------------------------Parole di vita PV 7 1 Capitolo 1 -- L'insegnamento piùefficace PV 14 1 Capitolo 2 -- "Il seminatore uscì a seminare" PV 36 1 Capitolo 3 -- "Prima l'erba, poi la spiga" PV 41 1 Capitolo 4 -- Perché esiste il male? PV 45 1 Capitolo 5 -- "Simile ad un granel di senape" PV 49 1 Capitolo 6 -- Altri insegnamenti dalla semina PV 57 1 Capitolo 7 -- "Simile al lievito" PV 62 1 Capitolo 8 -- Un tesoro nascosto PV 72 1 Capitolo 9 -- La perla PV 77 1 Capitolo 10 -- La rete PV 79 1 Capitolo 11 -- Dove trovare la verità? PV 88 1 Capitolo 12 -- "Chiedete e vi sarà dato" PV 98 1 Capitolo 13 -- Un segno di vera grandezza PV 109 1 Capitolo 14 -- La sorgente della vittoria PV 122 1 Capitolo 15 -- La speranza della vita PV 133 1 Capitolo 16 -- La riabilitazione dell'uomo PV 143 1 Capitolo 17 -- "Lascialo ancora quest'anno" PV 149 1 Capitolo 18 -- "Per le strade e lungo le siepi" PV 163 1 Capitolo 19 -- La misura del perdono PV 169 1 Capitolo 20 -- Il guadagno che è una perdita PV 174 1 Capitolo 21 -- Come si decide il nostro destino PV 184 1 Capitolo 22 -- Dire e fare PV 194 1 Capitolo 23 -- Un messaggio alla chiesa d'oggi PV 213 1 Capitolo 24 -- Di fronte al tribunale supremo PV 222 1 Capitolo 25 -- Come arricchire la personalità PV 255 1 Capitolo 26 -- Talenti di successo PV 262 1 Capitolo 27 -- La vera ricchezza PV 272 1 Capitolo 28 -- I criteri della ricompensa finale PV 283 1 Capitolo 29 -- Incontro allo sposo ------------------------Capitolo 1: L'insegnamento piùefficace PV 7 1 L'insegnamento di Cristo, per mezzo di parabole, si ispira ai medesimi principi che lo guidarono nella sua missione a favore dell'umanità. Per farci conoscere il suo carattere divino e la sua vita, Cristo assunse la nostra natura e dimorò fra noi. La Divinità si rivelò nell'umanità, la gloria invisibile in forma umana e visibile. Gli uomini potevano conoscere l'ignoto da ciò che conoscevano, le cose celesti si rivelavano tramite quelle terrene. Come Dio si manifestava nella somiglianza con l'uomo, così anche nell'insegnamento di Cristo: le cose ignote erano illustrate alla gente che l'ascoltava tramite quelle note e le verità divine sulla base delle vicende terrene e familiari. PV 7 2 La Scrittura dice: "Tutte queste cose disse Gesù in parabole alle turbe... affinché si adempisse quel che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò in parabole la mia bocca; esporrò cose occulte fin dalla fondazione del mondo". Matteo 13:34, 35. Le cose naturali costituivano il veicolo di quelle spirituali, i fenomeni della natura e le esperienze della vita degli ascoltatori illustravano le verità della Parola scritta. Guidandoci cosi dal regno naturale a quello spirituale, le parabole di Cristo rappresentano gli anelli di una catena di verità che unisce l'uomo a Dio, la terra al cielo. PV 7 3 Nelle sue lezioni, tratte dalla natura, Cristo parlava di cose che aveva creato con le sue mani e che avevano caratteristiche e forze che lui stesso aveva trasmesso. Nella sua perfezione originale, tutto il creato era un'espressione del pensiero di Dio. Per Adamo ed Eva nella loro dimora edenica, la natura era piena della conoscenza di Dio, ricca di istruzioni divine. La saggezza parlava agli occhi e penetrava nel cuore, in quanto essi comunicavano con Dio tramite le sue opere create. Ma quando la santa coppia trasgredì la legge dell'Altissimo, la gloria del volto divino si ritirò dalla natura che rimase stravolta e profanata dal peccato. Nondimeno essa conserva anche in questo stato molte delle sue precedenti bellezze. Le lezioni pratiche che Dio ci offre non si sono cancellate, e, se ben intesa, la natura parla ancora del suo Creatore. PV 8 1 Ai tempi di Cristo queste lezioni si erano perdute di vista e gli uomini a stento riconoscevano Dio nelle sue opere. Il peccato dell'umanità aveva steso un velo sul volto radioso del creato, e, invece di rivelare Dio, le sue opere finirono per trasformarsi in una barriera che lo nascondeva. Gli uomini "hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore", ed i pagani "si son dati a vani ragionamenti, e l'insensato lor cuore s'è ottenebrato". Romani 1:25, 21. Così, in Israele, l'insegnamento umano aveva preso il posto di quello divino. Non solo i fenomeni della natura, ma anche il rituale dei sacrifici e le Scritture stesse -- il cui obiettivo era di far conoscere Dio -- furono pervertiti al punto da nasconderlo. PV 8 2 Cristo cercò di rimuovere tutto ciò che oscurava la verità. Egli venne a sollevare il velo che il peccato aveva steso sulla natura, riportando alla luce la gloria spirituale che il creato doveva riflettere. Le sue parole Illuminavano gli insegnamenti della natura, come quelli della Bibbia, di una luce nuova, trasformandoli in una nuova rivelazione. PV 8 3 Cogliendo un giglio immacolato, Gesù lo metteva in mano ai bambini e giovani, e, mentre essi contemplavano il suo volto giovanile e raggiante della luce del Padre, Egli diede questa lezione: "Considerate come crescono i gigli della campagna; essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che nemmeno Salomone con tutta la sua gloria fu vestito come uno di loro. Or se Iddio riveste in questa maniera l'erba de' campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà Egli molto più voi, o gente di poca fede?" Matteo 6:28-30. PV 8 4 Ma nel sermone sul monte Gesù non rivolse queste parole solamente ai bambini e ai giovani; aveva davanti una folla in cui si trovavano uomini e donne preoccupati e perplessi, delusi e addolorati. Egli continuò: "Non siate dunque con ansietà solleciti, dicendo: Che mangeremo? che berremo? o di che ci vestiremo? Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste cose". Poi, allargando le braccia alla folla che lo circondava, esclamò: "Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, tutte queste cose vi saranno sopraggiunte". Matteo 6:28-33. PV 9 1 Così Cristo interpretava il messaggio che lui stesso aveva affidato ai gigli e all'erba dei campi. Egli desiderava che lo leggessimo in ogni giglio e in ogni filo d'erba. Le sue parole piene di certezza riaffermano la nostra fiducia in Dio. PV 9 2 La visione che Cristo aveva della verità era così ampia e il suo insegnamento così profondo da utilizzare ogni aspetto della natura per illustrare la verità. Tutte le scene della vita quotidiana erano ricondotte a qualche verità spirituale, e si può ben dire che le parabole del Maestro abbracciano tutta la natura. PV 9 3 Nella prima parte del suo ministero Gesù aveva parlato alla gente con parole così semplici che tutti gli ascoltatori avrebbero potuto comprendere quelle verità atte a guidarli alla salvezza. Ma in molti cuori la verità non aveva fatto radici ed era sparita ben presto senza lasciar traccia. "Perciò parlo loro in parabole", ebbe a dire, "perché, vedendo, non vedono; e udendo non odono e non intendono... perché il cuore di questo popolo s'è fatto insensibile, son divenuti duri d'orecchi ed hanno chiuso gli occhi". Matteo 13:13-15. PV 9 4 Gesù desiderava stimolare lo spirito di investigazione, cercava di scuotere gli indifferenti per imprimere la verità nel cuore. Ammaestrare per mezzo di parabole era popolare e godeva il rispetto e l'attenzione non solo degli Ebrei ma anche di altri popoli. Gesù non avrebbe potuto scegliere un metodo di insegnamento più efficace. Se gli ascoltatori avessero desiderato conoscere le cose divine avrebbero potuto capire le sue parole, dal momento che Egli era sempre pronto a spiegarle agli investigatori sinceri. PV 9 5 Cristo doveva presentare, inoltre, delle verità che il popolo non era preparato a ricevere né a comprendere. Una ragione di più per ricorrere all'uso delle parabole. Collegando le sue lezioni agli episodi della vita comune, dell'esperienza e della natura, attirava l'attenzione e impressionava i cuori degli ascoltatori. Costoro, quando poi vedevano gli oggetti che erano serviti ad illustrare le sue lezioni, ricordavano le parole del divino Maestro, e quanti erano aperti all'azione dello Spirito Santo intendevano sempre più il senso dei suoi insegnamenti. I misteri si illuminavano e tutto quel che era difficile da capire si faceva chiaro ed evidente. PV 10 1 Gesù cercava di farsi strada nel cuore di tutti. Ricorrendo ad una varietà di immagini, non solo presentava la verità nei suoi diversi aspetti, ma l'adeguava alle varie classi di ascoltatori, suscitando il loro interesse con le immagini della vita quotidiana, affinché nessuno dei presenti potesse ritenersi trascurato o dimenticato. I più umili e i più grandi peccatori sentivano nei suoi insegnamenti una voce che parlava con simpatia e tenerezza. PV 10 2 Un altro motivo induceva Gesù a parlare in parabole. In mezzo alle folle che gli si accalcavano intorno c'erano sacerdoti e rabbini, scribi e anziani, erodiani e capi del popolo, persone di mondo, bigotti e ambiziosi che cercavano solo un pretesto per accusarlo. Le loro spie lo pedinavano tutti i giorni per cogliere dalle sue labbra qualche parola che si prestasse a farlo condannare e a far tacere per sempre colui che sembrava attrarre il mondo dietro a sé. Il Salvatore conosceva il carattere di questi uomini e presentava la verità in modo da non offrir loro alcun appiglio suscettibile di accusa dinanzi al sinedrio. Servendosi delle parabole, censurava l'ipocrisia e la malvagia condotta di coloro che occupavano alte posizioni e rivestiva di un linguaggio figurato delle verità così taglienti che i destinatari, lungi dall'ascoltarlo, avrebbero rapidamente messo fine al suo ministero, se le avesse presentate come denuncia aperta. Eludendo così le insidie delle spie, esponeva la verità con tanta chiarezza da mettere a nudo l'errore e dar modo agli ascoltatori sinceri di trarre profitto dai suoi insegnamenti. Metteva in evidenza la saggezza divina, la grazia infinita nelle opere del creato. Grazie alla natura e alle esperienze della vita, Dio ammaestrava l'umanità. "Poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità, si vedon chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue". Romani 1:20. PV 10 3 Con il suo insegnamento in forma di parabole il Salvatore ci dà un'idea della vera "istruzione superiore". Cristo avrebbe potuto dischiudere agli uomini le più profonde verità scientifiche e misteri tali che, per essere compresi, avrebbero richiesto secoli d'intenso studio e fatica. Avrebbe potuto fornire qualche traccia in campo scientifico suscettibile di alimentare il pensiero e stimolare invenzioni fino alla fine dei tempi, eppure non lo fece. Non diceva niente per soddisfare la curiosità e nutrire l'ambizione umana o per aprire le porte della grandezza mondana. In tutti i suoi insegnamenti Cristo metteva in relazione il pensiero degli uomini con l'essere infinito, non induceva la gente a studiare le teorie umane relative a Dio, alla sua Parola, alle sue opere; invece, invitava a contemplarlo attraverso le sue opere, la sua Parola, la sua provvidenza. PV 11 1 Lungi dal trattare teorie astratte, Gesù insisteva sui principi fondamentali per lo sviluppo del carattere e per accrescere la capacità dell'individuo di conoscere Dio e di fare il bene. Illustrava verità relative alla condotta della vita e che abbracciano l'eternità. PV 11 2 Era stato Cristo a guidare l'educazione d'Israele. Ecco quanto aveva stabilito in merito ai comandamenti e alle disposizioni del Signore: "Li inculcherai ai tuoi figliuoli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segnale, ti saranno come frontali tra gli occhi, e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte". Deuteronomio 6:7-9. Con i suoi stessi insegnamenti Gesù dimostrò come osservare questo ordine, come presentare le leggi ed i principi del regno divino per metterne in rilievo la bellezza ed il valore. Nel momento in cui il Signore scelse Israele come suo rappresentante speciale, gli assegnò una dimora tra valli e colline, in modo che la sua vita familiare e religiosa fosse in perpetuo contatto con la natura e la Parola di Dio. Similmente Gesù ammaestrava i discepoli in riva al lago, sul pendio del monte, per i campi e nei boschi, là dove essi potevano vedere le opere della natura di cui si serviva per illustrare le sue lezioni. E, man mano che apprendevano da Cristo, applicavano praticamente le loro conoscenze collaborando con lui nella sua opera. PV 11 3 Così, tramite il creato, anche noi dobbiamo familiarizzare con il Creatore. Il libro della natura rappresenta il grande manuale che dobbiamo usare congiuntamente alle Scritture per illustrare agli altri il carattere di Dio e ricondurre le pecore perdute al suo ovile. A mano a mano che l'individuo studia le opere dell'Onnipotente, lo Spirito Santo lo convince. Non si tratta di una convinzione prodotta da ragionamenti logici, bensì della percezione di un significato più profondo, dell'incisione nel cuore delle sublimi verità divine della Parola scritta, a meno che lo spirito dell'individuo non si sia ottenebrato al punto da non riconoscere più Dio, il suo occhio sia rimasto offuscato da non vederlo e il suo orecchio sordo da non sentire la sua voce. PV 12 1 In queste lezioni scaturite direttamente dalla natura c'è una semplicità e una purezza che gli conferiscono un valore prezioso. E chi può fare a meno degli insegnamenti che zampillano da questa sorgente? Già di per sé le bellezze della natura distolgono l'anima dal peccato e dai piaceri mondani guidandola verso la purezza, verso la pace e verso Dio. Troppo spesso la mente degli studenti è sovraccarica di teorie e speculazioni umane, falsamente definite scienza e filosofia. Essi piuttosto hanno bisogno di un intimo contatto con la natura. Sappiano che la creazione ed il cristianesimo hanno il medesimo Dio, imparino a riconoscere l'armonia del regno naturale con quello spirituale, traendo una lezione da tutto ciò che vedono con gli occhi o toccano con mano, per la formazione del loro carattere. Così le facoltà mentali risulteranno fortificate, il carattere si svilupperà e vivranno tutta una vita più nobile. PV 12 2 Insegnando per mezzo di parabole, Cristo perseguiva lo stesso obiettivo che aveva in mente istituendo il sabato. Dio ha dato agli uomini un ricordo della sua potenza creativa affinché essi lo riconoscano dalle opere delle sue mani. Il sabato ci invita a contemplare la gloria del Creatore attraverso le sue opere, e, proprio perché desiderava che noi ne prendessimo coscienza, Gesù ha collegato le sue preziose lezioni alla bellezza della natura. Nel sacro giorno di riposo, più che in tutti gli altri, dovremmo studiare il messaggio che Dio ha scritto per noi nel libro della natura, dovremmo studiare le parabole di Gesù in un ambiente analogo a quello in cui le ha pronunciate: nei campi e nei boschi, all'aperto, in mezzo ai fiori e in mezzo all'erba. A mano a mano che ci accostiamo intimamente al cuore della natura, sentiremo più viva e reale la presenza di Cristo che ci parla di pace e di amore. PV 12 3 Però Cristo ha legato i suoi insegnamenti non solo al giorno di riposo, ma anche alla settimana di lavoro. Egli offre saggezza a chi guida l'aratro e sparge il seme. Con le immagini dell'arare e del seminare, della coltivazione e della raccolta Egli ci dà un'idea dell'opera che la grazia svolge nel cuore. Allo stesso modo desidera che noi scopriamo una lezione di verità divina in ogni lavoro utile, in qualunque situazione della vita, e allora la nostra attività quotidiana non assorbirà più la nostra attenzione al punto da farci dimenticare Dio, anzi ci ricorderà continuamente il nostro Creatore e Redentore. Simile ad un filo d'oro, il pensiero di Dio ci accompagnerà in tutte le nostre occupazioni e preoccupazioni familiari, e, per noi, la gloria del suo volto illuminerà di nuovo il volto della natura. Continueremo ad apprendere nuove lezioni sulla verità celeste crescendo all'immagine della sua purezza. Saremo così "discepoli dell'Eterno" e qualunque sia la nostra sorte, rimarremo "dinanzi a Dio" nella condizione in cui siamo stati chiamati. Isaia 54:13; 1 Corinzi 7:24. ------------------------Capitolo 2: "Il seminatore uscì a seminare" PV 14 1 Con la parabola del seminatore Cristo illustra i misteri del regno dei cieli e l'opera del divin Lavoratore a favore del suo popolo. Simile al seminatore dei campi, Egli è venuto a spargere il seme celeste della verità, e sono le sue stesse parabole a costituire quel seme sparso e contenente le più preziose verità della sua grazia. A causa della sua semplicità la parabola del seminatore non è stata apprezzata come merita. Partendo dal seme naturale gettato sul terreno, Cristo desidera richiamare la nostra attenzione sul seme dell'Evangelo la cui semina riconduce l'individuo alla fedeltà a Dio. È stato il Sovrano dell'universo a raccontarci la parabola del minuscolo seme, e le medesime leggi che governano la semina terrena regolano anche la semina della verità. PV 14 2 Sulle rive del mare di Galilea si era raccolta una gran folla per vedere e ascoltare Gesù, una moltitudine avida e piena di attese in mezzo alla quale c'erano ammalati che ansiosamente attendevano sul loro giaciglio di presentargli il proprio caso. Cristo aveva ricevuto da Dio il diritto di guarire le sofferenze di una stirpe peccaminosa, perciò ora lo vediamo sconfiggere la malattia diffondendo intorno a sé la vita, la salute e la pace. PV 14 3 Dato che la folla aumentava continuamente stringendoglisi sempre più intorno e mancando lo spazio per altri, Gesù disse qualche parola ai pescatori che si trovavano nelle loro barche, salì in quella che doveva trasportarlo dall'altra parte del lago, e, dopo aver ordinato ai discepoli di allontanarsi un po' dalla terraferma, rivolse il discorso alla folla rimasta sulla riva. PV 14 4 Vicino al lago si estendeva la bella pianura di Gennezaret e più in là si ergevano le colline. Sia nella pianura che sui pendii erano all'opera seminatori e mietitori: gli uni a gettare il seme, gli altri a mietere il raccolto. Osservando la scena Cristo esclamò: PV 15 1 "Ecco, il seminatore usci a seminare. Ed avvenne che mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiarono. Ed un'altra cadde in un suolo roccioso ove non avea molta terra; e subito spuntò, perché non avea terreno profondo; ma quando il sole si levò, fu riarsa; e, poiché non avea radice, si seccò. Ed un'altra cadde fra le spine; e le spine crebbero e l'affogarono e non fece frutto. Ed altre parti caddero nella buona terra; e portarono frutto che venne su e crebbe, e giunsero a dare qual trenta, qual sessanta e qual cento". Marco 4:3-9. PV 15 2 La missione di Cristo non fu capita dai suoi contemporanei perché il modo in cui Egli venne non corrispondeva alle loro attese. Il Signor Gesù costituiva il fondamento di tutto il sistema ebraico il cui imponente rituale era stato ordinato da Dio e doveva insegnare al popolo che al momento stabilito sarebbe venuto colui che le cerimonie rappresentavano. Ma, esaltando le forme e le cerimonie, gli Ebrei finirono per perder di vista l'obiettivo. Le tradizioni, i principi e gli statuti umani offuscavano le lezioni che Dio voleva insegnar loro. Queste norme e tradizioni impedivano loro di capire e praticare la vera religione, e, quando la realtà giunse nella persona di Cristo, non riconobbero in lui l'adempimento di tutti i loro simboli, la sostanza di tutte le loro ombre. Aggrappandosi ai loro simboli e alle loro cerimonie inutili, respinsero Gesù, la realtà. Il Figlio di Dio era venuto, ma essi continuavano a chiedere un segno. Pretendevano un miracolo per rispondere all'appello: "Ravvedetevi, poiché il regno de' cieli è vicino". Matteo 3:2. L'Evangelo di Cristo era per loro una pietra d'inciampo perché chiedevano segni invece di un Salvatore. Si aspettavano che il Messia confermasse le sue affermazioni con potenti atti di conquista, stabilendo il suo impero sulle rovine dei regni terreni. Cristo rispose a queste attese con la parabola del seminatore: il regno di Dio doveva trionfare non con la forza delle armi né con atti di violenza, bensì introducendo un principio nuovo nel cuore umano. PV 15 3 "Colui che semina la buona semenza, è il Figliuol dell'uomo". Matteo 13:37. Cristo era venuto non da re ma come seminatore, non per rovesciare regni, ma per spargere il seme, non per additare ai suoi seguaci trionfi terreni e grandezza nazionale, bensì una messe che si potrà raccogliere dopo un lavoro duro e paziente, dopo perdite e delusioni. PV 16 1 I Farisei avevano inteso benissimo il senso della parabola, ma non ne gradivano la lezione, perciò finsero di non capire. Quanto alla folla, questa parabola aveva avvolto in un mistero ancora più fitto le intenzioni del nuovo Maestro le cui parole avevano stranamente commosso i cuori e deluso amaramente tante ambizioni. I discepoli stessi non l'avevano capita, ma il loro interesse si era destato e, in privato, si rivolsero a Gesù chiedendo spiegazioni. PV 16 2 Era proprio quello che Egli desiderava per fornire istruzioni più precise. Gli spiegò la parabola, e altrettanto farà con la sua Parola a tutti coloro che si rivolgono a lui con cuore sincero. Chi studia la Parola di Dio con cuore aperto all'azione dello Spirito Santo non rimarrà all'oscuro sul suo senso: "Se uno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina è da Dio o se io parlo di mio". Giovanni 7:17. Quanti vanno a Cristo per conoscere meglio la verità saranno esauditi; Egli schiuderà loro i misteri del regno dei cieli e i cuori che bramano conoscere la verità capiranno. La luce celeste illuminerà il tempio dell'anima e si manifesterà ad altri come il chiaro splendore di una lampada in un luogo oscuro. PV 16 3 "Il seminatore uscì a seminare". In oriente la situazione generale era così insicura ed il pericolo di subire violenze così grave, che la popolazione risiedeva generalmente in città circondate da mura e i contadini uscivano di là giorno per giorno per andare a lavorare. Così Cristo, il Seminatore divino, è uscito a seminare abbandonando la sua dimora sicura e tranquilla, la gloria che godeva col Padre prima che esistesse il mondo e la posizione che occupava sul trono dell'universo. È uscito come uomo esposto al dolore e alla tentazione, da solo, per seminare con lacrime e annaffiare col suo sangue il seme della vita per un mondo perduto. PV 16 4 Allo stesso modo devono uscire a seminare i suoi servi. Quando fu chiamato a spargere il seme della verità, Abramo ricevette l'ordine: "Vattene dal tuo paese e dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò". Genesi 12:1. "E parti senza sapere dove andava". Ebrei 11:8. Similmente l'apostolo Paolo, pregando nel tempio di Gerusalemme, ricevette il messaggio divino: "Va', perché io ti manderò lontano ai Gentili". Atti 22:21. Così tutti quelli che sono chiamati a unirsi a Cristo devono abbandonare tutto per seguirlo: le antiche compagnie, i progetti della vita, le speranze terrene. Debbono spargere il seme con fatica e lacrime, nella solitudine e con sacrifici. PV 17 1 "Il seminatore semina la Parola". Cristo è venuto a seminare la verità in questo mondo. Fin dalla caduta dell'umanità Satana sparge il seme dell'errore. Fu con una bugia che riuscì a soggiogare l'uomo; altrettanto fa oggi per rovesciare il regno di Dio in terra e asservire gli uomini al suo potere. Come seminatore di un mondo superiore, Cristo è venuto a spandere il seme della verità; colui che aveva partecipato ai consigli di Dio e dimorato nel luogo santissimo dell'Eterno, poteva portare agli uomini i puri principi della verità. Sin dalla caduta dell'uomo, Cristo ha rivelato questa verità al mondo; grazie a lui il seme incorruttibile, "la parola di Dio vivente e permanente" (1 Pietro 1:23), viene trasmessa all'umanità. Già in quella prima promessa fatta alla nostra stirpe caduta nell'Eden, Egli spargeva il seme dell'Evangelo, ma è al suo ministero personale tra gli uomini e all'opera che si applica in modo particolare la parabola del seminatore. PV 17 2 La semenza è la Parola di Dio. Ogni seme contiene un principio germinativo che custodisce in sostanza la vita della pianta. Così anche nella Parola di Dio c'è vita: "Le parole che vi ho detto", disse Gesù, "sono spirito e vita". Giovanni 6:63. "Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna". Giovanni 5:24. In ogni comandamento e promessa della Parola di Dio, c'è la potenza e la vita stessa di Dio, grazie alle quali è possibile obbedire al comandamento e realizzare la promessa. Chi accetta in fede la Parola, riceve la vita stessa ed il carattere di Dio. PV 17 3 Ogni seme porta frutto secondo la sua specie. Seminatelo come si deve e svilupperà la sua vitalità nella pianta. Accogliete con fede l'incorruttibile seme della Parola divina nell'anima ed esso produrrà un carattere ed una vita simili al carattere e alla vita di Dio. PV 17 4 I dottori d'Israele non spandevano il seme della Parola di Dio, per cui l'opera di Cristo, maestro di verità, era in netto contrasto con quella dei rabbini del suo tempo. Insistendo su tradizioni, teorie e speculazioni umane, collocavano spesso quello che un uomo aveva insegnato o scritto sulla Parola al posto della Parola stessa. Le loro teorie non sapevano vivificare l'anima, mentre Cristo insegnava e predicava la Parola di Dio. Affrontava gli interlocutori con un categorico "Sta scritto", "Che cosa dice la Scrittura?", "Come leggi?" In ogni occasione, quando si destava l'interesse ad opera di amici o nemici, Gesù seminava il seme della Parola. Colui che è la via, la verità e la vita, la Parola vivente in persona, addita le Scritture dicendo: "Esse son quelle che rendon testimonianza di me". Giovanni 5:39. "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano". Luca 24:27. PV 18 1 I servi di Cristo devono fare altrettanto. Oggigiorno, come anticamente, si mettono da parte le verità fondamentali della Parola di Dio per far posto alle teorie e alle speculazioni umane. Molti sedicenti predicatori del Vangelo non accettano tutta la Bibbia come Parola ispirata: un "esperto" respinge questa parte, un altro mette in dubbio quella. Collocano il loro giudizio al di sopra della Parola e le Scritture che insegnano sono fondate sulla loro Posizione autorevole e sull'interpretazione personale, cosicché viene distrutta la divina autenticità biblica. Così si diffonde il seme dell'incredulità, la gente rimane confusa e non sa più che cosa credere. Quante credenze sono completamente prive di fondamento! Ai giorni di Cristo i rabbini forzavano molti brani della Scrittura attribuendo loro un significato mistico e distorto. Dato che le chiare dottrine della Parola di Dio condannavano il loro agire, cercavano di distruggerne la forza. La stessa cosa avviene oggi. Presentano la Parola di Dio come qualcosa di oscuro e misterioso per scusare la violazione della legge divina. Cristo denunciava questo abuso insegnando che tutti dovevano comprendere la Parola di Dio e mettendone in evidenza l'autorità inoppugnabile; altrettanto dobbiamo fare noi. Bisogna presentare la Bibbia come Parola del Dio infinito, fine di ogni controversia e fondamento di tutta la fede! PV 18 2 La Bibbia è stata spogliata della sua potenza e le conseguenze si manifestano nel declino della vita religiosa. Nei sermoni pronunciati da molti pulpiti di oggi non c'è quella forza divina che desta la coscienza e ridà vita all'anima. Gli ascoltatori non possono dire: "Non ardeva il cuor nostro in noi mentr'egli ci parlava per la via, mentre ci spiegava le Scritture?" Luca 24:32. Quanti invocano il Dio vivente e anelano la sua presenza! Ma le teorie filosofiche o i saggi letterari, per quanto brillanti, non possono soddisfare il cuore, le affermazioni e le invenzioni umane non servono a niente. Lasciate che sia la Parola di Dio a parlare alla gente e quanti hanno prestato orecchio solo a tradizioni e teorie e norme umane, ascoltino la voce di colui che con la sua Parola sa rinnovare l'anima per la vita eterna! PV 19 1 Il tema preferito da Cristo era l'amore paterno e l'abbondante grazia di Dio. Si soffermava a lungo sulla santità del suo carattere e della sua legge e presentava se stesso come la via, la verità e la vita. Siano questi i temi anche dei ministri di Cristo. Annunciate la verità com'è in Gesù, spiegate le esigenze della legge e del Vangelo, illustrate alla gente la vita di Cristo fatta di rinunce e sacrifici, la sua umiliazione e morte, la resurrezione e ascensione, l'opera di intercessione che svolge a favore degli uomini nel tribunale celeste, la sua promessa: "Tornerò e v'accoglierò presso di me". Giovanni 14:3. PV 19 2 Invece di discutere teorie errate o cercare di combattere gli oppositori del Vangelo, seguite l'esempio di Cristo, fate zampillare nella vita le fresche verità che scaturiscono dalla sorgente della Parola di Dio: "Predica la Parola", "Seminate in riva a tutte le acque", "Insisti a tempo e fuor di tempo", "Colui che ha udito la mia parola riferisca la mia parola fedelmente. Che ha da fare la paglia col frumento? dice l'Eterno", "Ogni parola di Dio è affinata col fuoco... Non aggiunger nulla alle sue parole, ch'egli non t'abbia a riprendere, e tu non sia trovato bugiardo". 2 Timoteo 4:2; Isaia 32:20; Geremia 23:28; Proverbi 30:5, 6. PV 19 3 "Il seminatore semina la Parola": ecco il grande principio che deve ispirare ogni opera educativa. "Il seme è la Parola di Dio", ma in troppe scuole dei nostri giorni le Scritture si mettono da parte e altri argomenti impegnano la mente. Lo studio di autori increduli occupa molto spazio del programma scolastico e i libri in uso sono permeati di scetticismo. Le ricerche scientifiche risultano fuorvianti dal momento che le loro scoperte vengono interpretate male e stravolte. Confrontano la Parola di Dio con presunte teorie scientifiche facendola apparire incerta e poco degna di fiducia. E così che inculcano nell'animo dei giovani il seme del dubbio che spunterà al momento della tentazione. Perduta la fede nella Parola di Dio, l'anima si ritrova senza guida né protezione e i giovani imboccano vie che li allontaneranno da Dio e dalla vita eterna. PV 20 1 Proprio a questa causa va attribuita in gran misura la dilagante malvagità del mondo odierno. Accantonando la Parola di Dio si respinge anche la sua forza di arginare le perverse passioni del cuore naturale. Gli uomini seminano nella carne e dalla carne raccoglieranno corruzione. PV 20 2 Questa è altresì la grande causa della debolezza e della deficienza mentale. Allontanandosi dalla Parola di Dio, per alimentarsi degli scritti di autori non ispirati, lo spirito finisce per atrofizzarsi e degradarsi perché privato del contatto con i principi vasti e profondi della verità eterna. L'intelligenza si adatta a comprendere gli argomenti con cui ha familiarità e dedicandosi a problemi limitati si indebolisce, la sua forza declina e dopo qualche tempo non riesce più a svilupparsi. PV 20 3 Tutto questo è il risultato di un'educazione sbagliata. La missione di ogni insegnante è quella di fissare l'animo giovanile sulle solenni verità della Parola ispirata. Ecco l'educazione essenziale per la vita presente e per quella avvenire! PV 20 4 E nessuno pensi che questo sarà di ostacolo allo studio scientifico o si concluderà con una preparazione culturale inferiore: la conoscenza di Dio è più alta del cielo e più vasta dell'universo. Niente nobilita e ravviva più dello studio dei grandi temi relativi alla nostra vita eterna. I giovani cerchino di capire queste verità divine e la loro mente si espanderà e fortificherà con lo sforzo. Questo aprirà allo scolaro che mette in pratica la Parola, un più vasto campo di pensiero assicurandogli un tesoro imperituro di conoscenze. PV 20 5 La cultura da acquisire investigando le Scritture consiste in una conoscenza sperimentale del piano della salvezza. Una cultura simile restaurerà nell'anima l'immagine divina, rinvigorirà lo spirito contro l'assalto delle tentazioni, preparerà l'allievo a collaborare con Cristo nella sua opera di misericordia a favore del mondo e ne farà un membro della famiglia celeste preparandolo a partecipare all'eredità dei santi nella luce. PV 21 1 Ma il maestro di verità sacre può impartire solo ciò che sa per esperienza: "Il seminatore uscì a seminar la sua semenza". Luca 8:5. Cristo insegnava la verità perché lui era la verità; il suo pensiero stesso, il suo carattere, l'esperienza della sua vita s'incarnavano nel suo insegnamento. Altrettanto deve essere dei suoi servi: quanti insegnano la Parola devono farla propria per esperienza personale, debbono sapere che cosa significa che Cristo è stato fatto per loro saggezza e giustizia, santificazione e redenzione. Annunciando la Parola agli altri, non la presentino come qualcosa di dubbio e incerto, ma dichiarino piuttosto con l'apostolo Pietro: "Poiché non è coll'andar dietro a favole artificiosamente composte che vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signor Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà". 2 Pietro 1:16. Ogni ministro di Cristo e ogni maestro dovrebbero poter esclamare con l'amato Giovanni: "E la vita è stata manifestata e noi l'abbiam veduta e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata". 1 Giovanni 1:2. Lungo la strada PV 21 2 La parabola del seminatore sottolinea principalmente l'influenza che esercita sul seme il terreno in cui è stato gettato. Con questa parabola Cristo diceva praticamente agli ascoltatori: non è bene per voi criticare la mia opera o abbandonarvi alla delusione sol perché essa non corrisponde alle vostre idee. Quel che più conta invece, e che dovreste chiedervi, è: come tratterete il mio messaggio? Dalla vostra accettazione o dal rifiuto dipende il vostro destino eterno! PV 21 3 Spiegando poi il significato del seme che cade lungo la strada disse: "Tutte le volte che uno ode la parola del Regno e non la intende, viene il maligno e porta via quel che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto la semenza lungo la strada". Matteo 13:19. PV 22 1 Il seme caduto lungo la strada rappresenta la Parola di Dio seminata nel cuore dell'ascoltatore distratto. Simile al duro sentiero calpestato dagli uomini e dagli animali, il cuore si trasforma in una strada maestra per il traffico del mondo, i suoi piaceri e peccati. Assorbito dalle ambizioni egoistiche e dalle passioni peccaminose, l'animo "rimane indurato per inganno del peccato" (Ebrei 3:13), le facoltà spirituali sono paralizzate, l'individuo ascolta la Parola ma non l'intende, non si rende conto che si applica proprio a lui, non ha coscienza del suo bisogno e del pericolo che corre, non percepisce l'amore di Cristo e ignora il suo messaggio di grazia ritenendolo una cosa che non lo riguarda. PV 22 2 Come gli uccelli sono pronti a beccare la semenza caduta lungo la strada, Satana è pronto a eliminare dall'anima il seme della verità divina. Egli teme che la Parola di Dio ridesti l'indifferente e faccia effetto nel cuore indurito. Satana e i suoi angeli sono presenti nelle assemblee in cui si predica l'Evangelo, e mentre gli angeli celesti cercano di toccare i cuori con il messaggio divino, il nemico è all'erta per renderlo inefficace. Con un impegno pari solo alla sua malvagità, egli cerca di ostacolare l'opera dello Spirito Santo. Mentre Cristo attira l'anima a sé col suo amore, Satana tenta di distoglierla dal Salvatore occupando la mente con piani mondani, inducendo alla critica o insinuando il dubbio e l'incredulità. Forse il linguaggio o i modi del predicatore non piacciono agli ascoltatori i quali si soffermano su questi difetti, così la verità di cui hanno bisogno e che il Signore invia nella sua misericordia, non produce in loro alcuna impressione duratura. PV 22 3 Satana ha numerosi accoliti. Molti che si professano cristiani aiutano in realtà il tentatore a soffocare il seme della verità nei cuori; tanti ascoltano magari la predicazione della Parola di Dio per farne a casa oggetto di critica. La giudicano come se si trattasse delle parole di un oratore profano o di un discorso politico, commentano con osservazioni frivole o sarcastiche il messaggio che dovrebbero ritenere Parola del Signore rivolta a loro personalmente, discutono liberamente il carattere, i moventi, gli atti e la condotta del pastore e di altri membri di chiesa, esprimono severi giudizi, ripetono pettegolezzi e calunnie, anche di fronte agli inconvertiti. I genitori spesso non esitano a farlo in presenza dei figli. Ecco in che modo si distrugge il rispetto per i messaggeri di Dio e la riverenza per il loro messaggio, ecco come molti imparano a trattare la Parola di Dio con leggerezza! PV 23 1 In questo modo i figli di sedicenti cristiani già in famiglia vengono educati all'incredulità, e poi i genitori si chiedono come mai i figli s'interessino così poco del Vangelo e siano pronti a dubitare delle verità bibliche. Si meravigliano che sia così difficile trasmettergli dei principi morali e religiosi. Non capiscono che è stato il loro esempio a indurire il cuore dei figli. Il buon seme non trova posto per fare radici e Satana lo porta via. Fra le pietre PV 23 2 "E quegli che ha ricevuto la semenza in luoghi rocciosi, è colui che ode la Parola e subito la riceve con allegrezza; però non ha radice in sé, ma è di corta durata; e quando venga tribolazione o persecuzione a cagione della Parola, è subito scandalizzato". Matteo 13:20, 21. PV 23 3 Il seme sparso in luoghi rocciosi trova un terreno poco profondo, la pianta spunta rapidamente, ma dato che le radici non riescono a penetrare tra le rocce alla ricerca del nutrimento per sostenere la propria crescita, non tarda a seccarsi. Molti che professano di essere religiosi sono come un terreno roccioso: simili alle rocce coperte da un sottile strato di terra; l'egoismo del loro cuore naturale è appena nascosto da uno strato superficiale di buoni desideri e aspirazioni. Non hanno vinto l'amore dell'io, non hanno capito il vero carattere del peccato, né il loro cuore è rimasto umiliato dal senso di colpa. Può essere facile convincere questa classe di persone, che magari appariranno convertiti entusiasti, ma la loro religione rimane superficiale. PV 23 4 Ovviamente non cadono sol perché hanno accolto subito la Parola o perché se ne rallegrano. Udito l'appello del Salvatore, Matteo si levò immediatamente e, abbandonando tutto, lo seguì. Dio desidera che accogliamo subito la sua Parola quando tocca il nostro cuore, ed è bene che l'accogliamo con gioia: "Così vi sarà letizia in cielo per un peccatore penitente". Luca 15:7 (Diodati). E c'è gioia nell'anima che crede in Cristo. Ma coloro che nella parabola accettano la Parola immediatamente non ne calcolano il prezzo, non prendono in considerazione ciò che essa esige da loro, non esaminano tutte le abitudini della loro vita alla luce di questa Parola né si sottomettono completamente al suo dominio. PV 24 1 Le radici penetrano profondamente nel terreno e, nascoste alla vista, alimentano la vita della pianta. Così anche il cristiano nutre la sua vita spirituale grazie ad un legame invisibile che unisce la sua anima a Cristo per mezzo della fede. Ma gli ascoltatori rappresentati dal terreno pietroso confidano in se stessi più che in Cristo, fanno affidamento sulle loro opere buone e sui loro buoni impulsi, insomma sulla loro giustizia, non sono forti nel Signore né nella forza della sua potenza. Individui simili non hanno "radici in sé" perché non sono legati a Cristo. PV 24 2 Il caldo sole estivo, che fortifica e fa maturare il grano robusto, distrugge quello privo di radici profonde. Così colui che "non ha radice in se, ma è di corta durata", quando si scatena una "tribolazione o persecuzione a cagione della Parola, è subito scandalizzato". Matteo 13:21. Molti accettano l'Evangelo più per sfuggire alla sofferenza che per essere liberati dal peccato, si rallegrano per un certo periodo, pensando che la religione risparmierà loro ogni prova e difficoltà, e finché tutto va bene nella vita sembreranno veri cristiani, ma alla prima dura prova soccombono, non sanno sopportare la vergogna per amore di Cristo e si scandalizzano quando la Parola di Dio mette in luce qualche peccato da loro accarezzato o esige rinuncia o sacrificio. Gli costerebbe troppo sforzo effettuare un cambiamento radicale nella loro vita e così, guardando gli inconvenienti e le difficoltà presenti, finiscono per dimenticare le realtà eterne. Come i discepoli che voltarono le spalle a Gesù, sono pronti a dire: "Questo parlare è duro; chi lo può ascoltare?" Giovanni 6:60. PV 24 3 Numerosi sono coloro che professano di servire Dio senza conoscerlo per esperienza. Il loro desiderio di fare la sua volontà si fonda sulle loro tendenze e non sulla profonda convinzione operata dallo Spirito Santo, la loro condotta non è in armonia con la legge divina. Professano di accettare Cristo come Salvatore, ma non credono che gli darà la forza di vincere i loro peccati, non hanno una relazione personale con il Salvatore vivente ed il loro carattere rivela difetti ereditari e acquisiti. PV 25 1 Una cosa è riconoscere in generale l'azione dello Spirito Santo e un'altra è accettare la sua opera di convinzione del peccato e di appello al pentimento. Molti si sentono estranei a Dio, consapevoli di essere schiavi dell'io e del peccato. Si sforzano di cambiare strada ma non crocifiggono il proprio io, non si abbandonano interamente nelle mani di Gesù implorando la forza divina per fare la sua volontà. Non sono disposti a farsi trasformare a immagine e somiglianza divina. In generale ammettono le loro imperfezioni, ma non sono disposti ad abbandonare i loro peccati specifici. E così, ad ogni ulteriore sbaglio, la loro vecchia natura egoista riguadagna terreno. PV 25 2 La sola speranza per queste anime è di esperimentare nella propria vita la verità delle parole che Cristo disse a Nicodemo: "Bisogna che nasciate di nuovo" e "Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio". Giovanni 3:7, 3. PV 25 3 La vera santità è una consacrazione totale al servizio di Dio, la condizione di una vera vita cristiana. Cristo richiede una dedizione senza riserve, un servizio completo, il cuore, la mente, l'anima, l'energia. Non bisogna accarezzare l'io. Chi vive per sé stesso non è cristiano. PV 25 4 L'amore deve essere il movente di ogni azione. Esso è il principio del governo di Dio in cielo e in terra e deve essere il fondamento del carattere cristiano. Solo questo elemento può rendere il cristiano stabile e capace di affrontare vittoriosamente la prova e la tentazione. PV 25 5 L'amore si rivela nel sacrificio. Il piano di redenzione si fonda sul sacrificio, un sacrificio del quale non si può misurare l'ampiezza, l'altezza e la profondità. Cristo ha dato tutto per noi e quanti accettano Cristo saranno pronti a sacrificare tutto per il loro Redentore. Onorarlo e glorificarlo sarà il loro primo pensiero. PV 25 6 Se amiamo Gesù vivremo volentieri per lui, gli offriremo di cuore il nostro ringraziamento e lavoreremo per lui. Il lavoro stesso diverrà leggero e per amor suo desidereremo la sofferenza, la fatica ed il sacrificio, condivideremo il suo anelito di salvare l'umanità e quel tenero affetto per le anime che sentiva lui. PV 26 1 Ecco la religione di Cristo! Tutto quello che non raggiunge questo ideale è un inganno. Una semplice teoria della verità o una mera professione di discepolato non salverà nessuno. Non potremo appartenere a Cristo se non ci diamo completamente a lui. Ecco perché un cuore diviso nella vita cristiana rende l'individuo debole di propositi e mutevole nei desideri: lo sforzo di servire sia il proprio io che Cristo ne faranno un ascoltatore che, simile al seme caduto in terreno pietroso, non resisterà al momento della prova. Fra le spine PV 26 2 "E quegli che ha ricevuto la semenza fra le spine, è colui che ode la Parola; poi le cure mondane e l'inganno delle ricchezze affogano la Parola, e cosi riesce infruttuosa". PV 26 3 Il seme dell'Evangelo cade spesso fra le spine e le erbacce e se non avviene una trasformazione morale nel cuore umano, se non si abbandonano le antiche abitudini e la precedente vita di peccato, se Satana non è stato bandito dall'anima, il buon seme rimarrà soffocato e ci sarà un raccolto di spine invece che di grano. PV 26 4 La grazia può prosperare solo in un cuore sempre pronto ad accogliere il prezioso seme della verità. Le spine del peccato crescono in qualunque suolo senza bisogno di cure, mentre la grazia va accuratamente coltivata. I rovi e le spine sono sempre pronti a invadere il campo e bisogna essere continuamente all'opera per distruggerli. Se il cuore non è sottomesso al controllo divino, se lo Spirito Santo non è continuamente all'opera per affinare e nobilitare il carattere, le antiche abitudini non tarderanno a riaffiorare nella vita. Gli uomini potranno professare di credere nell'Evangelo, ma se non ne sono santificati, la loro professione non vale nulla; se non sconfiggono il peccato, il peccato sconfiggerà loro. Le spine, che magari avevano reciso ma non sradicato, rispunteranno ben presto invadendo il campo dell'anima. PV 26 5 Cristo ha specificato quali siano i pericoli dell'anima. Nel racconto di Marco sono "le cure mondane e l'inganno delle ricchezze e le cupidigie delle altre cose" (Marco 4:19); Luca parla di "cure e... ricchezze e... piaceri della vita". Luca 8:14. Ecco le spine che soffocano la Parola, la crescita del seme spirituale. L'anima cessa di attingere nutrimento da Cristo e la vita spirituale e interiore si estingue. PV 27 1 "Le cure mondane". Nessuna classe di persone è libera da queste tentazioni. Il duro lavoro, le privazioni e la paura di cadere nel bisogno sono per il povero un grave fardello e una fonte di angoscia, mentre il ricco è tormentato dalla paura di perdere i suoi beni e da una quantità di altre preoccupazioni ansiose. Molti seguaci di Cristo dimenticano la lezione che Egli ci invita ad apprendere dai fiori dei campi, non hanno fiducia nella sua premura continua e Cristo non può alleggerirli del loro fardello perché non lo vogliono scaricare su di lui. Cosi le preoccupazioni della vita, che dovrebbero spingerli al Salvatore per ricevere aiuto e conforto, finiscono per separarli da lui! PV 27 2 Molti che potrebbero portare ricchi frutti al servizio di Dio, si dedicano ad ammassare ricchezze, ogni loro energia rimane assorbita dalle attività commerciali, si sentono costretti a trascurare i valori spirituali e finiscono per separarsi da Dio. La Scrittura ci esorta: "Quanto allo zelo, non siate pigri". Romani 12:11. Dobbiamo lavorare per soccorrere i bisognosi. Il cristiano può e deve lavorare e curare i propri affari con impegno senza per questo commettere peccato, ma molti si lasciano assorbire dagli affari al punto di non trovare più tempo per la preghiera, per lo studio biblico, per cercare e servire Dio. A volte l'anima brama la santità del cielo, ma le manca il tempo di appartarsi dai clamori del mondo per ascoltare la voce possente ed autorevole dello Spirito di Dio. I valori eterni passano in seconda linea, quelli mondani occupano il primo posto. Come potrà il seme divino portar frutto se la vita dell'anima è dedita ad alimentare le spine della mondanità? PV 27 3 Molti commettono un errore analogo pur lavorando con obiettivi ben diversi. Operano per il benessere altrui, hanno doveri impellenti e responsabilità cosi numerose da non trovare più tempo, immersi come sono nel lavoro, da dedicare alla meditazione. In tal modo trascurano la comunione con Dio che è possibile solo con la preghiera e lo studio della sua Parola e dimenticano che Cristo ha detto: "Senza di me non potete far nulla". Giovanni 15:5. Finiscono per allontanarsi da Gesù. La loro vita non è pervasa dalla grazia, l'io non tarda a manifestarsi e il loro servizio è contaminato dal desiderio di supremazia e dai tratti aspri e scortesi di un cuore ribelle. Ecco una delle cause principali di fallimento nell'opera del cristiano, ecco perché i risultati sono spesso cosi deludenti! PV 28 1 "L'inganno delle ricchezze". L'amore delle ricchezze esercita un potere che infatua ed inganna. Troppo spesso quanti possiedono beni terreni dimenticano che è stato Dio a permetter loro di acquisirli. Esclamano: "La mia forza e la potenza della mia mano m'hanno acquistato queste ricchezze". Deuteronomio 8:17. Invece di suscitare la loro gratitudine verso Dio, le ricchezze li inducono a esaltare se stessi. Essi perdono il senso della dipendenza da Dio e dei loro doveri verso il prossimo, e, invece di ritenere la ricchezza un talento da impiegare per la gloria di Dio e l'elevazione dell'umanità, la considerano un mezzo per soddisfare se stessi. Invece di sviluppare nell'individuo gli attributi divini, le ricchezze usate così sviluppano quelli di Satana e il seme della Parola rimane soffocato dalle spine. PV 28 2 "I piaceri della vita". Il pericolo è quello di ricercare il divertimento fine a se stesso. Tutte le abitudini edonistiche che indeboliscono le energie fisiche, offuscano la mente o intorpidiscono la percezione spirituale sono "carnali concupiscenze che guerreggiano contro l'anima". 1 Pietro 2:11. PV 28 3 "Le cupidigie delle altre cose". Non si tratta necessariamente di peccati in sé, ma di piaceri o interessi ai quali si dà la preminenza al posto di Dio. Tutto quello che allontana l'anima da lui e distoglie ti da Cristo è un nemico dell'anima. PV 28 4 Quando si è giovani e vigorosi e capaci di fare rapida carriera, esiste la grave tentazione di servire l'io e l'ambizione. Se i piani mondani di un individuo riescono, facilmente egli continua in un cammino che uccide la coscienza e gli impedisce di valutare correttamente in che cosa consista la vera eccellenza del carattere. Se poi le circostanze favoriscono questa piega, si fa presto a incamminarsi per una via proibita dalla parola di Dio. PV 29 1 In questo periodo di formazione della vita dei figli, i genitori hanno una grave responsabilità. Procurino di circondare i giovani di sane influenze che trasmettano un'idea esatta della vita e del vero successo. E invece, quanti genitori si propongono come primo obiettivo di assicurare ai figli una prosperità materiale! Quanti scelgono tutte le loro compagnie in vista di questo obiettivo! Molti genitori stabiliscono la propria dimora in qualche grande città e introducono i figli nella società elegante e alla moda immergendoli in un'atmosfera che incoraggia la mondanità e l'orgoglio. In un'atmosfera simile lo spirito e l'anima si atrofizzano e si perdono di vista gli alti e nobili obiettivi della vita; il privilegio di essere figli di Dio ed eredi dell'eternità si sacrifica per qualche vantaggio terreno. PV 29 2 Molti genitori cercano di favorire la felicità dei figli accondiscendendo ai loro desideri per i divertimenti, permettendo loro di partecipare a giochi, sport e a feste di piacere, rifornendoli perfino di denaro da spendere liberamente nella ricerca dell'ostentazione e delle soddisfazioni personali. La sete di piacere aumenta a mano a mano che la si soddisfa e gli interessi di simili giovani rimangono sempre più assorbiti dai divertimenti finché essi non finiscono per farne lo scopo principale della loro vita. Si abituano alla pigrizia e alla rilassatezza al punto tale che è quasi impossibile per loro essere dei cristiani stabili. PV 29 3 La chiesa stessa, che dovrebbe essere colonna e sostegno della verità, incoraggia l'amore egoista del piacere. Quando bisogna raccogliere del denaro per fini religiosi, a che cosa ricorrono molte comunità? A vendite di beneficenza, cene, mostre e fiere, perfino alle lotterie e altri espedienti simili! Spesso il luogo di culto rimane profanato dalla gente che mangia e beve, compra, vende e si diverte. Il rispetto della casa di Dio e la riverenza per il culto svaniscono nell'animo dei giovani, le barriere dell'autodisciplina cedono, l'egoismo, l'appetito, il piacere di mettersi in mostra vengono alimentati e s'irrobustiscono nella misura in cui sono soddisfatti. PV 30 1 La ricerca dei piaceri e dei divertimenti si concentra nelle città. Molti genitori che hanno preferito una dimora cittadina per i figli pensando di offrir loro maggiori vantaggi, prima o poi rimangono delusi e si accorgono troppo tardi del grave errore commesso. Le città d'oggi vanno rapidamente trasformandosi in altrettante Sodoma e Gomorra. I frequenti giorni festivi invitano all'ozio, i divertimenti eccitanti come il teatro, le corse dei cavalli, le scommesse e i giochi d'azzardo, i liquori, le feste e i banchetti vari -- stimolano al massimo tutte le passioni e i giovani si lasciano trascinare dalla corrente generale. Coloro che imparano ad amare il divertimento fine a se stesso aprono la porta del cuore ad una marea di tentazioni. Essi si abbandonano ad un'allegria mondana e spensierata e rimangono inebriati nelle loro relazioni con gli amanti dei piaceri, sono spinti da una forma di dissipazione all'altra finché perdono sia il desiderio che la capacità di condurre una vita utile. Le loro aspirazioni religiose sono svanite e la loro vita spirituale è avvolta nelle tenebre, tutte le facoltà più nobili dell'animo, tutto ciò che unisce l'uomo al mondo superiore risulta avvilito e degradato. PV 30 2 È vero che alcuni possono rendersi conto della loro follia e pentirsi. Dio li perdona, ma essi hanno indebolito gravemente la propria anima e saranno per tutta la vita in pericolo di ricadere. Il discernimento, che bisognerebbe mantenere sempre acuto e sensibile per distinguere il bene dal male, è rimasto in gran parte distrutto, cosicché non sanno più riconoscere rapidamente le insidie sataniche né la voce dello Spirito Santo che vorrebbe guidarli. Troppo spesso, nell'ora del pericolo, soccombono alla tentazione e si allontanano da Dio. La fine della loro vita di piacere è la rovina per questo mondo e per quello avvenire. PV 30 3 Le preoccupazioni, le ricchezze e i piaceri sono gli espedienti di cui Satana si serve per irretire l'anima nel gioco della vita. Ecco perché la Scrittura ci avverte: "Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amor del Padre non è in lui. Poiché tutto quello che è nel mondo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non è dal Padre, ma è dal mondo". 1 Giovanni 2:15, 16. E colui che legge nei cuori umani come in un libro aperto ci raccomanda: "Badate a voi stessi, che talori i vostri cuori non siano aggravati da crapula, da ubriachezza e dalle ansiose sollecitudini di questa vita". Luca 21:34. E l'apostolo Paolo scriveva per ispirazione dello Spirito Santo: "Ma quelli che vogliono arricchire cadono in tentazione, in laccio, e in molte insensate e funeste concupiscenze, che affondano gli uomini nella distruzione e nella perdizione. Poiché l'amor del denaro è radice d'ogni sorta di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono trafitti di molti dolori". 1 Timoteo 6:9, 10. La preparazione del terreno PV 31 1 Con la parabola del seminatore Cristo dimostra che i diversi risultati ottenuti dipendono dalla natura del terreno. In tutti i casi il seminatore ed il seme sono gli stessi, cosicché, vuole insegnarci Cristo, dipende da noi se la Parola di Dio non produce il suo effetto nei nostri cuori e nella nostra vita, e noi possiamo controllarne i risultati. È vero che non possiamo cambiare noi stessi, ma possiamo scegliere e sta a noi decidere che cosa avverrà della nostra persona. Gli ascoltatori rappresentati dalla strada, dal terreno pietroso e dalle spine non devono ineluttabilmente rimanere in tale condizione. Lo Spirito di Dio cerca continuamente di spezzare l'incanto che tiene l'umanità assorta nelle passioni mondane per suscitare l'anelito dei valori imperituri. Ma resistendo all'azione dello Spirito gli uomini prestano poca attenzione alla Parola divina e la trascurano. Sono loro stessi responsabili della propria durezza di cuore, che impedisce al buon grano di mettere radici, e delle erbacce che ne soffocano lo sviluppo. PV 31 2 Bisogna coltivare il giardino del cuore, dissodare il terreno con un profondo pentimento dei peccati, sradicare le piante velenose di origine satanica. Solo grazie ad un lavoro diligente si può recuperare un terreno invaso dalle spine. Così anche le malvagie tendenze del cuore naturale si possono vincere con sforzi ardenti nel nome e con la potenza di Gesù. Tramite il suo profeta il Signore ci ordina: "Dissodatevi un campo nuovo, e non seminate fra le spine!" Geremia 4:3. "Seminate secondo la giustizia, mietete secondo la misericordia". Osea 10:12. Egli desidera compiere quest'opera per noi e ci chiede di collaborare con lui. PV 32 1 Il compito dei seminatori è di preparare i cuori a ricevere l'Evangelo. Nel ministero della Parola si predica troppo e si realizza troppo poco quel rapporto intimo che va da un cuore all'altro. C'è bisogno di un'opera personale per le anime dei perduti, dovremmo avvicinarci alle persone individualmente, con la simpatia di Cristo, cercando di destare il loro interesse per le grandi verità della vita eterna. Il loro cuore forse sarà duro come un sentiero calpestato e potrà sembrare inutile sforzarsi di annunciargli il Salvatore, ma mentre la logica non riuscirà a commuoverle e le argomentazioni si riveleranno impotenti a convincerle, l'amore di Cristo, manifestato in un servizio personale, potrà intenerire il loro cuore di pietra permettendo al seme della verità di attecchire. PV 32 2 I seminatori devono anche fare qualcosa per evitare che il seme rimanga soffocato dalle spine o muoia per l'insufficiente profondità del terreno. Sin dall'inizio della vita cristiana bisogna insegnare al credente i principi fondamentali del cristianesimo e che non basta il sacrificio di Cristo a salvarlo: egli deve fare propri la vita e il carattere di Cristo. Impari a portare dei fardelli e a rinnegare le proprie tendenze naturali, apprenda quali benedizioni si acquistano lavorando per il Salvatore, seguendolo nella rinuncia e sopportando stenti da buon combattente. Impari a confidare nel suo amore e a deporre su di lui le sue preoccupazioni, gusti la gioia di guadagnare anime per lui e, nell'amore e nell'interesse per le anime perdute, dimenticherà se stesso. I piaceri del mondo perderanno la loro attrattiva ed il fardello terreno non lo scoraggerà. L'aratro della verità farà la sua opera dissodando il terreno duro e incolto, e non si limiterà a tagliare la punta delle spine, ma le estirperà alle radici. Nella buona terra PV 32 3 Il seminatore non sempre subisce delusioni. Il Salvatore disse che il seme caduto nella buona terra "è colui che ode la Parola e l'intende; che porta del frutto e rende l'uno il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta". Matteo 13:23. "E quel ch'è in buona terra, son coloro i quali, dopo aver udita la Parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portan frutto con perseveranza". Luca 8:15. PV 33 1 Il "cuore onesto e buono" di cui parla la parabola non è un cuore senza peccato, perché l'Evangelo deve essere predicato ai perduti. Cristo ha detto: "Io non son venuto a chiamare de' giusti, ma dei peccatori". Marco 2:17. Ha un cuore onesto chi si lascia convincere dallo Spirito Santo e confessa le sue colpe, chi sente il bisogno della misericordia e dell'amore divino e nutre il sincero desiderio di conoscere la verità per obbedirle. Il cuore buono è un cuore credente e fiducioso nella Parola di Dio. Senza fede è impossibile accettare la Parola, "poiché chi s'accosta a Dio deve credere ch'Egli è, e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano". Ebrei 11:6. PV 33 2 "Ma quei che ha ricevuto la semenza in buona terra, è colui che ode la Parola e l'intende". I Farisei al tempo di Cristo chiudevano gli occhi per non vedere e le orecchie per non sentire, perciò la verità non raggiungeva i loro cuori e dovettero pagare cara la loro ostinata ignoranza e cecità volontaria. Cristo insegnò invece ai discepoli ad essere aperti alle istruzioni e pronti a credere, e pronunciò una benedizione su di loro per aver visto con gli occhi e sentito con le orecchie della fede. PV 33 3 L'ascoltatore simile al buon terreno riceve la Parola "non come parola d'uomini, ma quale essa è veramente, come parola di Dio". 