra i Gentili, ad abbandonare Mosè, dicendo loro di non circoncidere i figliuoli, e di non conformarsi ai riti. Che devesi dunque fare? è inevitabile che una moltitudine di loro si raduni, perché udranno che tu se' venuto. Fa' dunque questo che ti diciamo: Noi abbiamo quattro uomini che hanno fatto un voto; prendili teco, e purificati con loro, e paga le spese per loro, onde possano radersi il capo; così tutti conosceranno che non c'è nulla di vero nelle informazioni che hanno ricevuto di te; ma che tu pure ti comporti da osservatore della legge. Quanto ai Gentili che hanno creduto, noi abbiamo loro scritto, avendo deciso che debbano astenersi dalle cose sacrificate agl'idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e dalla fornicazione". Atti 21:20-25 (Luzzi). UVI 253 1 I fratelli speravano che Paolo, compiendo l'azione suggeritagli, potesse dimostrare l'infondatezza dei rapporti riguardanti la sua persona. Essi lo assicurarono che la decisione del precedente concilio circa i Gentili convertiti e la legge cerimoniale era ancora valida. Ma il suggerimento ora dato era inconsistente con quella decisione. Questo suggerimento non fu ispirato dallo Spirito di Dio, ma da uno spirito di viltà. I dirigenti della chiesa di Gerusalemme sapevano che se i cristiani non si fossero conformati alla legge cerimoniale, avrebbero attirato su di loro l'odio dei giudei e si sarebbero esposti alla persecuzione. Il Sinedrio stava facendo di tutto per ostacolare il progresso del Vangelo. Erano stati scelti degli uomini per sorvegliare gli apostoli, specialmente Paolo, e per contrastare la loro opera in qualsiasi modo. Se i credenti in Cristo fossero stati condannati davanti al Sinedrio come dei trsgressori della legge avrebbero subìto una rapida e severa punizione, come apostati dalla fede giudaica. UVI 253 2 Molti dei giudei che avevano accettato il Vangelo avevano ancora rispetto per la legge cerimoniale ed erano fin troppo condiscendenti a fare avventate concessioni, nella speranza di guadagnare la fiducia dei loro connazionali e rimuovere il loro pregiudizio, inducendoli a credere in Cristo come il Redentore del mondo. Paolo si rese conto che fino a quando molti dei dirigenti della chiesa di Gerusalemme avessero continuato a sospettare di lui, egli non sarebbe riuscito a influenzare i suoi connazionali. Se con qualche ragionevole concessione fosse riuscito a condurli alla verità, avrebbe rimosso un grande ostacolo al successo del Vangelo in altri luoghi. Ma Dio non gli aveva dato l'autorizzazione di concedere tanto quanto essi richiedevano. UVI 253 3 Quando noi pensiamo a Paolo, al suo grande desiderio di essere in armonia con i fratelli, alla sua tenerezza verso i deboli nella fede, alla stima che nutriva per gli apostoli che erano stati con Cristo, e per Giacomo, il fratello del Signore, e al suo proposito di "farsi ogni cosa a tutti" (1 Corinzi 9:22) nella misura in cui poteva farlo senza sacrificare nessuno dei princìpi nei quali credeva; quando noi pensiamo a tutto questo, riusciamo a comprendere meglio i motivi che lo spinsero a comportarsi in un modo diverso dal solito. Invece di raggiungere lo scopo desiderato, i suoi sforzi per la riconciliazione precipitarono solo la crisi, affrettando le sue predette sofferenze, separandolo dai suoi fratelli, privando la chiesa di una delle sue più solide colonne e recando dispiacere ai cristiani di ogni luogo. UVI 254 1 Il giorno seguente Paolo iniziò ad adempiere il consiglio degli anziani. I quattro uomini che avevano fatto voto di nazireato (Numeri 6, Luzzi), il cui termine stava per scadere, furono condotti nel tempio, dove Paolo annunciò "di voler compiere i giorni della purificazione, fino alla presentazione dell'offerta per ciascun di loro". Atti 21:26 (Luzzi). Alcuni costosi sacrifici dovevano essere ancora offerti per la cerimonia della purificazione. UVI 254 2 Coloro che suggerirono a Paolo di fare questo non avevano completamente considerato il grande pericolo al quale egli si sarebbe esposto. In questo periodo Gerusalemme era affollata da adoratori provenienti da ogni luogo. Quando, nell'adempimento della missione datagli da Dio, Paolo aveva portato il Vangelo ai Gentili, aveva visitato molte delle più grandi città del mondo, ed era ben conosciuto da migliaia di quelli che erano arrivati da terre straniere a Gerusalemme per celebrare la festa. Fra questi c'erano degli uomini i cui cuori erano colmi di odio per Paolo; e la sua entrata nel tempio in un'occasione pubblica lo esponeva a un grave rischio. Per alcuni giorni egli passò fra gli adoratori apparentemente inosservato. Ma prima del termine della festa, mentre Paolo stava parlando con un sacerdote circa i sacrifici da offrire, fu riconosciuto da alcuni giudei dell'Asia. UVI 254 3 Con una furia demoniaca si avventarono su di lui, gridando: "Uomini Israeliti, venite al soccorso; questo è l'uomo che va predicando a tutti e da per tutto contro il popolo, contro la legge, e contro questo luogo". E mentre la gente accorreva alla chiamata di aiuto, un'altra accusa fu aggiunta: "E oltre a ciò, ha menato anche de' Greci nel tempio, e ha profanato questo santo luogo". Atti 21:28 (Luzzi). UVI 254 4 Secondo la legge giudaica, una persona incirconcisa che entrava nelle stanze sacre del tempio commetteva un crimine punibile con la morte. Paolo era stato visto nella città in compagnia di Trofimo, un efesino; tale fatto aveva indotto i presenti a pensare che fosse entrato con lui nel tempio. Lui non aveva fatto questo, ed essendo egli stesso un giudeo, non aveva violato alcuna legge entrando nel tempio. Ma sebbene l'accusa fosse totalmente falsa, servì per provocare il pregiudizio popolare. Mentre il grido si diffondeva nei cortili del tempio, la gente accorse in preda a una furia selvaggia. La notizia si sparse rapidamente in tutta Gerusalemme. "Allora in tutta la città ci fu una grande agitazione e il popolo accorse da ogni parte". Atti 21:30. UVI 255 1 Il fatto che un Gentile si permettesse di profanare il tempio nel medesimo tempo in cui migliaia erano giunti da ogni parte del mondo per adorare, aveva provocato le più crudeli passioni della gente. Essi "preso Paolo, lo trassero fuori del tempio; e subito le porte furon serrate". Atti 21:30 (Luzzi). UVI 255 2 "Or com'essi cercavan d'ucciderlo, arrivò su al tribuno della corte la voce che tutta Gerusalemme era sossopra". Claudio Lisia conosceva bene gli elementi turbolenti con i quali doveva trattare, "Ed egli immediatamente prese con sé de' soldati e de' centurioni, e corse giù ai Giudei, i quali, veduto il tribuno e i soldati, cessarono di batter Paolo". Ignaro della causa del tumulto e veduto che la rabbia della moltitudine, era diretta contro Paolo, il magistrato romano concluse che doveva trattarsi di un certo ribelle egiziano di cui aveva sentito parlare e che fino ad allora non erano riusciti a catturare. "Allora il tribuno, accostatosi, lo prese, e comandò che fosse legato con due catene; poi domandò chi egli fosse, e che cosa avesse fatto". All'improvviso molte voci urlarono parole d'accusa: "Gli uni gridavano una cosa, e gli altri un'altra; onde, non potendo saper nulla di certo a cagion del tumulto, comandò ch'egli fosse menato nella fortezza. Quando Paolo arrivò alla gradinata dovette, per la violenza della folla, esser portato dai soldati, perchè il popolo in gran folla lo seguiva, gridando: Toglilo di mezzo!" Atti 21:31-36 (Luzzi). UVI 255 3 In mezzo al tumulto l'apostolo fu calmo e padrone di sé. La sua mente contemplava Dio ed egli sapeva che gli angeli del cielo lo circondavano. Non voleva lasciare il tempio senza tentare di presentare la verità ai suoi connazionali. Mentre stava per essere condotto nella fortezza, Paolo disse al comandante dei soldati: "Mi è egli lecito dirti qualcosa?" E Lisia rispose: "Sai tu il greco? Non sei tu dunque quell'Egiziano che tempo fa sollevò e menò nel deserto que' quattromila briganti? Ma Paolo disse: Io sono un Giudeo, di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; e ti prego che tu mi permetta di parlare al popolo". Atti 21:37-39 (Luzzi). UVI 255 4 La richiesta fu concessa, "Paolo stando in piè sulla gradinata, fece cenno con la mano al popolo. E fattosi gran silenzio, parlò in lingua ebraica dicendo: Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa. E quand'ebbero udito ch'egli parlava loro in lingua ebraica, tanto più fecero silenzio". Interrompendo quel silenzio, l'apostolo continuò il suo discorso con queste parole: "Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma allevato in questa città, ai piedi di Gamaliele, educato nella rigida osservanza della legge dei padri, e fui zelante nella causa di Dio, come voi tutti siete oggi". Nessuno poteva negare le affermazioni di Paolo, perché i fatti che riferiva erano ben noti a molti di quelli che ancora vivevano in Gerusalemme. Egli parlò poi del suo passato zelo nel perseguitare i discepoli di Cristo, fino a ucciderli; e raccontò le circostanze della sua conversione, dicendo ai suoi ascoltatori come il suo cuore orgoglioso era stato condotto a sottomettersi al Nazareno crocifisso. Se l'apostolo avesse tentato di discutere con i suoi oppositori, essi avrebbero testardamente rifiutato di ascoltare le sue parole. Ma la relazione della sua esperienza fu data con una così convincente potenza che in quel momento i loro cuori sembravano essere placati e convinti". UVI 256 1 Egli cercò in seguito di spiegare che la sua opera fra i Gentili non era stata motivata da una libera scelta. Lui avrebbe desiderato lavorare per la sua nazione; ma in quello stesso tempio la voce di Dio gli aveva parlato in una santa visione dirigendo il suo cammino lontano fra i Gentili. Atti 22:21. UVI 256 2 Fino a quel momento la gente lo aveva ascoltato con molta attenzione, ma quando Paolo raccontò che Gesù Cristo lo aveva chiamato a essere suo ambasciatore ai Gentili, la furia del popolo si scatenò di nuovo. Abituati a considerare se stessi come il solo popolo favorito da Dio, essi non desideravano permettere che i disprezzati Gentili condividessero i privilegi che fino allora reputavano esclusivamente propri. Alzando la voce al di sopra di quella dell'apostolo, gridarono: "Togli via un tal uomo dal mondo; perché non è degno di vivere". Atti 22:22 (Luzzi). UVI 256 3 "Com'essi gridavano e gettavan via le loro vesti e lanciavano la polvere in aria, il tribuno comandò ch'egli fosse menato dentro la fortezza e inquisito mediante i flagelli, affin di sapere per qual cagione gridassero così contro a lui. UVI 256 4 "E come l'ebbero disteso e legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: V'è egli lecito flagellare un uomo che è cittadino romano, e non è stato condannato? E il centurione, udito questo, venne a riferirlo al tribuno, dicendo: Che stai per fare? Perché quest'uomo è Romano. Il tribuno venne a Paolo, e gli chiese: Dimmi, sei tu Romano? Ed egli rispose: Sì! E il tribuno replicò: Io ho acquistato questa cittadinanza per gran somma di denaro. E Paolo disse: Io, invece, l'ho di nascita. Allora quelli che stavan per inquisirlo, si ritrassero subito da lui; e anche il tribuno ebbe paura, quand'ebbe saputo che egli era Romano; perché l'avea fatto legare. UVI 256 5 "E il giorno seguente, volendo saper con certezza di che cosa egli fosse accusato dai Giudei, lo sciolse, e comandò ai capi sacerdoti e a tutto il Sinedrio di radunarsi: e menato giù Paolo, lo fe' comparire dinanzi a loro". Atti 22:23-30 (Luzzi). UVI 257 1 Ora l'apostolo doveva essere processato dallo stesso tribunale di cui era stato membro, prima della sua conversione. Mentre stava dinanzi ai capi giudei, il suo volto era calmo, e la sua condotta rivelava la pace di Cristo. Fissando il concilio, egli disse: "Fratelli, fino a questo giorno, mi son condotto dinanzi a Dio in tutta buona coscienza". Avendo udito queste parole il loro odio si accese di nuovo: "E il sommo sacerdote Anania comandò a coloro ch'erano presso a lui di percuoterlo sulla bocca". A questo disumano ordine, Paolo esclamò: "Iddio percoterà te, parete scialbata; tu siedi per giudicarmi secondo la legge, e violando la legge comandi che io sia percosso? E coloro ch'eran quivi presenti, dissero: Ingiurii tu il sommo sacerdote di Dio?" Paolo rispose con la sua abituale cortesia: "Fratelli, io non sapevo che fosse sommo sacerdote: perché sta scritto: "Non dirai male del principe del tuo popolo". UVI 257 2 "Or Paolo, sapendo che una parte eran Sadducei e l'altra Farisei, esclamò nel Sinedrio: Fratelli, io son Fariseo, figliuol di Farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti, che son chiamato in giudizio. UVI 257 3 "E com'ebbe detto questo, nacque contesa tra i Farisei e i Sadducei, e l'assemblea fu divisa. Poiché i Sadducei dicono che non v'è risurrezione, né angelo, né spirito; mentre i Farisei affermano l'una e l'altra cosa". I due gruppi iniziarono a discutere tra di loro, e così la forza della loro opposizione fu demolita. "E alcuni degli scribi del partito de' Farisei, levatisi, cominciarono a disputare, dicendo: Noi non troviamo male alcuno in quest'uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un angelo?" Atti 23:1-9 (Luzzi). UVI 257 4 Nella confusione che ne seguì, i sadducei lottavano ferocemente per catturare l'apostolo e per ucciderlo; mentre i farisei lottavano per proteggerlo. "Il tribuno, temendo che Paolo non fosse da loro fatto a pezzi, comandò ai soldati di scendere giù, e di portarlo via dal mezzo di loro, e di menarlo nella fortezza". Atti 23:10 (Luzzi). UVI 257 5 Più tardi, Paolo, quando poté riflettere sulle tristi esperienze del giorno, iniziò a temere che Dio non avesse approvato il suo comportamento. Aveva commesso un errore, dopo tutto, nel visitare Gerusalemme? Era stato il suo grande desiderio di riunirsi ai suoi fratelli a produrre risultati così disastrosi? UVI 257 6 La posizione che gli ebrei occupavano come popolo di Dio di fronte al mondo pagano, generò nell'apostolo una intensa angoscia. Come li avrebbero reputati quegli ufficiali pagani? Loro pretendevano di essere adoratori di Jahvè, di svolgere delle funzioni sacre e tuttavia si abbandonavano al controllo di una rabbia cieca e irrazionale. Addirittura, cercavano di distruggere i propri fratelli solo perché differivano in questioni riguardanti la loro fede religiosa; e trasformavano le riunioni decisionali più solenni del Sinedrio in una scena di contesa e di selvaggia confusione. Paolo comprese che il nome del suo Dio era stato diffamato agli occhi dei pagani. UVI 258 1 E ora si trovava in prigione e sapeva che i suoi nemici, nella loro disperata malvagità, avrebbero escogitato qualsiasi mezzo per ucciderlo. Era possibile che la sua opera per le chiese fosse terminata e che ora delle volpi rapaci stessero per entrarvi? La causa di Cristo stava molto a cuore a Paolo. Egli pensava con profonda ansietà ai pericoli che incombevano sulle chiese disperse, esposte come erano, alla persecuzione di quegli stessi uomini che aveva incontrato nel concilio del Sinedrio. Tormentato e scoraggiato, Paolo pianse e pregò. UVI 258 2 In questa ora oscura il Signore non dimenticò il suo servitore. Nei cortili del tempio lo aveva protetto dalla folla omicida. Gli era stato accanto davanti al Sinedrio e nella fortezza. Egli allora si rivelò in risposta alle ferventi preghiere che il suo fedele testimone gli aveva indirizzato. "La notte seguente il Signore si presentò a Paolo, e gli disse: Sta' di buon cuore: perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma". Atti 23:11 (Luzzi). UVI 258 3 Per lungo tempo l'apostolo aveva sperato di visitare Roma. Egli desiderava grandemente testimoniare per Cristo in quella città, ma aveva sentito che i suoi piani erano impediti dall'ostilità dei giudei. Ora si rendeva conto che ci sarebbe andato come prigioniero. UVI 258 4 Mentre il Signore incoraggiava il suo servitore, i nemici di Paolo stavano arditamente complottando la sua distruzione. "E quando fu giorno, i Giudei s'adunarono, e con imprecazioni contro se stessi fecer voto di non mangiare né bere finché non avessero ucciso Paolo. Or coloro che avean fatta questa congiura eran più di quaranta". Atti 23:12, 13 (Luzzi). Il Signore, mediante Isaia, aveva condannato questo tipo di digiuno perché era un digiuno fatto "per litigare, per questionare, e percuotere empiamente col pugno". Isaia 58:4 (Luzzi). UVI 258 5 I cospiratori andarono dai capi sacerdoti e dagli anziani e dissero: "Noi abbiam fatto voto con imprecazione contro noi stessi, di non mangiare cosa alcuna, finché non avessero ucciso Paolo. Or dunque voi col Sinedrio presentatevi al tribuno per chiedergli di menarlo giù da voi, come se voleste conoscer più esattamente il fatto suo; e noi, innanzi ch'ei giunga, siam pronti ad ucciderlo". Atti 23:14, 15 (Luzzi). UVI 258 6 I sacerdoti e i capi invece di rimproverarli per questo loro piano crudele acconsentirono ad attuarlo. Paolo aveva detto la verità quando aveva paragonato Anania a un muro imbiancato. UVI 259 1 Ma Dio aveva deciso di salvare la vita del suo servitore. Un nipote di Paolo, venuto a sapere che gli assassini lo stavano aspettando, entrò nella fortezza e gli riferì la cosa. "E Paolo, chiamato a sé uno dei centurioni, disse: Mena questo giovane al tribuno, perché ha qualcosa da riferirgli. Egli dunque, presolo, lo menò al tribuno, e disse: Paolo, il prigione, mi ha chiamato e m'ha pregato che ti meni questo giovane, il quale ha qualcosa da dirti". Atti 23:17, 18 (Luzzi). UVI 259 2 Claudio Lisia accolse il giovane con gentilezza, lo condusse in disparte e gli chiese: "Che cos'hai da riferirmi? Ed egli rispose: I Giudei si son messi d'accordo per pregarti che domani tu meni giù Paolo nel Sinedrio, come se volessero informarsi più appieno del fatto suo: ma tu non dar loro retta, perché più di quaranta uomini di loro gli tendono insidie e con imprecazioni contro se stessi han fatto voto di non mangiare né bere, finché non l'abbiano ucciso; ed ora son pronti, aspettando la tua promessa. UVI 259 3 "Il tribuno dunque licenziò il giovane, ordinandogli di non palesare ad alcuno che gli avesse fatto saper queste cose". Atti 23:19-22 (Luzzi). UVI 259 4 Lisia immediatamente decise di trasferire Paolo dalla sua giurisdizione a quella del governatore Felice. I giudei, come popolo, erano in uno stato di agitazione e di irritazione, e i tumulti erano degli avvenimenti frequenti. La presenza di Paolo in Gerusalemme poteva recare pericolose conseguenze alla città, e anche allo stesso comandante. Egli perciò "chiamati due de' centurioni, disse loro: Tenete pronti fino dalla terza ora della notte duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per andar fino a Cesarea; e abbiate pronte delle cavalcature per farvi montar su Paolo e condurlo sano e salvo al governatore Felice". Atti 23:23, 24 (Luzzi). UVI 259 5 Non c'era tempo da perdere: Paolo doveva essere allontanato. "I soldati dunque, secondo ch'era loro stato ordinato, presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipatrìda". Atti 23:31 (Luzzi). Lasciato quel luogo, i cavalieri si diressero con il prigioniero a Cesarea, mentre i quattrocento soldati ritornarono a Gerusalemme. UVI 259 6 L'ufficiale responsabile del distaccamento militare presentò a Felice il prigioniero e gli consegnò la lettera che gli era stata affidata dal comandante in carica. UVI 259 7 "Claudio Lisia, all'eccellentissimo governatore Felice, salute. Quest'uomo era stato preso dai Giudei, ed era sul punto d'esser da loro ucciso, quand'io son sopraggiunto coi soldati e l'ho sottratto dalle loro mani, avendo inteso che era Romano. E volendo sapere di che l'accusavano, l'ho menato nel loro Sinedrio. E ho trovato che era accusato intorno a questioni della loro legge, ma che non era incolpato di nulla che fosse degno di morte o di prigione. Essendomi però stato riferito che si tenderebbe un agguato contro quest'uomo, l'ho subito mandato a te, ordinando anche ai suoi accusatori di dir davanti a te quello che hanno contro di lui". Atti 23:26-30 (Luzzi). UVI 260 1 Dopo aver letto la comunicazione, Felice chiese a quale provincia appartenesse il prigioniero, ed essendo stato informato che era della Cilicia, disse: "Io ti udirò meglio quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori. E comandò che fosse custodito nel palazzo d'Erode". Atti 23:35 (Luzzi). UVI 260 2 Il caso di Paolo non fu il primo. In altre occasioni i servitori di Dio avevano trovato fra i pagani un rifugio dalla malvagità del popolo di Jahvè. Nella loro rabbia contro Paolo, i giudei avevano aggiunto un altro crimine alla lista nera che macchiava la storia di quel popolo. I loro cuori si erano sempre più induriti contro la verità, rendendo così sempre più certa la loro condanna. UVI 260 3 Pochi comprendono pienamente il significato delle parole che Cristo pronunciò nella sinagoga di Nazareth, quando annunciò di essere il Messia. Egli dichiarò che la sua missione era di confortare, bendire e salvare gli afflitti e i peccatori. Poi, vedendo che l'orgoglio e l'incredulità controllavano i cuori dei suoi ascoltatori, Egli ricordò loro che nel passato Dio si era allontanato dal popolo che aveva scelto a causa del loro scetticismo e della loro ribellione, e che si era manifestato in terre pagane a uomini che non avevano rigettato la luce celeste. La vedova di Sarepta e Naaman il Siro avevano vissuto seguendo tutta la luce che avevano ricevuto e per questo furono reputati più giusti del popolo eletto che si era allontanato da lui e che aveva sacrificato i princìpi per la convenienza e per l'onore mondani. UVI 260 4 Cristo disse ai giudei di Nazareth una spaventosa verità quando dichiarò che in Israele non c'era sicurezza per il fedele messaggero di Dio. L'apostasia aveva prevalso sulla verità. Essi non avrebbero riconosciuto il suo valore né apprezzato i suoi sforzi. Sebbene i capi giudei professavano di avere un grande zelo per l'onore di Dio e per il bene di Israele, erano nemici di entrambi. Con l'esempio e con i precetti essi stavano conducendo il popolo sempre più lontano dall'ubbidienza a Dio. Egli non sarebbe più potuto essere il loro rifugio nel tempo della distretta. UVI 260 5 Le parole di rimprovero pronunciate dal Salvatore agli uomini di Nazareth si applicavano, nel caso di Paolo, non solo ai giudei increduli, ma anche ai suoi stessi fratelli nella fede. Se i dirigenti della chiesa avessero completamente abbandonato i loro sentimenti di astio verso l'apostolo, e lo avessero accettato come un uomo chiamato da Dio per recare il Vangelo ai Gentili, il Signore lo avrebbe risparmiato. Non era nei piani di Dio che l'opera di Paolo terminasse così presto; ma Egli non operò un miracolo per impedire la catena di circostanze che i dirigenti della chiesa di Gerusalemme avevano creato con quel loro insensato consiglio. UVI 261 1 Tale spirito produce ancora oggi gli stessi risultati. La mancanza di una sincera disponibilità a rendere proficui i doni della grazia divina, ha privato la chiesa di molte benedizioni. Molto spesso il Signore avrebbe prolungato l'opera di qualche fedele ministro, se i suoi tentativi fossero stati apprezzati. Ma se la chiesa permette che il nemico delle anime perverta la mente, travisando le parole e le azioni del servitore di Dio; se gli impedisce di eseguire i suoi piani e ostacola il suo lavoro, il Signore ritirerà la benedizione che le aveva offerto. UVI 261 2 Satana è costantemente all'opera mediante i suoi agenti per scoraggiare e annientare quelle persone che Dio ha scelto per compiere una grande opera benefica. Essi possono essere pronti a sacrificare anche la loro stessa vita per l'avanzamento della causa di Dio, tuttavia il grande ingannatore insinuerà dei dubbi nella mente dei loro fratelli. Tali dubbi, se alimentati, farebbero diminuire la fiducia nell'integrità del loro carattere, impedendo così una completa utilizzazione dei loro talenti. Troppo spesso Satana ha successo nel portare su questi ministri, attraverso i loro stessi fratelli, una tale afflizione che Dio nella sua bontà interviene per dare riposo a questi suoi servitori oppressi dalla sfiducia e dall'incomprensione di chi li circonda. Quando le loro mani saranno incrociate sul petto senza respiro, quando la voce di avvertimento e d'incoraggiamento tacerà, allora gli ostinati forse capiranno il valore delle benedizioni che hanno allontanato. La loro morte potrà compiere quello che la loro vita non è riuscita a realizzare. ------------------------Capitolo 39: Il processo a Cesarea UVI 262 1 Cinque giorni dopo l'arrivo di Paolo a Cesarea, giunsero da Gerusalemme i suoi accusatori, accompagnati da Tertullo, un avvocato che essi avevano assunto come loro consigliere. Il processo fu di breve durata. Paolo fu portato dinanzi all'assemblea, e Tertullo "cominciò ad accusarlo". Reputando che l'adulazione avrebbe avuto sul governatore romano più influsso che una semplice dichiarazione di verità e giustizia, l'astuto oratore iniziò il suo discorso complimentando Felice: "Siccome in grazia tua godiamo molta pace, e per la tua previdenza sono state fatte delle riforme a pro di questa nazione, noi in tutto e per tutto lo riconosciamo, o eccellentissimo Felice, con ogni gratitudine". Atti 24:2, 3 (Luzzi). UVI 262 2 Qui Tertullo ricorse a una vera e propria menzogna, sapendo che Felice era un essere vile e spregievole. Di lui fu scritto che "nella pratica di ogni genere di sensualità e di crudeltà, esercitò il potere di un re con il temperamento di uno schiavo" (Tacitus, History, cap. 5, par. 9). Quelli che ascoltavano Tertullo sapevano che le sue parole di lusinga erano false; ma il desiderio di assicurarsi la condanna di Paolo era più forte del loro amore per la verità. UVI 262 3 Tertullo, nel suo discorso, accusò Paolo di crimini che se fossero stati dimostrati, lo avrebbero reso colpevole di aver cospirato contro il governo. "Abbiam dunque trovato che quest'uomo è una peste -- affermò l'oratore -- che eccita sedizioni fra tutti i Giudei del mondo, ed è capo della setta de' Nazarei. Egli ha perfino tentato di profanare il tempio". Atti 24:5, 6 (Luzzi). Tertullo dichiarò poi che Lisia, il comandante della guarnigione a Gerusalemme, aveva con violenza tolto Paolo dalle mani dei giudei mentre questi stavano per giudicarlo secondo la loro legge ecclesiastica, forzandoli così a portare la questione davanti a Felice. Queste dichiarazioni furono pronunciate con lo scopo di indurre il governatore a consegnare Paolo alla corte dei giudei. Tutte le accuse furono subito appoggiate dai giudei presenti, i quali non cercarono di nascondere il loro odio per il prigioniero. UVI 262 4 Felice ebbe sufficiente perspicacia da discernere la disposizione d'animo e il carattere degli accusatori di Paolo. Lui sapeva per quale motivo lo avevano adulato, e vide che essi avevano mancato di dimostrare la fondatezza delle accuse mosse contro l'apostolo. Rivolgendosi all'accusato gli fece segno di rispondere da se stesso. Paolo non sprecò parole in complimenti, ma si limitò a dire che era contento di difendersi dinanzi a Felice, poiché era governatore da lungo tempo e perciò aveva una buona comprensione delle leggi e delle usanze dei giudei. Riferendosi alle accuse mosse contro di lui, egli mostrò chiaramente che neppure una di esse era vera. Paolo affermò di non aver causato disordine in alcun luogo di Gerusalemme, né di aver profanato il tempio. "Essi non mi hanno trovato nel tempio, né nelle sinagoghe, né in città a discutere con alcuno -- disse Paolo -- né a far adunata di popolo; e non possono provarti le cose delle quali ora m'accusano. UVI 263 1 "Ma questo ti confesso, che secondo la Via ch'essi chiamano setta, io adoro l'Iddio dei padri, credendo tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti; avendo in Dio la speranza che nutrono anche costoro che ci sarà una risurrezione de' giusti e degli ingiusti". Inoltre egli dichiarò che lo scopo principale della sua vita era "aver del continuo una coscienza pura dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini". Atti 24:12-16 (Luzzi). UVI 263 2 Paolo raccontò, in maniera diretta ed esplicita, lo scopo della sua visita a Gerusalemme, come pure le circostanze del suo arresto e del suo processo. "Or dopo molti anni, io sono venuto a portar elemosine alla mia nazione e a presentar offerte. Mentre io stavo facendo questo, mi hanno trovato purificato nel tempio, senza assembramento e senza tumulto; ed erano alcuni Giudei dell'Asia; questi avrebbero dovuto comparire dinanzi a te ed accusarmi, se avevano cosa alcuna contro a me. D'altronde dicano costoro qual misfatto hanno trovato in me, quando mi presentai dinanzi al Sinedrio; se pur non si tratti di quest'unica parola che gridai, quando comparvi dinanzi a loro: è a motivo della risurrezione de' morti, che io son oggi giudicato da voi". Atti 24:17-21 (Luzzi). UVI 263 3 L'apostolo parlò con ardore, con evidente sincerità e con parole cariche di convinzione. Claudio Lisia, nella sua lettera inviata a Felice, aveva dato una simile testimonianza circa la condotta di Paolo. Inoltre Felice aveva una conoscenza della religione giudaica migliore di quanto molti supponevano. La chiara presentazione dei fatti data da Paolo aiutò Felice a comprendere ancora più chiaramente i motivi che avevano spinto i giudei a tentare di fare condannare Paolo per sedizione e tradimento. Il governatore non li avrebbe compensati condannando ingiustamente un cittadino romano, né lo avrebbe consegnato nelle loro mani per farlo uccidere senza un adeguato processo. Tuttavia Felice badava ai suoi personali interessi e desiderava ricevere la lode e ottenere una promozione. Il timore di offendere i giudei lo trattenne dal rendere piena giustizia all'uomo di cui conosceva l'innocenza. Perciò egli decise di sospendere il processo finché Lisia fosse stato presente, dicendo: "Quando sarà sceso il tribuno Lisia, esaminerò il fatto vostro". Atti 24:22 (Luzzi). UVI 264 1 L'apostolo rimase prigioniero, ma Felice ordinò al centurione che lo doveva custodire di lasciargli "una qualche libertà" e di non vietare "ad alcuno de' suoi di rendergli de' servigi". Atti 24:23 (Luzzi). UVI 264 2 Non passò molto tempo dopo l'accaduto che Felice e sua moglie Drusilla, chiamarono Paolo, per poterlo ascoltare in un incontro privato "circa la fede in Cristo Gesù". Atti 24:24 (Luzzi). Essi volevano ed erano anche desiderosi di ascoltare queste nuove verità: verità che forse non avrebbero mai più udito, e che, se rigettate, sarebbero state usate contro di loro nel giorno di Dio. UVI 264 3 Paolo considerò questa un'opportunità data da Dio e la utilizzò fedelmente. Egli sapeva di stare alla presenza di un uomo che aveva il potere di condannarlo a morte o di liberarlo; tuttavia non si rivolse a lui lodandolo o adulandolo. Sapeva che le sue parole avrebbero dato loro la possibilità di scegliere tra la vita e la morte. Dimenticando ogni egoistica considerazione, l'apostolo cercò di far comprendere il pericolo che incombeva sulle loro vite. UVI 264 4 Paolo sapeva che il Vangelo aveva un diritto su coloro che ascoltavano le sue parole; e che un giorno essi sarebbero stati o tra i puri e i santi che circonderanno il grande trono bianco, o tra qulli ai quali Cristo dirà: "Dipartitevi da me, voi tutti operatori d'iniquità". Matteo 7:23 (Luzzi). Sapeva che avrebbe incontrato ogni suo ascoltatore dinanzi al tribunale celeste, e che avrebbe dovuto rendere conto, non solo di tutto quello che aveva detto e fatto, ma anche dei motivi e dello spirito delle sue parole e delle sue azioni. UVI 264 5 La vita di Felice era stata così violenta e crudele che pochi fino a quel momento avevano osato dirgli che il suo carattere non era senza macchia. Ma Paolo non ebbe paura dell'uomo. Egli presentò con semplicità la sua fede in Cristo e le ragioni della sua scelta, e fu così indotto a parlare particolarmente di quelle virtù essenziali del carattere cristiano che mancavano alla superba coppia che gli stava dinanzi. UVI 264 6 L'apostolo innalzò dinanzi a Felice e Drusilla il carattere di Dio, la sua grazia, la sua giustizia, la sua imparzialità e la natura della sua legge. Spiegò loro chiaramente che il dovere dell'uomo è di vivere una vita sobria e temperata, tenendo le passioni sotto il controllo della ragione, in conformità con la legge di Dio, e preservando l'integrità delle facoltà fisiche e mentali. Egli dichiarò che sarebbe sicuramente venuto un giorno in cui Dio avrebbe giudicato l'umanità. Ogni essere umano sarebbe stato ricompensato secondo le opere fatte nel corpo; in quel momento sarebbe stato chiaramente rivelato che l'uomo, né con la ricchezza, né con la posizione, né con titoli, può acquistarsi il favore di Dio, o liberarsi dalle conseguenze del peccato. Egli spiegò che questa vita per l'uomo è un periodo di preparazione per la vita futura. Se lui avesse tralasciato i privilegi e le opportunità presenti, avrebbe subìto una perdita eterna, non avrebbe più avuto un'altra opportunità per rimediarvi. UVI 265 1 Paolo si soffermò specialmente sulle perenni richieste della legge divina. Mostrò come essa si estende ai più profondi segreti dell'animo umano e porta alla luce ciò che è stato nascosto agli occhi degli uomini. Quello che le mani compiono o la lingua pronuncia; quello che la condotta esteriore rivela, mostrano solo imperfettamente il carattere morale dell'uomo. La legge investiga i suoi pensieri, i suoi motivi, i suoi scopi. Le oscure passioni nascoste alla vista dell'uomo, la gelosia, l'odio, la sensualità, l'ambizione, i disegni malvagi meditati nel segreto del cuore e mai eseguiti per mancanza di opportunità: la legge di Dio condanna tutte queste cose. UVI 265 2 L'apostolo si sforzò di dirigere le menti dei suoi ascoltatori al grande sacrificio compiuto per il peccato. Spiegò che i sacrifici erano figure di buone cose a venire, e poi presentò Cristo come l'antitipo di tutte quelle cerimonie, l'oggetto che esse indicavano come la sola sorgente di vita e di speranza per l'uomo caduto. Nel passato, uomini santi furono salvati per la fede che nutrivano nel sangue di Cristo. Quando questi videro le agonie mortali delle vittime sacrificate, contemplarono, attraverso l'arco del tempo, l'Agnello di Dio che doveva togliere il peccato del mondo. UVI 265 3 Dio giustamente richiede l'amore e l'ubbidienza di tutte le sue creature. Egli ha dato loro con la sua legge un perfetto modello di giustizia. Ma molti dimenticano il loro Creatore e scelgono di seguire la propria via in contrasto con il suo volere. Essi contraccambiano con l'inimicizia quell'amore che è alto come il cielo e largo come l'universo. Dio non può diminuire le richieste della sua legge per raggiungere il livello degli uomini malvagi; né può l'uomo, di sua propria forza, soddisfare le richieste della legge. Solo mediante la fede in Cristo il peccatore può essere purificato dalla colpa e reso capace di ubbidire alla legge del suo Creatore. UVI 265 4 Così, Paolo il prigioniero, espose le richieste della legge divina sia ai giudei che ai Gentili, e presentò Gesù, il nazareno disprezzato, come il Figlio di Dio, il Rendentore del mondo. UVI 266 1 La principessa giudea comprendeva bene il sacro carattere di quella legge che aveva così vergognosamente trasgredito; ma il pregiudizio verso l'Uomo del Calvario rese il suo cuore indifferente alla parola della vita. Felice non aveva mai udito la verità prima di allora; e mentre lo Spirito di Dio cercava di convincerlo, fu preso dall'agitazione. La coscienza risvegliata fece ora sentire la sua voce, e Felice capì che le parole di Paolo erano vere. Ripercorse il suo passato peccaminoso. Con terribile chiarezza, ritornarono alla sua mente i segreti della sua giovinezza dissoluta e macchiata di sangue, come pure la lista nera dei misfatti compiuti in quegli ultimi anni. Egli vide se stesso come un essere immorale, crudele e avido. Mai prima di allora la verità aveva così toccato il suo cuore. Mai prima di allora la sua anima era stata così pervasa dal terrore. Il pensiero che tutti i segreti della sua carriera criminale fossero conosciuti da Dio, e che egli sarebbe stato giudicato secondo le sue opere, lo fece tremare di paura. UVI 266 2 Invece di permettere che le sue convinzioni lo conducessero al pentimento, Felice cercò di cancellare queste spiacevoli riflessioni. L'incontro con Paolo fu abbreviato. "Per ora, vattene -- gli disse -- e quando ne troverò l'opportunità, ti manderò a chiamare". Atti 24:25 (Luzzi). UVI 266 3 Quanto grande è il contrasto tra la condotta di Felice e quella del carceriere di Filippi! I servitori del Signore venivano portati in catene al carceriere, come lo fu Paolo davanti a Felice. Essi dimostrarono di essere sostenuti dalla potenza divina, la loro gioia nella sofferenza e nella disgrazia, il loro coraggio quando la terra traballava a causa del terremoto, il loro spirito cristiano pronto a perdonare, convinse il carceriere, che tremando confessò i suoi peccati e ottenne il perdono. Felice tremò, ma non si pentì. Il carceriere ricevette con gioia lo Spirito di Dio nel suo cuore e nella sua famiglia; Felice rigettò il divino Messaggero. Il primo scelse di diventare un figlio di Dio e un erede del cielo; il secondo condivise la sorte degli operatori di iniquità. UVI 266 4 Per due anni non fu presa nessuna iniziativa contro Paolo, tuttavia rimase prigioniero. Felice lo visitò varie volte e ascoltò attentamente le sue parole. Ma il vero motivo di questa apparente amicizia era il desiderio di guadagno: egli aveva stabilito una grossa cauzione per la liberazione di Paolo. L'apostolo, comunque, era di una natura troppo nobile per liberarsi accondiscendendo a un ricatto simile. Lui non aveva commesso alcun crimine e non sarebbe ricorso a un'azione ingiusta per ottenere la libertà. Inoltre, era troppo povero per pagare un tale riscatto, e anche se fosse stato disposto a farlo, non si sarebbe appellato alla simpatia e alla generosità dei suoi convertiti per aiutare se stesso. Egli sapeva di essere nelle mani di Dio, e non avrebbe interferito con i piani che Dio aveva per lui. UVI 267 1 Felice fu finalmente convocato a Roma perché aveva commesso dei grossi torti contro i giudei. Prima di lasciare Cesarea, in risposta a questa convocazione, pensò di "far cosa grata ai Giudei" lasciando Paolo rinchiuso in prigione. Ma egli non ebbe successo nel riottenere la fiducia dei giudei. Fu rimosso dalla sua carica con disonore, e Porcio Festo ricevette l'incarico di succedergli con il quartier generale a Cesarea. UVI 267 2 Un raggio di luce proveniente dal cielo aveva illuminato Felice, quando Paolo aveva dialogato con lui circa la salvezza, la temperanza e il giudizio a venire. Quella era l'opportunità mandatagli dal cielo perché si rendesse conto dei suoi peccati e li abbandonasse. Ma egli disse al messaggero di Dio: "Per ora, vattene; e quando ne troverò l'opportunità ti manderò a chiamare". Atti 24:25 (Luzzi). Aveva perso l'ultima offerta della grazia. Egli non avrebbe mai più ricevuto un'altra chiamata da Dio. ------------------------Capitolo 40: Paolo si appella a Cesare UVI 268 1 "Festo dunque, essendo giunto nella sua provincia, tre giorni dopo salì da Cesarea a Gerusalemme. E i capi sacerdoti e i principali dei giudei gli presentarono le loro accuse contro a Paolo; e lo pregavano, chiedendo per favore contro a lui, che lo facesse venire a Gerusalemme". Atti 25:1-3 (Luzzi). I giudei fecero questa richiesta perché volevano tendere un agguato a Paolo, lungo la strada per Gerusalemme, e ucciderlo. Ma Festo aveva un elevato senso della responsabilità che competeva al suo alto incarico, e con cortesia rifiutò di mandare a prendere l'apostolo. "Non è usanza de' Romani -- affermò il governatore -- di consegnare alcuno, prima che l'accusato abbia avuto gli accusatori a faccia, e gli sia stato dato modo di difendersi dall'accusa". Atti 25:16 (Luzzi). Festo dichiarò che lui stesso "dovea partir presto" per Cesarea. "Quelli dunque di voi, diss'egli, che possono, scendano meco; e se v'è in quest'uomo qualche colpa, lo accusino". Atti 25:4, 5 (Luzzi). UVI 268 2 Questo non era quanto i giudei volevano. Non avevano ancora dimenticato la precedente sconfitta avuta a Cesarea. A confronto con la calma condotta e i convincenti argomenti dell'apostolo, il loro spirito malvagio e le loro infondate accuse sarebbero apparsi nella luce peggiore. Così chiesero nuovamente che Paolo fosse portato a Gerusalemme per il processo, ma Festo rimase saldo nel suo proposito di dare a Paolo un adeguato processo a Cesarea. Dio, nella sua provvidenza, controllò la decisione di Festo, così che la vita dell'apostolo potesse essere prolungata. UVI 268 3 Il loro piano era fallito. Malgrado ciò i capi giudei si prepararono rapidamente per testimoniare contro Paolo alla corte del governatore. Ritornato a Cesarea, dopo aver trascorso alcuni giorni a Gerusalemme, Festo "postosi a sedere in tribunale, comandò che Paolo gli fosse menato dinanzi. E com'egli fu giunto i Giudei che eran discesi da Gerusalemme, gli furono attorno, portando contro di lui molte e gravi accuse, che non potevano provare". Atti 25:6, 7 (Luzzi). In questa occasione, i giudei, non avendo un avvocato, proferirono loro stessi le accuse. Il processo proseguiva mentre l'accusato con calma e candore dimostrava la falsità delle loro dichiarazioni. UVI 269 1 Festo comprese che la faccenda in questione concerneva solamente le dottrine giudaiche. Non c'era niente nelle accuse contro Paolo che, anche se provate, potesse giustificare una sentenza di morte o di imprigionamento nei suoi confronti. Tuttavia egli vide chiaramente l'uragano d'ira che si sarebbe scatenato se Paolo non fosse stato condannato o consegnato nelle loro mani. Così, "volendo far cosa grata ai Giudei", Festo si rivolse a Paolo e gli chiese se accettava di andare a Gerusalemme, sotto la sua protezione, per essere processato dal Sinedrio. UVI 269 2 L'apostolo sapeva di non potere sperare nella giustizia di quel popolo che con i suoi crimini aveva attirato su di sé l'ira di Dio. Sapeva che, come il profeta Elia, sarebbe stato più al sicuro con i pagani che con quelli che avevano rigettato la luce celeste e indurito i loro cuori contro il Vangelo. Egli era molto stanco. Il suo spirito attivo sopportava a fatica i ripetuti ritardi e la snervante attesa del suo processo e imprigionamento. Perciò egli decise di esercitare il privilegio che aveva come cittadino romano, di appellarsi a Cesare. UVI 269 3 Paolo, in risposta alla domanda del governatore, disse: "Io sto qui dinanzi al tribunale di Cesare, ove debbo esser giudicato; io non ho fatto torto alcuno ai Giudei, come anche tu sai molto bene. Se dunque sono colpevole e ho commesso cosa degna di morte, non ricuso di morire; ma se nelle cose delle quali costoro mi accusano non c'è nulla di vero, nessuno mi può consegnare per favore nelle loro mani. Io mi appello a Cesare". Atti 25:10, 11 (Luzzi). UVI 269 4 Festo non sapeva nulla del piano dei giudei di uccidere Paolo e fu sorpreso da questo suo appello a Cesare. In ogni modo, le parole dell'apostolo misero fine ai procedimenti della corte. "Festo, dopo aver conferito col consiglio, rispose: Tu ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai". Atti 25:12 (Luzzi). UVI 269 5 Fu così che ancora una volta, a causa dell'odio generato dal bigottismo e dall'orgoglio spirituale, un servitore di Dio dovette ricorrere ai pagani per ottenere protezione. Si trattava dello stesso odio che costrinse Elia a fuggire e a cercare soccorso presso la vedova di Sarepta e che forzò i messaggeri del Vangelo a lasciare i giudei per proclamare il messaggio ai Gentili. Ancora oggi il popolo di Dio incontrerà lo stesso odio. In molti che si professano seguaci di Cristo, c'è lo stesso orgoglio, lo stesso formalismo, lo stesso egoismo e lo stesso spirito di oppressione che prevalse nei cuori giudei. Nel futuro, uomini che dichiareranno di essere rappresentanti di Cristo si comporteranno come si comportarono i sacerdoti e i capi giudei con Cristo e i suoi apostoli. Nella grande crisi che presto avverrà, i fedeli servitori di Dio incontreranno la stessa durezza di cuore, la stessa crudele determinazione e lo stesso invincibile odio. UVI 270 1 Coloro che in quei giorni malvagi, senza timore, serviranno Dio secondo i dettami della coscienza, necessiteranno di coraggio, di fermezza e di una conoscenza di Dio e della sua Parola; perché quelli che saranno fedeli a Dio saranno perseguitati, i loro motivi saranno contrastati, i loro sforzi migliori male interpretati e i loro nomi diffamati. Satana utilizzerà tutta la sua forza ingannatrice per influenzare il cuore e per annebbiare l'intelletto, per fare apparire il male come bene e il bene come male. Più sarà forte e pura la fede del popolo di Dio, più ferma sarà la sua determinazione a ubbidire, e più selvaggiamente Satana cercherà di aizzare contro di esso la rabbia di quelli che, sebbene si dichiarino giusti, calpestano la legge di Dio. Sarà necessaria la più perseverante fiducia, gli sforzi più eroici, per serbare la fede che a suo tempo fu affidata ai santi. UVI 270 2 Dio desidera che il suo popolo si prepari per la crisi che presto arriverà. Ognuno dovrà affrontarla preparato o impreparato che sia. Ma solo coloro che avranno conformato la loro vita agli ideali divini rimarranno saldi in quel tempo di prova e avversità. Quando i capi secolari si uniranno con i ministri della religione per dettare legge nelle questioni di coscienza, allora si vedrà chi veramente teme e serve Dio. Quando l'oscurità giungerà al culmine, brillerà al massimo la luce di quel credente che avrà conservato un carattere cristiano. UVI 270 3 Quando ogni altra certezza fallirà, allora si vedrà chi possiede una costante fede in Jahvè. E mentre i nemici della verità saranno in ogni lato, pronti a cogliere in fallo i servitori di Dio, il Signore li proteggerà. Dio sarà per loro come l'ombra di una grande roccia in un arido deserto. ------------------------Capitolo 41: "Per poco non mi persuadi" UVI 271 1 Paolo si era appellato a Cesare e Festo non poteva fare altro che mandarlo a Roma. Passò comunque qualche tempo prima che si trovasse la nave adatta e fossero considerati i casi degli altri prigionieri che dovevano essere mandati insieme a Paolo. Questo ritardo diede a Paolo l'opportunità di presentare le ragioni della sua fede ai principali uomini di Cesarea e anche a re Agrippa II, l'ultimo della casa di Erode. UVI 271 2 "E dopo alquanti giorni il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per salutar Festo. E trattenendosi essi quivi per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: V'è qui un uomo che è stato lasciato in prigione da Felice, contro il quale, quando fui a Gerusalemme, i capi sacerdoti e gli anziani de' Giudei mi sporsero querela, chiedendomi di condannarlo". Atti 25:13-15 (Luzzi). Egli raccontò le circostanze che avevano condotto il prigioniero ad appellarsi a Cesare, e il suo recente processo. Disse che i giudei non avevano portato contro Paolo alcuna delle accuse che lui aveva immaginato, "ma aveano contro lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente". Atti 25:18, 19 (Luzzi). UVI 271 3 Quando Festo concluse la sua storia, Agrippa essendo interessato, disse: "Anch'io vorrei udir cotesto uomo". Esaudendo il suo desiderio, fu fissato un incontro per il giorno seguente. "Il giorno seguente, dunque, essendo venuti Agrippa e Berenice con molta pompa, ed entrati nella sala d'udienza coi tribuni e coi principali della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato quivi". Atti 25:22-25 (Luzzi). UVI 271 4 Festo aveva approfittato di quest'occasione per esibire la pompa della sua corte. Gli pareva questo il modo migliore per onorare i suoi ospiti. Il lussuoso abbigliamento del procuratore e dei suoi ospiti, le spade dei soldati e le lucenti armature dei loro comandanti, inondavano la scena di splendore. UVI 271 5 Ed ora Paolo, ancora ammanettato, stava dinanzi al gruppo. Quale grande contrasto si presentò agli occhi degli intervenuti. Agrippa e Berenice possedevano potere e autorità e per questo erano ammirati dal popolo. Ma erano privi dei tratti di carattere che Dio stima. Essi erano trasgressori della sua legge, corrotti nel cuore e nella vita. La loro condotta era detestata dal cielo. UVI 272 1 Il prigioniero invecchiato e incatenato ai suoi soldati di guardia, non aveva nulla nella sua apparenza che potesse spingere il popolo a rendergli omaggio. Tuttavia, il cielo era interessato a quest'uomo apparentemente senza amici, senza ricchezza né posizione, tenuto prigioniero per la sua fede nel Figlio di Dio. Gli angeli erano i suoi compagni. E se la gloria di uno di questi luminosi messaggeri fosse stata visibile, la pompa e l'orgoglio dei monarchi sarebbero svaniti. Re e cortigiani sarebbero crollati al suolo, come avvenne alle guardie romane davanti al sepolcro di Cristo. UVI 272 2 Festo stesso presentò Paolo all'assemblea con queste parole: "Re Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi, voi vedete quest'uomo, a proposito del quale tutta la moltitudine de' Giudei s' è rivolta a me, e in Gerusalemme e qui, gridando che non deve viver più oltre. Io però non ho trovato che avesse fatto cosa alcuna degna di morte, ed essendosi egli stesso appellato all'imperatore, ho deliberato di mandarglielo. E siccome non ho nulla di certo da scriverne al mio signore, l'ho menato qui davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo esame, io abbia qualcosa da scrivere. Perché non mi par cosa ragionevole mandare un prigioniero, senza notificar le accuse che gli son mosse contro". Atti 25:24-27 (Luzzi). UVI 272 3 Re Agrippa diede ora a Paolo la libertà di parlare a sua difesa. L'apostolo non fu sconcertato dalla pompa di quella corte, né dall'alto rango dei personaggi che lo avrebbero ascoltato. Egli sapeva quanto poco valore hanno la ricchezza e la posizione mondana. La pompa e il potere terreno non potevano affievolire il suo coraggio né privarlo del suo autocontrollo. UVI 272 4 "Re Agrippa, io mi reputo felice di dovermi oggi scolpare dinanzi a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei, principalmente perché tu hai conoscenza di tutti i riti e di tutte le questioni che son fra i Giudei; perciò ti prego di ascoltarmi pazientemente". Atti 26:2, 3 (Luzzi). UVI 272 5 Paolo raccontò la storia della sua conversione, dal tempo della sua ostinata incredulità alla sua fede nel Gesù di Nazareth come Salvatore del mondo. Egli descrisse la celeste visione che inizialmente lo aveva riempito di indicibile terrore, ma che dopo si era dimostrata essere una sorgente della più grande consolazione. Una visione della gloria divina, in mezzo alla quale seduto su un trono, stava Colui che era stato disprezzato e odiato, e i cui seguaci lui stesso aveva cercato di distruggere. Da allora in poi Paolo era divenuto un uomo nuovo, un sincero e fervente credente in Gesù. La grazia di Dio aveva cambiato la sua vita. UVI 273 1 Egli riferì ad Agrippa, con chiarezza e forza, i principali eventi connessi con la vita di Cristo sulla terra. Testimoniò che il Messia della profezia era già apparso nella persona di Gesù di Nazareth. Mostrò come le scritture dell'Antico Testamento avessero predetto che il Messia doveva apparire come un uomo fra gli uomini e come ogni predizione fatta da Mosè e dai profeti si fosse adempiuta nella vita di Gesù. Per redimere il mondo, il divino Figlio di Dio aveva sopportato la croce, tollerato la vergogna, ed era asceso al cielo trionfando sulla morte. UVI 273 2 Perché, argomentò Paolo, sembrava incredibile che Cristo fosse risorto dai morti? Nel passato anche a lui era sembrato impossibile, ma ora come poteva non credere a quello che lui stesso aveva visto e udito? Alle porte di Damasco egli aveva veramente visto il Cristo crocifisso risorto, lo stesso che aveva camminato per le vie di Gerusalemme, che era morto sul Calvario e che aveva rotto le catene della morte ed era asceso al cielo. Come era accaduto a Cefa, Giacomo, Giovanni e a qualsiasi altro dei discepoli, anche lui lo aveva visto e aveva parlato con lui. La Voce gli aveva ordinato di proclamare il Vangelo di un Salvatore risorto, come poteva egli disubbidire? In Damasco, in Gerusalemme, attraverso tutta la Giudea e nelle regioni lontane, aveva testimoniato di Gesù il crocifisso. "A tutti dicevo di cambiar vita volgendosi all'unico Dio e di mostrare con le loro azioni la sincerità della loro conversione". Atti 26:20. UVI 273 3 "Per questo -- dichiarò l'apostolo -- i Giudei, avendomi preso nel tempio, tentavano d'uccidermi. Ma per l'aiuto che vien da Dio, son durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e a grandi, non dicendo nulla all'infuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto dover avvenire, cioè: che il Cristo soffrirebbe, e che Egli, il primo a risuscitar dai morti, annunzierebbe la luce al popolo ed ai Gentili". Atti 26:21-23 (Luzzi). UVI 273 4 L'intero gruppo ascoltò incantato il racconto delle meravigliose esperienze di Paolo. L'apostolo stava parlando del suo soggetto preferito. Nessuno di quelli che lo ascoltavano poterono dubitare della sua sincerità. Ma quando arrivò al culmine del suo eloquente discorso, fu interrotto da Festo, il quale gridò: "Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuor di senno". Atti 26:24 (Luzzi). UVI 273 5 L'apostolo rispose: "Io non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di verità, e di buon senno. Poiché il re, al quale io parlo con franchezza, conosce queste cose; perché son persuaso che nessuna di esse gli è occulta; poiché questo non è stato fatto in un cantuccio". Poi rivolgendosi direttamente ad Agrippa, affermò: "O re Agrippa, credi tu ai profeti? Io so che tu ci credi". Atti 26:25-27 (Luzzi). UVI 274 1 Profondamente colpito, Agrippa per un momento dimenticò la situazione e la dignità della sua posizione. Conscio solo delle verità che aveva udito, vedendo solo l'umile prigioniero che gli stava dinanzi come ambasciatore di Dio, egli rispose quasi senza volere: "Per poco non mi persuadi a diventar cristiano". Atti 26:28 (Luzzi). UVI 274 2 Rapidamente l'apostolo replicò: "Piacesse a Dio che per poco o per molto, non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi m'ascoltano, diventaste tali, quale sono io" e alzando le sue mani incatenate, aggiunse: "All'infuori di questi legami". Atti 26:29 (Luzzi). UVI 274 3 Festo, Agrippa e Berenice, per giustizia, avrebbero dovuto avere ai polsi le catene dell'apostolo. Tutti erano colpevoli di gravi crimini. Questi trasgressori avevano udito l'offerta della salvezza mediante il nome di Cristo. Uno di loro almeno era stato quasi persuaso ad accettare la grazia e il perdono offerti. Ma Agrippa rigettò la grazia offerta rifiutando di accettare il sacrificio di un Redentore esposto all'ignominia della croce. UVI 274 4 La curiosità del re era stata soddisfatta. Egli si alzò; a quel punto tutti compresero che la seduta si era conclusa. I presenti, avviandosi verso l'uscita, si erano detti: "Quest'uomo non fa nulla che meriti morte o prigione". Atti 26:31 (Luzzi). UVI 274 5 Sebbene Agrippa fosse un giudeo non condivideva lo zelo bigotto e il cieco pregiudizio dei farisei. "Quest'uomo -- egli disse a Festo poteva esser liberato, se non si fosse appellato a Cesare". Atti 26:32 (Luzzi). Ma il caso era stato assegnato a quella più alta autorità ed era ormai al di fuori della giurisdizione sia di Festo che di Agrippa. ------------------------Capitolo 42: Viaggio e naufragio UVI 275 1 Finalmente Paolo era in viaggio per Roma. "Quando fu determinato che -- scrive Luca -- faremmo vela per l'Italia, Paolo e certi altri prigionieri furon consegnati a un centurione, per nome Giulio, della coorte Augusta. E montati sopra una nave adramittina, che doveva toccare i porti della costa d'Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, Macedone di Tessalonica". Atti 27:1-2 (Luzzi). UVI 275 2 Nel primo secolo dell'èra cristiana, viaggiare per mare era particolarmente difficile e pericoloso. I marinai si orientavano primariamente osservando la posizione delle stelle e del sole; e quando questi non apparivano e c'erano delle tempeste, i propietari delle navi erano timorosi di avventurarsi in mare aperto. Durante un certo periodo dell'anno una tranquilla navigazione era quasi impossibile. UVI 275 3 L'apostolo Paolo avrebbe affrontato difficili esperienze come prigioniero in catene durante il lungo e tedioso viaggio per l'Italia. Una circostanza alleviò la sua triste condizione: gli fu permessa la compagnia di Luca e Aristarco. Nella sua lettera ai Colossesi, egli si riferisce a quest'ultimo come al suo "compagno di prigione"; ma fu per libera scelta che Aristarco condivise l'afflizione di Paolo, per poterlo assistere nelle sue sofferenze. Colossesi 4:10. UVI 275 4 Il viaggio iniziò favorevolmente. Il giorno seguente essi gettarono l'ancora nel porto di Sidone. Qui, Giulio, il centurione, "usando umanità verso Paolo", ed essendo stato informato che in quel luogo c'erano dei cristiani, "gli permise d'andare dai suoi amici per ricevere le loro cure". Atti 27:3 (Luzzi). Questa concessione fu grandemente apprezzata dall'apostolo, il quale era di debole salute. UVI 275 5 Lasciata Sidone, la nave incontrò venti contrari; ed essendo stata deviata dal suo percorso, avanzava lentamente. A Mira, nella provincia della Licia, il centurione trovò una grande nave di Alessandria diretta verso l'Italia e immediatamente trasferì i suoi prigionieri su di essa. Ma i venti furono ancora contrari e la nave avanzava con difficoltà. Luca scrive: "E navigando per molti giorni lentamente, e pervenuti a fatica, per l'impedimento del vento, di faccia a Gnido, veleggiammo sotto Creta, di rincontro a Salmone; e costeggiandola con difficoltà, venimmo a un certo luogo, detto Beiporti, vicino al quale era la città di Lasea". Atti 27:7, 8 (Luzzi). UVI 276 1 Essi furono costretti a rimanere a Beiporti per qualche tempo, nell'attesa di venti favorevoli. L'inverno si stava avvicinando rapidamente. La navigazione era "ormai pericolosa". Gli ufficiali della nave dovettero rinunciare alla speranza di raggiungere la loro destinazione prima che la stagione dei viaggi giungesse a termine. La sola questione da decidere ora era se rimanere lì o tentare di raggiungere un luogo più favorevole per trascorrervi l'inverno. UVI 276 2 Questa questione fu animatamente discussa e alla fine il centurione informò Paolo, il quale aveva conquistato il rispetto sia dei marinai che dei soldati. Senza esitare l'apostolo lo avvertì di rimanere dove erano. "Io veggo -- egli disse -- che la navigazione si farà con pericolo e grave danno, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre persone". Ma il proprietario della nave, il pilota e la maggioranza dei passeggeri e dell'equipaggio non vollero accettare questo avvertimento. Visto che il porto dove essi avevano ancorato" non era adatto a svernare, i più furono di parere di partir di là per cercare d'arrivare a Fenice, porto di Creta che guarda a Libeccio e a Maestro". Atti 27:10-12 (Luzzi). UVI 276 3 Il centurione decise di seguire la decisione della maggioranza. Così quando si levò" un leggero scirocco" essi salparono da Beiporti nella speranza di poter presto raggiungere il porto desiderato. "Ma poco dopo si scatenò giù dall'isola un vento turbinoso" e la nave fu travolta "non potendo reggere al vento". Atti 27:13-15 (Luzzi). UVI 276 4 Trasportata dalla bufera, la nave si avvicinò alla piccola isola di Clauda mentre i marinai si stavano preparando al peggio. La scialuppa di salvataggio, la loro unica salvezza se la nave fosse affondata, era rimorchiata e c'era il pericolo che si rompesse in pezzi da un momento all'altro. Allora decisero di issare a bordo la scialuppa. Poi furono prese tutte le precauzioni per rafforzare la nave e per prepararla a sopportare la tempesta. La scarsa protezione offerta dalla piccola isola non servì per molto tempo. Presto si trovarono di nuovo esposti alla terribile violenza della tempesta. UVI 276 5 L'uragano infuriò tutta la notte, e nonostante le precauzioni prese, la nave faceva acqua. "Il giorno dopo cominciarono a far getto del carico". Giunse di nuovo la notte, ma il vento non cessò. La nave sballottata dalla tempesta, con il suo albero distrutto e le vele lacerate veniva scaraventata qui e là dalla furia del vento. La struttura di legno scricchiolante sembrava dover cedere da un momento all'altro mentre la nave oscillava e traballava sotto la violenza della tempesta. La falla che faceva acqua si ingrandì rapidamente. I passeggeri e l'equipaggio lavorarono costantemente per eliminare l'acqua ch'era entrata. Non ci fu un attimo di respiro. "Il terzo giorno -- scrive Luca -- con le loro proprie mani, buttarono in mare gli arredi della nave. E non apparendo né sole né stelle già da molti giorni, ed essendoci sopra non piccola tempesta, era ormai tolta ogni speranza di scampare". Atti 27:18-20 (Luzzi). UVI 277 1 Per quattordici giorni essi furono portati alla deriva sotto un cielo senza sole e senza stelle. L'apostolo, sebbene stesse soffrendo fisicamente, ebbe delle parole di speranza per quell'oscuro momento e diede una mano di aiuto in ogni emergenza. Egli afferrò per fede il braccio dell'Infinita Potenza, e il suo cuore confidò in Dio. Non temette per se stesso perché sapeva che Dio lo avrebbe preservato per testimoniare la verità di Cristo a Roma. Ma si dispiaceva per le povere anime che lo circondavano, per quegli uomini peccatori, degradati e impreparati a morire. Mentre Paolo supplicava ardentemente Dio di risparmiare le loro vite, gli fu rivelato che la sua preghiera era stata esaudita. UVI 277 2 Approfittando di un intervallo di calma, l'apostolo salì sul ponte della nave, e disse a voce alta: "Uomini, bisognava darmi ascolto, non partire da Creta, e risparmiar così questo pericolo e questa perdita. Ora però vi esorto a star di buon cuore perché non vi sarà perdita della vita d'alcun di voi ma solo della nave. Poiché un angelo dell'Iddio al quale appartengo e ch'io servo, m'è apparso questa notte, dicendo: Paolo, non temere; bisogna che tu comparisca dinanzi a Cesare ed ecco, Iddio ti ha donato tutti coloro che navigano teco. Perciò, o uomini, state di buon cuore, perché ho fede in Dio che avverrà come mi è stato detto. Ma dobbiamo esser gettati sopra un'isola". Atti 27:21-26 (Luzzi). UVI 277 3 A queste parole, la speranza rinacque. I passeggeri e l'equipaggio si risvegliarono dalla loro apatia. C'era ancora molto da fare, e ogni loro sforzo doveva essere usato per evitare la distruzione. UVI 277 4 La quattordicesima notte dopo l'inizio della tempesta, verso la mezzanotte, i marinai udendo il rumore dei frangenti "sospettavano d'esser vicini a terra; e calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; poi, passati un po' più oltre e scandagliato di nuovo, trovarono quindici braccia. Temendo allora -- scrive Luca -- di percuotere in luogo scogliosi, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando ansiosamente che facesse giorno". Atti 27:27-29 (Luzzi). UVI 277 5 Con le prime luci i contorni della costa erano appena visibili. Nessuno era riuscito a riconoscere quella terra. I marinai pagani erano così pessimisti che persero tutto il coraggio e cercarono di "fuggir dalla nave". Col pretesto di "calare le ancore dalla prua" essi avevano già calato la scialuppa di salvataggio in mare quando Paolo, intuendo le loro vili intenzioni, disse al centurione e ai soldati: "Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare. Allora i soldati tagliaron le funi della scialuppa e la lasciaron cadere". Atti 27:30-32 (Luzzi). UVI 278 1 Il peggio doveva ancora venire. L'apostolo nuovamente rivolse loro parole di incoraggiamento e invitò tutti, sia i marinai che i passeggeri a mangiare qualcosa. Egli disse: "Oggi son quattordici giorni che state aspettando, sempre digiuni, senza prender nulla. Perciò io v'esorto a prender cibo, perché questo contribuirà alla vostra salvezza; poiché non perirà neppure un capello del capo d'alcun di voi". Atti 27:33, 34 (Luzzi). UVI 278 2 "Detto questo, prese del pane, rese grazie a Dio, in presenza di tutti; poi, rottolo, cominciò a mangiare". Allora quel gruppo di duecentosettantacinque persone affaticate e scoraggiate, che se non fosse stato per Paolo avrebbero perso ogni speranza, si unirono all'apostolo e mangiarono del cibo. "E saziati che furono, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare". Atti 27:35-37 (Luzzi). UVI 278 3 Era ora pieno giorno, ma essi non poterono vedere nulla che permettesse loro di riconoscere dove si trovavano. Comunque, "scorsero una certa baia che aveva una spiaggia, e deliberarono, se fosse loro possibile, di spingervi la nave. E staccate le ancore, le lasciarono andare in mare: sciolsero al tempo stesso i legami dei timoni, e alzato l'artimone al vento, traevano al lido. Ma essendo incorsi in un luogo che avea il mare d'ambo i lati, vi fecero arrenar la nave; e mentre la prua, incagliata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava per la violenza delle onde". Atti 27:39-41 (Luzzi). UVI 278 4 Paolo e gli altri prigionieri erano ora minacciati da un più terribile destino del naufragio. I soldati compresero che nel tentare di raggiungere la terraferma essi non avrebbero potuto controllare i loro prigionieri. Ogni uomo avrebbe dovuto mettercela tutta per salvare se stesso. Ma se qualcuno dei prigionieri fosse scappato i loro guardiani sarebbero stati condannati a morte. Per questo motivo i soldati avevano pensato di uccidere tutti i prigionieri. La legge romana aveva stabilito questa crudele regola. Il piano sarebbe stato eseguito immediatamente se non fosse stato per Paolo, al quale tutti si sentivano profondamente obbligati. Giulio, il centurione, sapeva che Paolo era stato uno strumento per la salvezza di tutti quelli che erano a bordo. Egli era inoltre convinto che il Signore era con quell'uomo e temeva di fargli del male. Perciò "comandò che quelli che sapevan nuotare si gettassero in mare per andarsene i primi a terra, e gli altri vi arrivassero, chi sopra tavole e chi sopra altri pezzi della nave. E così avvenne che tutti giunsero salvi a terra". Atti 27:43, 44 (Luzzi). Tutti i prigionieri furono presenti all'appello. UVI 279 1 I naufraghi furono accolti con gentilezza dal popolo barbaro di Malta. Questi, scrive Luca, "accesero un gran fuoco, ... a motivo della pioggia che cadeva e del freddo". Paolo fu tra quelli che erano attivi nel servire per il bene comune. Egli raccolse "una quantità di legna secche e avendole poste sul fuoco, una vipera, sentito il caldo, uscì fuori, e gli si attaccò alla mano". Quelli che gli stavano attorno furono terrorizzati. Viste le catene compresero che era un prigioniero e dicevano l'uno all'altro: "Certo, quest'uomo è un omicida, perché essendo scampato dal mare, pur la Giustizia divina non lo lascia vivere". Ma Paolo scosse via la creatura ed essa cadde nel fuoco senza che ne avesse alcun danno. Sapendo che era una vipera velenosa, le persone guardavano Paolo aspettando di vederlo cadere da un momento all'altro in terribile agonia. "Ma dopo aver lungamente aspettato, veduto che non gliene avveniva alcun male, mutarono parere, e cominciarono a dire ch'egli era un dio". Atti 28:2-6 (Luzzi). UVI 279 2 Durante i tre mesi in cui i naufraghi rimasero a Malta, Paolo e i suoi compagni colsero molte opportunità per predicare il Vangelo. Il Signore operò abbondantemente mediante loro. Per amor di Paolo, tutti i naufraghi furono trattati con grande gentilezza e tutti i loro bisogni furono soddisfatti. Quando lasciarono Malta, furono generosamente provvisti di qualsiasi cosa che necessitassero per il viaggio. Luca così riferisce gli eventi principali del periodo trascorso a Malta: UVI 279 3 "Or ne' dintorni di quel luogo v'erano dei poderi dell'uomo principale dell'isola, chiamato Publio, il quale ci accolse, e ci albergò tre giorni amichevolmente. E accadde che il padre di Publio giacea malato di febbre e di dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e dopo aver pregato, gl'impose le mani e lo guarì. Avvenuto questo, anche gli altri che aveano delle infermità nell'isola, vennero, e furono guariti; ed essi ci fecero grandi onori; e quando salpammo, ci portarono a bordo le cose necessarie". Atti 28:7-10 (Luzzi). ------------------------Capitolo 43: A Roma UVI 280 1 Con l'inizio della stagione migliore per la navigazione, il centurione e i suoi prigionieri ripresero il loro viaggio per Roma. I viaggiatori si imbarcarono su una nave di Alessandria, la "Castore e Polluce", che aveva trascorso l'inverno a Malta, che era sulla rotta per l'occidente. Sebbene rallentato dai venti contrari, il viaggio fu portato a termine senza grandi ostacoli, e la nave gettò l'ancora nel bel porto di Pozzuoli, sulla costa italiana. UVI 280 2 In questo luogo c'erano alcuni cristiani che invitarono Paolo a restare con loro per una settimana. Il centurione fu ben disposto a concedere questo privilegio. I cristiani di Roma, da quando avevano ricevuto l'epistola di Paolo, aspettavano con ansia la sua visita. Essi non pensavano di vederlo come prigioniero, ma le sue sofferenze lo resero a loro più caro. Dato che la distanza da Pozzuoli a Roma superava di poco le quaranta miglia, e il suo porto era in costante comunicazione con la metropoli, i cristiani di Roma furono informati dell'arrivo di Paolo, e alcuni di loro gli andarono incontro per dargli il benvenuto. UVI 280 3 L'ottavo giorno di permanenza a terra, il centurione e i suoi prigionieri proseguirono per Roma. Giulio concedeva volentieri all'apostolo tutto quello che gli era possibile, ma non poteva cambiare la sua condizione di prigioniero, né poteva liberarlo dalle catene che lo legavano al soldato che lo sorvegliava. Sebbene l'avesse grandemente desiderato, Paolo attese con tristezza la sua visita alla capitale del mondo. Quanto erano differenti le circostanze presenti da quelle che lui stesso aveva immaginato! Come avrebbe potuto, così incatenato e sofferente, proclamare il Vangelo? La sua speranza di portare molte persone alla verità a Roma sembrava destinata al fallimento. UVI 280 4 Finalmente i viaggiatori raggiungono il Foro Appio, a quaranta miglia da Roma. Mentre avanzano tra la gente che affolla le strade, l'uomo dai capelli grigi, incatenato a un gruppo di incalliti criminali, riceve occhiate di scherno ed è oggetto della derisione della folla. UVI 280 5 All'improvviso si ode un grido di gioia, un uomo esce dalla folla e si getta al collo del prigioniero, abbracciandolo con lacrime e allegrezza, come un figlio abbraccerebbe un padre assente da lungo tempo. La scena si ripete più volte. Molti riconoscono nel prigioniero incatenato colui che a Corinto, a Filippi, a Efeso, aveva predicato la Parola della vita. I loro sguardi parlano dell'amore che nutrono per l'apostolo. UVI 281 1 Mentre gli affettuosi discepoli accorrono numerosi attorno al loro padre nel Vangelo, l'intero gruppo rimane fermo. I soldati sono impazienti a motivo del ritardo, tuttavia non trovano il coraggio di interrompere questo felice incontro, perché anch'essi hanno imparato a rispettare e stimare il loro prigioniero. Nel suo volto stanco e sofferente i discepoli vedono riflessa l'immagine di Cristo. Essi assicurano Paolo che non lo hanno dimenticato né hanno cessato di amarlo; e dichiarano di essere in debito verso di lui per la gioia e la speranza che anima la loro esistenza e assicura loro la pace con Dio. Con entusiasmo essi avrebbero portato Paolo sulle spalle fino in città, se fosse stato loro concesso questo privilegio. UVI 281 2 Pochi comprendono il significato delle parole di Luca quando scrive che Paolo vedendo i suoi fratelli "rese grazie a Dio e prese animo". Atti 28:15 (Luzzi). Attorniato dalla simpatia e dalla compassione dei credenti, che non si vergognavano delle sue catene, l'apostolo lodò Dio a voce alta. La nuvola di tristezza che aveva coperto il suo spirito fu spazzata via. La sua vita era stata una successione di prove, di sofferenze e di delusioni, ma in quell'ora si sentì abbondantemente ricompensato. Egli continuò la sua strada con passo certo e cuore allegro. Non si sarebbe lamentato del passato, né avrebbe temuto il futuro. Sapeva che lo attendevano catene e afflizioni, ma riconobbe anche che per merito suo molte anime erano state liberate da una schiavitù ben più terribile, e gioì del fatto che le presenti sofferenze erano dipese dal suo amore per Cristo. UVI 281 3 A Roma il centurione Giulio consegnò i prigionieri al capitano delle guardie imperiali. Il buon rapporto che egli diede di Paolo, insieme con la lettera di Festo, fece sì che il primo capitano considerasse con favore l'apostolo. Invece di gettarlo in prigione, egli permise che vivesse in una casa presa in affitto. Sebbene fosse costantemente incatenato a un soldato, Paolo ebbe la libertà di ricevere i suoi amici e di lavorare per l'avanzamento dell'opera di Cristo in quella città. UVI 281 4 Ai numerosi giudei che alcuni anni prima erano stati esiliati da Roma, era stato permesso di ritornare, così ora là c'era un grande numero di queste persone. Paolo decise che a questi, prima di tutti, avrebbe presentato i fatti riguardanti la sua opera, prima che i suoi nemici avessero la possibilità di renderli ostili a lui. Perciò, tre giorni dopo il suo arrivo a Roma, egli chiamò tutti i capi degli ebrei e in maniera semplice e diretta spiegò il motivo del suo soggiorno a Roma come prigioniero. UVI 282 1 "Fratelli -- egli disse loro -- senza aver fatto nulla contro il popolo né contro i riti dei padri, io fui arrestato in Gerusalemme, e di là dato in man de' Romani. I quali, avendomi esaminato, volevano rilasciarmi perché non era in me colpa degna di morte. Ma opponendovisi i Giudei, fui costretto ad appellarmi a Cesare, senza però aver in animo di portare alcuna accusa contro la mia nazione. Per questa ragione dunque vi ho chiamati per vedervi e per parlarvi; perché egli è a causa della speranza d'Israele ch'io sono stretto da questa catena". Atti 28:17-20 (Luzzi). UVI 282 2 Egli non riferì l'abuso che aveva subìto dalle mani giudee, né dei loro ripetuti complotti per assassinarlo. Le sue parole furono caute e gentili. Paolo non cercò di attrarre la loro attenzione e simpatia per se stesso, ma si sforzò di difendere la verità e di preservare l'onore del Vangelo. UVI 282 3 In risposta, i suoi ascoltatori affermarono che non avevano ricevuto alcuna accusa contro di lui né per lettera né per vie private, e che nessuno dei giudei che erano giunti a Roma lo aveva accusato di un qualche crimine. Costoro espressero anche un grande desiderio di ascoltare personalmente le ragioni della sua fede in Cristo, "perché, quant'è a cotesta setta -- dissero -- ci è noto che da per tutto essa incontra opposizione". Atti 28:22 (Luzzi). UVI 282 4 Poiché loro stessi lo desideravano, Paolo li esortò a fissare un giorno, nel quale egli avrebbe potuto presentare le verità del Vangelo. Al tempo stabilito, essi vennero in molti, "ed egli da mane a sera esponeva loro le cose, testimoniando del regno di Dio e persuadendoli di quel che concerne Gesù, con la legge di Mosè e coi profeti". Atti 28:23 (Luzzi). Egli raccontò la propria esperienza e presentò gli argomenti dalle scritture dell'Antico Testamento, con semplicità, sincerità ed efficacia. UVI 282 5 L'apostolo spiegò che la religione non consiste in riti e cerimonie, in dogmi e teorie. Se fosse così, l'uomo naturale potrebbe comprenderla con l'ausilio della ragione, come comprende le cose del mondo. Paolo insegnò che la religione è una energia salvifica, un principio proveniente da Dio. Essa riguarda la vita d'ogni giorno e si determina come l'esperienza personale della potenza rigeneratrice di Dio nell'anima. UVI 282 6 Egli mostrò che Mosè aveva guidato Israele verso il Cristo, il Profeta che essi avrebbeo dovuto ascoltare. Mostrò che tutti i profeti lo avevano indicato come il grande rimedio di Dio per il peccato, come l'innocente che avrebbe portato i peccati dei colpevoli. Lui non criticò la loro osservanza di forme e cerimonie appartenenti alla tradizione, ma spiegò che mentre osservavano il servizio rituale con grande scrupolo, essi rigettavano l'Antitipo di tutto quel sistema. UVI 283 1 Paolo spiegò che quando era inconvertito conosceva il Cristo non per esperienza personale, ma semplicemente attraverso il concetto che lui, come altri, si era fatto circa il carattere e l'opera dell'atteso messia. Egli aveva rigettato Gesù di Nazareth, considerandolo un impostore, perché non soddisfaceva quelle aspettative. Il fatto che si fosse convertito gli aveva permesso di comprendere Cristo e la sua missione come parte della sua esperienza spirituale e del suo entusiasmo per la verità. L'apostolo asserì di non presentare loro Cristo secondo la carne. Erode aveva visto Cristo nei giorni della sua umanità; Anna lo aveva visto; Pilato, i sacerdoti e i capi lo avevano visto; i soldati romani lo avevano visto. Ma costoro non lo avevano visto con gli occhi della fede; non avevano riconosciuto in lui il glorioso Redentore. Conoscere Cristo mediante la fede, avere di lui una conoscenza spirituale, era molto più desiderabile che averlo conosciuto quando era sulla terra. La comunione con Cristo, di cui Paolo ora gioiva, era più intima, più durevole, che una semplice relazione umana e terrena. UVI 283 2 Paolo parlava di quello che sapeva e testimoniava di ciò che aveva visto, dicendo che il Gesù di Nazareth era la speranza d'Isreale. Coloro che cercavano sinceramente la verità furono convinti dalle sue parole. Almeno su alcune menti le sue parole lasciarono una impresione indelebile. Ma altri rifiutarono testardamente di accettare la chiara testimonianza delle Scritture, anche se era stata loro presentata da un uomo illuminato in modo particolare dallo Spirito Santo. Essi non poterono contraddire i suoi argomenti, ma si rifiutarono di accettare le sue conclusioni. UVI 283 3 Passarono molti mesi dall'arrivo di Paolo a Roma prima che i giudei di Gerusalemme apparissero di persona a presentare le loro accuse contro il prigioniero. Essi erano stati ripetutamente ostacolati nei loro piani. Ora che Paolo stava per essere processato dal più alto tribunale dell'impero romano, non desideravano rischiare un'altra sconfitta. Lisia, Felice, Festo e Agrippa avevano tutti dichiarato la loro convinzione nella sua innocenza. I suoi nemici potevano sperare di aver successo soltanto cercando di conquistarsi con intrighi il favore dell'imperatore. Il ritardo avrebbe permesso di raggiungere il loro scopo perché avrebbe dato il tempo di perfezionare ed eseguire i loro piani. Così aspettarono un po' di tempo prima di proferire di persona le accuse contro l'apostolo. UVI 283 4 Dio invece si servì di questo ritardo per favorire l'avanzamento del Vangelo. Paolo aveva conquistato il favore dei soldati preposti alla sua sorveglianza, così aveva potuto procurarsi un comodo alloggio nel quale incontrava i suoi amici e aveva presentato la verità a coloro che ogni giorno venivano ad ascoltarlo. In questo modo la sua opera continuò per altri due anni, "predicando il regno di Dio, e insegnando le cose relative al Signor Gesù Cristo con tutta franchezza e senza che alcuno glielo impedisse". Atti 28:30, 31 (Luzzi). UVI 284 1 Durante questo tempo, egli non dimenticò le chiese che aveva fondato in altri luoghi. Comprendendo i pericoli che minacciavano i convertiti alla nuova fede, l'apostolo cercò, per quanto gli fosse possibile, di soddisfare le loro necessità per mezzo di lettere contenenti avvertimenti e istruzioni pratiche. Da Roma egli inviò degli operai consacrati a lavorare non solo nelle chiese che aveva fondato ma anche in quei luoghi che lui non aveva visitato. Questi operai, come dei saggi pastori, rafforzarono l'opera che Paolo aveva così bene iniziato. L'apostolo fu informato costantemente della condizione e dei pericoli delle chiese; questo fatto gli permise di esercitare una saggia supervisione su tutte. UVI 284 2 Sebbene ora Paolo fosse apparentemente escluso da ogni attività pubblica, egli esercitò un più vasto e più durevole influsso di quello che avrebbe esercitato se fosse stato libero di viaggiare tra le chiese come negli anni precedenti. La sua condizione di prigioniero a motivo della sua fedeltà al Signore aveva accresciuto l'affetto che i fratelli nutrivano nei suoi confronti. Le sue parole, scritte dalla mano di un uomo incatenato per amore di Cristo, esigevano più attenzione e rispetto di quanto gliene avessero mostrato quando era con loro. Soltanto quando Paolo fu separato da loro, i credenti compresero quanto pesante fosse il carico che lui aveva portato per amor loro. Prima, la maggior parte di questi aveva trovato delle scuse per esimersi dalle responsabilità e dagli incarichi, affermando di non possedere la sua saggezza, il suo tatto e la sua indomabile energia. Ora, lasciati nella loro inesperienza a imparare le lezioni che avevano evitato, stimavano il suo lavoro, i suoi avvertimenti, i suoi consigli e le sue istruzioni molto più di quanto avessero fatto in passato. E mentre imparavano dal suo coraggio e dalla sua fede durante la sua lunga prigionia, questi credenti furono stimolati a una maggiore fedeltà e a un più grande zelo per la causa di Cristo. UVI 284 3 Tra i collaboratori di Paolo a Roma c'erano alcuni dei suoi vecchi compagni di lavoro. Luca, "il medico diletto", che lo aveva assistito nel suo viaggio a Gerusalemme, durante i due anni di prigione a Cesarea e nel suo pericoloso viaggio a Roma, era ancora con lui. Anche Timoteo lo aiutava. Titico, "il caro fratello e fedel ministro e... compagno di servizio nel Signore" rimase nobilmente al fianco dell'apostolo. Aristarco ed Epafra avevano collaborato con lui. Colossesi 4:7-14. UVI 284 4 L'esperienza cristiana di Marco era maturata dalla sua professione di fede fatta anni prima. Studiando più attentamente la vita e la morte di Cristo, egli aveva ottenuto una visione sempre più chiara della missione del Salvatore, delle sue prove e dei suoi conflitti. Leggendo nelle mani e nei piedi feriti di Cristo i segni del suo servizio per l'umanità e la profondità del sacrificio compiuto per salvare i perduti, Marco aveva preso la decisione di seguire il Maestro nel sentiero dell'abnegazione. Ora, condividendo l'esperienza di Paolo prigioniero, egli comprese come mai prima che è meglio conquistare l'amore di Cristo che conquistare il mondo e perdere l'anima per la cui salvezza fu sparso il sangue di Cristo. Affrontando severe prove e avversità, Marco continuò a rimanere saldo nella fede, divenendo un saggio e amato assistente dell'apostolo. UVI 285 1 Dema invece fu fedele per un certo tempo, ma dopo abbandonò la causa di Cristo. Riferendosi a lui, Paolo scrisse: "Dema, avendo amato il presente secolo, mi ha lasciato". 