1 Tessalonicesi 2:13. Solo chi riceve la Scrittura come voce di Dio che gli parla personalmente imparerà davvero. Egli trema dinanzi a questa Parola, essendo per lui una realtà vivente, ed apre il cuore e la mente per capirla. Ascoltatori di questo tipo erano Cornelio e i suoi amici che dissero all'apostolo Pietro: "Ora dunque siamo tutti qui presenti davanti a Dio, per udir tutte le cose che ti sono state comandate dal Signore". Atti 10:33. PV 33 4 Il riconoscere la verità non dipende tanto dalla profondità intellettuale quanto da intenzioni pure e da una fede semplice, ardente e fiduciosa. Gli angeli di Dio si avvicinano a tutti quelli che, umilmente, cercano la guida divina e lo Spirito Santo apre loro i ricchi tesori della verità. PV 33 5 Gli ascoltatori paragonati alla buona terra conservano la Parola dopo averla udita e Satana con tutti i suoi accoliti non può rapirgliela. PV 34 1 Non basta semplicemente ascoltare o leggere la Parola: chi desidera trarre profitto dalle Scritture deve meditare la verità che gli è stata presentata e apprendere, con viva attenzione e in preghiera, il senso delle parole della verità e dissetarsi fino in fondo alla sorgente degli oracoli sacri. PV 34 2 Dio c'invita a nutrire il nostro spirito di pensieri nobili e puri, desidera che meditiamo sul suo amore e la sua misericordia e studiamo la sua opera meravigliosa nel grande piano della redenzione. La nostra percezione della verità si farà sempre più limpida ed il desiderio di avere un cuore puro e idee chiare sarà più elevato e più santo. L'anima che vive nell'atmosfera pura di pensieri nobili e santi rimarrà trasformata dalla comunione con Dio tramite lo studio delle Scritture. PV 34 3 "E portaron frutto". Coloro che hanno udito la Parola e la conservano porteranno il frutto dell'obbedienza: la Parola di Dio, accolta nell'anima, si manifesterà con opere buone, in un carattere e in una vita cristiani. Gesù ebbe a dire di se stesso: "Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro il mio cuore". Salmi 40:8. "Io... cerco non la mia propria volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato". Giovanni 5:30. E la Scrittura aggiunge: "Chi dice di dimorare in lui, deve, nel modo ch'egli camminò, camminare anch'esso". 1 Giovanni 2:6. PV 34 4 La Parola di Dio si scontra spesso con i tratti di carattere ereditari o acquisiti e con le abitudini della vita quotidiana, ma l'ascoltatore rappresentato dalla buona terra accetta la Parola, con tutte le sue condizioni ed esigenze, sottoponendole le sue tendenze e abitudini. Ai suoi occhi i comandamenti degli uomini mortali e fallaci perderanno significato di fronte alla Parola del Dio infinito. Con tutto il cuore e un solo proposito cercherà la vita eterna e obbedirà alla verità a costo dei beni, di persecuzioni e della morte stessa. PV 34 5 "E portan frutto con perseveranza". Nessuno di coloro che accettano la Parola di Dio è risparmiato da prove e difficoltà, ma il vero cristiano non si agita dinanzi all'afflizione, non perde il coraggio né si dispera. Anche se non possiamo prevedere l'esito della prova né comprendere i disegni divini a nostro riguardo, non perdiamo la fiducia, anzi, consapevoli della bontà e misericordia del Signore, gettiamo su di lui le nostre preoccupazioni aspettando con pazienza la sua liberazione! PV 35 1 La vita spirituale si fortifica nel conflitto: le prove ben sostenute sviluppano la fermezza di carattere e le preziose virtù spirituali. Il frutto perfetto della fede, della dolcezza e della carità sovente matura meglio in mezzo alle tempeste e all'oscurità. PV 35 2 "Ecco, l'agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell'ultima stagione". Giacomo 5:7. Allo stesso modo il cristiano deve attendere con pazienza il frutto della Parola di Dio nella sua vita. Molte volte, quando imploriamo i doni dello Spirito, Dio esaudisce le nostre orazioni suscitando intorno a noi delle circostanze atte a sviluppare questi frutti, ma noi non capiamo il suo proposito e rimaniamo stupiti e scoraggiati, eppure nessuno potrà sviluppare questi doni della grazia se non crescendo e portando frutto. Il nostro compito è di accettare la Parola di Dio, aggrappandoci fermamente ad essa e sottomettendoci pienamente al suo controllo: allora si realizzerà il suo piano in noi. PV 35 3 "Se uno mi ama", disse Cristo, "osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui". Giovanni 14:23. In noi si manifesterà l'influenza dominante di uno spirito più forte e perfetto, essendo in comunione vivente con quella fonte che tutto sostiene. Nella nostra vita spirituale rimarremo prigionieri di Gesù Cristo e non vivremo più egoisticamente per noi stessi, ma sarà Cristo a vivere in noi! Il suo carattere si rifletterà nella nostra natura e così porteremo i frutti dello Spirito Santo "qual trenta, qual sessanta e qual cento". ------------------------Capitolo 3: "Prima l'erba, poi la spiga" PV 36 1 La parabola del seminatore suscitò molti interrogativi. Alcuni ascoltatori conclusero che non era intenzione di Cristo fondare un regno terreno e molti erano curiosi e perplessi. Vedendo la loro perplessità Gesù si servi di altre illustrazioni per distogliere ulteriormente i loro pensieri dalla speranza di un regno mondano e indurli a soffermarsi sull'azione della grazia divina nell'anima. PV 36 2 "Diceva ancora: Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme in terra, e dorma e si levi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce nel modo ch'egli stesso ignora. La terra da se stessa dà il suo frutto: prima l'erba; poi la spiga; poi, nella spiga, il grano ben formato. E quando il frutto è maturo, subito e' vi mette la falce perché la mietitura è venuta". Marco 4:26-29. PV 36 3 Il contadino che mette mano alla "falce perché la mietitura è venuta" non può essere che Cristo. È colui che nel gran giorno finale verrà a raccogliere la messe della terra. Ma il seminatore rappresenta quanti lavorano al posto di Cristo. Sta scritto che "il seme intanto germoglia e cresce nel modo ch'egli stesso ignora", e questo non può certo dirsi del Figlio di Dio che, lungi dal dormire, veglia giorno e notte sul suo compito. Gesù non ignora in che modo il seme cresce. PV 36 4 La parabola del seme rivela che Dio opera nella natura. Il seme possiede in sé un principio germinativo che Dio stesso gli ha trasmesso, nondimeno esso non avrebbe la forza di svilupparsi se restasse abbandonato a se stesso. Anche l'uomo deve fare la sua parte per favorire la crescita del chicco di grano: deve preparare il terreno, concimarlo, spargere il seme e coltivare il campo. Ma c'è un limite oltre il quale non potrà fare niente: nessuna forza o sapienza umana è in grado di far nascere dal seme una pianta vivente. Anche quando l'agricoltore ha fatto tutto il possibile, dipenderà sempre da colui che ha messo in rapporto la semina e la raccolta con i legami meravigliosi della sua onnipotenza. PV 37 1 C'è vita nel seme e forza nel terreno, ma se la potenza infinita di Dio non opera giorno e notte, il seme resterà infruttuoso. Ci vuole la pioggia per irrigare i campi assetati, il sole per riscaldare e l'elettricità che trasmetta il suo impulso al seme interrato. Soltanto il Creatore può suscitare la vita che ha infuso, ed è per la sua potenza che ogni seme cresce e ogni pianta si sviluppa. PV 37 2 "Si, come la terra dà fuori la sua vegetazione, e come un giardino fa germogliare le sue semenze, così il Signore, l'Eterno, farà germogliare la giustizia e la lode nel cospetto di tutte le nazioni". Isaia 61:11. Come nella semina naturale così in quella spirituale: il maestro della verità deve cercare di preparare il terreno del cuore e spargere il seme, ma è unicamente la potenza di Dio che può generare la vita. È questo un punto oltre il quale ogni sforzo umano risulta inutile. Dobbiamo, è vero, predicare la Parola, tuttavia non siamo in grado di trasmettere quella forza che ravviva l'anima e suscita giustizia e lode. Nell'annuncio della Parola deve intervenire un elemento superiore alla potenza umana, lo Spirito Santo, grazie al quale soltanto la Parola sarà viva ed efficace nel rigenerare l'anima per la vita eterna. Ecco quel che Cristo si sforzava di inculcare nei discepoli insegnandogli che non avevano in sé alcuna virtù capace di assicurare il successo: è solo la potenza miracolosa di Dio a rendere efficace la sua Parola. PV 37 3 Il lavoro del seminatore è un atto di fede: pur non sapendo spiegare il mistero della germinazione e della crescita, egli ha fiducia nei fattori di cui Dio si serve per far crescere e fiorire la vegetazione. Spargendo il seme nel terreno, in apparenza getta via il prezioso grano che potrebbe fornire pane alla sua famiglia, ma in realtà non fa che rinunciare a un bene presente per riceverne una quantità maggiore, getta via la semenza sperando di ritrovarla moltiplicata in un abbondante raccolto. Così anche i ministri di Cristo devono lavorare con la speranza di trarre un raccolto dal seme sparso. PV 37 4 Per un certo periodo il buon seme potrà rimanere inerte in un cuore freddo, egoistico e mondano, senza il minimo segno di germinazione, ma in seguito, quando l'alito dello Spirito Santo tocca l'anima, il seme nascosto germoglia e porta frutto alla gloria di Dio. Nell'opera della nostra vita noi non sappiamo che cosa porterà frutto, questo o quello, ma non sta a noi risolvere questo interrogativo: il nostro compito è di fare il lavoro e di rimettere i risultati a Dio. "Fin dal mattino semina la tua semenza, e la sera non dar posa alle tue mani". Ecclesiaste 11:6. Dio dichiara nel suo grande patto che "Finché la terra durerà, sementa e raccolta... non cesseranno mai". Genesi 8:22. Confidando in questa promessa l'agricoltore ara e semina. Non meno fiduciosamente dobbiamo lavorare noi confidando nella sua promessa: "Così è della mia parola uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senz'aver compiuto quello ch'io voglio, e menato a buon fine ciò per cui l'ho mandata". Isaia 55:11. "Ben va piangendo colui che porta il seme da spargere, ma tornerà con canti di gioia quando porterà i suoi covoni". Salmi 126:6. PV 38 1 La germinazione del seme rappresenta l'inizio della vita spirituale, e lo sviluppo della pianta è una bella immagine della crescita cristiana. Come avviene nella natura così nella grazia: non c'è vita senza crescita. O la pianta cresce o muore. Lo sviluppo della vita cristiana, come quello della pianta, è silenzioso e impercettibile ma continuo. In qualunque fase del suo sviluppo la nostra vita può essere perfetta, ma se si compie il piano divino in noi ci sarà un costante progresso. La santificazione è l'opera di tutta la vita. A mano a mano che le nostre occasioni aumentano crescerà anche la nostra esperienza e conoscenza. Ci fortificheremo per assumere responsabilità e la nostra maturità progredirà in proporzione ai nostri privilegi. PV 38 2 La pianta cresce assimilando le sostanze che Dio le mette a disposizione per sostenere la vita, affonda le radici nel terreno, assorbe la luce solare, la rugiada e la pioggia e gli elementi vitali dell'aria, così anche il cristiano deve crescere collaborando con gli strumenti divini. Coscienti della nostra impotenza, dobbiamo approfittare di ogni occasione che ci si offre per acquisire un'esperienza più piena. Come la pianta affonda le radici nel terreno, noi dobbiamo radicarci profondamente in Cristo, come essa riceve il calore solare, la rugiada e la pioggia, noi dobbiamo aprire il cuore allo Spirito Santo. Quest'opera deve realizzarsi "non per potenza né per forza, ma per lo spirito mio, dice l'Eterno degli eserciti". Zaccaria 4:6. Se fissiamo il nostro pensiero su Cristo "egli verrà a noi come la pioggia, come la pioggia di primavera che annaffia la terra". Osea 6:3. Come Sole di Giustizia egli si leverà su di noi, "e la guarigione sarà nelle sue ali". Malachia 4:2. Fioriremo "come il giglio", cresceremo "come il grano" e rinverdiremo "come la vite". Osea 14:5, 7. Confidando continuamente in Cristo come nostro Salvatore personale, cresceremo in ogni cosa in colui che è il nostro capo. PV 39 1 Il frumento sviluppa "prima l'erba; poi la spiga; poi, nella spiga, il grano ben formato". Il contadino sparge il seme e cura la crescita della pianta per avere del grano, desidera trarne del pane per gli affamati e la semenza per i raccolti futuri; similmente il divino Agricoltore spera nel raccolto per ripagarsi dei suoi lavori e sacrifici. Cristo desidera riprodurre la propria immagine nel cuore umano e lo fa tramite quanti credono in lui. Lo scopo della vita cristiana è di portar frutto, cioè riprodurre il carattere di Cristo nel credente che, a sua volta, cercherà di farlo sviluppare negli altri. PV 39 2 La pianta non germoglia né cresce o fruttifica per se stessa, bensì per "dar seme al seminatore e pane da mangiare". Isaia 55:10. Così nessuno deve vivere per se stesso. Il cristiano è il rappresentante di Cristo nel mondo per la salvezza di altri suoi simili. PV 39 3 In una vita concentrata sul proprio io non potrà esserci né crescita né fruttificazione. Se hai accettato Cristo come Salvatore personale, dimentica te stesso e cerca di aiutare gli altri. Parla del suo amore, racconta la sua bontà, assolvi i doveri che si presentano, porta il fardello delle anime e fa quanto è in tuo potere per salvare coloro che si perdono. A mano a mano che riceverai lo Spirito di Cristo, Spirito di amore disinteressato e di lavoro per gli altri, andrai crescendo e portando frutto I frutti dello Spirito matureranno nel tuo carattere, la tua fede aumenterà, le tue convinzioni si approfondiranno, il tuo amore diverrà perfetto, sarai sempre più simile a Cristo in tutto ciò che è puro, nobile e amabile. PV 39 4 "Il frutto dello Spirito, invece, è amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza". Galati 5:22. Questo frutto non perirà mai, anzi, produrrà, secondo la sua specie, una messe per la vita eterna. PV 40 1 "E quando il frutto è maturo, subito e' vi mette la falce perché la mietitura è venuta". Cristo attende e brama di vedere la sua immagine riflessa dalla sua chiesa. Quando il popolo di Cristo rifletterà perfettamente il suo carattere, Egli verrà a reclamarlo come sua proprietà. PV 40 2 È privilegio di ogni cristiano non solo di attendere, ma anche di affrettare il ritorno del nostro Signor Gesù Cristo. Cfr. 2 Pietro 3:12. Se tutti coloro che professano il suo nome portassero frutto alla sua gloria, con quanta rapidità si potrebbe spargere il seme evangelico in tutto il mondo! Ben presto l'ultimo grande raccolto sarebbe maturo e Cristo ritornerebbe a raccogliere il prezioso grano. ------------------------Capitolo 4: Perché esiste il male? PV 41 1 "Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: Il regno de' cieli è simile ad un uomo che ha seminato buona semenza nel suo campo. Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò delle zizzanie in mezzo al grano e se ne andò. E quando l'erba fu nata ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le zizzanie". Matteo 13:24-26. PV 41 2 "Il campo è il mondo", spiegò Gesù (Matteo 13:38), ma noi dobbiamo intendere che qui si tratta della chiesa di Cristo nel mondo. La parabola descrive degli aspetti relativi al regno di Dio e la sua opera di salvezza dell'umanità; quest'opera viene svolta appunto dalla chiesa. È vero che lo Spirito Santo va per tutto il mondo agendo ovunque nel cuore degli uomini, ma è nella chiesa che dobbiamo crescere e maturare per i granai celesti. PV 41 3 "Colui che semina la buona semenza, è il Figliuol dell'uomo... la buona semenza sono i figliuoli del Regno; le zizzanie sono i figliuoli del maligno". Matteo 13:37, 38. Il buon seme rappresenta coloro che sono nati dalla Parola di Dio, la verità. Le zizzanie rappresentano una classe di persone che sono l'incarnazione o il frutto dell'errore e di falsi principi. "Il nemico che le ha seminate, è il diavolo". Matteo 13:39. Né Dio né gli angeli hanno mai seminato zizzanie: questa è sempre opera di Satana, nemico di Dio e dell'uomo. PV 41 4 In oriente la gente si vendicava a volte di un nemico spargendo nei suoi campi seminati di fresco qualche semenza di erbacce che, durante la crescita, somigliava al grano. Sviluppandosi insieme al grano pregiudicava il raccolto e procurava noie e perdite al proprietario del campo. Allo stesso modo Satana, spinto dall'ostilità contro Cristo, sparge il seme della malvagità in mezzo al buon grano del regno attribuendone poi il frutto al Figlio di Dio. Introducendo nella chiesa individui che portano il nome di Cristo ma ne rinnegano il carattere, il maligno attira il disonore su Dio, presenta l'opera di salvezza in una falsa luce e mette le anime in pericolo. PV 42 1 I servi di Cristo soffrono nel vedere questa mescolanza di credenti veri e falsi all'interno della chiesa e ben volentieri intraprenderebbero un'azione di ripulitura. Come i servi della parabola, sono pronti a sradicare le erbacce, ma Cristo dice: "No, che talora, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insiem con esse il grano. Lasciate che ambedue crescano assieme fino alla mietitura". Matteo 13:29, 30. PV 42 2 Cristo ha insegnato in modo molto chiaro che i peccatori impenitenti devono essere allontanati dalla chiesa, ma Egli non ci ha affidato il compito di giudicarli per il loro carattere e per il motivo che li ha indotti a peccare. Conosce troppo bene la nostra natura per affidare a noi quest'opera. Se cerchiamo di eliminare dalla chiesa coloro che riteniamo falsi cristiani, commetteremo sicuramente degli errori. Spesso giudichiamo come soggetti senza possibilità di speranza persone che Cristo sta già chiamando a sé; valutandole secondo il nostro giudizio imperfetto non faremmo probabilmente che estinguere il loro ultimo barlume di speranza. Molti che si credono cristiani alla fine saranno trovati mancanti e molti altri invece andranno in cielo nonostante che, secondo il giudizio dei vicini, mai ci sarebbero entrati. L'uomo giudica dall'apparenza, ma Dio guarda i cuori. Le zizzanie ed il grano devono crescere insieme fino al raccolto e il raccolto è la fine del tempo di grazia. PV 42 3 Le parole del Salvatore contengono un'altra lezione, una lezione di meravigliosa clemenza e di tenero amore. Come le radici delle zizzanie s'intrecciano strettamente a quelle del buon grano, così i falsi fratelli possono mescolarsi intimamente nella chiesa ai veri discepoli. Il vero carattere di questi pretesi credenti non si manifesta completamente, e se fossero espulsi dalla chiesa potrebbero scandalizzarsene altri che altrimenti sarebbero rimasti fermi. PV 42 4 Dio stesso illustra l'insegnamento di questa parabola col suo modo di trattare gli uomini e gli angeli. Satana è un ingannatore e quando peccò in cielo neanche gli angeli fedeli riconobbero pienamente il suo carattere, e fu per questo che Dio non lo distrusse subito! Se lo avesse fatto, i santi angeli non avrebbero capito la giustizia e la carità divine. Il dubbio sulla bontà di Dio sarebbe stato come un seme malvagio che avrebbe maturato un amaro frutto di peccato e dì dolore, perciò l'autore del male fu risparmiato affinché manifestasse appieno il suo carattere. Da lunghi anni Dio assiste con dolore all'opera del male e ha preferito sacrificare l'infinito dono del Calvario anziché permettere che qualcuno rimanesse ingannato dalle false rappresentazioni del maligno; non è stato possibile eliminare le zizzanie senza correre il pericolo di sradicare anche il buon grano. Non saremo anche noi tolleranti con i nostri simili come il Signore del cielo e della terra lo è con Satana? PV 43 1 Il mondo non ha il diritto di mettere in dubbio la verità del cristianesimo sol perché ci sono dei membri indegni nella chiesa, né i cristiani dovrebbero scoraggiarsi a causa di questi falsi fratelli. Che cosa è accaduto nella chiesa primitiva? Anania e Saffira sì unirono ai discepoli, Simone il mago fu battezzato, Dema era stato annoverato fra i credenti prima di abbandonare Paolo, Giuda Iscariota rientrava nel numero degli apostoli... Il Redentore non vuole perdere una sola anima e il suo modo di trattare Giuda è stato registrato per dimostrare quanta pazienza usi con la perversa natura umana. Egli ci ordina di essere indulgenti come lo è stato lui e ha affermato che i falsi fratelli nella chiesa ci saranno fino alla fine dei tempi. PV 43 2 Nonostante il monito dì Cristo, c'è chi ha cercato di estirpare la zizzania e la chiesa ha fatto ricorso al potere civile per punire quanti riteneva malfattori. Uomini che pretendevano di agire con l'assenso di Cristo hanno fatto imprigionare, torturare e mettere a morte chi dissentiva dalle dottrine ufficiali! Ma è lo spirito di Satana e non di Cristo a ispirare atti simili, è il metodo che egli applica per conquistare il mondo. La chiesa ha dato una falsa immagine di Dio trattando così i presunti eretici. PV 43 3 Questa parabola di Cristo ci insegna ad essere umili e a diffidare di noi stessi, non a giudicare e condannare gli altri. Non tutto quello che si semina nel campo è buon grano e il fatto che un individuo sia membro di chiesa non ne fa ancora un cristiano. PV 43 4 Finché il frumento era in erba la zizzania gli somigliava in modo incredibile, ma la somiglianza sparì quando nel campo biondeggiante, pronto per la mietitura, le erbacce inutili spiccavano per la loro differenza dal grano che s'inchinava sotto il peso delle spighe piene e mature. I peccatori, che fingono di essere religiosi, potranno confondersi per qualche tempo con i veri seguaci di Cristo per ingannare molti con quella parvenza di cristianità, ma al momento del raccolto di questo mondo finirà ogni somiglianza tra i buoni e i malvagi e si manifesteranno coloro che si erano uniti alla chiesa ma non a Cristo. PV 44 1 Alla zizzania si permette di crescere in mezzo al grano e di godere i medesimi benefici del sole e della pioggia, ma al tempo della raccolta si vedrà "di nuovo la differenza che v'è fra il giusto e l'empio, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve". Malachia 3:18. Cristo stesso stabilirà chi è degno di vivere con la famiglia celeste e giudicherà ogni individuo secondo le sue parole e azioni. La mera professione di fede non avrà alcun valore, sarà il carattere a decidere del destino personale. PV 44 2 Il Salvatore non lascia intravedere che a un certo punto tutta la zizzania si trasformerà in grano. Il frumento e le erbacce cresceranno insieme fino al raccolto, la fine del mondo, poi la zizzania sarà legata in fasci per essere bruciata ed il grano sarà raccolto per i granai divini. "Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro" e "il Figliuol dell'uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d'iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco. Quivi sarà il pianto e lo stridor dei denti". Matteo 13:43, 41, 42. ------------------------Capitolo 5: "Simile ad un granel di senape" PV 45 1 In mezzo alla folla che ascoltava gli insegnamenti di Cristo c'erano molti Farisei che osservavano con disprezzo come ben pochi dei suoi ascoltatori riconoscessero in lui il Messia e si chiedevano in che modo quest'umile Maestro avrebbe potuto guidare Israele al dominio del mondo. Senza ricchezze né potenza e onore, come doveva stabilire il nuovo regno? Leggendo i loro pensieri Cristo rispose: PV 45 2 "A chi è simile il regno di Dio, e a che l'assomiglierò io?" Matteo 13:18. Tra i governi terreni non ce n'era uno che potesse servire da paragone, nessuna società civile che gli offrisse un simbolo, perciò soggiunse: "Esso è simile ad un granel di senapa che un uomo ha preso e gettato nel suo orto; ed è cresciuto ed è divenuto albero; e gli uccelli del cielo si son riparati sui suoi rami". Luca 13:19. PV 45 3 Il germe della semenza cresce grazie al manifestarsi del principio vitale che Dio gli ha trasmesso, ed è uno sviluppo che non dipende dalla forza umana. Così è anche del regno di Dio: è una nuova creazione, e i principi secondo i quali si evolve sono diametralmente opposti a quelli che reggono i regni di questo mondo. I governi terreni prevalgono con la forza e conservano il dominio con la guerra, mentre il fondatore del nuovo regno è il Principe della pace. Lo Spirito Santo rappresenta i regni di questo mondo col simbolo di feroci animali da preda, Cristo è invece "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". Giovanni 1:29. I suoi piani di governo non prevedono l'uso della forza bruta per costringere le coscienze. I Giudei si aspettavano che il regno di Dio si stabilisse allo stesso modo dei regni di questo mondo. Per affermare la giustizia ricorrevano a provvedimenti esteriori, escogitavano metodi e piani, Cristo al contrario combatte l'errore ed il peccato stabilendo il principio della verità e della giustizia. PV 45 4 Mentre Gesù esponeva questa parabola si vedevano ovunque piante di senape elevarsi al di sopra dell'erba e del grano e dondolare dolcemente nell'aria i propri rami. Gli uccelli saltellavano da un ramo all'altro cinguettando in mezzo al denso fogliame. Eppure il seme dal quale erano nate quelle piante gigantesche era il più piccolo di tutti! All'inizio aveva emesso un tenero germoglio, ma pieno di forza e vitalità, che era andato crescendo e sviluppandosi fino a raggiungere le dimensioni attuali. Similmente il regno di Cristo agli inizi sembrava umile e insignificante, l'ultimo di tutti di fronte ai regni terreni. Per i sovrani di questo mondo l'affermazione di Cristo di essere re era semplicemente ridicola, nondimeno il regno dell'Evangelo possedeva una vita divina contenuta nelle potenti verità affidate ai suoi seguaci, e con quanta rapidità crebbe ed estese la sua influenza! Quando Gesù illustrò questa parabola, il nuovo regno era rappresentato solamente da alcuni contadini della Galilea la cui povertà e ristrettezza di numero veniva continuamente addotta per motivare che non ci si doveva associare a quei semplici pescatori al seguito di Gesù. Ma il seme di senape doveva svilupparsi ed estendere i suoi rami in tutto il mondo. I regni terreni, la cui gloria riempiva allora i cuori umani, sarebbero tramontati, mentre il regno di Cristo sarebbe rimasto per rafforzarsi sempre di più e per estendersi ovunque. PV 46 1 Allo stesso modo opera la grazia nel cuore bendisposto: all'inizio essa è piccola, poi, una parola e un raggio di sole vengono ad illuminare l'anima ed eccola sorgere a nuova vita; chi potrà prevedere il risultato? PV 46 2 La parabola del granel di senape non illustra solamente la crescita del regno di Cristo, ma anche il ripetersi di questa esperienza in ogni fase della sua crescita. Il Signore ha per la sua chiesa di ogni generazione una verità ed un'opera speciale. Questa verità, nascosta ai sapienti e agli intelligenti di questo mondo, viene rivelata ai semplici e agli umili, richiede sacrifici, deve sostenere lotte e riportare vittorie, e all'inizio solo pochi la difendono, contrastati e sprezzati dai grandi della terra e da una chiesa che segue il mondo. Ecco Giovanni Battista, il precursore di Cristo, riprendere da solo l'orgoglio ed il formalismo del popolo ebraico! Ecco i primi araldi dell'Evangelo in Europa: come sembrava oscura e disperata la missione di Paolo e Sua, i due fabbricanti di tende, quando s'imbarcarono a Troas con i compagni alla volta di Filippi! Contemplate "il vecchio Paolo" in catene mentre predica Cristo nella fortezza dei Cesari! Guardate quelle piccole comunità di schiavi e contadini in conflitto con il paganesimo di Roma imperiale! Osservate Martin Lutero tener testa a quella chiesa potente che è il capolavoro della saggezza di questo mondo! Eccolo aggrapparsi fermamente alla Parola di Dio contro l'imperatore e il papa esclamando: "Questa è la mia posizione, non posso fare diversamente. Dio mi aiuti! Amen". Ecco ancora John Wesley proclamare Cristo e la sua giustizia nel dilagare del formalismo, della sensualità e dell'incredulità. Affranto dalle miserie del mondo pagano, invocava il privilegio di recargli il messaggio dell'amore di Cristo, ma si sentì rispondere da un dignitario della chiesa: "Si sieda, giovane! Quando Dio vorrà convertire i pagani lo farà senza bisogno del suo aiuto o del mio". PV 47 1 I maestri del pensiero religioso di questa generazione dedicano lodi e monumenti a quanti hanno sparso il seme della verità nei secoli passati, ma quanti, poi, distogliendosi da quest'opera, calpestano ancora oggi il germoglio di quel medesimo seme! Riecheggia l'antico grido: "Noi sappiamo che a Mosé Dio ha parlato; ma quant'è a costui [Cristo nella persona dei suoi messaggeri], non sappiamo di dove sia". Giovanni 9:29. Come nei primi secoli, le verità speciali relative ai nostri tempi si trovano non presso le autorità ecclesiastiche, bensì in uomini e donne che non sono troppo colti o saggi per credere nella Parola di Dio. PV 47 2 "Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci son tra voi molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i savi; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo, e le cose sprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono" (1 Corinzi 1:26-28), "affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio". 1 Corinzi 2:5. PV 47 3 La parabola del granel di senape dovrà conseguire in quest'ultima generazione il suo adempimento definitivo e trionfale, il minuscolo seme si trasformerà in albero e l'ultimo messaggio di avvertimento e misericordia raggiungerà "ogni nazione e tribù e lingua e popolo" (Apocalisse 14:6-14), "per trarre da questi un popolo per il suo nome". Atti 15:14; Apocalisse 18:1. E la terra sarà illuminata dalla sua gloria. ------------------------Capitolo 6: Altri insegnamenti dalla semina PV 49 1 Dalla semina e dalla crescita delle piante si posson ricavare preziose lezioni per la famiglia e la scuola. I bambini ed i giovani imparino a riconoscere nei fenomeni naturali l'azione della mano divina e poi saranno in grado di far propri per fede i benefici invisibili. Man mano che capiranno il meraviglioso intervento di Dio nel soddisfare i bisogni della sua grande famiglia, e che noi stessi dobbiamo collaborare con lui, avranno più fede in lui e capiranno meglio come la sua potenza si manifesti nella loro vita quotidiana. PV 49 2 Dio ha creato con la sua Parola sia il seme che la terra, trasmettendogli la virtù, sempre tramite la sua Parola, di crescere e moltiplicarsi. Dio disse: "'Produca la terra della verdura, dell'erbe che faccian seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra'. E così fu... E Dio vide che questo era buono". Genesi 1:11, 12. È sempre quella Parola che continua a far crescere il seme. Ogni seme che eleva il suo verde stelo alla luce del sole manifesta la potenza miracolosa della Parola di colui che "parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa sorse". Salmi 33:9. PV 49 3 Cristo insegnò ai discepoli a pregare: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", e accennando ai fiori chiese rassicurando: "Or se Iddio riveste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà Egli molto più voi...?" Matteo 6:11, 30. Cristo opera continuamente per esaudire questa preghiera e realizzare la sua promessa. C'è una potenza invisibile, sempre all'opera, al servizio dell'uomo, per nutrirlo e vestirlo. Il Creatore si serve di molti fattori per fare del seme, apparentemente buttato via, una pianta vivente. Inoltre Egli fornisce nella dovuta proporzione tutto ciò che è necessario per far maturare il raccolto. Ecco in proposito la suggestiva descrizione del salmista: "Tu visiti la terra e l'adacqui, tu l'arricchisci grandemente. I ruscelli di Dio son pieni d'acqua;tu prepari agli uomini il grano, quando prepari così la terra;tu adacqui largamente i suoi solchi, ne pareggi le zolle, l'ammollisci con le piogge, ne benedici i germogli. Tu coroni de' tuoi beni l'annata, e dove passa il tuo carro stilla il grasso". Salmi 65:9-11. PV 50 1 Il mondo materiale è sottoposto al controllo di Dio e la natura obbedisce alle sue leggi. Tutto esprime e fa la volontà del Creatore: le nuvole e il sole, la rugiada e la pioggia, il vento e la tempesta sottostanno alla sua sorveglianza e obbediscono ai suoi ordini. È perché obbedisce alla legge divina che lo stelo del frumento fuoriesce dal terreno producendo "prima l'erba; poi la spiga; poi, nella spiga, il grano ben formato". Marco 4:28. Il Signore sviluppa queste varie fasi a tempo debito perché non si oppongono alla sua opera. Ma è possibile che l'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, dotato di ragione e di parola, sia il solo a non apprezzare i suoi doni e a disobbedire alla sua volontà? Saranno proprio gli esseri razionali gli unici a creare confusione nel nostro mondo? PV 50 2 In tutto ciò che contribuisce a sostenere l'umanità si può vedere la collaborazione degli sforzi divini e umani: non può esserci raccolto se la mano dell'uomo non fa la sua parte spargendo il seme, ma non ci sarebbe neanche crescita senza l'intervento degli elementi previsti da Dio, il sole e la pioggia, la rugiada e le nuvole. Altrettanto avviene in qualunque campo degli affari, dello studio e della scienza, nell'ambito spirituale, nella formazione del carattere e in ogni aspetto dell'attività cristiana. Dobbiamo fare la nostra parte, ma bisogna che la potenza divina si unisca alla nostra altrimenti i nostri sforzi risulteranno inutili. PV 50 3 Quando un individuo riesce a realizzare qualcosa, sia nell'ambito materiale che spirituale, ricordi che è stato possibile grazie alla collaborazione del suo Creatore. Per noi è indispensabile riconoscere la nostra dipendenza da Dio dal momento che si ripone troppa fiducia nell'uomo e nelle sue invenzioni e troppo poca nella forza che Dio ci mette volentieri a disposizione. "Noi siamo collaboratori di Dio". 1 Corinzi 3:9. La parte che deve svolgere l'essere umano è molto minore, ma chi è collegato alla divinità di Cristo potrà tutto grazie alla forza che Egli trasmette. PV 51 1 L'evoluzione graduale della pianta partendo dal seme costituisce una lezione pratica nell'educazione dei bambini: c'è infatti "prima l'erba; poi la spiga; poi, nella spiga, il grano ben formato". L'autore di questa parabola ha creato anche il minuscolo seme trasmettendogli capacità vitali intrinseche e stabilendo le leggi che ne regolano la crescita. Le verità insegnate da questa parabola divennero realtà vivente nella sua vita stessa. Sia nella sua natura fisica che spirituale Cristo seguì l'ordine divino della crescita, illustrato dalla pianta, e desidera che anche tutti i giovani facciano altrettanto. Pur essendo la Maestà del cielo e il Re di gloria Egli si fece bambino a Betlemme, simile per un tempo ad un poppante inerme e bisognoso delle cure materne. Nell'infanzia si comportava da fanciullo obbediente, parlando e agendo con la saggezza propria della sua età e non di un uomo maturo, onorava i genitori, soddisfaceva i loro desideri e si rendeva utile in vario modo secondo le capacità di un fanciullo, eppure era perfetto in ogni fase del suo sviluppo, circondato dalla grazia semplice e naturale di una vita immacolata. Ecco quanto riferisce della sua infanzia la narrazione sacra: "E il bambino cresceva e si fortificava, essendo ripieno di sapienza; e la grazia di Dio era sopra lui". Poi leggiamo ancora della sua giovinezza: "E Gesù cresceva in sapienza e in statura, e in grazia dinanzi a Dio e agli uomini". Luca 2:40, 52. PV 51 2 Qui c'è un riferimento al compito dei genitori e maestri che dovrebbero sforzarsi di coltivare le disposizioni dei giovani in modo da mettere in luce in ogni fase della loro vita la bellezza naturale propria di quel periodo, aiutandoli a svilupparsi naturalmente come le piante di un giardino. PV 52 1 I bambini più attraenti sono quelli che si comportano con naturalezza, senza esibizione. Non è saggio dedicargli un'attenzione speciale né ripetere in loro presenza le loro battute di spirito. Non si deve incoraggiare lo loro vanità lodandone l'aspetto, le parole o gli atti, né vestirli in modo costoso e vistoso, perché questo stimola il loro orgoglio e suscita l'invidia nell'animo dei compagni. PV 52 2 I piccoli vanno educati alla semplicità infantile ed abituati ad essere contenti dei piccoli servizi utili, dei piaceri e delle esperienze della loro età. L'infanzia corrisponde all'erba della parabola, e anche l'erba ha una sua bellezza particolare. Non forzate il fanciullo verso una maturità precoce, anzi lasciategli il più a lungo possibile la freschezza e la grazia dei primi anni. PV 52 3 Anche i piccoli possono essere già dei cristiani ed avere un'esperienza corrispondente alla loro età: Dio non si attende di più da loro. Devono essere educati nei valori spirituali, e il compito dei genitori è di offrire ogni occasione perché formino un carattere simile a quello di Cristo. PV 52 4 Nelle leggi della natura Dio ha stabilito che l'effetto segua alla causa con immancabile certezza: il raccolto dimostrerà che cosa abbiamo seminato e l'operaio indolente sarà segnato dal suo lavoro stesso, il raccolto deporrà contro di lui. Altrettanto accade in campo spirituale: la fedeltà di ogni operaio si riconosce dai risultati del suo lavoro, e il raccolto rivelerà il carattere della sua opera, se è stato diligente o pigro. Ecco come si decide il suo destino eterno! PV 52 5 Ogni seme sparso produce frutto secondo la sua specie, e così avviene anche nella vita umana. Noi tutti dobbiamo seminare il seme della compassione, della simpatia e della carità, perché raccoglieremo quello che abbiamo seminato. Ogni atto di egoismo e amor proprio, di orgoglio o di rilassamento produrrà dei frutti corrispondenti. Chi vive per se stesso semina per la carne e dalla carne mieterà corruzione. PV 52 6 Dio non distrugge nessuno. Chiunque va in rovina si è distrutto da solo, chi soffoca i moniti della coscienza sta spargendo il seme dell'incredulità che porterà sicuramente il suo frutto. Respingendo il primo avvertimento divino, il faraone dell'antichità gettò il seme dell'ostinazione e raccolse ostinazione. Non fu Dio che lo costrinse a non credere, fu piuttosto il seme dell'incredulità che aveva sparso a produrre un raccolto secondo la sua specie! Si ostinò nella sua resistenza finché non vide il suo paese devastato, la morte del suo figlio primogenito, dei primogeniti di quanti dimoravano nel suo palazzo e di tutte le famiglie del regno, finché non vide le acque del mare inghiottire i suoi cavalli, i carri e i soldati. La sua storia illustra in modo impressionante la verità delle parole secondo cui "quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà". Galati 6:7. Se gli uomini se ne rendessero conto starebbero ben attenti al seme che spargono. PV 53 1 Il seme sparso dà il raccolto e questo, seminato a sua volta, moltiplica il raccolto medesimo. Questa legge vale anche nelle nostre relazioni con gli altri: ogni azione, ogni parola è un seme che porterà frutto. Ogni atto di meditata bontà, di obbedienza e rinuncia si rifletterà su altri e tramite questi su altri ancora. Similmente ogni atto di invidia, malizia e contesa è un seme che emetterà qualche "radice velenosa" (Ebrei 12:15) che infetterà molti. E quanto sarà più grande il numero di coloro che rimarranno avvelenati da questi molti! E così la semina del bene e del male continua per il tempo e per l'eternità. PV 53 2 La parabola della semina ci insegna la generosità sia nell'ambito spirituale che in quello temporale. Il Signore dice: "Beati voi che seminate in riva a tutte le acque". Isaia 32:20. "Or questo io dico: chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina liberalmente mieterà altresì liberalmente". 2 Corinzi 9:6. Seminare in riva a tutte le acque significa dispensare continuamente i doni divini, dare tutte le volte che la causa di Dio o i bisogni dell'umanità esigono il nostro aiuto. Non sarà questo a farci impoverire: "Chi semina liberalmente mieterà altresì liberalmente". Il seminatore moltiplica il seme gettandolo via e altrettanto avviene a quanti sono fedeli nel dispensare i doni divini. Dividendoli con gli altri ne aumentano i benefici, e Dio gliene ha promesso in abbondanza perché continuino a dare: "Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante". Luca 6:38. PV 53 3 La semina e la raccolta hanno un significato ancora più profondo: quando facciamo parte dei beni materiali che Dio ci dà, questa nostra dimostrazione di amore e simpatia suscita nel ricevente gratitudine e ringraziamento a Dio, il terreno del suo cuore si prepara a ricevere il seme della verità spirituale, e colui che fornisce la semenza al seminatore la farà anche germogliare e le farà portar frutto per la vita eterna. PV 54 1 Il chicco di grano interrato rappresenta il sacrificio redentore di Cristo per noi: "Se il granello di frumento caduto in terra non muore, riman solo; ma se muore, produce molto frutto". Giovanni 12:24. Così la morte di Cristo porta frutto per il regno di Dio. Conformemente alle leggi del regno vegetale, la vita sarà il risultato della sua morte. PV 54 2 Tutti coloro che vogliono portare frutto come collaboratori di Cristo devono prima cadere a terra e morire, devono gettare la loro vita nel solco dei bisogni di questo mondo, sopprimendo l'amor proprio e l'interesse personale. La legge del sacrificio di sé è in realtà la legge dell'autoconservazione. Il seme sepolto nel terreno produce un frutto che, a sua volta, sarà di nuovo seminato e così il raccolto si moltiplica. L'agricoltore conserva il grano gettandolo via e così è nella vita umana: dare è vivere. Si conserva quella vita che si dà liberamente al servizio di Dio e dell'uomo. Quanti sacrificano la loro vita in questo mondo per amore di Cristo, la conserveranno per la vita eterna. PV 54 3 Il seme che muore per risorgere ad una nuova vita è un'immagine della resurrezione. Tutti coloro che amano Dio rivivranno nel paradiso celeste. Dio ha detto del corpo umano che giace nella tomba a decomporsi: "Il corpo è seminato corruttibile, e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile, e risuscita glorioso; è seminato debole, e risuscita potente". 1 Corinzi 15:42, 43. PV 54 4 Ecco alcune delle numerose lezioni che possiamo ricavare dalla parabola vivente del seme e del seminatore tratta dalla natura. Quando i genitori e gli insegnanti cercano di impartirle, si sforzino di essere pratici, lascino che siano i bambini stessi a preparare il terreno e spargere il seme, e, mentre lavorano, il genitore o il maestro potrà fare un paragone con il giardino del cuore e spiegare che vi si può gettare un seme buono o cattivo e che, come bisogna preparare il giardino ad accogliere il seme naturale, bisogna preparare anche il cuore a ricevere il seme della verità. Quando gettano il seme nel terreno, possono insegnare la lezione della morte di Cristo, e poi quella della resurrezione quando l'erba comincia a spuntare. A mano a mano che le piante crescono si potrà illustrare la somiglianza tra la semina naturale e quella spirituale. PV 55 1 In modo simile bisognerebbe istruire i giovani insegnandogli a coltivare la terra. Sarebbe bene che ogni scuola avesse a disposizione del terreno da coltivare, che andrebbe considerato come l'aula d'insegnamento di Dio. Bisognerebbe considerare il regno della natura il libro di testo che i suoi figli devono studiare per attingere conoscenze preziose per la cultura dell'anima. PV 55 2 Dalla lavorazione, dalla bonifica e dalla coltivazione dei campi si possono apprendere sempre nuove lezioni. A nessuno verrebbe in mente di stabilirsi in un appezzamento di terreno incolto aspettandosi subito un raccolto: ci vuole impegno e un lavoro diligente e costante per preparare il suolo ad accogliere il seme. Così avviene anche nell'attività spirituale a favore del cuore umano. Chi vuole trarre giovamento dalla lavorazione del terreno deve mettersi all'opera con la Parola di Dio nel cuore, e poi vedrà come il terreno duro e incolto del cuore sarà ammorbidito e dissodato dalla dolce influenza dello Spirito Santo. Se non si dedica al terreno un duro lavoro non ci sarà raccolto, e lo stesso è con il terreno del cuore: bisogna che lo Spirito divino lo lavori, raffinandolo e disciplinandolo, prima che esso porti frutto alla gloria di Dio. PV 55 3 Il terreno non produrrà le sue ricchezze se è lavorato per impulso: esso ha bisogno di una meditata attenzione quotidiana, bisogna ararlo spesso e in profondità per eliminare le malerbe che sottraggono nutrimento al buon seme. Così coloro che arano e seminano preparano il raccolto senza timore di dover assistere al naufragio delle loro speranze. PV 55 4 La benedizione del Signore sarà su quanti lavorano la terra con questo spirito, ricavando dalla natura lezioni spirituali. Coltivando il terreno l'operaio non sa quali tesori l'attendono. Non disprezzi le istruzioni di chi ha esperienza e le informazioni di uomini intelligenti, ma studi anche da solo. Ciò fa parte della sua preparazione. La coltivazione del terreno si rivelerà un prezioso strumento per educare l'anima. PV 55 5 Chi fa spuntare il seme e lo cura giorno e notte e gli trasmette la capacità di svilupparsi, è anche il nostro Creatore, il Re dei cieli che ha una cura ed un interesse maggiori per i suoi figli. Il seminatore umano sparge il seme che sostiene la nostra vita terrena, il Seminatore divino spargerà un seme che porterà frutto per la vita eterna. ------------------------Capitolo 7: "Simile al lievito" PV 57 1 Molti uomini colti e influenti accorrevano ad ascoltare il profeta di Galilea e alcuni di loro osservavano con curiosità e interesse la folla raccolta intorno a Cristo mentre insegnava sulle rive del mare. Erano presenti tutte le classi sociali: poveri, analfabeti, mendicanti laceri, ladri col marchio della colpa impresso nel volto, invalidi, libertini, commercianti, persone agiate, di elevata condizione sociale e di umili origini, ricchi e poveri, tutti si accalcavano gli uni sugli altri per farsi posto e ascoltare le parole di Cristo. Con lo sguardo rivolto a questa strana assemblea quegli uomini colti si chiesero: E il regno di Dio sarebbe composto da elementi simili? Il Salvatore replicò di nuovo con una parabola: PV 57 2 "Il regno de' cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre staia di farina, finché la pasta sia tutta lievitata". PV 57 3 Gli Ebrei consideravano a volte il lievito un simbolo del peccato, e durante la festa di Pasqua si raccomandava alla gente di allontanare tutto il lievito di casa, esattamente come dovevano eliminare il peccato dal cuore. Cristo ammonì i discepoli: "Guardatevi dal lievito de' Farisei, che è ipocrisia" (Luca 12:1), e l'apostolo Paolo parla di un "lievito di malizia e di malvagità". 1 Corinzi 5:8. Ma nella parabola del Salvatore il lievito è usato per rappresentare il regno dei cieli e illustrare la forza vivificante e trasformatrice della grazia di Dio. PV 57 4 Nessuno è così vile e degradato che l'azione di questa potenza non riesca a raggiungerlo. Bisogna infondere un nuovo principio di vita in tutti coloro che sì sottomettono allo Spirito Santo, e restaurare nell'umanità l'immagine divina ormai perduta. PV 57 5 Ma l'uomo non è in grado di trasformarsi col semplice esercizio della volontà, gli manca la forza di operare questo mutamento. Bisogna mescolare il lievito -- qualcosa di totalmente esterno -- alla pasta prima di ottenere il cambiamento desiderato. Similmente il peccatore deve ricevere la grazia di Dio prima di essere pronto per il regno della gloria. Tutta la cultura e l'educazione che il mondo può dare non riusciranno a trasformare una creatura degradata dal peccato in un figlio del cielo. La forza rinnovatrice deve provenire da Dio. Solo lo Spirito Santo può produrre questo mutamento: tutti coloro che vogliono salvarsi, umili o altolocati, ricchi o poveri, devono sottoporsi all'azione di questa potenza. PV 58 1 Come il lievito, mescolato alla farina, agisce dall'interno verso l'esterno, così avviene il rinnovamento del cuore che la grazia di Dio produce per trasformare la vita. Un semplice mutamento esteriore non basta a metterci in armonia con Dio. Molti cercano di migliorarsi correggendo questa o quella cattiva abitudine, nella speranza di diventare cosi dei cristiani, ma partono col piede sbagliato: bisogna cominciare innanzi tutto dal cuore. PV 58 2 Fare una mera professione di fede e possedere la verità nell'anima sono due cose ben diverse. La semplice conoscenza della verità non basta: possiamo averla senza che il nostro modo di pensare sia cambiato. Bisogna convertire e santificare il cuore. PV 58 3 Chi si sforza di osservare i comandamenti divini per puro senso del dovere, perché è tenuto a farlo, non gusterà mai la gioia dell'obbedienza; questo non è obbedire. Chi considera un fardello sottomettersi alle esigenze divine perché contrariano le inclinazioni umane, dimostra di non vivere una vita cristiana. La vera obbedienza è la manifestazione di un principio interiore e scaturisce dall'amore per la giustizia e la legge di Dio. L'essenza di ogni giustizia è la fedeltà al nostro Redentore. Questo ci indurrà a fare il bene per amore del bene, perché esso è gradito a Dio. PV 58 4 Le parole che Cristo rivolse a Nicodemo illustrano la grande verità della conversione del cuore ad opera dello Spirito Santo: "In verità in verità io ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio... Quel che è nato dalla carne, è carne; e quel che è nato dallo Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se t'ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né d'onde viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito". Giovanni 3:3, 6-8. PV 59 1 L'apostolo Paolo, spinto dallo Spirito Santo, scriveva: "Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore del quale ci ha amati, anche quand'eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (egli èper grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere ne' luoghi celesti in Cristo Gesù, per mostrare nelle età a venire l'immensa ricchezza della sua grazia, nella benignità ch'Egli ha avuta per noi in Cristo Gesù. Poichè gli è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio". Efesini 2:4-8. PV 59 2 Il lievito nascosto nella pasta agisce in modo invisibile penetrando tutta la massa, così il lievito della verità agisce in segreto, in silenzio e continuamente per trasformare l'anima: le tendenze naturali si mitigano e si sottomettono, sorgono nuovi pensieri, sentimenti e moventi nuovi, si stabilisce un nuovo modello di carattere, la vita di Cristo. Lo spirito cambia, le nostre facoltà si muovono in un'altra direzione. Non che l'individuo riceva nuove capacità, ma quelle che ha vengono santificate, la coscienza si desta e veniamo dotati di tratti di carattere che ci mettono in grado di fare qualcosa al servizio di Dio. PV 59 3 Spesso sorge l'interrogativo: come mai allora molti pretendono di credere nella Parola di Dio ma non si vede in loro alcuna riforma nelle parole, nello spirito e nel carattere? Perché molti non riescono a sopportare opposizione ai loro piani e propositi, manifestano un temperamento non santificato e parole aspre, dispotiche e veementi? Nella loro vita si osserva il medesimo amor proprio, la stessa indulgenza egoistica per la propria persona, la stessa irascibilità ed un modo di parlare affrettato tipici dell'individuo mondano. Si vede in loro il medesimo orgoglio suscettibile, il medesimo abbandono alle tendenze naturali, la medesima perversità di carattere, come se non avessero conosciuto mai la verità. Il motivo è che non sono veramente convertiti. Non hanno nascosto il lievito della verità nel cuore, non gli hanno dato l'occasione di fare la sua opera, non hanno sottomesso le loro tendenze naturali e acquisite alla sua potenza trasformatrice. La loro vita rivela l'assenza della grazia di Cristo e una mancanza di fiducia nella sua capacità di cambiare il carattere. PV 60 1 "Così la fede vien dall'udire, e l'udire si ha per mezzo della parola di Cristo". Romani 10:17. Le Scritture costituiscono il grande strumento di trasformazione del carattere. Cristo pregava: "Santificali nella verità: la tua Parola è verità". Giovanni 17:17. La Parola di Dio opera nel cuore e soggioga ogni caratteristica malvagia di chi la studia e le obbedisce. Lo Spirito Santo ci convince di peccato e la fede che nasce nel cuore opera per amore di Cristo trasformando in noi corpo, anima e spirito alla sua immagine. Allora Dio potrà utilizzarci per realizzare la sua volontà, e la forza che agisce in noi si manifesterà dall'interno verso l'esterno spingendoci a comunicare agli altri la verità che abbiamo ricevuto noi. PV 60 2 Le verità della Parola di Dio soddisfano la grande necessità pratica dell'umanità: la conversione dell'anima tramite la fede. Non bisogna ritenere questi grandi principi troppo puri e santi per applicarli nella vita quotidiana: sono verità che giungono al cielo e abbracciano l'eternità, eppure la loro influenza vivificante deve intrecciarsi intimamente all'esperienza umana, devono permeare tutti gli aspetti piccoli e grandi della vita. PV 60 3 Ricevuto nel cuore, il lievito della verità disciplinerà i desideri, purificherà i pensieri e addolcirà le tendenze, vivificherà le facoltà intellettuali e le energie morali e accrescerà la nostra capacità di sentire e di amare. PV 60 4 Il mondo considera un mistero chi segue questi principi. L'individuo egoista e amante del denaro vive esclusivamente per assicurarsi le ricchezze, gli onori ed i piaceri di questo mondo; l'eternità non rientra affatto nei suoi calcoli, mentre il seguace di Cristo non si lascerà assorbire completamente da queste ambizioni: per amore di Cristo egli lavorerà rinunciando a se stesso per contribuire alla grande opera di salvezza di coloro che sono nel mondo senza Cristo e senza speranza. Il mondo non sa capire un individuo simile, perché egli mira alle realtà eterne. L'amore di Cristo con la sua potenza redentrice gli è entrato nel cuore e questo amore domina ogni altro movente ed eleva l'individuo al di sopra dell'influenza corrotta del mondo. PV 61 1 La Parola di Dio deve santificare i nostri rapporti con ogni membro della famiglia umana. Il lievito della verità non genererà uno spirito di rivalità, di ambizione o di supremazia. Il vero amore che viene dal cielo non è egoista o mutevole, non dipende dalla lode umana. Il cuore di chi riceve la grazia divina trabocca di amore per Dio e per coloro per i quali Cristo è morto, l'io non lotta per ottenere riconoscimenti e l'individuo non ama gli altri perché essi lo amano e gli piacciono o apprezzano i suoi meriti, ma perché sono i riscattati di Cristo. Se i suoi moventi, le parole e gli atti sono incompresi o distorti, non si offende ma continua per la sua strada. Egli resta amabile e premuroso, umile nell'opinione che ha di sé e nondimeno pieno di speranza, sempre fiducioso nella misericordia e nell'amore di Dio. PV 61 2 L'apostolo così ci esorta: "Ma come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Siate santi, perché io son santo". 