2 Timoteo 4:10 (Luzzi). Per guadagni mondani Dema barattò ogni nobile ed elevato principio. Quale misero scambio! Anche se avesse accumulato ricchezze e onori terreni, Dema sarebbe sempre rimasto povero. Marco, invece, a motivo della sua scelta di soffrire per amore di Cristo, avrebbe posseduto le ricchezze eterne. Egli era reputato in cielo un erede di Dio e un coerede di suo Figlio. UVI 285 2 Fra quelli che diedero i loro cuori a Dio attraverso gli sforzi di Paolo in Roma, c'era Onesimo, uno schiavo pagano, che aveva derubato il suo padrone Filemone, un credente cristiano di Colosse, che era fuggito a Roma. Paolo, con la sua sensibilità e la sua gentilezza, cercò di alleviare la povertà e l'afflizione del disgraziato fuggitivo, e poi si sforzò di far penetrare nella sua mente offuscata la luce della verità. Onesimo ascoltò le parole della vita, confessò i suoi peccati e fu convertito alla fede di Cristo. UVI 285 3 Onesimo si fece voler bene da Paolo per la sua pietà e sincerità come pure per la tenera cura che dimostrò per l'apostolo e per il suo zelo nel promuovere l'opera del Vangelo. Paolo però vide in lui i tratti del carattere che lo avrebbero reso un inutile operaio nel lavoro missionario e lo consigliò di ritornare presto da Filemone, a implorare il suo perdono e a fare progetti per il futuro. L'apostolo promise di provvedere personalmente la somma che era stata rubata a Filemone. Dato che stava mandando Titico con delle lettere indirizzate alle varie chiese dell'Asia Minore, egli mandò con lui Onesimo. Per questo servitore fu una dura prova dover ritornare dal padrone che aveva derubato; nonostante ciò non si trasse indietro dal compiere il proprio dovere. La sua conversione era stata sincera. UVI 285 4 Paolo diede a Onesimo una lettera da portare a Filemone. In essa, l'apostolo, con il suo consueto tatto e la sua gentilezza, difese la causa dello schiavo pentito, ed espresse il desiderio di poter usufruire dei suoi servizi nel futuro. La lettera iniziava con un affettuoso saluto a Filemone, come amico e collaboratore: UVI 286 1 "Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo. Io rendo grazie all'Iddio mio, facendo menzione di te nelle mie preghiere, giacché odo parlare dell'amore e della fede che hai nel Signor Gesù e verso tutti i santi, e domando che la nostra comunione di fede sia efficace nel farti riconoscere ogni bene che si compia in noi, alla gloria di Cristo". Filemone 3-6 (Luzzi). L'apostolo ricordò a Filemone che qualsiasi buona intenzione e buon tratto di carattere che egli possedeva erano dovuti alla grazia di Cristo; questo solo lo rendeva diverso dai perversi e dai peccatori. La stessa grazia avrebbe potuto trasformare un incallito criminale e farlo diventare un figlio di Dio, un utile operaio del Vangelo. UVI 286 2 Paolo avrebbe potuto appellarsi al dovere che Filemone aveva come cristiano; ma egli preferì usare il linguaggio della cortesia: "Come Paolo, vecchio, e adesso anche prigioniero di Cristo Gesù; ti prego per il mio figliuolo che ho generato nelle mie catene, per Onesimo che altra volta ti fu disutile, ma che ora è utile a te ed a me". Filemone 9-11 (Luzzi). UVI 286 3 L'apostolo chiese a Filemone, in vista della conversione di Onesimo, di accogliere il pentito schiavo come un suo proprio figlio e di mostrargli un tale affetto da indurlo a dimorare volontariamente con il suo vecchio padrone, "non più come uno schiavo, ma come da più di uno schiavo, come un fratello caro". Filemone 16 (Luzzi). Egli espresse il suo desiderio di trattenere Onesimo affinché lo assistesse nella sua prigionia come Filemone stesso avrebbe fatto, ma non desiderava i suoi servizi se Filemone non avesse di sua spontanea volontà lasciato libero lo schiavo. UVI 286 4 L'apostolo conosceva bene la severità che i padroni esercitavano verso i loro schiavi e sapeva anche che Filemone era grandemente irritato a causa della condotta dello schiavo. Paolo cercò di scrivere in maniera da suscitare in lui i più profondi e teneri sentimenti cristiani. Onesimo convertendosi era diventato un fratello nella fede, e Paolo avrebbe considerato qualsiasi punizione che questo nuovo convertito avrebbe subìto come se fosse stata inflitta alla sua stessa persona. UVI 286 5 Paolo volontariamente propose di assumersi il debito di Onesimo affinché al colpevole fosse risparmiata la disgrazia della punizione, e perché potesse rigioire dei privilegi che aveva perduto. Egli scrisse a Filemone: "Se dunque tu mi tieni per un consocio, ricevilo come faresti di me. Che se t'ha fatto alcun torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, lo scrivo di mio proprio pugno: Io lo pagherò". Filemone 17-19 (Luzzi). UVI 287 1 Quale appropriata illustrazione dell'amore di Cristo per il peccatore pentito! Il servitore che aveva frodato il suo padrone non possedeva nulla per potere riparare. Il peccatore che ha derubato Dio di anni di servizio non possiede mezzi per cancellare il suo debito. Gesù si interpone tra il peccatore e Dio, dicendo: io pagherò il debito. Risparmiate il peccatore; io soffrirò al posto suo. UVI 287 2 Dopo essersi offerto per saldare il debito di Onesimo, Paolo ricordò a Filemone quanto grande era il suo debito verso l'apostolo. Egli gli era debitore della sua stessa vita, poiché Dio aveva fatto di Paolo lo strumento della sua conversione. Poi, con tenerezza e fervore, egli supplicò Filemone che come aveva liberamente alleviato i santi, così consolasse lo spirito dell'apostolo esaudendo la sua richiesta. "Ti scrivo confidando nella tua ubbidienza -- egli aggiunse -- sapendo che tu farai anche al di là di quel che dico". Filemone 21 (Luzzi). UVI 287 3 La lettera di Paolo a Filemone mostra l'influsso del Vangelo sulla relazione tra padrone e servitore. La schiavitù era una istituzione sanzionata in tutto l'impero romano, e nelle chiese per le quali Paolo lavorò si trovavano sia padroni che schiavi. Nelle città, dove spesso gli schiavi erano più numerosi dei liberi cittadini, leggi di terribile severità erano considerate necessarie per tenerli assoggettati. Un romano ricco spesso possedeva centinaia di schiavi di ogni tipo, di ogni nazione e di ogni estrazione sociale. Avendo il totale controllo sulle anime e sui corpi di quegli esseri impotenti, egli poteva infliggere loro qualsiasi tipo di tortura. Se qualcuno di loro per vendetta o autodifesa alzava la mano contro il suo proprietario, l'intera famiglia dell'offensore poteva essere barbaramente sacrificata. Il minimo errore, incidente o distrazione erano spesso puniti senza pietà. UVI 287 4 Alcuni padroni, più umani di altri, erano più indulgenti verso i loro servitori, ma la grande maggioranza dei ricchi e dei nobili si era abbandonata senza ritegno al dominio della concupiscenza, della passione e dell'appetito. Essi rendevano i loro schiavi delle disgraziate vittime del capriccio e della tirannia. L'intero sistema schiavista si stava degradando irrimediabilmente. UVI 287 5 Lo scopo dell'apostolo non fu quello di sovvertire arbitrariamente o rapidamente l'organizzazione della società. Questo tentativo avrebbe pregiudicato il successo del Vangelo. Egli insegnò dei princìpi che comunque attaccavano i fondamenti dello schiavismo: se fossero stati messi in pratica, avrebbero sicuramente indebolito l'intero sistema. "Dov'è lo spirito del Signore, quivi è la libertà", egli dichiarò. Quando convertito, lo schiavo diveniva un membro del corpo di Cristo, doveva essere amato e trattato come un fratello, un coerede con il suo padrone delle benedizioni di Dio e dei privilegi del Vangelo. D'altra parte i servitori dovevano adempiere il loro dovere: "Non servendo all'occhio come per piacere agli uomini, ma, come servi di Cristo, facendo il voler di Dio d'animo". Efesini 6:6 (Luzzi). UVI 288 1 Il cristianesimo crea un forte legame di unione fra il padrone e il servo, fra il re e il suddito, tra il ministro del Vangelo e il degradato peccatore che ha trovato in Cristo la purificazione dal peccato. Essi sono stati lavati nello stesso sangue, condotti dallo stesso Spirito, e sono diventati una sola persona in Cristo Gesù. ------------------------Capitolo 44: Alla corte di Cesare UVI 289 1 Il Vangelo ha sempre raggiunto il suo maggiore successo tra le classi più umili. "Non... molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili... Dio ha scelto". 1 Corinzi 1:26 (Luzzi). Non era possibile che Paolo, un povero e solitario prigioniero riuscisse ad attirare l'attenzione dei ricchi e nobili cittadini di Roma. Il vizio presentava loro tutte le sue attraenti lusinghe e dominava completamente la loro volontà. Invece tra gli operai e le misere vittime dell'oppressione, anche tra gli schiavi, molti ascoltarono le parole di Paolo e trovarono nella fede in Cristo una speranza e una pace che li aiutò a superare le difficoltà della loro vita. UVI 289 2 Sebbene gli sforzi di Paolo iniziarono con gli umili e i poveri, il suo influsso si estese fino a raggiungere addirittura il palazzo dell'imperatore. UVI 289 3 Roma in questo periodo era la capitale del mondo. I superbi cesari governavano quasi ogni nazione della terra. La corte di Nerone era divisa tra chi non conosceva l'umile Nazareno e chi lo faceva segno del proprio disprezzo. UVI 289 4 Tuttavia, in meno di due anni, il Vangelo dalla casa del povero prigioniero raggiunse i cortili del palazzo imperiale. Paolo era in catene come un malfattore ma la Parola di Dio non era incatenata. 2 Timoteo 2:9. UVI 289 5 Durante gli anni precedenti, l'apostolo aveva pubblicamente proclamato la fede di Cristo con convincente potenza e attraverso segni e miracoli aveva dato una inconfondibile prova del divino carattere del Vangelo. Egli aveva affrontato con nobile fermezza i saggi della Grecia e con la sua conoscenza ed eloquenza aveva demolito gli argomenti della loro superba filosofia. Con indomabile coraggio, aveva affrontato re e governatori e ragionato della salvezza, della temperanza e del giudizio a venire sino a farli tremare come se stessero già contemplando con terrore il giorno di Dio. UVI 289 6 L'apostolo ora, confinato come era nel suo alloggio, non poteva più usufruire di queste opportunità; la sua testimonianza della verità era limitata a quelli che lo visitavano. Egli non ricevette, come Mosè e Aronne, il divino comando di recarsi da quel re dissoluto e di rimproverarlo della sua crudeltà e del suo dispotismo nel nome del grande" Io Sono". Tuttavia, proprio in questo periodo, nel quale il maggior difensore del Vangelo si trovava apparentemente escluso dall'attività pubblica, si ebbe una grande vittoria poiché dei membri della casa dell'imperatore si unirono alla chiesa. UVI 290 1 In nessun luogo poteva esistere un'atmosfera meno propizia al cristianesimo di quella della corte romana. Nerone sembrava avere obliterato dalla sua anima l'ultima traccia dell'immagine divina, e anche dell'umana, e sembrava impersonificare Satana. I suoi collaboratori e cortigiani, in generale, erano del suo stesso carattere: violenti, perversi e corrotti. In apparenza, sembrava impossibile che il cristianesimo potesse penetrare all'interno del palazzo di Nerone. UVI 290 2 Tuttavia in questo caso, come in molti altri, si è dimostrata vera la dichiarazione di Paolo: "Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio a distruggere le fortezze". 2 Corinzi 10:4 (Luzzi). Anche nella stessa casa di Nerone furono conquistati dei trofei che onorarono la croce. Tra i corrotti assistenti di un re depravato vi furono dei convertiti che divennero figli di Dio. Questi non furono cristiani in segreto, ma apertamente, i quali non si vergognarono della loro fede. UVI 290 3 Con quali mezzi il cristianesimo entrò e prese piede dove perfino la sua ammissione sembrava impossibile? Nella sua epistola ai Filippesi, Paolo attribuisce al suo imprigionamento il successo delle conversioni alla fede ottenuta nella casa di Nerone. Temendo che si pensasse che le sue afflizioni impedissero il progresso del Vangelo, egli li assicurò con queste parole: "Or, fratelli, io voglio che sappiate che le cose mie son riuscite piuttosto al progresso del Vangelo". Filippesi 1:12 (Luzzi). UVI 290 4 All'inizio, quando le chiese cristiane seppero che Paolo stava per visitare Roma, sperarono in un trionfo del Vangelo in quella metropoli. Paolo aveva portato la verità in molte terre e l'aveva proclamata in grandi città. Non avrebbe potuto, questo campione della fede, avere successo nel conquistare anime a Cristo anche nella capitale del mondo? Ma le loro speranze furono annullate dalla notizia che Paolo era giunto a Roma come prigioniero. Essi avevano sperato con fiducia di vedere il Vangelo, una volta stabilito in quel grande centro, diffondersi rapidamente in tutte le nazioni, e divenire una potenza predominante sulla terra. Quanto grande fu la loro delusione! Le aspettative umane erano state deluse. Restava però il fatto che quella circostanza non aveva compromesso il piano di Dio. UVI 291 1 Non i sermoni di Paolo ma le sue catene avrebbero attratto l'attenzione della corte imperiale sul cristianesimo. Fu come prigioniero che egli ruppe le catene della schiavitù del peccato che imprigionavano molte persone. E questo non fu tutto. L'apostolo dichiarò: "La maggior parte de' fratelli nel Signore, incoraggiati dai miei legami, hanno preso vie maggiore ardire nell'annunziare senza paura la Parola di Dio". Filippesi 1:14 (Luzzi). UVI 291 2 La pazienza di Paolo e la sua allegrezza durante il lungo e ingiusto imprigionamento, il suo coraggio e la sua fede li esortavano a seguirne l'esempio. Il suo spirito così differente dallo spirito del mondo dimostrò che era animato da una potenza superiore a quella terrena. Con il suo esempio, i cristiani furono spronati a difendere pubblicamente e con più energia la causa, ora che Paolo non poteva farlo. Le catene dell'apostolo esercitarono un influsso; così che quando sembrò che non fosse più utile, Paolo riuscì a portare molte persone ai piedi della croce, in luoghi che a lui erano parsi irraggiungibili. UVI 291 3 Prima del termine di quei due anni di prigione, Paolo poté dire: "A tutta la guardia pretoriana e a tutti gli altri è divenuto notorio che io sono in catene per Cristo"; e tra coloro che inviavano saluti ai filippesi egli menziona "specialmente quelli della casa di Cesare". Filippesi 1:13; 4:22 (Luzzi). UVI 291 4 La pazienza come il coraggio ha le sue vittorie. L'umiltà nelle prove quanto il coraggio nell'impresa può conquistare anime a Cristo. Il cristiano che manifesta pazienza e allegrezza nell'oppressione e nella sofferenza, che affronta anche la morte con pace e serenità di una fede incrollabile, può compiere per il Vangelo più di quanto una vita di fedele lavoro possa produrre. Spesso quando un servitore di Dio è allontanato dal servizio attivo, la misteriosa provvidenza divina che la nostra vista corta non vede, è all'opera per compiere un lavoro che non si sarebbe potuto fare altrimenti. UVI 291 5 Nessun seguace di Cristo pensi, quando non può più lavorare apertamente e attivamente per Dio e per la verità, che egli non abbia più alcun servizio da rendere, alcuna ricompensa da assicurarsi. I veri testimoni di Cristo non sono mai messi in disparte. Possono essere malati o star bene, vivi o morti: Dio si serve sempre di loro. Quando per l'astuzia di Satana, i servitori di Cristo sono stati perseguitati, impediti nei loro sforzi, gettati in prigione, trascinati al patibolo o al rogo, questo è avvenuto affinché la verità potesse ottenere un più grande trionfo. Mentre questi fedeli suggellavano la loro testimonianza con il proprio sangue, anime fino allora dubbiose e incerte sono state convinte della fede in Cristo e hanno preso coraggiosamente la decisione di seguirlo. La cenere dei martiri ha prodotto un'abbondante raccolta per Dio. UVI 292 1 Lo zelo e la fedeltà di Paolo e dei suoi collaboratori, come la fede e l'ubbidienza di questi convertiti al cristianesimo, sotto circostanze così difficili, rimproverano l'indolenza e la mancanza di fede di taluni ministri di Cristo. L'apostolo e i suoi collaboratori avrebbero potuto obiettare che era vano chiamare al pentimento e alla fede in Cristo i servitori di Nerone, esposti com'erano a violente tentazioni, a formidabili ostacoli e alla crudele opposizione. Anche se essi fossero stati convinti della verità, come avrebbero potuto ubbidire? Ma Paolo non ragionò in questo modo. In fede egli presentò il Vangelo a queste persone, e tra quelli che lo ascoltarono ci furono alcuni che decisero di ubbidire a ogni costo. Essi avrebbero accettato la luce, nonostante i pericoli e gli ostacoli, e avrebbero confidato nell'assistenza divina per illuminare altri con la loro luce. UVI 292 2 Alcuni membri della casa di Cesare non solo furono convertiti alla verità, ma dopo la conversione rimasero in quell'ambiente. Essi non si sentirono di abbandonare il loro posto di lavoro perché quell'ambiente non era più favorevole. Quindi rimasero nello stesso luogo in cui avevano conosciuto la verità, a testimoniare con la loro vita e il loro carattere convertito della potenza trasformatrice della nuova fede. UVI 292 3 C'è qualcuno che giustifica con le circostanze della sua esistenza il fatto che non fa nulla per testimoniare di Cristo? Considerino questi la situazione dei discepoli che si trovavano alla corte di Cesare, la sua depravazione e la sua immoralità. Noi possiamo difficilmente immaginare situazioni più sfavorevoli a una vita religiosa, situazioni di più grande opposizione e sacrificio. Tuttavia, in mezzo alle difficoltà e ai pericoli, essi si mantennero fedeli. Il cristiano può cercare di scusarsi per non ubbidire alla verità che è in Cristo, a causa di ostacoli che sembrano insormontabili; ma egli non può offrire alcuna scusa che reggerà al giudizio. Se egli potesse fare questo dimostrerebbe che Dio è ingiusto, perché ha dato ai suoi figli condizioni di salvezza impossibili da adempiere. UVI 292 4 Colui che ha nel cuore la determinazione di servire Dio, troverà opportunità per testimoniare di lui. Le difficoltà saranno incapaci di fermare colui che è deciso a cercare prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia. Con la forza tratta dalla preghiera e dallo studio della Parola, egli cercherà di abbandonare il vizio e di acquisire virtù. Fissando gli occhi su Gesù, l'autore e il compitore della fede, che sopportò l'opposizione dei peccatori, il credente volontariamente sfiderà ogni tipo di persecuzione. Aiuto e grazia sufficienti per ogni circostanza sono promessi da Colui la cui parola è verità. Le sue braccia eterne circondano l'anima che si rivolge a lui per ricevere aiuto. Noi possiamo fidare sicuramente nella sua cura, dicendo: "Nel giorno in cui temerò, io confiderò in te". Salmi 56:3 (Luzzi). Dio adempirà la sua promessa per tutti coloro che confidano in lui. UVI 293 1 Il Salvatore con il proprio esempio ha mostrato che i suoi seguaci possono essere nel mondo e tuttavia non essere del mondo. Egli non venne per partecipare ai suoi lusinghieri piaceri, né per essere trascinato dai suoi costumi per praticare le sue usanze, ma per fare la volontà del suo Padre celeste e per cercare ciò che era perduto. Fissato questo obiettivo, il cristiano può rimanere incontaminato in qualsiasi ambiente si trovi. Qualsiasi sia la sua situazione o le sue circostanze, sia egli nobile o povero, manifesterà la potenza della vera religione nel fedele adempimento del suo dovere. UVI 293 2 Il carattere cristiano si sviluppa solo se è esposto alla prova. Se non ci sono prove da superare non c'è neanche sviluppo. L'esposizione al rigetto e all'opposizione spinge il seguace di Cristo a una maggiore vigilanza e a una più fervente preghiera verso l'Onnipotente. La dura prova sopportata per mezzo della grazia divina sviluppa pazienza, vigilanza, forza e una profonda e costante fiducia in Dio. è il trionfo della fede cristiana che rende il suo seguace capace di soffrire e di essere forte; di subire e così di conquistare, di essere mortificato tutto il giorno e tuttavia di vivere, di portare la croce e così vincere la corona di gloria. ------------------------Capitolo 45: Le lettere scritte da Roma UVI 294 1 L'apostolo Paolo all'inizio della sua esperienza cristiana ebbe il privilegio di conoscere quale fosse il piano di Dio circa il futuro dei seguaci di Cristo. Egli "fu rapito fino al terzo cielo", "in paradiso e udì parole ineffabili che non è lecito all'uomo di proferire". Lui stesso riconobbe che il Signore gli aveva dato molte "visioni" e "rivelazioni". La sua comprensione della verità evangelica fu uguale a quella dei "sommi apostoli". 2 Corinzi 12:2, 4, 1, 11 (Luzzi). Egli ebbe una chiara e completa consapevolezza della "larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo... che sorpassa ogni conoscenza". Efesini 3:18, 19 (Luzzi). UVI 294 2 Paolo non poté dire tutto quello che vide in visione, perché fra i suoi ascoltatori ce n'erano alcuni che avrebbero frainteso le sue parole. Ma quello che gli fu rivelato lo rese capace di dirigere, di insegnare e anche di formulare i messaggi che negli anni seguenti avrebbe mandato alle chiese. L'immagine di ciò che aveva ricevuto in visione fu sempre dinanzi a lui e gli permise di dare una corretta rappresentazione del carattere cristiano. Per bocca e per lettera diede un messaggio che da allora in poi ha fortificato e dato speranza alla chiesa di Dio. Questo messaggio presenta ai credenti d'oggi i pericoli che minacceranno la chiesa e le false dottrine che dovranno affrontare. UVI 294 3 Il desiderio dell'apostolo per coloro ai quali indirizzò le sue lettere di consiglio e avvertimento fu che essi non fossero "più de' bambini, sballottati e portati qua e là da ogni dottrina", ma che tutti raggiunsero "all'unità della fede e della piena conoscenza del Figliuol di Dio, allo stato d'uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo". Egli esortò i credenti in Gesù che si trovavano in terre pagane a non camminare "come si conducono i pagani nella vanità de' loro pensieri, con l'intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio... a motivo dell'induramento del cuor loro" ma a comportarsi "non da stolti, ma da savî; approfittando delle occasioni". Efesini 4:14, 13, 17, 18; 5:15, 16 (Luzzi). Egli li incoraggiò a guardare al tempo in cui Cristo che "ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei" avrebbe egli stesso fatto" comparire dinanzi a sé questa Chiesa gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile, ma santa ed irreprensibile". Efesini 5:25, 27 (Luzzi). UVI 295 1 Questi messaggi, scritti con una potenza non umana ma divina, contengono lezioni che dovrebbero essere studiate da tutti e che possono essere ripetute con profitto. Esse indicano il cristianesimo pratico, contengono princìpi che dovrebbero essere seguiti da ogni chiesa, e presentano la via che conduce alla vita eterna. UVI 295 2 Nella lettera che Paolo scrisse quando era prigioniero a Roma, "ai santi e fedeli fratelli in Cristo che sono in Colosse", egli fa menzione della sua gioia per la loro costanza nella fede. Questa notizia gli era stata riferita da Epafra, il quale, scrive l'apostolo: "Ci ha anche fatto conoscere il vostro amore nello Spirito. Perciò -- continua Paolo -- anche noi, dal giorno che abbiamo ciò udito, non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza e intelligenza spirituale, affinché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; essendo fortificati in ogni forza secondo la potenza della sua gloria, onde possiate essere in tutto pazienti e longanimi". Colossesi 1:2, 8-11 (Luzzi). UVI 295 3 Con queste parole Paolo espresse il suo desiderio per i credenti colossesi. Che elevato ideale presentano ai seguaci di Cristo queste parole! Esse mostrano le meravigliose possibilità della vita cristiana e fanno chiaramente capire che non c'è limite alle benedizioni che i figli di Dio possono ricevere. Progredendo costantemente nella conoscenza di Dio, essi possono avanzare di vittoria in vittoria, di altezza in altezza nella esperienza cristiana fino a che, per mezzo della "potenza della sua gloria" siano "messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce". Colossesi 1:11, 12 (Luzzi). UVI 295 4 L'apostolo esaltò Cristo dinanzi ai suoi fratelli come Colui mediante il quale Dio ha creato tutte le cose e ha operato la loro salvezza. Egli dichiarò che le mani che sostengono i mondi nello spazio e che mantengono l'ordinato equilibrio e la costante attività di tutte le cose nell'universo di Dio, sono le mani che furono inchiodate alla croce per loro. Paolo scrisse: "In lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra; le visibili e le invisibili; siano troni, siano signorie, siano principati, siano potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui; ed egli è avanti ogni cosa, e tutte le cose sussistono in lui". "E voi, che già eravate estranei e nemici nella vostra mente e nelle vostre opere malvagie, ora Iddio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della morte d'esso, per farvi comparire davanti a sé santi e immacolati e irreprensibili". Colossesi 1:16, 17, 21, 22 (Luzzi). UVI 296 1 Il Figlio di Dio abbassò se stesso per innalzare quelli che erano caduti. Per questo Egli lasciò gli incontaminati mondi celesti, le novantanove che amava, e discese su questa terra per essere "trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità". Isaia 53:5 (Luzzi). Cristo divenne in ogni cosa simile ai suoi fratelli. Partecipò alla nostra stessa natura. Conobbe cosa signfica essere affamati, assetati e stanchi. Si sostenne con il cibo e si rinvigorì dormendo. Egli fu straniero e pellegrino sulla terra: nel mondo ma non del mondo; tentato e provato allo stesso modo in cui gli uomini e le donne d'oggi sono tentati e provati; tuttavia visse libero dal peccato. Gentile, pietoso, sensibile, rispettoso degli altri, Gesù rappresentò il carattere di Dio. "La Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità". Giovanni 1:14 (Luzzi). UVI 296 2 Circondati dalle usanze e dagli influssi del paganesimo, i credenti colossesi erano in pericolo di essere allontanati dalla semplicità del Vangelo, e Paolo li avvertì di questo pericolo, indicando loro Cristo come la sola guida sicura. "Desidero che sappiate -- egli scrisse -- qual arduo combattimento io sostengo per voi e per quelli di Laodicea e per tutti quelli che non hanno veduto la mia faccia; affinché siano confortati nei loro cuori essendo stretti insieme dall'amore, mirando a tutte le ricchezze della piena certezza dell'intelligenza, per giungere alla completa conoscenza del mistero di Dio: cioè di Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti. UVI 296 3 "Questo io dico affinché nessuno v'inganni con parole seducenti,... Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù il Signore, così camminate uniti a lui, essendo radicati ed edificati in lui e confermati nella fede, come v'è stato insegnato, e abbondando in azioni di grazie. Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi sua preda con la filosofia e con vanità ingannatrice, secondo la tradizione degli uomini, gli elementi del mondo, e non secondo Cristo; poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità, e in lui voi avete tutto pienamente. Egli è il capo d'ogni principato e d'ogni potestà". Colossesi 2:1-10 (Luzzi). UVI 296 4 Cristo aveva predetto che sarebbero sorti degli impostori, attraverso i quali "l'iniquità sarà moltiplicata, -- e -- la carità dei più si raffredderà". Matteo 24:12 (Luzzi). Egli aveva avvertito i discepoli che la chiesa sarebbe stata maggiormente minacciata da questo male che non dalle persecuzioni dei suoi nemici. Ancora una volta Paolo avvertì i credenti contro questi falsi insegnanti. Essi dovevano guardarsi da questo pericolo più che da ogni altro, perché ricevendo dei falsi insegnanti avrebbero aperto la porta a errori che il nemico avrebbe usato per offuscare il loro discernimento spirituale e indebolire la fiducia dei neo-convertiti nel Vangelo. Cristo era il criterio con il quale essi dovevano provare le dottrine presentate. Tutto ciò che non era in armonia con i suoi insegnamenti doveva essere rigettato. Cristo crocifisso per il peccato, Cristo risorto dai morti, Cristo asceso al cielo: questa era la scienza della salvezza che essi dovevano imparare e insegnare agli altri. UVI 297 1 Gli avvertimenti della Parola di Dio concernenti i pericoli che circondano la chiesa cristiana li riguardano da vicino. Come al tempo degli apostoli, degli uomini cercarono per mezzo della tradizione e della filosofia di distruggere la fede nelle Scritture, così oggi, per mezzo del grande interesse che riesce a provocare la moderna critica biblica: l'evoluzionismo, lo spiritualismo, la teosofia e il panteismo, il nemico della giustizia sta cercando di guidare gli uomini nei sentieri proibiti dell'errore e della ribellione. Per molti la Bibbia è divenuta una lampada senza olio. Tali persone hanno indirizzato le loro menti in canali di speculazione che conducono all'incomprensione e alla confusione. L'opera della moderna critica biblica dissezionando, congetturando, ricostruendo, sta distruggendo la fede nella Bibbia come rivelazione divina. Essa sta derubando alla Parola di Dio la potenza di controllare, di elevare e di ispirare le vite umane. Per mezzo dello spiritualismo molti hanno imparato a credere che il desiderio sia la legge più elevata, che la licenziosità sia libertà e che l'uomo sia responsabile solo di fronte alla propria coscienza. UVI 297 2 Il seguace di Cristo si troverà a dover affrontare il fascino di queste dottrine contro le quali l'apostolo parlò ai credenti di Colosse. Egli incontrerà interpretazioni spiritualistiche delle Scritture, ma non le deve accettare. La sua voce dovrà essere udita affermare chiaramente le eterne verità delle Scritture. Tenendo fissi gli occhi su Cristo, egli deve avanzare progressivamente nel sentiero indicato, rigettando tutte le idee che non sono in armonia con i suoi insegnamenti. La verità di Dio deve essere il soggetto della sua contemplazione e meditazione. Egli deve considerare la Bibbia come la voce di Dio che gli parla direttamente. In questo modo acquisirà quella saggezza che proviene da Dio. UVI 297 3 La conoscenza di Dio, rivelata in Cristo, è la conoscenza che tutti i salvati devono avere. Questa è la conoscenza che opera la trasformazione del carattere. Quando essa è ricevuta nella vita, ricrea l'anima all'immagine di Cristo. Questa è la conoscenza che Dio invita i suoi figli a ricevere; al suo confronto qualsiasi altra cosa è inutile e vana. UVI 297 4 Le condizioni che assicurano lo sviluppo del carattere sono sempre coincise con i princìpi contenuti nella Parola di Dio. L'unica infallibile e sicura regola è fare ciò che Dio dice. "I precetti dell'Eterno sono giusti" e "chi fa queste cose non sarà mai smosso". Salmi 19:8; 15:5 (Luzzi). Fu con la Parola di Dio che gli apostoli affrontarono le false teorie del loro tempo, dicendo: "Nessuno può porre altro fondamento che quello già posto". 1 Corinzi 3:11 (Luzzi). UVI 298 1 I colossesi, quando si convertirono e furono battezzati, promisero di abbandonare le credenze e le usanze della loro vita passata, e di essere fedeli al patto che avevano stretto con Cristo. Paolo, nella sua lettera, rammentò loro questa promessa e li esortò a non dimenticare che per riuscire a mantenerla dovevano sforzarsi di lottare costantemente contro i mali che avrebbero cercato di dominarli. "Se dunque voi siete stati risuscitati con Cristo -- egli scrisse -- cercate le cose di sopra dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Abbiate l'animo alle cose di sopra, non a quelle che son sulla terra; poiché voi moriste, e la vita vostra è nascosta con Cristo in Dio". Colossesi 3:1-3 (Luzzi). UVI 298 2 "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: Ecco son diventate nuove". 2 Corinzi 5:17 (Luzzi). Attraverso la potenza di Cristo, uomini e donne hanno rotto le catene delle abitudini peccaminose. Hanno rinunciato all'egoismo. I profani sono diventati riverenti, gli ubriachi sobri, i depravati puri. Anime somiglianti a Satana sono state trasformate all'immagine di Dio. Questo cambiamento è il miracolo dei miracoli. Esso è prodotto dalla Parola ed è uno dei suoi più profondi misteri. Noi non possiamo comprenderlo, possiamo solo credere; come è scritto nelle Scritture, esso è "Cristo in voi, speranza della gloria". Colossesi 1:27 (Luzzi). UVI 298 3 Quando lo Spirito di Dio controlla mente e cuore, l'anima del convertito innalza un cantico nuovo, poiché comprende che la promessa di Dio è stata adempiuta nella sua vita, che la sua trasgressione è stata perdonata. Il suo peccato è stato cancellato. Il convertito si è pentito dinanzi a Dio per la violazione della legge divina e ha avuto fede in Cristo, che morì per la giustificazione dell'uomo. "Giustificati... per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore". Romani 5:1 (Luzzi). UVI 298 4 Dopo che il cristiano ha vissuto questa esperienza non deve incrociare le mani, contento di quello che è stato realizzato per lui. Colui che è deciso a entrare nel regno di Dio scoprirà che tutte le forze e le passioni della natura non rigenerata, assistite dalla potenza del regno delle tenebre, sono spiegate contro di lui. Egli deve rinnovare la sua consacrazione ogni giorno, quotidianamente deve lottare contro il male. Le vecchie abitudini, le tendenze ereditarie che lo spingono a peccare cercheranno di dominarlo, e deve stare in guardia contro di esse, lottando con la potenza di Cristo per ottenere la vittoria. UVI 299 1 "Fate dunque morire le vostre membra che son sulla terra -- scrisse Paolo ai colossesi -- ... in quelle camminaste un tempo anche voi, quando vivevate in esse. Ma ora deponete anche voi tutte queste cose: ira, collera, malignità, maldicenza, e non vi escano di bocca parole disoneste... Vestitevi dunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di tenera compassione, di benignità, di umiltà, di dolcezza, di longanimità; sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi a vicenda, se uno ha di che dolersi d'un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. E sopra tutte queste cose vestitevi della carità che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti". Colossesi 3:5-15 (Luzzi). UVI 299 2 La lettera ai colossesi contiene lezioni di prezioso valore per tutti coloro che sono impegnati nel servizio di Cristo, lezioni che mostrano l'unicità dello scopo e la grandiosità dei risultati che verranno rivelati dalla vita di colui che rappresenta giustamente il Salvatore. Il credente, rinunciando a tutto ciò che potrebbe ostacolarlo nel progresso spirituale o che potrebbe allontanarlo dalla stretta via, manifesterà nella sua vita di ogni giorno pietà, gentilezza, umiltà, semplicità, perseveranza e amore per Cristo. UVI 299 3 La potenza di una vita più elevata, più pura e nobile è il nostro grande bisogno. La nostra attenzione è più rivolta alle cose che riguardano il mondo che a quelle che riguardano il regno celeste. UVI 299 4 Il cristiano non deve mai disperare nel suo sforzo di raggiungere l'ideale divino. Per mezzo della grazia e della potenza di Cristo, la perfezione spirituale e morale è promessa a tutti. Gesù è la sorgente di potenza, la fonte di vita. Egli ci conduce alla sua Parola e dall'albero della vita ci porge le sue foglie per la guarigione dell'anima malata di peccato. Ci guida al trono di Dio, e mette nella nostra bocca una preghiera attraverso la quale possiamo entrare in intima comunione con lui. Per aiutarci Egli mette in azione tutte le forze del cielo. Noi tocchiamo a ogni passo gli effetti della sua potenza nella nostra vita. UVI 299 5 Dio non fissa alcun limite al progresso di coloro che desiderano essere "ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio". Attraverso la preghiera, la vigilanza, la crescita nella conoscenza e nel discernimento, essi devono essere "fortificati in ogni forza secondo la potenza della sua gloria". Così sono preparati a lavorare per gli altri. Il piano del Salvatore è che gli esseri umani, purificati e santificati, diano il loro contributo all'opera della salvezza. Per questo grande privilegio ringraziamo Colui che ci "ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Egli ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figliuolo". Colossesi 1:9, 11-13 (Luzzi). UVI 300 1 La lettera di Paolo ai filippesi, come quella ai colossesi, fu scritta mentre egli era prigioniero a Roma. La chiesa di Filippi aveva mandato dei doni a Paolo tramite Epafròdito, il quale Paolo chiama "mio fratello, mio collaboratore e commilitone, inviatomi da voi per supplire ai miei bisogni". Mentre era a Roma, Epafròdito si ammalò e fu "ben vicino alla morte; ma Iddio ha avuto pietà di lui -- scrisse Paolo -- e non soltanto di lui, ma anche di me, perch'io non avessi tristezza sopra tristezza". Saputo della malattia di Epafròdito, i credenti di Filippi divennero ansiosi per lui. Epafròdito decise di ritonare da loro. "Egli avea gran brama di vedervi tutti -- scrisse Paolo -- ed era angosciato perché avevate udito ch'egli era stato infermo... Perciò ve l'ho mandato con tanta maggior premura, affinché, vedendolo di nuovo, vi rallegriate, e anch'io sia men rattristato. Accoglietelo dunque nel Signore con ogni allegrezza, e abbiate stima di uomini così fatti; perché, per l'opera di Cristo egli è stato vicino alla morte, avendo arrischiata la propria vita per supplire ai servizî che non potevate rendermi voi stessi". Filippesi 2:25-30 (Luzzi). UVI 300 2 Paolo, per mezzo di Epafròdito, mandò ai filippesi una lettera nella quale li ringraziava per i doni ricevuti. Di tutte le chiese, quella di Filippi era stata la più generosa nel supplire ai bisogni di Paolo. "Anche voi sappiate, o Filippesi -- disse l'apostolo nella sua lettera -- che quando cominciai a predicar l'Evangelo, dopo aver lasciata la Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di nulla per quanto concerne il dare e l'avere, se non voi soli; poiché anche a Tessalonica m'avevano mandato una prima e poi una seconda volta di che sovvenire al mio bisogno. Non già ch'io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto che abbondi a conto vostro. Or io ho ricevuto ogni cosa, e abbondo. Sono pienamente provvisto, avendo ricevuto da Epafròdito quel che m'avete mandato, e che è un profumo d'odor soave, un sacrificio accettevole, gradito a Dio". Filippesi 4:15-18 (Luzzi). UVI 300 3 "Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo. Io rendo grazie all'Iddio mio di tutto il ricordo che ho di voi; e sempre, in ogni mia preghiera, prego per voi tutti con allegrezza a cagion della vostra partecipazione al progresso del Vangelo, dal primo giorno fino ad ora; avendo fiducia in questo: che Colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Ed è ben giusto ch'io senta così di tutti voi; perché io vi ho nel cuore, voi tutti che, tanto nelle mie catene quanto nella difesa e nella conferma del Vangelo, siete partecipi con me della grazia. Poiché Iddio mi è testimone com'io sospiri per voi tutti... E la mia preghiera è che il vostro amore sempre più abbondi in conoscenza e in ogni discernimento, onde possiate distinguere fra il bene ed il male, affinché siate sinceri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ripieni di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio". Filippesi 1:2-11 (Luzzi). UVI 301 1 La grazia di Dio sostenne Paolo nella sua prigionia, rendendolo capace di gioire nella tribolazione. Con certezza e fiducia egli scrisse ai suoi fratelli filippesi che il suo imprigionamento era risultato nell'avanzamento del Vangelo. "Or, fratelli, io voglio che sappiate che le cose mie -- dichiarò -- son riuscite piuttosto al progresso del Vangelo; tanto che a tutta la guardia pretoriana e a tutti gli altri è divenuto notorio che io sono in catene per Cristo; e la maggior parte de' fratelli nel Signore, incoraggiati dai miei legami, hanno preso vie maggiore ardire nell'annunziare senza paura la Parola di Dio". Filippesi 1:12-14 (Luzzi). UVI 301 2 In questa esperienza di Paolo c'è una lezione per noi, poiché essa rivela come Dio opera. Il Signore può far scaturire una vittoria da ciò che a noi può sembrare una disgrazia o una sconfitta. Noi corriamo il pericolo di dimenticare Dio, di guardare alle cose visibili, invece di contemplare con gli occhi della fede quelle invisibili. Quando accade una sventura o una calamità, noi siamo pronti ad accusare Dio di negligenza o crudeltà. Se Egli ritiene necessario allontanarci da una nostra attività, noi ci lamentiamo, dimenticandoci di pensare che Dio in questo modo sta operando per il nostro bene. Noi dobbiamo imparare che la punizione è una parte del suo grande piano e che sotto la verga dell'afflizione il cristiano può, a volte, fare per il Maestro più di quando era impegnato a pieno servizio. UVI 301 3 Paolo, come loro esempio nella vita cristiana, indicò ai filippesi Cristo, il quale, "essendo in forma di Dio non riputò rapina l'essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell'esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce". Filippesi 2:6-8 (Luzzi). UVI 301 4 "Così, miei cari -- egli continuò -, come sempre siete stati ubbidienti, non solo come s'io fossi presente, ma molto più adesso che sono assente, compiete la vostra salvezza con timore e tremore; poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l'operare, per la sua benevolenza. Fate ogni cosa senza mormorii e senza dispute, affinché siate irreprensibili e schietti, figliuoli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale voi risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola della vita, onde nel giorno di Cristo io abbia da gloriarmi di non aver corso invano, né invano faticato". Filippesi 2:12-15 (Luzzi). UVI 302 1 Queste parole furono scritte per aiutare ogni anima che lotta. Paolo innalza l'ideale della perfezione e mostra come esso può essere raggiunto. "Compiete la vostra salvezza con timore e tremore -- egli dice -- poiché Dio è quel che opera in voi". Filippesi 2:12, 13 (Luzzi). UVI 302 2 Se non si coopera con Dio non si può ottenere la salvezza. Deve esserci cooperazione tra Dio e il peccatore pentito. Questo è necessario per la formazione di un carattere giusto e santo. L'uomo deve fare continui sforzi per superare ciò che lo ostacola dal raggiungere la perfezione. Ma il suo successo dipende totalmente da Dio. Da solo, lo sforzo umano non è sufficiente. Senza l'assistenza della potenza divina, esso non serve a nulla. Dio opera solo se l'uomo collabora con lui. La resistenza al peccato deve venire dall'uomo, il quale deve trarre la sua forza da Dio. Da un lato c'è l'infinita saggezza, la compassione e la potenza di Dio, dall'altro ci sono la debolezza, l'iniquità e l'impotenza del peccatore. UVI 302 3 Dio desidera che noi possediamo il dominio della nostra volontà. Egli non può aiutarci senza il nostro consenso e la nostra cooperazione. Lo Spirito divino opera attraverso le forze e le facoltà date all'uomo. Da soli non potremo mai riuscire ad armonizzare le nostre intenzioni, i nostri desideri e le nostre inclinazioni con il volere di Dio. Ma se noi vogliamo che questo avvenga nella nostra vita, il Salvatore lo compirà al posto nostro, distruggendo "i ragionamenti ed ogni altezza che si eleva contro alla conoscenza di Dio, e faccian prigione ogni pensiero traendolo all'ubbidienza di Cristo". 2 Corinzi 10:5 (Luzzi). UVI 302 4 Colui che vuole formarsi un carattere forte ed equilibrato, e vuole diventare un saggio cristiano deve essere disposto a dare tutto e fare tutto per Cristo; poiché il Redentore non accetterà un servizio parziale. Giornalmente deve imparare il significato della sottomissione. Egli deve studiare la Parola di Dio, imparare il suo significato e ubbidire ai suoi precetti. Così potrà raggiungere l'ideale dell'eccellenza cristiana. Giorno dopo giorno, Dio lavorerà con lui, perfezionando il carattere in modo che possa resistere nel tempo della prova finale. Giorno dopo giorno, il credente dovrà operare dinanzi agli uomini e agli angeli il sublime esperimento, che mostra ciò che il Vangelo può compiere per l'uomo caduto. UVI 302 5 Paolo scrisse: "Fratelli, io non reputo d'avere ancora ottenuto il premio; ma una cosa fo: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, proseguo il corso verso la mèta per ottenere il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesù". Filippesi 3:13, 14 (Luzzi). UVI 303 1 Paolo fece molte cose. Dal momento del suo battesimo, la sua vita fu caratterizzata da un instancabile servizio. Andò di città, di paese in paese, proclamando la storia della croce, conquistando convertiti al Vangelo e fondando chiese. Per queste chiese lui ebbe una costante cura e scrisse loro molte lettere di istruzione. A volte per guadagnarsi il pane quotidiano svolse il suo mestiere. Ma in tutte le varie attività della vita, Paolo non perse di vista il suo unico grande scopo: proseguire verso il premio della sua santa chiamata. Una mèta tenne costantemente dinanzi a sé: essere fedele a Colui che gli era apparso alle porte di Damasco. Niente poté distoglierlo da questo traguardo. Esaltare la croce del Calvario, questo fu il motivo che ispirò le sue parole e lo spinse all'azione. UVI 303 2 Il grande scopo che spinse Paolo a proseguire nonostante le difficoltà e le afflizioni dovrebbe condurre ogni operaio cristiano a consacrarsi completamente al servizio di Dio. Attrazioni mondane cercheranno di allontanare la sua attenzione dal Salvatore, ma egli avanzerà verso la mèta, dimostrando al mondo, agli angeli e agli uomini che la speranza di vedere Dio faccia a faccia è degna di tutti gli sforzi e i sacrifici che il conseguimento di questa speranza richiede. UVI 303 3 Paolo, sebbene fosse prigioniero, non si scoraggiò. Anzi, una nota di trionfo si diffuse attraverso le lettere che scrisse da Roma alle varie chiese. "Rallegratevi del continuo nel Signore -- egli scrisse ai Filippesi -- Da capo dico: Rallegratevi... Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; ma in ogni cosa siano le vostre richieste rese note a Dio in preghiera e supplicazione con azioni di grazie. E la pace di Dio che sopravanza ogni intelligenza, guarderà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. Del rimanente, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri". Filippesi 4:4-8 (Luzzi). UVI 303 4 "L'Iddio mio supplirà ad ogni vostro bisogno secondo le sue ricchezze e con gloria, in Cristo Gesù... La grazia del Signor Gesù Cristo sia con lo spirito vostro". Filippesi 4:19, 23 (Luzzi). ------------------------Capitolo 46: In libertà UVI 304 1 Mentre a Roma gli sforzi di Paolo erano benedetti da numerose conversioni che fortificavano e incoraggiavano i credenti, tetre nuvole minacciavano non solo la sua persona, ma anche la prosperità della chiesa. Arrivato a Roma egli era stato affidato alla custodia del capitano delle guardie imperiali, un uomo giusto e integro, la cui clemenza gli permise di proseguire l'opera del Vangelo. Ma prima che i due anni del suo imprigionamento terminassero, questo uomo fu sostituito da un ufficiale dal quale l'apostolo non ricevette alcun speciale favore. UVI 304 2 Ora, i giudei erano più attivi che mai nei loro sforzi contro Paolo. Essi trovarono un'abile sostenitrice nella perversa donna che Nerone aveva preso come seconda moglie [Poppea Sabina, ndr]; la quale essendo una proselita ebrea, prestò tutto il suo influsso per assisterli nei loro criminali progetti contro il campione della cristianità. UVI 304 3 Paolo poteva sperare ben poca giustizia dal Cesare al quale si era appellato. Nerone era più depravato nella morale, più frivolo nel carattere e allo stesso tempo più capace di atroci crudeltà di qualsiasi altro imperatore. Le redini del governo non potevano essere state affidate a un monarca più dispotico. Il primo anno del suo regno era stato segnato dall'avvelenamento del giovane fratellastro, a cui spettava il trono di diritto. Nerone era sceso così in basso nel vizio e nel crimine che assassinò la propria madre, e poi sua moglie. Non c'era atrocità che non avesse sperimentato, né vigliaccheria che potesse soddisfarlo. A qualsiasi mente nobile ispirava solo disprezzo e ripulsione. UVI 304 4 I dettagli dell'iniquità praticata nella sua corte sono troppo degradanti e orribili da potersi descrivere. La sua sfrenata malvagità generò disgusto e odio anche in quelli che erano costretti a condividere i suoi crimini. Essi vivevano nel costante terrore della prossima enormità che avrebbe escogitato. Tuttavia tali crimini non smossero l'ubbidienza dei suoi sudditi. Egli era riconosciuto come l'assoluto monarca dell'intero mondo civilizzato. E ancora: egli era stato fatto oggetto degli onori divini ed era adorato come un dio. UVI 304 5 Dal punto di vista umano, la condanna di Paolo dinanzi a tale giudice era certa. Ma l'apostolo sentiva che fino a che egli fosse rimasto fedele a Dio, non avrebbe dovuto temere nulla. Colui che nel passato era stato suo protettore poteva custodirlo anche dalla malizia dei giudei e dal potere di Cesare. UVI 305 1 Dio protesse il suo servitore. Quando Paolo fu esaminato, le accuse mosse contro di lui non furono sostenute. Contrariamente alle previsioni generali e in contraddizione al suo proprio carattere, Nerone dichiarò l'innocenza di quel prigioniero. A Paolo furono tolte le catene e divenne nuovamente un uomo libero. UVI 305 2 Se il suo processo fosse stato ritardato, o se per qualsiasi ragione l'apostolo fosse stato trattenuto a Roma fino all'anno seguente, sarebbe stato certamente vittima della persecuzione che ebbe luogo dopo la sua partenza. Durante l'imprigionamento di Paolo, i convertiti al cristianesimo erano diventati così numerosi da attrarre l'attenzione e da causare l'opposizione delle autorità. L'imperatore fu specialmente irato per la conversione di alcuni membri della sua stessa casa, e presto trovò un pretesto per sfogare la sua spietata crudeltà sui cristiani. UVI 305 3 Durante questo periodo avvenne un terribile incendio in Roma, e quasi metà della città fu bruciata. Era stato sussurrato che lo stesso Nerone avesse dato ordine di incendiare la città. Per distogliere tale sospetto, egli pretese di mostrare grande generosità assistendo i senza tetto e i sofferenti. Lui fu, comunque, accusato del crimine. La popolazione era eccitata e furiosa. Così per allontanare da sé l'accusa e per liberare la città dalla furia della plebe, che odiava e temeva, Nerone diresse le accuse sui cristiani. Il suo intento ebbe successo, e migliaia di seguaci di Cristo, uomini, donne e bambini, furono massacrati senza alcuna pietà. UVI 305 4 Paolo fu risparmiato da questa terribile persecuzione perché, subito dopo la sua liberazione aveva lasciato Roma. Egli utilizzò questo ultimo intervallo di libertà per lavorare tra le chiese. Cercò di stabilire una più ferma unione tra i greci e le chiese orientali, fortificando le menti dei credenti contro le false dottrine che stavano minacciando di corrompere la fede. UVI 305 5 Le prove e le ansietà sopportate da Paolo avevano attaccato le sue forze fisiche. Le infermità dell'età senile erano su di lui. Egli capì che stava facendo il suo ultimo lavoro, e come il tempo a sua disposizione diminuiva, i suoi sforzi diventarono più intensi. Sembrava che il suo zelo non avesse limiti. Risoluto nello scopo, pronto all'azione, forte nella fede, l'apostolo viaggiò da una chiesa all'altra, in molti luoghi, e cercò con ogni mezzo che possedeva di rafforzare le mani dei credenti, così che potessero compiere un fedele lavoro nel conquistare anime a Gesù. Tale attività di testimonianza per Cristo avrebbe confermato la loro fede nel Vangelo e li avrebbe preparati a superare il tempo di prova che incombeva su loro. ------------------------Capitolo 47: L'ultimo arresto UVI 306 1 L'opera di Paolo tra le chiese, dopo la sua assoluzione a Roma, non poté sfuggire all'osservazione dei suoi nemici. Fin dagli inizi della persecuzione sotto Nerone, i cristiani vennero considerati ovunque come un'esecrabile setta. Dopo qualche tempo, i giudei inconvertiti pensarono di incolpare Paolo del crimine di aver istigato l'incendio di Roma. Nessuno di loro credeva che lui fosse colpevole, ma sapevano che una tale accusa, fatta con la minima apparenza di plausibilità, avrebbe portato alla sua condanna. Per mezzo dei loro intrighi, Paolo venne nuovamente arrestato, e si accinse al suo finale imprigionamento. UVI 306 2 L'apostolo, nel suo secondo viaggio a Roma, fu accompagnato da alcuni dei suoi vecchi compagni; anche altri desiderarono condividere la sua sorte ma egli impedì che mettessero in pericolo le loro vite. La prospettiva che aveva dinanzi era molto meno favorevole di quella del suo primo imprigionamento. La persecuzione sotto Nerone aveva provocato una decimazione dei cristiani in Roma. Migliaia erano stati martirizzati per la fede, molti altri avevano lasciato la città e quelli rimasti erano grandemente depressi e intimiditi. UVI 306 3 Arrivato a Roma, Paolo fu posto in una buia cella nella quale sarebbe dovuto rimanere rinchiuso fino alla morte. Accusato di aver istigato uno dei più bassi e terribili crimini contro la città e la nazione, egli divenne oggetto dell'universale esecrazione. UVI 306 4 I pochi amici che avevano condiviso il lavoro dell'apostolo, ora cominciarono a lasciarlo, alcuni per diserzione e altri per andare in missione nelle varie chiese. Figello ed Ermogene furono i primi ad andarsene. Poi Dema, spaventato dalle difficoltà e dal pericolo, abbandonò il perseguitato apostolo. Crescente fu mandato da Paolo alle chiese della Galazia, Tito a Dalmazia, e Tichico a Efeso. Scrivendo a Timoteo della sua esperienza, Paolo disse: "Luca solo è meco". 2 Timoteo 4:10 (Luzzi). L'apostolo mai come ora aveva bisogno del servizio dei suoi fratelli, indebolito com'era dall'età, dalle fatiche, dalle infermità, e confinato in un'umida e oscura cella della prigione romana. I servizi di Luca, l'amato discepolo e il fedele amico, furono di grande conforto a Paolo e gli permisero di comunicare con i suoi fratelli e il mondo esterno. UVI 307 1 In questo triste periodo il cuore dell'apostolo venne rallegrato dalle frequenti visite di Onesiforo. Questo pietoso efesino fece tutto il possibile per alleviare l'angoscia del suo imprigionamento. Il suo amato insegnante era in catene per amore della verità, mentre lui era libero, così egli non risparmiò alcuno sforzo per rendere il destino di Paolo più sopportabile. UVI 307 2 Nell'ultima lettera che l'apostolo scrisse, egli dice di questo fedele discepolo: "Conceda il Signore misericordia alla famiglia d'Onesiforo, poiché egli m'ha spesse volte confortato e non si è vergognato della mia catena; anzi, quando è venuto a Roma, mi ha cercato premurosamente e m'ha trovato. Gli conceda il Signore di trovar misericordia presso il Signore in quel giorno". 2 Timoteo 1:16-18 (Luzzi). UVI 307 3 Il desiderio di amore e di simpatia è posto nel cuore da Dio stesso. Cristo, nella sua ora di agonia nel Getsemane, bramava la simpatia dei suoi discepoli. E Paolo, sebbene in apparenza sembrava essere indifferente alle difficoltà e alle sofferenze, bramava la simpatia e la compagnia dei suoi fratelli. Le visite di Onesiforo, testimoniando della sua fedeltà durante un periodo di solitudine e diserzione, recarono gioia e allegrezza a una persona che aveva speso la sua vita al servizio del prossimo. ------------------------Capitolo 48: Paolo di fronte a Nerone UVI 308 1 Quando Paolo fu convocato dinanzi all'imperatore Nerone per il processo, la sua condanna a morte era ormai certa. La gravità del crimine di cui era accusato e la prevalente opposizione verso i cristiani, lasciavano poco spazio alla speranza di un esito favorevole. UVI 308 2 Era usanza, tra i greci e i romani, concedere alla persona accusata il privilegio di assumere un avvocato per difendere la sua causa di fronte alla corte di giustizia. Con forti argomentazioni, passionale eloquenza, e con preghiere e lacrime, l'avvocato spesso si assicurava una decisione favorevole per il prigioniero, o fallendo in questo, riusciva a mitigare la severità della sentenza. Ma quando Paolo fu convocato dinanzi a Nerone, nessun uomo osò agire come suo consigliere o avvocato; nessun amico fu presente, neppure per prendere visione e registrare le accuse mosse contro di lui e gli argomenti che egli presentò in sua difesa. Tra i cristiani di Roma, non ce ne fu uno che gli fosse accanto in questa ora di prova. UVI 308 3 Il solo fidato resoconto dell'accaduto è dato da Paolo stesso, nella sua seconda lettera a Timoteo. "Nella mia prima difesa -- l'apostolo scrisse -- nessuno s'é trovato al mio fianco, ma tutti mi hanno abbandonato; non sia loro imputato! Ma il Signore è stato meco m'ha fortificato, affinché il Vangelo fosse per mezzo mio pienamente proclamato e tutti i Gentili l'udissero; e sono stato liberato dalla gola del leone". 2 Timoteo 4:16, 17 (Luzzi). UVI 308 4 Paolo e Nerone, quale grande contrasto! L'arrogante monarca, al quale l'uomo di Dio doveva rispondere della sua fede, aveva raggiunto il culmine della potenza terrena, dell'autorità e della ricchezza, come pure le più basse profondità del crimine e della malvagità. In potere e in grandezza egli non aveva rivali. Nessuno poteva opporsi al suo volere. I re ponevano le loro corone ai suoi piedi. Potenti eserciti marciavano al suo comando e le insegne delle sue navi presagivano la vittoria. La sua statua era stata eretta nell'aula del tribunale e i decreti dei senatori e le decisioni dei giudici non erano che l'eco del suo volere. Milioni di persone si inchinavano in ubbidienza ai suoi ordini. Il nome di Nerone faceva tremare il mondo. Incorrere nel suo sfavore significava perdere le proprietà, la libertà, la vita. Non per nulla il suo malumore era temuto più della peste. UVI 309 1 L'anziano prigioniero si presentò all'imperatore senza amici né consiglieri. Il volto del regnante portava i segni delle vergognose passioni che lo dominavano. La faccia dell'accusato invece testimoniava che il suo cuore era in pace con Dio. Paolo aveva vissuto una vita di povertà, abnegazione e sofferenza. Nonostante le continue avversità, le minacce e gli abusi con i quali i suoi nemici cercarono di intimidirlo, egli aveva fieramente innalzato lo stendardo della croce. Come il suo Maestro, egli era stato un pellegrino senza tetto, e come lui, visse per benedire l'umanità. Come poteva Nerone, un capriccioso, passionale, depravato tiranno, capire e apprezzare il carattere e le motivazioni di questo figlio di Dio? UVI 309 2 La vasta aula fu gremita da una folla irrequieta e focosa che si dimenava spingendosi davanti per vedere e sentire meglio quello che accadeva. I nobili e gli accattoni, i ricchi e i poveri, i superbi e gli umili erano là, tutti ugualmente privi della conoscenza della via che conduce alla vita e alla salvezza. UVI 309 3 I giudei mossero contro Paolo le vecchie accuse di sedizione ed eresia; entrambi giudei e romani lo accusarono di avere istigato l'incendio della città. Paolo non si scompose per quelle accuse. Il popolo e i giudici lo guardarono con stupore. Essi erano stati presenti a molti processi e avevano osservato molti criminali, ma mai avevano visto un uomo mostrare una così santa calma come quel prigioniero. Gli occhi scrutatori dei giudici, cercarono invano nel volto di Paolo una traccia di colpevolezza. Quando gli fu permesso di parlare in sua propria difesa, tutti lo ascoltarono con attento interesse. UVI 309 4 Ancora una volta Paolo ha l'opportunità di innalzare la croce davanti a una smarrita moltitudine. Mentre guarda la folla che gli sta dinanzi: giudei, greci, romani e stranieri di ogni luogo, la sua anima è presa dall'intenso desiderio della loro salvezza. Egli dimentica la situazione, i pericoli che lo circondano e la terribile sorte che incombe su di lui. Egli vede solo Gesù, l'Intercessore, supplicare Dio in favore degli uomini peccatori. Con straordinaria eloquenza e potenza superiore all'umana, Paolo presenta le verità del Vangelo. Egli indica ai suoi ascoltatori il sacrificio compiuto per l'umanità caduta. Dichiara che un infinito prezzo è stato pagato per la redenzione dell'uomo. Si è provveduto a ogni cosa perché possa condividere il trono di Dio. Mediante angeli messaggeri, la terra è connessa con il cielo e tutte le azioni degli uomini, siano esse buone o malvagie, sono conosciute dal Giudice eterno. UVI 309 5 Così supplica l'avvocato della verità. Fedele tra gli infedeli, leale tra i disonesti, egli si erge come rappresentante di Dio. La sua voce è come una voce celeste. Non c'è paura, né tristezza, né scoraggiamento nelle sue parole e nel suo sguardo. Forte nella consapevolezza della sua innocenza, rivestito dell'armatura della verità, egli gioisce di essere un figlio di Dio. Le sue parole sono come un suono di vittoria sopra il rombo della battaglia. Egli afferma che la causa alla quale ha dedicato la sua vita, è la sola che non fallirà mai. Se anche lui morirà, il Vangelo non potrà essere annientato. Dio vive e la sua verità trionferà. UVI 310 1 Molti di quelli che in quel giorno erano là, "videro la sua faccia simile alla faccia d'un angelo". Atti 6:15 (Luzzi). UVI 310 2 Mai prima quell'assemblea aveva ascoltato parole simili a queste. Esse fecero vibrare la corda anche dei cuori più induriti. La verità, chiara e convincente, demolì l'errore. La luce brillò nelle menti di molti che, in seguito, allegramente seguirono i suoi raggi. Le verità pronunciate in quel giorno erano destinate a scuotere le nazioni e a sopravvivere in tutti i tempi, influenzando i cuori degli uomini quando le labbra del martire che le avevano pronunciate avrebbero taciuto nella tomba. UVI 310 3 Mai Nerone aveva udito la verità come la udì in questa occasione. Mai prima le enormi colpe della sua vita gli erano state rivelate così. La luce del cielo squarciò il suo cuore inquinato dal peccato, ed egli tremò di paura al pensiero del tribunale davanti al quale, lui, il padrone del mondo, sarebbe dovuto apparire per ricevere la giusta ricompensa delle sue azioni. Egli temette l'apostolo di Dio e non osò pronunciare una sentenza contro Paolo, contro il quale nessuna accusa era stata provata. Un senso di timore frenò per qualche tempo il suo spirito assetato di sangue. UVI 310 4 Per un momento, Nerone, nonostante il suo peccato, aveva potuto vedere le ricchezze del cielo. Per quel breve tratto di tempo, egli aveva potuto capire quanto fosse desiderabile partecipare alla sua pace e purezza. L'invito della misericordia era stato esteso anche a lui. Ma il pensiero del perdono fu ricevuto solo per quell'attimo. Poi fu ordinato che Paolo fosse riportato nella sua cella. E mentre le porte si chiudevano dietro il messaggero di Dio, svaniva l'ultima occasione di pentimento per l'imperatore di Roma. Nessun altro raggio di luce celeste avrebbe nuovamente penetrato le tenebre che lo avvolgevano. Presto egli avrebbe patito la retribuzione del giusto giudizio di Dio. UVI 310 5 Qualche tempo dopo, Nerone si imbarcò nella famigerata spedizione per la Grecia, dove egli infamò se stesso e il suo impero con spregevole e depravata frivolezza. Ritornato a Roma con grande pompa, egli si circondò dai suoi cortigiani e praticò atti di rivoltante perversione. Nel mezzo di questa baldoria, si udì un rumore di tumulto nelle strade. Un messaggero incaricato di scoprirne la causa, ritornò con la spaventosa notizia che Galba, a capo dell'esercito, stava marciando rapidamente su Roma. L'insurrezione era già scoppiata nella città, le strade erano piene di una folla inferocita che minacciava di uccidere l'imperatore e tutti i suoi sostenitori e che stava avvicinandosi al palazzo. UVI 311 1 In questo momento di pericolo, Nerone non ebbe, come il fedele Paolo, un potente e compassionevole Dio in cui fidare. Temendo le sofferenze e la probabile tortura che la plebaglia gli avrebbe inflitto, il miserabile tiranno pensò di togliersi la vita con le sue proprie mani, ma nell'attimo cruciale gli mancò il coraggio. Privo di uomini, egli fuggì ignominiosamente dalla città e si rifugiò in un casolare a pochi chilometri di distanza. Ma il suo tentativo fu vano. Il suo nascondiglio fu presto scoperto e, mentre i cavalieri si avvicinavano, egli chiamò uno schiavo in suo aiuto, e si inflisse una ferita mortale. Così il tiranno Nerone morì, all'età di trentadue anni. ------------------------Capitolo 49: L'ultima lettera di Paolo UVI 312 1 Paolo, ritornando dal tribunale di Cesare alla sua cella, comprese che aveva ottenuto soltanto una breve dilazione. In ogni caso i suoi nemici non si sarebbero fermati fino a che non avessero ottenuto la sua morte. Ma sapeva anche che per un certo tempo la verità aveva trionfato. Avere proclamato un Salvatore crocifisso e risorto davanti alla numerosa folla che lo aveva ascoltato era di per sé una vittoria. Quel giorno era iniziata un'opera che sarebbe cresciuta e diventata potente e che invano Nerone e tutti gli altri nemici di Cristo avrebbero cercato di ostacolare e di distruggere. UVI 312 2 Egli si rendeva conto che ogni giorno passato nella sua tetra cella lo avvicinava alla fine: un cenno o una parola di Nerone e sarebbe stato ucciso. Paolo pensò a Timoteo e decise di farlo chiamare. A Timoteo era stata affidata la chiesa di Efeso ed era stato lasciato lì quando Paolo aveva fatto il suo ultimo viaggio a Roma. Paolo e Timoteo erano legati da un affetto straordinariamente profondo e forte. Dopo la conversione, Timoteo aveva condiviso gli sforzi e le sofferenze di Paolo e l'amicizia tra i due era diventata sempre più ferma, più intima e più sacra. Timoteo aveva dimostrato all'anziano e affaticato apostolo lo stesso affetto che un figlio dimostra per il padre che ama e onora. Sorprende poco dunque che Paolo, oppresso dalla solitudine e dalla malinconia, desiderasse vederlo. UVI 312 3 Nel migliore dei casi sarebbero passati alcuni mesi prima che Timoteo, dall'Asia Minore, giungesse a Roma. Paolo sapeva che la sua vita era incerta e temette che Timoteo non arrivasse in tempo per vederlo. Egli aveva importanti consigli e istruzioni per il giovane uomo al quale era stata affidata una così grande responsabilità. Così, mentre lo esortava a raggiungerlo senza ritardo, dettò quell'ultima testimonianza, sapendo di avere poco tempo a disposizione. Con l'animo pieno di amore e di premura per quel figlio spirituale e per la chiesa che curava, Paolo insistette sulla fedeltà che Timoteo doveva dimostrare nell'adempimento del suo sacro incarico. UVI 312 4 Paolo iniziò la sua lettera con i saluti: "A Timoteo, mio diletto figliuolo, grazia, misericordia, pace da Dio Padre e da Cristo Gesù nostro Signore. Io rendo grazie a Dio, il quale servo con pura coscienza, come l'han servito i miei antenati, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere giorno e notte". 2 Timoteo 1:2, 3 (Luzzi). UVI 313 1 L'apostolo poi spiegò a Timoteo la necessità di essere costante nella fede: "Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per la imposizione delle mie mani. Poiché Iddio ci ha dato uno spirito non di timidità, ma di forza e d'amore e di correzione. Non aver dunque vergogna della testimonianza del Signor nostro, né di me che sono in catene per lui, ma soffri anche tu per l'Evangelo, sorretto dalla potenza di Dio". Paolo esortò Timoteo a ricordare che era stato chiamato con "una santa chiamata" a proclamare la potenza di Colui che "ha prodotto in luce la vita e l'immortalità mediante l'Evangelo, in vista del quale -- egli affermò -- io sono stato costituito banditore e apostolo e dottore. Ed è pure per questa cagione che soffro queste cose; ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e son persuaso ch'egli è potente da custodire il mio deposito fino a quel giorno". 2 Timoteo 1:6-12 (Luzzi). UVI 313 2 Durante il suo lungo servizio, Paolo non aveva mai vacillato nella fedeltà al suo Salvatore. Ovunque egli fosse, sia davanti ai farisei intriganti o alle autorità romane, sia davanti alla folla inferocita di Listra o ai rei peccatori nella cella macedone, sia che stesse ragionando con gli spaventati marinai della nave naufraga, o fosse solo davanti a Nerone per difendere la sua vita, egli non si era mai vergognato della causa che sosteneva. Il solo grande scopo della sua vita cristiana era stato servire Colui il cui nome una volta egli aveva coperto di infamia. Né l'opposizione né la persecuzione erano stati capaci di distoglierlo dal suo proposito. La sua fede, resa salda dagli sforzi e dai sacrifici, lo sorresse e lo fortificò. UVI 313 3 "Tu dunque, figliuol mio -- Paolo continuò -- fortificati nella grazia che è in Cristo Gesù, e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, i quali siano capaci d'insegnarle anche ad altri. Sopporta anche tu le sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù ". 2 Timoteo 2:1-3 (Luzzi). UVI 313 4 Il vero servitore di Dio non scanserà il duro lavoro o la responsabilità. Dio non delude mai coloro che desiderano il suo sostegno e la sua potenza. Il vero servitore attingerà da questa sorgente la forza che lo rende capace di affrontare e superare la tentazione e di compiere gli incarichi che Dio gli ha affidato. La natura della grazia che lui riceve, rafforza la sua capacità di conoscere Dio e il suo Figlio. Egli desidera compiere un servizio che sia gradito al Maestro. E mentre egli progredisce nel cammino cristiano, diventa forte "nella grazia che è in Cristo Gesù". Questa grazia lo rende capace di essere un fedele testimone delle cose che ha udito. Lui non disprezza né trascura la conoscenza che ha ricevuto da Dio, ma la trasmette a uomini fedeli, che a loro volta la insegneranno ad altri. UVI 314 1 In questa sua ultima lettera, Paolo presentò al giovane operaio un alto ideale, indicandogli le responsabilità poste su di lui, come ministro di Cristo. "Studiati di presentar te stesso approvato dinanzi a Dio -- l'apostolo scrisse -- operaio che non abbia ad esser confuso, che tagli rettamente la parola della verità... Fuggi gli appetiti giovanili e procaccia giustizia, fede, amore, pace con quelli che di cuor puro invocano il Signore. Ma schiva le quistioni stolte e scempie, sapendo che generano contese. Or il servitore del Signore non deve contendere, ma dev'essere mite inverso tutti, atto ad insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che contraddicono, se mai avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità". 2 Timoteo 2:15, 22-25 (Luzzi). UVI 314 2 L'apostolo avvertì Timoteo contro i falsi insegnanti che avrebbero cercato di entrare nella chiesa. "Or sappi questo, -- Paolo affermò che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del danaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, irreligiosi... aventi le forme della pietà, ma avendone rinnegata la potenza. Anche costoro schiva!". 2 Timoteo 3:1-6 (Luzzi). UVI 314 3 "I malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, -- egli continuò -- seducendo ed essendo sedotti. Ma tu persevera nelle cose che hai imparate e delle quali sei stato accertato, sapendo da chi le hai imparate, e che fin da fanciullo hai avuto conoscenza degli scritti sacri, i quali possono renderti savio a salute mediante la fede che è in Cristo Gesù. Ogni scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinchè l'uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona". 2 Timoteo 3:13-17 (Luzzi). Dio ha provveduto mezzi a sufficienza per avere successo contro il male che è nel mondo. La Bibbia è l'armeria dove noi possiamo equipaggiarci per la battaglia. I nostri fianchi devono essere cinti della verità. La corazza deve essere la giustizia. Lo scudo della fede deve essere nella nostra mano, l'elmo della salvezza sulla nostra fronte; e con la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio, noi dobbiamo vincere il peccato e ogni impedimento che ostacoli il nostro cammino. UVI 314 4 Paolo sapeva che la chiesa aveva dinanzi un tempo di grande pericolo. Comprendeva che coloro che avevano in cura delle chiese dovevano svolgere un'opera fedele e intensa. Perciò egli scrisse a Timoteo: "Io te ne scongiuro nel cospetto di Dio e di Cristo Gesù che ha da giudicare i vivi e i morti, e per la sua apparizione e per il suo regno: Predica la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo". 