1 Pietro 1:15, 16. La grazia di Cristo deve dominare l'umore e la voce. La sua azione si osserverà nella gentilezza e nei teneri riguardi di un fratello per l'altro, nelle parole amabili e incoraggianti. Nel focolare si avverte una presenza angelica e la vita emana un dolce profumo che sale a Dio come sacro incenso. L'amore si rivela nella bontà, gentilezza, pazienza e longanimità. PV 61 3 L'aspetto intero è mutato. Cristo dimora nel cuore e si riflette sul volto di quanti lo amano e osservano i suoi comandamenti. La verità rimane impressa in loro, si manifesta la dolce pace celeste e si esprime un'amabilità abituale, un amore più che umano. PV 61 4 Il lievito della verità trasforma tutto l'essere, affinando i modi dell'individuo grossolano, addolcendo quelli aspri e rendendo generosi gli egoisti. Grazie ad esso l'impuro viene purificato, lavato nel sangue dell'Agnello. Con la sua potenza vivificante esso mette lo spirito, l'anima e tutte le facoltà in armonia con la vita divina. La natura umana partecipa della divinità e Cristo è onorato dall'eccellenza e perfezione del carattere. Quando si realizzano questi mutamenti gli angeli prorompono in canti estatici e Dio e Cristo gioiscono per le anime trasformate a somiglianza divina. ------------------------Capitolo 8: Un tesoro nascosto PV 62 1 "Il regno de' cieli è simile ad un tesoro nascosto nel campo, che un uomo dopo averlo trovato, nasconde; e per l'allegrezza che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo". Matteo 13:44. PV 62 2 Anticamente la gente era solita nascondere i propri tesori sotto terra in quanto i furti e le rapine erano frequenti, e quando c'era un cambiamento di governo coloro che avevano vasti possedimenti potevano essere sottoposti a gravi tributi. Il paese era inoltre in continuo pericolo di essere invaso da orde di saccheggiatori. I ricchi cercavano perciò di mettere i loro beni al riparo nascondendoli, e la terra era considerata un nascondiglio sicuro. Se non che spesso ci si dimenticava del punto esatto perché, ad esempio, il proprietario moriva, oppure la prigione o l'esilio lo separavano dal suo tesoro, e così quei beni che aveva cercato di conservare con tanta fatica finivano in mano a chi aveva la fortuna di ritrovarli. Ai giorni di Cristo non era insolito scoprire in zone abbandonate monete antiche e gioielli d'oro e d'argento. PV 62 3 Un uomo aveva preso in affitto un campo per coltivarlo, e mentre lo stava arando con i buoi vide affiorare un tesoro. Rendendosi conto di avere una fortuna a portata di mano, rimise a posto quell'oro, tornò a casa e vendette tutto quello che aveva per comprare il campo che nascondeva il tesoro. La famiglia e i vicini lo presero per pazzo: che valore poteva avere quel terreno incolto? Nessuno! Ma l'uomo sapeva quel che faceva e quando il campo finalmente gli appartenne lo rivoltò da una parte all'altra alla ricerca del tesoro che aveva messo al sicuro. PV 62 4 Questa parabola mette in evidenza il valore del tesoro celeste e gli sforzi che bisognerebbe fare per assicurarselo. Lo scopritore di quel tesoro nel campo era stato pronto a rinunciare a tutto quello che aveva e a lavorare instancabilmente per ottenere le ricchezze nascoste, così chi scopre i tesori celesti non baderà a fatiche e sacrifici per conseguire i tesori della verità. PV 63 1 Il campo della parabola, contenente il tesoro, rappresenta le Sacre Scritture, e il tesoro è l'Evangelo. La terra intera non è percorsa da tante vene d'oro né contiene tanti beni preziosi quanto la Parola di Dio. Come è stato nascosto PV 63 2 Si dice che i tesori del Vangelo siano nascosti. Quanti si ritengono saggi e sono gonfi delle teorie della vana filosofia umana, non scorgono la bellezza, la potenza ed il mistero del piano di redenzione. Molti hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non odono, hanno l'intelletto ma non discernono i tesori nascosti. PV 63 3 Qualcuno potrà anche attraversare il luogo in cui il tesoro è nascosto, sedersi a riposare ai piedi di un albero, perché spinto da grave stanchezza, e ignorare quali ricchezze siano nascoste fra le radici. Così èstato con gli Ebrei. La verità era stata loro affidata come un gioiello d'oro e il sistema del culto giudaico, che recava l'impronta celeste, era stato istituito da Cristo stesso. Simboli ed esempi avevano velato le grandi verità della redenzione, ma quando giunse Cristo, gli Ebrei non riconobbero in lui colui che realizzava tutte quelle figure. Avevano la Parola di Dio in mano, ma le tradizioni che si erano tramandate di generazione in generazione e l'interpretazione umana delle Scritture nascosero ai loro occhi la verità che è in Gesù. Il senso e il valore spirituale degli scritti sacri si perse, il tesoro di ogni conoscenza si apriva loro ma essi non lo sapevano. PV 63 4 Dio non nasconde la verità agli uomini, sono loro stessi che l'oscurano con il loro modo di agire. Cristo fornì al popolo ebraico prove sufficienti della sua messianicità, ma i suoi insegnamenti esigevano un deciso cambiamento di vita. Essi si rendevano conto che, accettando Cristo, avrebbero dovuto abbandonare norme e tradizioni ormai care, abitudini egoistiche e malvagie. Bisognava fare un sacrificio per accettare la verità immutabile ed eterna, perciò respinsero la prova più evidente che Dio potesse dare per confermare la loro fede in Cristo. Professavano di credere nelle Scritture dell'Antico Testamento ma respingevano la testimonianza in esse contenuta sulla vita ed il carattere di Cristo. Temevano che, lasciandosi convincere, avrebbero finito per convertirsi ed essere costretti ad abbandonare le loro idee preconcette. Il tesoro del Vangelo, la via, la verità e la vita era fra loro ma essi rifiutavano il più grande dono che il cielo potesse fare. PV 64 1 "Pur nondimeno molti, anche fra i capi, credettero in lui; ma a cagione dei Farisei non lo confessavano, per non essere espulsi dalla sinagoga". Giovanni 12:42. Erano convinti e credevano che Gesù fosse il Figlio di Dio, ma non rientrava nelle loro ambizioni confessarlo. Non possedevano quella fede che avrebbe loro assicurato il tesoro celeste, cercavano i tesori di questo mondo. PV 64 2 Anche oggi gli uomini danno avidamente la caccia ai tesori terreni e sono pieni di pensieri egoistici e ambiziosi. Pur di guadagnare ricchezze, onori o potenza in questo mondo mettono i principi, le tradizioni e le esigenze degli uomini al di sopra delle esigenze di Dio. Per loro i tesori della sua Parola sono nascosti. PV 64 3 "Or l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente". 1 Corinzi 2:14. PV 64 4 "E se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che son sulla via della perdizione, per gl'increduli, dei quali l'iddio di questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce dell'evangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio, non risplenda in loro". 2 Corinzi 4:3, 4. Il valore del tesoro PV 64 5 Il Salvatore osservava come gli uomini, assorbiti dalla sete di guadagno, perdevano di vista le realtà eterne, e si accinse a combattere questo male cercando di rompere quell'incanto che paralizzava l'anima. Elevando la voce esclamò: "E che gioverà egli a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l'anima sua?" Matteo 16:26. Egli presenta all'umanità caduta quel mondo più nobile che ha perduto di vista affinché si ricordi delle realtà eterne, la conduce alla soglia dell'infinito inondato dall'indescrivibile gloria di Dio e le mostra che è lì il tesoro il cui valore supera quello di oro e argento e che non si può paragonare ai tesori di questa terra. "L'abisso dice: 'Non è in me'; il mare dice: 'Non sta da me'. Non la si ottiene in cambio d'oro, nè la si compra a peso d'argento. Non la si acquista con l'oro di Ofir, con l'onice prezioso o con lo zaffiro. L'oro ed il vetro non reggono al suo confronto, non la si dà in cambio di vasi d'oro fino. Non si parli di corallo, di cristallo;La Sapienza val più delle perle". Giobbe 28:14-18. PV 65 1 Ecco il tesoro che si trova nelle Scritture! La Bibbia costituisce il libro di testo di Dio, il suo grande manuale educativo. Essa contiene la base di ogni vera scienza e vi si può trovare, indagando, ogni ramo del sapere. Soprattutto essa contiene la scienza delle scienze, quella della salvezza. La Bibbia è la miniera delle insondabili ricchezze di Cristo. PV 65 2 La vera educazione superiore si ottiene studiando la Parola divina e obbedendole, mentre quando la si mette da parte preferendole libri che non conducono né a Dio né al regno dei cieli, l'educazione acquisita non è degna di questo nome. PV 65 3 Nella natura ci sono verità meravigliose: la terra, il mare ed il cielo ne sono pieni e rappresentano i nostri maestri. La natura eleva la voce impartendoci lezioni di saggezza celeste e di verità eterna, ma l'umanità decaduta non vuole intendere. Il peccato le ha oscurato la vista e da sola non sa spiegarsi la natura senza collocarla al di sopra di Dio. Perfino un insegnamento corretto non riesce a far breccia nell'anima di quanti respingono la Parola di Dio, e le lezioni della natura vengono da loro così falsate e stravolte che finiscono piuttosto per allontanare lo spirito dal Creatore. PV 65 4 Molti ritengono la sapienza umana superiore a quella del divino Maestro e il manuale di Dio fuori moda, superato e poco interessante, ma coloro che sono stati vivificati dallo Spirito Santo non sono affatto di questo parere. Essi riconoscono il tesoro prezioso e vorrebbero vendere tutto per comprare il campo che lo contiene. Invece dei libri contenenti le Supposizioni di autori considerati grandi, essi preferiscono la Parola di colui che è il più grande autore e maestro che il mondo abbia mai conosciuto e che ha dato la sua vita per noi affinché tramite lui otteniamo la vita eterna. L'esito PV 66 1 Satana influenza gli spiriti umani inducendoli a credere che si può acquisire una conoscenza meravigliosa prescindendo da Dio. Con questo insidioso ragionamento egli spinse Adamo ed Eva a dubitare della Parola di Dio e a soppiantarla con una teoria che li condusse alla disobbedienza. I suoi sofismi hanno ancor oggi i medesimi effetti che ebbero nell'Eden. Gli insegnanti che intessono le loro lezioni delle idee di autori increduli, seminano nell'animo dei giovani pensieri che li indurranno a diffidare di Dio e a trasgredire la sua legge. Non sanno quello che fanno e ben poco si rendono conto dei risultati della loro opera. PV 66 2 Uno studente può superare tutti i vari ordini di scuola e università odierni e dedicare ogni sua energia ad acquisire conoscenze, ma, se non conosce Dio e non obbedisce alle leggi che governano il suo essere, finirà per rovinarsi da solo. Le cattive abitudini gli faranno perdere il rispetto ed il controllo di sé, non saprà giudicare correttamente le questioni che lo riguardano personalmente, sarà trascurato e irragionevole nel modo di trattare il proprio corpo e la propria anima, le passioni sfrenate ne faranno un relitto. Non può essere felice perché, trascurando i principi puri e santi, finisce col diventare vittima di abitudini che distruggono la sua pace. I suoi anni di studio logorante svaniscono nel nulla perché si è rovinato abusando delle proprie forze fisiche e mentali e riducendo in rovina il tempio del suo corpo. È perduto per la vita presente e per quella avvenire. Credeva di guadagnare un tesoro acquisendo conoscenze terrene e invece ha sacrificato, accantonando la Bibbia, un tesoro che vale più di tutto il resto. Alla ricerca del tesoro PV 67 1 La Parola di Dio deve costituire l'oggetto del nostro studio. Insegnamo ai nostri figli le verità che essa contiene. Si tratta di un tesoro inesauribile, ma gli uomini non lo trovano perché non cercano fino a trovarlo e farlo proprio. Molti si accontentano di un'ipotesi della verità, di un'opera superficiale, dando per scontato che possiedono già l'essenziale. Prendono per verità le affermazioni degli altri, essendo troppo pigri per dedicarsi personalmente ad un'ardente e accurata opera di indagine rappresentata nella Parola dallo zappatore alla ricerca del tesoro nascosto. Ma le conclusioni umane sono, non solamente poco attendibili, ma anche pericolose in quanto pongono l'uomo al posto di Dio e le affermazioni umane al posto di un "così dice il Signore". PV 67 2 Cristo è la verità, le sue parole sono verità ed hanno un significato più profondo di quanto sembri a prima vista. Tutti i suoi detti hanno un valore che va ben oltre la loro modesta apparenza, e le anime ravvivate dallo Spirito Santo ne coglieranno il valore e scopriranno le preziose gemme della verità anche se sono un tesoro nascosto. PV 67 3 Le teorie e le speculazioni umane non ci aiuteranno mai a capire la Parola di Dio. Quanti si ritengono esperti di filosofia giudicano necessarie le loro spiegazioni per aprire i tesori della conoscenza ed impedire che eresie e teorie errate si infiltrino nella chiesa. Gli uomini hanno fatto grandi sforzi per spiegare testi biblici ritenuti difficili, ma troppo spesso questi sforzi hanno finito solo per oscurare ulteriormente ciò che intendevano chiarire! PV 67 4 I sacerdoti ed i Farisei s'illudevano di fare grandi cose come maestri applicando le loro interpretazioni personali alla Parola di Dio, ma Cristo disse: "Voi... non conoscete le Scritture né la potenza di Dio". Marco 12:24. Egli li accusò di insegnare "dottrine che son precetti d'uomini". Marco 7:7. Pur essendo i maestri degli oracoli divini, sebbene si credeva che intendessero la sua Parola, non erano operatori di questa Parola, Satana li aveva accecati affinché non ne vedessero il vero significato. PV 67 5 Anche ai nostri giorni molti fanno altrettanto, numerose chiese si macchiano di questo peccato. C'è il pericolo, il grave pericolo, che i presunti sapienti dei nostri tempi ripetano l'esperienza dei maestri ebraici: interpretano falsamente le rivelazioni divine e le anime rimangono perplesse e avvolte nelle tenebre a causa della loro falsa concezione della verità divina. PV 68 1 Non bisogna leggere le Scritture alla tenue luce delle tradizioni e speculazioni umane: spiegare la Bibbia con tradizioni e fantasie umane equivarrebbe a cercare di illuminare il sole con una torcia. La sacra Parola di Dio non ha bisogno della debole luce di una torcia. Questa terra per far risplendere le sue meraviglie è luce in se stessa, rivelazione della gloria di Dio di fronte alla quale ogni altra luce impallidisce. PV 68 2 Nondimeno occorrono uno studio ardente e accurate ricerche. Una percezione chiara ed esatta della verità non sarà mai il premio dell'indolenza e gli stessi benefici terreni non si ottengono senza uno sforzo zelante, paziente e perseverante. Chi vuole avere successo negli affari deve avere la volontà di fare e la fiducia che i risultati non mancheranno. Similmente non possiamo aspettarci di conseguire una conoscenza spirituale senza sforzi decisi: chi desidera scoprire i tesori della verità deve scavare, ricercarli, come fa il minatore per portare alla luce i tesori nascosti. Un lavoro esitante ed apatico non servirà a niente. Bisogna assolutamente che giovani e vecchi non solo leggano la Parola di Dio, ma che la studino con ardore e impegno, pregando e ricercando la verità come un tesoro nascosto. Coloro che lo faranno saranno ricompensati perché Cristo vivificherà la loro intelligenza. PV 68 3 La nostra salvezza dipende dalla conoscenza della verità contenuta nella Scrittura e Dio vuole che la facciamo nostra. Investigate, oh, investigate la preziosa Bibbia con un cuore affamato, esplorate la Parola di Dio come il minatore esplora la terra per scoprire i filoni d'oro! Non smettete di cercare finché non vi è chiara la vostra relazione con Dio e che cosa Egli vuole da voi. Cristo ha dichiarato: "E quel che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figliuolo. Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò". Giovanni 14:13, 14. PV 68 4 Gli uomini religiosi e di talento contemplano le realtà eterne, ma spesso non capiscono, perché le cose visibili oscurano la gloria di quelle invisibili. Chi vuole avere successo nella ricerca del tesoro nascosto deve coltivare obiettivi superiori a quelli di questo mondo, deve consacrare alla ricerca tutti i suoi affetti e le sue capacità. PV 69 1 La disobbedienza chiude la porta a quel vasto campo di conoscenza che si potrebbe attingere dalle Scritture. Capire significa obbedire ai comandamenti divini. Le Scritture non vanno adattate ai pregiudizi e alla diffidenza della gente. Solo chi ricerca umilmente la verità per obbedirle sarà in grado di capirla. PV 69 2 Forse ti chiedi: che cosa devo fare per salvarmi? Prima di iniziare a investigare metti da parte le tue idee preconcette, innate e acquisite. Se studi le Scritture per trovarvi la conferma delle tue opinioni non scoprirai mai la verità: investiga piuttosto per imparare ciò che il Signore dice. Se nel corso delle tue ricerche ti convinci che le opinioni a te care non sono in armonia con la verità, non distorcerla per adattarla alle tue credenze ma accetta la luce ricevuta. Apri il cuore e la mente per contemplare le meraviglie della Parola di Dio. PV 69 3 La fede in Cristo come Redentore del mondo esige un'intelligenza illuminata e controllata da un cuore che sa discernere e apprezzare il tesoro celeste. Questa fede è inseparabile dal pentimento e dalla trasformazione del carattere. Avere fede significa trovare ed accettare il tesoro evangelico con tutti i doveri che esso comporta. PV 69 4 "Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio". Giovanni 3:3. Egli può fare ipotesi e fantasticare, ma senza l'occhio della fede non saprà scorgere il tesoro. Cristo ha dato la vita per assicurarci questo inestimabile tesoro, ma se non ha luogo una rinascita per fede nel suo sangue, non ci sarà remissione dei peccati né alcun tesoro per l'anima che perisce. PV 69 5 Per discernere le verità della Parola di Dio abbiamo bisogno di essere illuminati dallo Spirito Santo. Non possiamo contemplare le bellezze del mondo naturale finché il sole, fugando le tenebre, non le inonda di luce, similmente non si apprezzano i tesori della Parola di Dio finché non sono rivelati dai luminosi raggi del Sole di Giustizia. PV 69 6 Lo Spirito Santo, inviato dal cielo per la bontà dell'amore infinito, rivela le cose divine ad ogni anima che ha fede assoluta in Cristo. Per la sua potenza le verità essenziali dalle quali dipende la salvezza si incidono nell'animo e la via della vita si rischiara affinché nessuno abbia a errare. Studiando le Scritture imploriamo in preghiera che la luce dello Spirito di Dio illumini la Parola e noi ne scorgeremo e ne apprezzeremo i tesori. Il premio della ricerca PV 70 1 Nessuno pensi di non aver più niente da imparare. Si può misurare la profondità dell'intelligenza umana ed è possibile conoscere a fondo le opere degli artefici umani, ma il volo più alto, ampio e profondo della fantasia non è in grado di scoprire Dio. Al di là della nostra capacità di comprendere c'è l'infinito. Noi abbiamo visto solo un barlume della gloria divina e dell'immensità della conoscenza e della sapienza, abbiamo, per così dire, lavorato alla superficie della miniera mentre in profondità ricchi filoni d'oro attendono per premiare il ricercatore zelante che li porterà alla luce. Se si vuole scoprire il prezioso tesoro bisogna scavare sempre più profondamente nella galleria della miniera e allora, grazie alla vera fede, la conoscenza divina si trasformerà in conoscenza umana. PV 70 2 Nessuno investigherà le Scritture nello spirito di Cristo senza ricevere il suo premio. Quando l'individuo è disposto a farsi istruire come un bambino, sottomettendosi pienamente a Dio, scoprirà la verità della sua Parola. Se gli uomini fossero ubbidienti comprenderebbero il piano del governo di Dio e vedrebbero aprirsi alle loro ricerche il mondo celeste con le sue dimore di grazia e di gloria. Gli esseri umani sarebbero ben diversi da come sono ora perché l'esplorare le miniere della verità li nobiliterebbe; il mistero della redenzione, l'incarnazione di Cristo ed il suo sacrificio espiatorio non rimarrebbero più così vaghi nella loro mente come sono attualmente: verrebbero non solo capiti meglio ma anche più apprezzati. PV 70 3 Nella preghiera rivolta al Padre Cristo ha dato al mondo una lezione che dovrebbe rimanere impressa nell'anima e nello spirito. "E questa è la vita eterna:", disse, "che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo". Giovanni 17:3. Ecco la vera educazione che dà forza. La conoscenza di Dio e di Gesù Cristo, che Egli ha mandato, acquisita per esperienza, trasforma l'uomo ad immagine divina e gli trasmette l'autocontrollo, sottoponendo ogni impulso e passione della nostra natura inferiore al dominio delle facoltà spirituali superiori. Essa rende chi la possiede figlio di Dio ed erede del cielo, lo mette in comunicazione con la mente dell'Infinito aprendogli i ricchi tesori dell'universo. PV 71 1 Ecco la conoscenza che si ottiene investigando la Parola di Dio: un tesoro a disposizione di chi è pronto a dare tutto pur di farlo proprio. PV 71 2 "Se chiami il discernimento e rivolgi la tua voce all'intelligenza, se la cerchi come l'argento e ti dai a scavarla come un tesoro, allora intenderai il timor dell'Eterno, e troverai la conoscenza di Dio." Proverbi 2:3-5. ------------------------Capitolo 9: La perla PV 72 1 Il Salvatore paragonò le benedizioni dell'amore che redime ad una perla preziosa ed illustrò questa lezione con la parabola del mercante alla ricerca di belle perle il quale "trovata una perla di gran prezzo, se n'è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l'ha comperata". Questa perla di gran prezzo è Cristo stesso in cui dimora tutta la gloria del Padre e la pienezza della divinità. Egli è lo splendore della gloria del Padre, l'immagine espressa della sua persona, la gloria degli attributi di Dio manifesta nel suo carattere. Ogni pagina delle Sacre Scritture brilla della sua luce. La giustizia di Cristo, simile a una perla bianca e pura, non ha alcun difetto né macchia e nessuna opera umana potrà migliorare il grande e prezioso dono divino, un dono perfetto. In Cristo "tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti". Colossesi 2:3. "Cristo Gesù... ci è stato fatto da Dio sapienza e giustizia, e santificazione, e redenzione". 1 Corinzi 1:30. In Cristo si trova tutto quel che può soddisfare i bisogni e l'anelito dell'anima umana per questo mondo e per quello avvenire. Il nostro Salvatore è la perla così preziosa che in confronto tutto il resto si può ritenere una perdita. PV 72 2 Cristo "è venuto in casa sua, e i suoi non l'hanno ricevuto". Giovanni 1:11. La luce divina ha illuminato le tenebre del mondo, ma "le tenebre non l'hanno ricevuta". Giovanni 1:5. Nondimeno non tutti sono rimasti indifferenti al dono del cielo: il mercante della parabola rappresenta una classe di persone sinceramente desiderose della verità. Fra i vari popoli ci sono state persone zelanti e riflessive che si sono dedicate alla ricerca, nel campo letterario, scientifico e religioso del mondo pagano, di ciò che ritenevano il tesoro dell'anima. Anche fra gli Ebrei c'era chi cercava ciò che non aveva: insoddisfatto di una religione formale bramava una fede spirituale e sublime. I discepoli eletti da Gesù rientravano in quest'ultima classe, Cornelio e l'eunuco etiope nella prima. Desideravano vivamente e imploravano, in orazione, la luce celeste, e quando Cristo fu loro rivelato lo accettarono con gioia. PV 73 1 La perla della parabola non è un dono, anzi il mercante la comprò al prezzo di tutti i suoi averi. Molti si chiedono quale conclusione bisogna trarre dal momento che le Scritture rappresentano Cristo come un dono. È un dono, ma solo per quanti danno a lui senza riserve corpo, anima e spirito. Dobbiamo abbandonarci a Cristo per vivere una vita di volenterosa obbedienza a tutte le sue richieste. Tutto ciò che siamo, ogni talento e capacità che possediamo, sono del Signore e vanno consacrati al suo servizio. Quando ci daremo totalmente a lui in questo modo, Egli sì darà a noi e otterremo la perla di gran prezzo. PV 73 2 La salvezza è un dono gratuito, eppure bisogna comprano e venderlo. Al mercato della misericordia divina la perla preziosa si può acquistare senza far prezzo e senza denaro. In questo mercato chiunque può ottenere i beni celesti. Il tesoro dei gioielli della verità è aperto a tutti: "Ecco," dichiara il Signore, "io ti ho posta dinanzi una porta aperta che nessuno può chiudere". Nessuna sentinella armata di spada sbarra la strada a chi voglia attraversare questa porta, anzi si sentono voci dall'interno esclamare: Vieni! La voce stessa del Salvatore ci invita con fervore e affettuosamente: "Io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco, affinché tu arricchisca". Apocalisse 3:8, 18. PV 73 3 L'Evangelo di Cristo è una benedizione che chiunque può ricevere: possono acquistare la salvezza i più poveri come i più ricchi, ma non al prezzo di tutte le ricchezze di questo mondo, bensì obbedendo volontariamente, dandosi a Cristo come un bene da lui comprato. L'educazione, anche del massimo livello, non è in grado di avvicinare l'uomo a Dio. I Farisei, che godevano ogni vantaggio temporale e spirituale, dicevano con orgoglio tracotante: Noi siamo ricchi e ci siamo arricchiti e non abbiamo bisogno di nulla. E invece erano miserabili e poveri e ciechi e nudi. Cfr. Apocalisse 3:17. Cristo offrì la perla dì gran prezzo ma essi la respinsero, perciò Egli sentenziò: "I pubblicani e le meretrici vanno innanzi a voi nel regno di Dio". Matteo 21:31. PV 73 4 Non possiamo, è vero, guadagnarci la salvezza, ma dobbiamo cercarla con vivo interesse e perseveranza, come se fossimo pronti ad abbandonare tutto al mondo per amor suo. PV 74 1 Dobbiamo cercare la perla di gran prezzo, ma non nei mercati di questo mondo né secondo criteri terreni, e il prezzo che dobbiamo pagare non è in oro o argento perché tutto è suo. Abbandonate l'idea che i vantaggi temporali o religiosi vi assicureranno la salvezza! Dio esige da voi un'obbedienza volontaria e vi chiede di abbandonare i vostri peccati. "A chi vince", dichiara Cristo, "io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono". Apocalisse 3:21. PV 74 2 Esistono persone che sembrano cercare continuamente la perla celeste, ma che non rinunciano completamente alle loro cattive abitudini, non sottomettono il proprio io affinché Cristo viva in loro;ecco perché non trovano la perla preziosa! Non hanno vinto le loro malsane ambizioni e il loro amore per la mondanità, non prendono su di sé la croce seguendo Cristo sul sentiero della rinuncia e del sacrificio. Quasi cristiani sembrano vicini al regno dei cieli ma non riescono ad entrare; quasi salvati, ma non completamente, significa essere completamente perduti. PV 74 3 La parabola del mercante che cerca belle perle ha un duplice significato, riferibile non solo agli uomini che cercano il regno di Dio, ma anche a Cristo che ricerca la sua eredità perduta. Cristo, il divino mercante alla ricerca di belle perle, ha scoperto nell'umanità perduta la perla di gran prezzo e nell'uomo, macchiato e corrotto dal peccato, ha scorto una possibilità di salvezza. I cuori che hanno costituito il campo di battaglia nel conflitto contro Satana e che sono stati salvati dalla potenza dell'amore, sono per il Redentore più preziosi degli altri che non hanno mai peccato. Dio ha considerato l'umanità non vile ed inutile, ma l'ha guardata attraverso Cristo, vedendola come potrebbe divenire attraverso l'amore redentore. Egli ha raccolto tutte le ricchezze dell'universo e le ha date per comprare questa perla. E una volta trovata, la incastona nuovamente nel suo diadema: "Poiché saranno come pietre d'un diadema, che rifulgeranno sulla sua terra". Zaccaria 9:16. "Essi saranno, nel giorno ch'io preparo, saranno la mia proprietà particolare, dice l'Eterno degli eserciti". Malachia 3:17. PV 75 1 Ma il tema sul quale dobbiamo meditare di più è Cristo, la perla preziosa, ed il privilegio che abbiamo di possedere questo tesoro celeste. E lo Spirito Santo che rivela agli uomini il valore di questa perla di gran prezzo, ed il momento in cui si manifesta la sua potenza è, in modo particolare, quando questo dono celeste si cerca e si trova. Ai giorni di Cristo molti udivano il Vangelo, ma la loro mente era ottenebrata dai falsi insegnamenti e non seppero riconoscere l'inviato di Dio nell'umile Maestro galileo. Ma dopo l'ascensione di Cristo l'effusione dello Spirito Santo segnalò il suo insediamento nell'ufficio di mediazione, nel giorno della Pentecoste lo Spirito fu dato ed i testimoni di Cristo proclamarono la potenza del Salvatore risorto. La luce celeste penetrò lo spirito ottenebrato di quanti erano stati irretiti dai nemici di Cristo che ora lo videro esaltato alla posizione di "Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele e remissione dei peccati". Atti 5:31. Lo videro circondato della gloria celeste, con le mani piene di tesori inestimabili da dispensare a chiunque abbandonasse la via della disubbidienza. Quando gli apostoli annunciarono la gloria dell'Unigenito del Padre, tremila anime si convinsero, riconobbero lo stato di peccato e di corruzione in cui si trovavano e riconobbero in Cristo il loro amico e Redentore. Grazie alla potenza dello Spirito Santo che dimorava sugli uomini, Cristo fu esaltato e glorificato. Per fede questi credenti videro in lui colui che aveva subito umiliazioni, sofferenza e morte affinché loro non perissero ma ricevessero la vita eterna. La rivelazione di Cristo da parte dello Spirito gli permise di cogliere la sua potenza e la sua maestà, cosicché essi, tendendo le mani a Gesù in fede, poterono esclamare: "Crediamo". PV 75 2 Poi la buona notizia del Salvatore risorto fu proclamata fino agli estremi confini del mondo abitato e la chiesa vide accorrere una folla di convertiti da tutte le parti. I credenti si convertivano di nuovo ed i peccatori si associavano ai cristiani nella ricerca della perla di gran prezzo. Si adempiva la profezia: "E colui che fra loro vacilla, sarà in quel giorno come Davide e la casa di Davide sarà come Dio, come l'angelo dell'Eterno davanti a loro". Zaccaria 12:8. Ogni cristiano vedeva nel fratello una bontà ed un amore simili a quelli divini, erano tutti animati dal rnedesimo interesse, un unico obiettivo prevaleva sugli altri, erano tutti un cuore ed un'anima e la sola ambizione dei credenti era di rivelare la somiglianza col carattere di Cristo e di operare per la diffusione del suo regno: "E la moltitudine di coloro che avevano creduto, era d'un sol cuore e d'un'anima sola... E gli apostoli con gran potenza rendevan testimonianza della risurrezione del Signor Gesù; e gran grazia era sopra tutti loro". Atti 4:32, 33. "E il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che erano sulla via della salvazione". Atti 2:47. Lo Spirito di Cristo animava tutta la chiesa perché ognuno aveva trovato la perla di gran prezzo. PV 76 1 Queste scene si ripeteranno con maggior potenza. L'effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste costituì la prima pioggia, ma l'ultima pioggia sarà ancora più abbondante. Lo Spirito divino attende che lo supplichiamo e accettiamo. Cristo deve essere nuovamente rivelato nella sua pienezza dalla potenza dello Spirito Santo. Gli uomini riconosceranno il valore della perla preziosa, esclamando con l'apostolo Paolo: "Ma le cose che m'eran guadagni, io le ho reputate danno a cagion di Cristo. Anzi, a dir vero, io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore". Filippesi 3:7, 8. ------------------------Capitolo 10: La rete PV 77 1 "Il regno de' cieli è anche simile ad una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni sorta di pesci; quando è piena, i pescatori la traggono a riva; e, postisi a sedere, raccolgono il buono in vasi, e buttano via quel che non val nulla. Così avverrà alla fine dell'età presente. Verranno gli angeli, e toglieranno i malvagi di mezzo ai giusti, e li getteranno nella fornace del fuoco. Ivi sarà il pianto e lo stridor de' denti". Matteo 13:47-5, 0. PV 77 2 L'atto di gettare la rete rappresenta la predicazione del Vangelo che raccoglie nella chiesa buoni e malvagi. Quando la missione evangelica sarà conclusa ci sarà un giudizio ed un'opera di separazione. Cristo vedeva come la presenza di falsi fratelli nella chiesa avrebbe gettato il discredito sulla via della verità inducendo il mondo a oltraggiare l'Evangelo per la condotta incoerente di questi falsi fedeli. I cristiani stessi si sarebbero scandalizzati vedendo molti adottare il nome di Cristo senza essere guidati dal suo Spirito. Dato che questi individui si trovavano in seno alla chiesa, la gente poteva pensare che Dio scusasse i loro peccati. Cristo sollevò quindi il velo del futuro dimostrando a tutti che è il carattere e non la posizione a decidere il destino umano. PV 77 3 Sia la parabola delle zizzanie che quella della rete insegnano chiaramente che non esiste un periodo in cui tutti i malvagi si convertiranno a Dio. Il grano e la zizzania crescono insieme fino al raccolto e i pesci, buoni e cattivi, vengon tratti a riva insieme per la separazione finale. PV 77 4 Queste parabole ci insegnano anche che dopo il giudizio non ci sarà più alcun tempo di grazia: quando l'opera evangelica si sarà conclusa seguirà immediatamente la divisione fra i buoni ed i malvagi ed il destino di ogni classe sarà deciso per sempre. PV 77 5 Dio non desidera la distruzione di nessuno: "Com'è vero ch'io vivo, dice il Signore, l'Eterno, io non mi compiaccio della morte dell'empio, ma che l'empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie! E perché morreste voi, o casa d'Israele?" Ezechiele 33:11. Durante il tempo di grazia il suo Spirito invita gli uomini ad accettare il dono della vita e solo coloro che resistono alle sue suppliche periranno. Dio ha dichiarato che il peccato, essendo la rovina dell'universo, deve essere estirpato e coloro che si aggrappano al peccato rimarranno coinvolti nella distruzione. ------------------------Capitolo 11: Dove trovare la verità? PV 79 1 Ammaestrando il popolo, Cristo educava nel contempo i discepoli alla loro missione futura. Tutte le sue istruzioni contenevano lezioni anche per loro, perciò, dopo aver illustrato la parabola della rete, gli chiese: "Avete intese tutte queste cose? Essi gli risposero: Sì". Quindi con un'altra parabola richiamò la loro attenzione sulla responsabilità che avevano in merito alle verità ricevute: "Allora disse loro: Per questo, ogni scriba ammaestrato pel regno de' cieli è simile ad un padron di casa il quale trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie". Matteo 13:52. PV 79 2 Il padron di casa non accumula il tesoro che ha guadagnato ma lo utilizza per farne parte agli altri. E con l'uso il tesoro aumenta. Questo amministratore possiede cose preziose, vecchie e nuove. In tal modo Cristo insegna ai discepoli a proclamare al mondo la verità loro affidata e che la conoscenza della verità aumenterà nella misura in cui ne faranno parte agli altri. PV 79 3 Tutti coloro che accettano di cuore l'Evangelo desiderano vivamente annunciarlo agli altri. L'amore celeste di Cristo deve esprimersi. Quanti si sono rivestiti di Cristo si sentiranno spinti a raccontare la propria esperienza, riconoscendo passo dopo passo la guida dello Spirito Santo, la fame e la sete di conoscenza di Dio e di Gesù Cristo, l'esito delle loro ricerche bibliche, le loro orazioni e le lotte interiori, le parole di Cristo: "I tuoi peccati ti sono rimessi" Non è naturale tenere queste cose per sé e chi è pervaso dell'amore di Cristo non lo farà. Nella misura in cui il Signore gli ha affidato la verità sacra, avrà anche il desiderio di rendere partecipi gli altri delle medesime benedizioni, e a mano a ma no che farà conoscere i ricchi tesori della grazia divina, riceverà lui stesso una misura sempre crescente della grazia di Cristo. Avrà un cuore di fanciullo con tutta la sua semplicità e obbedienza senza riserve. La sua anima bramerà la santificazione e gli saranno rivelati sempre più i tesori di verità e di grazia perché li trasmetta al mondo. PV 80 1 La sorgente suprema della verità è la Parola di Dio, Parola scritta, il libro della natura e delle vie di Dio in rapporto agli uomini: ecco i tesori ai quali i collaboratori di Cristo possono attingere. Nel ricercare la verità confidino in Dio e non nell'intelligenza umana, non nei grandi uomini la cui sapienza è follia per Dio. Tramite i canali che lui stesso ha stabilito, Dio rivelerà la conoscenza della sua divinità a chiunque la cerca. PV 80 2 Se il seguace di Cristo crede nella sua Parola e la mette in pratica, non ci sarà scienza del mondo naturale che Egli non sappia comprendere e apprezzare. Gli saranno forniti tutti gli strumenti per trasmettere la verità agli altri. Le scienze naturali costituiscono un vivaio di conoscenze al quale ogni studioso alla scuola di Cristo può attingere. Contemplando la bellezza della natura, studiando le sue lezioni nella coltivazione del terreno, nella crescita delle piante e in tutte le meraviglie della terra, del mare e del cielo, acquisiremo una nuova visione della verità e scopriremo ricchi tesori anche nel misterioso modo di agire di Dio con gli uomini, nella profondità della sua saggezza e dei suoi giudizi come si manifestano nella vita umana. PV 80 3 Ma è nella Parola scritta, il deposito delle incommensurabili ricchezze di Cristo, che l'uomo caduto troverà la rivelazione più chiara per conoscere Dio. PV 80 4 La Parola di Dio comprende gli scritti sia dell'Antico che del Nuovo Testamento e l'uno non è completo senza l'altro. Cristo dichiarò che le verità del Vecchio Testamento sono preziose come quelle del Nuovo. Egli rimane tutt'oggi il Redentore dell'umanità come lo era agli inizi del mondo. Prima che Egli rivestisse di umanità la sua divinità e venisse sulla terra, Adamo, Set, Enoc, Metusela e Noè avevano annunciato il messaggio evangelico. Abramo lo diffondeva a Canaan e Lot a Sodoma e così, di generazione in generazione, c'erano fedeli messaggeri che proclamavano l'avvento del Redentore. Cristo stesso aveva istituito i riti dell'economia ebraica e costituiva il fondamento del loro sistema di sacrifici e la grande realtà di tutto il loro culto religioso. Lo spargimento di sangue effettuato durante i sacrifici rappresentava la morte dell'Agnello di Dio nel quale si adempirono tutti quegli atti simbolici. PV 81 1 Cristo, annunciato ai patriarchi, simboleggiato nei sacrifici, illustrato nella legge, rivelato ai profeti, costituisce il "tesoro" dell'Antico Testamento. La sua vita e morte, la sua risurrezione, la rivelazione che di lui ci ha lasciato lo Spirito Santo, costituiscono il tesoro del Nuovo Testamento. Il nostro Salvatore, riflesso della gloria del Padre, li abbraccia entrambi: Vecchio e Nuovo. PV 81 2 Gli apostoli dovevano rendere testimonianza della vita, morte e intercessione di Cristo, già anticipate dai profeti, mettendone in rilievo l'umiltà e la purezza, la santità e l'amore incomparabile. Per proclamare l'Evangelo nella sua pienezza non bastava predicare la vita e gli insegnamenti di Gesù, ma occorreva piuttosto mettere in evidenza che i profeti dell'Antico Testamento lo avevano preannunciato e i sacrifici del culto rituale lo avevano rappresentato simbolicamente. PV 81 3 Nella sua predicazione, Cristo presentava verità antiche di cui lui stesso era l'autore, verità che aveva espresso per bocca di patriarchi e profeti, ma che ora rivestiva di una luce nuova. Come appariva diverso il loro significato! Il suo modo di spiegarle le inondava di un fiume di luce e di vita spirituale ed Egli promise ai suoi discepoli la luce dello Spirito Santo per capire meglio la Parola di Dio e saper presentare agli altri le sue verità illuminandole di una nuova bellezza. PV 81 4 Sin dalla prima promessa di redenzione pronunciata nell'Eden, gli uomini hanno studiato la vita, il carattere e l'opera mediatrice di Cristo, eppure ognuno di coloro nei quali ha operato lo Spirito Santo, ha gettato su questi argomenti una luce fresca e nuova. Le verità della redenzione sono suscettibili di un continuo sviluppo e approfondimento, e, per quanto vecchie, sono sempre nuove, rivelando una gloria e una potenza sempre più grandi al ricercatore della verità. PV 81 5 In ogni epoca esiste una nuova evoluzione della verità e per ogni generazione c'è un messaggio di Dio. Le verità antiche rimangono tutte indispensabili e le nuove, lungi dall'essere indipendenti dalle vecchie, ne costituiscono piuttosto lo sviluppo. Solo comprendendo le verità vecchie si possono comprendere anche le nuove. Quando Cristo volle esporre ai discepoli la verità della sua resurrezione, cominciò da Mosè e da tutti i profeti, e "spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano". Luca 24:27. La medesima luce che illumina una verità nuova brilla su quelle vecchie, e chi respinge o trascura la nuova non possiede in effetti neanche le vecchie: per lui esse perdono la loro forza vitale trasformandosi in una forma inerte. PV 82 1 Ci sono persone che professano di credere e di insegnare le verità dell'Antico Testamento ma poi rifiutano quelle del Nuovo. Però, il fatto che respingano Cristo e la sua dottrina, dimostra che non credono nemmeno a ciò che hanno detto i patriarchi ed i profeti. "Se credeste a Mosè", obiettava Cristo, "credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me". Giovanni 5:46. Ecco perché le dottrine che traggono dall'Antico Testamento sono prive di una vera forza! PV 82 2 Un errore simile commettono molti che pretendono di credere e di predicare l'Evangelo accantonando le Scritture del Vecchio Testamento di cui Gesù ha detto: "Esse son quelle che rendon testimonianza di me". Giovanni 5:39. Rifiutando il Vecchio, rifiutano virtualmente anche il Nuovo, in quanto entrambi costituiscono una unità inscindibile. Nessuno può presentare debitamente la legge divina senza il Vangelo e viceversa. La legge è la sintesi dell'Evangelo e l'Evangelo è la realizzazione della legge. La legge è la radice, l'Evangelo è il fiore fragrante ed il frutto. PV 82 3 Il Vecchio Testamento illumina il Nuovo e viceversa, ognuno dei due manifesta la gloria di Dio in Cristo ed ambedue contengono verità che riveleranno sempre più il loro senso profondo a chi le investiga con fervore. PV 82 4 La verità che è in Cristo e si manifesta tramite lui non conosce limiti: essa si presenta allo studioso biblico, per così dire, come una fonte che si fa più ampia e profonda man mano che egli va scoprendo le sue profondità. In questa vita non intenderemo mai totalmente il mistero dell'amore di Dio che ha sacrificato il Figlio per la propiziazione dei nostri peccati. Quello che il Redentore ha fatto in questa terra è e rimarrà sempre un tema che supera la nostra immaginazione: per quanto tendiamo all'estremo ogni nostra facoltà intellettiva, nello sforzo di indagare su questo mistero, lo spirito finirà per stancarsi e indebolirsi e anche il ricercatore più ardente dovrà fermarsi come di fronte ad un oceano senza confini. PV 83 1 Si può fare l'esperienza della verità che si trova in Gesù, ma mai spiegarla: la sua altezza, ampiezza e profondità superano la nostra comprensione. Anche facendo un estremo sforzo di fantasia potremo solo intuire vagamente i tratti di un amore inspiegabile ed elevato come il cielo che è disceso fino in terra per imprimere l'immagine divina su tutti gli esseri umani. PV 83 2 Eppure è possibile per noi, nella misura in cui ne siamo capaci, renderci conto della compassione divina che si manifesta all'anima umile e contrita. Intenderemo la misericordia di Dio in proporzione all'apprezzamento del sacrificio che Egli ha consumato per noi. Studiando umilmente la Parola di Dio, vedremo dischiudersi il grandioso tema della redenzione che andrà rischiarandosi mentre lo contempliamo e andrà crescendo in altezza e profondità a mano a mano che ci sforziamo di comprenderlo. PV 83 3 La nostra vita deve essere intimamente legata a quella di Cristo, dobbiamo ricevere continuamente da lui, far parte di lui, pane vivente disceso dal cielo, e attingere a quella fonte sempre fresca dalla quale zampillano continuamente acque preziose. Se teniamo presente quanto il Signore ci sia vicino, se il nostro cuore trabocca di gratitudine e lode, la nostra vita religiosa rimarrà sempre fresca e parleremo con Dio in preghiera come con un amico ed Egli ci svelerà i suoi misteri personalmente. Con gioia sentiremo spesso la dolce presenza di Gesù ed il nostro cuore arderà quando Egli si avvicinerà per comunicare con noi come faceva con Enoc. Quando il cristiano fa veramente questa esperienza, vivrà una vita di semplicità e umiltà, dolcezza e mansuetudine, e quanti gli sono intorno noteranno che conosce Gesù e ha appreso da lui. PV 83 4 La fede in Cristo si rivela sempre per l'individuo un principio vitale che tutto compenetra, una forza spirituale vivente e operante. Essa manifesta la freschezza, il vigore e la gioia di un'eterna giovinezza. Il cuore che si apre alla Parola di Dio somiglia non ad uno stagno che rimane prosciugato dall'evaporazione, né ad una cisterna rotta che perde il contenuto, bensì al ruscello di montagna alimentato da sorgenti perenni la cui acqua fresca e cristallina zampilla dalle rocce per dissetare lo stanco, l'assetato e il depresso. PV 84 1 Questa esperienza trasmetterà ad ogni maestro della verità le qualità necessarie per essere un vero rappresentante di Cristo. Le sue conversazioni con gli altri e le sue preghiere saranno caratterizzate dalla forza e dalla decisione tipiche dell'insegnamento di Cristo, e la testimonianza che renderà di lui non sarà meschina e senza vita. Se è un pastore, non ripeterà sempre le stesse prediche stereotipate, anzi aprirà la mente alla costante e luminosa guida dello Spirito Santo. PV 84 2 Cristo ha detto: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna... Come il vivente Padre mi ha mandato e io vivo a cagion del Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a cagion di me... E lo spirito quel che vivifica; la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette, sono spirito e vita". Giovanni 6:54-63. PV 84 3 Quando mangiamo la carne di Cristo e beviamo il suo sangue, nel nostro ministero si osserveranno gli elementi della vita eterna. Non ripeteremo le stesse frasi trite e superate, ed i sermoni insipidi e noiosi cesseranno. Proclameremo verità antiche ma in una luce nuova e vedremo la verità con altri occhi. Si manifesterà una chiarezza ed una forza che tutti avvertiranno. Chi ha il privilegio di sedersi ai piedi di simili ministri sentirà -- se è ricettivo all'influsso dello Spirito Santo -- la potenza vivificante di una vita nuova. Infiammato dal fuoco dell'amore divino, vedrà affinarsi le sue facoltà percettive per meglio discernere la maestà e la bellezza della verità. PV 84 4 Il fedele padrone di casa rappresenta l'educatore ideale di bambini e giovani. Se egli fa tesoro della Parola di Dio, ne trarrà ogni giorno nuova bellezza e nuove verità. Quando il maestro confida, in preghiera, in Dio, lo Spirito di Cristo verrà su di lui e Dio opererà su altri tramite lui e lo Spirito Santo. Lo Spirito lo pervade, nella mente e nell'anima, di una lieta speranza, di coraggio e delle immagini bibliche, ed egli saprà trasmettere tutto questo ai giovani affidati alle sue cure. PV 84 5 Le sorgenti della pace e della gioia celeste, dischiuse nell'anima dell'educatore dalle parole ispirate, si trasformeranno in una immensa e benefica corrente per quanti le si avvicinano. La Bibbia non annoierà più gli studenti, anzi, sotto la guida di un saggio maestro, diverrà sempre più desiderabile, pane di vita che non invecchia mai. La sua freschezza e bellezza affascinerà bambini e giovani. È come il sole che trasmette continuamente alla terra luce e calore senza mai esaurirsi. PV 85 1 Lo Spirito di Dio che educa l'uomo risiede nella sua Parola. Da ogni pagina emana una luce nuova e preziosa, verità rivelate e consigli per tutte le circostanze della vita, la voce di Dio che parla all'anima. PV 85 2 Lo Spirito Santo ama rivolgersi ai giovani per svelare i tesori e la bellezza della Parola divina. Le promesse fatte dal grande Maestro conquistano gli affetti ed esaltano l'anima con una divina potenza spirituale. Il credente si familiarizza con le cose celesti che erigeranno intorno a lui un baluardo contro la tentazione. PV 85 3 Le parole della verità cresceranno in importanza, assumendo un'ampiezza e profondità che mai avremmo immaginato. La bellezza e ricchezza della Parola esercitano un'influenza che trasforma il carattere ed il modo di pensare, e la luce dell'amore celeste ispirerà il cuore. PV 85 4 A mano a mano che avanza nello studio della Bibbia, lo studioso l'apprezzerà sempre più, e ovunque si volga vedrà dispiegarsi dinanzi a sé l'infinita saggezza e carità divina. PV 85 5 Il significato del culto ebraico non è stato ancora inteso completamente, i suoi riti e simboli continuano ad adombrare verità vaste e profonde e l'Evangelo costituisce la chiave di questi misteri. Chi conosce il piano di redenzione comprenderà anche le sue verità e anzi avrà il privilegio di comprendere questi temi meravigliosi molto più di ora. Noi dobbiamo intendere le cose profonde di Dio. Gli stessi angeli sarebbero felici di contemplare le verità rivelate a quanti sono di cuore contrito e investigano la Parola di Dio implorando di poter comprendere meglio la lunghezza, la profondità e l'altezza di una conoscenza che lui solo può dare. PV 85 6 Approssimandoci alla fine della storia di questo mondo, dovremmo prestare particolare attenzione alle profezie relative agli ultimi giorni. L'ultimo libro del Nuovo Testamento, in particolare, è pieno di verità che bisogna assolutamente intendere. Satana ha accecato la mente di molti al punto che essi ben volentieri ricorrono a qualunque pretesto pur di non studiare l'Apocalisse, ma, tramite il suo servo Giovanni, Cristo ha dichiarato in questo libro gli avvenimenti degli ultimi giorni e aggiunge: "Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa". Apocalisse 1:3. PV 86 1 "E questa è la vita eterna", ha detto Cristo, "che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo". Giovanni 17:3. Come mai non ci rendiamo conto del valore di questa conoscenza? Perché queste gloriose verità non ci ardono in cuore, non ci trepidano sulle labbra e non fanno palpitare tutto il nostro essere? PV 86 2 Dandoci la sua Parola, Dio ci ha messo a disposizione tutte le verità indispensabili alla salvezza. Migliaia di persone hanno attinto a questa sorgente di vita, ma le sue riserve non sono diminuite: a migliaia, contemplando il Signore, sono rimasti trasformati alla sua immagine. Il fuoco brucia dentro di loro quando parlano del suo carattere e rendono testimonianza di ciò che Cristo significa per loro e viceversa. Eppure neanche questi investigatori hanno esaurito questi temi gloriosi e santi: i misteri della redenzione rimangono aperti alle indagini di altre migliaia di ricercatori. Tutte le volte che mediteremo sulla vita di Cristo e la natura della sua missione, i raggi della luce splenderanno sempre più chiaramente ad ogni sforzo di scoprire la verità, e ad ogni investigazione scopriremo qualcos'altro di più profondo e interessante che prima ci era sconosciuto. Questo tema è inesauribile: l'incarnazione di Cristo, il suo sacrificio espiatorio e l'opera di mediazione rimarranno oggetto di studio fino alla fine dei tempi, e, contemplando il cielo immenso ed eterno lo studioso biblico esclamerà: "Grande è il mistero della pietà"! 1 Timoteo 3:16. PV 86 3 Nell'eternità impareremo ciò che avremmo potuto apprendere già qui, seguendo la luce che ci veniva offerta. I temi della redenzione riempiranno in perpetuo il cuore, la mente e la bocca dei redenti ed essi capiranno le verità che Cristo desiderava rivelare ai suoi discepoli e che essi non avrebbero capito per mancanza di fede. Eternamente andranno apparendo nuove visioni della perfezione e gloria di Cristo ed il fedele padrone di casa trarrà dal suo tesoro, nei secoli infiniti, cose vecchie e cose nuove. ------------------------Capitolo 12: "Chiedete e vi sarà dato" PV 88 1 Cristo riceveva continuamente dal Padre i doni che poi trasmetteva a noi uomini. "La parola che voi udite non è mia, ma è dal Padre che mi ha mandato". Giovanni 14:24. "Il Figliuol dell'uomo non è venuto per esser servito ma per servire". Matteo 20:28. Non pensava a se stesso, ma pregava e viveva per gli altri. Dopo ore di intima comunione con Dio usciva ogni mattina a recare agli uomini la luce celeste. Riceveva quotidianamente il battesimo dello Spirito Santo. La mattina presto il Padre lo svegliava dal sonno ungendo le sue labbra e la sua anima di grazia perché la trasmettesse agli altri. Il cielo gli ispirava direttamente le parole con cui consolare, al momento opportuno, gli stanchi e oppressi: "Il Signore, l'Eterno, m'ha dato una lingua esercitata perch'io sappia sostenere con la parola lo stanco; egli risveglia ogni mattina, risveglia il mio orecchio, perch'io ascolti, come fanno i discepoli". Isaia 50:4. PV 88 2 Il modo di pregare e di coltivare la comunione col Padre da parte di Cristo impressionava profondamente i discepoli. Un giorno, ritornando dopo una breve assenza, lo trovarono assorto in orazione. Apparentemente inconsapevole della loro presenza, continuò a pregare ad alta voce e i discepoli rimasero cosi commossi che quando finì esclamarono: "Signore, insegnaci a pregare". Luca 11:1. PV 88 3 Cristo ripeté allora il Padrenostro, che già aveva pronunciato nel Sermone sulla montagna, e illustrò poi con una parabola la lezione che voleva impartire. PV 88 4 "Se uno d'infra voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice: Amico, prestami tre pani, perché m'è giunto di viaggio in casa un amico, e non ho nulla da mettergli dinanzi; e se colui dal dì dentro gli risponde: Non mi dar molestia; già è serrata la porta, e i miei fanciulli son meco a letto, io non posso alzarmi per darteli, io vi dico che quand'anche non s'alzasse a darglieli perché gli è amico, pure, per la importunità sua, si leverà e gliene darà quanti ne ha di bisogno". Luca 11:5-8. PV 89 1 Gesù mette qui in evidenza qualcuno che chiede per dare poi ad altri. L'uomo della parabola ha bisogno di qualche pane per rifocillare un viandante stanco e giunto a tarda ora. Nonostante l'irritazione del vicino per il disturbo, non desiste dalla sua richiesta: il suo ospite deve ricevere da mangiare a tutti i costi. Alla fine la sua insistenza importuna viene ricompensata e lui riceve quello che vuole. PV 89 2 Allo stesso modo i discepoli dovevano implorare i doni divini. Con la moltiplicazione dei pani e con il sermone sul pane disceso dal cielo, Cristo intendeva spiegar loro quale missione avrebbero dovuto assolvere in qualità di suoi rappresentanti: dispensare il pane della vita all'umanità. Ma colui che aveva stabilito il loro compito prevedeva anche quante volte la loro fede sarebbe stata messa alla prova e quante volte si sarebbero venuti a trovare in situazioni impreviste, rendendosi conto della loro limitatezza umana. Gli sì sarebbero presentate anime affamate del pane della vita mentre loro stessi si sarebbero sentiti poveri ed impotenti. I discepoli dovevano ricevere il nutrimento spirituale, altrimenti non potevano dare niente agli altri. E siccome non dovevano mandare nessuno a mani vuote, Gesù rivelò loro da dove viene il pane vivente. Il padrone di casa della parabola non respinse l'ospite che andò a chiedergli ricovero ad un'ora così inopportuna, in piena notte. Non avendo niente da offrirgli, sì recò da chi aveva qualche riserva di cibo ed insistette nella sua richiesta fino a ricevere il necessario. E Dio, che ha inviato i suoi servitori a saziare gli affamati, non sopperirà ad ogni loro bisogno? PV 89 3 Tuttavia il vicino egoista della parabola non rappresenta il carattere di Dio, e la lezione che se ne trae è non per somiglianza ma per contrasto. Questo individuo egoista soddisfa la richiesta urgente solo per liberarsi di un importuno che viene a turbare il suo riposo, Dio invece dà ben volentieri. Egli ha tanta compassione e desidera ardentemente esaudire le implorazioni dì quanti si rivolgono a lui in fede. Egli ci dà dei doni affinché ne facciamo partecipi gli altri e diveniamo così più simili a lui. PV 90 1 Cristo dichiara: "Chiedete, e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate, e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e sarà aperto a chi picchia". PV 90 2 Poi il Salvatore continua: "E chi è quel padre tra voi che, se il figliuolo gli chiede un pane, gli dia una pietra? O se gli chiede un pesce, gli dia invece una serpe? Oppure anche se gli chiede un uovo, gli dia uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano!" Luca 11:9-13. PV 90 3 Per fortificare la nostra fiducia in Dio, Cristo ci invita a rivolgersi a lui con un nome nuovo, un nome legato ai più dolci sentimenti del cuore umano: Egli ci accorda infatti il privilegio di chiamare "Padre nostro" il Dio infinito. Parlando con lui o di lui, questo nome è un segno dell'amore e della fiducia che proviamo per il Signore, un pegno delle sue premure e del tipo di relazione che vorrebbe stabilire con noi. Pronunciato, quando gli chiediamo un favore o qualche benedizione, il nome di "Padre" è una musica alle sue orecchie. Dio stesso ha ripetutamente applicato questo nome a se stesso affinché non pensiamo di essere presuntuosi chiamandolo così. Egli desidera piuttosto che il termine ci sia familiare. PV 90 4 Dio ci considera suoi figli. Egli ci ha redenti da questo mondo indifferente facendo di noi membri della famiglia reale, figli e figlie del Re celeste. Egli ci invita ad avere in lui una fiducia più forte e profonda di quella che si può riporre nel proprio padre terreno. I genitori amano i figli, eppure l'amore divino è più grande, vasto e profondo di quello umano, è immenso! Se perciò i genitori terreni sanno dare dei buoni doni ai propri figli, quanto più il Padre celeste potrà dare lo Spirito Santo a quanti glielo chiedono! PV 90 5 Quello che Cristo ha insegnato in merito alla preghiera merita tutta la nostra attenzione. La preghiera è una scienza divina, e l'illustrazione che Cristo ne ha fatto evidenzia dei principi che tutti dovremmo comprendere. Egli ci mostra il vero spirito di preghiera e ci insegna la necessità di perseverare quando presentiamo le nostre richieste a Dio, assicurandoci che Dio è pronto ad ascoltarci ed esaudirci. PV 91 1 Le nostre orazioni non siano pure richieste egoistiche, dirette solo a nostro vantaggio: dobbiamo chiedere per dare ad altri. Il principio che ispirava la vita di Cristo sia la norma anche della nostra vita. "E per loro", diceva riferendosi ai suoi discepoli, "io santifico me stesso, affinché anch'essi siano santificati in verità". Giovanni 17:19. La stessa devozione, il medesimo spirito di sacrificio e di obbedienza alle norme della Parola di Dio che caratterizzavano Cristo, debbono manifestarsi anche nei suoi servitori. La nostra missione nel mondo non consiste nel servire o compiacere noi stessi, bensì nel glorificare Dio collaborando con lui nella salvezza dei peccatori. Dobbiamo implorare le benedizioni divine per comunicarle al prossimo. Solo se diamo agli altri potremo ricevere continuamente, altrimenti non è possibile ricevere le ricchezze celesti senza farne parte a quanti ci circondano. PV 91 2 Il richiedente della parabola viene respinto varie volte, ma non per questo abbandona il suo intento. Allo stesso modo le nostre preghiere non sempre sembrano ottenere una risposta immediata, ma Cristo ci insegna a non smettere di pregare. Lo scopo della preghiera non è quello di produrre un cambiamento in Dio, bensì di metterci in armonia con lui. Dio vede forse, quando gli chiediamo qualcosa, che è necessario per noi esaminare il nostro cuore e pentirci dei peccati, perciò ci fa passare per la prova e l'umiliazione, per farci capire che cosa ostacola l'opera dello Spirito Santo in noi. PV 91 3 Dio ha legato le sue promesse a condizioni e doveri ben precisi che la preghiera non può assolutamente sostituire: "Se voi mi amate", conclude Cristo, "osserverete i miei comandamenti... Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io l'amerò e mi manifesterò a lui". Giovanni 14:15, 21. Chi presenta le sue suppliche a Dio appellandosi alle sue promesse, senza adempiere le condizioni relative, non fa che insultare Geova. Invoca il nome di Cristo quale autorità e garante dell'adempimento delle sue promesse, ma non fa niente che dimostri vera fede in Cristo e amore per lui! PV 91 4 Molti si giocano la possibilità di essere accettati dal Padre. Occorre che esaminiamo con cura su quali basi si fonda la fede con cui ci avviciniamo a Dio. Se siamo disobbedienti presentiamo, per così dire, al Signore una cambiale da pagare senza che abbiamo assolto le condizioni che la renderebbero esigibile. Ricordiamo a Dio le sue promesse chiedendogli di adempierle, ma se lo facesse disonorerebbe il proprio nome! PV 92 1 La sua promessa è: "Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto". Giovanni 15:7. E Giovanni dichiara: "E da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: Io l'ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, l'amor di Dio è in lui veramente compiuto". 