2 Timoteo 4:1, 2 (Luzzi). UVI 315 1 Questo solenne incarico, dato a uno così zelante e fedele come lo era Timoteo, testimonia con forza l'importanza e la responsabilità del lavoro che deve svolgere il ministro del Vangelo. Paolo voleva che Timoteo riconoscesse davanti a Dio l'impegno di predicare la Parola, non le opinioni e le usanze degli uomini, sfruttando le diverse occasioni che si presentano: davanti alle grandi folle o ai circoli privati, lungo la strada e davanti al fuoco, agli amici e ai nemici, sia che fosse al sicuro sia che fosse esposto alle difficoltà, al pericolo, alla minaccia e a ogni altro tipo di disagio. UVI 315 2 Temendo che la mite e docile disposizione di Timoteo potesse portarlo a scansare una parte essenziale del suo lavoro, Paolo lo esortò a essere severo nel rimproverare il peccato, soprattutto quando si trattava di persone colpevoli di grossi mali. Tuttavia egli doveva fare questo con "grande pazienza e sempre istruendo". Timoteo doveva rivelare la pazienza e l'amore di Cristo, spiegando e rinforzando i suoi rimproveri con le verità della Parola. UVI 315 3 Non è facile odiare e rimproverare il peccato e allo stesso tempo mostrare pietà e tenerezza per il peccatore. Più ferventi sono i nostri sforzi per ottenere la santità del carattere e della vita, più acuta sarà la nostra percezione del peccato e più decisa la nostra disapprovazione per qualsiasi deviazione dalla verità. Noi dobbiamo stare attenti a non essere esageratamente severi verso la persona che sbaglia; dobbiamo anche stare attenti a non perdere di vista l'immensa iniquità del peccato. Occorre mostrare pazienza e amore cristiano per colui che sbaglia, ma c'è anche il pericolo di mostrarsi troppo tolleranti nei confronti del suo errore: ciò potrebbe indurlo a considerarsi non degno di rimprovero per cui lo rifiuterà come non motivato e ingiusto. UVI 315 4 I ministri del Vangelo a volte fanno un grande danno permettendo che la loro pazienza verso colui che sbaglia degeneri in tolleranza per i peccati e addirittura in complicità. Costoro sono spinti a mitigare e a scusare ciò che invece Dio condanna; e dopo un certo tempo diventano così ciechi da lodare le stesse persone che Dio ordina loro di rimproverare. Colui che ha offuscato le sue percezioni spirituali mostrando tolleranza verso quelli che Dio condanna, presto commetterà un più grande peccato agendo con severità e durezza verso quelli che Dio approva. UVI 315 5 Molti che professano di essere cristiani e che si credono competenti nell'insegnare ad altri, a causa dell'orgogliosa sapienza umana, del disprezzo per l'influsso dello Spirito Santo e della ripugnanza delle verità contenute nella Parola di Dio, finiranno per trasgredire i comandamenti di Dio. Paolo dichiarò a Timoteo: "Verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d'udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole". 2 Timoteo 4:3, 4 (Luzzi). UVI 316 1 Qui, l'apostolo non si riferisce a quelli che sono apertamente irreligiosi ma ai cristiani praticanti che si fanno guidare dalle loro inclinazioni e che in tal modo diventano schiavi del loro io. Costoro vogliono ascoltare soltanto le dottrine che non rimproverano i loro peccati e non condannano la loro condotta immorale. Essi sono offesi dalle semplici parole dei servitori di Cristo e scelgono quegli insegnanti che li lodano e li lusingano. Anche tra i ministri ci sono di quelli che predicano le opinioni degli uomini invece della Parola di Dio. Questi, essendo infedeli al loro incarico, sviano le anime che si rivolgono a loro per ricevere una guida spirituale. UVI 316 2 Dio, nei precetti della sua santa legge, ha dato una perfetta regola di vita. Egli ha dichiarato che questa legge rimarrà immutata in ogni suo punto. Sino alla fine dei tempi Dio reclamerà i suoi diritti sugli uomini. Cristo venne per valorizzare la legge; Egli mostrò che essa si basa sul grande fondamento dell'amore verso Dio e l'amore verso gli uomini, e che tutto il dovere dell'uomo consiste nell'ubbidienza ai suoi precetti. Gesù, con la sua stessa vita, diede un esempio di ubbidienza alla legge di Dio. Nel sermone sulla montagna spiegò che i suoi princìpi andavano oltre le azioni esteriori includendo i pensieri e gli intenti del cuore. UVI 316 3 La legge, ubbidita, conduce gli uomini a "rinunziare all'empietà e alle mondane concupiscenze" e a "vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e piamente". Tito 2:12 (Luzzi). Ma il nemico della giustizia ha reso questo mondo schiavo e ha guidato uomini e donne a disubbidire alla legge. Come Paolo previde, molti si sono allontanati dalle semplici e penetranti verità della Parola di Dio e hanno scelto degli insegnanti che presentano loro le favole che essi desiderano. Molti sia tra i ministri che tra i membri stanno calpestando i comandamenti di Dio. Così il Creatore del mondo è insultato e Satana è contento di essere riuscito a ingannare gli uomini. UVI 316 4 Al crescente rigetto della legge divina si aggiunge una crescente disaffezione verso la religione, un aumento dell'orgoglio, dell'amore per il piacere, della disubbidienza ai genitori e dell'indulgenza. In ogni luogo, delle menti investigatrici stanno ansiosamente chiedendo: Cosa può essere fatto per correggere questi mali così allarmanti? La risposta si trova nell'esortazione che Paolo fece a Timoteo: "Predica la Parola". La Bibbia contiene i soli princìpi sicuri. Essa è una trascrizione della volontà di Dio, un'espressione della saggezza divina. Inoltre presenta all'intelletto umano i grandi problemi della vita. Essa sarà una guida infallibile per tutti coloro che gli danno ascolto, trattenendoli da quelle scelte capaci di rovinare la loro esistenza. UVI 317 1 Dio ha fatto conoscere il suo volere ed è follia per l'uomo dubitare l'attendibilità di ciò che è uscito dalle sue labbra. Dio ha una sapienza infinita; le sue parole non possono essere messe in dubbio o modificate seguendo un criterio umano. All'uomo è richiesta una sincera e attiva aderenza alla volontà di Dio. L'ubbidienza è la risposta più nobile della ragione come pure della coscienza. UVI 317 2 Paolo continuò le sue raccomandazioni: "Sii vigilante in ogni cosa, soffri afflizioni, fa l'opera d'evangelista, compi tutti i doveri del tuo ministerio". 2 Timoteo 4:5 (Luzzi). L'apostolo stava per terminare il corso e desiderava che Timoteo prendesse il suo posto, preservando la chiesa dalle favole e dalle eresie con le quali il nemico avrebbe cercato, in vari modi, di allontanarla dalla semplicità del Vangelo. Egli lo ammonì a scartare quelle aspettative di guadagno e di piacere che lo avrebbero trattenuto dal dedicarsi completamente al servizio per Dio. Lo incoraggiò ad affrontare con allegrezza l'opposizione, le minacce e la persecuzione alle quali la sua fedeltà lo avrebbe esposto. Timoteo doveva dare piena prova della sua vocazione impegnando ogni mezzo disponibile per fare del bene a quelli per cui Cristo era morto. UVI 317 3 La vita di Paolo fu un esempio delle verità che insegnava; tale era la formula del suo successo. Egli era ben cosciente della sua responsabilità, per questo lavorò in intima comunione con Colui che è la fonte della giustizia, della misericordia e della verità. La croce era la sola garanzia del suo successo. L'amore per il Salvatore fu il perenne motivo che lo sorresse nei conflitti interiori e nella lotta contro il male, mentre proseguiva nel servizio di Cristo lottando contro l'inimicizia del mondo e l'opposizione dei suoi avversari. UVI 317 4 In questi giorni di pericolo, la chiesa ha bisogno di operai che sappiano, come Paolo, essere utili in ogni momento; si badi bene, operai che abbiano una profonda esperienza delle cose di Dio e siano pieni di entusiasmo e di zelo. Uomini santi e pronti al sacrificio, uomini che non fuggano le prove e le responsabilità; uomini coraggiosi e veraci, uomini per cui Cristo è la "speranza della gloria" e che con labbra toccate dal santo fuoco "predicano la Parola". Per mancanza di operai come questi, la causa di Dio langue e l'ignoranza, come un mortale veleno, contamina la morale e annulla la speranza di una grande parte della razza umana. UVI 318 1 Quando i fedeli e provati messaggeri saranno chiamati a sacrificare le loro vite per amore della verità, chi si farà avanti per prendere il loro posto? I nostri giovani accetteranno la santa chiamata come hanno fatto i loro padri? Stanno preparandosi per riempire il vuoto causato dalla morte del fedele? L'esortazione di Paolo verrà ascoltata, la chiamata al dovere sarà udita, si vinceranno l'egoismo e l'ambizione che lusingano la gioventù? UVI 318 2 Paolo terminò la sua lettera con messaggi personali che riguardavano alcuni conoscenti e con l'invito a Timoteo di raggiungerlo al più presto. Egli parlò della sua tristezza causata dalla diserzione di alcuni dei suoi amici e dalla giustificata assenza di altri. Paolo lo informò che aveva già mandato Tichico perché lo sostituisse; Timoteo non doveva preoccuparsi: la chiesa di Efeso non sarebbe stata abbandonata. UVI 318 3 Dopo aver parlato di ciò che accadde al suo processo davanti a Nerone, della diserzione dei suoi fratelli e della grazia sostenitrice di un Dio che mantiene i suoi patti, Paolo concluse la sua lettera raccomandando il suo amato Timoteo alla cura del sommo Pastore il quale, sebbene i pastori a lui sottoposti sarebbero stati soppressi, avrebbe continuato ad avere cura del suo gregge. ------------------------Capitolo 50: Condannato a morte UVI 319 1 Durante l'ultimo processo di Paolo, Nerone era stato colpito dalla convinzione con la quale l'apostolo aveva parlato; per questo motivo aveva rimandato la decisione del caso, senza assolvere né condannare il servitore di Dio che doveva giudicare. Questa incertezza però durò poco, il male prese ben presto il sopravvento nell'animo dell'imperatore. Egli era esasperato dal successo e dal consenso che il cristianesimo andava vieppiù acquistando anche nella sua stessa casa, per questo decise che era necessaria l'eliminazione dell'apostolo appena se ne fosse presentata l'occasione propizia. Poco tempo dopo Nerone ruppe gli indugi e ordinò l'esecuzione di Paolo. L'apostolo era cittadino romano: questo particolare lo salvò dalla tortura anche se non impedì che fosse decapitato. UVI 319 2 Poche persone assistettero al trasferimento di Paolo al luogo prescelto per l'esecuzione. I suoi persecutori limitarono il numero degli spettatori, i quali temevano che, a motivo della fama acquisita dall'apostolo, le scene della sua morte avrebbero potuto conquistare nuovi proseliti e rafforzare la causa del cristianesimo. In ogni modo anche gli insensibili soldati che lo scortavano, furono sorpresi dal fatto che l'apostolo era contento, dal suo viso non traspariva il pur minimo segno di preoccupazione a motivo del supplizio che l'attendeva. Egli aveva già perdonato i suoi carnefici, lo sorreggeva un'incrollabile fiducia in Cristo. Questo comportamento spinse certuni tra quelli che assistettero al martirio ad accettare il cristianesimo. Molte di quelle persone, che avevano accettato il Salvatore predicato da Paolo, suggellarono coraggiosamente la loro fede con il sacrificio della propria vita. UVI 319 3 Fino alla sua ultima ora di vita, Paolo testimoniò delle parole di verità che aveva rivolto ai Corinzi: "L'Iddio che disse: Splenda la luce fra le tenebre, è quel che risplendé ne' nostri cuori affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo. Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché l'eccellenza di questa potenza sia di Dio e non da noi. Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all'estremo; perplessi, ma non disperati: perseguitati, ma non abbandonati: atterrati, ma non uccisi; portiam sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo". 2 Corinzi 4:6-10 (Luzzi). L'efficacia della sua predicazione non derivava da qualche virtù personale, ma dall'azione e dalla presenza dello Spirito Santo che colmava la sua anima e che assoggettava ogni suo pensiero alla volontà di Cristo. Il profeta dichiara: "A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida". Isaia 26:3 (Luzzi). La pace celeste espressa dal volto di Paolo conquistò molte anime al Vangelo. UVI 320 1 Paolo comunicò al prossimo l'atmosfera del cielo. Tutti quelli che ebbero un qualche contatto con lui sentirono l'influsso della sua unione con Cristo. Il fatto che la sua stessa vita rispecchiasse la verità garantiva l'efficacia della sua predicazione. Tale corrispondenza è sempre un segno della potenza della verità. L'influsso spontaneo e involontario di una vita santa è il più convincente sermone che possa essere fatto in favore del cristianesimo. Gli argomenti, anche quando sono indiscutibili, possono provocare opposizione; ma un buon esempio ha in sé una potenza alla quale è impossibile resistere. UVI 320 2 Egli era preoccupato per la sorte di quei credenti che avrebbero dovuto affrontare da soli il pregiudizio, l'odio e l'opposizione dei nemici. Tale preoccupazione gli aveva fatto perdere di vista l'approssimarsi della fine. Egli cercò di incoraggiare quei pochi cristiani che lo accompagnavano al luogo dell'esecuzione ripetendo le promesse dirette a coloro che sono perseguitati per amore della giustizia. Li assicurò che tutto ciò che il Signore aveva detto circa i suoi fedeli servitori si sarebbe avverato. Per un breve tempo essi sarebbero stati aggravati da molteplici tentazioni, e privati delle comodità terrene; in ogni caso erano certi del fatto che Dio li avrebbe aiutati quando affermavano: "Io so in chi ho creduto e sono persuaso ch'egli è potente da custodire il mio deposito". 2 Timoteo 1:12 (Luzzi). Presto la notte della prova e della sofferenza sarebbe terminata e sarebbe sorta la gioiosa aurora e la pace di un giorno perfetto. UVI 320 3 L'apostolo guarda al grande aldilà, non con incertezza e paura ma con un animo fiducioso, desideroso di conoscere ciò che l'attende. Mentre si trova sul luogo del martirio, egli non vede la spada dell'esecutore né la terra che presto riceverà il suo sangue, ma contempla, attraverso il cielo terso di quel giorno, il trono dell'Eterno. UVI 321 4 Questo uomo vede la scala della visione di Giacobbe, in essa vi scorge il legame che unisce la terra al cielo, l'umanità limitata al Dio infinito. La sua fede è fortificata dall'esempio dei patriarchi e dei profeti che hanno confidato nello stesso Dio che lo sostiene e lo consola, e per il quale sta dando la vita. Da questi santi uomini che attraverso i secoli hanno dato testimonianza della loro fede, egli ode delle parole che lo assicurano della fedeltà di Dio. Gli apostoli, suoi compagni, hanno predicato il Vangelo di Cristo, affrontando il bigottismo religioso e le superstizioni pagane, nella persecuzione e nell'avversità, rinunciando alla loro vita per potere innalzare la luce della croce sulle oscure tenebre dell'infedeltà. Egli ode da loro delle parole che attestano la divinità di Gesù, il Salvatore del mondo. Dalla ruota delle torture, dal rogo, dalle prigioni, dai sotterranei e dalle fosse della terra sale alle sue orecchie il trionfante grido dei martiri. Egli ode la testimonianza dei credenti, che sebbene abbandonati, afflitti e tormentati, danno ardita e solenne testimonianza della loro fede, dichiarando: "Io so in chi ho creduto". Questi credenti, sacrificando la loro vita per la fede, proclamano al mondo che Colui nel quale essi confidano è capace di salvare anche il più incallito peccatore. UVI 321 1 Riscattato dal sacrificio di Cristo, lavato dal peccato nel suo sangue, rivestito della sua giustizia, Paolo ha la certezza che la sua anima è preziosa agli occhi del suo Redentore. La sua vita è nascosta con Cristo in Dio, ed egli è persuaso che Colui che ha conquistato la morte è capace di custodire tutto quello che è stato affidato alla sua cura. La sua mente afferra la promessa del Salvatore: "Io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Giovanni 6:40 (Luzzi). I suoi pensieri e le sue speranze sono concentrate sulla seconda venuta del suo Signore. E mentre la spada dell'esecutore si abbatte su di lui e le ombre della morte lo circondano, lo accompagna questo suo ultimo pensiero, un pensiero che rivivrà il giorno del grande risveglio, quando incontrerà il Creatore della vita, che lo farà partecipe della gioia dei beati. UVI 321 2 Molti secoli sono trascorsi da quando l'anziano Paolo versò il suo sangue in testimonianza della Parola di Dio e in testimonianza di Gesù Cristo. Nessuna mano fedele ha scritto per le future generazioni le ultime scene della vita di questo uomo santo; malgrado ciò Dio ha preservato per noi il suo testamento in punto di morte. Come uno squillo di tromba, la sua voce ha risuonato attraverso i tempi, rinvigorendo con il suo coraggio le migliaia di persone che hanno testimoniato la loro fede in Cristo, e risvegliando in migliaia di cuori afflitti l'eco della sua trionfante gioia: "Io sto per esser offerto a mo' di libazione, e il tempo della mia dipartenza è giunto. Io ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbata la fede; del rimanente mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione". 2 Timoteo 4:6-8 (Luzzi). ------------------------Capitolo 51: Un fedele pastore al servizio di Cristo UVI 322 1 Il libro degli Atti fa poco riferimento all'opera che Pietro svolse nei suoi ultimi anni. Durante il periodo di intenso ministero che seguì la discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, egli fu tra quelli che più si sforzarono ponendosi l'obiettivo di raggiungere i giudei che arrivavano a Gerusalemme per partecipare alle festività annuali. UVI 322 2 Mentre il numero dei credenti aumentava sia in Gerusalemme che negli altri luoghi che erano stati visitati dai messaggeri della croce, i talenti che Pietro possedeva contribuirono all'edificazione della chiesa cristiana primitiva. L'influsso della sua testimonianza riguardante Gesù di Nazareth si sparse ovunque. Su lui era stata posta una duplice responsabilità. Egli testimoniò positivamente del Messia presso gli infedeli, lavorando dinamicamente per la loro conversione; e allo stesso tempo svolse un'opera speciale per i credenti, fortificandoli nella fede in Cristo. UVI 322 3 Dopo che Pietro era stato guidato a rinunciare a se stesso e a confidare totalmente nella potenza divina, egli fu chiamato come pastore al servizio di Cristo. Cristo, prima che Pietro lo rinnegasse, gli disse: "Quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli". Luca 22:32 (Luzzi). Queste parole indicavano il vasto ed effettivo lavoro che l'apostolo doveva compiere in futuro per coloro che si sarebbero convertiti alla fede. Pietro era stato preparato per questo compito dalla sua stessa esperienza di peccato, di sofferenza e di pentimento. Solo quando ebbe conosciuto la sua debolezza poté capire che ogni credente ha bisogno di dipendere da Cristo. Nella tempesta della tentazione egli era riuscito a comprendere che l'uomo può camminare sicuro solo quando diffida di se stesso e confida nel Salvatore. UVI 322 4 Durante l'ultimo incontro di Gesù con i suoi discepoli presso il mare di Tiberiade, Pietro, esaminato dalla triplice domanda: "Mi ami tu?", era stato riabilitato e reintegrato fra i dodici. Il lavoro che gli fu assegnato consisteva nel curare il gregge del Signore. Ora, convertito e accettato, doveva non solo cercare di salvare quelli che erano fuori dell'ovile, ma essere un pastore delle pecore che erano già al suo interno. UVI 322 5 Cristo pose a Pietro una sola condizione di servizio: "Mi ami tu?" Da ciò dipendeva la sua qualificazione. Anche se l'apostolo avesse posseduto qualsiasi altra qualità, senza l'amore di Cristo, non poteva essere un fedele pastore del gregge di Dio. Conoscenza, benevolenza sono qualità tanto indispensabili quanto utili per lo svolgimento del proprio compito, nonostante ciò l'opera del ministro fallirà se la sua volontà non è ispirata dall'amore di Cristo. UVI 323 1 L'amore di Cristo non è un sentimento comune, ma un principio vitale che deve essere reso manifesto nel cuore come una potenza inesauribile. Se il carattere e il comportamento del pastore è in sintonia con la verità che egli difende, il Signore metterà il sigillo della sua approvazione sulla sua opera. Il pastore e il gregge diverranno uno, uniti dalla loro comune speranza in Cristo. UVI 323 2 La maniera con la quale il Salvatore trattò Pietro conteneva una lezione sia per lui che per i suoi fratelli. Sebbene avesse rinnegato il suo Signore, l'amore che Gesù provava per lui rimase immutato. Così, quando l'apostolo avrebbe svolto la sua opera portando la Parola agli altri, avrebbe saputo manifestare verso il trasgressore pazienza, simpatia e amore. Ricordando la sua debolezza e la sua caduta, egli doveva trattare le pecore e gli agnelli affidati alla sua cura con la stessa tenerezza che Cristo gli aveva dimostrato. UVI 323 3 Le persone dedite al male sono inclini a trattare aspramente quelli che sono tentati e si mostrano deboli. Non possono leggere nel cuore e non conoscono le loro lotte e le loro pene. Devono imparare a rimproverare con amore, a riprendere per guarire le ferite e ad avvertire dando speranza. UVI 323 4 Durante il suo ministero, Pietro vigilò fedelmente sul gregge affidato alle sue cure e così si dimostrò degno dell'incarico e della responsabilità che il Redentore gli aveva dato. Egli esaltò sempre Gesù come la speranza di Israele e il Salvatore dell'umanità. Sottomise la propria vita alla disciplina del sommo Pastore. Cercò con ogni mezzo in suo potere di educare i credenti per un servizio attivo. Il suo buon esempio e la sua instancabile attività ispirarono molti giovani promettenti a consacrarsi all'opera del ministero. Col passare del tempo, l'influsso dell'apostolo come educatore e dirigente aumentò; e pur non venendo meno al suo speciale impegno verso i giudei, diede anche la sua testimonianza in altre terre, rafforzando un grande numero di persone nella fede del Vangelo. UVI 323 5 Negli ultimi anni del suo ministero, Pietro fu ispirato a scrivere ai credenti "che vivono come forestieri nella dispersione del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell'Asia e della Bitinia". 1 Pietro 1:1 (Luzzi). Le sue lettere erano dei mezzi per ravvivare il coraggio e rafforzare la fede di quelli che si trovavano nelle prove e nell'afflizione, dei mezzi per stimolare al bene coloro che attraverso molteplici tentazioni correvano il pericolo di separarsi definitivamente da Dio. Queste lettere dimostrano che colui che le ha scritte abbondava nelle sofferenze e nella consolazione di Cristo. L'autore era stato completamente trasformato dalla grazia: e non aveva dubbi sulla sua salvezza, il suo animo era ispirato continuamente da una speranza di vita eterna. UVI 324 1 L'anziano servitore di Dio inizia la sua prima lettera elevando al suo Signore un tributo di lode e di ringraziamento. Egli esclamò: "Benedetto sia l'Iddio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua gran misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, ad una speranza viva in vista di una eredità incorruttibile, immacolata ed immarcescibile, conservata ne' cieli per voi, che dalla potenza di Dio, mediante la fede, siete custoditi per la salvazione che sta per esser rivelata negli ultimi tempi". 1 Pietro 1:3-5 (Luzzi). UVI 324 2 I primi cristiani gioirono nella speranza dell'eredità sicura che li attendeva nella nuova terra, anche quando sopraggiunsero tempi più difficili. "Voi esultate, -- scrisse Pietro -- sebbene ora, per un po' di tempo, se così bisogna, siate afflitti da svariate prove, affinché la prova della vostra fede, molto più preziosa dell'oro che perisce, eppure è provato col fuoco, risulti a vostra lode, gloria ed onore alla rivelazione di Geù Cristo... voi gioite d'un allegrezza ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime". 1 Pietro 1:6-9 (Luzzi). UVI 324 3 Le parole dell'apostolo furono scritte per l'istruzione dei credenti di ogni tempo, e contengono uno speciale significato per quelli che vivono nel tempo in cui "la fine di ogni cosa è vicina". 1 Pietro 4:7 (Luzzi). Ogni anima che desidera mantenere la sua fede "ferma sino alla fine" necessita delle sue parole di esortazione, di avvertimento, di fede e di incoraggiamento. Ebrei 3:14. UVI 324 4 L'apostolo cercò di insegnare ai credenti quanto sia importante impedire alla mente di vagabondare su temi proibiti e di sprecare le energie su soggetti immorali. Coloro che non vogliono essere preda delle astuzie di Satana devono sorvegliare bene i propri pensieri. Essi devono evitare di leggere, guardare o ascoltare ciò che suscita pensieri impuri. Non bisogna permettere che Satana influenzi la nostra mente con i suoi sottili inganni. Il cuore deve essere fedelmente vigilato, altrimenti i mali esterni risveglieranno mali interiori, e l'anima sarà preda dell'errore. Cingete "i fianchi della vostra mente -- scrisse Pietro -- e stando sobrî, abbiate piena speranza nella grazia che vi sarà recata nella rivelazione di Gesù Cristo... non vi conformate alle concupiscenze del tempo passato quand'eravate nell'ignoranza; ma come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Siate santi, perché io son santo". 1 Pietro 1:13-16 (Luzzi). UVI 325 1 "Conducetevi con timore durante il tempo del vostro pellegrinaggio; sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come d'agnello senza difetto né macchia, ben preordinato prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi, i quali per mezzo di lui credete in Dio che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, onde la vostra fede e la vostra speranza fossero in Dio". 1 Pietro 1:17-21 (Luzzi). UVI 325 2 Se l'argento e l'oro fossero stati sufficienti per acquistare la salvezza degli uomini, quanto più facilmente sarebbe stata realizzata da Colui che dice: "Mio è l'argento e mio è l'oro". Aggeo 2:8 (Luzzi). Ma il trasgressore poteva essere redento solo mediante il prezioso sangue del Figlio di Dio. Il piano della salvezza fu costituito sul principio del sacrificio. L'apostolo Paolo scrisse: "Voi conoscete la carità del Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, s'è fatto povero per amor vostro, onde, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi". 2 Corinzi 8:9 (Luzzi). Cristo diede se stesso per poterci redimere da tutta la nostra iniquità, per offrirci la benedizione della salvezza, infatti "il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore". Romani 6:23 (Luzzi). UVI 325 3 "Avendo purificate le anime vostre coll'ubbidienza alla verità per arrivare a un amor fraterno non finto -- continuò Pietro -- amatevi l'un l'altro di cuore, intensamente". La Parola di Dio, la verità, è il canale attraverso il quale il Signore manifesta il suo Spirito e la sua potenza. L'ubbidienza alla Parola produce frutti della qualità richiesta, "un amor fraterno non finto". Questo amore è di origine divina e guida a nobili intenzioni e ad azioni altruistiche. 1 Pietro 1:22 (Luzzi). UVI 325 4 Quando la verità diventa un principio costante della vita, l'anima è rigenerata "non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente". 1 Pietro 1:23 (Luzzi). Questa nuova nascita è il risultato di una conversione che ha come punto di riferimento la Parola di Dio. La mente si rinnova e il corpo rinvigorisce se si desidera cooperare con Dio e si accetta senza riserve il suo insegnamento. Lo Spirito Santo imprime le verità divine sul cuore di chi fa questa esperienza. UVI 325 5 Così è avvenuto con Pietro e con i suoi compagni discepoli. Cristo fu il rivelatore della verità al mondo. Per mezzo di lui, il seme incorruttibile, la Parola di Dio, fu piantato nei cuori degli uomini. Ma molte delle più preziose lezioni del grande Maestro furono rivolte a persone che allora non le comprendevano. Quando, dopo la sua ascensione, lo Spirito Santo fece ricordare ai discepoli i suoi insegnamenti, i loro sensi assopiti si risvegliarono. Il significato di queste verità li illuminò all'improvviso e in seguito a tale effetto esse costituirono, nella loro purezza, il presupposto di un nuovo orientamento. La meravigliosa esperienza della vita di Gesù rivive nelle loro parole e nelle loro azioni. La Parola recò testimonianza per mezzo loro -- gli uomini che si era scelto -- ed essi proclamarono la potente verità: "la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità... Infatti, è della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia sopra grazia". Giovanni 1:14, 16 (Luzzi). UVI 326 1 L'apostolo esortò i credenti a studiare le Scritture, acquisendo una giusta comprensione per poter compiere un buon lavoro per l'eternità. Pietro comprese che nell'esperienza di ogni anima che è alla fine vittoriosa, ci sarebbero state scene di perplessità e di prova. Ma egli sapeva anche che una comprensione delle Scritture avrebbe riportato alla mente del tentato le promesse di Dio, confortando il suo cuore, e fortificando la sua fede nell'Onnipotente. UVI 326 2 "Ogni carne è com'erba -- egli affermò -- e ogni sua gloria come il fior dell'erba. L'erba si secca, e il fiore cade, ma la parola del Signore permane in eterno. E questa è la Parola della Buona Novella che vi è stata annunziata. Gettando dunque lungi da voi ogni malizia, e ogni fede, e le ipocrisie, e le invidie, ed ogni sorta di maldicenze, come bambini pur ora nati, appetite il puro latte spirituale, onde per esso cresciate per la salvezza, se pure avete gustato che il Signore è buono". 1 Pietro 1:24, 25; 2:1-3 (Luzzi). UVI 326 3 Molti dei credenti ai quali Pietro indirizzò le sue lettere, stavano vivendo in mezzo a gente idolatra, e molto dipendeva dalla loro fedeltà alla professione di fede che li distingueva. L'apostolo li sollecitò a ben servirsi dei privilegi riservati ai seguaci di Cristo Gesù. "Voi siete una generazione eletta -- scrisse egli -- un real sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio s'è acquistato, affinché proclamiate le virtù di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua maravigliosa luce; voi che già non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia". 1 Pietro 2:9, 10 (Luzzi). UVI 326 4 "Diletti, io v'esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dalle carnali concupiscenze che guerreggiano contro l'anima, avendo una buona condotta fra i Gentili; affinché laddove sparlano di voi come di malfattori, essi, per le vostre buone opere che avranno osservate, glorifichino Iddio nel giorno ch'Egli li visiterà". 1 Pietro 2:11, 12 (Luzzi). UVI 327 1 L'apostolo indicò chiaramente l'attitudine che i credenti dovrebbero mantenere verso le autorità civili: "Siate soggetti, per amor del Signore, ad ogni autorità creata dagli uomini: al re, come sovrano; ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per dar lode a quelli che fanno il bene. Poiché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca alla ignoranza degli uomini stolti; come liberi, ma non usando già della libertà qual manto che copra la malizia, ma come servi di Dio. Onorate tutti. Amate la fratellanza. Temete Iddio. Rendete onore al re". 1 Pietro 2:13-17 (Luzzi). UVI 327 2 I servi furono ammoniti a rimanere soggetti ai loro padroni "con ogni timore... ai buoni e moderati, ma anche a quelli che son difficili. Poiché questo è accettevole: -- spiegò l'apostolo -- se alcuno, per motivo di coscienza davanti a Dio, sopporta afflizioni, patendo ingiustamente. Infatti, che vanto c'è se, peccando ed essendo malmenati, voi sopportate pazientemente? Ma se facendo il bene, eppur patendo, voi sopportate pazientemente, questa è cosa grata a Dio. Perché a questo siete stati chiamati: poiché anche Cristo ha patito per voi, lasciandovi un esempio, onde seguiate le sue orme; egli, che non commise peccato, e nella cui bocca non fu trovata alcuna frode; che, oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; che, soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di Colui che giudica giustamente; egli, che ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, sul legno, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le cui lividure siete stati sanati. Poiché eravate erranti come pecore; ma ora siete tornati al Pastore e Vescovo delle anime vostre". 1 Pietro 2:18-25 (Luzzi). UVI 327 3 L'apostolo esortò le donne nella fede a essere caste nella conversazione e modeste nell'abbigliamento e nella condotta. "Il vostro ornamento -- egli consigliò -- non sia l'esteriore che consiste nell'indossare vesti dei capelli, nel mettersi attorno dei gioielli d'oro, nell'indossare vesti sontuose ma l'essere occulto del cuore fregiato dell'ornamento incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran prezzo". 1 Pietro 3:3, 4 (Luzzi). UVI 327 4 La lezione si applica ai credenti di ogni tempo. "Voi li riconoscerete dunque dai loro frutti". Matteo 7:20 (Luzzi). L'ornamento interiore di uno spirito umile e calmo è di inestimabile valore. Nella vita del vero cristiano l'ornamento esteriore è sempre in armonia con la pace e la santità interiore. "Se uno vuol venire dietro a me, -- disse Gesù -- rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua". Matteo 16:24 (Luzzi). L'abnegazione e il sacrificio sono il segno della vita cristiana. La dimostrazione che il gusto è convertito, sarà vista nell'abbigliamento di tutti coloro che camminano nel sentiero tracciato per i riscattati del Signore. UVI 328 1 È giusto apprezzare e desiderare la bellezza terrena; ma Dio desidera che si cerchi prima la bellezza celeste, quella che non perisce mai. Nessun ornamento esteriore può paragonarsi in valore e amabilità allo "spirito benigno e pacifico", al "lino fino bianco e puro" che tutti i santi della terra indosseranno. Apocalisse 19:14. Questo ornamento li renderà belli e amati qui, e diverrà il loro distintivo di ammissione al palazzo del Re. La sua promessa è: "Essi cammineranno meco in vesti bianche, perché ne son degni". Apocalisse 3:4 (Luzzi). UVI 328 2 L'apostolo aveva già una chiara visione dei tempi di pericolo che si sarebbero abbattuti sulla chiesa di Cristo, per questo esortò i credenti a perseverare di fronte alle prove e alle sofferenze. "Diletti, -- egli scrisse -- non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi". 1 Pietro 4:12 (Luzzi). UVI 328 3 La prova è parte dell'educazione prevista dalla scuola di Cristo per purificare i figli di Dio dalle impurità terrene. Dio guida i suoi figli anche attraverso l'esperienza della prova. Difficoltà e ostacoli sono i metodi di disciplina da lui scelti, le condizioni che ha stabilito per il successo. Colui che legge i cuori degli uomini conosce le loro debolezze più di quanto le conoscano loro stessi. Egli vede che alcuni hanno delle qualità che, se correttamente dirette, possono essere usate per l'avanzamento della sua opera. Nella sua provvidenza, Dio permette che queste persone affrontino situazioni diverse, affinché possano scoprire i difetti di cui non sono a conoscenza. Egli dà loro l'opportunità di correggere questi difetti e diventare idonei per il servizio. Spesso permette che i fuochi dell'afflizione ardano perché possano essere purificati. UVI 328 4 Dio cura incessantemente la sua eredità terrena. Non permette che alcuna afflizione colpisca i suoi figli se non quella che è essenziale per il loro bene presente ed eterno. Egli purificherà la sua chiesa, così come purificò il tempio durante il suo ministero terreno. Tutte quelle prove e quelle difficoltà che sopraggiungono sul suo popolo, hanno l'unico scopo di infondere nei credenti una più profonda pietà e una più grande forza per portare avanti l'opera del Signore. UVI 328 5 C'era stato un tempo in cui Pietro non era disposto ad accettare l'idea che Gesù dovesse morire sulla croce. Quando il Salvatore fece conoscere ai suoi discepoli le sofferenze e la morte che avrebbero colpito la sua persona, Pietro aveva esclamato: "Tolga ciò Iddio, Signore; questo non ti avverrà mai". Matteo 16:22 (Luzzi). La protesta di Pietro era stata generata dall'autocommiserazione; tale sentimento lo tratteneva dal partecipare alle sofferenze di Cristo. Questa fu una dura lezione per il discepolo, una lezione che imparò lentamente. Il cammino di Cristo sulla terra era tracciato nell'agonia e nell'umiliazione. Egli dovette imparare la lezione nel fuoco della fornace ardente. Ora che il suo corpo, una volta vigoroso, era curvo sotto il peso degli anni e delle fatiche, egli poté scrivere: "Diletti, non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi, quasiché vi avvenisse qualcosa di strano. Anzi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevene, affinché anche alla rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi giubilando". 1 Pietro 4:12, 13 (Luzzi). UVI 329 1 Circa le responsabilità dei pastori del gregge di Cristo, l'apostolo scrisse agli anziani di chiesa: "Pascete il gregge di Dio che è fra voi, non forzatamente, ma volenterosamente secondo Dio; non per un vil guadagno, ma di buon animo; e non come signoreggiando quelli che vi son toccati in sorte, ma essendo gli esempi del gregge. E quando sarà apparito il sommo Pastore, otterrete la corona della gloria che non appassisce". 1 Pietro 5:2-4 (Luzzi). UVI 329 2 Quelli che occupano la posizione del pastore devono esercitare una diligente sorveglianza sul gregge del Signore. Tale sorveglianza non deve avere il carattere di una dittatura; essa deve incoraggiare ed edificare l'animo di ogni credente. Non basta saper tenere i sermoni per essere dei buoni ministri. Occorre aggiungere alle belle parole un dinamico lavoro personale. La chiesa sulla terra è composta di uomini e donne che sbagliano, occorre perciò sforzarsi con coscienza, cercando di promuovere nella chiesa un maggiore impegno nell'attività missionaria che prepari i credenti alla vita futura nel cielo. C'è bisogno di ministri che siano fedeli al loro compito di pastori del gregge e che non lusinghino il popolo di Dio, né lo trattino aspramente, ma che lo alimentino con il pane della vita. Occorrono uomini che sentano quotidianamente la potenza trasformatrice dello Spirito Santo e che nutrano un profondo e disinteressato amore verso coloro per cui lavorano. UVI 329 3 Il pastore ha un delicato lavoro da compiere e incontrerà nella chiesa solitudine, amarezza, invidia e gelosia; malgrado tutto questo egli deve agire nello spirito di Cristo per mettere le cose a posto. Egli dovrà dare degli avvertimenti veraci, dovrà rimproverare il peccato, riparare gli errori, non solo tramite i sermoni ma anche per mezzo di un lavoro personale. Il cuore sviato potrebbe travisare il messaggio e il servitore di Dio potrebbe essere giudicato male ed essere criticato. Se ciò avviene egli si ricordi di una cosa: "La sapienza che è da alto, prima è pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Or il frutto della giustizia si semina nella pace per quelli che s'adoprano alla pace". Giacomo 3:17, 18 (Luzzi). UVI 330 1 L'opera del ministro del Vangelo è "di manifestare a tutti quale sia il piano seguito da Dio fu il mistero che è stato fin dalle più remote età nascosto in Dio". Efesini 3:9 (Luzzi). Se colui che inizia questo lavoro sceglie la parte che richiede meno sacrificio, accontentandosi di predicare e lasciando la cura delle anime a qualcun altro, compirà degli sforzi che Dio non accetterà. Molte persone per le quali Cristo è morto, stanno perendo per mancanza di cura. Colui che inizia questo ministero senza essere disposto a svolgere l'opera personale che la cura del gregge richiede, ha frainteso il vero scopo del suo lavoro. UVI 330 2 Il vero pastore possiede uno spirito di abnegazione. Egli rinuncia a se stesso per poter svolgere il compito che Dio gli ha assegnato. Attraverso la predicazione della Parola e una costante presenza presso le famiglie, egli apprende le loro necessità, le loro prove; e cooperando con il grande Misericordioso, condivide le loro afflizioni, li conforta partecipando alla loro angoscia, allevia le loro anime assetate e conquista i loro cuori a Dio. In questa opera, il ministro è assistito dagli angeli del cielo ed è istruito e illuminato nella verità che conduce alla salvezza. UVI 330 3 Istruendo quelli che avevano posizioni di responsabilità nella chiesa, l'apostolo Pietro indicò alcuni princìpi generali che dovevano essere seguiti da tutti i membri della chiesa. I giovani del gregge furono esortati a seguire l'esempio dei loro anziani nella pratica dell'umiltà cristiana. "Parimente, voi più giovani, siate soggetti agli anziani. E tutti rivestitevi d'umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché Egli v'innalzi a suo tempo, gettando su di lui ogni vostra sollecitudine, perch'Egli ha cura di voi. Siate sobrî, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno a guisa di leon ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede". 