1 Giovanni 2:3-5. PV 92 2 Uno degli ultimi comandamenti che Cristo ha lasciato ai discepoli è stato: "Com'io v'ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri". Giovanni 13:34. Obbediamo a questo ordine, o il nostro comportamento è segnato dall'asprezza e da tratti di carattere poco cristiani? Se in qualche modo abbiamo urtato o ferito gli altri, è nostro dovere confessare la colpa e cercare la riconciliazione. Questo passo preparatorio è essenziale per presentarsi fiduciosamente di fronte a Dio e chiedere le sue benedizioni. PV 92 3 C'è un altro punto troppe volte trascurato da quanti si presentano al Signore in preghiera: l'onestà. Sei stato onesto con lui? Per bocca del profeta Malachia Egli lamenta: "Fin dai giorni de' vostri padri voi vi siete scostati dalle mie prescrizioni, e non le avete osservate. Tornate a me, ed io tornerò a voi, dice l'Eterno degli eserciti. Ma voi dite: 'In che dobbiam tornare?' L'uomo dev'egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: 'In che t'abbiam noi derubato?' Nelle decime e nelle offerte". Malachia 3:7, 8. PV 92 4 Essendo il dispensatore di ogni benedizione, Dio reclama una parte di tutto ciò che possediamo per sostenere la proclamazione evangelica. Restituendo questa parte a Dio dimostriamo il nostro apprezzamento per i suoi doni; ma come possiamo d'altro canto pretendere le sue benedizioni se gli neghiamo quanto gli spetta? Se siamo amministratori infedeli dei beni terreni, come possiamo aspettarci che ci affidi quelli celesti? Ecco perché, forse, certe preghiere non sono esaudite! PV 93 1 Ma nella sua grandezza Dio è sempre pronto a perdonarci e ci invita: "Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia del cibo nella mia casa, e mettetemi alla prova in questo... s'io non v'apro le cateratte del cielo e non riverso su voi tanta benedizione, che non vi sia più dove riporla. E, per amor vostro, io minaccerò l'insetto divoratore; ed egli non distruggerà più i frutti del vostro suolo, e la vostra vigna non abortirà più nella campagna... E tutte le nazioni vi diranno beati, perché sarete un paese di delizie, dice l'Eterno degli eserciti". Malachia 3:10-12. PV 93 2 Altrettanto vale per tutte le altre richieste di Dio: tutti i suoi doni sono promessi a condizione che obbediamo. Il cielo è pieno di benedizioni ed è pronto a riversarle su quanti desiderano collaborare con lui. Tutti coloro che gli ubbidiscono possono attendersi fiduciosamente l'adempimento delle sue promesse. PV 93 3 Dobbiamo però dimostrare una fiducia ferma ed incrollabile in Dio. Spesso Egli non ci esaudisce subito per provare la nostra fede o la sincerità dei nostri desideri. Ma se preghiamo secondo la sua Parola, dimostriamo di credere alla sua promessa e presentiamo le nostre suppliche con una fermezza che non sarà respinta. PV 93 4 Dio non dice: Chiedete una volta e riceverete. Anzi ci invita a chiedere e a perseverare instancabilmente nella preghiera. La persistenza nell'orazione induce il supplicante ad un fervore più intenso ed accresce in lui il desiderio di ricevere quello che chiede. Alla tomba di Lazzaro Gesù disse a Marta: "Se credi, tu vedrai la gloria di Dio". Giovanni 11:40. PV 93 5 Purtroppo molti hanno una fede morta che gli impedisce di vedere la potenza divina. La loro debolezza è il risultato dell'incredulità. Preferiscono confidare più nelle proprie capacità che nell'aiuto di Dio, vogliono essere in prima persona gli artefici del proprio destino, fanno piani e riflettono molto, ma pregano poco e nutrono ben poca fiducia in Dio. S'illudono di avere fede, ma è solo l'impulso di un momento. Non rendendosi conto del proprio bisogno né della disponibilità di Dio a dare quel che chiedono, non perseverano nel presentare le loro suppliche al Signore. PV 94 1 Le nostre preghiere devono essere ardenti e perseveranti come quella dell'amico della parabola che in piena notte va a chiedere del pane in prestito. Quanto maggiore è il fervore e la costanza con cui chiediamo, tanto più intima risulterà la nostra comunione spirituale con Cristo. Cresceranno le benedizioni perché è cresciuta la nostra fede. PV 94 2 Il nostro compito è di pregare e di credere. Vegliate e orate, e collaborate con colui che esaudisce le nostre preghiere, e tenete presente che "noi siamo collaboratori di Dio". 1 Corinzi 3:9. Parlate e agite in armonia con le vostre preghiere e si vedrà allora l'enorme differenza al momento della prova: se pregate con fede genuina o per pura forma! PV 94 3 Quando sorgono problemi e difficoltà, non cercate aiuto negli uomini ma in Dio! L'abitudine di raccontare le nostre difficoltà agli altri indebolisce noi e non fortifica loro, anzi così facendo addossiamo loro il fardello delle nostre miserie che essi non possono alleviare. Perché cercare soccorso nell'uomo debole e limitato quando possiamo ricevere forza da un Dio onnipotente ed infallibile? PV 94 4 Non c'è bisogno che tu vada a cercare saggezza ai confini della terra perché Dio è vicino. Non saranno le tue capacità presenti o future a procurarti il successo, bensì quello che il Signore farà per te. Dobbiamo confidare meno in ciò che possono fare gli uomini e di più in quel che può fare Dio per il credente. È suo vivo desiderio che gli tendiamo le mani in fede aspettandoci grandi cose da lui. Egli anela elargirci intelligenza sia nelle questioni materiali che in quelle spirituali. Dio può affinare l'intelletto e dare tatto e abilità. Consacrate i vostri talenti all'opera di Dio, chiedetegli saggezza e la riceverete! PV 94 5 Fate della Parola di Cristo la vostra sicurezza. Non ci ha invitati ad andare a lui? Che motivo abbiamo quindi di lasciarci sopraffare dallo scoraggiamento o dalla disperazione? Così facendo perderemmo molto: guardando le apparenze e lamentandoci sotto l'incalzare delle difficoltà, dimostriamo una fede debole e malata. Piuttosto, parliamo ed agiamo come se la nostra fede fosse invincibile. A Dio non mancano i mezzi e le risorse, perché tutto l'universo è suo. Con fede, eleviamo lo sguardo al cielo, a colui che possiede luce, forza ed efficacia! PV 94 6 Nella fede genuina c'è uno slancio ed una fermezza di principi e di propositi che né il tempo né le prove riescono a scuotere. "I giovani s'affaticano e si stancano; i giovani scelti vacillano e cadono, ma quelli che sperano nell'Eterno acquistan nuove forze, s'alzan a volo come aquile; corrono e non si stancano, camminano e non s'affaticano". Isaia 40:30, 31. PV 95 1 Molti vorrebbero ben volentieri aiutare gli altri, ma si rendono conto di non avere forza spirituale o luce da dare: presentino le loro suppliche al trono della grazia implorando lo Spirito Santo e Dio manterrà tutte le sue promesse! Bibbia alla mano diciamo: ho agito secondo la tua Parola e mi appello alla tua promessa: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto". Matteo 7:7. PV 95 2 Non dobbiamo solo pregare nel nome di Cristo, occorre anche chiedere l'ispirazione dello Spirito Santo. Paolo intende dire proprio questo quando scrive che lo Spirito "intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili". Romani 8:26. Dio si compiace di esaudire preghiere simili. Quando eleviamo una preghiera ardente in nome di Gesù, c'è già in questo fervore un pegno che Dio ci esaudirà "infinitamente al di là di quel che domandiamo o pensiamo". Efesini 3:20. PV 95 3 Cristo ha promesso: "Perciò vi dico: Tutte le cose che voi domanderete pregando, crediate che le avete ricevute, e voi le otterrete". Marco 11:24. "E quel che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figliuolo". Giovanni 14:13. E Giovanni, il discepolo prediletto, spinto dallo Spirito Santo ci assicura chiaramente: "Se domandiamo qualcosa secondo la sua volontà, Egli ci esaudisce; e se sappiamo ch'Egli ci esaudisce in quel che gli chiediamo, noi sappiamo di avere le cose che gli abbiamo domandate". 1 Giovanni 5:14, 15. Presentate perciò la vostra supplica al Padre nel nome di Gesù e Dio onorerà questo nome! PV 95 4 L'arcobaleno che sovrasta il trono divino ci garantisce che Dio è fedele e che in lui non c'è variazione né ombra di mutamento. Noi abbiamo peccato contro di lui e non meritiamo il suo amore, eppure lui stesso ci ha messo sulle labbra questa supplica meravigliosa: "Per amore del tuo nome, non disdegnare, non disonorare il trono della tua gloria; ricordati del tuo patto con noi; non lo annullare!" Geremia 14:21. Quando andiamo a lui confessandogli la nostra indegnità ed il nostro peccato, Egli ha impegnato se stesso ad ascoltare le nostre invocazioni e l'onore del suo trono nel mantenere la parola data. PV 96 1 Come Aaronne, simbolo di Cristo, il nostro Salvatore porta nel luogo santo i nomi di tutto il suo popolo che ha nel cuore. Il nostro Sommo Sacerdote ricorda tutte le parole d'incoraggiamento che ci ha rivolte e non dimentica il suo patto. PV 96 2 Tutti coloro che lo cercano lo troveranno e a chi picchia sarà aperto. Non sentiranno la scusa della parabola: "Lasciami in pace, la porta è chiusa e non ho voglia di aprirla!" A nessuno sarà detto: "Non posso aiutarti". Quanti in piena notte vanno a chiedere pane per sfamare gli affamati non rimarranno delusi. PV 96 3 Nella parabola il vicino che va a chiedere il pane ne riceve "quanti ne ha di bisogno". E in che misura Dio ci darà i suoi doni affinché li trasmettiamo agli altri? "Secondo la misura del dono elargito da Cristo". Efesini 4:7. Gli angeli osservano con vivo interesse in che modo trattiamo i nostri simili, e quando rilevano la nostra simpatia cristiana per chi sbaglia, si affrettano a mettersi accanto a noi per ricordarci le parole da dire che saranno per l'anima come il pane della vita. Così si avvererà la promessa: "E... Iddio... supplirà ad ogni vostro bisogno secondo le sue ricchezze e con gloria, in Cristo Gesù". Filippesi 4:19. Egli renderà potente la nostra testimonianza sincera e reale con la forza della vita eterna, e la Parola di Dio sarà nella nostra bocca un messaggio di verità e giustizia. PV 96 4 Gli sforzi personali per gli altri devono essere preceduti da un'intensa vita di preghiera in segreto, perché il saper salvare le anime richiede una grande saggezza. Prima di parlare alla gente, coltiviamo la comunione con Cristo! Implorate di fronte al trono della grazia la capacità di aiutare gli altri spiritualmente. PV 96 5 Il nostro cuore trabocchi dell'anelito del Dio vivente! La vita di Cristo dimostra chiaramente che cosa può fare l'umanità quando è partecipe della natura divina. Anche noi possiamo avere tutto quello che Cristo riceveva dal Padre, perciò chiediamo e riceveremo! Armati della tenace fede di Giacobbe e dell'irremovibile costanza di Elia, rivendichiamo per noi tutte le promesse divine! PV 97 1 La gloriosa concezione che abbiamo di Dio animi tutto il nostro pensiero, e la nostra vita sia legata a quella di Gesù da legami invisibili. Colui che ha ordinato alla luce di splendere nelle tenebre desidera illuminare anche il nostro cuore, facendo risplendere la luce della conoscenza di Dio manifestata in Gesù Cristo. Lo Spirito Santo ci rivelerà il mondo divino che diverrà una potenza vivente nel cuore di chi obbedisce. Cristo ci condurrà alle soglie dell'eternità e noi potremo contemplare la gloria che è al di là del velo e annunciare agli uomini l'onnipotenza di colui che vive sempre per intercedere per noi. ------------------------Capitolo 13: Un segno di vera grandezza PV 98 1 Il Salvatore applicò la parabola del Fariseo e del pubblicano a "certuni che confidavano in se stessi di esser giusti e disprezzavano gli altri". Luca 18:9.11. Fariseo sale al tempio ad adorare, non perché si senta peccatore o creda di aver bisogno di perdono, bensì perché si ritiene giusto e spera di averne lode. Egli considera il suo culto un atto meritorio che lo raccomanda a Dio e nello stesso tempo suscita negli altri un'alta opinione della sua religiosità. Così spera di assicurarsi il favore di Dio e degli uomini. La sua adorazione è ispirata fondamentalmente dall'interesse personale. PV 98 2 Profondamente pieno di sé, lo dimostra nello sguardo, nel contegno e nella preghiera. Appartandosi dagli altri, come per dire "Fatti in là, non t'accostare perch'io son più santo dite" (Isaia 65:5), se ne sta in piedi a pregare "dentro di sé". Totalmente soddisfatto della propria persona, pensa che anche Dio e gli uomini lo guardino con il medesimo compiacimento. PV 98 3 "O Dio", dice, "ti ringrazio ch'io non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri; né pure come quel pubblicano". Confronta il suo carattere non con quello santo di Dio, ma con quello degli uomini, e rivolge il pensiero da Dio agli uomini, trovando in questo motivo di profonda soddisfazione personale. PV 98 4 Poi fa l'elenco delle sue opere buone: "Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quel che posseggo". La sua religione non tocca l'anima e lui personalmente non cerca neanche di conformare il proprio carattere a quello divino né il suo cuore trabocca di carità o misericordia. Gli basta una religiosità che non vada oltre l'apparenza; si attribuisce la sua giustizia da solo -- giustizia che per lui consiste nel frutto delle sue buone azioni -- e la giudica secondo norme umane. PV 98 5 Chiunque s'illude di essere giusto finisce per disprezzare il prossimo. Come il Fariseo giudica se stesso paragonandosi agli uomini, giudica gli altri col proprio metro. Raffronta la sua giustizia alla loro e quanto più li vede malvagi tanto migliore appare per contrasto. La sua presunta giustizia l'induce ad accusare "gli altri uomini" di trasgredire la legge divina e a manifestare lo stesso spirito di Satana, l'accusatore dei fratelli. Questo atteggiamento gli impedisce assolutamente di entrare in comunione con Dio e così egli ritorna a casa privo della benedizione divina. PV 99 1 Il pubblicano era andato al tempio insieme ad altri adoratori, ma si era ben presto ritirato da loro sentendosi indegno di associarsi alle loro devozioni. "Stando da lungi, non ardiva neppure alzar gli occhi al cielo; ma si batteva il petto" pieno di angoscia e di disprezzo di sé, consapevole di aver peccato contro Dio e di essere indegno e corrotto. Non poteva aspettarsi pietà nemmeno da quanti gli stavano intorno, perché lo guardavano con disprezzo. Sapendo di non aver alcun merito da presentare a Dio, esclamò disperato: "O Dio, sii placato verso me peccatore!" Non si paragonava agli altri. Sopraffatto dal senso di colpa, e come trovandosi solo alla presenza di Dio, desiderava soltanto pace e perdono, non implorava che la misericordia celeste. E fu benedetto, perché Cristo infatti concluse: "Io vi dico che questi scese a casa sua giustificato, piuttosto che quell'altro". Luca 18:14. PV 99 2 Il Fariseo ed il pubblicano rappresentano due classi di adoratori i cui antenati sono i primi due figli nati sulla terra. Caino, ritenendosi giusto, si presentò dinanzi a Dio con una semplice offerta di ringraziamento, non confessò i suoi peccati né riconobbe di aver bisogno della misericordia divina. Abele offri invece il sangue che rappresentava quello dell'Agnello di Dio, si presentò da peccatore, riconoscendo di essere perduto e riponendo la sua unica speranza nell'immeritato amore divino. Il Signore accettò il suo sacrificio, mentre respinse Caino e la sua offerta. Sentire la propria nullità e riconoscere la propria miseria ed il proprio peccato costituiscono la prima condizione per essere accettati da Dio: "Beati i poveri in ispirito, perché di loro è il regno de' cieli". Matteo 5:3. PV 99 3 La storia dell'apostolo Pietro riflette la differenza fra i due gruppi qui rappresentati dal pubblicano e dal Fariseo. Nei suoi primi anni di discepolato egli si riteneva forte, come il Fariseo credeva di non essere "come gli altri uomini". Quando Cristo, la sera prima di essere tradito, ammonì i discepoli dicendo: "Voi tutti sarete scandalizzati", Pietro replicò fiduciosamente: "Quand'anche tutti fossero scandalizzati, io però non lo sarò". Marco 14:27, 29. Non si rendeva conto del pericolo che correva e la fiducia in se stesso lo portò fuori strada. Era convinto di saper resistere alla tentazione, ma quando qualche ora dopo arrivò la prova, rinnegò il suo Signore con giuramenti e imprecazioni. PV 100 1 Allorché il canto del gallo gli fece ricordare le parole di Cristo, sorpreso e sconvolto da quello che aveva appena fatto, si voltò, scorgendo il suo Maestro. Anche Gesù lo stava guardando e, in quello sguardo in cui si leggeva la compassione e l'amore per lui, Pietro riconobbe finalmente se stesso. Usci piangendo sconsolatamente: quello sguardo di Cristo gli aveva trafitto il cuore. In quel momento si trovava ad una svolta della sua vita e si pentì amaramente del suo peccato. Contrito e penitente come il pubblicano, anche lui ottenne misericordia. Lo sguardo di Cristo gli aveva assicurato il perdono. PV 100 2 Ora la fiducia nelle proprie capacità era finita e mai più Pietro si sarebbe vantato come prima. PV 100 3 Dopo la resurrezione Cristo lo mise alla prova per tre volte: "Simon di Giovanni, m'ami tu più di questi?", gli chiese. Lungi dal ritenersi migliore degli altri, Pietro si appellò a colui che sa leggere nei cuori: "Signore", rispose, "tu sai ogni cosa; tu conosci che io t'amo". Giovanni 21:15, 17. PV 100 4 Gli fu affidata allora la sua missione, più ampia e difficile di tutte quelle disimpegnate finora: pascere le pecore e gli agnelli per cui il Signore aveva subito la morte. Con questo incarico Cristo diede a Pietro la dimostrazione più evidente della fiducia che nutriva nella sua riabilitazione. Il discepolo focoso, millantatore e pieno di sé ora era contrito e sottomesso. Da quel momento in poi seguì il Maestro nella via della rinuncia e del sacrificio, partecipando alle sue sofferenze, ma quando Cristo ascenderà al trono, sarà partecipe anche della sua gloria. PV 100 5 L'errore che fece cadere Pietro e che impediva la comunione tra Dio ed il Fariseo è la rovina di migliaia di persone ancora oggi. Non c'è nulla che offenda talmente Dio e sia così pericoloso per l'anima umana come l'orgoglio e l'autosufficienza. Di tutti i peccati questo è il più grave e incurabile... PV 101 1 La caduta di Pietro non fu istantanea ma graduale. La sua fiducia in sé l'indusse a credere di essere salvato una volta per sempre e a seguire una via che, un gradino dopo l'altro, lo condusse sempre più in basso, fino a rinnegare il Maestro. Finché viviamo in questa terra non potremo mai confidare totalmente in noi stessi e ritenerci al sicuro da ogni tentazione. Non bisogna insegnare mai a quanti accettano il Salvatore, per quanto sinceri nella loro conversione, a dire o pensare di essere già salvi, perché è un inganno. Bisogna insegnare a tutti a coltivare la speranza e la fede, ma, anche quando ci siamo consacrati a Cristo e sappiamo che Egli ci accetta, saremo sempre sottoposti alla tentazione. La Parola di Dio dichiara: "Molti saranno purificati, imbiancati, affinati". Daniele 12:10. Solo chi supera la prova riceverà la corona della vita. Cfr. Giacomo 1:12. PV 101 2 Chi, accettando Cristo, nella sua prima fede afferma: "Sono salvo!", corre il pericolo di confidare effettivamente in se stesso. Egli perde di vista la propria debolezza ed il continuo bisogno della forza divina, rimane impreparato di fronte agli attacchi di Satana e finisce per cadere, al momento della tentazione, negli abissi più profondi del peccato. Ecco perché vale anche per noi il monito: "Perciò, chi si pensa di stare ritto, guardi di non cadere". 1 Corinzi 10:12. Diffidare di noi stessi e aggrapparci a Cristo, ecco la nostra unica sicurezza! PV 101 3 Pietro doveva rendersi conto dei suoi difetti di carattere e che aveva bisogno della potenza e della grazia di Cristo. Il Salvatore non poteva risparmiargli la tentazione, ma avrebbe potuto risparmiargli la sconfitta. Se Pietro avesse dato ascolto al monito di Gesù sarebbe stato in guardia e avrebbe pregato, camminando con timore e tremore per non cadere, e avrebbe ricevuto l'aiuto divino capace di respingere l'insidia satanica. PV 101 4 Pietro cadde per la sua autosufficienza e si riscattò per essersi pentito e umiliato. La sua esperienza è d'incoraggiamento per ogni peccatore penitente. Pur avendo peccato gravemente, non fu abbandonato alla sua sorte: "Ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno". Luca 22:32. Queste parole di Cristo gli erano rimaste impresse nell'anima, e, mentre si trovava in preda al rimorso, questa preghiera e lo sguardo benigno e pietoso del Salvatore gli ritornarono alla mente ridandogli speranza. Dopo la sua risurrezione Cristo pensò a Pietro dicendo alle donne per bocca di un angelo: "Ma andate a dire ai suoi discepoli ed a Pietro, ch'egli vi precede in Galilea; quivi lo vedrete". Marco 16:7. Il Salvatore aveva accettato il pentimento di Pietro e l'aveva perdonato. PV 102 1 La stessa compassione prodigata per la salvezza dell'apostolo è offerta a chiunque ha ceduto alla tentazione. Rientra nelle particolari insidie di Satana spingere l'uomo al peccato per abbandonarlo poi, impotente e tremante, in preda al timore di chiedere perdono. Eppure, perché temere se Dio stesso invita: "A meno che non mi si prenda per rifugio, che non si faccia la pace meco, che non si faccia la pace meco"? Isaia 27:5. È stato preso ogni provvedimento per guarirci dalle nostre miserie e sta a noi accettare i numerosi appelli ad andare a Cristo. PV 102 2 Il Salvatore ha sofferto una morte tormentosa per riacquistare l'eredità divina e offrire all'uomo un'altra possibilità: "Ond'è che può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro". Ebrei 7:25. Con la sua vita immacolata, l'obbedienza e la morte sul Calvario, Cristo è divenuto l'intercessore dell'umanità perduta, l'autore della nostra salvezza che interviene in nostro favore non semplicemente presentando delle suppliche, ma rivendicando da conquistatore il trofeo della vittoria. La sua offerta è perfetta e da intercessore Egli esegue l'opera che si è proposto presentando dinanzi a Dio il turibolo contenente i suoi meriti immacolati e le preghiere, le confessioni ed i ringraziamenti del suo popolo. Con il profumo della sua giustizia, tutto questo sale a Dio come un odore soave. Di fronte ad un'offerta così gradevole Dio copre ogni colpa e trasgressione col suo perdono. PV 102 3 Cristo si è impegnato a fungere da nostro sostituto e garante e non trascura nessuno. Colui che non ha potuto vedere gli esseri umani abbandonati alla rovina eterna ma si è sacrificato per la loro redenzione, accetterà con pietà e misericordia chiunque si rende conto di non potersi salvare da solo. PV 103 1 Gesù non chiuderà gli occhi di fronte a chi lo supplica tremando, anzi lo risolleverà. Lui, che col suo sacrificio espiatorio ha messo a disposizione dell'uomo una sorgente inesauribile di forza morale, non mancherà di usare questa forza in nostro favore. Deponiamo ai suoi piedi i nostri peccati e affanni perché Egli ci ama. Il suo sguardo e le sue parole ci invitano ad aver fiducia. Egli plasmerà il nostro carattere secondo la sua volontà. PV 103 2 Con tutta la sua potenza Satana non riesce a sopraffare una sola anima che con fede semplice si affida a Cristo: "Egli dà forza allo stanco, e accresce vigore a colui ch'è spossato". Isaia 40:29. PV 103 3 "Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità". 1 Giovanni 1:9. Il Signore ci invita: "Soltanto riconosci la tua iniquità: tu sei stata infedele all'Eterno, al tuo Dio". Geremia 3:13. "V'aspergerò d'acqua pura, e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli". Ezechiele 36:25. PV 103 4 Ma prima di ottenere pace e perdono dobbiamo riconoscere noi stessi, e questa consapevolezza susciterà contrizione. Il Fariseo non era convinto di aver peccato e lo Spirito Santo non poteva operare in lui. La sua anima era circondata da una corazza di orgoglio che gli strali divini, per quanto aguzzi e ben diretti dagli angeli, non riuscivano a penetrare. Cristo può salvare solo chi ha coscienza di essere peccatore. Egli è venuto "per evangelizzare i poveri... bandire liberazione a' prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi". Luca 4:18. Invece "I sani non hanno bisogno del medico". Luca 5:31. Solo comprendendo il nostro vero stato sentiremo il bisogno dell'aiuto di Cristo, solo se riconosciamo il pericolo che ci sovrasta cercheremo scampo in lui, solo avvertendo il dolore delle nostre ferite nutriremo anche il desiderio di guarigione. PV 103 5 Il Signore dice: "Poiché tu dici: Io son ricco, e mi sono arricchito, e non ho bisogno di nulla, e non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo, io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco, affinché tu arricchisca; e delle vesti bianche affinché tu ti vesta e non apparisca la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungertene gli occhi, affinché tu vegga". Apocalisse 3:17, 18. L'oro affinato col fuoco è la fede operante per mezzo dell'amore, e solo lei può ristabilire l'armonia tra noi e Dio: anche se siamo attivi e facciamo molte opere buone, senza quell'amore che animava Gesù non faremo mai parte della famiglia celeste! PV 104 1 Nessuno sa riconoscere da solo i propri errori: "Il cuore è ingannevole più d'ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi lo conoscerà?" Geremia 17:9. Le labbra possono esprimere una miseria spirituale che il cuore non conosce, e, pur dicendo a Dio che siamo dei poveri peccatori, possiamo gonfiarci interiormente della nostra umiltà e giustizia che ci pongono ad un livello superiore agli altri. Esiste una sola possibilità per conoscere veramente noi stessi: contemplare Cristo. Solo chi non lo conosce veramente può inorgoglirsi della propria giustizia. Quando invece meditiamo sul suo carattere puro e sublime, riconosceremo la nostra debolezza e povertà e i nostri difetti, prenderemo coscienza di essere perduti e senza speranza, vestiti degli abiti della nostra misera giustizia umana, come tutti gli altri peccatori. Capiremo che, semmai saremo salvati, non sarà per la nostra bontà ma per l'infinita grazia di Dio. PV 104 2 La preghiera del pubblicano fu esaudita perché dimostrava la fiduciosa consapevolezza di dipendere totalmente dall'Onnipotente. Pensando a se stesso egli provava solamente un senso di vergogna, e così dovrebbe essere per chiunque cerca Dio: con una fede che rinuncia a confidare in se stessa, il peccatore penitente si aggrappi alla sorgente della potenza infinita. PV 104 3 L'osservanza formale non può mai sostituire una fede semplice e la totale rinuncia di sé, e nessuno può d'altronde spogliarsi da solo del proprio io: possiamo solamente accettare che sia Cristo a farlo per noi. Allora esclameremo: Signore, prendi il mio cuore perché io non riesco a dartelo! Ti appartiene. Mantienilo puro, perché io non so. Salvami da me stesso e dal mio carattere debole e così diverso da Cristo. Modellami, formami, elevami in un'atmosfera pura e santa in cui la corrente del tuo amore mi inondi l'anima! PV 105 1 La rinuncia di sé non deve segnare solamente l'inizio della vita cristiana, ma deve rinnovarsi ad ogni passo che man mano ci avvicina al cielo. Tutte le nostre opere scaturiscono da una forza che è al di fuori di noi, perciò occorre che ci aggrappiamo continuamente a Dio con tutto il cuore, che confessiamo con dolore e sinceramente i nostri peccati e ci umiliamo dinanzi a lui. L'unica salvaguardia risiede nella totale rinuncia di sé e in una completa dipendenza da Cristo. PV 105 2 Via via che ci avvicineremo a Gesù discerneremo meglio la purezza del suo carattere e la gravità del peccato e tenderemo sempre meno alla superbia. Coloro che sono santi agli occhi di Dio saranno gli ultimi a far mostra di religiosità. L'apostolo Pietro divenne un fedele ministro di Cristo, fu grandemente onorato dalla luce e potenza divina che ricevette e contribuì attivamente all'edificazione della chiesa di Cristo, ma non dimenticò mai la dolorosa esperienza della sua umiliazione. Il suo peccato era stato cancellato, ma egli sapeva benissimo che solo la grazia di Cristo aveva rimediato alla sua debolezza di carattere che lo aveva fatto cadere. Non trovava niente in sé di cui andare orgoglioso. PV 105 3 Nessun apostolo o profeta ha mai preteso di essere senza peccato. Si tratta di uomini vissuti in intima comunione con Dio, che avrebbero preferito rimetterci la vita piuttosto che commettere consapevolmente un peccato, che Dio ha onorato concedendogli la sua luce e potenza, eppure anche loro hanno confessato di essere peccatori per natura. Non hanno riposto la loro fiducia nella carne né si ritenevano giusti, ma piuttosto hanno confidato completamente nella giustizia di Cristo, e altrettanto sarà con tutti coloro che lo contemplano. PV 105 4 Man mano che avanziamo nell'esperienza cristiana, il nostro pentimento si farà più profondo. A coloro che ha perdonato e che riconosce membri del suo popolo il Signore dice: "Allora vi ricorderete delle vostre vie malvagie e delle vostre azioni, che non eran buone, e prenderete disgusto di voi stessi a motivo delle vostre iniquità e delle vostre abominazioni". Ezechiele 36:31. Poi aggiunge: "E io fermerò il mio patto con te, e tu conoscerai che io sono l'Eterno, affinché tu ricordi, e tu arrossisca, e tu non possa più aprir la bocca dalla vergogna, quand'io t'avrò perdonato tutto quello che hai fatto, dice il Signore, l'Eterno". Ezechiele 16:62, 63. Allora non apriremo più la bocca per esaltare noi stessi, anzi, consapevoli che la nostra sicurezza risiede solo in Cristo, confesseremo con l'apostolo: "Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene". Romani 7:18. "Ma quanto a me, non sia mai ch'io mi glori d'altro che della croce del Signor nostro Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato crocifisso per il mondo". Galati 6:14. PV 106 1 Alla luce di questa esperienza vale per noi il monito: "Compiete la vostra salvezza con timore e tremore; poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l'operare, per la sua benevolenza". Filippesi 2:12, 13. Non dobbiamo temere che Dio non mantenga le sue promesse, che perda la pazienza o che la sua misericordia venga meno. Temiamo piuttosto di contrapporre la nostra volontà a quella di Cristo e di lasciarci dominare nella vita dai nostri difetti di carattere congeniti e acquisiti, "poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l'operare, per la sua benevolenza". Evitiamo che il nostro io si frapponga tra noi e il gran Maestro e che la nostra ostinazione mandi a vuoto il grande piano che Dio vorrebbe realizzare tramite noi; guardiamoci dal confidare nella nostra forza e dall'abbandonare la mano di Cristo per percorrere il cammino della vita lontani dalla sua presenza. PV 106 2 Occorre chiudere la porta a tutto ciò che favorisce l'orgoglio e l'autosufficienza, perciò stiamo in guardia nel dare o ricevere lodi e adulazioni. Adulare è opera di Satana esattamente come l'accusare e condannare. É cosi che egli cerca di provocare la rovina dell'anima, e coloro che prodigano lodi agli altri sono uno strumento nelle sue mani. I collaboratori di Cristo mettano in secondo piano la propria persona, dimentichino se stessi per celebrare Cristo, colui che solo deve essere esaltato! Gli occhi di tutti contemplino e ogni cuore celebri colui "che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue". Apocalisse 1:5. PV 106 3 Chi vive nel timore del Signore non condurrà una vita di tristezza e di malinconia, anzi è proprio dove manca Cristo che si vedono volti tristi e la vita si riduce ad un pellegrinaggio di lacrime e sospiri. Chi ha un'alta opinione di sé ed è pervaso dall'amor proprio, non sente il bisogno di un rapporto vivente con Cristo. Il cuore che non si è ancora infranto sulla Roccia eterna -- cioè Cristo --, è fiero di essere ancora intatto. Gli uomini preferiscono una religione che conferisca dignità e desiderano percorrere una via abbastanza ampia in cui poter conservare tutti i tratti del proprio carattere, ma il loro egoismo, la ricerca della popolarità e delle lodi allontanano il Salvatore dal loro cuore, e, senza di lui, la vita non può essere che cupa e triste. Quando invece Gesù dimora nell'anima, è per noi una fonte di vera gioia! E tutti coloro che l'accettano sentono che la gioia è altresì la nota dominante della Parola di Dio. PV 107 1 "Poiché così parla Colui ch'è l'Alto, l'eccelso, che abita l'eternità, e che ha nome 'il Santo'. Io dimoro nel luogo alto e santo, ma son con colui ch'è contrito ed umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore dei contriti". Isaia 57:15. PV 107 2 Al riparo di una cavità rocciosa Mosè ebbe il privilegio di contemplare la gloria di Dio; allo stesso modo Cristo proteggerà anche noi con la sua mano trafitta quando cerchiamo scampo nella Roccia della salvezza, e lì ascolteremo quello che il Signore dice a quanti si mettono al suo servizio. Dio si rivelerà anche a noi, come una volta a Mosè, "misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato". Esodo 34:6, 7. PV 107 3 L'opera della redenzione apre orizzonti che l'uomo difficilmente può immaginare: "Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d'uomo, son quelle che Dio ha preparate per coloro che l'amano". 1 Corinzi 2:9. Quando il peccatore, attratto dalla potenza di Cristo, si avvicina alla croce per prostrarsi dinanzi ad essa, ha luogo una rigenerazione: riceve un cuore nuovo e si trasforma in una creatura in Cristo. La santità non esige di più e Dio stesso è "giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù". Romani 3:26. "E quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati". Romani 8:30. Per quanto grandi siano la vergogna e la degradazione provocate dal peccato, grazie all'amore del Redentore riceveremo gloria e onori ancora più grandi. Quanti si sforzano di somigliare all'immagine divina riceveranno dai tesori celesti una forza superiore e sublime che li eleverà al di sopra degli angeli stessi che non hanno conosciuto il peccato. PV 108 1 "Così parla l'Eterno, il redentore, il Santo d'Israele, a colui ch'è disprezzato dagli uomini, detestato dalla nazione... Dei re lo vedranno e si leveranno; dei principi pure, e si prostreranno, a motivo dell'Eterno ch'è fedele, del Santo d'Israele che t'ha scelto". Isaia 49:7. PV 108 2 "Chiunque s'innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato". Matteo 23:12. ------------------------Capitolo 14: La sorgente della vittoria PV 109 1 Cristo aveva descritto il periodo immediatamente precedente il suo ritorno e i pericoli che i suoi seguaci dovranno affrontare. In questo contesto raccontò una parabola "per mostrare che dovevano del continuo pregare e non stancarsi". PV 109 2 "In una certa città", esordi, "v'era un giudice che non temeva Iddio né aveva rispetto per alcun uomo; e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui dicendo: Fammi giustizia del mio avversario. Ed egli per un tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: Benché io non tema Iddio e non abbia rispetto per alcun uomo, pure, poiché questa vedova mi dà molestia, le farò giustizia, che talora, a forza di venire, non finisca col rompermi la testa. E il Signore disse: Ascoltate quel che dice il giudice iniquo. E Dio non farà egli giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui, e sarà egli tardo per loro? Io vi dico che farà loro prontamente giustizia". Luca 18:1-8. PV 109 3 Il giudice qui descritto non ha alcun senso di giustizia né di pietà per i sofferenti e respinge ripetutamente la vedova che va a sottoporgli insistentemente il suo caso. Tutte le volte che si rivolge a lui viene trattata con disprezzo e scacciata dal tribunale. Il giudice sa che lei ha ragione e potrebbe renderle subito giustizia, ma non ne ha voglia. Preferisce mostrarle il suo potere arbitrario e assaporare il piacere di vederla chiedere e supplicare invano. Ma lei non si lascia scoraggiare, e nonostante la sua indifferenza e durezza di cuore, insiste tanto nella propria richiesta finché il giudice non acconsente ad occuparsi del suo caso: "Benché io non tema Iddio e non abbia rispetto per alcun uomo, pure, poiché questa vedova mi dà molestia, le farò giustizia, che talora, a forza di venire, non finisca col rompermi la testa". Per salvarsi la reputazione ed evitare un'eccessiva pubblicità sui suoi giudizi parziali finisce per aiutare la vedova perseverante. PV 110 1 "E il Signore disse: Ascoltate quel che dice il giudice iniquo. E Dio non farà egli giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui, e sarà egli tardo per loro? Io vi dico che farà loro prontamente giustizia". Gesù traccia qui un sorprendente contrasto fra Dio e questo giudice ingiusto che cede all'insistenza della vedova per puro egoismo, cioè per essere lasciato in pace e non perché senta pietà o compassione di lei: la sua miseria lo lascia del tutto insensibile... Com'è ben diverso l'atteggiamento di Dio dinanzi a chi lo cerca! Egli accoglie con infinita compassione gli appelli di coloro che sono in crisi e nel bisogno. PV 110 2 La donna che rivendicava giustizia dal giudice aveva perduto il marito. Povera e senza amici, non aveva neanche i mezzi per recuperare i suoi beni perduti. Similmente l'uomo ha perso il contatto con Dio in seguito al peccato e non ha i mezzi per salvarsi da solo, ma Cristo ci avvicina fino al Padre che ama i suoi eletti. Egli li ha tratti dalle tenebre alla sua meravigliosa luce affinché lo celebrino e brillino nel buio di questo mondo. Il giudice iniquo non aveva alcun interesse per la vedova che gli chiedeva disperatamente aiuto e le diede ragione nella causa contro il suo avversario solo per sbarazzarsi di lei e delle sue suppliche importune. Dio invece ama i suoi figli di un amore infinito e la sua chiesa è quanto di più caro Egli abbia sulla terra. PV 110 3 "Poiché la parte dell'Eterno è il suo popolo, Giacobbe è la porzione della sua eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d'urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodì come la pupilla dell'occhio suo". Deuteronomio 32:9, 10. "Poiché così parla l'Eterno degli eserciti: E per rivendicare la sua gloria ch'egli mi ha mandato verso le nazioni che han fatto di voi la loro preda; perché chi tocca voi tocca la pupilla dell'occhio suo". Zaccaria 2:8. PV 110 4 La supplica della vedova -- "Fammi giustizia del mio avversario" --, rappresenta la preghiera dei figli di Dio. Satana è il loro grande avversario, "l'accusatore dei nostri fratelli" che li accusa giorno e notte dinanzi a Dio. Cfr. Apocalisse 12:10. Egli è all'opera ininterrottamente per mettere il popolo di Dio in una falsa luce, per accusarlo, ingannarlo e distruggerlo. Ecco perché in questa parabola Gesù insegnò ai discepoli ad implorare liberazione dalla potenza di Satana e dei suoi accoliti. PV 111 1 Il profeta Zaccaria illustra in che modo Satana accusa e come Cristo affronta questo avversario del suo popolo: "E mi fece vedere il sommo sacerdote Giosué, che stava in pié davanti all'angelo dell'Eterno, e Satana che gli stava alla destra per accusarlo. E l'Eterno disse a Satana: 'Ti sgridi l'Eterno, o Satana! ti sgridi l'Eterno che ha scelto Gerusalemme! Non è questi un tizzone strappato dal fuoco?'. Or Giosué era vestito di vestiti sudici, e stava in pié davanti all'angelo". Zaccaria 3:1-3. PV 111 2 I figli di Dio sono paragonati qui ad un imputato durante il processo. Giosué, da sommo sacerdote, implora la benedizione per il suo popolo che si trova in grave afflizione, e mentre parla di fronte a Dio, Satana gli sta alla destra come avversario accusando i figli di Dio e dipingendo il loro caso quanto mai disperato. Fa notare al Signore i loro errori e difetti di carattere, le loro debolezze e malefatte, nella speranza che appaiano agli occhi di Cristo cosi odiosi che Egli rifiuterà di aiutarli nel loro impellente bisogno. Giosué, portavoce del popolo di Dio e lui stesso imputato e passibile di condanna, è vestito di abiti sporchi. Conoscendo i peccati del suo popolo è preso da profondo scoraggiamento, e Satana suscita in lui un senso di colpa cosi intenso da fargli quasi abbandonare ogni speranza. Ciò nonostante rimane lì a supplicare, mentre Satana l'avversa fieramente. PV 111 3 Le accuse di Satana ebbero origine già in cielo, poi egli ha continuato tale attività in terra sin dalla caduta dell'umanità nel peccato e l'intensificherà in modo particolare quanto più ci avviciniamo alla fine della storia di questo mondo. Sapendo di avere poco tempo è tanto più deciso ad ingannare e distruggere. E furioso nel vedere in terra degli uomini che rispettano la legge divina nonostante la loro debolezza e peccaminosità. Non può assolutamente tollerare che obbediscano a Dio, si rallegra della loro indegnità, e pone delle insidie ad ognuno per sedurlo e allontanarlo da Dio. Cerca tutte le occasioni per accusare e condannare Dio e tutti coloro che facendo opera di carità e misericordia, compassione e perdono, si sforzano di realizzare i disegni divini in questo mondo. PV 111 4 Tutte le manifestazioni di potenza di Dio a favore del suo popolo scatenano l'odio di Satana. Ogni volta che Dio opera per i suoi figli Satana ed i suoi angeli fanno di tutto per provocarne la rovina. E geloso di tutti coloro che sono forti in Cristo e la sua mira è di istigarli al male. Quando ha successo getta poi tutta la colpa sui tentati mettendo in evidenza gli abiti sporchi, i difetti di carattere, la debolezza e la follia, l'ingratitudine e la loro natura così diversa da Cristo che disonora il Redentore. In tal modo vuole dimostrare di avere il pieno diritto di distruggerli. Cerca di deprimerli con l'idea che il loro caso sia disperato ed il peccato troppo grave per essere cancellato. Spera di distruggere la loro fede al punto da indurli a cedere alle sue tentazioni e allontanarsi da Dio. PV 112 1 Il popolo di Dio non è in grado da solo di contestare le accuse sataniche. Se guardasse a se stesso sarebbe votato alla disperazione, ma rivolgendosi al divino Avvocato può fare perorare la causa con i meriti del Redentore. Dio è "giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù". Romani 3:26. Fiduciosamente ogni credente invochi Dio: "Fammi giustizia del mio avversario", così ridurrà al silenzio le accuse di Satana e sventerà le sue insidie. Forte dell'inoppugnabile argomento della croce, Cristo mette a tacere l'insolente accusatore. PV 112 2 "E l'Eterno disse a Satana: 'Ti sgridi l'Eterno, o Satana! ti sgridi l'Eterno che ha scelto Gerusalemme! Non è questi un tizzone strappato dal fuoco?'". Quando Satana cerca di coprire il popolo di Dio di vergogna e vorrebbe annientano, interviene Cristo. Anche se esso ha peccato, Cristo si è fatto carico delle sue colpe, strappandolo dalla rovina come un tizzone dal fuoco. Grazie alla sua natura umana Egli si sente unito a noi, mentre tramite la sua natura divina è uno con il Dio infinito. Così può soccorrere coloro che stanno per perire e rintuzzare il loro nemico. PV 112 3 "Or Giosué era vestito di vestiti sudici, e stava in pié davanti all'angelo. E l'angelo prese a dire a quelli che gli stavano davanti: 'Levategli di dosso i vestiti sudici!'. Poi disse a Giosué: 'Guarda, io ti ho tolto di dosso la tua iniquità, e t'ho vestito di abiti magnifici'. E io dissi: 'Gli sia messa in capo una tiara pura!'. E quelli gli posero in capo una tiara pura, e gli misero delle vesti". Poi, con l'autorità del Signore degli eserciti, l'angelo fece a Giosué, quale rappresentante del popolo eletto, questa solenne promessa: "'Così parla l'Eterno degli eserciti: Se tu cammini nelle mie vie, e osservi quello che t'ho comandato, anche tu governerai la mia casa e custodirai i miei cortili, e io ti darò libero accesso fra quelli che stanno qui davanti a me'", cioè gli angeli che circondavano il trono di Dio. Zaccaria 3:3-7. PV 113 1 Nonostante i difetti del popolo di Dio, Cristo non smette di prendersene cura. Egli ha la facoltà di cambiargli gli indumenti, perciò toglie a quanti credono e si pentono gli abiti sporchi per sostituirli con la propria veste di giustizia. Accanto al loro nome registrato nei libri celesti Egli scrive: "perdonato", e di fronte a tutto il cielo proclama che essi gli appartengono, mentre Satana apparirà nella sua vera luce di ingannevole seduttore. Dio renderà giustizia agli eletti! PV 113 2 La supplica "Fammi giustizia del mio avversario" non si riferisce soltanto a Satana ma anche a tutti i suoi accoliti che egli aizza a calunniare, sedurre e distruggere il popolo di Dio. Chi vuole osservare i comandamenti divini farà l'esperienza di avere degli avversari dominati dalla potenza delle tenebre. Questi nemici perseguitavano Cristo ad ogni passo con un accanimento che nessun essere umano può immaginare, e come Cristo anche i suoi discepoli sono esposti a tentazioni continue. PV 113 3 La Bibbia descrive la condizione del mondo esistente poco prima del ritorno di Gesù, e l'apostolo Giacomo illustra l'avidità e l'oppressione dilagante: "A voi ora, o ricchi!... Avete accumulato tesori negli ultimi giorni. Ecco, il salario dei lavoratori che han mietuto i vostri campi, e del quale lì avete frodati, grida; e le grida di quelli che han mietuto sono giunte alle orecchie del Signor degli eserciti. Voi siete vissuti sulla terra nelle delizie e vi siete dati ai piaceri; avete pasciuto i vostri cuori in giorno di strage. Avete condannato, avete ucciso il giusto; egli non vi resiste". Giacomo 5:1-6. Ecco un quadro impressionante della situazione odierna: con lo sfruttamento e oppressioni di ogni tipo alcuni accumulano fortune immense, mentre il resto dell'umanità tormentata dalla fame eleva le proprie grida a Dio. PV 113 4 "E la sentenza liberatrice s'è ritirata, e la salvezza s'è tenuta lontana; poiché la verità soccombe sulla piazza pubblica, e la rettitudine non può avervi accesso; la verità è scomparsa, e chi si ritrae dal male s'espone ad essere spogliato". Isaia 59:14, 15. Queste circostanze si sono verificate chiaramente durante la vita terrena di Cristo: siccome osservava fedelmente i comandamenti divini accantonando le tradizioni e norme umane che ne avevano preso il posto, lo odiavano e perseguitavano, e questa storia si ripete. Le leggi e le tradizioni degli uomini vengono esaltate più dei comandamenti di Dio, e quanti vogliono osservare fedelmente questi ultimi soffriranno disprezzo e persecuzione. Per la sua fedeltà a Dio, accusavano Gesù di violare il sabato e di bestemmiare, lo davano per posseduto dal demonio e di essere lui stesso Belzebub! Anche i suoi seguaci dovranno subire accuse e calunnie simili. Satana spera così di indurli a peccare e a disonorare Dio. PV 114 1 Cristo mise in rilievo il carattere del giudice della parabola, che non temeva Dio né gli uomini, per sottolineare in che modo veniva amministrata la giustizia in quei tempi e quale giudizio avrebbe subito ben presto lui stesso al momento del processo. Egli desidera che ci rendiamo conto quanto poco aiuto dobbiamo attenderci dai sovrani e dai giudici terreni nel momento del bisogno. I figli di Dio non di rado devono comparire dinanzi a funzionari che, lungi dall'ispirarsi ai comandamenti e ai consigli biblici, seguono i propri impulsi mondani e incontrollati. PV 114 2 Con la parabola del giudice iniquo Cristo c'insegna come comportarci. "E Dio non farà egli giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui...?" Cristo, il nostro esempio, non fece nulla per giustificarsi o liberarsi, ma rimise il proprio caso al Padre. Similmente i suoi seguaci non devono accusare o condannare, né ricorrere alla violenza per riconquistare la libertà. PV 114 3 Quando sorgono delle prove per noi inspiegabili, non abbandoniamo la nostra serenità! Per quanto ci trattino ingiustamente, non facciamoci prendere dalla collera! Se coltiviamo uno spirito di vendetta facciamo torto a noi stessi, distruggiamo la nostra fiducia in Dio e offendiamo lo Spirito Santo. Accanto a noi c'è un testimone, un messo celeste che combatterà per noi contro il nemico e ci coprirà dei luminosi raggi del Sole di Giustizia, formando uno scudo di luce divina impenetrabile agli strali satanici. PV 115 1 In questo mondo di crescente malvagità nessuno di noi s'illuda di rimanere risparmiato dalle difficoltà, anzi sono proprio queste difficoltà ad avvicinarci all'Altissimo e a lui -- che è saggezza infinita -- possiamo liberamente chiedere consiglio. PV 115 2 Il Signore dice: "Invocami nel giorno della distretta". Salmi 50:15. Egli ci invita a presentargli le nostre preoccupazioni e necessità e ad essere costanti nella preghiera. Non appena insorgono difficoltà, eleviamo le nostre suppliche sincere e ferventi! Le nostre preghiere "importune" dimostrano che abbiamo piena fiducia in Dio. Il senso del nostro bisogno ci indurrà a pregare ardentemente ed il Padre celeste sarà mosso a compassione dalle nostre orazioni. PV 115 3 Spesso coloro che subiscono disprezzo e persecuzione per la fede sono tentati di credere che il Signore li abbia abbandonati. Per gli uomini sono una sparuta minoranza e apparentemente i nemici trionfano su di loro, eppure non si lascino indurre ad agire contro la propria coscienza: colui che ha sofferto per loro addossandosi le loro sofferenze non li ha dimenticati! PV 115 4 I figli di Dio non rimangono soli e indifesi: l'orazione muove il braccio dell'Onnipotente. Gli uomini di preghiera "vinsero regni, operarono giustizia, ottennero adempimento di promesse, turarono le gole di leoni, spensero la violenza del fuoco". Capiremo meglio tutto questo leggendo la storia dei martiri morti per la fede. Questi eroi della preghiera addirittura "misero in fuga eserciti stranieri!" Ebrei 11:33, 34. PV 115 5 Se consacriamo la nostra vita a Dio non ci ritroveremo mai in circostanze così difficili che Dio non sappia trarcene fuori. Qualunque sia la situazione, la nostra guida conosce il cammino; in tutte le nostre perplessità abbiamo un consigliere sicuro, un amico che sa simpatizzare con noi nel dolore, nell'ansia e nella solitudine. Se commettiamo un errore per ignoranza, Cristo non ci abbandona. La sua voce chiara e distinta echeggia: "Io son la via, la verità e la vita". Giovanni 14:6. "Egli libererà il bisognoso che grida, e il misero che non ha chi l'aiuti". Salmi 72:12. PV 116 6 Il Signore dichiara di essere onorato da coloro che si avvicinano a lui e lo servono fedelmente: "A Colui ch'è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida". Isaia 26:3. L'Onnipotente stende il braccio per portarci sempre avanti: Avanzate, dice il Signore, e io vi invierò il soccorso! Chiedete, per la gloria del mio nome, e riceverete! Io sarò onorato di fronte a coloro che vorrebbero assistere al vostro fallimento e che vedranno invece la mia Parola trionfare gloriosamente. "E tutte le cose che domanderete nella preghiera, se avete fede, le otterrete". Matteo 21:22. PV 116 1 Chi è nel dolore o subisce ingiustizie, chieda aiuto a Dio, si distolga da quanti hanno un cuore di pietra per presentare le sue suppliche a colui che ci ha creati e che non respinge mai il peccatore contrito! Egli non lascia mai una sola preghiera sincera senza risposta. Pur fra l'echeggiare dei cori celesti non gli sfugge il grido del più debole essere umano. Sia che effondiamo il cuore nel silenzio della nostra cameretta segreta o che eleviamo una preghiera camminando per la via, le nostre parole perverranno comunque al trono del Sovrano dell'universo. Forse non saranno percepibili all'orecchio umano, ma non si perderanno nel silenzio né nel tumulto delle attività che ci circondano. Niente può soffocare l'anelito dell'anima che si eleva sul frastuono della via e i clamori e la confusione del mondo giungendo fino ai cortili celesti. Parliamo con Dio e lui ascolterà la nostra preghiera! PV 116 2 Anche se ti senti il più indegno degli uomini, non esitare a rimettere il tuo caso a Dio. Nello stesso momento in cui offrì se stesso in Cristo per il peccato del mondo, Egli ha preso a cuore la causa dì ogni anima. "Colui che non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo, ma l'ha dato per tutti noi, come non ci donerà egli anche tutte le cose con lui?" Romani 8:32. Come potrebbe non mantenere la parola che ci ha dato per incoraggiarci e fortificarci? PV 116 3 Cristo non ha desiderio più grande che quello dì riscattare la sua eredità dal dominio di Satana, ma bisogna che la liberazione esteriore dal suo potere sia preceduta da una liberazione interiore. Il Signore permette le prove per purificarci dal materialismo, dall'egoismo e da tutti quei brutti tratti di carattere che ci rendono così diversi da Cristo. Egli lascia che la bufera del dolore ci investa per darci modo dì riconoscere lui e Gesù Cristo che Egli ha mandato, per suscitare in noi il vivo desiderio dì essere purificati dalla corruzione e uscire dalla prova più puri, santi e felici. Spesso prima di entrare nella fornace della prova siamo pieni di egoismo, ma se sopportiamo tutto con pazienza, ne usciremo riflettendo il carattere divino. Quando Dio riesce a realizzare i piani che aveva concepito per te facendoti fare l'esperienza del dolore, "Egli farà risplendere la tua giustizia come la luce, e il tuo diritto come il mezzodì". Salmi 37:6. PV 117 1 Non bisogna temere che il Signore resti sordo alle implorazioni dei suoi figli. Il pericolo, piuttosto, consiste nel cedere allo scoraggiamento e nell'abbandonare la preghiera perseverante al momento della prova e della tentazione. PV 117 2 Il Salvatore diede prova della sua compassione divina nell'incontro con la donna sirofenicia. Il dolore dì lei lo commosse profondamente e le avrebbe confermato subito e con tutto il cuore che la sua preghiera era stata esaudita, ma, volendo dare prima una lezione ai discepoli, parve ignorare inizialmente le sue dolorose invocazioni di aiuto. Quando però la sua fede si rivelò chiaramente agli occhi di tutti, Cristo la lodò assicurandole di averle concesso la grazia richiesta. I discepoli non dimenticarono più questo episodio tramandato anche a noi per dimostrarci l'esito della preghiera perseverante. PV 117 3 Era stato Cristo stesso a infondere nel cuore di questa madre una costanza che non sarebbe stata respinta, com'era stato lui a dare alla povera vedova il coraggio e la decisione di insistere di fronte al giudice iniquo. Era stato ancora Cristo, secoli prima, ad animare Giacobbe della medesima fede perseverante durante il misterioso combattimento svoltosi vicino al torrente di Iabbok. E fu sempre lui che non mancò di premiare la fiducia che lui stesso aveva suscitato in queste sue creature. PV 117 4 Nel santuario celeste abbiamo un giudice giusto che si compiace più dei suoi figli in lotta contro la tentazione in un mondo di peccato che delle schiere angeliche intorno al suo trono. PV 117 5 Tutto l'universo celeste manifesta il più vivo interesse per la nostra minuscola terra, perché Cristo ha pagato un prezzo infinito per coloro che l'abitano. Il Redentore del mondo ha legato la terra al cielo con i legami dello spirito perché i suoi redenti si trovano quaggiù. Gli esseri celesti visitano tuttora la terra come ai giorni in cui camminavano e conversavano con Abramo e Mosé. In mezzo all'attività frenetica delle grandi città, tra le folle che si accalcano per le strade e nei supermercati e grandi magazzini, là dove la gente dalla mattina alla sera non si occupa che di affari, sport e divertimenti, come se questo fosse tutto nella vita, persino in questa massa di persone in cui ben pochi riflettono sulle realtà invisibili, sono presenti esseri celesti e santi che osservano e registrano tutto, parole e azioni. In ogni riunione, si tratti di affari o divertimenti, nelle stesse assemblee di culto sono presenti più ascoltatori di quelli che vede l'occhio umano. Talvolta questi esseri celesti sollevano il velo che nasconde il mondo invisibile per distogliere il nostro pensiero dalla tensione febbrile della vita quotidiana e ricordarci che ci sono testimoni invisibili di tutto ciò che facciamo e diciamo. PV 118 1 Dovremmo intendere meglio il compito degli angeli che ci vengono a visitare e tenere presente che gli esseri celesti ci offrono la loro collaborazione e premura in tutto quello che intraprendiamo. Queste schiere invisibili piene di luce e potenza assistono i mansueti e gli umili che credono nelle promesse divine e le rivendicano. Si tratta di cherubini, serafini ed angeli di grande potenza, "mille migliaia... e diecimila miriadi", che stanno alla destra di Dio, "tutti spiriti ministratori, mandati a servire a pro di quelli che hanno da eredare la salvezza". Ebrei 1:14. PV 118 2 Questi angeli messaggeri stendono un fedele rapporto delle parole e azioni degli uomini. In cielo viene registrato ogni atto di crudeltà o ingiustizia perpetrato contro il popolo di Dio, tutto quello che esso deve subire ad opera di quanti gli fanno del male. PV 118 3 "E Dio non farà egli giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui, e sarà egli tardo per loro? Io vi dico che farà loro prontamente giustizia?" Luca 18:7, 8. PV 118 4 "Non gettate dunque via la vostra franchezza la quale ha una grande ricompensa! Poiché voi avete bisogno di costanza, affinché, avendo fatta la volontà di Dio, otteniate quel che v'è promesso. Perché: Ancora un brevissimo tempo, e colui che ha da venire verrà e non tarderà". Ebrei 10:35-37. "Ecco, l'agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell'ultima stagione. Siate anche voi pazienti; rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina". Giacomo 5:7, 8. PV 119 1 La pazienza di Dio è meravigliosa e la giustizia attende a lungo finché c'è grazia per il peccatore, tuttavia "giustizia ed equità sono la base del suo trono". Salmi 97:2. "L'Eterno è lento all'ira, è grande in forza, ma non tiene il colpevole per innocente. L'Eterno cammina nel turbine e nella tempesta, e le nuvole son la polvere de' suoi piedi". Nahum 1:3. PV 119 2 Il mondo viola sempre più temerariamente la legge divina e, dato che il Signore è così paziente, gli uomini calpestano la sua autorità, anzi si aizzano reciprocamente nell'opprimere crudelmente i seguaci di Cristo esclamando: "Com'è possibile che Dio sappia ogni cosa, che vi sia conoscenza nell'Altissimo!" Salmi 73:11. Ma esiste un limite che non potranno oltrepassare e che raggiungeranno presto, anzi già ora hanno quasi esaurito la pazienza, la grazia e misericordia di Dio. Il Signore interverrà per ripristinare il suo onore, liberare il suo popolo e reprimere l'ingiustizia dilagante. PV 119 3 Ai giorni di Noé l'umanità ignorava la legge divina al punto che l'idea di un Creatore era svanita dalla terra. La malvagità umana era così grave che Dio alla fine spazzò via gli abitanti della terra con le acque del diluvio. PV 119 4 In ogni epoca il Signore ha rivelato il suo modo di operare e nei momenti di crisi si è manifestato impedendo che Satana realizzasse i suoi piani. Sovente Egli ha permesso che la crisi cogliesse nazioni, famiglie e individui per manifestare il suo intervento ancora più chiaramente e dimostrare che il Dio d'Israele sostiene la sua legge e difende il suo popolo. PV 119 5 In questo periodo di empietà dilagante possiamo essere sicuri che l'ultima grande crisi è alle porte, e quando il disprezzo della legge divina diverrà quasi universale e il popolo di Dio sarà oppresso e afflitto, Egli interverrà. PV 119 6 Si avvicina il momento in cui dirà: "Va', o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l'indignazione. Poiché, ecco, l'Eterno esce dalla sua dimora per punire l'iniquità degli abitanti della terra; e la terra metterà allo scoperto il sangue che ha bevuto, e non terrà più coperti gli uccisi". Isaia 26:20, 21. Certi cosiddetti cristiani ora possono ancora ingannare e opprimere i poveri, spogliare la vedova e l'orfano e dare libero corso al loro odio satanico contro i figli di Dio di cui non possono dominare la coscienza, ma Egli li chiamerà a render conto di tutto questo. "Perciò il giudicio è senza misericordia per colui che non ha usato misericordia". Giacomo 2:13. Ben presto dovranno comparire dinanzi al giudice di tutta la terra per render conto di tutte le sofferenze fisiche e psichiche che hanno procurato ai suoi figli. Tuttora possono accusarli falsamente, deridere quanti hanno ricevuto da Dio il mandato evangelico, gettarli in prigione, metterli in catene, condannarli al confino e persino alla morte, ma dovranno rispondere di ogni sospiro e lagrima che hanno provocato. Il Signore li punirà doppiamente per i loro peccati. Parlando di Babilonia, simbolo della chiesa apostata, Egli dice agli esecutori dei suoi giudizi: "Poiché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle iniquità di lei. Rendetele il contraccambio di quello ch'ella vi ha fatto, e rendetele al doppio la retribuzione delle sue opere; nel calice in cui ha mesciuto ad altri, mescetele il doppio". Apocalisse 18:5, 6. PV 120 1 Dall'India, dall'Africa, dalla Cina, dalle isole dei mari e da milioni di uomini oppressi nei cosiddetti paesi cristiani, il grido dei miseri sale a Dio e non rimarrà più a lungo senza risposta: Egli purificherà la terra dalla sua corruzione morale, non col diluvio, come ai giorni di Noé, bensì con un mare di fuoco che nessuno potrà spegnere. PV 120 2 "E sarà un tempo d'angoscia, quale non se n'ebbe mai da quando esistono nazioni fino a quell'epoca; e in quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; tutti quelli, cioé, che saran trovati iscritti nel libro". Daniele 12:1. PV 120 3 Cristo raccoglierà i suoi facendoli uscire da misere soffitte e capanne, prigioni e patiboli, montagne e deserti, caverne e profondità del mare. In terra hanno patito povertà e sono stati osteggiati e tormentati, a milioni sono scesi nella tomba coperti d'infamia per non essersi arresi alle ingannevoli pretese di Satana, i tribunali umani li hanno condannati come se fossero i più vili criminali, ma si avvicina il giorno in cui "Dio stesso sta per giudicare". Salmi 50:6. Allora le sentenze pronunciate sulla terra si invertiranno e "il Signore, l'Eterno... torrà via di su tutta la terra l'onta del suo popolo". Isaia 25:8. I fedeli riceveranno delle vesti bianche (Apocalisse 6:11) e "saran chiamati 'Il popolo santo', 'I redenti dell'Eterno'". Isaia 62:12. PV 121 1 La croce che hanno dovuto portare, le perdite subite, le persecuzioni sofferte e la morte stessa, di tutto questo i figli di Dio saranno ampiamente ricompensati: "Ed essi vedranno la sua faccia e avranno in fronte il suo nome". Apocalisse 22:4. ------------------------Capitolo 15: La speranza della vita PV 122 1 Quando "i pubblicani e i peccatori" si raccoglievano intorno a Gesù, i rabbini manifestavano apertamente la loro indignazione esclamando: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". PV 122 2 Insinuavano cioé che Cristo amasse la compagnia di individui peccatori e corrotti e che fosse insensibile alla loro malvagità. Gli scribi erano rimasti delusi da Gesù. Come mai lui che pretendeva di avere un carattere così elevato non li frequentava, adottando anche i loro metodi nell'ammaestrare gli altri? Perché andava in giro cosi modestamente, lavorando tra gente di qualunque classe sociale? Se fosse stato un vero profeta, pensavano, si sarebbe inteso benissimo con loro, trattando invece pubblicani e peccatori con l'indifferenza che meritavano. Questi guardiani della società si irritavano che Gesù, con il quale erano in continuo contrasto, ma la cui purezza di vita li spaventava e nel contempo costituiva un rimprovero per loro, manifestasse evidente simpatia per quegli emarginati. Non approvavano i suoi metodi. Personalmente si ritenevano colti, raffinati ed eminentemente religiosi, ma l'esempio di Cristo smascherava il loro egoismo. PV 122 3 Li irritava inoltre il fatto che, proprio quelli che mostravano profondo disprezzo per i rabbini e che non avevano mai frequentato le sinagoghe, si accalcassero intorno a Gesù per ascoltare, rapiti ed attenti, le sue parole. Di fronte alla purezza di Cristo scribi e Farisei si sentivano perduti e condannati, ma come si spiegava che i pubblicani ed i peccatori fossero tanto attratti da lui? PV 122 4 Senza rendersene conto loro stessi l'avevano spiegato osservando con disprezzo: "Costui accoglie i peccatori". Molti andavano a Gesù perché sentivano, alla sua presenza, che c'era anche per loro la speranza di uscire dall'abisso del peccato. Mentre i Farisei avevano in serbo per loro solo disprezzo e condanna, Cristo li accoglieva come figli di Dio che si erano allontanati dalla casa paterna, ma che il Padre non aveva dimenticati. Proprio perché si trovavano in quello stato di miseria e di peccato avevano maggiormente bisogno della sua compassione. Quanto più si erano allontanati da lui, tanto maggiore era il suo desiderio e più grande il suo sacrificio per salvarli. PV 123 1 I maestri d'Israele avrebbero potuto apprendere tutto questo dagli scritti sacri di cui andavano fieri in qualità di custodi ed interpreti. Dopo il suo peccato mortale, non aveva scritto Davide stesso: "Io vo errando come pecora smarrita; cerca il tuo servitore"? Salmi 119:176. Non aveva messo in evidenza l'amore divino anche Michea quando esclamava: "Qual Dio è come te, che perdoni l'iniquità e passi sopra alla trasgressione del residuo della tua eredità? Egli non serba l'ira sua in perpetuo, perché si compiace d'usar misericordia"? Michea 7:18. La pecora smarrita PV 123 2 Invece di rifarsi alle parole della Scrittura Cristo fece ricorso in questa parabola all'esperienza stessa degli ascoltatori. I vasti altopiani situati ad est del Giordano offrivano ricchi pascoli alle greggi, e capitava spesso che una pecora si smarrisse fra le gole e le colline boscose dove solo un pastore premuroso e infaticabile riusciva a ritrovarla e riportarla all'ovile. Fra gli ascoltatori di Gesù c'erano pastori e proprietari di greggi e armenti che intendevano il suo paragone: "Chi è l'uomo fra voi, che, avendo cento pecore, se ne perde una, non lasci le novantanove nel deserto e non vada dietro alla perduta finché non l'abbia ritrovata?" Luca 15:4. PV 123 3 Anche queste persone che voi disprezzate, voleva dire Gesù, appartengono a Dio, sono sue perché le ha create e redente e rimangono preziose ai suoi occhi. Come il pastore ama le pecore e non si dà pace se gliene manca una sola, così il Padre ama gli esseri più abietti ed emarginati, ma in misura infinitamente più grande. L'individuo può ribellarsi contro questo amore, allontanarsi da lui e scegliersi un altro maestro, nondimeno egli resta proprietà di Dio che vuole assolutamente recuperare il suo. Dio dice: "Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore, e le ritrarrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre". Ezechiele 34:12. PV 124 1 Il pastore della parabola va alla ricerca di un'unica pecora, il minimo numero possibile, e anche Cristo sarebbe morto per una sola anima perduta. PV 124 2 La pecora smarrita e lontana dal gregge è la creatura più sprovveduta ed il pastore deve andare a cercarla perché da sola non saprebbe ritrovare la via del ritorno. Similmente chi si allontana da Dio è debole come la pecora smarrita e non saprebbe ritornare a Dio senza l'intervento dell'amore divino. PV 124 3 Quando il pastore si accorge che una pecora manca, non sta a guardare con noncuranza il gregge che è rimasto al sicuro, dicendo "Ne ho altre novantanove e mi costerebbe troppo andarne a cercare una che si è smarrita. Aspetterò che torni indietro, e quando sarà arrivata, le aprirò la porta dell'ovile e la farò entrare". Niente affatto! Non appena nota l'assenza dell'animale, comincia a preoccuparsi e a rattristarsi, conta e riconta il gregge, e quando è sicuro che una pecora non c'è, invece di mettersi a dormire, lascia le novantanove nell'ovile e va in cerca di quella perduta. Man mano che la notte si fa più buia e tempestosa e la via più pericolosa, cresce la sua ansia ed il suo fervore nel ricercarla, non bada a sforzi e a fatiche finché non la ritrova. PV 124 4 Con quale sospiro di sollievo ascolta in lontananza il suo primo tenue lamento! Lo segue, si arrampica per i pendii più ripidi, avanza fino all'orlo del precipizio a rischio della propria vita. Continua le sue ricerche, mentre il belato sempre più flebile gli fa capire che la sua povera bestia sta morendo. Ma alla fine i suoi sforzi sono premiati e ritrova la pecorella! Non la sgrida per avergli procurato tanti guai, non la caccia davanti a sé con la frusta, non tenta nemmeno di ricondurla all'ovile: dalla gioia si carica sulle spalle quella creatura tremante, la prende fra le braccia se è ferita o contusa, se la stringe al petto per rianimarla col calore del suo corpo. Grato per non averla cercata invano, la riporta al gregge. PV 124 5 Grazie a Dio Cristo non ci presenta qui l'immagine di un pastore che deve ritornarsene triste e a mani vuote. La parabola non ci parla di un fallimento, bensì di successo e gioia per il ritrovamento! Ecco la garanzia che Dio non ignorerà una sola pecora smarrita del suo gregge, né che l'abbandonerà in balia di se stessa. Cristo trarrà dall'abisso della corruzione e dai rovi del peccato chiunque accetti la salvezza. PV 125 1 Se sei depresso, fatti coraggio, qualunque sia la gravità del tuo peccato! Non pensare che forse Dio perdonerà la tua colpa ammettendoti alla sua presenza... Dio ha già fatto il primo passo: quando tu eri in rivolta aperta contro dì lui, è venuto a cercarti. Commosso come il pastore della parabola, ha lasciato le novantanove pecore per andare nel deserto alla ricerca di quella perduta. Stringendo affettuosamente fra le braccia l'uomo ferito e vicino alla morte, lo riporta con gioia alla fida dimora. PV 125 2 I Giudei insegnavano che Dio ama il peccatore solo dopo che si è pentito. Secondo loro bisognava fare penitenza per guadagnarsi il favore celeste. Ecco perché i Farisei esclamavano stupiti e scandalizzati: "Costui accoglie i peccatori"! Secondo loro Cristo avrebbe dovuto tollerare intorno a sé solo quanti si erano pentiti, ma nella parabola della pecora smarrita il Salvatore insegna che noi non siamo salvati perché cerchiamo Dio, bensì perché Dio cerca noi: "Non v'è alcuno che abbia intendimento, non v'è alcuno che ricerchi Dio. Tutti si sono sviati". Romani 3:11, 12. Noi non ci pentiamo affinché Dio ci ami, piuttosto Egli ci manifesta il suo amore per indurci a pentimento. PV 125 3 Quando la pecora smarrita è di nuovo al sicuro, il pastore esprime la sua riconoscenza con melodiosi canti di gioia, e invitando vicini e amici esclama: "Rallegratevi meco, perché ho ritrovato la mia pecora ch'era perduta". Luca 15:6. Similmente quando il supremo Pastore ritrova un peccatore errante, il cielo e la terra intonano un inno di lode e di ringraziamento. PV 125 4 "Così vi sarà in cielo più allegrezza per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti i quali non han bisogno di ravvedimento". Luca 15:7. Voi Farisei, voleva dire Cristo, vi ritenete i favoriti del cielo e fate affidamento sulla vostra giustizia personale, ma sappiate che, se credete di non aver bisogno di pentimento, io non sono venuto per voi! Sono venuto a salvare questi poveri esseri che sentono la loro miseria ed il loro peccato. Gli stessi angeli celesti s'interessano di queste anime perdute che voi disprezzate. Trovate da ridire e vi fate beffe quando qualcuno di loro si unisce a me, ma sappiate che gli angeli si rallegrano ed un canto di trionfo echeggia nei cortili celesti! PV 126 1 I rabbini avevano il "detto" che il cielo si rallegra quando un peccatore viene annientato, ma Cristo insegnava che l'opera della distruzione è estranea a Dio. Piuttosto tutto il cielo gioisce quando vede restaurata nelle creature l'immagine del Creatore. PV 126 2 Chi si e smarrito nei profondi abissi del peccato e vorrebbe ritornare a Dio, incontrerà sicuramente critiche e diffidenza. Metteranno in dubbio la sincerità del suo pentimento sussurrando: "È troppo instabile, non durerà molto". Invece di collaborare con Dio queste persone assecondano l'opera di Satana, l'accusatore dei fratelli. Tramite le loro critiche il maligno cerca di scoraggiare il peccatore spingendolo sempre più alla disperazione e lontano da Dio. Ma il peccatore pentito pensi quale gioia regna in cielo per il ritorno anche di un solo individuo che sembrava perduto! Abbia fiducia nell'amore di Dio e in nessun caso si lasci prendere dallo scoraggiamento in seguito al disprezzo ed alle insinuazioni di quanti si sentono giusti. PV 126 3 I rabbini pensavano che questa parabola di Cristo si applicasse ai pubblicani e ai peccatori, ma essa ha un significato più ampio. Con la pecora smarrita Cristo non rappresenta soltanto il singolo peccatore ma tutta questa terra, lontana da Dio e rovinata dal peccato. Il nostro mondo è nient'altro che un minuscolo atomo dell'immenso universo sul quale Dio regna, eppure questo piccolo mondo caduto -- la pecora smarrita -- ai suoi occhi è più prezioso degli altri novantanove rimasti nel gregge. Cristo, l'amato sovrano della famiglia celeste, ha abbandonato la sua alta posizione e deposto la gloria che godeva presso il Padre, per salvare questo mondo perduto. Lasciando i mondi immacolati dell'universo, i novantanove che lo amavano, è venuto in questa terra per essere "trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità". Isaia 53:5. Dio si è sacrificato nella persona del Figlio per avere la gioia di riguadagnare la pecora perduta. PV 127 1 "Vedete di quale amore ci è stato largo il Padre, dandoci d'esser chiamati figliuoli di Dio!" 1 Giovanni 3:1. E Cristo aggiunge: "Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io ho mandato loro nel mondo" (Giovanni 17:18), per compiere "ciò che resta ancora a compiere delle afflizioni di Cristo, per lo corpo d'esso, che è la chiesa". Colossesi 1:24 (Diodati). Tutti coloro che hanno trovato salvezza in Cristo sono chiamati ad operare nel suo nome per la salvezza dei perduti. Israele aveva trascurato questo compito, e i cosiddetti seguaci di Cristo oggi non fanno altrettanto? PV 127 2 Quante pecore smarrite hai già ritrovato tu, caro lettore, e riportato all'ovile? Quando hai messo da parte quelle persone che non ti facevano un'impressione molto promettente, ti rendevi conto di trascurare coloro che invece Cristo ricerca? Forse avevano maggiormente bisogno della tua pietà quando hai voltato loro le spalle. In ogni culto ci sono persone che bramano pace e riposo, e anche se ci sembrano indifferenti non sono insensibili all'influenza dello Spirito Santo, e molte si potrebbero guadagnare a Cristo. PV 127 3 Se nessuno la riporta all'ovile, la pecora smarrita continuerà a vagare fino alla morte. Similmente, quanti vanno in rovina perché nessuno tende loro una mano d'aiuto! Potranno sembrare duri o leggeri, ma se avessero goduto gli stessi vantaggi di altri forse avrebbero sviluppato un carattere più nobile e sarebbero stati più utili per la società. Gli angeli hanno pietà di questi esseri erranti e li compiangono, mentre gli occhi umani rimangono asciutti ed i cuori chiusi ad ogni moto di compassione. PV 127 4 Oh come ci manca quell'autentica comprensione per quanti sono tentati ed erranti! Ah se coltivassimo di più il sentimento di Gesù e meno, molto meno il nostro io! PV 127 5 I Farisei interpretarono questa parabola di Cristo come un rimprovero rivolto a loro. Invece di accettare le critiche che muovevano alla sua opera, Cristo condannava loro perché mettevano da parte pubblicani e peccatori. Non lo faceva apertamente, per non indurli ad una chiusura definitiva nei suoi confronti, ma la sua similitudine illustrava chiaramente quale opera Dio si attendeva da loro e che invece avevano ignorato. Se questi conduttori d'Israele erano dei veri pastori, dovevano anche svolgere il compito del pastore: manifestare l'amore e la misericordia di Cristo e collaborare con lui in questa missione. Il rifiuto di farlo dimostrava che la loro presunta religiosità non era altro che ipocrisia. A questo punto molti respinsero il rimprovero di Cristo, ma alcuni rimasero convinti da quelle parole e dopo l'ascensione del Salvatore ricevettero lo Spirito Santo e si unirono ai discepoli per compiere l'opera illustrata dalla parabola della pecora smarrita. La dramma perduta PV 128 1 Dopo la parabola della pecora smarrita Cristo ne propose un'altra chiedendo: "Ovvero, qual è la donna che avendo dieci dramme, se ne perde una, non accenda un lume e non spazzi la casa e non cerchi con cura finché non l'abbia ritrovata?" Luca 15:8. PV 128 2 In oriente le case dei poveri erano costituite di solito da un'unica stanza spesso buia e senza finestre. Siccome spazzavano raramente il pavimento, era facile che una moneta caduta a terra si perdesse tra la polvere e i rifiuti. Per ritrovarla bisognava accendere una candela in pieno giorno e scopare accuratamente la casa. PV 128 3 La dote delle donne consisteva generalmente in alcune monete d'argento che esse conservavano gelosamente come il più prezioso tesoro da trasmettere poi alle figlie. Perdere una di queste monete significava una grave disgrazia e il ritrovarla suscitava una grande gioia alla quale le vicine si associavano volentieri. PV 128 4 "E quando l'ha trovata", continuò Gesù, "chiama assieme le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi meco, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Cosi, vi dico, v'è allegrezza dinanzi agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede". Luca 15:9, 10. PV 128 5 Come la precedente, anche questa parabola tratta di un oggetto perduto e ritrovato dopo un'attenta ricerca e dell'esultanza che suscita il suo ritrovamento. Nondimeno le due parabole rappresentano due situazioni diverse. La pecora sa di essersi smarrita, di aver abbandonato il pastore ed il gregge e di non riuscire a trovare la via del ritorno: è un simbolo di quanti si rendono conto di essersi allontanati da Dio rimanendo impigliati in dubbi, umiliazioni e fiere tentazioni. La dramma perduta rappresenta invece coloro che si sono perduti nei loro falli e peccati senza neanche avere coscienza del loro stato. Si sono estraniati da Dio e non lo sanno. La loro anima è in pericolo, ma questo non li inquieta. In questa parabola Cristo insegna che Dio prova pietà e amore anche per coloro che rimangono indifferenti ai suoi appelli. Bisogna andare a cercarli per ricondurli a Dio. PV 129 1 La pecora si era separata dal gregge smarrendosi da sola nel deserto o sulle montagne, la dramma si perde invece in casa, e pur essendo lì vicino bisogna cercarla accuratamente per ritrovarla. PV 129 2 Questa parabola contiene una lezione per la famiglia: quanta indifferenza si manifesta spesso per la salvezza dei propri parenti più intimi! Uno di loro forse si è allontanato da Dio senza che gli altri familiari, ai quali Dio lo ha affidato, se ne preoccupino minimamente. PV 129 3 Pur trovandosi sotto la polvere ed i rifiuti, la dramma rimane una moneta d'argento e la proprietaria la cerca perché essa conserva il suo valore. Cosi tutti gli uomini rimangono preziosi di fronte a Dio anche se degradati dal peccato. Come la moneta reca l'effigie ed il nome del sovrano regnante, l'uomo alla creazione ricevette l'immagine e l'impronta del Creatore, e anche se il peccato l'ha macchiata ed alterata, alcune tracce sopravvivono in ogni individuo. Dio desidera riguadagnarci per imprimere nuovamente in noi la sua immagine di giustizia e santità. PV 129 4 La protagonista della parabola cerca attivamente, accende una candela e scopa l'abitazione rimovendo tutto ciò che le è di ostacolo nella ricerca, e non si dà tregua -- pur avendo perduto una sola moneta -- finché non la ritrova. Altrettanto dovrebbe accadere in casa nostra. Se uno dei membri della famiglia si è allontanato da Dio, non dobbiamo lasciare niente di intentato per riportarlo sulla retta via. Tutti gli altri familiari esaminino attentamente se stessi e la propria vita per accertare se non sia stato qualche loro errore ad indurre l'altro alla ribellione e all'ostinazione. PV 129 5 I genitori non si diano pace se nella famiglia c'è un figlio inconsapevole della sua condizione di peccato. Accendano la lampada, investighino la Parola di Dio ed esaminino accuratamente alla sua luce tutta la famiglia per scoprire perché questo figlio si è smarrito. Genitori, esaminate il vostro cuore e le vostre abitudini! I figli appartengono al Signore e noi ne siamo responsabili. PV 130 1 Quanti genitori lavorerebbero volentieri da missionari in terre lontane! Quanti contribuiscono attivamente, fuori della famiglia, alla proclamazione evangelica mentre i loro figli non sanno niente dell'amore del Salvatore! Rimettono al pastore o al monitore della Scuola del Sabato il compito di condurre i loro figli a Gesù, e non si accorgono di trascurare la responsabilità ricevuta da Dio. Educare i figli alla fede cristiana costituisce il servizio supremo che i genitori possano rendere a Dio, ma esso richiede tutta una vita di lavoro paziente e di sforzi accurati e perseveranti. Chi si dimostra trascurato in questo dovere è un amministratore infedele e Dio non accetterà scuse. PV 130 2 Se abbiamo sbagliato in questo senso, non facciamoci prendere dalla disperazione. La donna che aveva perduto la moneta continuò a cercarla finché non l'ebbe ritrovata, e allo stesso modo i genitori, con amore, fede e preghiera, si prendano viva cura della famiglia, finché potranno dire con gioia a Dio: "Ecco me, e i figliuoli che l'Eterno m'ha dati". Isaia 8:18. PV 130 3 Ecco la vera opera missionaria da svolgere in casa, utile sia per chi la fa che per chi la riceve. Interessandoci attivamente della nostra famiglia acquisiremo la capacità di lavorare per la famiglia spirituale di Dio con la quale, se rimaniamo fedeli a Cristo, vivremo per l'eternità. Dobbiamo manifestare ai nostri fratelli e sorelle in Cristo il medesimo interesse che abbiamo per i membri della nostra famiglia. PV 130 4 È nel piano divino che tutto questo ci prepari ad operare per gli altri. A mano a mano che la nostra simpatia e carità andranno crescendo, vedremo estendersi anche il nostro campo di attività. La grande famiglia di cui Dio è Padre abbraccia tutti gli uomini della terra e non bisogna trascurare nessuno. PV 130 5 Dovunque ci troviamo ci sono dramme perdute da cercare: lo stiamo facendo? Ogni giorno incontriamo persone che non vogliono saperne della fede: conversiamo con loro e le frequentiamo, ma ci preoccupiamo del loro benessere spirituale? Presentiamo Cristo, il Salvatore che perdona i peccati? Raccontiamo loro del suo amore che arde in noi? Se non lo facciamo, come potremo affrontare un giorno queste anime perdute per l'eternità e ritrovarci insieme di fronte al trono divino? PV 131 1 Sappiamo apprezzare il valore di un singolo individuo? Se proprio vogliamo saperlo, andiamo col pensiero al Getsemane, dove Gesù ha sofferto ore di angoscia sudando gocce di sangue. Ascoltiamo sulla croce del Calvario il Salvatore che grida disperato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato'?" Marco 15:34. Contemplate il capo ferito, il costato ed i piedi trafitti. Ricordate che Cristo ha subito tutto questo per noi, e che per la nostra redenzione il cielo stesso fu messo a repentaglio. Ai piedi della croce, tenendo presente che Cristo avrebbe dato la vita anche per un solo peccatore, potremo renderci conto del valore di un uomo! PV 131 2 Se siamo in comunione con Cristo sapremo apprezzare i nostri simili e proveremo per loro lo si esso amore che Egli ha provato per noi. Allora potremo attrarre e non respingere, guadagnare e non perdere coloro per i quali è morto. Nessuno avrebbe mai ritrovato la via che conduce al Padre se Cristo non si fosse impegnato personalmente per ognuno, e questo medesimo impegno personale viene richiesto da noi nella nostra attività a favore del regno di Dio. Non potremo più stare a guardare -- tranquilli e indifferenti -- l'umanità in corsa verso la rovina. Piuttosto, quanto più grave è il suo peccato e profonda la sua miseria, tanto più ardenti e teneri saranno i nostri sforzi per salvarla. Comprenderemo i bisogni di quanti soffrono, di coloro che hanno peccato contro Dio e sono oppressi dal fardello della colpa. lì nostro cuore traboccherà di simpatia per loro e saremo pronti a dar loro una mano di aiuto. Li porteremo a Cristo sorreggendoli con fede e carità, veglieremo su di loro per infondere nuovo coraggio e la nostra simpatia e fiducia li aiuterà a rimanere fermi sulla retta via. PV 131 3 Tutti gli angeli celesti sono pronti a collaborare con noi in quest'opera, tutte le risorse del cielo sono a nostra disposizione nella ricerca dei perduti. Gli angeli ci aiuteranno a raggiungere i peccatori più induriti e indifferenti, e quando uno di loro ritorna a Dio il cielo intero si rallegra. I serafini e i cherubini, facendo vibrare le loro arpe d'oro, cantano le lodi di Dio e dell'Agnello per la loro misericordia e bontà verso i figli degli uomini. ------------------------Capitolo 16: La riabilitazione dell'uomo PV 133 1 Le parabole della pecorella smarrita, della dramma perduta e del figliuol prodigo illustrano, in modi diversi, la pietà e l'amore di Dio per coloro che si smarriscono. Sebbene si siano allontanati da lui, Egli non li abbandona nella loro miseria, anzi è pieno di tenerezza e di pietà per tutti coloro che sono esposti alle tentazioni dell'astuto nemico. PV 133 2 La parabola del figlio prodigo mette in evidenza in che modo Dio tratta coloro che, dopo aver conosciuto l'amore del Padre, hanno ceduto agli allettamenti del tentatore. PV 133 3 "Un uomo aveva due figliuoli; e il più giovane di loro disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi tocca. Ed egli spartì fra loro i beni. E di lì a poco, il figliuolo più giovane, messa insieme ogni cosa, se ne parti per un paese lontano". Luca 15:11-13. PV 133 4 Il figlio più giovane era insofferente alle rigide regole paterne si sentiva limitato nella sua libertà e fraintendendo l'affetto e le premure del padre, decise da quel momento in poi di fare di testa sua PV 133 5 Questo giovane non riconosce alcun dovere di fronte al padre ed ignora completamente ogni senso di gratitudine, nondimeno, appellandosi ai diritti e ai privilegi propri dei figli, pretende la parte del patrimonio paterno che gli tocca in eredità. Vuole subito ciò che in effetti gli spetterebbe alla morte del padre. Invece di preoccuparsi del futuro pensa solo a godere il presente. PV 133 6 Ottenuta la sua parte di beni, parte "per un paese lontano", lontano dalla casa paterna. Ora che ha soldi in abbondanza ed è libero di fare quello che vuole, si lusinga di aver realizzato finalmente il suo più ardente desiderio. Ora nessuno potrà più dirgli: Non fare questo perché ti farà male! Oppure: Fai questo perché è giusto così! Le cattive compagnie lo aiutano a sprofondare sempre più nel peccato e a dissipare "la, sua sostanza, vivendo dissolutamente". Luca 15:13. PV 134 1 La Bibbia parla di uomini che "dicendosi savi, son divenuti stolti" (Romani 1:22), e questo giudizio riflette esattamente la storia del protagonista della parabola: egli scialacqua con le prostitute i beni pretesi egoisticamente dal padre. Gli anni migliori della giovinezza, le energie intellettuali, i nobili ideali e le aspirazioni spirituali, tutto viene sacrificato alla sete di piacere. PV 134 2 Ad un certo punto sopravviene una grave carestia e anche lui comincia a soffrire la miseria. Trova lavoro presso un abitante del paese che lo manda a custodire i suoi maiali, lavoro tra i più bassi ed umilianti per un ebreo... Il giovane così fiero della sua libertà ora si ritrova schiavo, ridotto alla più odiosa servitù, "tenuto stretto dalle funi del suo peccato". Proverbi 5:22. Svanito lo scintillante miraggio che l'aveva abbagliato, sente ora su di sé tutto il peso delle sue catene. Seduto a terra in quel paese squallido e devastato dalla fame, si ritrova solo in compagnia dei porci. Quanto avrebbe dato pur di saziarsi con le carrube usate per sfamare quegli animali! Di tutti gli allegri compagni che gli si accalcavano intorno nei giorni di prosperità per mangiare e bere alle sue spalle, nessuno gli è rimasto vicino. Dove è finita la sua gioia sfrenata? Mettendo a tacere la propria coscienza e annebbiando i propri sentimenti, pensava di essere felice, ma ora -- senza denaro, a stomaco vuoto, umiliato nel suo orgoglio, moralmente in rovina, indebolito nella forza di volontà, poco degno di fede, apparentemente insensibile ai suoi sentimenti più nobili -- è la più miserabile delle creature umane! PV 134 3 Che quadro impressionante della condizione del peccatore! Sebbene Dio gli prodighi i benefici del suo amore, l'uomo peccatore, schiavo dell'egoismo e del piacere, non desidera altro che liberarsi del Padre celeste. Simile a questo figlio ingrato egli esige i buoni doni di Dio quasi che gli spettino di diritto, e li riceve come cose ovvie senza esprimere riconoscenza né ricambiare l'amore divino. Come "Caino si partì dal cospetto dell'Eterno" alla ricerca di una dimora, e come il figlio prodigo "se ne partì per un paese lontano", così il peccatore cerca la felicità dimenticando Dio. Romani 1:28. PV 134 4 Per quanto l'apparenza inganni, una vita incentrata sul proprio io è una vita fallita. Chi vuole vivere lontano da Dio dissipa i suoi beni, i suoi anni migliori, le facoltà dello spirito, del cuore e dell'anima, corre verso la rovina eterna. Chi sì separa da Dio per servire se stesso si fa schiavo delle ricchezze. L'essere intelligente che Dio ha creato perché fosse compagno degli angeli si è degradato a tal punto da diventare servo dì ciò che è estremamente terreno e bestiale. Ecco la fine di chi si dedica al culto del proprio io! PV 135 1 Se hai imboccato questa via, sappi che spendi denaro per ciò che non nutre e lavori per finì che non soddisfano. In certi momenti dì lucidità ti renderai conto della tua degradazione e allora, solo e in un paese lontano, consapevole della tua miseria, esclamerai disperato: "Misero me uomo! chi mi trarrà da questo corpo di morte?" Romani 7:24. Il profeta esprime una verità universale quando dice: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si ritrae dall'Eterno! Egli è come un tamerice nella pianura sterile; e quando giunge il bene, ei non lo vede; dimora in luoghi aridi, nel deserto, in terra salata, senza abitanti". Geremia 17:5, 6. Dio "fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" (Matteo 5:45), tuttavia gli uomini hanno la facoltà di rifiutare il sole e la pioggia. Così, mentre il Sole di Giustizia brilla e la pioggia della grazia cade liberamente per tutti, noi possiamo ancora allontanarci da Dio per andare a dimorare "in luoghi aridi, nel deserto". PV 135 2 Ciò nonostante Dio, nel suo grande amore, cerca chi ha voluto allontanarsi da lui e fa dì tutto per ricondurlo alla casa paterna. Del figlio prodigo leggiamo che, nella sua miseria, è "rientrato in se stesso". L'insidioso incanto con cui Satana l'aveva irretito è scomparso ed egli comprende che le sue sofferenze sono il risultato della sua follia. Esclama: "Quanti servì di mio padre hanno pane in abbondanza, ed io qui mi muoio di fame! Io mi leverò e me n'andrò a mio padre". Luca 15:17, 18. Per quanto si senta miserabile, il figlio prodigo crede ancora nell'amore paterno e questa convinzione gli infonde speranza. L'amore del padre lo attira a ritornare a casa. L'amore divino agisce in modo analogo inducendo il peccatore a ritornare sui suoi passi: "La benignità dì Dio ti trae a ravvedimento". Romani 2:4. L'amore, la grazia e la misericordia di Dio circondano come una catena d'oro ogni anima in pericolo ed Egli dichiara: "Si, io t'amo d'un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà". Geremia 31:3. PV 136 1 Il figlio prodigo decide di confessare la propria colpa. Andrà dal padre a dirgli: "Ho peccato contro il cielo e contro te: non son più degno d'esser chiamato tuo figliuolo". Luca 15:18, 19. Tuttavia, dimostrando di conoscere ben poco l'amore del padre, aggiunge: "Trattami come uno dei tuoi servi". PV 136 2 Abbandonati maiali e baccelli il più giovane si mette in viaggio verso la casa paterna. Vacillante e sfinito per la debolezza e la fame sofferta, prosegue ansiosamente il cammino. E avvolto solo in cenci, ma la miseria ha vinto il suo orgoglio ed egli aumenta il passo per andare a chiedere un posto di servo dove un tempo era un figlio amato. PV 136 3 Quando aveva lasciato la casa paterna questo giovane lieto e spensierato non immaginava minimamente il dolore e la nostalgia che avrebbe provocato nel padre, non pensava affatto, ballando e facendo festa con i compagni, all'ombra di tristezza che si era posata sulla sua famiglia. E anche ora che con passo stanco e penoso ha ripreso la via del ritorno, non sa che qualcuno l'attende. "Ma, mentr'egli era ancora lontano, suo padre lo vide". L'amore ha la vista buona e il padre lo riconosce anche dopo tanti anni di peccato e di degradazione, "...e fu mosso a compassione, e corse, e gli si gettò al collo" stringendolo in un lungo e tenero abbraccio. Luca 15:20. PV 136 4 Non volendo che qualche sguardo sprezzante si posi sui miseri brandelli del figlio, il padre si toglie il proprio ricco mantello e avvolge la figura esangue e smagrita del giovane che singhiozza pentito: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro te; non son più degno d'esser chiamato tuo figliuolo". Luca 15:21. Stringendolo a sé, il padre lo fa entrare in casa senza neanche lasciargli il tempo di chiedere il posto di servo. Sarà onorato da figlio con quello che c'è di meglio in casa, servito e rispettato da servi e serve. PV 136 5 "Ma il padre disse ai suoi servitori: Presto, portate qua la veste più bella e rivestitelo, e mettetegli un anello al dito e de' calzari a' piedi; e menate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, e mangiamo e rallegriamoci, perché questo mio figliuolo era morto ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato. E si misero a far gran festa". Luca 15:22-24. PV 137 1 Nella sua fremente giovinezza il figlio riteneva il padre duro e severo, ma com'è cambiato ora il suo giudizio! Così anche quanti sono stati sedotti da Satana considerano Dio esigente ed implacabile, lo immaginano in agguato e pronto a minacciare e condannare, restio ad accogliere il peccatore e ad aiutarlo finché esiste qualche scusa per non farlo. Vedono nella sua legge un ostacolo alla felicità umana, un grave fardello di cui sbarazzarsi al più presto possibile. Chi invece ha aperto gli occhi all'amore di Cristo riconoscerà che Dio è pieno di compassione e non è un implacabile tiranno, bensì un padre che brama riabbracciare il figlio pentito. Allora il peccatore esclamerà col salmista: "Come un padre è pietoso verso i suoi figliuoli, così è pietoso l'Eterno verso quelli che lo temono". Salmi 103:13. PV 137 2 Nella parabola il figlio prodigo non riceve alcun rimprovero per le sue follie precedenti, sente che il suo passato è stato perdonato e dimenticato, cancellato per sempre. Similmente Dio dice al peccatore: "Io ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati, come una nuvola". Isaia 44:22. "Io perdonerò la loro iniquità, e non mi ricorderò più del loro peccato". Geremia 31:34. "Lasci l'empio la sua via, e l'uomo iniquo i suoi pensieri: e si converta all'Eterno che avrà pietà di lui e al nostro Dio ch'è largo nel perdonare". Isaia 55:7. "In quei giorni, in quel tempo, dice l'Eterno, si cercherà l'iniquità d'Israele, ma essa non sarà più, e i peccati di Giuda, ma non si troveranno". Geremia 50:20. PV 137 3 Che splendida promessa ci fa Dio di accettare il peccatore penitente! E tu, caro lettore, hai preferito fare la tua strada? Ti sei allontanato da Dio per assaporare i frutti del peccato? Hai scoperto che sono insipidi o addirittura amari? E ora che hai sprecato i buoni doni ricevuti da Dio, ora che i tuoi piani per il futuro sono crollati e le tue speranze svanite, ti trovi anche tu solo e depresso? Allora ascolta quella voce che ti parla chiara e distinta da tanto tempo, ma che tu hai ignorato finora: "Levatevi, andatavene! perché questo non è luogo di riposo; a motivo della sua contaminazione, esso vi distruggerà d'una distruzione orrenda". Michea 2:10. Ritorna alla dimora del Padre che ti invita: "Torna a me, perché io t'ho riscattato". Isaia 44:22. PV 138 1 Non ascoltare i suggerimenti di Satana che vorrebbe convincerti a rimanere lontano da Cristo finché non sarai divenuto migliore, finché non sarai abbastanza buono da poterti presentare dinanzi a Dio. Se vuoi attendere tanto non andrai mai al Signore! Se Satana mette in evidenza i tuoi abiti sporchi, ripetigli la promessa di Gesù: "Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori". Giovanni 6:37. Dici al nemico che il sangue di Cristo purifica da ogni peccato e prega con Davide: "Purificami con l'issopo, e sarò netto; lavami, e sarò più bianco che neve". Salmi 51:7. PV 138 2 Alzati e ritorna al Padre, ed Egli ti correrà incontro da lontano. Se ti decidi a fare questo primo passo di pentimento, Egli si affretterà a stringerti fra le braccia con infinito amore. Egli ascolta il grido del contrito e conosce il primo vero impulso del cuore che va alla sua ricerca. Anche se ha appena balbettato una preghiera, se ha versato una lacrima in segreto, se ha un debole ma sincero desiderio di ritornare a Dio, lo Spirito Santo gli verrà incontro senza indugio. Ancor prima che egli esprima la sua preghiera o il desiderio del cuore, la grazia di Cristo si è messa all'opera ed è già pronta ad incontrare la grazia che sta operando nell'animo umano. PV 138 3 Il Padre celeste ti toglierà gli abiti insudiciati dal peccato. Nella magnifica allegoria profetica di Zaccaria il sommo sacerdote Giosué, che si trova in abiti sporchi dinanzi all'angelo del Signore, è un simbolo del peccatore. Dio ordina: "'Levategli di dosso i vestiti sudici'. Poi disse a Giosué: 'Guarda, io ti ho tolto di dosso la tua iniquità, e t'ho vestito di abiti magnifici' ... E quelli gli posero in capo una tiara pura, e gli misero delle vesti". Zaccaria 3:4, 5. Così Dio vuole rivestire te "delle vesti della salvezza" e avvolgerti "nel manto della giustizia". Isaia 61:10. "Quando vi siete riposati tra gli ovili, le ali della colomba si son coperte d'argento, e le sue penne hanno preso il giallo dell'oro". Salmi 68:13. PV 138 4 "Egli m'ha condotta nella casa del convito, e l'insegna che spiega su di me è Amore" Cantico dei. Cantico dei Cantici 2:4. "Se tu cammini nelle mie vie", -- promette il Signore -- "custodirai i miei cortili, e io ti darò libero accesso fra quelli che stanno qui davanti a me", cioè i santi angeli che circondano il trono divino. Zaccaria 3:7. PV 139 1 "Come la sposa è la gioia dello sposo, cosi tu sarai la gioia del tuo Dio". Isaia 62:5. "L'Eterno, il tuo Dio, è in mezzo a te, come un Potente che salva; egli si rallegrerà con gran gioia per via dite, si acquieterà nell'amor suo, esulterà, per via dite, con gridi di gioia". Sofonia 3:17. lì cielo e la terra intoneranno insieme al Padre un canto di gioia, "perché questo mio figliuolo era morto ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato". Luca 15:24. PV 139 2 Fino a questo punto nessuna nota discordante aveva turbato la scena gioiosa della parabola, ma ora il Salvatore introduce quest'altro elemento. Quando il figlio prodigo era arrivato a casa "il figliuolo maggiore era a' campi; e come tornando fu vicino alla casa, udì la musica e le danze. E chiamato a sé uno de' servitori, gli domandò che cosa ciò volesse dire. Quello gli disse: E giunto tuo fratello, e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché l'ha riavuto sano e salvo. Ma egli si adirò e non volle entrare". Luca 15:25-28. Il fratello maggiore non aveva provato l'ansia e le preoccupazioni del padre per questo figlio perduto, non poteva quindi condividere la sua gioia nel rivederlo. L'atmosfera festosa lo lasciava indifferente, anzi egli andò su tutte le furie per la gelosia quando da un servo apprese il motivo. Si rifiutò di entrare per dare il benvenuto al fratello, considerando un insulto alla sua persona il favore dimostrato all'altro. PV 139 3 Il suo orgoglio ed il suo malvagio carattere si manifestano apertamente allorché suo padre esce a parlargli. Per lui la vita trascorsa nella casa paterna era stata nient'altro che una lunga serie di servizi e prestazioni non retribuiti e ora egli fa un meschino confronto col generoso trattamento riservato al fratello appena rientrato. Fa capire che nel lavoro si è sentito più servo che figlio. Invece di essere lieto e riconoscente di vivere col padre, mirava in realtà solo ai vantaggi che poteva trarre dalla sua vita prudente e ordinata. Le sue parole rivelano che solo per questo ha rinunciato ai piaceri del peccato, e ora che il fratello riceve i ricchi doni del padre si ritiene trattato ingiustamente. È invidioso dell'attenzione riservata al fratello e dimostra chiaramente che se si fosse trovato al posto del padre, non avrebbe accolto il figlio prodigo. Non lo definisce neanche "mio fratello", ma parla freddamente al padre di "questo tuo figliuolo". PV 140 1 Nondimeno il padre lo tratta affettuosamente: "Figliuolo", gli dice, "tu sei sempre meco, ed ogni cosa mia è tua". Luca 15:31. In tutti questi anni di miseria per tuo fratello, non hai avuto il privilegio di vivere con me? PV 140 2 Tutto quello che poteva contribuire alla felicità dei suoi figli era a loro disposizione, perciò non c'era motivo che il figlio maggiore si preoccupasse di doni o ricompense e il padre gli assicura: "Ogni cosa mia è tua". Basta che tu creda nel mio amore e accetti i doni che ti offro generosamente. PV 140 3 Non rendendosi conto dell'amore paterno, uno dei due figli si era staccato per un certo periodo dalla famiglia, ma ora che è ritornato, la gioia fa svanire ogni altra preoccupazione: "Questo tuo fratello era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato". PV 140 4 Il fratello maggiore riconobbe la propria meschinità e ingratitudine? Si rese conto che il suo fratello minore, pur essendosi comportato malamente, rimaneva pur sempre suo fratello? Si penti della sua gelosia e durezza di cuore? Cristo non lo dice: la parabola era ancora in corso di svolgimento e dipendeva dagli ascoltatori come sarebbe andata a finire. PV 140 5 Il figlio maggiore rappresenta gli Ebrei impenitenti dei giorni di Cristo e anche i farisei di tutti i tempi che guardano con disprezzo quanti considerano pubblicani e peccatori. Non avendo commesso personalmente gravi eccessi nel vizio sono gonfi di orgoglio. Cristo affronta questi cavillatori sul loro proprio terreno. Come il figlio maggiore della parabola, avevano goduto speciali privilegi divini e pretendevano di essere i figli della casa di Dio, ma dimostravano piuttosto uno spirito venale. Lavoravano non per amore ma per la ricompensa, in quanto Dio ai loro occhi era nient'altro che un padrone duro ed esigente. Si scandalizzavano vedendo Cristo offrire gratuitamente la sua grazia ai pubblicani e ai peccatori, il medesimo dono che i rabbini speravano di guadagnarsi con sforzi e penitenze. Il ritorno del figlio prodigo, che faceva esultare di gioia il cuore del padre, scatenava in loro nient'altro che gelosia. PV 141 1 Il colloquio che il padre ha nella parabola col figlio maggiore rappresenta il tenero appello che il cielo rivolge ai Farisei: "Ogni cosa mia è tua", non come retribuzione ma in dono. Allo stesso modo del figlio prodigo, anche tu puoi ricevere tutto come dono immeritato del Padre che ti ama. PV 141 2 L'orgoglio non solo induce ad una falsa concezione di Dio, ma rende duri e critici verso il prossimo. Nella sua gelosia egoistica il figlio maggiore osservava sospettosamente il fratello, pronto a criticare ogni suo atto e ad accusarlo alla minima occasione. Metteva in evidenza ogni suo sbaglio ingigantendo la più lieve mancanza per giustificare il proprio carattere inclemente ed implacabile. Molti oggi fanno altrettanto: mentre qualche novizio è alle sue prime lotte contro le numerose tentazioni che l'assalgono, essi stanno a guardare, criticare, accusare... Pretendono di essere figli di Dio ma dimostrano lo spirito di Satana. Assumendo un simile atteggiamento verso i fratelli questi accusatori si privano da soli della luce divina. PV 141 3 Molti si chiedono continuamente: "Con che verrò io davanti all'Eterno e m'inchinerò davanti all'Iddio eccelso? Verrò io davanti a lui con degli olocausti, con de' vitelli d'un anno? L'Eterno gradirà egli le migliaia de' montoni, le miriadi de' rivi d'olio?" La risposta è semplice: "O uomo, Egli t'ha fatto conoscere ciò ch'è bene; e che altro richiede da te l'Eterno, se non che tu pratichi ciò ch'è giusto, che tu ami la misericordia, e cammini umilmente col tuo Dio?" Michea 6:6-8. PV 141 4 Ecco ciò che Dio desidera da te: "Che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi, e che s'infranga ogni sorta di giogo ... e che tu non ti nasconda a colui ch'è carne della tua carne". Isaia 58:6, 7. Chi prende coscienza di essere un peccatore salvato solamente dall'amore del Padre celeste, avrà pietà di quanti soffrono ancora nel peccato. Non tratterà più il fratello pentito e misero con gelosia e critiche. Quando il gelo dell'egoismo sparirà dal tuo cuore, ti ritroverai in armonia con Dio e parteciperai alla sua gioia per la salvezza dei perduti. PV 142 1 Se sei veramente un figlio di Dio -- come dici di essere --, tuo fratello sarà colui del quale leggiamo: "Era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato". Gli sarai legato dai vincoli più stretti, perché Dio lo riconosce figlio suo. Se invece neghi la tua parentela con lui dimostri semplicemente di essere un mercenario e non un figlio della famiglia celeste. PV 142 2 Anche se rifiuti di dare il benvenuto al figlio prodigo, la festa continuerà lo stesso ed il figlio riabilitato potrà di nuovo vivere e lavorare insieme al Padre. A chi si perdona molto, molto ama, mentre tu rimarrai fuori nelle tenebre, perché "chi non ama non ha conosciuto Iddio; perché Dio è amore". 1 Giovanni 4:8. ------------------------Capitolo 17: "Lascialo ancora quest'anno" PV 143 1 Nei suoi insegnamenti Cristo collegava sempre i moniti sul giudizio ai richiami della misericordia divina: "Conciossiaché il Figliuol dell'uomo non sia venuto per perder le anime degli uomini, anzi per salvarle". Luca 9:56 (Diodati). "Infatti Iddio non ha mandato il suo Figliuolo nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui". Giovanni 3:17. Egli illustra la funzione della sua grazia in rapporto alla giustizia ed al giudizio di Dio con la parabola del fico sterile. PV 143 2 Annunciando al popolo l'imminenza del regno di Dio denunciava severamente la sua ignoranza e indifferenza. La gente sapeva interpretare senza difficoltà i segnali meteorologici del cielo, ma non era in grado di intendere i chiari segni dei tempi che preannunciavano la sua missione. PV 143 3 Allora come oggi gli uomini si ritenevano i beniamini del cielo e concludevano che quei moniti non riguardavano loro ma gli altri! Dai suoi ascoltatori Gesù apprese una vicenda che proprio in quei giorni aveva suscitato grande scalpore: alcune misure restrittive adottate da Ponzio Pilato, governatore della Giudea, avevano esasperato la popolazione. A Gerusalemme si era scatenata una sommossa popolare e Pilato aveva tentato di reprimerla con la violenza. In una certa occasione i suoi soldati avevano fatto irruzione nel cortile del tempio trucidando alcuni pellegrini galilei intenti ad offrire i loro sacrifici. I Giudei consideravano ogni sciagura una punizione divina per i peccati commessi, e quanti riferivano questo atto di violenza lo facevano con una segreta soddisfazione in quanto l'essere scampati dimostrava che erano migliori e quindi più favoriti da Dio di quei galilei. Si aspettavano che Gesù condannasse quei pellegrini uccisi che, secondo loro, avevano ampiamente meritato la loro triste sorte. PV 143 4 I discepoli non si azzardarono ad esprimere la loro opinione prima di sentire quella del Maestro. Gesù li aveva infatti diffidati dall'esprimere giudizi sul carattere altrui, né essi dovevano misurare le punizioni secondo il loro giudizio limitato. Nondimeno si aspettavano che Cristo confermasse la particolare malvagità e colpevolezza di quei disgraziati, ma la sua risposta li sorprese non poco. PV 144 1 Rivolgendosi alla folla il Salvatore chiese: "Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, tutti similmente perirete". Luca 13:2, 3. Quelle tragiche sciagure dovevano spingerli ad umiliarsi e a pentirsi dei propri peccati, perché già si stava addensando il turbine della vendetta che doveva abbattersi su tutti coloro che non avrebbero cercato rifugio in Cristo. PV 144 2 Mentre parlava ai discepoli e alla folla, Gesù vedeva con l'occhio profetico Gerusalemme assediata dagli eserciti, sentiva il clamore dei nemici che avanzavano contro la città eletta, vedeva le centinaia e migliaia di esseri umani che sarebbero periti durante l'assedio. Come questi galilei, molti giudei sarebbero stati abbattuti nei cortili del tempio proprio nell'atto di offrire i sacrifici. Con la morte di alcuni Dio voleva avvertire tutto il popolo, ugualmente colpevole: "Se non vi ravvedete, tutti similmente perirete", ammoni Gesù. C'era ancora un po' di tempo di grazia per loro, un po' di respiro per riconoscere che cosa avrebbe dato loro pace. PV 144 3 Continuando Egli raccontò questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna; e andò a cercarvi del frutto, e non ne trovo. Disse dunque al vignaiolo: Ecco, sono ormai tre anni che vengo a cercar frutto da questo fico e non ne trovo; taglialo; perché sta lì a rendere improduttivo il terreno?" Luca 13:6, 7. PV 144 4 Il senso di queste parole era inequivocabile per gli ascoltatori. Davide aveva decantato Israele paragonandolo ad una vite tratta fuori dall'Egitto e Isaia aveva scritto: "Or la vigna dell'Eterno degli eserciti è la casa d'Israele, e gli uomini di Giuda son la piantagione ch'era la sua delizia". Isaia 5:7. Il fico piantato nella vigna del Signore rappresenta la generazione contemporanea del Salvatore, oggetto delle sue cure e benedizioni particolari. PV 145 1 Già il profeta Isaia aveva descritto con queste belle parole quale piano Dio avesse in mente per il suo popolo e le grandiose possibilità che gli si schiudevano: "...saranno chiamati: Querce di giustizia, piante che il Signore ha piantato, per glorificar sé stesso". Isaia 61:3 (Diodati). Sul letto di morte, mosso dallo Spirito Santo, Giacobbe aveva detto del figlio prediletto: "Giuseppe è un ramo d'albero fruttifero; un ramo d'albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro ... le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate ... dall'Iddio dì tuo padre che t'aiuterà, e dall'Altissimo che ti benedirà con benedizioni del cielo di sopra, con benedizioni dell'abisso che giace di sotto". Genesi 49:22, 24, 25. Così Dio aveva piantato Israele come un'ottima vite vicino alla sorgente della vita, aveva collocato la sua vigna "sopra una fertile collina. La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti di scelta ... Ei s'aspettava ch'essa gli facesse dell'uva, e gli ha fatto invece delle lambrusche". Isaia 5:1, 2. Ai giorni di Cristo gli Ebrei ostentavano la loro religiosità maggiormente che in passato pur mancando più che mai della dolce grazia dello Spirito divino. I preziosi tratti di carattere che avevano reso bella e fragrante la vita di Giuseppe erano assenti nel popolo d'Israele. PV 145 2 Dio, nella persona del Figlio, era venuto a cercar il frutto ma non ne aveva trovato. Israele ingombrava inutilmente il terreno, la sua esistenza stessa si rivelava una maledizione in quanto occupava nella vigna il posto che poteva servire ad un albero fruttifero. Privava il mondo delle benedizioni che Dio voleva elargirgli. Gli Israeliti avevano trasmesso ai pagani una falsa concezione di Dio. Non solo erano inutili, ma costituivano addirittura un ostacolo. La loro religione si era trasformata per la maggior parte in mistificazione e conduceva alla rovina piuttosto che alla salvezza. PV 145 3 Il vignaiolo della parabola non contesta la sentenza di abbattere la pianta se rimarrà infruttifera, tuttavia egli conosce e condivide l'interesse del padrone per quell'albero. Niente gli farebbe più piacere del vedere il fico crescere e fruttificare, perciò propone, nutrendo il medesimo desiderio del proprietario: "Signore, lascialo ancora quest'anno, finch'io l'abbia scalzato e concimato; e forse darà frutto in avvenire". Luca 13:8, 9. PV 146 1 Il vignaiolo non rifiuta dunque di occuparsi di una pianta così poco promettente, anzi è pronto a curarla più di prima, a creare le condizioni più favorevoli perché prosperi, a dedicarle ogni attenzione possibile. PV 146 2 Sia il padrone che il vignaiolo hanno interesse che il fico prosperi, così anche il Padre ed il Figlio erano unanimi nell'amare il popolo eletto. Cristo voleva far capire agli ascoltatori che avrebbero avuto occasioni migliori di portare frutti spirituali; nel suo amore Dio non avrebbe risparmiato mezzi ed energie per fare di loro alberi di giustizia che maturassero dei frutti per il bene del mondo. PV 146 3 Anche questa parabola rimane in sospeso e Cristo conclude senza dirci l'esito del lavoro svolto dal vignaiolo. Il risultato dipendeva dalla generazione che ascoltava le sue parole. Proprio a lei era rivolto l'avvertimento: "...se no, lo taglierai". Luca 13:9. Dipendeva da lei se quelle parole irrevocabili sarebbero state pronunciate o no. Il giorno dell'ira divina si approssimava e tramite le sciagure che aveva già colpito Israele il padrone della vigna l'avvertiva, nella sua misericordia, dell'imminente distruzione che minacciava il fico sterile. PV 146 4 Quest'avvertimento riecheggia attraverso i secoli per giungere fino a noi. Somigli anche tu, lettore spensierato, ad un albero infruttifero nella vigna del Signore? Il giudizio di condanna sarà pronunciato ben presto anche su dite? Da quanto tempo ricevi i suoi doni? Da quanto tempo Egli attende che tu ricambi il suo amore? Piantato nella sua vigna, circondato dalle premure del vignaiolo, hai coscienza dei privilegi che hai goduto? Quante volte l'affettuoso messaggio evangelico ti ha fatto palpitare il cuore di felicità? Tu ti dici cristiano e formalmente fai parte della chiesa, eppure sai benissimo che ti manca un rapporto vivente con la fonte dell'amore, la sua linfa vitale non t'inonda, nella tua vita manca la dolce grazia del suo carattere, mancano i "frutti dello Spirito". Galati 5:22. PV 146 5 Il fico sterile riceve la pioggia, il sole e le cure del giardiniere, il terreno gli fornisce le sostanze nutritive necessarie, tuttavia i suoi rami inutili fanno solo ombra, impedendo di prosperare alle piante fruttifere circostanti. Altrettanto avviene dei ricchi doni che Dio ti fa: non producono alcun beneficio per il mondo. Tu privi gli altri dei privilegi che potrebbero sicuramente godere se non fosse per te. PV 147 1 Anche se vagamente, ti rendi conto di ingombrare inutilmente il terreno, eppure Dio nella sua misericordia non ti ha ancora abbattuto. Egli non ti guarda con freddezza o indifferenza né ti abbandona semplicemente alla tua triste sorte. Anzi esclama, come esclamò molti secoli fa rivolto a Israele: "Come farei a lasciarti, o Efraim? come farei a darti in mano altrui, o Israele? ... Io non sfogherò l'ardente mia ira, non distruggerò Efraim di nuovo, perché sono Dio, e non un uomo". Osea 11:8, 9. Il Salvatore interviene pietosamente in tuo favore esclamando: "Lascialo ancora quest'anno, finch'io l'abbia scalzato e concimato". PV 147 2 Con quale amore instancabile Cristo servì il popolo d'Israele in quell'ulteriore periodo di grazia! Fin sulla croce pregò: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Luca 23:34. Dopo la sua ascensione, il Vangelo fu proclamato dapprima a Gerusalemme. Lì avvenne l'effusione dello Spirito Santo e la chiesa primitiva manifestò la potenza del Salvatore risorto; là, con la "faccia simile alla faccia d'un angelo" (Atti 6:15), Stefano sigillò la sua testimonianza con la morte. Israele aveva ricevuto tutti i tesori che il cielo poteva elargire. Cristo chiede: "Che più si sarebbe potuto fare alla mia vigna di quello che io ho fatto per essa?" Isaia 5:4. Invece di diminuire, le sue cure e preoccupazioni per te aumentano, e tutt'oggi Egli soggiunge: "Io, l'Eterno, ne sono il guardiano, io l'adacquo ad ogni istante; la custodisco notte e giorno, affinché nessuno la danneggi". Isaia 27:3. PV 147 3 "...forse darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai". PV 147 4 Il cuore che non si apre agli appelli divini finisce per indurirsi al punto da non reagire più all'influenza dello Spirito Santo, e allora viene pronunciata la sentenza: "Taglialo; perché sta li a rendere improduttivo anche il terreno". PV 147 5 Ma oggi Egli ti invita ancora: "O Israele, torna all'Eterno, al tuo Dio!... Io guarirò la loro infedeltà, io li amerò di cuore... Io sarò per Israele come la rugiada; egli fiorirà come il giglio, e spanderà le sue radici come il Libano... Quelli che abiteranno alla sua ombra faranno di nuovo crescere il grano, e fioriranno come la vite... da me verrà il tuo frutto". Osea 14:1-8. ------------------------Capitolo 18: "Per le strade e lungo le siepi" PV 149 1 Il Salvatore era ospite un giorno in casa di un Fariseo. Accettava gli inviti di ricchi e poveri, e, com'era sua abitudine, approfittò dell'occasione anche stavolta per illustrare certe verità. I Giudei celebravano tutte le festività nazionali e religiose con un solenne banchetto che per loro era nel contempo un simbolo dei