1 Pietro 5:5-9 (Luzzi). UVI 330 4 Questo Pietro scrisse ai credenti in quel tempo di particolare prova per la chiesa. Molti erano già partecipi delle sofferenze di Cristo, e presto la chiesa avrebe incontrato un periodo di terribile persecuzione. Entro pochi anni molti tra i dirigenti della chiesa avrebbero dato la loro vita per il Vangelo. Presto sarebbero apparse della volpi rapaci che non avrebbero risparmiato il gregge. Ma nessuna di queste cose doveva portare scoraggiamento a coloro che credevano in Cristo. Con poche parole di incoraggiamento e di buon auspicio Pietro condusse le menti dei credenti dalle presenti prove e future scene di sofferenza alla "eredità incorruttibile, immacolata ed immarcescibile, conservata ne' cieli". 1 Pietro 1:4 (Luzzi). "Or l'Iddio d'ogni grazia, -- egli pregò ferventemente -- il quale vi ha chiamati alla sua eterna gloria in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà Egli stesso, vi renderà saldi, vi fortificherà. A lui sia l'imperio, nei secoli dei secoli. Amen". 1 Pietro 5:10, 11 (Luzzi). ------------------------Capitolo 52: Fedele fino alla morte UVI 332 1 Pietro indirizza la sua seconda lettera a quei credenti che hanno provato la loro fede. L'apostolo presenta il piano divino per lo sviluppo del carattere cristiano. Egli scrive: UVI 332 2 "Grazia e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesù nostro Signore. Poiché la sua potenza divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà mediante la conoscenza di Colui che ci ha chiamati mercé la propria gloria e virtù, per le quali Egli ci ha largito le sue preziose e grandissime promesse onde per loro mezzo voi foste fatti partecipi della natura divina dopo esser fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via della concupiscenza. UVI 332 3 "Voi... mettendo in ciò dal canto vostro ogni premura, aggiungete alla fede vostra la virtù; alla virtù la conoscenza... se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né oziosi né sterili nella conoscenza del Signor nostro Gesù Cristo". 2 Pietro 1:2-8 (Luzzi). UVI 332 4 Queste parole sono piene di istruzione e posseggono la chiave della vittoria. L'apostolo presenta ai credenti la scala del progresso cristiano, ogni gradino della quale rappresenta una crescita nella conoscenza di Dio. In questa ascensione non può esserci sosta. I gradini della scala sono la fede, la virtù, la conoscenza, la temperanza, la pazienza, la bontà, la gentilezza fraterna e la carità. Noi siamo salvati scalando gradino dopo gradino, salendo passo su passo, fino a realizzare l'ideale che Cristo ci ha proposto. Egli ci dà tutto ciò che può esserci utile per vivere meglio ed essere salvati dal male. UVI 332 5 Dio ha destinato il suo popolo alla gloria e alla virtù, e coloro che sono veramente uniti a lui manifesteranno queste qualità nella loro vita. Essendo divenuti partecipi del dono celeste, essi devono cercare la perfezione, sostenuti "dalla potenza di Dio, mediante la fede" (1 Pietro 1:5, Luzzi) è Dio che nella sua gloria dà la virtù ai suoi figli. Egli desidera che tutti raggiungano la perfezione; ogni credente sarà reso completo di ogni cosa, quando per fede si approprierà della potenza di Cristo e reclamerà le sue trionfanti promesse, quando cercherà con tutte le sue forze di disporsi all'influsso dello Spirito Santo. UVI 332 6 Il compito successivo del credente, che ha accettato la fede del Vangelo, sarà quello di aggiungere al suo carattere la virtù e così purificare il cuore e preparare la mente per la ricezione della conoscenza di Dio. Questa conoscenza è il fondamento della vera educazione e del vero servizio. Essa è la sola vera protezione contro la tentazione, la sola che può rendere il carattere di una persona simile a quello di Dio. Attraverso la conoscenza di Dio e del suo figlio Gesù Cristo, al credente sono date "tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà". 2 Pietro 1:3 (Luzzi). Nessun dono viene rifiutato a colui che cerca sinceramente di ottenere il beneficio della giustizia divina. UVI 333 1 Gesù disse: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo". Giovanni 17:3 (Luzzi). E il profeta Geremia affermò: "Il savio non si glorî della sua saviezza, il forte non si glorî della sua forza, il ricco non si glorî della sua ricchezza; ma chi si gloria si glorî di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono l'Eterno, che esercita la benignità, il diritto e la giustizia sulla terra; perché di queste cose mi compiaccio, dice l'Eterno". Geremia 9:23, 24 (Luzzi). La mente umana può comprendere solo limitatamente la profondità, l'ampiezza e l'altezza dei vantaggi che questa conoscenza può apportare a chi l'ottiene. UVI 333 2 Chiunque può riuscire a ottenere, nella propria sfera, la perfezione del carattere cristiano. Per mezzo del sacrificio di Cristo è stato provveduto a quei mezzi spirituali che occorrono al credente per santificare la sua vita. Dio ci chiama a raggiungere l'ideale della perfezione e ci pone davanti l'esempio del carattere di Cristo. Nella sua umanità, resa perfetta da una vita di costante resistenza al male, il Salvatore mostrò che mediante la cooperazione con la Divinità, gli esseri umani possono ottenere in questa vita la perfezione di carattere. Questa è la certezza dataci da Dio e cioè che noi pure possiamo ottenere una completa vittoria. UVI 333 3 Al credente viene presentata la meravigliosa possibilità di essere come Cristo, ubbidiente a tutti i princìpi della legge. Ma da se stesso l'uomo è totalmente incapace di raggiungere questa condizione. La santità che la Parola di Dio richiede al credente prima che possa essere salvato, è il risultato dell'azione della grazia divina che opera quando egli si sottomette alla disciplina e all'influsso positivo dello Spirito della verità L'ubbidienza dell'uomo è resa perfetta solo per mezzo dell'offerta della giustizia di Cristo che accompagna ogni atto di ubbidienza. Il compito del cristiano è quello di fare ogni sforzo che contribuisca alla eliminazione dei suoi difetti. Egli deve pregare costantemente il Salvatore perché guarisca l'infezione che ha contaminato la sua anima. Lui non possiede la saggezza né la forza per vincere; tali qualità appartengono al Signore. Egli è disposto a concederle a coloro che, umaliati e pentiti, ricercano continuamente il suo aiuto. UVI 334 1 L'opera della trasformazione dall'empietà alla santità è continua. Giorno per giorno Dio opera in favore della santificazione dell'uomo; da parte sua, il credente deve cooperare con lui, sforzandosi di coltivare delle buone abitudini. Dio è accanto all'uomo che lo cerca con tutto il cuore. Egli non risparmia la sua grazia per quel tipo d'uomo. Il nostro Salvatore è sempre disposto ad ascoltare e rispondere alle preghiere del cuore pentito, moltiplicando le sue benedizioni a favaro si chiunque crede in lui. Con gioia Egli assiste i credenti quando sono vittime dei mali che li circondano. UVI 334 2 Alcuni cominciano ad ascendere la scala del progresso cristiano, ma col tempo finiscono per confidare esclusivamente nelle loro forze, perdendo di vista Gesù, la fonte ineliminabile della loro fede. Il risultato è il fallimento, la perdita di tutto quello che era stato conseguito. è davvero triste la condizione di coloro che, perdendo il contatto con tale Fonte, permettono al nemico delle anime di derubarli di quelle virtù cristiane che sono state sviluppate nei loro cuori e nella loro vita. "Colui nel quale queste cose non si trovano, -- dichiara l'apostolo -- è cieco, ha la vista corta avendo dimenticato il purgamento dei suoi vecchi peccati". 2 Pietro 1:9 (Luzzi). UVI 334 3 L'apostolo Pietro aveva avuto una lunga esperienza nelle cose di Dio. La sua fede nella potenza salvifica di Dio si era rafforzata con gli anni. Egli si era convinto che non esiste alcuna possibilità di fallimento per colui che avanzando per fede, ascende gradino su gradino, sempre più in alto verso la sommità della scala che raggiunge le porte del cielo. UVI 334 4 Pietro per molti anni aveva insistito sulla necessità di avere una costante crescita nella grazia e nella conoscenza della verità. Ora, sapendo che presto avrebbe patito il martirio per la sua fede, una volta ancora attrasse l'attenzione dei credenti sui preziosi privilegi che erano stati offerti. Nella totale certezza della sua fede, l'anziano discepolo esortò i fratelli a seguire i princìpi cristiani. "Fratelli, -- Pietro supplicò -- vie più studiatevi di render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, facendo queste cose, non inciamperete giammai, poiché così vi sarà largamente provveduta l'entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo". 2 Pietro 1:10, 11 (Luzzi). Quale preziosa certezza! Gloriosa è la speranza che il credente possiede mentre ricerca per fede di raggiungere l'ideale della perfezione cristiana! UVI 334 5 "Avrò cura di ricordarvi del continuo queste cose, -- continuò l'apostolo -- benché le conosciate, e siate stabiliti nella verità che vi è stata recata. E stimo cosa giusta finché io sono in questa tenda, di risvegliarvi ricordandovele, perché so che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come il Signore nostro Gesù Cristo me lo ha dichiarato. Ma mi studierò di far sì che dopo la mia dipartenza abbiate sempre modo di ricordarvi di queste cose". 2 Pietro 1:12-15 (Luzzi). UVI 335 1 L'apostolo era ben qualificato a parlare dei propositi di Dio per la razza umana, dato che durante il ministero terreno di Cristo aveva visto e udito molte cose concernenti il regno di Dio. "Non è coll'andar dietro a favole artificiosamente composte -- egli rammentò ai credenti che vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signor Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Poiché egli ricevette da Dio Padre onore e gloria quando giunse a lui quella voce dalla magnifica gloria: Questo è il mio diletto Figliuolo, nel quale mi son compiaciuto. E noi stessi udimmo quella voce che veniva dal cielo, quand'eravamo con lui sul monte santo". 2 Pietro 1:16-18 (Luzzi). UVI 335 2 Per quanto convincente fosse il fondamento della speranza cristiana, ne esisteva un altro ancora più convincente nella testimonianza della profezia; per mezzo di quest'ultimo elemento la fede di ogni credente poteva essere confermata e stabilita una volta per tutte. "Abbiamo pure la parola profetica, più ferma -- dichiarò Pietro -- alla quale fate bene di prestare attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga ne' vostri cuori; sapendo prima di tutto questo: che nessuma profezia della Scrittura procede da vedute particolari; poiché non è dalla volontà dell'uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo". 2 Pietro 1:19-21 (Luzzi). UVI 335 3 Mentre esaltava la ferma "parola profetica" come una sicura guida in tempi di pericolo, l'apostolo avvertì solennemente la chiesa del pericolo della falsa profezia: ben presto sarebbero sorti dei "falsi dottori" che avrebbero diffuso delle eresie, fino a rinnegare il Signore. 2 Pietro 2:1. L'apostolo paragonò questi falsi insegnanti, sorti nella chiesa e reputati veraci da molti fratelli nella fede, a "fonti senz'acqua, e nuvole sospinte dal turbine a loro è riserbata la caligine delle tenebre". 2 Pietro 2:17 (Luzzi). "La loro condizione ultima diventa peggiore della prima -- egli dichiarò. -- Perché meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuta la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento ch'era loro stato dato". 2 Pietro 2:20, 21 (Luzzi). UVI 335 4 Contemplando la fine de' tempi, Pietro fu ispirato a indicare le condizioni che avrebbero caratterizzato il mondo poco prima della seconda venuta di Cristo. "Negli ultima giorni verranno degli schernitori coi loro scherni -- egli scrisse -- i quali si condurranno secondo le loro concupiscenze e diranno: Dov'è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano nel medesimo stato come dal principio della creazione". 2 Pietro 3:3, 4 (Luzzi). Quando diranno: "Pace e sicurezza, allora di subito una improvvisa ruina verrà loro addosso". 1 Tessalonicesi 5:3 (Luzzi). Non tutti comunque saranno ingannati dalle astuzie di Satana. Quando la fine di tutte le cose terrene si approssimerà, ci saranno dei fedeli che saranno capaci di discernere i segni dei tempi. Mentre un grande numero di credenti professanti rinnegheranno con le loro opere la propria fede, ci sarà un rimanente che sarà fedele sino alla fine. UVI 336 1 Pietro nutrì nel suo cuore la speranza del ritorno di Cristo e assicurò che la promessa del Salvatore: "Quando sarò andato e v'avrò preparato un luogo, tornerò, e v'accoglierò presso di me", si sarebbe certamente avverata. I fedeli e i provati avrebbero potuto pensare che la venuta del Signore era ritardata, ma l'apostolo li assicurò: "Il Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come alcuni reputano che faccia; ma egli è paziente verso voi, non volendo che alcuni periscano, ma che tutti giungano a ravvedersi. Ma il giorno del Signore verrà come un ladro; in esso i cieli passeranno stridendo, e gli elementi infiammati si dissolveranno, e la terra e le cose che sono in essa saranno arse. UVI 336 2 Poiché dunque tutte queste cose hanno da dissolversi, quali non dovete voi essere, per santità di condotta e per pietà, aspettando e affrettando la venuta del giorno di Dio, a cagion del quale i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si struggeranno? Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, ne' quali abiti la giustizia. UVI 336 3 "Perciò, diletti, aspettando queste cose, studiatevi d'esser trovati, agli occhi suoi, immacolati e irreprensibili nella pace; e ritenete che la pazienza del Signor nostro è per la vostra salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo ve l'ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data... Voi dunque, diletti, sapendo queste cose innanzi, state in guardia, che talora, trascinati anche voi dall'errore degli scellerati, non iscadiate dalla vostra fermezza; ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo". 2 Pietro 3:9-18 (Luzzi). UVI 336 4 Dio, nella sua provvidenza, ha permesso che Pietro terminasse il suo ministero a Roma. L'imperatore Nerone aveva ordinato il suo imprigionamento in coincidenza con l'ultimo arresto di Paolo. Così i due veterani apostoli che per lavoro avevano trascorso molti anni lontano l'uno dall'altro, dovevano dare la loro ultima testimonianza nella capitale del mondo, e versare sul suo suolo il loro sangue come il seme di una generazione di santi e di martiri. UVI 337 1 Da quando Pietro era stato riabilitato, dopo il suo rinnegamento di Cristo, egli aveva risolutamente sfidato il pericolo e aveva coraggiosamente predicato un Salvatore crocifisso, risorto e asceso al cielo. Rinchiuso nella sua cella, l'apostolo richiamò alla mente le parole che Cristo gli aveva dette: "In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani, e un'altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti". Giovanni 21:18 (Luzzi). Gesù in questo modo fece conoscere al discepolo l'esatta maniera in cui sarebbe morto, predicendogli perfino che avrebbe steso le sue braccia sulla croce. UVI 337 2 Pietro, come giudeo e forestiero, fu condannato a essere flagellato e crocifisso. Nei momenti che precedettero il supplizio, l'apostolo ricordò il grande peccato che aveva commesso rinnegando Gesù nell' ora del suo processo. Una volta lui era stato riluttante nell'accettare la croce, ma ora reputava una gioia poter rinunciare alla vita per il Vangelo. Egli sentiva soltanto che per lui, che aveva rinnegato il suo Signore, morire nella stessa maniera in cui morì il suo Maestro, era un onore troppo grande. Pietro si era sinceramente pentito di quel peccato ed era stato perdonato da Cristo, come lo dimostra l'elevata missione affidatagli di nutrire le pecore e gli agnelli del gregge. Neppure l'agonia dell'ultima ora poté diminuire l'amarezza del dolore e del pentimento. Come ultimo favore, egli chiese ai suoi esecutori di essere inchiodato alla croce a testa in giù. La richiesta fu concessa e fu in tale maniera che il grande apostolo Pietro morì. ------------------------Capitolo 53: Il discepolo che Gesù amava UVI 338 1 Giovanni si distingue dagli altri apostoli come "il discepolo che Gesù amava". Giovanni 21:20 (Luzzi). Egli sembra aver goduto in particolar modo dell'amicizia di Cristo: numerose sono le prove della sua fiducia e del suo amore. Egli fu uno dei tre che assistettero alla manifestazione della gloria del Salvatore sul monte della trasfigurazione e alla sua agonia nel Getsemani. Alle sue, nostro Signore affidò la madre durante le sue ultime ore di angoscia sulla croce. UVI 338 2 L'affetto del Salvatore per l'amato discepolo fu ricambiato con grande forza e ardente devozione. Giovanni si aggrappò a Cristo come la vite si avviticchia al legno di sostegno. Per amore del Maestro sfidò il pericolo del tribunale e vegliò imperterrito accanto alla croce. Alla notizia che Cristo era risorto si affrettò al sepolcro: in quell'occasione il suo zelo superò quello di Pietro. UVI 338 3 L'amore fiducioso e la devozione disinteressata manifestati nella vita e nel carattere di Giovanni, presentano lezioni di grande valore per la chiesa cristiana. L'amabilità che il discepolo manifestò successivamente non discendeva da una qualità innata del suo animo. Per natura egli aveva dei seri difetti. Egli, oltre a essere orgoglioso e avido di onori, era facile ai risentimenti quando qualcuno lo offendeva. Non a caso lui e suo fratello erano stati chiamati: "Figli del tuono". Temperamento violento, desiderio di vendetta, spirito di critica: queste erano le caratteristiche dell'amato discepolo. Ma dietro tutto questo il divino Maestro intravvide un cuore zelante, sincero e disposto ad amare. Gesù rimproverò il suo egoismo, deluse le sue ambizioni, provò la sua fede e gli rivelò quello di cui necessitava: considerare la bellezza della santità e la potenza transformatrice dell'amore. UVI 338 4 I difetti del carattere di Giovanni si evidenziarono in numerose occasioni durante la sua esperienza con il Salvatore. Una volta Cristo mandò davanti a sé, in un villaggio di Samaria, dei messaggeri perché richiedessero alla gente del posto di preparare un alloggio per lui e i suoi discepoli. Ma quando il Salvatore si avvicinò al paese sembrò che desiderasse proseguire per raggiungere Gerusalemme. Questo provocò l'invidia dei samaritani, i quali invece di invitarlo a fermarsi da loro, lo trattarono sgarbatamente, come se fosse un comune viaggiatore. Gesù mai impose la sua presenza a qualcuno; e i samaritani persero la benedizione che era in serbo per loro se lo avessero ospitato. UVI 339 1 I discepoli sapevano che Cristo desiderava benedire i samaritani con la sua presenza; e la freddezza, la gelosia e il disprezzo manifestati verso il loro Maestro li riempì di stupore e di indignazione. Giacomo e Giovanni ne furono specialmente irritati. Il fatto che il loro amato Maestro venisse trattato in tale modo sembrò loro un'offesa troppo grande per poter essere cancellata senza una immediata punizione. Spinti dallo zelo, dissero: "Signore, vuoi tu che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi?" Essi domandarono che quei samaritani fossero distrutti come, al tempo di Elia, lo erano stati i soldati mandati a catturare il profeta. Ma furono sorpresi di vedere che Gesù era addolorato per le loro parole e ancora più stupiti quando "egli, rivoltosi li sgridò". Luca 9:54, 55 (Luzzi). UVI 339 2 Non è parte della missione di Cristo costringere gli uomini ad accattarlo. È Satana e coloro che sono animati dal suo spirito che cercano di coercizzare la coscienza. Talvolta uomini alleati agli angeli malvagi pretendono di avere zelo per la giustizia quando costringono con la forza i propri simili ad accettare le loro idee religiose; al contrario, Cristo mostra sempre misericordia e cerca sempre di conquistare le anime rivelando il suo amore. Egli non ammette alcun rivale nell' anima, né accetta un servizio parziale; ma desidera solo un servizio volontario, una spontanea sottomissione del cuore che sia ispirata dall'amore. UVI 339 3 In un'altra occasione Giacomo e Giovanni presentarono attraverso la loro madre la richiesta che fosse loro concesso di occupare le posizioni più elevate nel regno di Cristo. Nonostante Gesù li avesse ripetutamente istruiti circa la natura del suo regno, questi giovani discepoli nutrivano ancora la speranza che si trattasse di un Messia politico, secondo quelle che erano le aspettative del popolo. La madre, desiderando per i suoi figli un posto di onore nel regno di Cristo, chiese: "Ordina che questi miei due figliuoli seggano l'uno alla tua destra e l'altro alla tua sinistra, nel tuo regno". Matteo 20:21 (Luzzi). UVI 339 4 Ma il Salvatore rispose: "Voi non sapete quel che chiedete. Potete voi bere il calice che io sto per bere?" Sebbene ricordassero i suoi misteriosi accenni riguardanti il suo processo e la sua sofferenza, i due risposero fiduciosi: "Sì, lo possiamo". Matteo 20:22 (Luzzi). Essi avrebbero reputato grande onore poter provare la loro lealtà condividendo tutto ciò che stava per accadere al loro Signore. UVI 339 5 "Voi certo berrete il mio calice", affermò Cristo. Dinanzi a lui c'era una croce invece di un trono, due malfattori lo avrebbero accompagnato alla sua destra e alla sua sinistra. Giacomo e Giovanni avrebbero condiviso le sofferenze del loro Maestro: l'uno era destinato a una rapida morte per spada e l'altro avrebbe seguito il suo Maestro più a lungo di tutti i discepoli, servendolo ed esponendosi all'ignominia e alla persecuzione. "Ma quant'è al sedermi a destra e a sinistra -- egli continuò -- non sta a me il darlo, ma è per quelli a cui è stato preparato dal Padre mio". Matteo 20:23 (Luzzi). UVI 340 1 Gesù sapeva il motivo di questa richiesta, così rimproverò l'orgoglio e l'ambizione dei due discepoli, discendo: "Voi sapete che i principi delle nazioni le signoreggiano, e che i grandi usano potestà sopra di esse. Ma non è così tra voi; anzi, chiunque vorrà esser grande fra voi, sarà vostro servitore...; appunto come il Figliuol dell'uomo non è venuto per esser servito ma per servire, e per dar la vita sua come prezzo di riscatto per molti". Matteo 20:25-28 (Luzzi). UVI 340 2 Non si ottiene una buona posizione nel regno di Dio attraverso gli uffici di una persona in vista. Non si guadagna un favore o una concessione che non siano già stati offerti a ogni uomo. Tale buona posizione è data dal carattere; essa dipende dall'avvenuta trasformazione dell'intero essere attraverso l'opera della grazia del nostro Signor Gesù Cristo. UVI 340 3 Molto tempo dopo, allorché Giovanni realizzò una più stretta comunione con Cristo mediante la partecipazione alle sue sofferenze, il Signor Gesù gli rivelò quel è la condizione che dà accesso al suo regno. Egli disse: "A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono". Apocalisse 3:21 (Luzzi). Colui che starà più vicino a Cristo sarà la persona che avrà più profondamente vissuto il suo spirito di sacrificio e di amore, un amore che "non si vanta, non si gonfia..., non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non sospetta il male", un amore che motiva il discepolo, come motivò nostro Signore, a dare tutto, a vivere, servire e sacrificare persino la propria vita per la salvezza dell'umanità. UVI 340 4 Un'altra volta, durante i primi sforzi evangelistici, Giacomo e Giovanni incontrarono uno che, sebbene non fosse un riconosciuto seguace di Cristo, esorcizzava nel suo nome. I discepoli proibirono all'uomo di operare, pensando che fosse giusto impedirglielo. Ma quando riferirono l'accaduto, Cristo li rimproverò dicendo: "Non glielo vietate, poiché non v'è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me". Marco 9:39 (Luzzi). Nessuno che si mostrasse ispirato da un sentimento di amicizia per il Cristo, doverva essere respinto. I discepoli non dovevano nutrire uno spirito settario ed esclusivista ma manifestare la stessa penetrante simpatia che avevano visto nel loro Maestro. Essi riconobbero il loro errore e accettarono il rimprovero. UVI 341 1 Le lezioni di Cristo indicavano che la mansuetudine, l'umiltà e l'amore sono virtù essenziali per la crescita spirituale, che definiscono l'idoneità dei componenti la sua chiesa. Queste lezioni furono di grandissimo valore per Giovanni. L'apostolo custodì preziosamente ogni lezione e cercò costantemente di vivere in armonia con l'esempio divino. Egli avea iniziato a discernere la gloria di Cristo, non la pompa e il terreno potere nei quali gli era stato insegnato di sperare, ma la gloria "piena di grazia e verità... dell'unigenito venuto da presso la Padre". Giovanni 1:14 (Luzzi). UVI 341 2 La profonda e ardente devozione di Giovanni per il suo Maestro non era la causa dell'amore di Cristo per lui, ma l'effetto di quell'amore. Giovanni desiderava diventare come Gesù e sotto l'influsso transformatore dell'amore di Cristo divenne umile e mansueto. Si identificò col Cristo, più di ogni suo compagno, il suo scopo fu quello di far rivivere l'esempio del Maestro, tale fu infatti la sua testimonianza. In lui "era la vita; e la vita era la luce degli uomini... Infatti, è della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia sopra grazia". Giovanni 1:4, 16 (Luzzi). Giovanni conobbe il Salvatore attraverso l'esperienza personale. Le lezioni del Maestro furono scolpite sulla sua anima. E quando testimoniò dell'amore del Salvatore il suo linguaggio fu semplice, eloquente e impregnato di quell'amore che aveva permeato tutto il suo essere. UVI 341 3 Il profondo amore che Giovanni provava per Cristo lo spinse a desiderare di essere sempre al suo fianco. Il Salvatore amò tutti i dodici, ma Giovanni fu l'anima più ricettiva. Essendo più giovane degli altri, egli aprì con maggiore fiducia il suo cuore a Gesù. Egli entrò in speciale confidenza col Cristo. Questa esperienza gli permise di approfondire, nei suoi scritti e nella sua testimonianza diretta, gli insegnamenti spirituali del Salvatore. UVI 341 4 Gesù ama coloro che rappresentano il Padre, e Giovanni poté parlare dell'amore del Padre come nessun altro discepolo. Egli rivelò ai suoi simili ciò che era nella sua anima, rappresentando con il suo carattere gli attributi di Dio. Il suo comportamento fu un segno della gloria di Dio. Il suo volto irradiò la bellezza della santità che lo aveva reso simile a Cristo. Egli contemplò, in adorazione e devozione, il Salvatore fino a quando per l'intima comunione e la somiglianza con lui non arrivò al punto di riflettere nella propria persona il carattere del Maestro. UVI 341 5 "Vedete -- disse l'amato discepolo -- di quale amore ci è stato largo il Padre, dandoci d'esser chiamati figliuoli di Dio!... Diletti, ora siam figliuoli di Dio, e non è ancora reso manifesto quel che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è". 1 Giovanni 3:1, 2 (Luzzi). ------------------------Capitolo 54: Un testimone irreprensibile UVI 343 1 Dopo l'ascensione di Cristo, Giovanni dimostrò di essere un fedele e dinamico operaio per il Maestro. Egli sperimentò, insieme agli altri discepoli, la discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, e con rinnovati zelo e potenza continuò a proclamare agli uomini la Parola della vita, cercando di dirigere le loro menti verso l'invisibile. Questo discepolo fu un potente predicatore, ardente e profondamente consacrato. Egli raccontò le parole e le opere di Cristo parlando con voce armoniosa e con un linguaggio che impressionava i cuori di quelli che lo ascoltavano. La semplicità delle sue parole, la sublime potenza delle verità rivelate e il fervore che caratterizzava i suoi insegnamenti, gli diedero accesso a qualsiasi ambiente. UVI 343 2 La vita dell'apostolo fu in armonia con i suoi insegnamenti. L'amore per Cristo che splendeva nel suo cuore lo indusse a compiere grandi cose in favore dei suoi simili, specialmente per i fratelli che condividevano la sua stessa fede. UVI 343 3 Cristo aveva comandato ai suoi primi discepoli di amarsi l'un l'altro come Egli li aveva amati. Così essi dovevano dare testimonianza al mondo che Cristo vive nel cuore, annunciando la speranza di una gloria futura. Gesù aveva detto loro: "Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Com'io v'ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri". Giovanni 13:34 (Luzzi). Quando queste parole furono pronunciate, i discepoli non riuscirono a comprenderle. Dopo che ebbero contemplato le sofferenze di Cristo, testimoniato la sua crocifissione, la sua risurrezione e la sua ascensione al cielo, dopo che ebbero sperimentato la potenza dello Spirito Santo, essi compresero molto più chiaramente l'amore di Dio, e la natura dell'amore che dovevano nutrire l'uno per l'altro. Poi Giovanni poté dire ai suoi compagni discepoli: UVI 343 4 "Noi abbiamo conosciuto l'amore da questo: che Egli ha data la sua vita per noi; noi pure dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli". 1 Giovanni 3:16 (Luzzi). UVI 343 5 Dopo la discesa dello Spirito Santo, i discepoli iniziarono a proclamare un Salvatore vivente, e la salvezza delle anime divenne il loro unico desiderio. Essi si rallegrarono nella soave comunione con i santi. Erano gentili, premurosi, altruisti e pronti a fare qualsiasi sacrificio per amore della verità. Nella quotidiana relazione con gli altri rivelarono l'amore che Cristo aveva loro elargito. Con parole e azioni altruistiche, cercarono di alimentare questo amore nel cuore dei loro simili. UVI 344 1 I credenti dovevano sempre nutrire tale amore. Essi dovevano progredire nella spontanea ubbidienza a questo nuovo comandamento. Dovevano essere così intimamente uniti a Cristo da divenire capaci di adempiere tutti i suoi comandamenti. La loro vita doveva magnificare la potenza di un Salvatore che poteva renderli giusti mediante la sua giustizia. UVI 344 2 Ben presto si notò un cambiamento. I credenti iniziarono a cercare i difetti degli altri; il loro animo fu condizionato da una critica malevola che finì per allontanarli dal Salvatore e dal suo amore. Essi divennero più rigidi circa le cerimonie esteriori e più scrupolosi nella teoria che nella pratica della fede. Presi da questo spirito di condanna, finirono per trascurare i loro propri errori. Non praticarono più l'amore fraterno che Cristo aveva ordinato e, peggio ancora, non si resero conto della loro perdita. Non compresero che la felicità e la gioia stavano uscendo dalla loro vita e che avendo escluso l'amore di Dio dai loro cuori avrebbero ben presto camminato nelle tenebre. UVI 344 3 Rendendosi conto che l'amore fraterno stava scomparendo nella chiesa, Giovanni ne enfatizzò la necessità. Le sue lettere alla chiesa si richiamano costantemente a questo pensiero. "Diletti, amiamoci gli uni gli altri -- egli scrive -- perché l'amore è da Dio, e chiunque ama è nato da Dio e conosce Iddio. Chi non ama non ha conosciuto Iddio; perché Dio è amore. In questo s'è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo unigenito Figliuolo nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo. In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Iddio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati. Diletti, se Dio ci ha così amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri". 1 Giovanni 4:7-11 (Luzzi). L'apostolo richiama i credenti al particolare bisogno di manifestare questo amore, scrivendo: "è un comandamento nuovo ch'io vi scrivo; il che è vero in lui ed in voi; perché le tenebre stanno passando, e la vera luce già risplende. Chi dice d'esser nella luce e odia il suo fratello, è tuttavia nelle tenebre. Chi ama il suo fratello dimora nella luce e non v'è in lui nulla che lo faccia inciampare. Ma chi odia il suo fratello è nelle tenebre e cammina nelle tenebre e non sa ov'egli vada, perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi". "Poiché questo è il messaggio che avete udito dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri". UVI 345 1 "Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il suo fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida ha la vita eterna dimorante in se stesso. Noi abbiamo conosciuto l'amore da questo: che Egli ha data la sua vita per noi; noi pure dobbiam dare la nostra vita per i fratelli". 1 Giovanni 1:8-11; 3:11, 12, 14-16 (Luzzi). UVI 345 2 Non è l'opposizione del mondo che più minaccia la chiesa di Cristo. È il male alimentato nei cuori dei credenti che genera i loro più seri disastri e che, senza dubbio, ritarda il progresso dell'opera di Dio. Chiunque nutra sentimenti d'invidia, sospetto, critica e malignità, danneggia la propria vita spirituale. La migliore prova del fatto che Dio ha mandato suo Figlio nel mondo sta nell'armonia e nell'unione esistente fra gli uomini di diversa estrazione sociale che formano la sua chiesa. È il privilegio dei seguaci di Cristo dare questa testimonianza. Ma per poter fare questo essi devono sottomettersi al suo comandamento. I loro caratteri devono riflettere il suo carattere, la loro volontà essere conforme al suo volere. UVI 345 3 "Io vi do un nuovo comandamento -- disse Cristo -- che vi amiate gli uni gli altri. Com'io v'ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri". Che meravigliosa affermazione; ma quanto poco è praticata! Oggi la chiesa di Dio è tristemente carente per quanto riguarda l'amore fraterno. Ci sono molti che professano di amare il Salvatore e non si amano l'un l'altro. I miscredenti stanno osservando per vedere se la fede di coloro che si dicono cristiani, esercita un influsso santificante nella loro vita. Essi comprendono con rapidità i difetti del carattere e l'incoerenza delle azioni. Non permettete che il nemico vi additi e dica: "Guardate come si odiano fra loro coloro che si dicono cristiani". I cristiani sono tutti membri di una stessa famiglia, tutti figli dello stesso Padre celeste e con la stessa beata speranza d'immortalità. Il legame che li lega dovrebbe essere affettuoso e profondo. UVI 345 4 Dio rivolge i suoi più toccanti appelli al cuore quando ci chiama a esprimere la stessa tenera compassione che Cristo manifestò sulla terra. Solo l'uomo che ha un disinteressato amore per il suo fratello ha un vero amore per Dio. Il vero cristiano non permetterà deliberatamente che l'anima che è nel pericolo e nel bisogno rimanga senza avvertimento e senza cure. Egli non rimarrà indifferente all'errante, lasciando che questi sprofondi nell'infelicità e nello scoraggiamento, o che cada nella lotta contro Satana. UVI 345 5 Coloro che non hanno sperimentato il tenero e compenetrante amore di Cristo non possono guidare altri alla Fonte della vita. Il suo amore nel cuore è una forza che conduce gli uomini a rivelarlo nella conversazione, nel comportamento, gentile e pietoso, e nell'assistenza delle persone con le quali vengono a contatto. Per avere successo, gli operai cristiani devono conoscere Cristo, e per poterlo conoscere, devono conoscere il suo amore. In cielo l'idoneità degli operai è misurata a partire dal loro amore e dal loro impegno nel lavoro. Il punto di riferimento di tale misura è dato dall'esempio stesso di Cristo. UVI 346 1 "Non amiamo a parole e con la lingua, ma a fatti e in verità". 1 Giovanni 3:18 (Luzzi). Un carattere cristiano si ottiene quando ci si fa guidare da un sentimento di compassione e di amore per il prossimo. Questo amore è alla base di un servizio altruistico che può essere benedetto da Dio. UVI 346 2 Il migliore dono che il nostro Padre celeste può elargire è questo: un grande amore per Dio e per il prossimo. Questo amore non deriva da un istinto; esso è piuttosto l'espressione di un principio divino, di una forza permanente. Il cuore del miscredente non è in grado di produrlo. Esso si trova solo nel cuore dove regna Gesù. "Noi amiamo perché Egli ci ha amati il primo". 1 Giovanni 4:19 (Luzzi). L'amore è il principio che dirige l'azione del cuore rigenerato dalla grazia divina. Esso modifica il carattere, governa gli impulsi, controlla le passioni e nobilita gli affetti. Questo amore quando è alimentato nell'anima addolcisce la vita ed emana tutto intorno un influsso santificante. UVI 346 3 Giovanni si sforzò di far comprendere ai credenti gli elevati privilegi che l'esercizio dell'amore avrebbe prodotto nella loro vita. Questa potenza redentrice, permeando il cuore, avrebbe controllato ogni altra facoltà e avrebbe innalzato il suo possessore al di sopra della corruzione mondana. Quando questo amore fosse stato pienamente manifestato e fosse diventato la potenza motrice nella vita, la loro fiducia in Dio sarebbe stata completa. Allora essi avrebbero potuto andare a lui in piena certezza di fede, sapendo che avrebbero ricevuto ogni cosa necessaria per il loro bene presente ed eterno. "In questo l'amore è reso perfetto in noi -- scrisse Giovanni -- affinché abbiamo confidenza nel giorno del giudizio: che quale egli è, tali siamo anche noi in questo mondo. Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amor perfetto caccia via la paura"."E questa è la confidanza che abbiamo in lui: che se domandiamo qualcosa secondo la sua volontà, Egli ci esaudisce; e se sappiamo ch'Egli ci esaudisce in quel che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo domandate". 1 Giovanni 4:17, 18; 5:14, 15 (Luzzi). UVI 346 4 "E se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto; ed egli è la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo". "Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità". 