benefici della vita eterna. La grande festa nella quale si sarebbero seduti a tavola insieme ad Abramo, Isacco e Giacobbe, mentre i pagani rimasti fuori stavano a guardare con struggente desiderio, costituiva uno dei loro temi preferiti. Gesù illustrò l'avvertimento che voleva dare con la parabola del gran convito. Gli Ebrei intendevano riservare esclusivamente per sé le benedizioni divine, sia nella vita presente che in quella avvenire, e negavano perciò che Dio tesse usare misericordia anche ai gentili. Con questa parabola Cristo sottolineò invece che proprio loro in quel momento respingevano il misericordioso invito ad entrare nel regno di Dio e spiegò che l'invito da loro respinto sarebbe stato rivolto a coloro che essi disprezzavano ed evitavano come lebbrosi. PV 149 2 Il Fariseo aveva scelto gli ospiti in base a considerazioni prettamente egoistiche, perciò Cristo gli disse: "Quando fai un desinare o una cena, non chiamare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; che talora anch'essi non t'invitino, e ti sia reso il contraccambio; quando fai un convito, chiama i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; e sarai beato, perché non hanno modo di rendertene il contraccambio; ma il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione de' giusti". Luca 1:12-14. PV 149 3 Cristo ripeteva qui semplicemente ciò che aveva già detto a Israele per bocca di Mosè: in occasione delle feste sacre "lo straniero e l'orfano la vedova che saranno entro le tue porte verranno, mangeranno e si sazieranno". Deuteronomio 14:29. Queste riunioni dovevano insegnare a Israele una lezione pratica ed evidente: apprendendo la gioia dell'ospitalità, il popolo avrebbe avuto cura tutto l'anno dei poveri e diseredati. Da queste feste esso doveva imparare inoltre che le benedizioni spirituali non erano destinate esclusivamente ad Israele: Dio gli aveva dato il pane della vita perché lo dispensasse al resto del mondo. PV 150 1 Gli Ebrei vennero meno a questa missione e Cristo denunciò quindi il loro egoismo. Dato che i Farisei non gradivano affatto le sue parole, uno di loro cercò di cambiare discorso esclamando con aria di santità: "Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio!" Luca 14:15. Quest'uomo aveva parlato con la massima convinzione, come se fosse già certo di ottenere un posto in cielo. Il suo atteggiamento somigliava a quello di quanti si rallegrano della salvezza in Cristo senza però assolvere le condizioni da cui essa dipende. Lo animava il medesimo spirito di Balaam allorché pregava: "Possa io morire della morte dei giusti, e possa la mia fine esser simile alla loro!" Numeri 23:10. Pensava solo alla felicità che sperava di godere in cielo ma non alla preparazione necessaria per arrivarci. La sua osservazione voleva distogliere l'attenzione dei convenuti alla festa dai doveri pratici della vita presente per rimandarla al remoto giorno della resurrezione dei giusti. PV 150 2 Leggendo nel cuore di questo ipocrita e con lo sguardo fisso su di lui, Cristo rivelò dinanzi a tutti la natura ed il valore dei loro privilegi attuali e dimostrò chiaramente che dovevano fare prima il loro dovere per godere la felicità futura. PV 150 3 "Un uomo fece un gran convito", esordì, "e invitò molti; e all'ora della cena, mandò il suo servitore a dire agl'invitati: Venite, perché tutto è già pronto". Senonché essi dimostrarono una strana indifferenza: "E tutti, ad una voce, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: Ho comprato un campo e ho necessità d'andarlo a vedere; ti prego, abbimi per iscusato. E un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, abbimi per iscusato. E un altro disse: Ho preso moglie, e perciò non posso venire". Luca 14:16-20. PV 150 4 Nessuna di queste scuse era veramente fondata. L'acquirente del campo, che aveva "necessità d'andarlo a vedere", aveva già concluso l'acquisto, ma non vedeva l'ora di andarlo a vedere perché quell'affare assorbiva tutto il suo interesse. Anche i buoi erano stati comprati definitivamente dal secondo invitato e il fatto di provarli era solo una sua questione di curiosità e d'interesse. La terza scusa non aveva la minima parvenza dì plausibilità. Non si capisce perché il matrimonio avrebbe dovuto impedire all'invitato di presenziare alla festa, dal momento che avrebbero accolto sicuramente sia il marito che la moglie. Ma egli aveva già fatto altri progetti per divertirsi a modo suo e di più che non al banchetto al quale aveva dato inizialmente il suo assenso. Aveva imparato a godere altre compagnie, diverse da quella del padrone di casa, perciò non si scusò nemmeno, non si preoccupò di una minima parvenza di cortesia. Le sue parole -- "Non posso venire" -- erano solo un goffo tentativo di nascondere la verità, cioè: "Non ho voglia di venire". PV 151 1 Tutti questi pretesti rivelavano che la mente degli ospiti era talmente assorbita da altri interessi che essi finirono per respingere l'invito accettato in un primo momento offendendo il generoso amico con la loro indifferenza. PV 151 2 Con la parabola del gran convito Cristo mette in rilievo i benefici offerti dall'Evangelo. Il cibo è lui stesso, pane disceso dal cielo e acqua della vita. I messaggeri del Signore avevano annunciato agli Ebrei l'avvento del Salvatore additando Cristo quale "Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". Giovanni 1:29. Nel banchetto che aveva apparecchiato, Dio offrì loro il supremo dono celeste -- un dono di valore inestimabile. Nel suo amore Dio provvide a tutte le spese della festa e ad una inesauribile quantità di alimenti. Cristo disse: "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Giovanni 6:51. PV 151 3 Ma per accogliere l'invito alla festa evangelica bisogna subordinare i propri interessi temporali all'accettazione di Cristo e della sua giustizia. Dio ha dato tutto all'uomo e gli chiede in cambio un servizio che sia al di sopra di ogni considerazione personale e materiale. Non può accettare un cuore diviso. Un cuore assorbito dagli affetti terreni non sa abbandonarsi a lui. PV 152 4 Questa lezione è eterna. Anche noi siamo invitati a seguire l'Agnello dovunque vada, a farci guidare da lui, a preferire la sua compagnia rispetto a quelle terrene. Cristo ci ricorda: "Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figliuolo o figliuola più di me, non è degno di me". Matteo 10:37. PV 152 1 Al tempo di Cristo molti, mettendosi a tavola e rompendo il pane, avevano l'abitudine di dire: "Beato chi mangerà il pane del regno di Dio", ma Egli fece notare quanto fosse difficile trovare ospiti per la mensa apparecchiata a costo di un prezzo infinito, e i suoi ascoltatori sapevano esattamente che proprio loro avevano rifiutato l'invito della misericordia. I beni terreni, le ricchezze ed i piaceri erano più importanti per loro e tutti, unanimemente, avevano cercato scuse. PV 152 2 Cosi è anche oggi. I pretesti addotti allora per rifiutare l'invito al banchetto riflettono tutte le varie scuse che la gente avanza oggigiorno per respingere l'invito evangelico. Qualcuno, ad esempio, sostiene di non poter mettere a repentaglio le proprie prospettive di carriera e benessere per obbedire all'Evangelo. I vantaggi temporali contano per lui più dei beni eterni ed egli fa proprio dei benefici ricevuti da Dio una barriera che lo separa dal suo Creatore e Redentore. Non volendo essere interrotto nella caccia ai beni di questo mondo, risponde al messaggero della misericordia divina: "Per ora, vattene; e quando ne troverò l'opportunità ti manderò a chiamare". Atti 24:25. Un altro sottolinea le difficoltà che nascerebbero per lui nella vita sociale seguendo l'appello divino. Non può permettersi di essere in contrasto con amici e parenti. In sostanza, anche lui riflette esattamente i particolari dei personaggi della parabola, ed il Padrone di casa comprende dalle sue futili scuse che anche lui nutre solo disprezzo per il suo invito. PV 152 3 Una vasta classe è rappresentata da colui che dice: "Ho preso moglie, e perciò non posso venire". Quanti permettono che il coniuge gli impedisca di rispondere positivamente all'appello di Dio! Il marito magari dice: "Non posso seguire le mie convinzioni religiose finché mia moglie è contraria. La sua influenza mi renderebbe oltremodo difficile obbedire". La moglie sente l'invito: "Venite, perché tutto è già pronto", e replica: "Ti prego, abbimi per scusata. Mio marito non può accettare, ci sono di mezzo i suoi affari. E siccome devo seguire mio marito, non posso venire neanch'io ..." I figli si sentono toccati e vorrebbero seguire il messaggio della lieta novella. Ma se i genitori, che essi amano, non danno ascolto all'appello, i figli pensano che anche da loro non ci si debba aspettare diversamente. Uno dopo l'altro anche loro replicano: "Abbimi per scusato". PV 153 1 Tutte queste persone respingono la chiamata del Salvatore per paura dei conflitti in famiglia. Si illudono di garantire la pace e la prosperità familiare rifiutando di obbedire a Dio: che tragico errore, che delusione! Chi semina egoismo raccoglierà egoismo. Chi respinge l'amore di Cristo respinge l'unica cosa che può purificare e rendere stabile l'amore umano. Così facendo l'uomo perderà non solo la vita eterna, ma anche l'autentica gioia della vita presente per la quale il cielo ha fatto il suo grande sacrificio. PV 153 2 Quando il padrone di casa della parabola apprese come avevano risposto al suo invito, "adiratosi, disse al suo servitore: Va' presto per le piazze e per le vie della città, e mena qua i poveri, gli storpi, i ciechi e gli Zoppi". Luca 14:21. PV 153 3 Accantonando coloro che avevano disdegnato la sua generosità, egli invita i diseredati, coloro che non possedevano case né terreni, i poveri e gli affamati che avrebbero saputo apprezzare la tavola imbandita. "I pubblicani e le meretrici vanno innanzi a voi nel regno di Dio", Cristo. Matteo 21:31. Per quanto vili siano certi individui, tanto da essere evitati dagli altri, Dio dedica loro le sue attenzioni e li ama lo stesso. Cristo ama veder venire a se proprio quanti sono preoccupati, stanchi e oppressi per dargli quella luce, gioia e pace che non potrebbero trovare altrove. I più grandi peccatori sono l'oggetto della sua più profonda pietà e del suo amore. Egli invia il suo Spirito Santo perché li convinca teneramente a ritornare a lui. PV 153 4 Dopo aver fatto entrare i poveri ed i ciechi, il servo riferì al padrone: "Signore, s'è fatto come hai comandato, e ancora c'è posto. E il signore disse al servitore: "Va' fuori per le strade e lungo le siepi, e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena". Luca 14:22, 23. Cristo si riferiva qui chiaramente alla proclamazione evangelica che doveva svolgersi al di là dei confini del giudaesimo, per le strade e lungo le siepi di questo mondo. PV 153 5 Obbedendo a quest'ordine Paolo e Barnaba dichiararono ai Giudei: "Era necessario che a voi per i primi si annunziasse la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili. Perché così ci ha ordinato il Signore, dicendo: Io ti ho posto per esser luce de' Gentili, affinché tu sia strumento di salvezza fino alle estremità della terra. E i Gentili, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la parola di Dio; e tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero". Atti 13:46-48. PV 154 1 I discepoli annunciarono al mondo la prima venuta di Gesù, la buona notizia della salvezza per fede nel Figlio di Dio, ma questo messaggio si riferiva anche alla sua seconda venuta gloriosa in cui Egli redimerà il suo popolo, e infondeva all'umanità la speranza di far parte un giorno, grazie alla fede e all'obbedienza, della grande famiglia dei redenti. Questo messaggio viene tutt'oggi annunciato all'umanità, sottolineando comunque l'imminenza del ritorno di Gesù. I segni precursori della sua venuta si sono già adempiuti e la Parola di Dio ci dice chiaramente che il Signore è alle porte. PV 154 2 Nell'Apocalisse Giovanni predice che l'Evangelo sarà proclamato poco prima del ritorno di Cristo: "Poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo, recante l'evangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, e ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo; e diceva con gran voce: Temete Iddio e dategli gloria, poiché l'ora del suo giudizio è venuta". Apocalisse 14:6, 7. PV 154 3 Nella profezia l'annuncio del giudizio ed i messaggi ad esso collegati sono seguiti dalla venuta del Figlio dell'uomo sulle nuvole del cielo. Proclamare il giudizio equivale a proclamare nel contempo l'imminente ritorno di Cristo. Questa proclamazione è definita "evangelo eterno" e da questo si può dedurre che il messaggio del prossimo ritorno di Gesù costituisce una componente essenziale del Vangelo. PV 154 4 La Bibbia afferma che negli ultimi giorni l'umanità sarà dominata dagli interessi temporali e dalla sete di piaceri e di denaro. Sarà cieca di fronte alle realtà eterne. Cristo disse: "E come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figliuol dell'uomo. Infatti, come ne' giorni innanzi ad diluvio si mangiava e si beveva, si prendea moglie e s'andava a marito, sino al giorno che Noè entrò nell'arca, e di nulla si avvide la gente, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figliuol dell'uomo". Matteo 24:37-39. PV 155 1 Non è esattamente la situazione odierna? Gli uomini sono presi dalla febbrile caccia al guadagno e ai divertimenti come se non esistesse né Dio, né vita eterna, ne aldilà. Ai tempi di Noè il messaggio del diluvio doveva scuotere l'umanità dalla propria malvagità e indurla al pentimento. Così anche il messaggio del prossimo ritorno di Cristo si prefigge di scuotere gli uomini dagli interessi terreni per suscitare in loro il senso delle realtà eterne e indurli ad accettare l'invito alla mensa del Signore. PV 155 2 L'invito dell'Evangelo deve essere rivolto al mondo intero, "ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo". Apocalisse 14:6. Quest'ultimo messaggio di avvertimento e di misericordia deve illuminare tutta la terra della sua gloria e raggiungere tutte le classi sociali, ricchi e poveri, umili ed altolocati. "Va' fuori per le strade e lungo le siepi, e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena". PV 155 3 Il mondo perisce perché gli manca l'Evangelo. L'umanità ha fame della Parola di Dio, ma ben pochi la predicano senza mescolarla alle tradizioni umane. Molti possiedono la Bibbia ma non ricevono le benedizioni previste per chi la studia. Ecco perché il Signore invita i suoi collaboratori ad annunciare la lieta novella a tutti. Bisogna proclamare la Parola della vita eterna a quanti muoiono nel peccato. PV 155 4 Impartendo l'ordine di andare per le strade e lungo le siepi, Cristo indica il campo di lavoro a tutti coloro che Egli chiama a operare nel suo nome: il mondo intero, tutta l'umanità. Il Signore desidera che ogni individuo sappia e conosca la Parola della grazia. PV 155 5 Quest'opera richiede un grande impegno personale. Era anche il metodo di Cristo che ha realizzato la sua opera per lo più tramite colloqui a tu per tu. Attribuiva molta importanza a questi incontri personali, perché grazie ad un solo individuo l'Evangelo si diffondeva spesso fra migliaia di persone. PV 155 6 Non aspettiamo che siano gli altri a venire da noi: dobbiamo andare noi da loro. Quando il predicatore ha finito di parlare dal pulpito, il suo lavoro è appena cominciato, e ci sono folle di persone che non saranno raggiunte mai dall'Evangelo se egli non glielo annuncia personalmente! PV 156 1 L'invito alla festa fu dapprima rivolto agli Ebrei, il popolo che doveva fungere da guida e maestro agli altri, che possedeva i rotoli sacri contenenti le profezie sull'avvento del Messia e che aveva ricevuto il compito di celebrare un culto simbolico che ne adombrasse la missione. Se i sacerdoti e tutto il popolo avessero risposto all'invito, si sarebbero uniti ai messaggeri di Cristo per estendere l'invito evangelico al mondo intero. La verità gli era stata data perché la trasmettessero agli altri, ma quando respinsero l'appello divino, essa fu predicata ai poveri, agli storpi, ai ciechi e agli zoppi. L'invito fu rivolto a pubblicani e peccatori, e anche stavolta il modo di lavorare è lo stesso: il messaggio deve essere annunciato dapprima "per le strade", cioè a coloro che occupano una posizione di primo piano nel mondo, ai capi e maestri dell' umanità. PV 156 2 I messi del Signore lo tengano presente: l'invito a recarsi "per le strade e lungo le siepi" è rivolto a tutti i pastori del gregge ed ai maestri che lavorano nell'opera di Dio. Bisogna cercare e trattare con tatto e fraterna simpatia tutti quelli che occupano una posizione di rilievo nella società: economisti e uomini d'affari, quanti ricoprono elevati incarichi di fiducia, scienziati, uomini di talento, predicatori dell'Evangelo che non hanno ancora afferrato le speciali verità presenti; ecco a chi rivolgere prima l'invito. PV 156 3 L'Evangelo vale anche per i ricchi. Bisogna far prendere coscienza anche a loro delle responsabilità che hanno in quanto depositari dei beni ricevuti dal cielo, bisogna ricordar loro che un giorno dovranno render conto a colui che giudicherà i vivi e i morti. Anche i ricchi hanno bisogno che ci impegniamo in loro favore nell'amore e nel timor di Dio. Troppe volte essi confidano nelle proprie ricchezze senza rendersi conto del pericolo che corrono. Bisogna attrarre il loro sguardo sui beni di valore permanente e far loro riconoscere l'autorità di colui che nella sua bontà li invita dicendo: "Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo. Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perch'io son mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero". Matteo 11:28-30. PV 157 1 Raramente si intavola un colloquio personale di argomento religioso con quanti occupano nel mondo posizioni eminenti per cultura, condizioni economiche o attività professionali. Molti predicatori dell'Evangelo esitano di fronte a questa classe di persone, ma non dovrebbe essere così. Se qualcuno sta per annegare sotto i nostri occhi, non staremo certo a guardare solo perché si tratta di un avvocato, di un commerciante o di un giudice! Se vediamo qualcuno in procinto di sprofondare in un precipizio, esiteremo a trattenerlo per chiederci quale sia la sua professione o posizione sociale? Similmente non dovremmo esitare nell'avvertire la gente dei pericoli che corre in campo spirituale. PV 157 2 Non dobbiamo inoltre trascurare qualcuno perché sembra totalmente assorbito dagli interessi temporali. Molti grandi uomini hanno un' anima malata e stanca delle vanità del mondo, bramano una pace interiore che non conoscono, hanno fame e sete di salvezza. Molti accetterebbero volentieri l'aiuto di un messaggero del Signore se avvicinati in modo personale, con cortesia e un cuore intenerito dall'amore di Cristo. PV 157 3 Il successo della predicazione evangelica non dipende da discorsi dotti, da testimonianze eloquenti o profonde argomentazioni, ma dalla semplicità del messaggio e dal suo adattamento a quanti hanno fame del pane della vita. "Che cosa devo fare per salvarmi!", ecco che cosa vogliono sapere. PV 157 4 Si possono raggiungere migliaia di persone con umiltà e nel modo più semplice. Ci sono uomini e donne, considerati particolarmente colti e dotati, che rimangono spesso commossi dalla semplice testimonianza di un credente che sa parlare del suo amore per Dio, con la stessa naturalezza che un altro rivela parlando dei suoi più vivi interessi mondani. PV 157 5 Spesso i discorsi ben preparati e studiati hanno poco effetto, mentre la testimonianza onesta e sincera di un credente, espressa con naturale semplicità, riesce a guadagnare i cuori rimasti finora chiusi a Gesù e al suo amore. PV 157 6 Il messaggero di Cristo ricordi di non contare sulle proprie forze, ma abbia fiducia che Dio ha la capacità di salvare. Lotti in preghiera e impieghi tutti gli strumenti che gli ha messo a disposizione. Lo Spirito Santo e gli angeli ministratori l'aiuteranno a raggiungere i cuori. PV 158 1 Che eccellente centro missionario sarebbe divenuta Gerusalemme se i capi politici e religiosi avessero accettato la verità annunciata da Cristo! L'apostata popolo d'Israele si sarebbe convertito e un enorme esercito si sarebbe schierato per il Signore proclamando rapidamente l'Evangelo fino ai confini del mondo! Cosi anche oggi, che grandiosa opera si potrebbe realizzare nel rialzare i caduti, raccogliere gli emarginati e diffondere in lungo e in largo il lieto messaggio della salvezza, se si guadagnassero a Cristo uomini influenti e capaci! L'invito raggiungerebbe ben presto tutti e gli ospiti potrebbero presentarsi alla mensa del Signore. PV 158 2 Tuttavia non bisogna pensare esclusivamente ai ceti più influenti e benestanti a scapito di quelli meno abbienti. Cristo ci invia anche "lungo le siepi", dai poveri e umili della terra. Nei cortili interni e nei vicoli delle grandi città, lungo le solitarie strade di campagna, vivono individui o intere famiglie -- forse stranieri in un paese straniero -- privi di qualunque legame con una chiesa o comunità, i quali, nella loro solitudine, hanno la sensazione di essere dimenticati da Dio e non sanno che cosa fare per salvarsi. Molti sono in crisi o sprofondati nel peccato, incalzati dal dolore, dal bisogno, dall'incredulità e dallo scoraggiamento, dalla malattia fisica e morale. Bramano conforto nei loro guai e Satana li spinge a cercarlo in vizi e piaceri che li condurranno solo alla rovina e alla morte. Offre loro i frutti di Sodoma che si trasformeranno in cenere sulle loro labbra. "Perché spendete denaro per ciò che non è pane? e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia?" Isaia 55:2. PV 158 3 In questa umanità sofferente dobbiamo riconoscere coloro che Cristo è venuto a salvare e ai quali rivolge l'invito: "O voi tutti che siete assetati, venite alle acque, e voi che non avete denaro venite, comprate, mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte!... Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò ch'è buono, e l'anima vostra godrà di cibi succulenti! Inclinate l'orecchio, e venite a me; ascoltate, e l'anima vostra vivrà!" Isaia 55:1-3. PV 159 1 Dio ci ha ordinato di avere un riguardo particolare per lo straniero, l'emarginato ed il debole sul piano morale. Molti che sembrano indifferenti agli interessi religiosi anelano in realtà pace e riposo, e sebbene siano caduti negli abissi del peccato, esiste una prospettiva di salvezza anche per loro. PV 159 2 I seguaci di Cristo devono seguire il suo esempio. Andando da un luogo all'altro Egli consolava i sofferenti e guariva gli infermi, poi gli presentava le solenni verità del suo regno. I suoi fedeli dovrebbero fare altrettanto. Alleviando i dolori del corpo troveremo il modo di sovvenire ai bisogni dell'anima e additare il Salvatore glorificato, l'unico grande medico capace di guarire. PV 159 3 Diciamo agli scoraggiati allontanatisi dalla retta via di non disperare: anche se hanno commesso gravi errori e non hanno sviluppato un carattere retto, Dio si compiace nel riabilitarli e dar loro la gioia della salvezza. Egli si compiace nel recuperare dei casi apparentemente disperati, individui divenuti strumenti di Satana, per farne oggetto della sua grazia. Vorrebbe liberarli dall'ira che colpirà i disobbedienti. Diciamo perciò a queste persone che c'è guarigione e purificazione per tutti, e un posto anche per loro alla mensa del Signore che le attende per dargli il benvenuto. PV 159 4 Coloro che vanno "per le strade e lungo le siepi" incontreranno anche tutto un altro tipo di persone che hanno bisogno del loro aiuto, gente che vive secondo le conoscenze ricevute e che serve Dio come meglio può, ma che è consapevole della grande opera che bisogna fare per lei e per quanti la circondano. Queste persone nutrono il vivo desiderio di una maggiore conoscenza di Dio, e ora hanno appena cominciato a scorgere i primi barlumi di una luce più grande, implorano ardentemente Dio di elargire loro la benedizione che intravedono da lontano per fede. Nella corruzione delle grandi città vivono molte di queste persone, spesso in condizioni cosi umili che la società le ignora. Una gran parte di loro è ignota agli stessi predicatori e alle chiese, eppure esse rimangono fedeli testimoni del Signore nonostante l'ambiente di miseria in cui vivono. Forse hanno avuto poca luce e poche possibilità per una maturazione cristiana, e pur essendo incalzate dalla nudità, dal freddo e dalla fame, si sforzano di aiutare gli altri. Quali dispensatori della molteplice grazia di Dio cerchiamo queste anime, visitiamo le loro famiglie e sovveniamo ai loro bisogni con la potenza dello Spirito Santo. Studiamo la Bibbia insieme a loro e preghiamo con quella semplicità che lo Spirito Santo ci sa ispirare! Cristo darà le parole giuste che saranno per queste persone il pane della vita. In tal modo la benedizione divina si diffonderà da cuore a cuore, da una famiglia all'altra. PV 160 1 L'ordine della parabola -- "Costringili ad entrare" -- è stato spesso frainteso nel senso che dovremmo costringere la gente ad accettare l'Evangelo, ma il testo vuole sottolineare solo l'insistenza dell'invito e l'efficacia delle motivazioni da presentare. Il Vangelo non impiega mai la forza per condurre anime a Gesù, anzi il suo messaggio è: "O voi tutti che siete assetati, venite alle acque". Isaia 55:1. "E lo Spirito e la sposa dicono: Vieni ... chi vuole, prenda in dono dell'acqua della vita". Apocalisse 22:17. È la forza dell'amore e della grazia di Dio che ci costringe ad andare. PV 160 2 Il Salvatore dice: "Ecco, io sto alla porta e picchio: se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco". Apocalisse 3:20. Lo scherno o le minacce non lo spaventano, e instancabilmente Egli cerca i perduti dicendo: "Come farei a lasciarti...?" Osea 11:8. Anche se il suo amore viene respinto ostinatamente, Egli invita con maggiore insistenza: "Ecco, io sto alla porta e picchio". La forza irresistibile del suo amore costringe l'uomo ad entrare nella sala del convito e a confessare a Cristo: "La tua benignità m'ha fatto grande". Salmi 18:35. PV 160 3 Cristo trasmetterà ai suoi collaboratori lo stesso amore ardente con cui lui stesso va alla ricerca dei perduti. Non basta dire semplicemente: "Vieni!" Alcuni sentono l'invito ma hanno orecchie troppo sorde per intenderne il senso e occhi troppo ciechi per scorgervi qualcosa di buono. Altri, pienamente coscienti della propria degradazione, esclamano: "Nessuno mi può aiutare. Lasciatemi in pace!" Ma non dobbiamo desistere: con tenera simpatia e autentico amor del prossimo misto a pietà prendiamoci cura piuttosto dei depressi e dei deboli. Trasmettiamo loro il nostro coraggio, la nostra fede e la speranza, costringiamoli gentilmente ad entrare: "E abbiate pietà degli uni che sono nel dubbio; salvateli, strappandoli dal fuoco". Giuda 22, 23. PV 161 1 Se come messi di Dio siamo in intima comunione di fede con lui, Egli conferirà potenza al nostro messaggio e ci metterà in grado di parlare cosi vividamente del suo amore e del pericolo che si corre rifiutando la sua grazia, che la gente si sentirà costretta ad accettare l'Evangelo. Cristo farà dei grandi miracoli se anche gli uomini faranno la parte che Dio ha loro assegnato. Il cuore umano può trasformarsi profondamente anche oggi come nelle generazioni passate. John Bunyan abbandonò una vita empia e dissipata e John Newton, da mercante di schiavi divenne predicatore del Cristo crocifisso. Anche oggi possono salvarsi altri uomini come Bunyan e Newton. Grazie alla collaborazione di strumenti umani e divini sarà possibile recuperare numerosi paria della società che si sforzeranno a loro volta di restaurare l'immagine divina in altri. Molti hanno avuto ben poche possibilità e si trovano su una via sbagliata perché non ne conoscevano una migliore, ma i raggi della luce celeste illumineranno anche loro. Valgono anche per loro le parole che Gesù rivolse a Zaccheo: "Oggi debbo albergare in casa tua". Luca 19:5. E coloro che sembravano peccatori incalliti dimostreranno di avere l'animo sensibile di un bambino perché Cristo li ha degnati della sua attenzione. Molti, abbandonando errori e peccati gravissimi, occuperanno il posto di altri che hanno avuto possibilità e privilegi ma non li hanno apprezzati. Saranno annoverati fra gli eletti di Dio, cari e preziosi, e quando Cristo stabilirà il suo regno staranno accanto al suo trono. PV 161 2 Ma "guardate di non rifiutare Colui che parla" (Ebrei 12:25), avverti Gesù, "perché io vi dico che nessuno di quegli uomini ch'erano stati invitati, assaggerà la mia cena". Dato che avevano respinto l'invito, non furono invitati una seconda volta. Rifiutando Cristo gli Ebrei indurirono il cuore e si abbandonarono da soli al potere di Satana, cosicché alla fine fu per loro impossibile accettare la sua grazia. Così avviene anche oggi. Se non apprezziamo l'amor di Dio ed esso non diventa un principio permanente che permei e soggioghi l'anima, siamo irrimediabilmente perduti. Il Signore non può dimostrarci un amore maggiore di quel che ci ha dimostrato, e se l'amore di Gesù non riesce a toccarci il cuore, nessun altro mezzo ci riuscirà. PV 162 1 Tutte le volte che rifiuti di ascoltare il messaggio della grazia la tua incredulità crescerà. Tutte le volte che rifiuti di aprire il cuore a Gesù sarai sempre meno disposto ad ascoltare la voce di colui che parla, e diverrà sempre meno probabile che tu risponda al suo ultimo appello di grazia. Che non si debba dire dite come una volta dell'antico Israele: "Efraim s'è congiunto con gl'idoli; lascialo!" Osea 4:17. Non permettere che Cristo debba piangere per te come un giorno per Gerusalemme: "Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figliuoli, come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta". Luca 13:34, 35. PV 162 2 Viviamo nell'epoca in cui è rivolto agli uomini l'ultimo messaggio di grazia, l'ultimo invito. L'ordine "Va' fuori per le strade e lungo le siepi" è quasi concluso e tutti riceveranno l'invito di Cristo. I messaggeri di Dio, assistiti dagli angeli, esclamano: "Venite, perché tutto è già pronto", e lo Spirito Santo fa di tutto per costringerti a venire. Cristo attende un segnale da parte tua, che tu voglia aprirgli la porta del cuore, e gli angeli sono in attesa di recare in cielo la lieta notizia che un altro peccatore ha trovato salvezza. Tutte le schiere celesti non vedono l'ora di intonare con le loro arpe ed il canto un inno di gioia per un altro ospite che ha accettato l'invito al banchetto evangelico. ------------------------Capitolo 19: La misura del perdono PV 163 1 Pietro si era rivolto a Cristo chiedendogli: "Signore, quante volte, peccando il mio fratello contro di me, gli perdonerò io? Fino a sette volte?" Matteo 18:21. I rabbini limitavano il perdono a tre offese e Pietro, credendo di applicare l'insegnamento di Gesù, l'estese a sette, il numero della perfezione. Ma Cristo fece notare che non dobbiamo stancarci mai di perdonare: "Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette". Matteo 18:22. PV 163 2 Poi Egli spiegò l'atteggiamento da assumere nel perdonare ed il pericolo di un animo implacabile. In una parabola raccontò di un re alle prese con i suoi ministri incaricati di amministrare gli affari del governo. Ad alcuni di questi funzionari aveva affidato un gran patrimonio preso dalle casse dello stato e un giorno, esaminando l'andamento della loro amministrazione, scoprì che uno di loro si era appropriato indebitamente dell'enorme somma di diecimila talenti, e siccome non era in grado di saldare il debito, il re ordinò, secondo il costume del tempo, di vendere lui e tutti i suoi beni, per riavere il suo denaro. Sconvolto l'uomo cadde in ginocchio dinanzi al re supplicandolo: "Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto. E il signore di quel servitore, mosso a compassione, lo lasciò andare, e gli rimise il debito. PV 163 3 "Ma quel servitore, uscito, trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari; e afferratolo, lo strangolava, dicendo: Paga quel che devi! Onde il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: Abbi pazienza con me, e ti pagherò. Ma colui non volle; anzi andò e lo cacciò in prigione, finché avesse pagato il debito. Or i suoi conservi, veduto il fatto, ne furono grandemente contristati e andarono a riferire al loro signore tutto l'accaduto. Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: Malvagio servitore, io t'ho rimesso tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, com'ebbi anch'io pietà dite? E il suo signore, adirato, lo diede in man degli aguzzini fino a tanto che avesse pagato tutto quel che gli doveva". Matteo 18:26-34. PV 164 1 Questa parabola presenta alcuni particolari necessari per completare il quadro ma che non rivestono alcun significato spirituale e non devono quindi distrarci dalle grandi verità sulle quali dobbiamo concentrarci. PV 164 2 Il condono concesso dal re rappresenta il perdono di tutti i nostri peccati da parte di Dio. Cristo è rappresentato dal re il quale, mosso a compassione, rimette il debito al servo. Dato che l'uomo si ritrovava sotto la condanna della legge che aveva violato e non poteva riscattarsi da solo, Cristo è venuto in questo mondo rivestendo la sua divinità della nostra umanità e sacrificando la propria vita per gli ingiusti. Egli si è immolato per i nostri peccati e offre gratuitamente ad ognuno di noi il perdono che ha comprato col suo sangue. "Presso l'Eterno è benignità, e presso di lui è abbondanza di redenzione". Salmi 130:7. PV 164 3 Ecco quale motivazione dovrebbe indurci alla pietà verso il prossimo che sbaglia: "Se Dio ci ha cosi amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri". 1 Giovanni 4:11. "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Matteo 10:8. PV 164 4 Allorché il debitore della parabola implorò: "Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto", la sentenza fu revocata ed il debito cancellato. Non passò molto che gli si presentò l'occasione di imitare l'esempio del padrone. Uscendo dal palazzo incontrò un suo servo che gli doveva una piccola somma. A lui erano stati appena rimessi diecimila talenti, mentre il suo debitore gli doveva solo cento denari. Ma quest'uomo che era stato trattato con tanta misericordia trattò il suo compagno ben diversamente. In termini simili il debitore gli chiese una dilazione di pagamento come lui aveva fatto col re, ma l'esito fu diverso: non ci fu pietà né misericordia e inutili si rivelarono anche le implorazioni ad aver pazienza. Questo servo ingrato pensava soltanto al suo denaro e al suo diritto e fece eseguire perciò contro il debitore la sentenza alla quale lui stesso era appena sfuggito per grazia! PV 164 5 Quanti assumono oggi il medesimo atteggiamento! Quando il debitore chiedeva grazia al suo padrone, non aveva coscienza dell'enormità del suo debito e della sua impotenza. Sperava di trarsi d'impaccio da solo quando implorava: "Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto", e allo stesso modo molti sperano di guadagnarsi la grazia di Dio con le proprie opere. Non si rendono conto della loro impotenza e non accettano perciò la misericordia divina in dono, bensì tentano di costruire da soli la propria giustizia. Al pensiero dei propri peccati il loro cuore non si è infranto né umiliato e perciò sono esigenti e spietati con gli altri. La colpa che hanno dinanzi a Dio, in confronto a quella che gli altri hanno di fronte a loro, è nella proporzione di diecimila talenti a cento denari, cioè di un milione a uno, eppure hanno l'ardire di negare il perdono! PV 165 1 Nella parabola il re fece chiamare il servo spietato e gli disse: "Malvagio servitore, io t'ho rimesso tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, com'ebbi anch'io pietà di te? E il suo signore, adirato, lo diede in man degli aguzzini fino a tanto che avesse pagato tutto quel che gli doveva. Cosi", soggiunse Gesù, "vi farà anche il Padre mio celeste, se ognun di voi non perdona di cuore al proprio fratello". Matteo 18:32-35. Chi non è disposto a perdonare non speri di ottenere perdono. PV 165 2 Non bisogna però fraintendere il senso di questa parabola. Il perdono di Dio non ci dispensa affatto dal dovere di obbedirgli, e, analogamente, la nostra disponibilità a perdonare il prossimo non significa che dobbiamo rinunciare a certe esigenze legittime. Nella preghiera che Gesù insegnò ai discepoli si dice: "E rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori" (Matteo 6:12), ma Egli non intendeva dire che dobbiamo rinunciare ai nostri diritti nei confronti dei debitori pur di farci perdonare i nostri peccati. Se non possono pagare, anche in seguito ad un'amministrazione imprudente, non dobbiamo cacciarli in prigione, opprimerli o trattarli duramente. D'altro canto la parabola non ci insegna che siamo tenuti a incoraggiare la pigrizia. La Parola di Dio dichiara che "se alcuno non vuol lavorare, neppur deve mangiare". 2 Tessalonicesi 3:10. Il Signore non pretende che chi lavora duramente deve sostenere gli oziosi. Molti finiscono nella povertà e nel bisogno perché perdono tempo e non si impegnano, e se non rimediano a questi difetti, qualunque cosa si faccia per aiutarli equivarrà a mettere un tesoro in un sacco bucato. Ma esiste un tipo di povertà inevitabile ed è nostro dovere manifestare carità e simpatia per simili sciagurati. Trattiamo sempre gli altri come vorremmo essere trattati noi in circostanze simili! PV 166 1 Per bocca dell'apostolo Paolo lo Spirito Santo ci raccomanda: "Se dunque v'è qualche consolazione in Cristo, se v'è qualche conforto d'amore, se v'è qualche comunione di spirito, se v'è qualche tenerezza d'affetto e qualche compassione, rendete perfetta la mia allegrezza, avendo un medesimo sentimento, un medesimo amore, essendo d'un animo, di un unico sentire; non facendo nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascun di voi, con umiltà, stimando altrui da più di sé stesso, avendo ciascun di voi riguardo non alle cose proprie, ma anche a quelle altrui. Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù". Filippesi 2:1-5. PV 166 2 Tuttavia non bisogna considerare il peccato con leggerezza. Il Signore non ci ha ordinato di subire i torti da parte del prossimo: "Se il tuo fratello pecca, riprendilo", dice Gesù. Luca 17:3. Bisogna chiamare il peccato per nome e farlo rilevare chiaramente a chi lo commette. PV 166 3 Mosso dallo Spirito Santo Paolo scriveva a Timoteo: "Insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo". 2 Timoteo 4:2. E a Tito scriveva: "Vi son molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti ... Riprendili perciò severamente, affinché siano sani nella fede". Tito 1:10, 13. PV 166 4 "Se poi il tuo fratello ha peccato contro dite", diceva Cristo, "va' e riprendilo fra te e lui solo. Se t'ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; ma se non t'ascolta, prendi teco ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. E se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siate come il pagano e il pubblicano". Matteo 18:15-17. PV 166 5 Il Salvatore ci insegna che le divergenze sorte tra i cristiani devono essere appianate all'interno della chiesa e non presentate di fronte ai non credenti. Se il cristiano ha ricevuto un torto da parte di un confratello, non deve portare il caso in tribunale ma attenersi alle istruzioni di Cristo. Invece di cercare di vendicarsi, faccia di tutto per salvare il fratello! Dio cura gli interessi di coloro che lo amano e lo temono e possiamo rimettere a lui con fiducia il nostro caso perché Egli giudica con giustizia. PV 167 1 Avviene troppo spesso che quando qualcuno ci fa ripetutamente dei torti e poi confessa l'errore, facilmente ci stanchiamo pensando di averlo ormai perdonato abbastanza. Ma il Redentore ci ha indicato chiaramente come agire in casi simili: "Se il tuo fratello pecca, riprendilo; e se si pente, perdonagli". Luca 17:3. Non respingerlo come ritenendolo indegno della tua fiducia, anzi "bada bene a te stesso, che talora anche tu non sii tentato". Galati 6:1. PV 167 2 Se i tuoi fratelli sbagliano devi perdonarli, e quando vengono a confessarti la propria colpa, non dire: "Non li ritengo abbastanza umili per perdonarli e non credo che il loro pentimento sia genuino". Chi ti ha dato il diritto di giudicarli come se potessi leggere nel loro cuore? La Parola di Dio dice: "E se si pente, perdonagli. E se ha peccato contro te sette volte al giorno, e sette volte torna a te e ti dice: Mi pento, perdonagli". Luca 17:3, 4. Perdonalo non sette volte, ma settanta volte sette, tante volte quante Dio perdona te! PV 167 3 Anche noi dobbiamo tutto all'abbondante grazia di Dio: col suo patto di grazia Egli ha fatto di noi i suoi figli e per grazia del Salvatore siamo stati redenti, rigenerati e resi coeredi di Cristo. Trasmettiamo perciò questa grazia agli altri! PV 167 4 Non scoraggiamo chi ha sbagliato, non feriamolo con una durezza farisaica, reprimiamo l'amarezza e lo scherno nel nostro animo e la minima sfumatura beffarda nella voce. Basta esprimere dei giudizi, assumere un atteggiamento di indifferenza o mostrare sospetto o sfiducia, per rovinare un' anima che avrebbe piuttosto bisogno di un fratello affettuoso come Cristo -- il nostro fratello maggiore -- per commuoversi e aprirsi. Fai sentire al fratello una simpatica stretta di mano e l'invito a pregare insieme, e Dio farà fare a entrambi esperienze preziose! La preghiera ci unisce l'un all'altro e con Dio, chiama Gesù al nostro fianco e comunica al debole e perplesso nuove forze per vincere il mondo, la carne e il diavolo. La preghiera respinge gli attacchi di Satana. PV 168 1 Quando ci distogliamo dalle imperfezioni umane per contemplare Gesù, nel nostro carattere si manifesterà una trasformazione divina. Lo Spirito di Cristo agisce sul cuore e lo modella alla sua immagine. Facciamo dunque tutto quello che dipende da noi per esaltare Gesù e volgiamo lo sguardo all' "Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!" Giovanni 1:29. E impegnandoci in quest'opera, ricordiamo che "chi converte un peccatore dall'error della sua via salverà l'anima di lui dalla morte e coprirà moltitudine di peccati". Giacomo 5:20. PV 168 2 "Ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà i vostri falli". Matteo 6:15. Niente e nessuno può giustificare un carattere inclemente. Chi è spietato con gli altri dimostra di essere estraneo alla grazia divina. Ricevendo il perdono di Dio l'uomo errante si sente attratto al centro dell'amore infinito e la corrente della pietà celeste gli inonderà l'anima per passare poi da lui agli altri. La tenerezza e la misericordia manifeste nella vita di Cristo si manifesteranno anche in tutti coloro che sono partecipi della sua grazia. "Ma se uno non ha lo Spirito di Cristo, egli non è di lui". Romani 8:9. È estraneo a Dio e rimarrà per sempre separato da lui. PV 168 3 Può darsi che un uomo simile sia già stato perdonato una volta, ma il suo atteggiamento implacabile dimostra che ora respinge l'amore e il perdono divino. Si è separato da Dio da solo e si trova esattamente com'era prima di essere perdonato. Ha rinnegato il suo pentimento e si ritrova addosso i suoi peccati come se non se ne fosse mai pentito. PV 168 4 La grande lezione di questa parabola è da ricercarsi nel contrasto esistente tra la pietà di Dio e la crudeltà dell'uomo, nel fatto che la clemenza e la misericordia divina dovrebbero darci la misura del nostro agire: "Non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, com'ebbi anch'io pietà dite?" Matteo 18:33. PV 168 5 Noi siamo perdonati non perché perdoniamo, bensì come perdoniamo. Il fondamento di ogni perdono si trova nell'immeritato amore di Dio, ma col nostro atteggiamento verso gli altri dimostriamo se abbiamo fatto nostro questo amore. Perciò Gesù ci ricorda: "Col giudizio col quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura onde misurate, sarà misurato a voi". Matteo 7:2. ------------------------Capitolo 20: Il guadagno che è una perdita PV 169 1 Cristo era intento ad ammaestrare, e come di consueto, vari altri ascoltatori gli si erano riuniti intorno oltre ai suoi discepoli. Aveva appena descritto il compito che attendeva i suoi seguaci in un prossimo futuro: proclamare ovunque le verità ricevute affrontando il conflitto con le autorità di questo mondo. Per la loro fede in Cristo sarebbero stati trascinati in tribunale, di fronte a re e magistrati, ma Egli aveva assicurato loro una saggezza che nessuno avrebbe potuto contraddire. Le sue stesse parole, che commuovevano le folle e confondevano i suoi astuti avversari, dimostravano la potenza di quello Spirito che aveva promesso ai suoi seguaci. PV 169 2 Ma molti desideravano la grazia celeste solo per raggiungere i propri scopi egoistici. Riconoscevano la meravigliosa capacità di Cristo di esporre chiaramente la verità e gli avevano sentito promettere ai suoi discepoli la sapienza necessaria per saper parlare dinanzi ai sovrani e ai magistrati. Non avrebbe potuto mettere questa potenza a disposizione dei loro interessi temporali? PV 169 3 "Or uno della folla gli disse: Maestro, dì a mio fratello che divida con me l'eredità". Luca 12:13. Tramite Mosè Dio aveva impartito delle norme sulle trasmissioni ereditarie dei beni secondo le quali il figlio maggiore riceveva una parte doppia dell'eredità paterna (Deuteronomio 21:17), mentre agli altri fratelli spettavano parti uguali. L'interlocutore di Gesù ritiene di essere stato defraudato dal fratello. Aveva tentato inutilmente di far valere le sue rivendicazioni, ma se fosse intervenuto Cristo, ci sarebbe riuscito sicuramente. Aveva ascoltato i vibranti appelli e la solenne denuncia di Gesù contro gli scribi ed i Farisei, e se Cristo avesse rivolto parole di tanta autorità anche a suo fratello, non avrebbe osato negargli ancora la sua parte. PV 169 4 Mentre Cristo è intento a dare solenni moniti e consigli, quest'uomo tradisce i suoi sentimenti egoistici. Apprezza la capacità di Gesù, che potrebbe tornargli utile per i suoi affari temporali, ma le verità spirituali che Egli annuncia non gli toccano ne il cuore né la mente. Gli premeva soltanto ottenere la sua parte di eredità! Gesù, il Re della gloria, che era ricco e si è fatto povero per noi, gli offriva i tesori dell'amore divino, e lo Spirito Santo lo invitava ad afferrare un'eredità "incorruttibile, immacolata ed immarcescibile". 1 Pietro 1:4. Quest'uomo aveva avuto chiare prove della potenza di Cristo e ora gli si offriva l'occasione di esprimere al grande Maestro il suo desiderio più intenso. Ma, come l'uomo col rastrello nell'allegoria di Bunyan, anche i suoi occhi erano incollati a terra e non vedevano la corona che aveva sulla testa. Come Simon mago, voleva approfittare dei doni divini solo per lucro. PV 170 1 La missione terrena del Salvatore volgeva rapidamente alla fine e gli rimanevano ormai pochi mesi per concludere l'opera che sì era prefissa -- stabilire il regno della sua grazia --, eppure l'avidità umana voleva distoglierlo dalla sua opera per coinvolgerlo in una bega relativa ad un appezzamento di terreno. Ma Gesù non si lasciò distrarre dal suo compito e gli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito su voi giudice o spartitore?" Luca 12:14. PV 170 2 Gesù avrebbe potuto benissimo dividere il torto e la ragione di fronte a quest'uomo perché conosceva esattamente il caso, ma i due fratelli si trovavano in lite perché erano entrambi avidi e Cristo in sostanza voleva dire: non è compito mio appianare controversie di questo tipo. Io sono venuto per un altro scopo: predicare l'Evangelo e suscitare negli uomini il senso delle realtà eterne. PV 170 3 Il modo di affrontare questo caso da parte di Cristo contiene una lezione per tutti coloro che sono al suo servizio. Inviando in missione i dodici discepoli aveva detto: "E andando, predicate e dite: Il regno de' cieli è vicino. Sanate gl'infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Matteo 10:7, 8. Il loro compito non era quello di regolare gli affari temporali della gente, bensì di convincere gli uomini a riconciliarsi con Dio. Dedicandosi a questa missione potevano essere una benedizione per l'umanità. Cristo è l'unico rimedio per i peccati e i dolori del mondo, e solo l'Evangelo della sua grazia può eliminare i mali che tormentano la società. Sia l'ingiustizia dei ricchi contro i poveri che l'odio dei poveri verso i ricchi affondano le radici nell'egoismo che si può estirpare soltanto sottomettendosi a Cristo. Solo lui può dare, in cambio di un cuore egoista e peccatore, un cuore nuovo e caritatevole. I servi di Cristo predichino dunque l'Evangelo con lo Spirito disceso dal cielo e lavorino come Gesù per il bene del prossimo; allora si vedranno dei risultati e l'umanità riceverà benefici ed una elevazione, tali che sarebbe impossibile conseguirli con le sole forze umane. PV 171 1 Gesù andò alla radice del problema che agitava il suo interlocutore e che costituisce la causa di contrasti simili: "Badate e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall'abbondanza de' beni che uno possiede ch'egli ha la sua vita. PV 171 2 "E disse loro questa parabola: La campagna d'un certo uomo ricco fruttò copiosamente; ed egli ragionava così fra sé medesimo: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Questo farò: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all'anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi, godi. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quel che hai preparato, di chi sarà? Così è di chi tesoreggia per sé, e non è ricco in vista di Dio". Luca 12:15-21. PV 171 3 Con la parabola del ricco insensato Cristo mise in evidenza la follia di coloro che ripongono tutti i loro affetti nelle cose terrene. Quest'uomo aveva ricevuto tutto da Dio: il sole splendeva sui suoi terreni, perché i suoi raggi illuminano sia i giusti che gli ingiusti, e la pioggia del cielo cade sui campi dei buoni come su quelli dei malvagi. Il Signore aveva fatto prosperare la vegetazione e fruttificare i campi abbondantemente. Il protagonista, ormai ricco, sì chiedeva perplesso che cosa fare di tutto quel raccolto: i suoi granai traboccavano e non aveva posto per le eccedenze. Non pensava minimamente a Dio che lo aveva colmato di tanta benedizione, non si rendeva conto che Dio aveva fatto di lui un amministratore dei suoi beni affinché aiutasse i bisognosi. Gli si offriva la splendida occasione di agire da dispensatore di Dio, ma egli pensava solamente al suo benessere personale. PV 172 1 Quest'uomo ricco conosceva la situazione dei poveri, degli orfani, delle vedove, dei sofferenti e degli afflitti e aveva varie possibilità di fare del bene. Avrebbe potuto facilmente cedere una parte dei suoi beni alleviando il bisogno di molte famiglie, saziando gli affamati, vestendo gli ignudi, rallegrando molti cuori. Così avrebbe esaudito molte preghiere e un concerto di lodi e di gratitudine sarebbe salito al cielo. Il Signore aveva sentito le implorazioni dei bisognosi, e nella sua bontà aveva preso dei provvedimenti per aiutarli. Salmi 68:10. I beni acquisiti dal ricco contadino dovevano servire ad aiutare molti che si trovavano nel bisogno, ma egli chiuse il cuore al grido dei miseri dicendo ai suoi servi: "Questo farò: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all' anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi, godi". PV 172 2 Le aspirazioni di quest'uomo non erano più elevate di quelle di un animale. Viveva come se non esistesse né Dio, né il cielo, né una vita futura, come se tutto ciò che possedeva appartenesse proprio a lui e non dovesse alcunché a Dio o agli uomini. Ecco come il salmista descrive questo tipo di persone: "Lo stolto ha detto nel suo cuore: Non c'è Dio". Salmi 14:1. PV 172 3 Quest'uomo vive e fa piani solo per se stesso. Ora che ha riccamente assicurato il suo avvenire, non gli rimane che conservare e godere i frutti del suo lavoro. Si ritiene un individuo particolarmente favorito dal destino e attribuisce questa fortuna alla sua abile amministrazione. I suoi concittadini lo tengono in grande considerazione in quanto uomo accorto e benestante. Infatti accade proprio che "la gente ti lodi per i godimenti che ti procuri". Salmi 49:18. PV 172 4 Ma "la sapienza di questo mondo è pazzia presso Dio". 1 Corinzi 3:19. Mentre il ricco si attende anni di piacere, il Signore fa piani ben diversi e rivolge questo messaggio all'economo infedele: "Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata". A nulla serve il denaro contro una simile sentenza, e non c'è somma che valga per ottenere una proroga! In un istante, ciò che aveva ammassato con fatica per tutta la vita diventa inutile: "E quel che hai preparato, di chi sarà?" I suoi immensi campi, i granai traboccanti passano ad altri. "Egli ammassa, senza sapere chi raccoglierà". Salmi 39:6. PV 173 1 Non si era assicurata l'unica cosa che avrebbe potuto essergli utile. La sua vita egoista aveva respinto l'amore di Dio che voleva manifestarsi tramite lui sotto forma di atti misericordiosi a favore del prossimo. Aveva respinto la vita, perché Dio è amore e l'amore è vita. Aveva preferito i beni terreni alle ricchezze spirituali e dovette perire con i suoi beni terreni. "L'uomo ch'è in onore e non ha intendimento è simile alle bestie che periscono". Salmi 49:20. PV 173 2 "Così è di chi tesoreggia per sé, e non è ricco in vista di Dio". Questa parabola è valida in tutti i tempi. Tu puoi fare piani unicamente per il tuo benessere personale, ammassare le più grandi ricchezze e costruire case imponenti come quelle dell'antica Babilonia, ma non riuscirai a costruire mura sufficientemente alte o porte tanto robuste da poter respingere i messaggeri della morte. "Il re Belsatsar fece un gran convito a mille de' suoi grandi... e lodarono gli dei d'oro, d argento, di rame, di ferro, di legno e di pietra". Ma la mano di un essere invisibile scrisse la sua condanna a morte sulla parete, e alle porte del suo palazzo non tardarono a sentire il clamore degli eserciti nemici: "In quella stessa notte, Belsatsar, re de' Caldei, fu ucciso" e un altro sovrano occupò il trono. Cfr. Daniele 5:1, 4, 30. PV 173 3 Vivere per se stessi significa perire. L'avidità e la sete di lucro separano l'uomo dalla sorgente della vita. E lo spirito di Satana che induce a possedere tutto, a legare tutto a sé. Lo spirito di Cristo è invece quello di dare e sacrificarsi per il bene degli altri. "E la testimonianza è questa: Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita". 1 Giovanni 5:11, 12. PV 173 4 Perciò Cristo ci ricorda: "Badate e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall'abbondanza de' beni che uno possiede, ch'egli ha la vita". ------------------------Capitolo 21: Come si decide il nostro destino PV 174 1 Nella parabola del ricco e del povero Lazzaro, Cristo mette in rilievo che gli uomini decidono già in questa vita della loro sorte eterna. Durante questo periodo di prova Dio offre la sua grazia a tutti, ma chi abusa delle possibilità che ha per scopi egoistici, si separa da solo dalla vita eterna. Non ci sarà un secondo periodo di grazia. Con la propria decisione l'individuo ha creato un abisso insuperabile tra se stesso e Dio. PV 174 2 Questa parabola illustra il contrasto esistente tra i ricchi che si sentono indipendenti da Dio e i poveri che fanno affidamento su di lui. Cristo fa capire che verrà il momento in cui la situazione di queste due classi di persone si capovolgerà: chi è povero dei beni di questo mondo ma ha fiducia in Dio e soffre con pazienza, sarà un giorno esaltato al di sopra di coloro che godono attualmente i massimi onori terreni ma non hanno consacrato la propria vita a Dio. PV 174 3 "Or v'era un uomo ricco", esordì Gesù, "il quale vestiva porpora e bisso, ed ogni giorno godeva splendidamente; e v'era un pover'uomo chiamato Lazzaro, che giaceva alla porta di lui, pieno d'ulceri, e bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco". Luca 16:19-21. PV 174 4 Questo ricco non faceva parte della classe di persone presentate nella parabola del giudice iniquo il quale dichiarava apertamente di non aver timore né di Dio né degli uomini. Anzi, egli pretendeva di essere figlio di Abramo. Non maltrattava il mendicante né lo cacciava via perché la sua vista gli ripugnava. Se al povero, vero paria dell'umanità, era di conforto osservarlo mentre entrava nelle sue ricche dimore, che restasse pure: gli era però del tutto indifferente conoscere i bisogni del fratello sofferente. PV 174 5 Allora non esistevano ospedali per curare gli ammalati, per cui gli infermi ed i bisognosi erano rimessi all'assistenza e alla simpatia di coloro ai quali il Signore aveva concesso delle ricchezze. Questa era esattamente la situazione del mendicante di fronte al ricco: Lazzaro aveva urgente bisogno di aiuto perché non aveva amici né casa, né denaro o cibo. Doveva trascinare la sua esistenza miserabile un giorno dopo l'altro, mentre il ricco si concedeva il superfluo. Per lui sarebbe stato facile alleviare le sofferenze dell'altro, ma egli viveva solo per se stesso, come tanti ai nostri giorni. PV 175 1 Anche vicino a noi vivono oggi degli affamati, ignudi e senzatetto, e se trascuriamo di aiutarli con i nostri mezzi, ci carichiamo di una colpa di cu un giorno dovremo render conto tremando. Dio condanna ogni forma di avarizia come se fosse idolatria, e giudica la compiacenza egoistica un'offesa contro di luì. PV 175 2 Dio aveva costituito il ricco come un amministratore dei suoi beni ed era suo dovere intervenire in casi come quelli del mendicante. Il comandamento diceva: "Tu amerai dunque l'Eterno, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze" (Deuteronomio 6:5), e ancora "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Levitico 19:18. Essendo giudeo il ricco conosceva benissimo la legge dì Dio, ma dimenticava che avrebbe dovuto render conto in che modo aveva usato le capacità ed i mezzi ricevuti. Godeva in sovrabbondanza le benedizioni divine, ma le impiegava egoisticamente, per il proprio tornaconto e non alla gloria del Creatore. I suoi doveri di far del bene all'umanità dovevano essere proporzionati alle sue ricchezze. Queste erano le norme divine, ma il ricco non si sognava nemmeno di avere simili doveri dinanzi a Dio. Prestava denaro esigendo interessi, ma non intendeva pagare interessi per i beni che Dio gli aveva affidati! Aveva conoscenze e talenti, ma non li faceva fruttare. Dimenticando di dover render conto a Dio, si dava anima e corpo al piacere. Tutto ciò di cui si era circondato, il corteggio di feste e di divertimenti, i complimenti e le adulazioni degli amici, servivano unicamente alle sue soddisfazioni egoistiche. Era talmente assorto in queste compagnie da perdere totalmente il senso della responsabilità che aveva di trasmettere agli altri la grazia di Dio. Aveva la possibilità di capire la Parola di Dio e applicarne gli insegnamenti, ma la società gaudente che aveva scelto assorbiva il suo tempo al punto da fargli dimenticare il Dio dell'eternità. PV 176 1 Ad un certo punto la situazione dei due protagonisti cambiò. Il povero Lazzaro, che aveva sofferto quotidianamente sopportando la sua sorte con pazienza, mori e fu sepolto. Non c'era nessuno in lutto per lui, ma proprio con la sua pazienza nel soffrire egli era stato un testimone di Cristo e aveva superato la prova della fede, perciò alla sua morte gli angeli -- secondo la rappresentazione della parabola -- lo trasportarono nel seno di Abramo. PV 176 2 Lazzaro rappresenta i poveri sofferenti che credono in Cristo. Quando al suono della tromba tutti i morti sentiranno la voce di Cristo e usciranno dalle tombe, riceveranno anch'essi il loro premio, perché la loro fede non è stata una semplice teoria ma realtà vissuta! PV 176 3 "Mori anche il ricco, e fu seppellito. E nell'Ades, essendo ne' tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abrahamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma". Luca 16:22-24. PV 176 4 In questa parabola Cristo affronta gli ascoltatori sul loro stesso terreno. Molti di loro credevano che tra la morte e la risurrezione intercorresse uno stato cosciente, e il Salvatore, conoscendo questa falsa concezione, l'applicò nella sua parabola per insegnare verità importanti. Fu come se collocasse dinanzi a loro uno specchio in cui si rifletteva il loro vero rapporto con Dio. Cristo parti dunque dall'idea corrente per mettere in rilievo una verità che voleva inculcare a tutti: il valore dell'individuo non dipende dalla quantità dei suoi beni, dal momento che tutto ciò che possiede è solo un prestito da parte di Dio. Chi abusa di questi doni scade ad un livello inferiore al più povero e afflitto che ama Dio e si affida a lui. PV 176 5 Cristo voleva far capire alla folla che dopo la morte non c'è più possibilità di salvezza. In bocca ad Abramo Egli mette queste parole: "Figliuolo, ricordati che tu ricevesti i tuoi beni in vita tua, e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. E oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una gran voragine, perché quelli che vorrebbero passar di qui a voi non possano, né di là si passi da noi". Luca 16:25, 26. Con questa immagine Cristo intendeva dimostrare quanto sia inutile sperare in un secondo periodo di grazia: solo in questa vita abbiamo la possibilità di prepararci per l'eternità. PV 177 1 Il ricco non aveva dimenticato di essere figlio di Abramo, e nel suo angoscioso bisogno invoca aiuto da lui: "Padre Abrahamo", esclama, "abbi pietà di me". Non chiedeva aiuto a Dio ma ad Abramo, dimostrando di collocare il patriarca al di sopra di Dio e di ritenere la sua parentela con lui una garanzia di salvezza. Il ladrone sulla croce rivolse invece la sua implorazione direttamente a Cristo: "Gesù, ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno!" Luca 23:42. Ricevette subito la risposta: In verità io ti dico oggi (mentre sono ancora appeso alla croce, in questo momento di umiliazione e di sofferenza), tu sarai con me in paradiso! Il ricco rivolse invece la sua invocazione ad Abramo e non fu esaudito. Cristo soltanto viene esaltato quale "Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e remission dei peccati". Atti 5:31. "E in nessun altro è la salvezza". Atti 4:12. PV 177 2 In tutta la sua vita il ricco aveva pensato solo a divertirsi e troppo tardi si avvide di essere impreparato per l'eternità. Prendendo coscienza della sua follia pensò ai suoi fratelli, anche loro assorti nella ricerca dei piaceri, e implorò: "Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi (Lazzaro) a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, onde non abbiano anch'essi a venire in questo luogo di tormento. Abrahamo disse: Hanno Mosè e i profeti; ascoltin quelli. Ed egli: No, padre Abrahamo; ma se uno va a loro dai morti, si ravvedranno. Ma Abrahamo rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscitasse". Luca 16:27-31. PV 177 3 Quando il ricco sollecitò ulteriori prove per i suoi fratelli, Abramo gli rispose chiaramente che non si sarebbero convinti nemmeno in questo caso. Questa richiesta conteneva un tacito rimprovero contro Dio, come se egli dicesse: se tu mi avessi avvertito meglio ora non mi troverei qui... Il senso della risposta di Abramo è questo: i tuoi fratelli sono stati avvertiti a sufficienza; gli è stata offerta la luce ma non hanno voluto vederla e della verità non hanno voluto saper niente. PV 178 1 "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscitasse". Queste parole si sono avverate nella storia del popolo ebraico. L'ultimo e più grande miracolo di Gesù fu la resurrezione di Lazzaro di Betania, morto già da quattro giorni. Gli Ebrei avevano sotto gli occhi questa chiara dimostrazione della divinità del Salvatore ma la respinsero. Lazzaro risorse dai morti e rendeva testimonianza dinanzi a loro, ma essi chiusero il cuore di fronte ad ogni evidenza e cercavano perfino di togliergli la vita. Giovanni 12:9-11. PV 178 2 La legge ed i profeti sono gli strumenti stabiliti da Dio per la salvezza dell'umanità e Cristo ci invita ad ascoltarli. Se non ascoltiamo la voce di Dio contenuta nella sua Parola, non presteremo ascolto nemmeno alla testimonianza di un morto risuscitato! PV 178 3 Se ascoltiamo Mosè e i profeti non avremo bisogno di chiedere altra conoscenza oltre quella che Dio ci ha dato, ma se rifiutiamo questa luce e non approfittiamo delle occasioni che abbiamo, rimarremo sordi anche se un morto verrà ad annunciarci un messaggio. Non ci convincerà neanche questa evidenza. Chi rifiuta la legge e i profeti finisce per chiudere il cuore al punto da rifiutare ogni luce. PV 178 4 Il colloquio che si sviluppa tra Abramo e l'ex ricco è simbolico e la conclusione da trarre è che tutti vengono sufficientemente informati sui loro doveri. La responsabilità dell'individuo è proporzionale alle possibilità ed ai privilegi che ha goduto. Dio concede a tutti luce e grazia sufficiente per svolgere l'opera che ci assegna, ma se noi veniamo meno nel dovere rivelatoci dalla poca luce che abbiamo ricevuto, una luce maggiore metterebbe a nudo solo la nostra infedeltà e trascuratezza nell'approfittare delle benedizioni ricevute. "Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è pure ingiusto nelle grandi". Luca 16:10. Chi rifiuta gli insegnamenti di Mosè e dei profeti e pretende qualche clamoroso miracolo, non si convincerebbe neppure se questo desiderio si realizzasse. PV 178 5 La parabola del ricco e del povero Lazzaro mette in evidenza in che modo vengono classificati questi due tipi di persone nel mondo invisibile. Essere ricchi non è peccato, se le ricchezze si sono acquisite senza disonestà e ingiustizia. Il ricco non viene condannato sol perché ha dei beni, ma perché li usa egoisticamente. Molto meglio sarebbe consacrar. li a Dio e usarli facendo del bene. La morte stessa non potrà fare impoverire chi si dedica alla ricerca dei tesori eterni, mentre 1 individuo che accumula tesori solo per se stesso, non potrà portarli con sé in cielo. È un amministratore infedele che si gode la vita senza pensare ai suoi doveri dinanzi a Dio. Non ha badato ad assicurarsi i tesori celesti. PV 179 1 Il ricco che aveva ricevuto tanti benefici non sfruttò quei doni in modo che gli fruttassero delle ricchezze anche nell'aldilà. Lo scopo della redenzione non è solo quello di cancellare il peccato, ma anche di restituire all'uomo quei doni spirituali che aveva perduti a causa dell'influsso avvilente del peccato. Non possiamo portare con noi il denaro nell'eternità, non ci servirebbe a niente, mentre le buone opere fatte per guadagnare anime a Cristo ci seguiranno fino in cielo. Ma chi utilizza egoisticamente i doni ricevuti da Dio, senza aiutare il prossimo nel bisogno né promuovere l'opera evangelica in questo mondo, disonora il proprio Creatore. Colpevole di furto contro Dio: ecco che cosa sarà scritto nei libri celesti accanto al suo nome. PV 179 2 Il ricco possedeva tutto ciò che può procurare il denaro, ma non aveva il capitale necessario per mantenere i suoi conti in regola con Dio. Viveva come se tutto quel che possedeva fosse veramente suo. Aveva ignorato gli appelli divini e il grido dei poveri e dei sofferenti, ma alla fine arriva un appello che non può ignorare. Un potere, al quale non può obiettare né resistere, gli ordina di abbandonare i beni di cui non è più amministratore. Quest'uomo, un tempo ricco, è ridotto alla miseria più nera, e l'abito della giustizia di Cristo, tessuto nei telai celesti, non può coprirlo. Colui che prima indossava ricca porpora e lino fine si è ridotto alla nudità. Il suo tempo di grazia è finito. Non ha portato niente in questo mondo e niente potrà portar via. PV 179 3 Sollevando il velo che nasconde l'aldilà Cristo illustrò questo quadro in presenza di sacerdoti e capi, scribi e Farisei. Contemplatelo, voi che siete ricchi di beni materiali, ma non di quelli spirituali! Fermatevi davanti a questa scena e riflettete: quello che è prezioso per gli uomini è odioso per Dio! Perciò Gesù chiede: "E che giova egli all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua? E infatti, che darebbe l'uomo in cambio dell'anima sua?" Marco 8:36, 37. Applicazione al popolo ebraico PV 180 1 Quando Cristo racconto la parabola del ricco e del povero Lazzaro, molti giudei si trovavano nella medesima infelice situazione del ricco, usavano i beni ricevuti da Dio per soddisfare la propria sete di piaceri e stavano per sentire la sentenza: "Tu sei stato pesato con la bilancia, e sei stato trovato mancante". Daniele 5:27. Il ricco era stato favorito da benefici materiali e spirituali di ogni tipo, ma non era disposto a metterli al servizio di Dio. Il popolo ebraico faceva altrettanto. Il Signore ne aveva fatto il depositano delle verità sacre, l'amministratore della sua grazia. Gli aveva elargito tutti i privilegi materiali e spirituali invitandolo a trasmetterli agli altri. Gli aveva dato norme tutte particolari sul modo di trattare i fratelli caduti in miseria, lo straniero, il povero. Non doveva mirare esclusivamente al proprio tornaconto, bensì ricordarsi anche dei bisognosi e condividere i propri beni con loro. Dio aveva promesso di benedire simili atti di carità e di misericordia, ma, come il ricco della parabola, gli Israeliti non muovevano un dito per alleviare i bisogni materiali o spirituali dell'umanità sofferente. Pieni di orgoglio, si ritenevano il popolo prediletto di Dio, ma non pensavano né a servirlo né ad adorarlo. Facevano totale affidamento sulla loro discendenza da Abramo: "Noi siamo progenie d'Abrahamo", dicevano fieri (Giovanni 8:33), e quando sopravvenne la crisi si vide infatti che, distogliendosi da Dio, avevano riposto ogni fiducia in Abramo, come se fosse stato Dio... PV 180 2 Cristo bramava illuminare l'animo ottenebrato dei Giudei, perciò disse: "Se foste figliuoli d'Abrahamo, fareste le opere d'Abrahamo; ma ora cercate d'uccider me, uomo che v'ho detta la verità che ho udita da Dio; così non fece Abrahamo". Giovanni 8:39, 40. PV 180 3 Gesù non attribuiva alcun valore alla discendenza e sottolineava che la parentela spirituale è superiore a quella naturale. Gli Ebrei pretendevano di essere i posteri di Abramo, ma, non seguendo il suo esempio, dimostravano in realtà di non essere suoi figli. Solo chi, come Abramo, obbedisce alla voce di Dio si può considerare suo vero discendente. Sebbene il mendicante appartenesse alla classe sociale più bassa, Gesù riconobbe in lui un uomo che Abramo avrebbe accolto fra i suoi amici più intimi. PV 181 1 Nonostante il suo benessere, il ricco era così ignorante da collocare Abramo al posto di Dio. Se avesse apprezzato i suoi grandi privilegi e permesso allo Spirito Santo di modellargli il cuore e la mente, si sarebbe trovato in una situazione ben diversa. Altrettanto si dica del popolo di cui faceva parte. Se Israele avesse eseguito l'appello divino avrebbe avuto ben altro futuro, avrebbe dimostrato una vera maturità spirituale. Godeva facoltà e privilegi che Dio voleva moltiplicare per benedire e illuminare il mondo intero, ma gli Israeliti si erano talmente allontanati dalle norme divine che tutta la loro vita ne era rimasta stravolta. Da amministratori di Dio, non impiegavano i loro doni secondo giustizia e verità. Non pensavano all'eternità, e la loro infedeltà finì per trascinare tutta la nazione nella rovina. PV 181 2 Cristo sapeva che alla distruzione di Gerusalemme i Giudei si sarebbero ricordati del suo avvertimento, e così avvenne. Quando la catastrofe si abbatté su Gerusalemme, quando la popolazione dovette subire la fame e sofferenze di ogni genere, si ricordarono delle parole di Gesù e capirono questa parabola. Avevano provocato da soli quella sciagura per non aver illuminato il mondo con la luce ricevuta da Dio. Negli ultimi giorni PV 181 3 La conclusione della parabola rappresenta simbolicamente le scene finali della storia umana. Il ricco affermava di essere figlio di Abramo, ma era separato da lui da un abisso invalicabile, cioè aveva un carattere sbagliato. Abramo serviva Dio e seguiva la sua parola con fede e obbedienza, mentre il ricco non pensava né a Dio né ai bisognosi e ai sofferenti. Il profondo abisso che lo separava da Abramo era quello della disobbedienza. Anche oggi molti vivono come questo ricco. Pur facendo parte della chiesa non sono realmente convertiti. Forse partecipano al culto e cantano il salmo: "Come la cerva agogna i rivi dell'acque, così l'anima mia agogna a te, o Dio". Salmi 42:1. In realtà sono però dei grandi ipocriti e agli occhi di Dio niente affatto migliori dei più vili peccatori. Chi si dà anima e corpo alla caccia dei piaceri mondani, chi ama l'ostentazione e l'esibizionismo non può servire Dio. Come il ricco della parabola egli non cerca minimamente di reprimere la sete di piaceri, anzi la coltiva! Preferisce vivere in un'atmosfera di peccato, e quando poi la morte lo ghermisce improvvisamente, scende nella tomba col carattere che ha sviluppato da vivo in compagnia degli agenti satanici. Nel sepolcro non potrà più fare decisioni, né per il bene né per il male, perché nel momento in cui l'uomo muore perisce anche il suo pensiero. Cfr. Salmi 146:4; Ecclesiaste 9:5, 6. PV 182 1 Quando la voce di Dio ridesterà i morti, un simile individuo risusciterà con gli stessi appetiti e passioni, gusti e avversioni che accarezzava mentre era in vita. Dio non farà alcun miracolo per trasformare un uomo che non ha voluto farsi trasformare quando ne aveva ogni possibilità e occasione. In vita non ha amato Dio né ha voluto servirlo. Il suo carattere non è in armonia con Dio e non si sentirebbe a suo agio neanche nella famiglia celeste. PV 182 2 Esiste oggi nel mondo una particolare classe di persone orgogliose: non si tratta di ghiottoni né di ubriaconi o di atei, bensì di gente che preferisce vivere per sé e non al servizio di Dio. Dato che Dio non rientra nei loro pensieri si possono quindi annoverare fra gli increduli. Anche se potessero entrare nella città divina, non avrebbero diritto dì mangiare dell'albero della vita, perché quando furono loro presentati i comandamenti di Dio con tutti i doveri che ne derivano, si rifiutarono di obbedire. Non hanno servito Dio in terra e non lo servirebbero nemmeno in cielo. Non potendo sopportare la sua presenza, preferirebbero trovarsi in qualunque altro luogo piuttosto che in cielo... PV 182 3 Apprendere da Cristo significa accettare la sua grazia, cioè il suo carattere. Ma quanti non apprezzano e non utilizzano le preziose occasioni e l'influsso dello Spirito Santo offerti quaggiù, non sono adatti a partecipare al culto celeste. Il loro carattere non somiglia a quello divino. Per la loro trascuratezza si è formata una voragine che nessun ponte è in grado di superare. Fra loro e i giusti esiste un abisso invalicabile. ------------------------Capitolo 22: Dire e fare PV 184 1 "Un uomo aveva due figliuoli; e venuto al primo, disse: Figliuolo, va, lavora oggi nella mia vigna. Ma egli, rispondendo, disse: Non voglio; pur nondimeno, poi appresso, ravvedutosi, vi andò. Poi, venuto al secondo, gli disse il simigliante. Ed egli, rispondendo, disse: Sì, lo farò, signore, e pur non vi andò. Qual de' due fece il voler del padre? Essi gli dissero: Il primo". Matteo 21:28-31 (Diodati). PV 184 2 Nel Sermone sulla Montagna Cristo dice: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno de' cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è ne' cieli". Matteo 7:21. Non quello che diciamo ma quello che facciamo dimostra la nostra sincerità. Cristo non chiede infatti: "Che dite di singolare?", bensì: "Che fate di singolare?" Matteo 5:47. E altrove Egli dice significativamente: "Se sapete queste cose, siete beati se le fate". Giovanni 13:17. Le parole non servono a nulla se non sono accompagnate dai fatti: ecco la lezione della parabola dei due figli. PV 184 3 Cristo la raccontò poco tempo prima della morte, durante la sua ultima visita a Gerusalemme. Aveva scacciato fuori dal tempio compratori e venditori e la sua voce aveva parlato al loro cuore con la potenza di Dio. Stupiti e terrorizzati avevano obbedito al suo ordine senza opporre obiezioni o resistenza. PV 184 4 Quando si furono ripresi dallo spavento, i sacerdoti e gli anziani, ritornando al tempio, trovarono Cristo intento a guarire gli infermi ed i moribondi e sentivano voci di gioia e canti di lode. Nel tempio stesso i fanciulli che Gesù aveva guarito agitavano rami di palme cantando: "Osanna al Figlio di Davide!" Anche i più piccoli univano la loro voce al coro di lode elevato al grande Medico. Eppure tutto questo non bastava a vincere il pregiudizio e la gelosia di sacerdoti e anziani... PV 184 5 Il giorno dopo, mentre Cristo stava ammaestrando nel tempio, i capi dei sacerdoti e degli anziani gli si avvicinarono chiedendogli: "Con quale autorità fai tu queste cose? E chi t'ha data codesta autorità?" Matteo 21:23. PV 185 1 Questi uomini avevano avuto prove evidenti della potenza di Cristo. Mentre purificava il tempio avevano visto l'autorità celeste sul suo volto e non avevano potuto resistere alla forza delle sue parole; le sue meravigliose guarigioni erano poi un'ulteriore risposta alla loro domanda. Gesù aveva dato prove inoppugnabili della sua autorità, ma in fondo, ai suoi avversari non interessavano le prove. Essi volevano indurre piuttosto Gesù a proclamarsi il Messia per torcere le sue parole e sollevare il popolo contro di lui. Volevano annientare il suo ascendente e metterlo infine a morte. PV 185 2 Gesù sapeva che se non riconoscevano Dio in lui, né la dimostrazione del suo carattere divino nelle sue opere, ancora meno avrebbero creduto alla sua affermazione di essere il Cristo. Rispondendo Gesù elude la questione che essi volevano suscitare, e ritorce l'argomento contro loro stessi. PV 185 3 "Anch'io vi domanderò una cosa; e se voi mi rispondete, anch'io vi dirò con quale autorità faccio queste cose. Il battesimo di Giovanni, d'onde veniva? dal cielo o dagli uomini?" Matteo 21:24, 25. PV 185 4 I sacerdoti e gli anziani rimasero perplessi: "Ed essi ragionavano fra loro, dicendo: Se diciamo: Dal cielo, egli ci dirà: Perché dunque non gli credeste? E se diciamo: Dagli uomini, temiamo la moltitudine, perché tutti tengon Giovanni per profeta. Risposero dunque a Gesù, dicendo: Non lo sappiamo. E anch'egli disse loro: E neppur io vi dirò con quale autorità io fo queste cose". Matteo 21:25-27. PV 185 5 "Non lo sappiamo". Questa risposta era una pura menzogna, ma avendo capito in che imbroglio si erano cacciati, i sacerdoti fecero ricorso ad una affermazione falsa per trarsi d'impaccio. Giovanni Battista aveva reso testimonianza di colui la cui autorità essi mettevano ora in dubbio. Egli l'aveva annunciato esclamando: "Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!" Giovanni 1:29. L'aveva battezzato, e dopo, mentre Gesù stava pregando, il cielo si aprì e lo Spirito di Dio discese su di lui in forma di colomba, mentre si udì una voce dal cielo che diceva: "Questo è il mio diletto Figliuolo nel quale mi son compiaciuto". Matteo 3:17. PV 186 1 I capi e i sacerdoti ricordavano che Giovanni aveva ripetutamente sottolineato le profezie relative al Messia e ricordavano anche la scena del battesimo di Gesù, ma non ebbero il coraggio di ammettere che il battesimo di Giovanni proveniva dal cielo. Se in Giovanni avessero riconosciuto un profeta, come credevano pienamente, non avrebbero potuto negare la sua testimonianza, cioè che Gesù di Nazareth era il Figlio di Dio. D'altra parte non potevano nemmeno affermare che il battesimo di Giovanni proveniva dagli uomini in quanto il popolo lo riteneva un profeta. Ecco perché risposero: "Non lo sappiamo". PV 186 2 A questo punto Cristo raccontò la parabola del padre e dei due figli. Quando il padre si rivolse al primo dicendogli: "Va, lavora oggi nella mia vigna", egli rispose seccamente: "Non voglio". Si rifiutò di obbedire e finì in una cattiva strada e in pessime compagnie. Ma in seguito si pentì e obbedì all'appello paterno. PV 186 3 Il padre impartì anche al secondo figlio l'ordine dì andare a lavorare nella vigna, e questi replicò: "Sì, lo farò, signore", ma in realtà non andò. PV 186 4 In questa parabola il padre rappresenta Dio, la vigna la chiesa, i due figli rappresentano due diverse categorie di persone. Quello dei due che si rifiuta di obbedire all'ordine replicando: "Non voglio", è un simbolo di quanti vivono apertamente nel peccato, senza simulare alcuna religiosità. Essi riconoscono apertamente di non volersi sottomettere al giogo delle restrizioni e dell'obbedienza che impone la legge, ma molti di loro in seguito si pentono e finiscono per seguire la vocazione divina. Quando Giovanni Battista rivolse a loro il messaggio evangelico: "Ravvedetevi, poiché il regno de' cieli è vicino" (Matteo 3:2), essi si pentirono confessando i propri peccati. PV 186 5 Il figlio che aveva risposto: "Si, lo farò, signore", e poi non era andato, rivelava il carattere dei Farisei. Come lui, i capi del popolo erano impenitenti e pieni di sé. Tutta la vita religiosa del popolo ebraico si era cristallizzata in una pura finzione. Allorché la voce di Dio aveva proclamato la sua legge sul Sinai, tutto il popolo aveva giurato obbedienza esclamando: "Sì, lo farò, signore", ma poi non mantenne la promessa, e quando venne Cristo in persona a rivelargli il senso profondo della legge, lo respinse. Cristo aveva dato ai dirigenti del popolo prove più che sufficienti della sua autorità e potenza divina, ma pur essendo convinti non vollero accettare quelle prove. Cristo aveva messo in evidenza che essi continuavano a non credere perché non erano disposti a obbedire: "Avete annullata la parola di Dio a cagion della vostra tradizione... Ma invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che son precetti d'uomini". Matteo 15:6, 9. PV 187 1 Alla conclusione della parabola Cristo chiese agli scribi e ai Farisei, ai sacerdoti e ai capi che si trovavano lì ad ascoltarlo: "Qual de' due fece il voler del padre?" Senza esitare i Farisei risposero. "Il primo". Non si resero conto di essersi condannati da soli. Tanto più li colpì la severa minaccia di Cristo: "Io vi dico in verità: I pubblicani e le meretrici vanno innanzi a voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto; e voi, che avete veduto questo, neppur poi vi siete pentiti per credere a lui". Matteo 21:31, 32. PV 187 2 Quando Giovanni Battista aveva cominciato a predicare la verità, numerosi peccatori, in seguito alla sua predicazione, si erano convinti e convertiti, e proprio loro avrebbero preceduto nel regno dei cieli quanti, pieni di sé, resistevano a quei solenni moniti. I pubblicani e le prostitute erano ignoranti, ma questi uomini colti conoscevano la via della verità e si rifiutavano di seguirla, cosicché la verità, che avrebbe dovuto condurli alla vita, si trasformò per loro in una sentenza di morte. I peccatori manifesti, che avevano ripugnanza di se stessi, avevano ricevuto il battesimo per mano dì Giovanni, mentre questi dotti personaggi erano talmente ipocriti e incalliti nel cuore da non riuscire più ad accogliere la verità. Resistevano all'influsso dello Spirito Santo e si rifiutavano di obbedire ai comandamenti di Dio. PV 187 3 Cristo non disse loro "voi non potete entrare nel regno dei cieli", ma dimostrò che proprio loro creavano gli ostacoli che ne impedivano l'accesso. La porta era ancora aperta per i capi del popolo ebraico e l'invito era rivolto anche a loro. Cristo non nutriva desiderio più intenso che vedere la loro convinzione e conversione. PV 188 1 I sacerdoti e gli anziani d'Israele trascorrevano la vita intenti a celebrare cerimonie che ritenevano troppo sacre per mescolarle con gli affari secolari. La gente pensava perciò che la loro vita fosse interamente consacrata alla religione, ma in realtà essi ostentavano i loro riti per farsi vedere dagli altri ed essere considerati pii e devoti. Facevano mostra di obbedire ma in effetti rifiutavano ogni obbedienza a Dio. Non vivevano la verità che insegnavano. PV 188 2 Cristo definì Giovanni Battista uno dei più grandi profeti e ricordò ai suoi ascoltatori che avevano avuto prove a sufficienza che egli fosse un messaggero di Dio. Questo predicatore del deserto aveva parlato con grande autorità, annunciando il suo messaggio con indomito coraggio, denunciando apertamente i peccati dei sacerdoti e capi ed esigendo che facessero opere degne del regno dei cieli. Giovanni aveva segnalato il loro peccato consistente nell'aver ignorato l'autorità del Padre celeste e nell'essersi rifiutati di realizzare l'opera loro assegnata. Non scese a compromessi col peccato e in conseguenza molti abbandonarono l'ingiustizia. PV 188 3 Se la professione di fede dei capi religiosi ebraici fosse stata genuina, essi avrebbero accolto la testimonianza di Giovanni e accettato Gesù come Messia. Ma nella loro vita non si scorgeva né pentimento né giustizia, e così, proprio coloro che essi disprezzavano, stavano entrando nel regno di Dio prima di loro! PV 188 4 Il figlio che nella parabola dice: "Sì, lo farò, signore", voleva apparire fedele e ubbidiente, ma il tempo dimostrò che era solo un'apparenza. Non amava veramente suo padre. Similmente i Farisei menavano gran vanto di una santità che, alla prova dei fatti, si rivelava inesistente! Quando conveniva loro pretendevano dagli altri un'osservanza molto puntigliosa della legge, ma quando si richiedeva obbedienza da loro, ricorrevano a mille cavilli per vanificare la forza dei comandamenti di Dio. Perciò Cristo mise in guardia da loro: "Non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno". Matteo 23:3. Non amavano veramente né Dio né il prossimo. Dio li chiamava a collaborare con lui per il bene del mondo, e loro accettavano il mandato a parole ma non facevano seguire i fatti. Confidavano in loro stessi ed erano gonfi della loro pietà; sfidavano i comandamenti di Dio rifiutandosi di eseguire il mandato divino. Ecco perché il Signore era in procinto di distogliersi da questo popolo disubbidiente. PV 189 1 La giustizia umana non ha niente a che fare con quella divina e chiunque vi fa affidamento dovrà sopportare un giorno le conseguenze del suo fatale errore. Anche oggi molti pretendono di osservare i Comandamenti di Dio, ma non hanno nel cuore l'amore divino che trabocca per gli altri. Cristo li chiama a collaborare con lui per la salvezza dell'umanità e loro si accontentano di rispondere "Sì, lo farò, signore", ma poi non vanno. Non collaborano con quanti sono già al servizio di Dio, sono dei fannulloni. Come il figlio infedele, fanno a Dio solo vuote promesse. Entrando solennemente a far parte della chiesa, si sono impegnati ad obbedire alla Parola di Dio e a consacrare la propria vita al suo servizio, ma in realtà non pensano minimamente a farlo! Si professano figli di Dio ma con il loro modo di vivere e con il comportamento rinnegano questa relazione di parentela col Padre celeste. Dato che non sottomettono la volontà a Dio, tutta la loro vita è una bugia. PV 189 2 Sembrano mantenere la promessa di obbedienza al Signore finché questo non costa nulla, ma non appena ci vogliono sacrifici e rinunce, quando devono addossarsi la croce, si tirano subito indietro! Così il senso del dovere svanisce e si abituano sempre più a trasgredire consapevolmente i comandamenti divini. Odono forse con le orecchie la Parola di Dio, ma non riescono più a intenderla spiritualmente. Hanno un cuore indurito e una coscienza spenta. PV 189 3 Non illuderti: anche se non sei apertamente ostile a Cristo, non significa affatto che sei al suo servizio! In questo modo inganni solo te stesso. Possiamo lavorare contro Dio negandogli il tempo, i mezzi finanziari o gli altri doni che Egli ci ha dati perché li impiegassimo per lui. PV 189 4 Satana approfitta dell'apatia e della pigrizia sonnolenta dei sedicenti cristiani per serrare le file e guadagnare altri seguaci. Molti che s'illudono di essere dalla parte di Cristo pur non facendo niente per lui, danno in realtà una mano al nemico permettendogli di guadagnare terreno e di trarre vantaggio dalla situazione. Non collaborando diligentemente col Maestro, trascurando i propri doveri e le occasioni di parlare di lui, permettono a Satana di sopraffare uomini che altrimenti si potrebbero guadagnare per Cristo. PV 190 1 È impossibile salvarsi rimanendo indolenti e inattivi. Una persona veramente convertita non può vivere una vita inutile e sterile. Non si va in paradiso in carrozza e li non c'è posto per i fannulloni. Se non ci sforziamo vivamente di entrare, se non ci impegniamo a seguire le leggi del cielo, non saremo preparati ad entrarvi. Chi non vuole collaborare con Dio in terra, non vorrà collaborare con lui nemmeno in cielo, perciò sarebbe un'imprudenza accoglierlo lassù. PV 190 2 C'è più speranza per i pubblicani ed i peccatori che per quanti conoscono la Parola di Dio ma non le obbediscono! Chi si rende conto di non poter nascondere il proprio peccato di fronte a Dio e di essere corrotto corpo, anima e spirito, teme di trovarsi eternamente bandito dal regno dei cieli. Prendendo coscienza della propria infermità cerca soccorso dal grande Medico che ha detto: "Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori". Giovanni 6:37. Sono queste le persone di cui il Signore può servirsi come operai per la sua vigna. PV 190 3 Cristo non condanna il figlio che in un primo momento rifiuta di obbedire all'ordine paterno, ma nemmeno lo loda particolarmente. Chi rifiuta di obbedire a Dio non merita alcuna lode. Questo tipo di franchezza non deve essere considerata una virtù! Quando si accompagna alla verità e ad un carattere santo, la franchezza fa di un uomo un intrepido testimone di Cristo, ma nella bocca del peccatore essa si trasforma in insulto e sfida e rasenta la bestemmia. Il fatto che un individuo non sia ipocrita non significa che non sia peccatore. Quando gli appelli dello Spirito Santo ci toccano il cuore, rispondiamo senza indugio. Quando ci giunge l'invito: "Va, lavora oggi nella mia vigna", non respingiamolo. "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori". Ebrei 4:7. È pericoloso non obbedire subito: questo invito potrebbe non ripetersi più! PV 190 4 Nessuno si illuda che sia facile abbandonare peccati lungamente accarezzati. Non è cosi! Ogni peccato che si coltiva indebolisce il carattere fortifica la cattiva abitudine e finisce per provocare un decadimento fisico, mentale e morale. Anche se successivamente tu ti penti dell'errore commesso e ritorni sulla retta via, il modo di pensare e di vivere seguito finora e la tua familiarità con l'errore ti renderanno difficile la distinzione tra il bene ed il male. Approfittando delle tue abitudini sbagliate Satana tornerà ad assalirti ripetutamente. PV 191 1 La nostra sincerità si rivela nel momento in cui riceviamo l'ordine: "Va, lavora oggi nella mia vigna". Risponderemo solo a parole o anche con i fatti? Impegneremo ogni nostra capacità per lavorare con fedeltà e disinteresse per il Proprietario della vigna? PV 191 2 L'apostolo Pietro ci insegna come fare: "Grazia e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesù nostro Signore. Poiché la sua potenza divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà mediante la conoscenza di Colui che ci ha chiamati mercé la propria gloria e virtù, per le quali Egli ci ha elargito le sue preziose e grandissime promesse onde per loro mezzo voi foste fatti partecipi della natura divina dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via della concupiscenza, voi, per questa stessa ragione, mettendo in ciò dal canto vostro ogni premura, aggiungete alla fede vostra la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza la continenza; alla continenza la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l'amor fraterno; e all'amor fraterno la carità". 2 Pietro 1:2-7. PV 191 3 Se coltiviamo fedelmente la vigna della nostra anima Dio farà di noi i suoi collaboratori e avremo da assolvere un compito non solo per noi ma anche per gli altri. Assimilando la chiesa ad una vigna, Cristo non intende dire che dobbiamo limitare entro questo ambito il nostro campo di attività. Questa vigna deve piuttosto ampliarsi fino a raggiungere gli estremi confini della terra. E noi possiamo contribuire in questo senso insegnando agli altri a prendersi cura delle preziose viti man mano che riceviamo la conoscenza e la grazia di Dio. Dio si attende da noi una dimostrazione di fede, di carità e di pazienza e vuole vedere se approfittiamo di ogni privilegio spirituale per diventare valenti operai nella sua vigna ed entrare un giorno nel suo paradiso, il giardino d'Eden dal quale Adamo ed Eva furono espulsi per la loro trasgressione. PV 192 1 Dio è come un padre per il suo popolo e ha diritto quindi di aspettarsi un servizio fedele. Pensiamo alla vita di Cristo: pur essendo il principe dell'umanità ha servito il Padre, lasciandoci l'esempio di ciò che ogni figlio dovrebbe e potrebbe essere. Anche da noi oggi Dio esige che ubbidiamo come Cristo. Egli servì il Padre con amore, volontariamente e spontaneamente: "Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro al mio cuore". Salmi 40:8. Per lui nessun sacrificio era troppo grave, nessuna fatica troppo pesante pur di assolvere il suo mandato. A dodici anni ha detto: "Non sapevate voi ch'egli mi conviene attendere alle cose del Padre mio?" Luca 2:49 (Diodati). Aveva sentito la sua vocazione e si era messo all'opera: "Il mio cibo è di far la volontà di Colui che mi ha mandato, e di compire l'opera sua". Giovanni 4:34. PV 192 2 Così dobbiamo servire Dio anche noi. Il vero servizio è perfetta obbedienza, e chi vuole essere figlio di Dio deve collaborare con lui, con Cristo e con gli angeli celesti. Ecco il banco di prova che attende tutti. Il Signore dice di coloro che lo servono fedelmente: "Essi saranno, nel giorno ch'io preparo, saranno la mia proprietà particolare, dice l'Eterno degli eserciti; e io li risparmierò, come uno risparmia il figlio che lo serve". Malachia 3:17. PV 192 3 Il disegno di Dio è di provare gli uomini e di dare loro l'occasione di sviluppare un buon carattere. Egli li prova per vedere se obbediscono ai suoi comandamenti o no. Con le buone opere non acquistiamo l'amore di Dio, ma dimostriamo di possedere questo amore. Se gli consacriamo la nostra volontà, non faremo delle opere buone per guadagnarci il suo amore, piuttosto Egli ci donerà gratuitamente il suo amore che ci spingerà ad obbedire con gioia ai suoi comandamenti. PV 192 4 Ci sono oggi solo due classi di persone, e ce ne saranno solo due nel giorno del giudizio: una viola la legge di Dio, l'altra le obbedisce. Cristo ci fornisce il banco di prova per esaminare se siamo fedeli o no: "Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti... Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io l'amerò e mi manifesterò a lui... Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato". Giovanni 14:15-24. "Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; com'io ho osservato i comandamenti del Padre mio, e dimoro nel suo amore". Giovanni 15:10. ------------------------Capitolo 23: Un messaggio alla chiesa d'oggi Il popolo ebraico PV 194 1 Nella parabola dei due figli Cristo aveva fatto rilevare ai rabbini ebraici l'importanza dell'obbedienza. Nella successiva parabola della vigna Egli sottolineò le ricche benedizioni che Israele aveva ricevuto ed il diritto di Dio di attendersi obbedienza. Gli prospettò il glorioso piano divino che avrebbero potuto realizzare se fossero stati fedeli. Sollevando il velo che nasconde il futuro preannunciò però anche che tutto il popolo avrebbe perduto questi benefici e sarebbe andato incontro alla rovina se fosse venuto meno al suo dovere. PV 194 2 "V'era un padron di casa", raccontò Cristo, "il quale piantò una vigna e le fece attorno una siepe, e vi scavò un luogo da spremer l'uva, e vi edificò una torre; poi l'allogò a de' lavoratori, e se n'andò in viaggio". Matteo 21:33. PV 194 3 Anche il profeta Isaia utilizza in questi termini l'immagine della vigna: "Io vo' cantare per il mio benamato il cantico dell'amico mio circa la sua vigna. Il mio benamato aveva una vigna sopra una fertile collina. La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti di scelta, vi fabbricò in mezzo una torre, e vi scavò uno strettoio. Ei s'aspettava ch'essa gli facesse dell'uva". Isaia 5:1, 2. PV 194 4 Il vignaiuolo sceglie un appezzamento di terra in un zona deserta, lo recinta, lo ripulisce, lo ara e vi pianta delle viti selezionate. Dato che il terreno ora è molto migliore di quello incolto, si attende che le sue cure e fatiche siano ricompensate da un abbondante raccolto. Così anche Dio aveva scelto un popolo che Cristo doveva educare ed istruire. Il profeta dice: "Or la vigna dell'Eterno degli eserciti è la casa d'Israele, e gli uomini di Giuda son la piantagione ch'era la sua delizia". Isaia 5:7. Dio aveva concesso grandi privilegi a questo popolo e l'aveva benedetto riccamente, perciò si aspettava dei frutti: esso doveva rivelare i princìpi del suo regno e rappresentare il carattere di Dio in mezzo ad un mondo decaduto e perverso. PV 195 1 Essendo la vigna del Signore, doveva portare frutti ben diversi dalle vigne dei pagani. Questi idolatri si erano votati anima e corpo al peccato: violenza e criminalità, avidità, oppressione e vizi erano all'ordine del giorno, e il frutto di tanta corruzione non poteva che essere ingiustizia, degradazione e miseria. I frutti della vigna del Signore dovevano essere esattamente il contrario di tutto questo. PV 195 2 Israele aveva il privilegio di rappresentare il carattere divino come era stato rivelato a Mosè. Quando questi aveva implorato: "Fammi vedere la tua gloria!", l'Eterno gli aveva risposto: "Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà". Esodo 33:18, 19. "E l'Eterno passò davanti a lui, e gridò: 'L'Eterno! L'Eterno! L'Iddio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato". Esodo 34:6, 7. Ecco i frutti che Dio desiderava dal suo popolo! Con la purezza del carattere, la santità di vita, la misericordia, la carità e la simpatia per gli altri dovevano dimostrare che "la legge dell'Eterno è perfetta, ella ristora l'anima". Salmi 19:7. PV 195 3 Tramite gli Ebrei Dio voleva benedire riccamente tutto il popolo e far giungere la sua luce in tutta la terra. Immersi nella corruzione, i pagani avevano perduto la conoscenza di Dio, tuttavia nella sua misericordia Egli non li aveva annientati, anzi voleva dar loro l'occasione di conoscerlo tramite la sua chiesa. Grazie all'esempio del suo popolo Egli contava di restaurare la propria immagine morale nell'uomo. PV 195 4 Fu per realizzare questo piano che Dio invitò Abramo ad abbandonare i parenti idolatrici e a stabilirsi nel paese di Canaan. "Io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione". Genesi 12:2. PV 195 5 Dio condusse in Egitto i discendenti di Abramo -- Giacobbe e i suoi figli -- affinché manifestassero di fronte a quel popolo grande ma corrotto i principi del regno di Dio. Con la sua integrità ed il suo meraviglioso contributo alla salvezza di tutti gli Egiziani, Giuseppe ci ha lasciato un'immagine della vita di Cristo. Similmente anche Mosè e tanti altri furono fedeli testimoni di Dio. PV 196 1 Traendo Israele fuori dall'Egitto il Signore manifestò ancora una volta la sua potenza e misericordia. I miracoli che operò per liberarlo dalla schiavitù e il modo di trattarlo durante le sue peregrinazioni nel deserto, non dovevano servire solo a suo beneficio esclusivo, ma dovevano trasmettere una lezione anche ai paesi circostanti. Il Signore si rivelò un Dio superiore ad ogni autorità e grandezza umana. I segni e i miracoli compiuti a favore del suo popolo dimostrarono il suo potere sulla natura e sui massimi esponenti di coloro che adoravano la natura. Dio punì l'orgoglioso Egitto come punirà tutta la terra degli ultimi giorni. Il grande "Io sono" liberò il suo popolo col fuoco e la tempesta, col terremoto e la morte, lo trasse fuori dal paese della schiavitù "attraverso questo grande e temibile deserto, pieno di serpenti ardenti e di scorpioni, terra arida, senza acqua". Egli "ha fatto sgorgare... dell'acqua dalla durissima rupe" e "dette loro frumento del cielo". Deuteronomio 8:15; Salmi 78:24. "Poiché", diceva Mosè, "la parte dell'Eterno è il suo popolo, Giacobbe è la porzione della sua eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d'urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodi come la pupilla dell'occhio suo. Pari all'aquila che desta la sua nidiata, si libra a volo sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. L'Eterno solo l'ha condotto, e nessun dio straniero era con lui". Deuteronomio 32:9-12. Così l'Onnipotente l'ha attratto a sé, per farlo dimorare all'ombra delle sue ali. PV 196 2 Fu Cristo a condurre gli Israeliti durante il pellegrinaggio nel deserto: avvolto di giorno nella colonna di nuvole e di notte nella colonna di fuoco, li guidava, li proteggeva dai pericoli del deserto e li introdusse nella terra promessa. Di fronte a tutti i popoli che non credevano in lui ne fece un tesoro prezioso, la vigna dell'Eterno. PV 196 3 A questo popolo Dio affidò i suoi oracoli. Esso fu come circondato dal recinto della legge divina con i suoi eterni principi di verità, giustizia e purezza. L'obbedienza a questi principi sarebbe stata la sua protezione impedendogli di abbandonarsi ad abitudini e peccati che avrebbero segnato la sua sicura fine. E come la torre si ergeva in mezzo alla vigna, così Dio fece costruire il suo sacro tempio al centro del paese. PV 197 1 Come Cristo era stato col popolo d'Israele nel deserto, rimaneva ancora il suo maestro e la sua guida spirituale. Nel tabernacolo come nel tempio, la sua gloria si manifestava nella santa shekinah al di sopra del propiziatorio. Egli non cessava di dispensare agli Israeliti la ricchezza della sua pazienza e del suo amore. PV 197 2 Dio desiderava essere lodato e glorificato dal suo popolo. Gli aveva elargito ogni vantaggio spirituale senza negargli nulla di ciò che potesse aiutarlo a sviluppare un carattere degno di rappresentare il Signore. PV 197 3 Se avesse obbedito alla sua legge, Dio gli avrebbe concesso un tale benessere da stupire tutti gli altri popoli. Il Signore, che poteva benissimo elargirgli saggezza e talento in ogni arte, voleva rimanere il suo maestro e affinare il suo carattere tramite i comandamenti. Se avesse ubbidito Egli l'avrebbe preservato dalle malattie che tormentavano gli altri popoli e gli avrebbe donato grandi capacità intellettuali. La sua prosperità doveva manifestare la gloria, la maestà e la potenza di Dio. Doveva costituire un regno di sacerdoti e di principi. Dio l'aveva dotato di ogni strumento per farne il più grande popolo della terra. PV 197 4 Per bocca di Mosè Cristo gli aveva illustrato più che chiaramente il piano divino e le condizioni del suo benessere: "Poiché tu sei un popolo consacrato all'Eterno, ch'è l'Iddio tuo; l'Eterno, l'Iddio tuo, ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra... Riconosci dunque che l'Eterno, l'Iddio tuo, è Dio: l'Iddio fedele, che mantiene il suo patto e la sua benignità fino alla millesima generazione a quelli che l'amano e osservano i suoi comandamenti... Osserva dunque i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che oggi ti do, mettendoli in pratica. E avverrà che, per aver voi dato ascolto a queste prescrizioni e per averle osservate e messe in pratica, il vostro Dio, l'Eterno, vi manterrà il patto e la benignità che promise con giuramento ai vostri padri. Egli t'amerà, ti benedirà, ti moltiplicherà, benedirà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo: il tuo frumento, il tuo mosto e il tuo olio, il figliare delle tue vacche e delle tue pecore, nel paese che giurò ai tuoi padri di darti. Tu sarai benedetto più di tutti i popoli... L'Eterno allontanerà da te ogni malattia, e non manderà su te alcun di quei morbi funesti d'Egitto che ben conoscesti". Deuteronomio 7:6, 9, 11-15. PV 198 1 Dio gli promise il miglior frumento ed il miglior miele, una lunga vita e la rivelazione della via della salvezza. PV 198 2 Per la loro disubbidienza Adamo ed Eva avevano perduto il giardino d'Eden e tutta la terra era maledetta a causa del peccato, ma se gli Israeliti avessero seguito le istruzioni divine, la loro terra avrebbe ritrovato la precedente fertilità e bellezza. Dio stesso li istruì sulla coltivazione del terreno e loro dovevano collaborare con lui in quest'opera di bonifica e di risanamento. Cosi tutto il paese, sotto la guida divina, avrebbe fornito una lezione pratica di verità spirituali: come la terra produce i suoi tesori in obbedienza alle leggi naturali, così gli uomini riflettono gli attributi del carattere di Dio in obbedienza alla sua legge morale. I pagani stessi dovevano riconoscere la superiorità di coloro che servono e adorano il Dio vivente. PV 198 3 "Ecco", esclamò Mosè, "io vi ho insegnato leggi e prescrizioni, come l'Eterno, l'Iddio mio, mi ha ordinato, affinché le mettiate in pratica nel paese nel quale state per entrare per prenderne possesso. Li osserverete dunque e li metterete in pratica; poiché quella sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: 'Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente!'. Qual è difatti la gran nazione alla quale la divinità sia così vicina come l'Eterno, l'Iddio nostro, è vicino a noi ogni volta che l'invochiamo? E qual è la gran nazione che abbia delle leggi e delle prescrizioni giuste com'è tutta questa legge ch'io vi espongo quest'oggi?" Deuteronomio 4:5-8. PV 198 4 I figli d'Israele dovevano occupare tutto il territorio che Dio aveva loro assegnato scacciando tutti quei popoli che rifiutavano di adorarlo e servirlo. Ma Dio desiderava che gli uomini imparassero ad amarlo grazie alla manifestazione vivente del suo carattere rivelato dal suo popolo. L'invito evangelico doveva essere annunciato al mondo intero. Il culto dei sacrifici si proponeva di esaltare Cristo di fronte a tutti i popoli e chiunque avesse guardato a lui sarebbe stato salvato. Chi abbandonava l'idolatria per adorare il vero Dio -- come Rahab la Cananea e Ruth la moabita -- doveva unirsi al popolo eletto. Così Israele piano piano doveva crescere e allargare i suoi confini fino ad abbracciare tutta la terra. PV 199 1 Dio desiderava stabilire il suo regno di misericordia su tutti i popoli e riempire la terra di pace e di gioia. Egli ha creato l'uomo per la felicità e il suo più ardente desiderio è di inondare i cuori della pace celeste. Egli vuole che ogni famiglia terrena sia l'immagine della grande famiglia celeste. PV 199 2 Ma Israele non realizzò il piano divino e il Signore dovette dichiarare: "Eppure, io t'avevo piantato come una nobile vigna tutta del miglior ceppo; come dunque mi ti sei mutata in rampolli degenerati di una vigna straniera? ". Geremia 2:21. "Israele è stato una vigna deserta..." Osea 10:1 (Diodati). "Or dunque, o abitanti di Gerusalemme e voi uomini di Giuda, giudicate voi fra me e la mia vigna! Che più si sarebbe potuto fare alla mia vigna di quello che io ho fatto per essa? Perché, mentr'io m'aspettavo che facesse dell'uva, ha essa fatto delle lambrusche? Ebbene, ora io vi farò conoscere quel che sto per fare alla mia vigna: ne torrò via la siepe e vi pascoleranno le bestie; ne abbatterò il muro di cinta e sarà calpestata. Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le spine; e darò ordine alle nuvole che su lei non lascino cader pioggia... ei s'era aspettato rettitudine, ed ecco spargimento di sangue; giustizia, ed ecco grida d'angoscia!" Isaia 5:3-7. PV 199 3 Tramite Mosè il Signore aveva messo in guardia il suo popolo dalle conseguenze dell'infedeltà: violando il patto che aveva stabilito col Signore avrebbe interrotto da solo ogni collegamento col Creatore -- fonte della vita --, e avrebbe perduto le sue benedizioni. "Guardati bene", aveva avvertito Mosè, "dal dimenticare il tuo Dio, l'Eterno, al punto da non osservare i suoi comandamenti, le sue prescrizioni e le sue leggi che oggi ti do; onde non avvenga, dopo che avrai mangiato a sazietà ed avrai edificato e abitato delle belle case, dopo che avrai veduto il tuo grosso e il tuo minuto bestiame moltiplicare, accrescersi il tuo argento e il tuo oro, ed abbondare ogni cosa tua, che il tuo cuore s'innalzi e tu dimentichi il tuo Dio... Guardati dunque dal dire in cuor tuo: 'La mia forza e la potenza della mia mano m'hanno acquistato queste ricchezze'... Ma se avvenga che tu dimentichi il tuo Dio, l'Eterno, e vada dietro ad altri dèi e li serva e ti prostri davanti a loro, io vi dichiaro quest'oggi solennemente che certo perirete. Perirete come le nazioni che l'Eterno fa perire davanti a voi, perché non avrete dato ascolto alla voce dell'Eterno, dell'Iddio vostro". Deuteronomio 8:11-14, 17, 19, 20. PV 200 1 Questo avvertimento fu inutile e gli Israeliti dimenticarono l'Eterno e il grande privilegio di rappresentarlo di fronte all'umanità. Le benedizioni ricevute non arrecarono alcun beneficio al mondo, ma servirono solo ad esaltare se stessi. Negarono il servizio richiesto da Dio e la guida religiosa e l'esempio dovuti al prossimo. Come gli antidiluviani, non nutrivano che pensieri e disegni malvagi ed empi. Avevano ridotto le cose sacre ad una farsa esclamando "Questo è il tempio dell'Eterno, il tempio dell'Eterno, il tempio dell'Eterno!" (Geremia 7:4), mentre nel contempo davano una falsa idea del carattere di Dio, disonoravano il suo nome e profanavano il suo santuario. PV 200 2 I vignaiuoli ai quali il Signore aveva affidato la responsabilità della sua vigna non si dimostrarono degni della fiducia riposta in loro. Avrebbero dovuto essere i sacerdoti e maestri del popolo, ma si rivelarono infedeli in quanto non annunciarono agli altri la bontà e la misericordia di Dio e il suo diritto al loro amore e al loro servizio. Questi vignaiuoli cercavano solo la propria gloria, volevano godere per sé soltanto i frutti della vigna e richiamare su di sé l'omaggio e l'attenzione. PV 200 3 Il peccato dei capi d'Israele era diverso da quello del peccatore comune perché avevano degli obblighi particolari di fronte a Dio. Essi si erano impegnati ad insegnare secondo un "così dice il Signore" e ad obbedire rigorosamente nella vita pratica, e invece travisavano le Scritture e addossavano gravi pesi sugli altri imponendo delle cerimonie per ogni aspetto della vita. Non potendo osservare tutte le norme stabilite dai rabbini la gente viveva in continua inquietudine, e vedendo che era impossibile osservare i comandamenti stabiliti dagli uomini, finiva per non prendere sul serio anche i comandamenti di Dio. PV 200 4 Il Signore aveva insegnato ad Israele che il proprietario della vigna era lui e che tutti i beni di cui il popolo disponeva gli erano stati affidati perché li usasse alla sua gloria. Ma i sacerdoti e rabbini non disimpegnavano il loro dovere sacro con la consapevolezza di amministrare i beni divini. Utilizzavano sistematicamente per il proprio tornaconto le capacità ed i mezzi che il Signore aveva affidato loro per l'avanzamento della sua opera. A causa della loro avidità ed ambizione gli stessi pagani li disprezzavano e finirono per crearsi una falsa idea del carattere di Dio e delle leggi del suo regno. PV 201 1 Con cuore paterno Dio sopportò il suo popolo, cercando di riportarlo sulla retta via ora con benedizioni ora con minacce e punizioni. Gli faceva notare i suoi peccati attendendo con pazienza che li riconoscesse. Inviava profeti e messaggeri per ricordare i suoi diritti ai vignaiuoli, ma invece di accoglierli affettuosamente, li trattavano da nemici, li perseguitavano e li uccidevano. Dio inviò altri messi, ma anche loro subirono il medesimo trattamento dei primi, con la differenza che i vignaiuoli manifestavano un odio ancora più violento. PV 201 2 Alla fine Dio fece un ultimo tentativo, inviò il proprio Figlio pensando: "Avranno rispetto al mio figliuolo". Matteo 21:37. Ma la resistenza aveva imbaldanzito e reso senza scrupoli i vignaiuoli, che si dissero l'un l'altro: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciam nostra la sua eredità". Matteo 21:38. La vigna rimarrà a noi e faremo col raccolto quello che ci piace! PV 201 3 I dirigenti ebraici non amavano Dio, perciò si allontanarono da lui rifiutando ogni tentativo di conciliazione. Cristo, l'amato figlio di Dio, venne per far valere i diritti del proprietario sulla vigna, ma i vignaiuoli esclamarono con aperto disprezzo: "Non vogliamo che costui regni su di noi". Luca 19:14. Erano invidiosi del carattere immacolato di Cristo e, vedendo che il suo modo di ammaestrare il popolo era ben superiore al loro, temevano il suo successo. Inoltre Egli li censurava, metteva a nudo la loro ipocrisia e faceva capire chiaramente dove sarebbero andati a finire persistendo nel loro atteggiamento. Proprio questo li mandava su tutte le furie. Fremevano di fronte a quei rimproveri che non potevano controbattere e odiavano l'alto ideale di giustizia che Cristo gli presentava continuamente. Rendendosi conto che il suo insegnamento metteva a nudo il loro egoismo decisero di ucciderlo. Non potevano sopportare il suo esempio di autentica pietà e di nobile spiritualità evidenti in tutto ciò che faceva. La sua vita intera costituiva un rimprovero per il loro egoismo, e quando infine giunse la prova decisiva, nella quale si trattava di obbedire e conseguire la vita eterna o disobbedire e ricevere la morte eterna, finirono per respingere il Santo d'Israele. Di fronte alla scelta tra Cristo e Barabba gridarono: "Liberaci Barabba!" Luca 23:18. E quando Pilato chiese: "Che farò dunque di Gesù detto Cristo?" essi gridarono selvaggiamente: "Sia crocifisso". Matteo 27:22. "Pilato disse loro: Crocifiggerò io il vostro Re? I capi sacerdoti risposero: Noi non abbiamo altro re che Cesare". Giovanni 19:15. Quando Pilato, lavandosi le mani, disse: "Io sono innocente del sangue di questo giusto", i sacerdoti si unirono alla plebe ignorante urlando: "Il suo sangue sia sopra noi e sopra i nostri figliuoli". Matteo 27:24, 25. PV 202 1 Ecco la scelta dei capi ebraici! Questa scelta fu registrata nel libro che Giovanni vide in mano a colui che sedeva sul trono e che nessuno poteva aprire, e si ripresenterà dinanzi a loro nel giorno che quel libro sarà aperto dal Leone della tribù di Giuda. PV 202 2 I Giudei si lusingavano all'idea di essere i beniamini del cielo e pensavano di dover occupare sempre un'alta posizione come chiesa di Dio. Erano fieri di essere discendenti di Abramo e ritenevano la loro prosperità cosi sicura che nulla al mondo potesse cambiare alcunché. Ma la loro infedeltà era in procinto di scatenare la condanna del cielo e di separarli da Dio. PV 202 3 Dopo aver illustrato, in questa parabola della vigna, con quale atto i sacerdoti avrebbero colmato la misura della loro malvagità, Cristo chiese direttamente: "Quando dunque sarà venuto il padron della vigna, che farà egli a que' lavoratori?" I sacerdoti avevano seguito il racconto con vivo interesse, ma senza rendersi conto che si riferiva proprio a loro, perciò risposero ad una voce con il popolo: "Li farà perir malamente, codesti scellerati, e allogherà la vigna ad altri lavoratori, i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo". Matteo 21:40, 41. PV 202 4 Senza avvedersene avevano pronunciato la propria condanna. Gesù li fissò con un sguardo penetrante ed essi intuirono che Egli poteva leggere nel loro cuore. Emanava uno splendore divino e una potenza inequivocabile. Riconoscendo nei vignaiuoli il ritratto di se stessi esclamarono: "Così non sia!" Luca 20:16. PV 203 1 Con triste solennità Cristo chiese: "Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella ch'è divenuta pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri? Perciò io vi dico che il Regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne faccia i frutti. E chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà colui sul quale cadrà". Matteo 21:42-44. PV 203 2 Cristo avrebbe risparmiato questa sentenza ai Giudei se lo avessero accettato, ma l'invidia e la gelosia li avevano resi implacabili. Rimasero fermamente decisi a non riconoscere il Messia in Gesù di Nazareth e respinsero così la luce del mondo: da quel momento in poi la loro vita fu avvolta dalle più fitte tenebre ed il giudizio predetto alla fine si abbatté sul popolo ebraico. Il loro odio feroce fu la loro rovina e nel loro cieco furore finirono per dilaniarsi reciprocamente. La loro arroganza ribelle e ostinata scatenò l'ira dei conquistatori romani, Gerusalemme fu distrutta, il tempio raso al suolo e quel luogo fu arato come un campo. I Giudei furono massacrati nelle forme più terribili e a milioni furono venduti schiavi in terra pagana. PV 203 3 Come popolo nella sua totalità gli Ebrei non realizzarono il piano divino, perciò la vigna gli fu tolta. I privilegi di cui avevano abusato e l'opera che non avevano preso sul serio furono affidati ad altri. La chiesa di oggi PV 203 4 La parabola dei vignaiuoli non si applica solamente al popolo ebraico ma contiene una lezione anche per noi. Dio ha elargito alla sua chiesa odierna grandi benedizioni e privilegi e si attende risultati corrispondenti. PV 203 5 Siamo stati riscattati ad un alto prezzo, e solo se teniamo presente la grandezza di questo riscatto possiamo farci un'idea dei suoi risultati. Su questa terra, bagnata dalle lagrime e dal sangue del Figlio di Dio, devono crescere i preziosi