1 Giovanni 2:1, 2; 1:9 (Luzzi). Le condizioni per ottenere misericordia da Dio sono semplici e ragionevoli. Il Signore non esige che ci sottoponiamo a un peso gravoso pur di ottenere il perdono. Non c'è bisogno di fare lunghi, spossanti pellegrinaggi, né di compiere dolorose penitenze, per raccomandare la nostra anima al Dio del cielo o per espiare le nostre trasgressioni. Colui che "le confessa e le abbandona otterrà misericordia". Proverbi 28:13 (Luzzi). UVI 347 1 Nelle corti celesti, Cristo sta supplicando per la sua chiesa: intercedendo in favore delle anime per le quali Egli ha pagato con il proprio sangue il prezzo di riscatto. I secoli e i millenni non possono diminuire l'efficacia del suo sacrificio espiatorio. Né vita né morte, né altezza né profondità, possono separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù; e questo non perché noi ci teniamo stretti a lui ma perché Egli ci tiene stretti a sé. Se la salvezza dipendesse dai nostri propri sforzi, noi non potremmo essere salvati, ma essa dipende dall'Autore di tutte le promesse. La nostra stretta a lui può sembrare debole, ma il suo amore è quello di un fratello maggiore. Fintanto che noi ci manteniamo uniti a lui, nessuno può strapparci via dalla sua mano. UVI 347 2 Mentre gli anni trascorrevano e il numero dei credenti aumentava, Giovanni lavorò con crescente fedeltà e ardore per i suoi fratelli. I tempi erano pieni di pericolo per la chiesa. Gli inganni di Satana si moltiplicavano ovunque. Con contraffazioni e falsità, gli emissari di Satana cercavano di suscitare opposizione contro le dottrine di Cristo. Di conseguenza dissensi ed eresie stavano minacciando la chiesa. Alcuni che professavano Cristo dichiaravano che il suo amore li aveva sciolti dall'ubbidienza alla legge di Dio. Altri pensavano che era necessario osservare le usanze e le cerimonie giudaiche, e che una semplice osservanza della legge, senza fede nel sangue di Cristo, era sufficiente a salvarli. Altri ancora che pretendevano di essere fedeli alla causa di Dio erano invece degli impostori, e nella pratica negavano Cristo e il suo Vangelo. Vivendo nel peccato, essi stavano portanto eresie nella chiesa. Così molti stavano per essere condotti nel labirinto dello scetticismo e dell'inganno. UVI 347 3 Giovanni divenne estremamente triste quando vide questi velenosi errori penetrare nella chiesa. Egli sapeva i pericoli ai quali la chiesa era esposta e affrontò l'emergenza con prontezza e decisione. Le epistole di Givanni rivelano uno spirito di amore. Sembra che egli abbia scritto con la penna intinta nell'amore. Ma quando l'apostolo venne in contatto con quelli che, sebbene dichiarassero di vivere senza peccare, trasgredivano la legge di Dio, egli non esitò ad avvertirli del terribile inganno che li avvinceva. UVI 347 4 Scrivendo a una collaboratrice nell'opera del Vangelo, una donna di buona reputazione e di vasto influsso, Giovanni disse: "Molti seduttori sono usciti per il mondo i quali non confessano Gesù Cristo esser venuto in carne. Quello è il seduttore e l'anticristo. Badate a voi stessi affinché non perdiate il frutto delle opere compiute, ma riceviate piena ricompensa. Chi passa oltre e non dimora nella dottrina di Cristo, non ha Iddio. Chi dimora nella dottrina ha il Padre e il Figliuolo. Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina non lo ricevete in casa e non lo salutate; perché chi lo saluta partecipa alle malvagie opere di lui". 2 Giovanni 7-11 (Luzzi). UVI 348 1 Noi siamo autorizzati a tenere nella stessa considerazione che tenne l'amato discepolo coloro che pretendono di dimorare in Cristo mentre vivono nella trasgressione della legge di Dio. In questi ultimi giorni esistono mali simili a quelli che minacciarono la prosperità della chiesa primitiva. Gli insegnamenti dell'apostolo Giovanni su questi punti dovrebbero essere attentamente seguiti. "Voi dovete avere amore" è il grido che si ode ovunque, particolarmente da quelli che professano la santificazione. Ma il vero amore è troppo puro per nascondere un peccato inconfessato. Noi siamo chiamati ad amare le anime per cui Cristo morì, ma allo stesso tempo siamo chiamati a non scendere a compromessi con il male. Non possiamo unirci ai ribelli e definire questo amore. Dio richiede che il suo popolo in questi giorni difenda ciò che è giusto e si opponga agli errori che distruggono l'anima, con la stessa fermezza che aveva espresso Giovanni nelle sue epistole. UVI 348 2 L'apostolo ci insegna che mentre siamo chiamati a manifestare cortesia cristiana, siamo anche autorizzati a trattare in chiari termini con il peccato e il peccatore; e che questo non è incoerente con il vero amore."Chi fa il peccato -- egli scrisse -- commette una violazione della legge... E voi sapete ch'egli è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c'è peccato. Chiunque dimora in lui non pecca; chiunque pecca non l'ha veduto, né l'ha conosciuto". 1 Giovanni 3:4-6 (Luzzi). UVI 348 3 Come testimone di Cristo, Giovanni non entrò in alcuna controversia, né contesa. Egli dichiarò quello che sapeva, ciò che aveva visto e udito quando era stato con Cristo. Egli aveva ascoltato i suoi insegnamenti, aveva testimoniato i suoi potenti miracoli. Giovanni era stato fra le poche persone che avevano potuto considerare la bellezza del carattere di Gesù. Le tenebre erano state spazzate via e ora splendeva la vera luce. La sua testimonianza, concernente la vita e la morte del Salvatore fu chiara e convincente. Nessuno poté resistere a quelle parole ispirate dal grande amore che nutriva per Gesù. UVI 348 4 "Quel che era dal principio -- l'apostolo Giovanni dichiarò -- quel che abbiamo udito, quel che abbiam veduto con gli occhi nostri, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita... quello, dico, che abbiam veduto e udito, noi l'annunziamo anche a voi, affinché voi pure abbiate comunione con noi, e la nostra comunione è col Padre e col suo Figliuolo, Gesù Cristo". 1 Giovanni 1:1, 3 (Luzzi). UVI 349 1 Il mio desiderio è che ogni vero credente possa confermare, per mezzo della propria esperienza "che Dio è verace" (Giovanni 3:33, Luzzi), raccontando quello che ha visto, udito e provato quando è stato fatto oggetto della potenza di Cristo. ------------------------Capitolo 55: Trasformato dalla grazia UVI 350 1 La vita dell'apostolo Giovanni è un esempio della vera santificazione. Durante gli anni vissuti con Gesù, il Salvatore ammonì e consigliò questo suo discepolo, ed egli accettò i suoi rimproveri. Contemplando il carattere del Figlio di Dio, Giovanni comprese i suoi difetti personali e ne fu umiliato. Egli ebbe modo di osservare che la gentilezza, la tolleranza di Gesù, come pure le sue lezioni di umiltà e di pazienza non si accordavano con il suo carattere violento. Giorno dopo giorno il suo cuore fu attratto a Cristo, fino a quando, traboccante di amore per il suo Maestro, egli dimenticò se stesso. La potenza, la gentilezza, la maestà, l'umiltà, la forza e la pazienza manifesti nella vita del Salvatore riempirono la sua anima di ammirazione. Egli sottomise il suo temperamento vendicativo e ambizioso alla potenza rigeneratrice di Cristo e l'amore divino trasformò il suo carattere. UVI 350 2 La santificazione conseguita nella vita di Giovanni è in evidente contrasto con l'esperienza del suo compagno Giuda. Quest'ultimo professava, come gli altri discepoli, di essere un seguace di Cristo, ma possedeva solo l'apparenza della pietà. Egli non fu sensibile alla bellezza del carattere di Cristo. Spesso mentre ascoltava il Salvatore fu persuaso dalle sue parole, ma non umiliò il suo cuore, né confessò i suoi peccati. Resistendo all'influsso divino disonorò il Maestro che dichiarva di amare. Giovanni lottò duramente contro i propri difetti, invece Giuda violò la sua coscienza e cedette alla tentazione vincolandosi sempre più alle sue malvagie abitudini. La pratica delle verità insegnate da Cristo differiva dai suoi piani; per questo motivo non riuscì a rinunciare alle sue idee in modo da poter ricevere la saggezza divina. Invece di camminare nella luce scelse di camminare nelle tenebre. Egli nutrì desideri malvagi, concupiscenza, sentimenti di vendetta, cattivi pensieri, fino a che Satana prese completo controllo della sua anima. UVI 350 3 Giovanni e Giuda rappresentano coloro che professano di essere seguaci di Cristo. Questi discepoli ebbero le stesse opportunità di studiare e seguire l'esempio divino. Entrambi furono in stretto contatto con Gesù ed ebbero il privilegio di ascoltare i suoi insegnamenti. Ciascuno di loro possedeva dei seri difetti di carattere ed ebbe uguale accesso alla grazia divina che trasforma il carattere. Ma mentre l'uno imparò da Gesù in umiltà, l'altro si rivelò non un facitore della Parola ma solo un suo uditore. L'uno, rinunciando a se stesso e vincendo il peccato, fu santificato dalla verità; l'altro, resistendo alla potenza rigeneratrice della grazia e indulgendo nell'egoismo, divenne schiavo di Satana. UVI 351 1 La trasformazione del carattere rivelata nella vita di Giovanni è il risultato della vera comunione con Cristo. In un individuo possono esserci seri difetti, tuttavia quando diventa un vero discepolo di Cristo, la potenza della grazia divina lo rigenera e lo santifica. Contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, egli è mutato nel suo essere: questa trasformazione lo renderà simile all'oggetto della sua adorazione. UVI 351 2 Giovanni fu un esempio di santità e nelle sue lettere alla chiesa presentò gli infallibili princìpi che devono regolare la condotta dei cristiani. "Chiunque ha questa speranza in lui -- egli scrisse -- si purifica com'esso è puro". "Chi dice di dimorare in lui, deve, nel modo ch'egli camminò, camminare anch'esso". 1 Giovanni 3:3; 2:6 (Luzzi). Gesù insegnò che il cristiano deve condurre un'esistenza ispirata a un alto ideale di purezza. Egli non deve essere soddisfatto con un'apparente professione di cristianesimo. L'uomo caduto, per mezzo della fede in Cristo, deve acquisire la stessa santità che contraddistingue il carattere di Dio. UVI 351 3 "Questa è la volontà di Dio -scrisse l'apostolo Paolo -- che vi santifichiate". 1 Tessalonicesi 4:3 (Luzzi). Lo scopo della relazione di Dio con il suo popolo è la loro santificazione. Egli li ha scelti perché potessero essere santi. Ha mandato il suo Figliolo a morire per loro affinché potessero essere santificati mediante l'ubbidienza alla verità, quantomeno liberandosi dalla loro stessa meschinità. Egli chiede loro una personale consacrazione, una personale sottomissione. Dio può essere onorato da coloro che dichiarano di credere in lui, solo quando riflettono la sua immagine e sono controllati dal suo Spirito. Poi, come testimoni del Salvatore, potranno far conoscere agli altri ciò che la grazia divina ha fatto per loro. UVI 351 4 La vera santificazione si consegue attraverso la messa in pratica del principio dell'amore."Dio è amore; e chi dimora nell'amore dimora in Dio, e Dio dimora in lui". 1 Giovanni 4:16 (Luzzi). La vita di colui che ha Cristo nel cuore sarà contraddistinta da numerosi atti d'amore. Il carattere sarà purificato, elevato, nobilitato e glorificato. La pura dottrina sarà amalgamata alle opere di giustizia; i princìpi divini si manifesteranno nella vita come espressione di una vera santità. UVI 351 5 Quelli che vogliono ottenere la benedizione della santificazione devono prima imparare il significato dell'abnegazione. La croce di Cristo è la colonna centrale sulla quale posa lo "smisurato peso eterno di gloria". 2 Corinzi 4:17 (Luzzi). "Se uno vuol venire dietro a me, -- dice Cristo -- rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua". Matteo 16:24 (Luzzi). Il nostro amore per Dio si manifesta attraverso la gradevole fragranza dell'amore per il prossimo. La perseveranza nel servizio procura pace all'anima. È per mezzo di un umile, diligente e fedele impegno che si promuove il benessere d'Israele. Dio sostiene e fortifica colui che desidera seguire la via di Cristo. UVI 352 1 La santificazione non è l'opera di un momento, di una ora, o di un giorno, ma di tutta una vita. Non si ottiene per mezzo di un sentimento estatico, ma è il risultato di una costante rinuncia al peccato e di un'esistenza consacrata al Signore. Gli errori non possono essere riparati, né il carattere può essere riformato con qualche sporadico sforzo. Solo un lungo e perseverante sforzo, una rigida disciplina e un duro conflitto ci faranno ottenere la vittoria. Oggi, noi non sappiamo quanto forte sarà il nostro conflitto di domani. Fino a quando Satana esisterà dovremo sottomettere il nostro orgoglioso io per riuscire a superare il peccato. Fino a quando avremo vita non ci sarà un attimo di posa, né un motivo che ci possa far credere di essere provvisti di ogni cosa. La santificazione è il risultato di tutta una vita di ubbidienza. UVI 352 2 Nessuno degli apostoli e dei profeti dichiarò mai di essere senza peccato. Uomini che hanno vissuto in intima relazione con Dio, uomini che avrebbero sacrificato la loro vita pur di non commettere un peccato, uomini che Dio ha onorato della sua divina luce e potenza, hanno confessato il loro stato di peccato. Essi non hanno confidato nella carne, non si sono dichiarati giusti, ma si sono completamente affidati alla giustizia di Cristo. UVI 352 3 Così sarà per tutti quelli che seguono Cristo. Più ci avviciniamo a Gesù, più chiaramente discerniamo la purezza del suo carattere, più ci renderemo conto dell'atrocità del peccato, e meno ci esalteremo. L'anima cercherà del continuo Dio e il cuore pentito farà una costante confessione di peccato umiliandosi dinanzi a lui. Ogni nuovo progresso della nostra esperienza cristiana rafforzerà il nostro pentimento. Noi sapremo che la nostra salvezza è solo in Cristo; e come l'apostolo Paolo confesseremo: "Io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene". Romani 7:18 (Luzzi). "Non sia mai ch'io mi glori d'altro che della croce del Signor nostro Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato crocifisso per il mondo". Galati 6:14 (Luzzi). UVI 352 4 Gli angeli del cielo prendono nota delle lotte e dei conflitti del popolo di Dio, delle loro preghiere e delle loro lacrime. Non permettiamo che Dio sia disonorato dichiarando: "Io sono senza peccato, io sono santo". Le labbra santificate non pronunceranno mai delle parole così presuntuose. UVI 353 1 L'apostolo Paolo era stato rapito al terzo cielo, aveva visto e udito cose che non potevano essere riferite, tuttavia la sua umile dichiarazione fu: "Non ch'io abbia già ottenuto il premio o che sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il corso". Filippesi 3:12 (Luzzi). Gli angeli di Dio scrissero le vittorie ottenute da Paolo nel buon combattimento della fede. Il cielo gioì del suo costante progresso spirituale e del fatto che egli, contemplando il premio, reputò qualsiasi altra cosa immondizia. Gli angeli si rallegrarono di raccontare i suoi trionfi, ma Paolo non si vantò dei successi conseguiti. Ogni seguace di Cristo dovrebbe avere la stessa attitudine di Paolo mentre si spinge avanti nella lotta per la corona incorruttibile. UVI 353 2 Coloro che sono inclini a fare un'elevata professione di santità si guardino nello specchio della legge di Dio. Comprendendo quanto è loro richiesto e quanto profondamente essa scruta i pensieri e gli intenti del cuore, essi non si vanteranno più di essere senza colpa. "Se noi -- dice Giovanni, non escludendosi dai suoi fratelli -- diciamo d'esser senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi". "Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi". Ma "se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità". 1 Giovanni 1:8, 10, 9 (Luzzi). UVI 353 3 Ci sono alcuni che pur professando la santità e dichiarando di appartenere completamente al Signore, rifiutano di ubbidire ai suoi comandamenti. Questi trasgressori della legge reclamano ogni cosa che è promessa ai figli di Dio, ma la loro è solo presunzione perché Giovanni afferma che il vero amore per Dio sarà rivelato nell'ubbidienza a tutti i suoi comandamenti. Per essere dei veri cristiani non è sufficiente credere nella teoria della verità e neanche limitarsi a credere che Gesù non è un impostore o che la religione della Bibbia non è un frutto dell'immaginazione umana. "Chi dice: Io l'ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti -- scrisse Giovanni -- è bugiardo, e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, l'amor di Dio è in lui veramente compiuto. Da questo conosciamo che siamo in lui". "Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Lui, ed Egli in esso". 1 Giovanni 2:4-6; 3:24 (Luzzi). UVI 353 4 L'apostolo Giovanni non insegnò che la salvezza si ottiene per mezzo dell'ubbidienza, ma che l'ubbidienza è il frutto della fede e dell'amore. "E voi sapete ch'egli è stato manifestato per togliere i peccati -- egli disse -- e in lui non c'è peccato. Chiunque dimora in lui non pecca; chiunque pecca non l'ha veduto, né l'ha conosciuto". 1 Giovanni 3:5, 6 (Luzzi). Se Cristo vive in noi e l'amore di Dio dimora nel cuore, i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre azioni saranno in armonia con la volontà divina. L'anima santificata è in armonia con i precetti della legge divina. UVI 354 1 Ci sono molti che, sebbene si sforzino di ubbidire ai comandamenti di Dio, hanno poca pace e gioia. Questa lacuna nella loro esperienza è il risultato di un mancato esercizio della fede. Essi camminano come se si trovassero in una terra desolata, in un deserto riarso dal sole. Le loro richieste sono limitate e non tengono conto del fatto che non c'è limite alle promesse di Dio. Costoro non rappresentano correttamente la santificazione prodotta dall'ubbidienza alla verità. Il Signore desidera che tutti i suoi figli e le sue figlie siano felici di ubbidire alla sua volontà. Il credente, attraverso l'esercizio della fede, ottiene queste benedizioni. Mediante la fede, ogni difetto del carattere può essere superato; il suo esercizio può contribuire alla purificazione dell'animo, allo sviluppo dei talenti e alla correzione delle cattive abitudini. UVI 354 2 La preghiera è il mezzo stabilito da Dio per il successo nel conflitto con il peccato e nello sviluppo di un carattere cristiano. L'influsso divino che si ottiene in risposta alla preghiera della fede compirà nell'anima supplicante tutto ciò che essa richiede. Noi possiamo chiedere il perdono dei nostri peccati, lo Spirito Santo, un temperamento cristiano, saggezza, forza per compiere la sua volontà, e qualsiasi altro dono poiché Egli ha promesso che lo otterremo. Matteo 21:22. UVI 354 3 Mosè contemplò sul monte, alla presenza di Dio, la copia del meraviglioso santuario che doveva divenire la sede della gloria divina. Anche noi dobbiamo contemplare sul monte con Dio, nella segreta comunione con lui, il glorioso ideale che propone all'umanità. In ogni tempo, attraverso il canale di comunicazione con il cielo, Dio ha adempiuto i suoi propositi per i suoi figli, rivelando gradualmente alle loro menti le dottrine della grazia. La sua maniera di impartire la verità è illustrata con queste mirabili parole: "Il suo levarsi è certo, come quello dell'aurora". Osea 6:3 (Luzzi). Colui che è disposto a farsi illuminare da Dio, avanza dalla parziale oscurità allo splendore del sole quando è sopra l'orizzonte. UVI 354 4 La vera santificazione comporta un perfetto amore, una perfetta ubbidienza, una perfetta adesione alla volontà di Dio. Noi dobbiamo essere santificati attraverso l'ubbidienza alla verità. La nostra coscienza deve essere purificata da ogni opera morta per servire l'Iddio vivente. Noi non siamo ancora perfetti, ma è nostro privilegio liberarci dai legami dell'egoismo e del peccato e avanzare verso la perfezione. Nessuno è escluso da questa occasione di progresso morale e spirituale dell'animo. UVI 355 1 In questo tempo, molti non fanno grandi progressi nella loro esperienza spirituale perché pensano che la volontà di Dio corrisponde al loro volere. Mentre seguono i propri desideri, si vantano di fare la volontà di Dio. Queste persone non hanno conflitti con se stessi. Ci sono altri che per un certo tempo hanno successo nella lotta contro i loro egoistici desideri di piacere e di agiatezza. Essi sono sinceri e ferventi ma poi si stancano del continuo sforzo di morire quotidianamente al peccato e dell'incessante conflitto. L'indolenza diventa così tanto invitante da scoraggiare ogni seria riforma del proprio io. Queste persone non s'accorgono che così facendo si espongono al pericolo della tentazione invece di resistere alle sue pericolose lusinghe. UVI 355 2 Le istruzioni date nella Parola di Dio non lasciano posto al compromesso con il male. Il Figlio di Dio si è incarnato per poter attrarre tutti gli uomini a sé. Egli venne non per cullare il mondo ma per indicare la strada stretta che devono percorrere tutti coloro che desiderano raggiungere le porte della città di Dio. I suoi figli devono seguire la via che lui ha indicato, a costo di qualsiasi sacrificio e rinuncia, a costo di qualsiasi sforzo e sofferenza, essi devono lottare continuamente con il proprio io. UVI 355 3 Il più grande onore che l'uomo può rendere a Dio è diventare dei canali consacrati attraverso i quali Egli può operare. La fine delle cose terrene è vicina. Non priviamo Dio di ciò che gli appartiene. Non rifiutiamogli quello che, sebbene non possa essere dato senza merito, non può essere negato senza provocare un qualche danno. Egli richiede tutto il vostro cuore, dateglielo, esso è suo, sia per creazione che per redenzione. Se richiede la vostra mente, dategliela, essa è sua. Se chiede il vostro denaro, dateglielo, esso è suo. "Non sapete... che non appartenete a voi stessi, poiché foste comprati a prezzo". 1 Corinzi 6:19, 20 (Luzzi). Cristo richiede un'anima santificata, preparata a servirlo, per mezzo dell'esercizio della fede che opera mediante l'amore. Egli ci mostra il più elevato ideale: la perfezione; ci chiede di essere completamente dalla sua parte in questo mondo come Egli è dalla nostra nella presenza di Dio. UVI 355 4 "Questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate". 1 Tessalonicesi 4:3 (Luzzi). È questo anche il tuo desiderio? I tuoi peccati possono sembrarti delle montagne, ma se tu disponi il tuo cuore al pentimento e confessi i tuoi peccati, confidando nei meriti di un Salvatore crocifisso e risorto, Egli ti perdonerà e ti purificherà da ogni impurità. Dio richiede che tu ti conformi alla sua legge. Essa è l'eco della sua voce che ti dice: "Sii santo, sii ancor più santo". Cerca la pienezza della grazia di Cristo. Lascia che il tuo cuore sia ripieno di un intenso desiderio di giustizia; essa può darti la pace e assicurare quella tranquillità e quella certezza che non temono il passare degli anni. UVI 356 1 Se cercherai Dio con tutte le tue forze, scoprirai sempre più le incommensurabili ricchezze della sua grazia. Queste ricchezze saranno tue per sempre. Per loro mezzo conoscerai i meriti del sacrificio del Redentore, la protezione della sua giustizia, la pienezza della sua saggezza e la sua potenza quando Egli ti presenterà immacolato e irreprensibile davanti al Padre. 2 Pietro 3:14. La tua esistenza diverrà una prova inconfutabile dell'efficacia della sua grazia. ------------------------Capitolo 56: A Patmos UVI 357 1 Più di mezzo secolo era trascorso dall'organizzazione della chiesa cristiana. Durante quel periodo il messaggio del Vangelo aveva incontrato una costante opposizione. I suoi nemici non si erano mai rilassati nei loro sforzi e alla fine erano riusciti a convincere l'imperatore romano [Domiziano, ndr], che era necessario perseguitare i cristiani. UVI 357 2 Nella terribile persecuzione che seguì, Giovanni fu molto impegnato a confermare e rafforzare la fede dei credenti. Egli diede una testimonianza che non poté essere contraffatta e aiutò i fratelli ad affrontare con coraggio e lealtà le prove che sopraggiungevano. Quando la fede dei cristiani sembrò vacillare sotto la feroce opposizione, l'anziano e provato servitore di Dio ripeté con forza ed eloquenza la storia del Salvatore crocifisso e risorto. Egli mantenne la sua fede salda e le sue labbra pronunciarono del continuo il gioioso messaggio: "Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiam veduto con gli occhi nostri, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita... quello, dico, che abbiam veduto e udito, noi l'annunziamo anche a voi". 1 Giovanni 1:1-3 (Luzzi). UVI 357 3 Giovanni visse a lungo. Egli vide la distruzione di Gerusalemme e la rovina del suo grande tempio [70 d.C., ndr]. Egli fu l'ultimo sopravvissuto dei discepoli che erano stati in intimo contatto con Cristo. I suoi messaggi confermarono che Gesù era il Messia, il Redentore del mondo. Nessuno poté dubitare della sua sincerità; la sua testimonianza spinse molte persone ad abbandonare l'incredulità. UVI 357 4 I capi giudei odiarono ferocemente Giovanni per la sua incrollabile fedeltà alla causa di Cristo. Dichiararono che i loro sforzi non sarebbero serviti a nulla fino a quando la testimonianza di Giovanni continuava a essere diffusa fra la gente. Per poter fare dimenticare i miracoli e gli insegnamenti di Gesù, la voce del suo coraggioso testimone doveva essere messa a tacere. UVI 357 5 Di conseguenza, Giovanni fu portato a Roma per essere processato per la sua fede. Qui, davanti alle autorità, le dottrine dell'apostolo furono distorte. Falsi testimoni lo accusarono di insegnare delle dottrine sediziose, nella speranza di ottenere la sua condanna a morte. UVI 358 1 Giovanni si difese in maniera chiara e convincente con una semplicità e un candore che colpirono i presenti. I suoi ascoltatori stupirono della sua saggezza ed eloquenza. Purtroppo la sua testimonianza era stata tanto convincente da provocare l'odio dei suoi oppositori. L'imperatore Domiziano era furioso. Egli non poteva confutare le argomentazioni del fedele avvocato di Cristo, né poteva porre in dubbio la validità delle sue dichiarazioni, tuttavia decise che avrebbe ridotto al silenzio la sua voce. UVI 358 2 Giovanni fu gettato in un calderone di olio bollente, ma il Signore preservò la sua vita, come aveva fatto con i tre ebrei nella fornace ardente. Mentre furono pronunciate le parole: "Così periscono tutti quelli che credono a quell'impostore di Gesù Cristo", Giovanni dichiarò: "Il mio Maestro si sottopose pazientemente a tutto quello che Satana e i suoi angeli poterono escogitare per umiliarlo e torturarlo. Egli diede la sua vita per salvare il mondo. Io sono onorato di poter soffrire per amor suo. Io sono un debole peccatore, Cristo fu santo, innocente e incontaminato. Egli non peccò, né mai si trovò nella sua bocca una parola d'inganno". UVI 358 3 Queste parole esercitarono il loro influsso, e Giovanni fu rimosso dal calderone dagli stessi uomini che lo avevano gettato dentro. UVI 358 4 Ma la mano pesante della persecuzione cadde nuovamente sull'apostolo. Quando l'imperatore emanò il decreto, Giovanni fu esiliato all'isola di Patmos, condannato "a motivo della parola di Dio e della testimonianza di Gesù". Apocalisse 1:9 (Luzzi). I suoi nemici pensarono che qui egli non avrebbe potuto influenzare nessuno e sarebbe certamente morto per la durezza di quella pena. UVI 358 5 Patmos, una desolata isola rocciosa del mare Egeo, era stata scelta dal governo romano come posto di isolamento per criminali; ma per il servitore di Dio questa tetra dimora divenne la porta del cielo. Qui, lontano dalle scene di vita quotidiana e dalla dinamica attività degli anni precedenti, Giovanni ebbe la compagnia di Dio, di Cristo e degli angeli del cielo e da loro ricevette una rivelazione che riguardava la chiesa di tutti i tempi. Gli furono fatti conoscere gli eventi che avrebbero avuto luogo negli ultimi giorni della storia umana ed egli scrisse le visioni che ricevette da Dio quando la sua voce non poté più testimoniare il suo amore e la sua dedizione per il Maestro. I messaggi datigli su quella isola rocciosa si diffusero come la luce di una lampada, rivelando i propositi di Dio circa ogni nazione della terra. UVI 358 6 Giovanni tra i dirupi e le rocce di Patmos, ebbe comunione con il suo Creatore. Egli esaminò la sua vita passata, e verificando tutte le benedizioni ricevute il suo cuore fu pieno di pace. Aveva vissuto la vita di un vero cristiano e, in fede, poteva dire: "Noi sappiamo che siam passati dalla morte alla vita". 1 Giovanni 3:14 (Luzzi). Lo stesso non poté dire l'imperatore che lo aveva esiliato. Questo poteva ricordare solo i campi di battaglia, i massacri, le case desolate, le vedove e gli orfani piangenti, frutti della sua ambiziosa brama di potere. UVI 359 1 Nell'apparente desolazione della sua dimora, Giovanni ebbe l'opportunità di studiare più da vicino le manifestazioni della potenza divina così come le vediamo nel libro della natura e nelle pagine ispirate. Fu per lui una delizia poter meditare sul capolavoro della creazione, e adorare il divino Architetto. Negli anni precedenti i suoi occhi erano stati allietati dalla vista di colline coperte di foreste, di verdeggianti valli e di pianure rigogliose. Egli amava contemplare nelle bellezze della natura la saggezza e l'abilità del Creatore. Ora si trovava circondato da scenari che molti avrebbero considerato tetri e privi di fascino, ma per Giovanni non era così. Sebbene il paesaggio fosse spoglio e desolato, i cieli sopra di lui erano belli e tersi come quelli della sua amata Gerusalemme. Egli scorse, tra le rocce selvagge e scoscese, come pure tra i flutti marini e tra le stelle del cielo, il principio di una sapienza superiore. Tutto proclamava la potenza e la gloria di Dio. UVI 359 2 La natura che circondava l'apostolo dava testimonianza del diluvio che aveva sommerso la terra, perché gli abitanti di allora si erano allontanati dai princìpi della legge divina. Le rocce che erano state sospinte in alto dalla profondità della terra a causa della spaventosa turbolenza delle acque, impressero vividamente nella sua mente i terrori di quella tremenda manifestazione dell'ira di Dio. In quella terribile manifestazione del potere distruttore dell'acqua, il profeta udì la voce del Creatore. Il mare sferzato dalla furia spietata dei venti gli rappresentava l'ira di un Dio offeso. Le possenti onde nella terribile agitazione delle correnti, contenute entro limiti definiti da una mano invisibile, gli parlarono della efficacia dell'infinito potere di Dio. Egli comprese la piccolezza e la follia dei mortali i quali, sebbene siano paragonabili ai vermi della terra, nella loro presunta saggezza e forza, osano ribellarsi al Governatore dell'universo, come se Dio fosse un loro pari. Le rocce gli ricordarono Cristo, la Rocca della sua forza, al cui riparo egli poteva nascondersi senza paura. Nella desolata Patmos, l'esiliato apostolo cercò sempre più ardentemente il suo Dio ed elevò a lui le preghiere più ferventi. UVI 359 3 La storia di Giovanni fornisce un'impressionante illustrazione di come Dio può usare gli operai anziani. Quando lui fu esiliato all'isola di Patmos, molti pensarono che il suo servizio fosse terminato e che ormai lo si potesse paragonare a una vecchia canna spezzata, pronta a cadere in qualsiasi momento. Ma il Signore reputò opportuno usarlo ancora. Sebbene non fosse attivo come negli anni precedenti, l'apostolo non cessò di dare testimonianza della verità. E anche in Patmos si fece degli amici e convertì alcuni. Egli diede un messaggio di gioia, proclamando un Salvatore risorto che avrebbe interceduto presso il Padre celeste per il suo popolo fino a quando sarebbe ritornato per condurlo con sé. E fu quando diventò un veterano nel servizio del suo Signore che ricevette una comunicazione dal cielo, maggiore di quella che aveva ricevuto durante gli anni passati. UVI 360 1 Noi dovremmo nutrire un tenero riguardo per coloro che hanno consacrato la loro vita all'opera di Dio. Questi anziani operai sono rimasti fedeli in mezzo a lotte e a prove. Essi possono avere delle infermità, ma posseggono ancora dei talenti che li qualificano ad adempiere una loro funzione nella causa di Dio. Sebbene invecchiati e incapaci di svolgere quei gravosi incarichi che invece i giovani possono e dovrebbero adempiere, il consiglio che possono dare è di altissimo valore. UVI 360 2 Questi veterani possono avere commesso degli errori, ma dai loro sbagli hanno imparato a evitare altri errori e pericoli e sono perciò in grado di dare dei buoni consigli. Essi hanno affrontato molte prove e difficoltà, e anche se hanno perso parte del loro vigore, il Signore non li mette da parte. Egli dà loro una speciale grazia e saggezza. UVI 360 3 Coloro che hanno servito il loro Maestro quando l'opera attraversava un periodo difficile, che hanno sopportato la povertà e sono rimasti fedeli quando erano in pochi a difendere la verità, devono essere onorati e rispettati. Il Signore desidera che gli operai più giovani ricerchino saggezza, forza ed esperienza associandosi con questi uomini fedeli. I più giovani devono comprendere che la presenza di questi operai in mezzo a loro può favorirli. Nei diversi incontri di lavoro si deve riservare un posto d'onore agli operai più anziani. UVI 360 4 Coloro che hanno speso la loro vita nel servizio di Cristo, ormai al termine del loro ministero terreno, saranno spinte dallo Spirito Santo a raccontare le esperienze che hanno fatto in seno all'opera di Dio. La storia della meravigliosa relazione di Dio con il suo popolo, della sua grande bontà quando libera i suoi figli dalla prova, dovrebbe essere ripetuta ai neoconvertiti. Dio desidera che gli operai più provati abbiano il posto loro dovuto, e facciano la loro parte per salvare uomini e donne dalle potenti correnti del male. Dio desidera che essi tengano l'armatura fino a quando ordinerà loro di riporla. UVI 360 5 Nell'esperienza dell'apostolo Giovanni durante la persecuzione c'è una splendida lezione di forza e di conforto per il cristiano. Dio non impedisce i complotti degli uomini malvagi, ma fa sì che i loro stratagemmi cooperino per il bene di quelli che nella prova e nella lotta si mantengono fedeli e leali. Spesso l'operaio del Vangelo porta avanti il suo lavoro in mezzo all'imperversare della persecuzione, alla crudele opposizione e all'ingiusto pregiudizio. In tali tempi si ricordi che l'esperienza che si ottiene nella fornace della prova e dell'afflizione vale bene quel che costa. Così Dio si avvicina ai suoi figli, mostrando la loro debolezza e la sua forza. Egli insegna loro a confidare in lui. Così li prepara ad affrontare le emergenze, a coprire posizioni di responsabilità e a svolgere il grande compito che il Signore ha assegnato a ognuno di loro. UVI 361 1 In ogni epoca i testimoni di Dio hanno esposto se stessi al biasimo e alla persecuzione per amore della verità. Giuseppe fu diffamato e perseguitato perché fu integro e non si fece corrompere. Davide, il messaggero scelto da Dio, fu inseguito dai suoi nemici come se fosse una bestia feroce. Daniele fu gettato in una fossa di leoni perché rimase fedele al suo patto con Dio. Giobbe fu privato delle sue possessioni terrene, e così afflitto nel corpo tanto da essere abbandonato da parenti e amici, tuttavia mantenne la sua integrità. Geremia non poté essere impedito dal riferire quel che Dio gli aveva detto di comunicare, e la sua testimonianza infuriò a tal punto il re e i principi che lo gettarono in un pozzo maleodorante. Stefano fu lapidato perché predicò Cristo crocifisso. Paolo fu imprigionato, frustato, lapidato e alla fine ucciso perché fu un fedele messaggero di Dio ai Gentili. Giovanni fu esiliato all'isola di Patmos "a motivo della parola di Dio e della testimonianza di Gesù". Apocalisse 1:9 (Luzzi). UVI 361 2 Questi esempi di perseveranza umana sono la testimonianza della fedeltà alle promesse di Dio, della sua eterna presenza e della sua grazia sostenitrice. Essi dimostrano che la forza della fede vince la forza del mondo. È la fede che ci aiuta a confidare in Dio nell'ora più oscura, a sentire che, in qualsiasi dura prova e minacciosa tempesta ci troviamo, il nostro Padre è al timone. Solo l'occhio della fede può farci vedere al di là delle cose temporali e aiutarci a dare il giusto valore alle ricchezze eterne. UVI 361 3 Gesù non presenta ai suoi seguaci la speranza di ottenere gloria e ricchezze terrene, né di vivere una vita esente dalla sofferenza. Egli ci chiama invece a seguirlo nel sentiero dell'abnegazione e dell'umiliazione. Colui che venne per redimere il mondo subì l'opposizione di tutte le forze del male. Gli uomini e gli angeli malvagi si unirono in una spietata confederazione contro il Principe della pace. Ogni sua parola e azione rivelavano la compassione divina e questa sua diversità dal mondo provocò la più crudele ostilità. UVI 361 4 Così sarà per tutti quelli che vivranno una vita santa in Cristo Gesù. Persecuzione e biasimo attendono tutti quelli che sono investiti dallo Spirito di Cristo. Il carattere della persecuzione cambia con i tempi, ma il principio, lo spirito che lo identifica, è uguale a quello che ispirò l'uccisione degli eletti del Signore, fin dai giorni di Abele. UVI 362 1 In ogni epoca Satana ha perseguitato i figli di Dio. Li ha torturati e messi a morte, ma nel martirio essi sono diventati dei vincitori. Essi diedero testimonianza del fatto che Dio è più forte di Satana, gli uomini malvagi possono torturare e uccidere il corpo, ma non possono toccare la vita che è nascosta con Cristo in Dio, possono incatenare uomini e donne alle mura di un carcere, ma non possono imprigionare lo spirito. UVI 362 2 Attraverso la prova e la persecuzione, la gloria e il carattere di Dio sono rivelati nei suoi eletti. I credenti in Cristo, odiati e perseguitati dal mondo, sono educati e disciplinati nella scuola di Cristo. Sulla terra camminano in stretti sentieri e vengono purificati nella fornace dell'afflizione. Seguono Cristo attraverso penosi conflitti, rinunciano a se stessi e subiscono amare delusioni, ma così essi imparano quali siano le dannose conseguenze del peccato e in loro si fa più forte il rifiuto di qualsiasi forma di compromesso. Essi, partecipando alle sofferenze di Cristo, possono guardare alla gloria che li attende oltre l'oscurità, e affermare: "Io stimo che le sofferenze del tempo presente non siano punto da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata a nostro riguardo". Romani 8:18 (Luzzi). ------------------------Capitolo 57: Il mistero svelato UVI 363 1 Ai tempi degli apostoli i credenti cristiani erano pieni di zelo ed entusiasmo. Essi lavorarono così instacabilmente per il loro Maestro che riuscirono in poco tempo, nonostante la feroce opposizione, ad annunciare il Vangelo del regno in tutte le regioni del mondo allora abitato. Lo zelo dimostrato, in questo periodo, dai seguaci di Gesù è stato trascritto dalla penna ispirata per incoraggiare i credenti di ogni tempo. Queste sono le parole che il fedele e verace testimone dichiarò a proposito della chiesa di Efeso, simbolo della chiesa cristiana in età apostolica. UVI 363 2 "Io conosco le tue opere e la tua fatica e la tua costanza e che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli e non lo sono, e li hai trovati mendaci: e hai costanza e hai sopportato molte cose per amor del mio nome, e non ti sei stancato". Apocalisse 2:2, 3 (Luzzi). UVI 363 3 All'inizio l'esperienza della chiesa di Efeso fu caratterizzata dalla semplicità e dal fervore. I credenti si impegnavano con tutte le loro forze di ubbidire alla volontà di Dio. La loro vita rivelava uno zelante e sincero amore per Cristo. Essi gioivano nel fare la volontà di Dio dal momento che il Salvatore era presente nei loro cuori. Il loro amore per il Redentore li spingeva a una incessante opera di evangelizzazione. Non pensavano di tenere per sé il prezioso tesoro della grazia di Cristo. Essi capivano l'importanza della loro chiamata e comprendevano il messaggio che caratterizzava la loro testimonianza: "Pace in terra, agli uomini di buona volontà". Il loro desiderio era portare la buona notizia della salvezza alle remote parti della terra. E il mondo riconosceva che erano stati con Gesù. Uomini peccatori, penitenti, perdonati, purificati e santificati venivano portati in comunione con Dio mediante il suo Figlio. UVI 363 4 I membri della chiesa erano uniti nel sentimento e nell'azione. L'amore per Cristo era la catena d'oro che li teneva uniti. Essi si sforzavano di conoscere il Signore sempre più perfettamente e nella loro vita veniva rivelata la gioia e la pace di Cristo. Visitavano gli orfani e le vedove nella loro afflizione, e si mantenevano netti dalla contaminazione del mondo, comprendendo che non facendo questo sarebbero stati in contraddizione con la loro professione e avrebbero rinnegato il loro Redentore. UVI 364 1 Il lavoro fu portato avanti in ogni città. Furono convertite delle persone, le quali a loro volta trasmisero ad altri l'inestimabile tesoro che avevano ricevuto. Essi non avrebbero avuto posa fino a quando la luce che illuminava le loro menti non avrebbe brillato sugli altri. Molti pagani furono portati a conoscenza delle ragioni della speranza cristiana. Ardenti appelli personali furono fatti agli erranti, agli emarginati e a coloro che, sebbene professassero di conoscere la verità, erano più amanti del piacere che di Dio. UVI 364 2 Dopo qualche tempo però lo zelo dei credenti iniziò ad attenuarsi, e il loro amore per Dio e per il prossimo diminuì. L'indifferenza penetrò nella chiesa. Alcuni dimenticarono in quale meravigliosa maniera avevano ricevuto la verità. Gli araldi della verità vennero meno. Alcuni degli operai più giovani, che avrebbero potuto condividere i fardelli di questi pionieri, preparandosi così a essere dei saggi dirigenti, persero il loro entusiasmo per la verità. La loro mente si fece adescare dalle nuove idee. Molti di loro tentarono di introdurre delle dottrine più piacevoli anche se non erano in armonia con i fondamentali princìpi del Vangelo. Nella loro cecità spirituale e nella loro propria vanità, non compresero che queste sofisticherie avrebbero indotto molti credenti a dubitare delle esperienze del passato. La loro diffusione avrebbe generato confusione e incredulità. UVI 364 3 Quando queste false dottrine furono propagate, sorsero dei dissensi e molti furono sviati dal contemplare Gesù come l'inalienabile punto di riferimento della loro fede. La discussione su irrilevanti punti di dottrina, e l'ascolto di piacevoli favole inventate dagli uomini, occuparono quel tempo che avrebbe dovuto essere speso per la proclamazione del Vangelo. Le masse che avrebbero potuto essere convinte e convertite da una fedele presentazione della verità, furono lasciate inavvertite. La pietà si raffreddò e sembrò che Satana fosse in procinto di ottenere la supremazia su quelli che si consideravano seguaci di Cristo. UVI 364 4 Fu proprio in questo periodo di crisi della storia della chiesa che Giovanni fu condannato all'esilio. Mai come prima la chiesa aveva bisogno della sua voce. Quasi tutti i suoi colleghi nel ministero avevano sofferto il martirio. Il rimanente dei credenti stava affrontando una spietata opposizione. In tutta apparenza sembrava che ben presto sarebbe giunto il giorno in cui i nemici della chiesa di Cristo avrebbero trionfato. UVI 364 5 L'invisibile mano del Signore stava agendo nell'oscurità. Nella provvidenza di Dio, Giovanni fu portato là dove Cristo poteva dargli una meravigliosa rivelazione del suo carattere e della verità divina che avrebbe illuminato le chiese circa il loro stato. UVI 364 6 Nel bandire Giovanni, i nemici della verità avevano sperato di zittire per sempre la voce di questo fedele testimone di Dio. Ma a Patmos il discepolo ricevette un messaggio che avrebbe esercitato un costante influsso rafforzando la chiesa sino alla fine dei tempi. Coloro che esiliarono Giovanni, sebbene non liberati dalla responsabilità del loro riprovevole atto, divennero degli strumenti nelle mani di Dio per portare avanti i suoi piani. Il loro sforzo di estinguere la luce avvantaggiò la causa di Cristo. UVI 365 1 Il Signore della gloria apparì di sabato all'apostolo in esilio. A Patmos, Giovanni santificò il sabato come quando stava predicando alla gente nelle città della Giudea. Si appropriò delle preziose promesse che erano state date circa quel giorno."Fui rapito in ispirito nel giorno del Signore -- scrive Giovanni -- e udii dietro a me una gran voce, come d'una tromba, che diceva: Quel che tu vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese... E io mi voltai per vedere la voce che mi parlava; e come mi fui voltato, vidi sette candelabri d'oro; e in mezzo ai candelabri Uno somigliante a un figliuol d'uomo". Apocalisse 1:10-13 (Luzzi). UVI 365 2 Questo discepolo fu molto favorito. Egli aveva visto il suo Maestro nel Getsemane, con il volto segnato da gocce di sangue per l'agonia, e "tanto era disfatto il suo sembiante sì da non parer più uomo, e il suo aspetto sì da non parer più un figliuol d'uomo". Isaia 52:14 (Luzzi). Lo aveva visto nelle mani dei soldati romani, coperto da un vecchio manto color porpora e incoronato di spine. Lo aveva visto appeso sulla croce del Calvario, esposto allo scherno e al crudele abuso dei carnefici. E ora, ancora una volta, a Giovanni era stato concesso il privilegio di contemplare il suo Signore. Ma quanto diverso era l'aspetto del Maestro! Egli non era più un uomo di dolore, disprezzato e umiliato dagli uomini. La sua figura era luminosa come un astro del cielo. "Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come candida lana, come neve; e i suoi occhi... come una fiamma di fuoco; e i suoi piedi... simili a terso rame, arroventato in una fornace". Apocalisse 1:14, 15 (Luzzi). La sua voce era come la musica di molte acque. Il suo volto brillava come il sole. Nella sua mano teneva sette stelle, e dalla sua bocca usciva una spada affilata a due tagli, emblema della potenza della sua parola. Patmos era tutta illuminata dalla gloria del Salvatore risorto. UVI 365 3 "E quando l'ebbi veduto -- scrive Giovanni -- caddi ai suoi piedi come morto; ed egli mise la sua man destra su di me, dicendo: Non temere". Apocalisse 1:17 (Luzzi). UVI 365 4 Giovanni fu fortificato dall'incontro con il suo glorioso Signore. Poi, davanti alla sua vista furono presentate le glorie del cielo. Gli fu permesso di vedere il trono di Dio e di guardare al di là dei conflitti terreni per contemplare la grande moltitudine di redenti vestiti di bianco. Udì la musica degli angeli del cielo e i canti trionfanti di coloro che avevano vinto, a motivo del sangue dell'Agnello e della loro testimonianza. Nelle visioni ricevute gli fu rivelata, con scene di sensazionale interesse, l'esperienza del popolo di Dio e la storia della chiesa sino al tempo della fine. Gli furono presentati, in figure e simboli, soggetti di grande importanza. Giovanni doveva scriverli affinché il popolo di Dio dei suoi giorni e delle età future potesse comprendere lo svolgersi dei conflitti e dei pericoli che sarebbero sopraggiunti. UVI 366 1 Questa rivelazione fu data per la guida e il conforto della chiesa cristiana di tutti i secoli. Nonostante ciò alcuni studiosi hanno dichiarato che questo libro è sigillato e i suoi segreti non si possono spiegare. Perciò molti hanno tralasciato questo scritto profetico, rifiutando di dedicare tempo e studio ai suoi misteri. Ma Dio non vuole che il suo popolo lo consideri in questo modo. Esso è la "rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli ha data per mostrare ai suoi servitori le cose che debbono avvenire in breve... Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa, poiché il tempo è vicino!" Apocalisse 1:1, 3 (Luzzi). Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Iddio gli torrà la sua parte dell'albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro. Colui che attesta queste cose, dice: Sì vengo tosto!" Apocalisse 22:18-20 (Luzzi). UVI 366 2 Nell'Apocalisse sono rivelati i segreti propositi di Dio. Apocalisse significa rivelazione, e come si può notare il nome dato a questo scritto contraddice l'affermazione che esso è un libro sigillato. Una rivelazione è qualcosa di rivelato. Il Signore stesso rivelò ai suoi servitori i misteri che esso contiene e ordinò loro di rivelare a tutti il suo contenuto. Le sue verità sono indirizzate a quelli che vivono negli ultimi giorni della storia umana, come pure a quelli che vissero al tempo di Giovanni. Alcune delle scene descritte in questa profezia appartengono al passato, altre stanno avvenendo ora, altre ci mostrano la fine del grande conflitto tra le potenze delle tenebre e il Principe del cielo, e altre rivelano i trionfi e le gioie dei rendenti nella nuova terra. UVI 366 3 Nessuno pensi che, a motivo dell'apparente incomprensibilità dei simboli dell'Apocalisse, non ha senso investigare questo libro per conoscere il significato della verità che contiene. Colui che ha rivelato questi misteri a Giovanni darà al diligente ricercatore della verità un'idea di ciò che accade nel cielo. Le menti che sono disposte a ricevere la verità saranno rese capaci di comprendere i suoi insegnamenti, e sarà loro elargita la benedizione promessa a quelli che "ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa" UVI 367 1 Nell'Apocalisse tutti i libri della Bibbia si incontrano e si completano. Qui c'è il completamento del libro di Daniele. Giovanni, l'autore dell'Apocalisse scrive il significato delle profezie di Daniele. Il libro che fu sigillato non è l'Apocalisse, ma la porzione della profezia di Daniele concernente gli ultimi giorni. L'angelo comandò: "Daniele, tieni nascoste queste parole, e sigilla il libro sino al tempo della fine". Daniele 12:4 (Luzzi). UVI 367 2 Cristo stesso ordinò all'apostolo di scrivere quello che gli veniva rivelato."Quel che tu vedi, scrivilo in un libro -- Egli disse -- e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea... Io sono il primo e l'ultimo, e il Vivente; e fui morto, ma ecco son vivente per i secoli dei secoli... Scrivi dunque le cose che hai vedute, quelle che sono e quelle che devono avvenire in appresso, il mistero delle sette stelle che hai vedute nella mia destra, e dei sette candelabri d'oro. Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri sono le sette chiese". Apocalisse 1:11, 18-20 (Luzzi). UVI 367 3 I nomi delle sette chiese rappresentano i differenti periodi della chiesa nell'èra cristiana. Il numero sette indica completezza e mostra che i messaggi si estendono alla fine del mondo, mentre i simboli usati rivelano la condizione della chiesa nei differenti periodi della storia umana. UVI 367 4 Cristo è descritto come Uno che cammina in mezzo ai candelabri d'oro. Questa immagine presenta la sua relazione con le chiese. Egli è in costante comunione con il suo popolo. Conosce la loro vera condizione. Osserva le loro azioni, la loro pietà, la loro devozione. Egli è il Sommo Sacerdote e il Mediatore nel santuario celeste, tuttavia è presentato come uno che cammina avanti e indietro in mezzo alle sue chiese sulla terra. Con attenzione e instancabile vigilanza, Egli controlla che le sentinelle facciano il loro dovere avvertendo la gente del pericolo incombente. Se i candelabri fossero lasciati alla sola cura umana, le vacillanti fiammelle si affievolirebbero e morirebbero. Ma Cristo è il vero guardiano nella casa di Dio, il vero custode del tempio. La sua continua cura e la sua grazia sostenitrice sono la sorgente della vita e della verità che illumina la mente umana. UVI 367 5 Cristo è presentato come Uno che tiene sette stelle nella sua mano destra. Questo ci assicura del fatto che nessuna chiesa fedele al suo mandato dovrà temere di essere distrutta, perché neppure una stella che ha la protezione dell'Onnipotente potrà essere strappata dalla mano di Cristo. UVI 368 1 "Queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra". Apocalisse 2:1 (Luzzi). Queste parole sono rivolte ai conduttori della chiesa, ai quali Dio ha affidato pesanti responsabilità. I ministri di Dio dovrebbero rivelare, con il loro esempio di servizio, l'amore di Cristo. Le stelle del cielo sono poste sotto il suo controllo. Lui le fa brillare, guida e dirige i loro movimenti. Se non lo facesse, la loro luminosità degraderebbe fino a scomparire. I suoi ministri si trovano in questa stessa condizione. Essi non sono che strumenti nelle sue mani; e tutto il bene che compiono è compiuto per mezzo della sua potenza. La sua luce deve splendere attraverso il loro servizio. Il Salvatore è l'origine di ogni loro successo. Se essi guarderanno a Gesù come Egli stesso guardò al Padre, saranno resi capaci di portare a termine la sua opera. Se accetteranno di dipendere da Dio, Egli farà di loro dei canali che riflettono la sua gloria nel mondo. UVI 368 2 Fin dagli inizi della storia della chiesa il mistero dell'iniquità, predetto dall'apostolo Paolo, svolse la sua devastante opera. I falsi dottori, dei quali Pietro aveva parlato nei suoi scritti, diffusero le loro eresie e molti furono ingannati dalle loro false dottrine. Alcuni sotto la prova vacillarono e furono tentati di rinunciare alla fede. Quando a Giovanni fu data questa rivelazione, molti avevano perso il loro primo amore per la verità del Vangelo. Dio nella sua bontà, non lasciò che la chiesa continuasse in quello stato di peccato. In un messaggio di infinita tenerezza Egli rivelò loro il suo amore e il suo desiderio che ritornassero a fare opere degne dell'eternità."Ricordati dunque donde sei caduto -- supplicò -- e ravvediti, e fa' le opere di prima". Apocalisse 2:5 (Luzzi). UVI 368 3 La chiesa era difettosa e aveva bisogno di essere rimproverata e castigata per la sua negligenza. Così Giovanni fu ispirato a scrivere messaggi di avvertimento, di riprensione e di esortazione a quelli che, trascurando i fondamentali princìpi del Vangelo, stavano mettendo in pericolo la loro speranza di salvezza. Ma le parole di rimprovero che Dio decide di rivolgere alle sue creature, sono sempre pronunciate con tenero amore e con la promessa di pace per ogni credente che cerca di rimediare alla sua insufficienza."Ecco, io sto alla porta e picchio -- dichiara il Signore -- se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco". Apocalisse 3:20 (Luzzi). UVI 368 4 E per tutti quelli che nella furia dei conflitti avrebbero preservato la fede in Dio, al profeta furono rivolte parole di elogio aggiungendovi alcune promesse: "Io conosco le tue opere. Ecco, io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché pur avendo poca forza, hai serbata la mia parola, e non hai rinnegato il mio nome... Perché tu hai serbata la parola della mia costanza, anch'io ti guarderò dall'ora del cimento che ha da venire su tutto il mondo, per mettere alla prova quelli che abitano sulla terra". Al credente fu raccomandato: "Sii vigilante e rafferma il resto che sta per morire... Io vengo tosto; tieni fermamente quello che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona". Apocalisse 3:8, 10, 2, 11 (Luzzi). UVI 369 1 Mediante un uomo che si dichiarava essere un "fratello e partecipe con voi della tribolazione", Cristo rivelò alla sua chiesa le cose che doveva soffrire per amor suo. Guardando attraverso i lunghi secoli di oscurità e di superstizione, l'anziano esiliato vide il grande numero di credenti che avrebbero dovuto subire il martirio per amore della verità. Un particolare lo rassicurò: Colui che aveva sostenuto i suoi primi testimoni non avrebbe abbandonato i suoi fedeli seguaci durante i secoli di persecuzione che sarebbero sopraggiunti prima della fine del mondo."Non temere quel che avrai da soffrire -- affermò il Signore -- ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, perché siate provati: e avrete una tribolazione... Sii fedele fino alla morte, e io ti darò la corona della vita". Apocalisse 2:10 (Luzzi). UVI 369 2 Giovanni udì la promessa del Signore, rivolta a tutti i fedeli che avrebbero dovuto lottare contro il male: "A chi vince io darò a mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio". "Chi vince sarà così vestito di vesti bianche, ed io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre e nel cospetto dei suoi angeli... A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono". Apocalisse 2:7; 3:5, 21 (Luzzi). UVI 369 3 Giovanni vide la misericordia, la tenerezza e l'amore di Dio mescolarsi con la santità, la giustizia e la sua potenza. Egli vide che i peccatori trovavano in lui un buon Padre. Non avevano più paura anche se erano coscienti dei loro peccati. E contemplando oltre la fine del grande conflitto, egli vide in Sion "quelli che aveano ottenuta vittoria... i quali stavano in piè sul mare di vetro avendo delle arpe di Dio. E cantavano il cantico di Mosè, servitore di Dio, e il cantico dell'Agnello". Apocalisse 15:2, 3 (Luzzi). UVI 369 4 Il Salvatore è presentato a Giovanni attraverso due simboli: il "Leone... della tribù di Giuda" e "un Agnello... che pareva essere stato immolato". Apocalisse 5:5, 6 (Luzzi). Questi simboli rappresentano l'unione dell'onnipotente forza con l'infinito amore. Il Leone di Giuda, così terribile per coloro che rigettano la sua grazia, sarà l'Agnello di Dio per gli ubbidienti e i fedeli. La colonna di fuoco che parla di terrore e di ira ai trasgressori della legge divina, è un segno di luce, grazia e salvezza per quelli che hanno osservato i suoi comandamenti. Il braccio potente ad annientare i ribelli sarà potente nel liberare coloro che credono alle sue promesse. A queste persone è offerta la salvezza. Egli "manderà i suoi angeli con gran suono di tromba a radunare i suoi eletti dai quattro venti, dall'un capo all'altro de' cieli". Matteo 24:31 (Luzzi). UVI 370 1 In confronto al grande numero degli abitanti della terra, il popolo di Dio sarà, come è sempre stato, un piccolo gregge. Pertanto, se esso resterà fedele ai princìpi della verità così come sono rivelati nella sua Parola, Dio sarà sempre pronto a proteggerlo con il suo ampio scudo. Egli vincerà ogni opposizione per dimostrare la forza del suo popolo. Quando il suono dell'ultima tromba penetrerà la dimora dei morti e i giusti risorgeranno trionfanti esclamando: "O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?", insieme a Dio, a Cristo, agli angeli e ai fedeli di ogni tempo, i figli di Dio saranno di gran lunga una maggioranza. 1 Corinzi 15:55. UVI 370 2 I veri discepoli di Cristo lo seguono attraverso duri conflitti, costante abnegazione e amare delusioni; tutto questo insegna loro la colpevolezza e i danni del peccato, portandoli a odiare ciò che esso rappresenta. La loro adesione alle sofferenze di Cristo li renderà partecipi della sua gloria. In una santa visione il profeta vide il trionfo finale della chiesa di Dio. Egli scrive: UVI 370 3 "Vidi come un mare di vetro e di fuoco e quelli che aveano ottenuta vittoria... i quali stavano in piè sul mare di vetro avendo delle arpe di Dio. E cantavano il cantico di Mosè, servitore di Dio, e il cantico dell'Agnello, dicendo: Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore Iddio onnipotente; giuste e veraci sono le tue vie, o Re delle nazioni". Apocalisse 15:2, 3 (Luzzi). UVI 370 4 "Poi vidi, ed ecco l'Agnello che stava in pie' sul monte Sion, e con lui erano centoquarantattromila persone che aveano il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulle loro fronti". Apocalisse 14:1 (Luzzi). Queste persone si sono consacrate a Dio durante la loro esistenza terrena, lo hanno servito con l'intelletto e con il cuore; e ora Egli può porre il suo nome sulle loro fronti."Ed essi regneranno nei secoli dei secoli". Apocalisse 22:5 (Luzzi). Non vagano qui e là elemosinando un posto. Essi appartengono al gruppo di coloro ai quali Cristo dice: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il regno che v'è stato preparato sin dalla fondazione del mondo". Egli li accoglie come suoi figli, dicendo: "Entra nella gioia del tuo Signore". Matteo 25:34, 21 (Luzzi). UVI 371 1 "Essi son quelli che seguono l'Agnello dovunque vada. Essi sono stati riscattati di fra gli uomini per esser primizie a Dio e all'Agnello". Apocalisse 14:4 (Luzzi). Il profeta li vede in visione sul monte Sion, equipaggiati per un santo servizio, vestiti di lino bainco, che è la giustizia dei santi. Ma tutti quelli che seguono l'Agnello in cielo devono prima averlo seguito sulla terra, non malvolentieri o capricciosamente, ma in fiduciosa, amorevole e spontanea ubbidienza, come il gregge segue il pastore. UVI 371 2 "E la voce che udii era come il suono prodotto da arpisti che suonano le loro arpe. E cantavano un cantico nuovo davanti al trono... e nessuno poteva imparare il cantico se non quei centoquarantaquattromila, i quali sono stati riscattati dalla terra... E nella bocca loro non è stata trovata menzogna: sono irreprensibili". Apocalisse 14:2-5 (Luzzi). UVI 371 3 "E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere giù dal cielo d'appresso a Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo... Il suo luminare era simile a una pietra preziosissima, a guisa d'una pietra di diaspro cristallino. Avea un muro grande ed alto; avea dodici porte, e alle porte dodici angeli, e sulle porte erano scritti dei nomi, che sono quelli delle dodici tribù dei figliuoli d'Israele... E le dodici porte eran dodici perle, e ognuna delle porte era fatta d'una perla; e la piazza della città era d'oro puro simile a vetro trasparente. E non vidi in essa alcun tempio, perché il Signore Iddio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio". Apocalisse 21:2, 11, 12, 21, 22 (Luzzi). UVI 371 4 "E non ci sarà più alcuna cosa maledetta; e in essa sarà il trono di Dio e dell'Agnello; i suoi servitori gli serviranno ed essi vedranno la sua faccia e avranno in fronte il suo nome. E non ci sarà più notte; ed essi non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché li illuminerà il Signore Iddio". Apocalisse 22:3-5 (Luzzi). UVI 371 5 "Poi mi mostrò il fiume dell'acqua della vita, limpido come cristallo, che procedeva dal trono di Dio e dell' Agnello. In mezzo alla piazza della città e d'ambo i lati del fiume stava l'albero della vita che dà dodici raccolti, e porta il suo frutto ogni mese; e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni... Beati coloro che lavano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per entrare per le porte nella città!" Apocalisse 22:1, 2, 14 (Luzzi). UVI 371 6 E udii una gran voce dal trono che diceva: Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini; ed Egli abiterà con loro, ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio". Apocalisse 21:3 (Luzzi). ------------------------Capitolo 58: La chiesa trionfante UVI 372 1 Sono trascorsi più di diciotto secoli da quando gli apostoli si riposarono dai loro sforzi, ma la storia delle loro fatiche e dei sacrifici fatti per amore di Cristo è ancora il più prezioso tesoro della chiesa. Questa storia, scritta sotto la guida dello Spirito Santo fu data affinché i seguaci di Cristo in ogni tempo fossero spinti a onorare la causa del Salvatore. UVI 372 2 I discepoli eseguirono il compito che Cristo aveva loro affidato. Quando questi messaggeri della croce annunciarono il Vangelo, ci fu una rivelazione della gloria di Dio mai vista prima da occhio umano. Con la cooperazione dello Spirito divino, gli apostoli svolsero un'opera che scosse il mondo. Il Vangelo fu rivelato a tutte le nazioni nel giro di una singola generazione. UVI 372 3 Il ministero degli apostoli produsse grandi risultati. Alcuni di loro, all'inizio della loro opera, erano incolti: ma la loro consacrazione alla causa del Maestro fu totale, e sotto l'azione del suo Spirito furono resi capaci di adempiere il loro grande mandato. La grazia e la verità regnarono nei loro cuori, ispirando i loro sentimenti e le loro azioni. La loro vita fu nascosta con Cristo in Dio, la profondità dell'amore divino li indusse a trascurare i propri interessi. UVI 372 4 I discepoli sapevano come parlare e pregare con sincerità ed erano uomini che potevano prendere possesso della forza dell'Onnipotente Dio d'Israele. Quanto strettamente si affiancarono a Cristo, quanto intimamente legarono il loro personale onore a quello del loro Signore. Jahvè era il loro Dio. Il suo onore fu il loro onore. La sua verità la loro verità. Ogni attacco che subì il Vangelo fu come una ferita aperta nel profondo delle loro anime. Essi difesero la causa di Cristo con tutte le forze. Il loro diritto di porgere la parola della vita era stato assicurato dall'unzione divina. Si aspettavano molto, e perciò diedero molto. Cristo si era rivelato ed essi lo avevano scelto come guida. La loro comprensione della verità la loro forza di resistenza all' opposizione dipendevano dalla loro ubbidienza alla volontà di Dio. Ogni loro discorso trattava della persona del Cristo, della sapienza e della potenza di Dio. Essi esaltavano Gesù Cristo come unico mezzo di salvezza per gli uomini. Mentre proclamavano la perfezione di Cristo, il Redentore risorto, le loro parole toccavano i cuori, conquistando uomini e donne al Vangelo. Molte di quelle persone che avevano diffamato il nome del Salvatore e avevano disprezzato la sua potenza, ora si confessavano discepoli del Cristo crocifisso. UVI 373 1 Gli apostoli non svolsero la loro missione con la loro sola forza; ogni loro impegno era compensato dalla potenza del Dio vivente. Il loro compito non fu facile. I primi sforzi della chiesa cristiana furono accompagnati da difficoltà e amare sofferenze. I discepoli subirono spesso il duro peso della privazione, della calunnia e della persecuzione; ma non risparmiarono la loro vita, anzi gioirono di essere chiamati a soffrire per Cristo. L'esitazione, l'indecisione e la debolezza vennero bandite dalle loro iniziative. Essi desiderarono consumarsi ed essere consumati. La consapevolezza della responsabilità posta su loro purificò e arricchì la loro esperienza; e la grazia divina fu rivelata nelle conquiste che essi fecero per Cristo. La forza dell'Iddio Onnipotente operò mediante loro per rendere il Vangelo trionfante. UVI 373 2 Gli apostoli edificarono la chiesa di Dio sul fondamento che Cristo stesso aveva posto. Nelle Scritture la fondazione della chiesa è spesso illustrata con l'edificazione di un tempio. Zaccaria parla di Cristo affermando che Egli è il Germoglio che avrebbe edificato il tempio di Dio. E aggiunge che i Gentili parteciperanno a questa opera: "Quelli che sono lontano verranno e lavoreranno alla costruzione del tempio dell'Eterno". Zaccaria 6:12, 15 (Luzzi). E Isaia dichiara: "I figli dello straniero ricostruiranno le tue mura". Isaia 60:10 (Luzzi). UVI 373 3 Sulla edificazione di questo tempio, Pietro dice: "Accostandovi a lui, pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati quale casa spirituale, per esser un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo". 1 Pietro 2:4, 5 (Luzzi). UVI 373 4 Gli apostoli lavorarono nella cava del mondo ebraico e del mondo Gentile, estraendo le pietre che erano necessarie per costruire questo edificio sul vero fondamento. Nella sua lettera ai credenti di Efeso, Paolo dice: "Voi dunque non siete più né forestieri né avventizi; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoli e de' profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui voi pure entrate a far parte dell'edificio, che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito". Efesini 2:19-22 (Luzzi). UVI 373 5 E ai corinzi egli scrisse: "Io, secondo la grazia di Dio che m'è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamento; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com'egli vi edifica sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Gesù Cristo. Ora, se uno edifica su questo fondamento oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia, l'opera d'ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la paleserà; poiché quel giorno ha da apparire qual fuoco; e il fuoco farà la prova di quel che sia l'opera di ciascuno". 1 Corinzi 3:10-13 (Luzzi). UVI 374 1 Gli apostoli costruirono sul vero fondamento: la Rocca eterna. Vi portarono le pietre che avevano estratto dal mondo. I costruttori ebbero molte difficoltà. La loro opera fu resa estremamente difficile dall'opposizione dei nemici di Cristo. Essi dovettero combattere contro il bigottismo, il pregiudizio e l'odio di quelli che stavano costruendo su un falso fondamento. Molti di coloro che contribuirono all'edificazione della chiesa operarono come i costruttori delle mura nei giorni di Nehemia, dei quali è scritto: "Quelli che costruivan le mura e quelli che portavano o caricavano pesi, con una mano lavoravano, e con l'altra tenevano la loro arma". Neemia 4:17 (Luzzi). UVI 374 2 Re e governatori, sacerdoti e capi cercarono di distruggere il tempio di Dio. Ma nonostante l'imprigionamento, la tortura e la morte uomini fedeli portarono avanti il lavoro; e la struttura crebbe in tutto il suo splendore. A volte gli operai furono quasi sopraffatti dalla superstizione che li circondava. Spesso furono esposti alla violenza dei loro oppositori. Ciononostante proseguirono la loro opera con incrollabile fede e indomabile coraggio. UVI 374 3 Uno dopo l'altro i principali costruttori caddero sotto la crudele mano nemica. Stefano fu lapidato, Giacomo fu ucciso con la spada, Paolo fu decapitato, Pietro fu crocifisso e Giovanni fu esiliato. Tuttavia la chiesa crebbe. Nuovi operai presero il posto di quelli caduti, e la costruzione dell'edificio non conobbe alcuna interruzione. In questo modo fu innalzato il tempio della chiesa di Dio. UVI 374 4 Dopo la fondazione della chiesa cristiana seguirono secoli di feroce persecuzione, ma non mancarono mai uomini che reputarono l'opera dell'edificazione del tempio di Dio più preziosa della loro stessa vita. Di tali persone è scritto: "Patirono scherni e flagelli, e anche catene e prigione. Furon lapidati, furon segati, furono uccisi di spada; andarono attorno coperti di pelli e di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro il mondo non era degno), vaganti per deserti e monti e spelonche e per le grotte della terra". Ebrei 11:36-38 (Luzzi). UVI 374 5 Il nemico della giustizia non lasciò nulla di intentato nei suoi sforzi per impedire l'opera assegnata ai costruttori del Signore. Ma Dio non si è "lasciato senza testimonianza". Atti 14:17 (Luzzi). Egli fece sorgere uomini che abilmente difesero la fede data ai santi. La storia ci informa della forza d'animo e dell'eroismo di questi uomini. Molti, come gli apostoli, caddero ai loro posti, ma la costruzione del tempio proseguì continuamente. Gli operai furono uccisi, ma l'opera avanzò. I valdesi, John Wycliffe, Huss e Savonarola, Lutero e Zwingli, Cranmer, Latimer e Knox, gli ugonotti, John e Charles Wasley, e tanti altri costruirono su un fondamento che sarebbe durato per l'eternità. La chiesa si è costituita anche grazie all'opera di coloro che in seguito si sono nobilmente impegnati in favore della diffusione della Parola di Dio: il loro servizio nelle terre pagane ha preparato la via per la proclamazione dell'ultimo messaggio. UVI 375 1 Durante i secoli che sono trascorsi dai giorni degli apostoli, la costruzione del tempio di Dio non è mai cessata. Noi, guardando attraverso i secoli passati, possiamo vedere le pietre viventi che lo compongono brillare come dei raggi di luce che vincono l'oscurità dell'errore e della superstizione. Questi preziosi gioielli brilleranno per l'eternità con crescente splendore, testimoniando della potenza della verità. La luce di queste pietre ben lavorate rivelerà il grande contrasto esistente tra la luce e le tenebre, tra il valore della verità e l'ignominia dell'errore. UVI 375 2 Paolo e gli altri apostoli, come tutti i giusti che hanno vissuto da allora in poi, hanno svolto la loro parte nell'edificazione del tempio. Ma la struttura non è ancora completa. Noi che viviamo in questa epoca abbiamo un lavoro da compiere, una parte da svolgere nella sua opera. Noi dobbiamo porre sul fondamento che resisterà alla prova del fuoco, oro, argento, e pietre preziose "scolpite nella struttura d'un palazzo". Salmi 144:12 (Luzzi). Alcune parole di avvertimento e di incoraggiamento sono rivolte da Paolo a coloro che danno il loro contributo all'edificazione del sacro edificio: "Se l'opera che uno ha edificata sul fondamento sussiste, ei ne riceverà ricompensa: se l'opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo, però come attraverso il fuoco". 1 Corinzi 3:14, 15 (Luzzi). Il cristiano che presenta fedelmente la parola della vita, guidando uomini e donne nella via della santità e della pace, sta costruendo su un fondamento inattaccabile, e nel regno di Dio sarà onorato come un saggio costruttore. UVI 375 3 Degli apostoli è scritto: "Se ne andarono a predicare da per tutto, operando il Signore con essi e confermando la Parola coi segni che l'accompagnavano". Marco 16:20 (Luzzi). Come Cristo mandò i suoi discepoli, così oggi Egli manda i membri della sua chiesa. Egli dà a quest'ultimi la stessa potenza che aveva dato ai primi discepoli. Se essi faranno di Dio la loro forza, otterranno la sua collaborazione, e la loro opera non sarà vana. Bisogna comprendere che la missione nella quale sono impegnati è voluta da Dio. Egli disse a Geremia: "Non dire: Sono un fanciullo poiché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò. Non li temere, perché io son teco per liberarti, dice l'Eterno. Poi l'Eterno stese la mano e mi toccò la bocca; e l'Eterno disse: Ecco io ho messo le mie parole nella tua bocca". Geremia 1:7-9 (Luzzi). Il Signore ci ordina di andare e annunciare le parole che ci dà, sentendo il suo santo tocco sulle nostre labbra. UVI 376 1 Cristo ha dato alla chiesa una sacra responsabilità. Ogni suo membro dovrebbe essere uno strumento attraverso il quale il Signore può comunicare al mondo i tesori della sua grazia e delle sue inscrutabili ricchezze. Non c'è nulla che il Salvatore desideri tanto quanto degli agenti che rappresentino al mondo il suo Spirito e il suo carattere. Il mondo ha bisogno di conoscere, attraverso l'uomo, l'amore del Salvatore. Tutto il cielo è in attesa di uomini e donne mediante i quali Dio poter rivelare la potenza del cristianesimo. UVI 376 2 La chiesa è lo strumento di Dio per la proclamazione della verità ed è abilitata dalla sua potenza a compiere un'opera speciale. L'eccellenza della grazia divina dimorerà in lei, se sarà fedele ai suoi comandamenti. Se sarà fedele al suo patto di alleanza, se onorerà l'Iddio d'Israele, non ci sarà forza che le potrà resistere. UVI 376 3 Lo zelo per Dio e per la sua causa spronò i discepoli a dare testimonianza al Vangelo con grande potenza. Non dovrebbe un simile ardore infuocare i nostri cuori con la determinazione di proclamare la storia della salvezza per mezzo di Cristo crocifisso? Ogni cristiano ha il privilegio, non solo di aspettare, ma anche di affrettare il ritorno del Salvatore. UVI 376 4 Quando la chiesa si rivestirà della giustizia di Cristo, abbandonando tutti i compromessi con il mondo, vedrà sorgere l'alba di un glorioso giorno. La promessa che Dio le ha fatta sussisterà per sempre. Egli l'adornerà di uno splendore eterno ed essa diventerà fonte di gioia per molte generazioni. La verità trionferà tralasciando quelli che la disprezzano e la rigettano. A volte il suo progresso è sembrato apparentemente ritardato, ma è sempre stato sotto controllo. Quando il messaggio di Dio incontra opposizione, Egli interviene in suo favore, affinché possa esercitare un più grande influsso. Investito con l'energia divina, esso si farà strada tra le più solide barriere e trionferà su ogni ostacolo. UVI 376 5 Cosa sostenne il Figlio di Dio durante la sua vita di fatiche e sacrificio? Egli vide il risultato della sua opera e ne fu soddisfatto. Egli contemplò, guardando nell'eternità, la felicità di quelli che per mezzo della sua umiliazione avevano ricevuto il perdono e la vita eterna. Sentì i redenti esultare di gioia e intonare il canto di Mosè e dell'Agnello. UVI 376 6 Noi possiamo avere un quadro del futuro, della beatitudine celeste che ci attende. Nella Bibbia sono rivelate le visioni che riguardano la gloria futura, le scene dipinte con la mano di Dio tanto care alla sua chiesa. Per fede noi possiamo entrare nella città eterna e sentire l'amorevole accoglienza riservata a quelli che in questa vita lavorano con Cristo, reputando un onore il soffrire per amor suo. Mentre vengono pronunciate queste parole: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio", essi gettano le loro corone ai piedi del Redentore, esclamando: "Degno è l'Agnello che è stato immolato di ricever la potenza e le ricchezze e la sapienza e la forza e l'onore e la gloria e la benedizione.... e l'imperio, nei secoli dei secoli". Matteo 25:34; Apocalisse 5:12, 13 (Luzzi). UVI 377 1 I credenti incontreranno in quel luogo quelli che li hanno guidati al Salvatore, e unanimi loderanno Colui che diede la sua vita affinché gli esseri umani potessero eredare la vita eterna. Il conflitto è terminato. La lotta e la tribolazione sono finite. Canti di vittoria echeggiano in tutto il cielo mentre i riscattati dicono: "Degno, degno è l'Agnello che fu immolato ed ora vive per raccogliere il trionfo delle sue conquiste". UVI 377 2 "Dopo queste cose vidi, ed ecco una gran folla che nessun uomo poteva noverare, di tutte le nazioni e tribù e popoli e lingue, che stava in piè davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di vesti bianche e con delle palme in mano. E gridavano con gran voce dicendo: La salvezza appartiene all'Iddio nostro il quale siede sul trono, ed all'Agnello". Apocalisse 7:9, 10 (Luzzi). UVI 377 3 "Essi son quelli che vengono dalla gran tribolazione, e hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell'Agnello. Perciò son davanti al trono di Dio, e gli servono giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono spiegherà su loro la sua tenda. Non avranno più fame e non avranno più sete, non li colpirà più il sole né alcuna arsura; perché l'Agnello che è in mezzo al trono li pasturerà e li guiderà alle sorgenti delle acque della vita; e Iddio asciugherà ogni lagrima dagli occhi loro". "E la morte non sarà più; né ci saran più cordoglio, né grido, né dolore, poiché le cose di prima sono passate". Apocalisse 7:14-17; 21:4 (Luzzi).