frutti del paradiso e la vita dei figli di Dio deve esprimere, in modo sublime e glorioso, le verità della sua Parola. Grazie al suo popolo Cristo vuole manifestare il proprio carattere ed i principi del suo regno. PV 204 1 Per intralciare l'opera di Dio Satana cerca continuamente di indurre gli uomini ad accettare i suoi principi. Egli rappresenta il popolo eletto come una folla di persone smarrite e sedotte, e, da accusatore dei fratelli, si scaglia proprio contro coloro che si sono consacrati alla causa della giustizia. Dio desidera invece smentire le accuse di Satana mettendo in evidenza, tramite il suo popolo, i risultati dell'obbedienza ai sani principi. PV 204 2 Questi principi devono manifestarsi nella vita di ogni cristiano, nella famiglia, nella chiesa e in ogni istituzione consacrata al servizio di Dio: siano tutti un simbolo di ciò che si può fare nel mondo, una dimostrazione della potenza salvifica delle verità evangeliche, uno strumento per la realizzazione del grande piano che Dio ha concepito a favore della stirpe umana. PV 204 3 I capi ebraici erano fieri del loro splendido tempio e degli imponenti riti del culto, ma la giustizia, la misericordia e l'amor di Dio erano inesistenti. La gloria del tempio e lo splendore delle cerimonie non costituivano un titolo di raccomandazione sufficiente dinanzi a Dio; essi non offrivano quello che il Signore apprezza, cioè uno spirito umile e contrito. Quando si dimenticano i principi essenziali del regno di Dio, aumentano le cerimonie stravaganti. Quando si trascura la formazione del carattere e mancano i valori interiori, quando si perde di vista la semplicità e la pietà, l'orgoglio e l'ostentazione esigono chiese grandiose, splendidi ornamenti e liturgie imponenti. Ma tutto questo non onora Dio, Egli non accetta una religione alla moda fatta di cerimonie, apparenza e ostentazione. Questo tipo di culto religioso non trova eco nei messaggeri celesti. PV 204 4 La vera chiesa invece è preziosa agli occhi di Dio, non perché abbia dei pregi evidenti, quanto per la sincera pietà che la distingue dal mondo. Egli l'apprezza sempre più nella misura in cui i membri crescono nella conoscenza di Cristo e progrediscono nella propria esperienza spirituale. PV 204 5 Cristo attende vivamente di cogliere i frutti della sua vigna, santità ed altruismo, cerca in noi l'amore e la bontà. Nessuna opera d'arte può reggere al confronto con la bellezza di carattere che deve rivelarsi nel seguaci di Cristo. Il credente vive in un'atmosfera di grazia, lo Spirito Santo agisce sui suoi pensieri e sentimenti facendo di lui un portatore di vita che Dio può benedire. PV 205 1 Una chiesa può essere la più povera della terra e non avere nulla che attiri gli sguardi, ma se i membri sono rivestiti del carattere di Cristo saranno inondati dalla sua gioia. Gli angeli parteciperanno al loro culto e tutti eleveranno un canto di lode e gratitudine a Dio come una dolce oblazione. PV 205 2 Il Signore desidera che raccontiamo agli altri della sua bontà e potenza. Le nostre espressioni di lode e di riconoscenza lo onorano: "Chi mi offre il sacrificio della lode mi glorifica". Salmi 50:23. Durante il pellegrinaggio nel deserto Israele lodava Dio con inni sacri, e ci fu chi musicò le promesse e i comandamenti divini che venivano poi cantati durante tutto il viaggio. E anche successivamente, quando gli Israeliti celebravano in Canaan le loro festività religiose, rievocavano i grandi miracoli del Signore con accenti di lode e di gratitudine. Dio desiderava che lo lodassero in tutta la loro vita affinché la sua via fosse conosciuta sulla terra, e la sua salvezza fra tutte le genti. Cfr. Salmi 67:2. PV 205 3 Così dovrebbe essere anche oggi che i popoli del mondo adorano tanti falsi déi. È nostro compito distoglierli dalla loro via sbagliata, non imprecando contro i loro idoli, ma offrendo qualcosa di migliore, facendogli conoscere la bontà di Dio: "Voi me ne siete testimoni, dice l'Eterno: Io sono Iddio". Isaia 43:12. PV 205 4 Il Signore vorrebbe che apprezzassimo il grande piano di redenzione ed il privilegio di essere suoi figli, e che gli fossimo grati e obbedienti. Egli desidera che iniziamo una vita nuova e che lo serviamo quotidianamente con gioia; si attende vivamente che il nostro cuore trabocchi di gratitudine per il fatto che il nostro nome è scritto nel libro della vita dell'Agnello e perché possiamo affidare tutte le nostre ansie a lui che si prende cura di noi. Egli ci invita a rallegrarci perché siamo la sua eredità, perché la giustizia di Cristo rivestirà di bianco i santi e ci arride la beata speranza che il Salvatore ritornerà presto. PV 206 1 Lodare Dio con tutto il cuore e sinceramente è importante come pregare. Bisogna dimostrare al mondo e a tutti gli esseri celesti quanto apprezziamo il meraviglioso amore di Dio per l'umanità caduta e che ci aspettiamo da lui benedizioni sempre maggiori. Dobbiamo far conoscere più che mai la nostra preziosa esperienza cristiana. Dopo una speciale effusione dello Spirito Santo, la nostra gioia nel Signore si moltiplicherebbe e avremmo più successo al suo servizio se proclamassimo agli altri la sua bontà e le meraviglie che Egli opera a favore dei suoi figli. PV 206 2 Questi esercizi spirituali bloccano la potenza di Satana, bandiscono lo spirito di malcontento e di mormorio e fanno perdere terreno al tentatore. Essi contribuiscono inoltre alla formazione del carattere necessario per vivere nelle dimore celesti. PV 206 3 Una testimonianza simile non rimarrà senza effetto sugli altri, anzi non esiste un metodo più efficace per guadagnare anime a Cristo! PV 206 4 Lodiamo Dio con un servizio pratico, facendo tutto quel che dipende da noi per contribuire alla gloria del suo nome. Egli ci elargisce i suoi doni affinché li trasmettiamo agli altri e facciamo conoscere il suo carattere al mondo. Le offerte e i sacrifici costituivano una parte essenziale del culto ebraico. Gli Israeliti venivano ammaestrati a consacrare al culto del santuario la decima parte delle loro entrate, come pure a presentare offerte per i peccati, volontarie e di ringraziamento. In questo modo si provvedeva a sostenere il ministero evangelico, e Dio oggi non si aspetta da noi meno che dal suo popolo di allora. Bisogna promuovere la grande opera di salvezza delle anime, e la decima, i doni e le offerte servono proprio a questo. Il Signore vuole che si sovvenga così ai bisogni del ministero evangelico. Egli reclama la decima come sua proprietà e noi dovremmo sempre considerarla una riserva sacra da riporre nel suo tesoro per finanziare la sua causa. Dio ci chiede anche offerte volontarie, di ringraziamento e di gratitudine, perché solo così è possibile annunciare l'Evangelo fino ai più remoti confini della terra. PV 206 5 Il servizio che dobbiamo a Dio richiede un impegno personale. Dobbiamo collaborare con lui per la salvezza del mondo. Il mandato di Cristo: "Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura" (Marco 16:15), è rivolto a tutti i suoi seguaci. Tutti coloro che sono chiamati a vivere in Cristo hanno anche il compito di lavorare per la redenzione del prossimo. Il loro cuore deve palpitare all'unisono con quello di Gesù e manifestare il medesimo anelito che sentiva lui. Non tutti possono occupare lo stesso incarico nell'opera di Dio, ma c'è posto e lavoro per tutti. PV 207 1 Anticamente, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè nella sua saggezza e umiltà, e Giosué con le sue molteplici capacità, furono chiamati al servizio di Dio. Ma c'era anche bisogno della musica di Maria, del coraggio e della pietà di Deborah, dell'affetto filiale di Ruth, dell'obbedienza e fedeltà di Samuele, dell'incrollabile coscienza di Elia, della dolce influenza di Eliseo. Così anche oggi tutti coloro che hanno ricevuto le benedizioni di Dio sono chiamati a consacrarsi al suo servizio attivo, impiegando ogni talento al progresso del suo regno e alla gloria del suo nome. PV 207 2 Tutti quelli che hanno accettato Cristo come Salvatore personale devono dimostrare nella propria vita la verità dell'Evangelo e la sua potenza salutare. Dio non pretende nulla da noi senza darci nel contempo gli strumenti per agire. Con la grazia di Cristo potremo realizzare tutto ciò che Dio richiede, cioè rivelare come suo popolo tutte le ricchezze celesti. Gesù dice: "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli". Giovanni 15:8. PV 207 3 La terra intera è la vigna del Signore. Sebbene sia ora in mano all'usurpatore, essa appartiene a Dio che l'ha creata e redenta. Per lei Cristo ha consumato il suo sacrificio: "Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo". Giovanni 3:16. Tramite questo dono l'umanità riceve tutti gli altri, quotidianamente il mondo intero riceve benedizioni da Dio. Il sole e la pioggia, ogni foglia, fiore e frutto sono la prova della pazienza e del grande amore di Dio per un mondo ingrato. PV 207 4 E noi che cosa restituiamo al grande Dispensatore di tutti questi beni? Come reagiamo alle sue richieste? A chi le folle consacrano la propria vita? Al culto del dio mammona, alle ricchezze, alla posizione, al piacere! Ammassano beni derubando non solo gli altri uomini, ma Dio stesso. Usano i doni divini per soddisfare i propri interessi egoistici; tutto quello che possono arraffare deve servire la loro bramosia e sete di divertimenti. PV 208 1 Il peccato del mondo d'oggi è lo stesso che provocò la rovina d'Israele: l'ingratitudine per Dio, il disprezzo delle sue benedizioni e l'abuso dei suoi doni. Questo peccato scatenò l'ira divina contro Israele e segnerà anche il destino della società contemporanea. PV 208 2 Dal Monte degli Ulivi Gesù contemplava Gerusalemme con gli occhi pieni di lagrime, ma non piangeva solo per la città eletta, bensì per il giudizio che si abbatterà sul mondo intero. PV 208 3 "Oh se tu pure avessi conosciuto in questo giorno quel ch'è per la tua pace! Ma ora è nascosto agli occhi tuoi". Luca 19:42. PV 208 4 "In questo giorno". La storia umana volge alla conclusione, e il tempo di grazia e dei privilegi è quasi finito. Già si avvicina la tempesta del giudizio e quanti respingono la grazia divina saranno presto travolti da una repentina ed irreparabile rovina. PV 208 5 Eppure il mondo dorme e l'umanità ignora il momento della propria visitazione! PV 208 6 Dove si trova la chiesa in questo momento di crisi? I suoi membri corrispondono alle richieste divine? Assolvono il mandato di far conoscere il suo carattere al mondo? Richiamano l'attenzione dell'umanità su quest'ultimo messaggio di grazia e di avvertimento? PV 208 7 Gli uomini sono in pericolo e le folle periscono, ma come son pochi i seguaci di Gesù che si sentono responsabili per loro! C'è in gioco il destino del mondo intero, ma anche questo preoccupa ben poco quanti pretendono di credere nella più grande verità mai rivelata agli esseri mortali. Gli manca quell'amore che ha indotto Cristo ad abbandonare la dimora celeste per rivestire l'umanità, per essere uomo vicino agli uomini e attrarre l'umanità verso la divinità. Il popolo di Dio è come preso da un torpore, da una paralisi spirituale che gli impedisce di riconoscere i doveri dell'ora presente. PV 208 8 Insediandosi in Canaan gli Israeliti non realizzarono il piano divino di occupare tutto il paese. Dopo una conquista parziale si accinsero a godere i frutti delle vittorie. La loro incredulità e l'amore della comodità li spinsero a concentrarsi nelle zone conquistate piuttosto che ad attaccare territori nuovi. Cosi cominciarono ad allontanarsi da Dio. Venendo meno alloro compito di effettuare il disegno celeste, impedirono che Dio gli riversasse le benedizioni promesse. La chiesa odierna non commette il medesimo errore? Mentre il mondo intero ha un disperato bisogno dell'Evangelo, i sedicenti cristiani si raccolgono là dove possono godere tranquillamente i privilegi dell'Evangelo. Non sentono la necessità di occupare nuovi territori, di annunciare il messaggio della salvezza in paesi lontani, rifiutano in sostanza di assolvere il mandato di Cristo: "Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura". Marco 16:15. Sono forse meno colpevoli degli Israeliti del passato? PV 209 1 Quanti si dicono discepoli di Cristo sono messi alla prova di fronte a tutto l'universo celeste. La loro mancanza di zelo ed i deboli sforzi intrapresi al servizio di Dio mettono a nudo la loro infedeltà. Se si impegnassero al massimo delle loro capacità non avrebbero da temere alcuna sentenza di condanna, e se partecipassero all'opera con anima e cuore potrebbero fare molto di più. Essi sanno benissimo, come del resto anche il mondo, di aver perduto in gran parte lo spirito di sacrificio e di rinuncia. Accanto al nome di molti di loro un giorno si troveranno scritte queste parole nei libri celesti: Ha preso soltanto, non ha dato nulla. Molti che si professano cristiani oscurano la bellezza, velano la gloria, disonorano il nome di Cristo! PV 209 2 Molti sono iscritti nei registri di chiesa ma non si fanno guidare da Cristo, non seguono le sue norme né lo servono. In realtà soggiacciono al dominio di Satana e, non facendo nulla di veramente buono, provocano danni incalcolabili: la loro influenza non conduce gli altri alla vita ma alla morte... PV 209 3 Il Signore chiede: "Non li punirei io per queste cose?" Geremia 5:9. Per non aver realizzato i piani divini, gli Israeliti furono accantonati e Dio rivolse il suo appello ad altri popoli. Ma se anche questi si dimostrano infedeli, Egli non respingerà anche loro? PV 209 4 Nella parabola della vigna Cristo dichiara colpevoli i vignaiuoli perché si erano rifiutati di rendere al proprietario i frutti della sua terra. In Israele, furono i sacerdoti e rabbini che, portando il popolo fuori strada, defraudando Dio del culto dovuto, furono loro a distogliere tutto il paese da Cristo. PV 210 1 Gesù sottolineò che la legge divina, libera dalle tradizioni umane, costituisce il grande parametro dell'obbedienza, e questo scatenò l'ostilità dei rabbini che avevano elevato le teorie umane al di sopra della Parola di Dio e distolto la gente dalla sua legge. Non intendevano affatto sopprimere i loro comandamenti umani per obbedire a quelli della Sacra Scrittura. Nemmeno per amore della verità erano disposti a rinunciare all'orgoglio della ragione e al plauso degli uomini. Quando Cristo presentò a tutti le richieste divine, i sacerdoti e gli anziani gli contestarono il diritto di intromettersi fra loro ed il popolo. Non accettavano i suoi moniti e rimproveri e cominciarono addirtitura ad aizzare il popolo contro di Lui con l'intento di eliminarlo. PV 210 2 Era colpa loro se Cristo non fu accolto come Messia, con tutte le conseguenze che questo comportò. Il grave peccato e la rovina di tutto un popolo erano da imputare proprio ai capi religiosi. PV 210 3 Oggi non sono all'opera le medesime forze? Molti operai della vigna del Signore non seguono anche ai nostri giorni la stessa strada dei capi ebraici? Non sono molti maestri religiosi a stornare i fedeli dalle chiare norme della Parole di Dio? Non sono loro che invece di insegnargli l'obbedienza alla legge di Dio, li educano alla trasgressione? Da quanti pulpiti, nelle varie chiese, predicano che la legge divina non sarebbe più vincolante! Mettono in primo piano tradizioni, norme e costumi umani, utilizzano i doni ricevuti da Dio per alimentare l'orgoglio ed il compiacimento di sé ma ignorano semplicemente le sue richieste! PV 210 4 Accantonando la legge divina gli uomini non sanno quello che fanno. Questa legge è il riflesso del suo carattere e incarna i princìpi del suo regno, e chi rifiuta tali principi ostruisce da solo il canale delle benedizioni divine. PV 210 5 Solo obbedendo ai comandamenti di Dio Israele avrebbe visto realizzarsi le gloriose prospettive che aveva dinanzi, e, allo stesso modo, anche noi: solo sul sentiero dell'ubbidienza troveremo la medesima nobiltà di carattere, la medesima abbondanza di benedizioni nel corpo, nell'anima e nello spirito, in casa e nei campi, nella vita presente e in quella futura. PV 211 1 Nel regno spirituale come in quello naturale l'obbedienza alle leggi di Dio è la condizione per portare frutto. Chi insegna ad ignorare i Comandamenti divini impedisce agli altri di portar frutto alla gloria di Dio ed è colpevole personalmente in quanto rifiuta al Signore i frutti della sua vigna. PV 211 2 I messaggeri di Dio vengono a noi su incarico del Maestro e ci chiedono, come faceva Gesù, di prestare ascolto alla Parola del Signore. Ci fanno notare che Egli ha diritto ai frutti della vigna, frutti di amore, umiltà e sacrificio. Ma molti vignaiuoli d'oggi non si indignano come i capi ebraici di una volta? Quando c'è chi proclama chiaramente le esigenze della legge divina, questi teologi e dottori non usano similmente il loro ascendente sulla gente per indurla a respingere quelle esigenze? Dio definisce questo tipo di persone servi infedeli. PV 211 3 Il monito che Dio rivolse all'Israele antico dovrebbero far meditare anche la chiesa di oggi. Il Signore dice di quel popolo: "Scrivessi pur per lui le mie leggi a miriadi, sarebbero considerate come cosa che non lo concerne". Osea 8:12. E ad ogni sacerdote e dottore della legge dice: "Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai sdegnata la conoscenza, anch'io sdegnerò d'averti per sacerdote; giacché tu hai dimenticata la legge del tuo Dio, anch'io dimenticherò i tuoi figliuoli". Osea 4:6. PV 211 4 Questi moniti divini rimarranno inascoltati? Le occasioni di servirlo passeranno inutilmente? Lo scherno del mondo, l'orgoglio intellettuale, l'adattamento alle tradizioni ed ai costumi umani impediranno ai discepoli di Cristo di servirlo veramente? Respingeranno la Parola di Dio come i capi ebraici respinsero Cristo? Le conseguenze del peccato d'Israele sono sotto i nostri occhi. La chiesa d'oggi terrà conto di questo avvertimento? PV 211 5 "E se pure alcuni de' rami sono stati troncati, e tu, che sei olivastro, sei stato innestato in luogo loro e sei divenuto partecipe della radice e della grassezza dell'ulivo non t'insuperbire... sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t'insuperbire, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te". Romani 11:17-21. ------------------------Capitolo 24: Di fronte al tribunale supremo PV 213 1 La parabola dell'abito nuziale contiene una lezione di estrema importanza: le nozze rappresentano l'unione di Dio con gli uomini e l'abito è un simbolo del carattere che devono possedere tutti coloro che vorrebbero partecipare alla festa. PV 213 2 Anche questa parabola, come quella del gran convito, illustra il rifiuto dell'invito evangelico da parte degli Ebrei e il conseguente appello di grazia rivolto ai Gentili, ma essa dà più rilievo al contegno offensivo degli ospiti invitati inizialmente e alla loro dura punizione. L'invito proviene dal re, cioè da qualcuno che è investito dell'autorità di impartire ordini. È un grande onore che tuttavia nessuno sa apprezzare. Gli invitati ignorano l'autorità del re. Mentre nell'altra parabola essi rispondono all'invito con indifferenza, in questa addirittura ricevono gli emissari con scherno e disprezzo e alla fine li uccidono! PV 213 3 Vedendo il suo invito respinto, il padrone di casa aveva dichiarato che nessuno degli invitati sarebbe stato più suo ospite; ma chi offende il re deve attendersi una punizione più grave: egli "s'adirò, e mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e ad ardere la loro città". Matteo 22:7. PV 213 4 In ambedue le parabole gli ospiti si presentano infine alla festa, ma la seconda fa capire che prima devono prepararsi, e chi non lo fa viene buttato fuori: "Or il re, entrato per vedere quelli che erano a tavola, notò quivi un uomo che non vestiva l'abito di nozze. E gli disse: Amico, come sei entrato qua senza aver un abito di nozze? E colui ebbe la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Ivi sarà il pianto e lo stridor de' denti". Matteo 22:11-13. PV 213 5 Erano stati i discepoli di Cristo ad invitare alla festa. Il Signore aveva inviato prima i dodici e successivamente i settanta ad annunciare che il regno dei cieli era alle porte. Dovevano invitare gli uomini al pentimento e a credere nell'Evangelo, ma il loro appello rimase inascoltato e gli invitati non si presentarono, perciò il re mandò un'altra volta i servi a dire: "Ecco, io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi ed i miei animali ingrassati sono ammazzati, e tutto è pronto; venite alle nozze". Matteo 22:4. Fu questo il messaggio recato agli Ebrei dopo la crocifissione di Cristo, ma quello che si vantava di essere il popolo eletto di Dio, respinse l'Evangelo che gli era stato annunciato con la potenza dello Spirito Santo. Molti lo fecero con il più profondo disprezzo, altri addirittura, di fronte all'offerta di salvezza e perdono per aver respinto il Signore della gloria, si infuriarono al punto da scagliarsi letteralmente sui portatori del messaggio: "E vi fu in quel tempo una gran persecuzione contro la chiesa in Gerusalemme". Atti 8:1. Molti uomini e donne furono gettati in prigione e alcuni dei messaggeri del Signore, come Stefano e Giacomo, furono perfino messi a morte. PV 214 1 Cosi gli Israeliti segnarono definitivamente il loro rifiuto della grazia di Dio, e Cristo predisse in questa parabola con quali conseguenze: "Allora il re... mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e ad ardere la loro città". Questo giudizio si abbatté sugli Ebrei al momento della distruzione di Gerusalemme e della loro diaspora in tutto il mondo. PV 214 2 Il terzo invito alla festa rappresenta la proclamazione dell'Evangelo fatta ai pagani. Il re disse: "Le nozze, sì, sono pronte; ma gl'invitati non ne erano degni. Andate dunque sui crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete". Matteo 22:8, 9. PV 214 3 "E quei servitori, usciti per le strade, raunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni". Matteo 22:10. Era una compagnia molto eterogenea e alcuni non mostravano per il padrone più rispetto di quelli che avevano risposto negativamente. I primi invitati pensavano di non poter rinunciare a certi vantaggi mondani solo per partecipare al banchetto del re, e fra chi aveva accettato, c'era chi lo faceva per puro tornaconto, per mangiare a sazietà ma non per onorare il re. PV 214 4 Quando questi venne a vedere i convitati, si manifestò il vero carattere di tutti. Aveva fatto dono ad ognuno di un abito da festa e indossandolo gli ospiti dimostravano di avere rispetto per l'organizzatore della festa. Ma c'era un individuo in abiti comuni. Non si era preoccupato di prepararsi nel modo richiesto disdegnando il prezioso abito del re. Era un atto offensivo nei confronti del suo signore, perciò non poté replicare niente quando il re gli chiese: "Amico, come sei entrato qua senza aver un abito di nozze?" Si era condannato da solo: "Allora il re disse ai servitori: Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori". PV 215 1 L'esame che il re fa degli ospiti presenti alla festa rappresenta l'opera del giudizio. Gli invitati al banchetto evangelico sono coloro che professano di servire Dio e i cui nomi sono scritti nel libro della vita. Ma non tutti sono veri cristiani. Prima che sia elargita la ricompensa finale bisogna accertare chi è veramente degno di partecipare all'eredità dei giusti. Questo accertamento deve avvenire prima del ritorno di Cristo sulle nuvole del cielo, perché allora Egli verrà "per rendere a ciascuno secondo l'opera sua". Apocalisse 22:12. Prima che Egli ritorni, quindi, dovrà manifestarsi chiaramente il carattere e l'opera di ogni individuo e in conseguenza anche il discepolo di Cristo riceverà la sua ricompensa. PV 215 2 Mentre gli uomini vivono e si agitano sulla terra, in cielo ha luogo il giudizio investigativo. Dio passa in rassegna ed esamina la vita dei suoi seguaci secondo quanto sta scritto nei libri celesti e decide poi della loro sorte in base ai loro atti. PV 215 3 L'abito di nozze della parabola rappresenta il carattere puro e immacolato che deve distinguere i veri seguaci di Cristo. Alla chiesa "è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro", "senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile". "Il lino fino son le opere giuste dei santi". Apocalisse 19:8; Efesini 5:27. La giustizia di Cristo, cioè il suo carattere perfetto, è trasmessa per fede a tutti coloro che lo accettano quale loro Salvatore personale. PV 215 4 I nostri progenitori indossarono questo abito bianco di innocenza quando Dio li insediò nel giardino d'Eden. Là vivevano in piena sintonia con la volontà divina e amavano il Padre celeste con tutto il cuore. Una luce bella e soave, la luce di Dio, avvolgeva la santa coppia. Questo manto luminoso era un simbolo della loro innocenza e avrebbe continuato a rivestirli se fossero rimasti fedeli a Dio. Ma il peccato li separò da Dio e la luce che li circondava svanì. Vergognandosi della loro nudità cercarono di sostituire l'abito celeste coprendosi con un intreccio di foglie di fico. PV 216 1 Sin dai giorni di Adamo ed Eva i trasgressori della legge divina fanno altrettanto: intrecciano foglie di fico per nascondere la propria nudità, le conseguenze del proprio peccato. Indossano abiti fatti di propria mano, cioè vogliono occultare i peccati commessi con le loro opere buone per farsi accettare nuovamente da Dio. PV 216 2 Tentano un'impresa impossibile: nessuna invenzione umana può sostituire l'abito d'innocenza ormai perduto. Coloro che parteciperanno un giorno al banchetto nuziale di Cristo e degli angeli non indosseranno alcun intreccio di foglie di fico, nessun vestito comune. PV 216 3 Solo l'abito preparatoci da Cristo potrà farci comparire alla presenza di Dio, un abito -- quello della sua giustizia -- che Egli vuole dare a chiunque si pente e crede: "Io ti consiglio di comprare da me... delle vesti bianche affinché tu ti vesta e non apparisca la vergogna della tua nudità". Apocalisse 3:18. PV 216 4 Quest'abito, tessuto sui telai celesti, non contiene un solo filo di preparazione umana. Cristo, pur essendosi rivestito di umanità, manifestò un carattere perfetto che ora offre a noi, dato che "tutta la nostra giustizia" è "come un abito lordato". Isaia 64:6. Tutto quello che sappiamo fare con le nostre forze è segnato dal peccato, ma il Figlio di Dio "è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c'è peccato". Il peccato è definito "la violazione della legge". 1 Giovanni 3:5, 4. Ma Cristo obbedì a tutte le condizioni della legge e poteva dire di sé: "Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro al mio cuore". Salmi 40:8. Mentre era in terra ebbe a dire ai suoi discepoli: "Io ho osservato i comandamenti del Padre mio". Giovanni 15:10. Con la sua perfetta obbedienza ha dimostrato che chiunque può obbedire ai comandamenti divini. Quando ci sottomettiamo a Cristo il nostro cuore, la volontà, il pensiero, tutto palpita all'unisono con lui; la sua vita diventa la nostra vita. Ecco che cosa significa rivestirsi della sua giustizia! E allora, esaminandoci, il Signore non vedrà l'intreccio di foglie di fico o l'informe nudità del peccato, bensì il suo stesso manto di giustizia che è perfetta obbedienza alla legge dell'Eterno. PV 217 1 Il re controlla attentamente i convenuti ed accetta solo quelli che, obbedendo alle sue richieste, avevano indossato l'abito nuziale. Altrettanto accade con gli invitati alla festa evangelica: il gran Re esamina ognuno singolarmente accogliendo solo chi ha indossato l'abito della giustizia di Cristo. PV 217 2 Operare secondo giustizia significa fare quel che è giusto. Ognuno sarà giudicato in base ai suoi atti, che sono il riflesso del suo carattere. Le nostre opere dimostreranno se la nostra fede è genuina. PV 217 3 Non basta credere che Gesù non sia un'impostore e la religione biblica una favola abilmente inventata. Possiamo anche credere che solo Cristo può salvare l'umanità, ma questo non significa ancora che abbiamo fatto di lui -- in fede -- il nostro Salvatore personale. Non è sufficiente credere alla teoria della verità, professare la propria fede in Cristo ed essere iscritti nei registri di chiesa: "Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Lui, ed Egli in esso. E da questo conosciamo ch'Egli dimora in noi: dallo Spirito ch'Egli ci ha dato". "E da questo sappiamo che l'abbiam conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti". 1 Giovanni 3:24; 1 Giovanni 2:3. Ecco la prova di una vera conversione! A niente serve la nostra professione di fede se non riveliamo Cristo con opere di giustizia. PV 217 4 La verità deve essere profondamente radicata nel cuore, deve plasmare pensieri, sentimenti e tutto il carattere. Bisogna mettere in pratica la Parola di Dio, fin nei minimi particolari, nella vita di ogni giorno. PV 217 5 Chi partecipa della natura divina si conformerà alla grande norma della giustizia che è la santa legge di Dio. È con questo metro che Egli misura le azioni umane e sarà questo il banco di prova di ogni carattere in sede di giudizio. PV 217 6 Molti sostengono che Cristo abbia abrogato la legge con la sua morte, ma così essi lo mettono in contraddizione con le sue stesse parole: "Non pensate ch'io sia venuto per abolire la legge od i profeti ... finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà". Matteo 5:17, 18. Cristo è morto sulla croce proprio per espiare le trasgressioni degli uomini. Questo non sarebbe stato necessario se fosse stato possibile mutare o abolire la legge. In tutta la sua vita terrena Egli ha esaltato la legge e con la sua morte l'ha confermata. Ha dato la vita non per abbattere la legge divina o per sminuirne le esigenze, ma per soddisfare la giustizia e dimostrare che questa legge è immutabile per sempre. PV 218 1 Satana sosteneva che per l'uomo è impossibile osservare i comandamenti divini, e questo è vero, se contiamo solo sulle nostre forze. Ma Cristo si è fatto uomo per dimostrarci, con la sua obbedienza esemplare, che nell'unione dell'umano col divino l'ubbidienza a tutti i precetti divini è possibile. PV 218 2 "A tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome". Giovanni 1:12. Questa forza non è di origine umana, proviene da Dio. Chi accetta Cristo riceve anche la forza di vivere la sua vita. PV 218 3 Dio esige la perfezione dai suoi figli. La legge riflette il suo carattere ed è il modello di ogni carattere umano. Questo modello è presentato a tutti affinché non ci siano dubbi sul tipo di persone che Dio gradisce nel suo regno. Cristo conformò pienamente la sua vita terrena alla legge divina e chi si dice figlio di Dio osserverà quindi i comandamenti di Dio come lui. Il Signore potrà allora manifestargli fiducia e accoglierlo nel novero della famiglia celeste. Rivestito del glorioso abito della giustizia di Cristo, riceverà un posto alla tavola regale e potrà unirsi alla folla dei redenti che hanno lavato le proprie vesti nel sangue di Cristo. PV 218 4 L'individuo che si presentò al convito senza abito di nozze rappresenta molti contemporanei che si dicono cristiani e rivendicano i benefici e privilegi evangelici ma non ritengono necessario cambiare carattere. Non si sono mai pentiti veramente dei propri peccati né hanno coscienza del loro bisogno di Cristo o di esercitare la fede in lui. Non hanno vinto la loro tendenza al male, ereditaria o acquisita, eppure sono più che soddisfatti di sé e confidano nei propri meriti piuttosto che in Cristo. Hanno ascoltato l'invito evangelico e si presentano al banchetto, ma senza essersi rivestiti della giustizia di Cristo. PV 218 5 Molti che si professano cristiani sono in realtà dei semplici moralisti Essi rifiutano l'unico dono che potrebbe fare di loro i degni rappresentanti di Cristo nel mondo. Ignorano l'opera dello Spirito Santo e non mettono in pratica la Parola. A malapena si riescono a riconoscere nella loro vita i principi celesti che distinguono i cristiani dai non cristiani. I seguaci di Cristo non sono più un popolo speciale e separato. I confini sono diventati fluidi e vaghi. Sempre più i cosiddetti cristiani si adattano alle esigenze del mondo, ai suoi usi e costumi, ai suoi principi egoistici. Calpestando la legge divina la chiesa si è sempre più adeguata al mondo, mentre doveva essere il mondo a ritornare alla chiesa rispettando i santi comandamenti. Giorno dopo giorno la chiesa continua a convertirsi al mondo! PV 219 1 Questi sedicenti cristiani sperano di essere salvati dalla morte di Cristo ma rifiutano nello stesso tempo di vivere sacrificandosi come lui, parlano tanto della libera grazia e si danno volentieri una parvenza di giustizia nella speranza di nascondere i propri difetti di carattere, ma tutto questo non gli servirà a niente nel giorno del giudizio! PV 219 2 La giustizia di Cristo non coprirà un solo peccato che abbiamo accarezzato. Se qualcuno si dà un'apparenza di rispettabilità, pur violando la legge dentro di sé, la società potrà ritenerlo un uomo di retti principi, ma la legge di Dio svela i segreti del cuore e giudica ogni atto secondo i moventi. Solo ciò che è conforme ai principi della legge di Dio potrà superare il giudizio. PV 219 3 Dio è amore e ce lo ha dimostrato donandoci Gesù. Quando "ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna" (Giovanni 3:16), non ha rifiutato nulla a coloro che ha riscattato. Ci ha donato tutta la forza del cielo per non farci abbattere o vincere dal nostro grande avversario. Ma Dio non si lascia trascinare dal suo amore a scusare il peccato: non lo ha fatto con Adamo o Caino e non lo farà con nessun altro. Non si farà complice dei nostri peccati né tollererà i nostri difetti di carattere. Egli si attende piuttosto che trionfiamo nel suo nome! PV 219 4 Chi rifiuta il dono della giustizia di Cristo respinge quegli attributi di carattere che ne farebbero un figlio o una figlia di Dio. Respinge l'unica possibilità che lo renderebbe degno di partecipare alle nozze. PV 220 1 Quando il re della parabola chiese: "Amico, come sei entrato qua senza aver un abito da nozze?", l'interpellato non seppe cosa rispondere e così sarà anche nel gran giorno del giudizio. Molti oggi hanno sempre una scusa pronta per i loro difetti di carattere, ma in quel giorno non ne troveranno. PV 220 2 Le chiese cristiane dei nostri giorni godono i più alti privilegi e il Signore si rivela agli uomini in una luce sempre crescente. I privilegi che godiamo noi sono di gran lunga superiori a quelli dell'antico popolo di Dio. Oggi possediamo non solo la chiara luce data ad Israele, ma anche più prove della grande opera di salvezza che Cristo ha compiuto per noi. Quello che per gli Ebrei rimaneva un simbolo, per noi è realtà. Loro possedevano il Vecchio Testamento, noi abbiamo quello e anche il Nuovo, e con esso la certezza che il Salvatore è venuto nel mondo ed è stato crocifisso, è risuscitato dai morti e dal sepolcro di Giuseppe proclama: "lo son la risurrezione e la vita". Giovanni 11:25. Grazie alla conoscenza che acquisiamo di Cristo e del suo amore, il suo regno prende corpo in mezzo a noi. Egli si rivela a noi nei sermoni e negli inni e il banchetto spirituale apre generosamente le porte dinanzi a noi. L'abito di nozze, acquistato a caro prezzo, viene offerto gratuitamente a tutti. I messaggeri del Signore ci presentano la giustizia di Cristo, la giustificazione per fede, le splendide promesse della Parola di Dio, il libero accesso al Padre tramite Cristo, la consolazione dello Spirito Santo e la ferma promessa che un giorno riceveremo la vita eterna nel regno di Dio: che cosa avrebbe potuto fare di più colui che ha preparato il grande convito, il banchetto celeste? PV 220 3 In cielo gli angeli ministratori esclamano: Abbiamo assolto il nostro compito e respinto le schiere degli angeli maligni. Abbiamo trasmesso agli uomini luce e chiarezza e gli abbiamo ricordato l'amore di Dio manifestato in Gesù. Abbiamo richiamato la loro attenzione sulla croce di Cristo facendogli prendere coscienza che è stato il peccato ad averlo portato sulla croce. Si sono convinti dei propri peccati ed hanno riconosciuto la via da seguire verso la conversione. Hanno sentito la potenza dell'Evangelo e l'amore di Dio gli ha toccato il cuore. Hanno contemplato la bellezza del carattere di Cristo, ma per la maggior parte di loro è stato tutto inutile. Non vogliono rinunciare alle loro abitudini e ai loro difetti, non intendono deporre gli abiti comuni della terra per indossare quelli celesti. Hanno votato il cuore all'avidità e amano il mondo più di Dio. PV 221 1 Il giorno della decisione finale sarà grave e solenne. In una visione profetica così lo descrive l'apostolo Giovanni: "Poi vidi un gran trono bianco e Colui che vi sedeva sopra, dalla cui presenza fuggirono terra e cielo; e non fu più trovato posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavan ritti davanti al trono; ed i libri furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furon giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro". Apocalisse 20:11, 12. PV 221 2 Come sarà triste la visione del passato nel giorno in cui gli uomini si troveranno di fronte all'eternità! Allora vedranno la propria vita esattamente come si è svolta, riconosceranno che i piaceri, le ricchezze e gli onori del mondo non contano nulla e che ha valore proprio quella giustizia che hanno respinto. Si renderanno conto fino a che punto si sono lasciati influenzare dalle seduzioni sataniche e che gli abiti da loro preferiti rappresentano l'insegna della loro fedeltà al maligno. Allora toccheranno con mano le conseguenze della loro scelta e capiranno che cosa significhi violare i comandamenti di Dio. PV 221 3 Non ci sarà un altro periodo di grazia per prepararsi per l'eternità: è in questa vita che dobbiamo rivestire l'abito della giustizia di Cristo, solo qui possiamo sviluppare un carattere degno per entrare un giorno nelle dimore che Cristo è andato a preparare per coloro che osservano i suoi comandamenti. PV 221 4 Il tempo di grazia sta per concludersi rapidamente e la fine è prossima, perciò Gesù ci avverte: "Badate a voi stessi, che talora i vostri cuori non siano aggravati da crapula, da ubriachezza e dalle ansiose sollecitudini di questa vita, e che quel giorno non vi venga addosso all'improvviso come un laccio". Luca 21:34. Guardiamo di non farci cogliere impreparati e senza l'abito di nozze al convito del Re! PV 221 5 "Perché, nell'ora che non pensate, il Figliuol dell'uomo verrà". "Beato colui che veglia e serba le sue vesti onde non cammini ignudo e non si veggano le sue vergogne". Matteo 24:44; Apocalisse 16:15. ------------------------Capitolo 25: Come arricchire la personalità PV 222 1 Sul Monte degli Ulivi Cristo aveva parlato ai discepoli del suo ritorno, precisando alcuni segni immediatamente precedenti e invitando i suoi seguaci a tenersi vigili e pronti. Ripeté l'avvertimento: "Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell'ora che non pensate, il Figliuol dell'uomo verrà". Matteo 24:44. In seguito spiegò come dovevano attendere la sua venuta: non nell'ozio bensì in fervente attività. Ecco la lezione che si ricava dalla parabola dei talenti. PV 222 2 "Poiché avverrà come di un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servitori e affidò loro i suoi beni; e all'uno diede cinque talenti, a un altro due, e a un altro uno; a ciascuno secondo la sua capacità; e partì". Matteo 25:14, 15. PV 222 3 L'uomo partito per un paese lontano rappresenta Cristo che, quando raccontò questa parabola, era ormai prossimo a lasciare la terra per il cielo. I servitori sono i suoi seguaci. Noi non apparteniamo a noi stessi, ma, come schiavi, siamo stati comprati "a prezzo" (1 Corinzi 6:20), "non con cose corruttibili, con argento o con oro, ... ma col prezioso sangue di Cristo" (1 Pietro 1:18, 19), "affinché quelli che vivono non vivano più per loro stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro". 2 Corinzi 5:15. PV 222 4 Tutti gli uomini sono stati riscattati ad un prezzo altissimo. Dio non ci ha dato solamente tutti i tesori del cielo, ma in Cristo ci ha donato il cielo stesso, divenendo cosi il padrone della volontà e degli affetti, dello spirito e dell'anima di ogni essere umano. Che si tratti di credenti o increduli, sono tutti proprietà del Signore, hanno il dovere di servirlo e dovranno render conto nel gran giorno del giudizio in che modo hanno assolto questo dovere. PV 222 5 Ma non tutti riconoscono i diritti da parte di Dio. I servi della parabola rappresentano coloro che professano di essersi messi al servizio di Gesù. PV 223 1 I seguaci di Cristo sono stati redenti per servire e il Signore insegna che il vero scopo della vita è proprio questo. Cristo stesso faceva l'operaio e ha lasciato questa legge del servizio a tutti i suoi discepoli: un servizio a favore di Dio e degli uomini. Cristo ha trasmesso una concezione della vita più elevata di quella che il mondo aveva mai conosciuto. Una vita consacrata a servire i nostri simili ci mette in intima comunione con Cristo. La legge del servizio è l'anello che ci lega a Dio e a tutta l'umanità. PV 223 2 Cristo affida "i suoi beni" ai suoi discepoli perché li utilizzino proficuamente a suo favore. Egli assegna "a ciascun il compito suo". Marco 13:34. Ognuno di noi ha il suo posto nel piano divino ed è chiamato a collaborare con Cristo per la salvezza degli altri. Come c'è sicuramente un luogo preparato per noi nelle dimore celesti, altrettanto sicuramente esiste un compito particolare che Dio ci assegna nella nostra vita terrena. I doni dello Spirito Santo PV 223 3 I talenti che Cristo affida alla chiesa sono in primo luogo i doni e i benefici dello Spirito Santo. "A uno è data mediante lo Spirito parola di sapienza; a un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza d'operar miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; e ad un altro, la interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell'uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come Egli vuole". 1 Corinzi 12:8-11. Non tutti ricevono gli stessi doni ma a chiunque si mette al servizio del gran Maestro viene fatta la promessa di uno o più doni dello Spirito. PV 223 4 Prima di lasciare i discepoli Cristo "soffiò su loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo". Giovanni 20:22. E un'altra volta promise: "Ecco io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso". Luca 24:49. Nondimeno fu solo dopo la sua ascensione che gli apostoli ricevettero questo dono in tutta la sua pienezza. Solo quando essi, con fede e in preghiera, si consacrarono totalmente all'opera di Dio, ricevettero l'effusione dello Spirito Santo. Allora, in forma veramente singolare, furono affidati ai discepoli i beni celesti. "Salito in alto, egli ha menato in cattività un gran numero di prigioni ed ha fatto dei doni agli uomini". "Ma a ciascun di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono largito da Cristo". Efesini 4:8, 7. "Tutte queste cose le opera quell'uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascun in particolare come Egli vuole". 1 Corinzi 12:11. Questi doni sono già nostri in Cristo, ma solo ricevendo lo Spirito Santo potremo possederli effettivamente. PV 224 1 La promessa dello Spirito purtroppo non viene apprezzata a sufficienza ed è per questo che non si realizza come dovrebbe. È proprio l'assenza dello Spirito Santo a rendere così fiacca la predicazione evangelica. Possono esserci la cultura, il talento, l'eloquenza e ogni altra dote naturale e acquisita, ma se manca lo Spirito di Dio nessun cuore si commuoverà, nessun peccatore sarà guadagnato a Cristo. D'altra parte, anche il più povero ed ignorante dei suoi discepoli saprà toccare i cuori, se è in comunione con Cristo e possiede il dono dello Spirito. Dio ne farà un canale della suprema potenza dell'universo. Altri talenti PV 224 2 I talenti della parabola non si riferiscono solo a quelli dello Spirito, ma anche a tutte le altre doti e capacità ereditate o acquisite, naturali o spirituali che possediamo e dobbiamo impiegare al servizio di Cristo. Diventando suoi discepoli noi gli consacriamo praticamente tutto ciò che siamo e abbiamo. Gesù ci restituirà poi questi doni purificati e nobilitati affinché li usiamo alla sua gloria e per il bene del prossimo. PV 224 3 Dio elargisce i suoi doni ad ognuno non a caso ma "secondo la sua capacità". Chi sa usarne cinque ne riceve cinque, chi ne sa impiegare due ne riceve due e colui che sa farne fruttare uno ne riceve solo uno. Nessuno deplori quindi di non averne ricevuto di più, perché Dio, che ha distribuito i doni, viene comunque onorato dall'impiego che se ne fa, siano pochi o molti, piccoli o grandi. Chi deve amministrare cinque talenti dovrà farli fruttare per cinque, e chi ne ha ricevuto uno renderà conto di uno. Dio si attende un rendimento "in ragione di quello che uno ha, e non di quello che non ha". 2 Corinzi 8:12. L'uso dei talenti PV 225 1 Nella parabola "colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. Parimente, quello dei due ne guadagnò altri due". Matteo 25:16, 17. PV 225 2 I talenti vanno usati, anche se sono pochi. Quel che conta non è chiederci quanti ne abbiamo ricevuti, ma che uso ne faremo. Sviluppare tutte le nostre facoltà è il primo dovere che abbiamo di fronte a Dio e al prossimo. Chi non migliora quotidianamente le sue capacità non realizza il senso della vita. Con la nostra professione di fede in Cristo noi ci impegniamo a consacrare tutte le nostre energie al suo servizio e a sviluppare al massimo ogni facoltà per fare agli altri tutto il bene possibile. PV 225 3 Il Signore ha una grande opera da realizzare e chi lo serve con maggiore volontà e zelo nella vita presente sarà maggiormente ricompensato nella vita futura. Egli sceglie i suoi collaboratori e ogni giorno e in varie circostanze li mette alla prova secondo il suo piano di lavoro. Si serve di tutti coloro che si sforzano sinceramente di eseguire i suoi disegni, non perché siano già arrivati alla perfezione, ma perché col suo aiuto ci possano arrivare. PV 225 4 Dio accetterà solo quanti si prefiggono un alto ideale. Egli spinge ogni essere umano a fare del suo meglio e a tendere alla perfezione morale. Non abbassiamo mai la norma della giustizia per adeguarla alle nostre tendenze al male, ereditate o acquisite che siano! Bisogna rendersi conto che l'imperfezione del carattere è peccato. Dio riunisce in sé, come essere assolutamente perfetto, tutti gli attributi della giustizia, perciò chiunque accetta Cristo come Salvatore personale ha il privilegio di possedere questi attributi PV 226 5 Chi vuole collaborare con Dio deve fare di tutto per perfezionare ogni sua facoltà fisica e psichica. La vera educazione significa preparare le energie fisiche, intellettuali e morali a disimpegnare ogni dovere e ad educare il corpo, l'anima e lo spirito al servizio di Dio. Una simile educazione rimarrà valida fino alla vita eterna! PV 226 1 Il Signore si attende da ogni credente una crescita di capacità ed efficienza in tutti i sensi. Cristo ci ha pagato il salario con il suo sangue e la sua sofferenza per assicurarsi il nostro servizio volontario. É venuto nel mondo per dimostrarci come e con quale spirito bisogna lavorare. Egli desidera che applichiamo i migliori accorgimenti per promuovere la sua opera e glorificare il suo nome nel mondo, per manifestare supremo amore e devozione al Padre che "ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna". Giovanni 3:16. PV 226 2 Ma Cristo non ci ha mai detto che sia facile conseguire un carattere perfetto. Un carattere nobile e armonioso non ci è dato per via ereditaria né si sviluppa spontaneamente: lo si acquisisce piuttosto con sforzi individuali e con i meriti della grazia di Cristo. Dio ci dona i talenti e le facoltà intellettuali, noi dobbiamo plasmare il carattere; ci riusciremo ingaggiando un conflitto duro e intransigente contro il nostro io, rinnovando la battaglia contro le tendenze ereditarie, esaminandoci intimamente e con occhio critico, non tollerando in noi alcun tratto negativo. PV 226 3 Nessuno dica di non poter vincere i suoi lati deboli! Se tu arrivi a questa conclusione non otterrai mai la vita eterna. L'impossibilità risiede nella tua volontà, ma se vuoi potrai anche vincere. Le difficoltà profonde nascono dal cuore inconvertito che non è disposto a sottomettersi totalmente a Dio. PV 226 4 Molti, a cui Dio ha dato le qualità per fare un ottimo lavoro, in effetti fanno pochissimo perché si impegnano poco. Migliaia di persone trascorrono la loro vita come se non avessero alcun obiettivo ben definito per il quale valga la pena di vivere. Ovviamente otterranno una ricompensa proporzionata al loro effettivo lavoro. PV 226 5 Teniamo presente che non raggiungeremo mai un obiettivo più alto di quello che ci siamo prefisso. Fissiamolo perciò il più in alto possibile e poi, passo dopo passo, anche se ci costa sforzi e sofferenze, rinunce e sacrifici, saliamo la scala fino all'ultimo gradino, senza farci ostacolare da niente. Il destino non può costringere nessuno a rimanere nell'inerzia e nell'incertezza. Le circostanze avverse dovrebbero piuttosto spronarci a vincerle. Quando superiamo una barriera conquisteremo nuova forza e rinnovato coraggio per andare avanti. Proseguiamo con fermezza nella direzione giusta e le varie circostanze ci saranno di aiuto piuttosto che di ostacolo. PV 227 1 Sforziamoci di coltivare tutti i tratti positivi del carattere per la gloria del Maestro! Sforziamoci di essergli graditi in tutti gli aspetti del nostro sviluppo. Questo è possibile, perché anche Enoc fu gradito a Dio pur vivendo in un'epoca di corruzione morale; anche oggi esistono altri uomini come Enoc! PV 227 2 Imitiamo Daniele, fedele statista che nessuna tentazione riuscì a corrompere. Non deludiamo colui che ci ha tanto amati da dare la vita per cancellare i nostri peccati. Ricordiamo quel che ci dice: "Senza di me non potete far nulla". Giovanni 15:5. Pur se abbiamo commesso degli errori, possiamo vincere ancora ammettendoli e considerandoli un avvertimento. Così trasformeremo una sconfitta in vittoria e tutto si risolverà a vergogna del nemico e a gloria del Redentore. PV 227 3 Un carattere plasmato a somiglianza divina e l' unico tesoro che possiamo portare con noi nella vita futura Quelli che hanno seguito le istruzioni di Cristo in questo mondo, porteranno con sé fino in cielo ogni lezione divina per approfondirla e migliorarla continuamente. Com'è importante quindi sviluppare bene il carattere in questa vita! PV 227 4 Gli esseri celesti assisteranno coloro che, con fede e decisione, cercano una perfezione del carattere che si traduca poi in una vita perfetta. A tutti quelli che sono impegnati in quest'opera Gesù promette aiuto e soccorso. PV 227 5 La volontà umana partecipa dell'onnipotenza nella misura in cui opera con la volontà di Dio. A chi il Signore affida un incarico dà anche la forza di eseguirlo, perciò ogni suo mandato è nello stesso tempo atto di abilitazione. Facoltà mentali PV 228 1 Dio richiede che esercitiamo le nostre facoltà intellettuali, anzi desidera che i suoi ministri siano più intelligenti e possiedano un giudizio migliore degli increduli. Non gradisce chi è troppo pigro o indifferente per lavorare con profitto e ampliare le proprie conoscenze. Il Signore ci invita ad amarlo con tutto il cuore e tutta l'anima, con tutta la forza e con tutta la mente, e questo comporta anche il dovere di sviluppare al massimo l'intelletto, se vogliamo veramente conoscere e amare il Creatore con tutta la mente. PV 228 2 Sotto la guida dello spirito Santo il nostro intelletto ben coltivato potrà essere efficacemente impiegato al servizio della causa di Dio. Chi ha poca istruzione, ma si consacra a Dio e vorrebbe essere una benedizione per gli altri, diverrà uno strumento eletto al suo servizio. Ma chi, oltre ad avere uno spirito di dedizione, ha goduto il privilegio di un' accurata preparazione scolastica, potrà fare molto di più per Cristo e si trova in una posizione di grande vantaggio. PV 228 3 Il Signore desidera che acquisiamo le migliori conoscenze possibili, con l'obiettivo di farne parte agli altri. Nessuno di noi sa in anticipo dove e come sarà chiamato a lavorare o a parlare per Dio. Solo il Padre celeste sa che cosa può fare di ognuno di noi. Esistono di fronte a noi delle prospettive che con la nostra fragile fede non immaginiamo lontanamente. Dobbiamo educare il nostro spirito a saper illustrare le verità della Sacra Scrittura, se necessario alle supreme autorità della terra, in modo che tutto torni a gloria di Dio. Perciò non perdiamo occasione di perfezionarci intellettualmente per lavorare meglio nell'opera di Dio! PV 228 4 Se sei giovane e ti occorre una certa preparazione culturale, mettiti all'opera col fermo proposito di acquisirla; non aspettare che si apra qualche porta: aprila tu stesso! Approfitta di ogni occasione, per quanto minima, impara a risparmiare e non spendere il denaro per soddisfare la gola o i piaceri. Proponiti fermamente di raggiungere il grado di capacità ed efficienza voluto da Dio, sbriga con cura e lealmente tutti i tuoi impegni e sfrutta ogni occasione per esercitare la tua intelligenza. Alterna allo studio dei libri un'utile attività manuale e continui sforzi, la vigilanza e la preghiera e riceverai la saggezza del cielo. Cosi conseguirai una cultura completa ed armonica, il tuo carattere maturerà, potrai esercitare un positivo ascendente sugli altri per condurli nel cammino della giustizia e della santità. PV 229 1 Anche da autodidatti potremmo fare molto di più se cogliessimo le varie opportunità. La vera cultura va oltre quella che trasmettono le università. Non bisogna trascurare -- è vero -- lo studio scientifico, ma esiste un'istruzione superiore che si può conseguire solo in un rapporto vivente con Dio. Ogni studente prenda dunque la Bibbia e si metta in comunione con il grande Maestro! Eserciti lo spirito ad affrontare i difficili problemi che talvolta si incontrano nella ricerca della verità divina. PV 229 2 Chi ha fame di sapere per trasmettere le proprie conoscenze agli altri sarà benedetto da Dio attraverso lo studio della sua Parola, egli riceverà stimoli che renderanno la sua intelligenza idonea ad attività superiori per le quali sono richieste facoltà intellettive più ampie e sviluppate. PV 229 3 Chi vuole lavorare nella causa di Dio deve imparare l'autodisciplina e allora otterrà risultati-migliori che con l'eloquenza o con le doti più brillanti. Un uomo semplice, ma che sa dominarsi, saprà fare di più e di chi, nonostante la cultura e le capacità eccellenti, è privo di autocontrollo. Il dono della parola PV 229 4 Il linguaggio è un talento che merita di essere coltivato con ogni cura. Di tutti i doni ricevuti dal Creatore è quello che può avere i più benefici effetti in quanto con la parola convinciamo gli altri, preghiamo e lodiamo Dio o raccontiamo al prossimo dell'amore del Redentore. Com'è importante quindi curare questo dono nel modo migliore! PV 229 5 Perfino cristiani intelligenti e impegnati trascurano spesso la cura della voce. Molti parlano o leggono così piano o con tale rapidità che è quasi impossibile capirli. Alcuni hanno una pronuncia cupa e indistinta, altri parlano con toni così acuti e penetranti che è una sofferenza per gli ascoltatori. C'è chi legge i testi, gli inni, i rapporti e i vari annunci fatti in pubblico in un modo incomprensibile che li svuota spesso della loro forza ed efficacia. PV 230 1 Si tratta di un difetto che si può e si deve correggere e sul quale la Bibbia ci fornisce chiare indicazioni. I Leviti, che al tempo di Esdra spiegavano le Scritture al popolo, "leggevano nel libro della legge di Dio distintamente; e ne davano il senso, per far capire al popolo quel che s'andava leggendo". Neemia 8:8. PV 230 2 Con uno sforzo perseverante, chiunque può arrivare a leggere a voce alta e chiara e parlare in modo intelligibile ed incisivo. Così facendo miglioreremo sensibilmente la nostra efficienza al servizio del Maestro. PV 230 3 Ogni cristiano è chiamato a far conoscere agli altri le insondabili ricchezze di Cristo, perciò dovrebbe adoperarsi a perfezionare la propria dizione. Presenti la Parola di Dio in modo da toccare i cuori degli ascoltatori. Non è nei disegni di Dio che i suoi testimoni siano persone incolte e grossolane, né nella sua volontà che essi sminuiscano o degradino la grazia che Egli vuole trasmettere al mondo tramite loro. PV 230 4 Guardiamo a Gesù, modello perfetto, imploriamo l'aiuto dello Spirito Santo e coltiviamo, con la sua forza, ogni nostra facoltà per realizzare un'opera perfetta! PV 230 5 Tutto questo si applica in particolare a coloro che sono chiamati a lavorare in pubblico. Il predicatore e l'insegnante tengano presente che annunciano agli altri un messaggio dalle conseguenze eterne. Nel giorno del giudizio saranno giudicati loro stessi secondo la verità che hanno predicato. Molti accettano o respingono il messaggio secondo il modo in cui gli viene presentato, perciò parlate cercando di toccare sia la mente che il cuore, parlate piano, con chiarezza e solennità, con la gravità richiesta dal caso. PV 230 6 La cultura e il giusto uso della parola sono importanti in ogni settore dell'attività cristiana, nella vita familiare e in tutti i nostri rapporti interpersonali. Dovremmo abituarci ad usare toni gradevoli, un linguaggio puro e corretto, parole cortesi. Le espressioni gentili e amabili sono una dolce rugiada per l'anima. La Scrittura dice di Cristo: "La grazia è sparsa sulle tue labbra" affinché "sappia sostenere con la parola lo stanco". Salmi 45:2; Isaia 50:4. E il Signore ci invita. "Il vostro parlare sia sempre con grazia", "affinché conferisca grazia a chi l'ascolta". Colossesi 4:6; Efesini 4:29. PV 231 1 Quando cerchiamo di correggere o riformare gli altri dobbiamo sorvegliare il nostro linguaggio con la massima cura, perché le nostre parole saranno un fattore di vita o di morte. Nell'impartire una riprensione o un consiglio molti ricorrono ad espressioni aspre e severe che mal si adattano a curare un'anima ferita. Queste parole maldestre esasperano l'animo e spingono alla rivolta. Bisogna che i paladini dei principi della verità siano stati unti con l'olio dell'amore di Dio. In qualunque circostanza deve essere impregnato di carità, e allora le nostre parole riusciranno a correggere l'altro senza esasperarlo. Tramite lo Spirito Santo Cristo ci darà la forza e la capacità necessaria. La sua opera è proprio questa. PV 231 2 Non bisogna pronunciare una sola parola sconsideratamente. Chi segue Cristo non si lascerà sfuggire maldicenze, pettegolezzi, mormorii o illusioni impure. Sotto l'influsso dello Spirito Santo l'apostolo Paolo scrive: "Niuna mala parola esca dalla vostra bocca". Efesini 4:29. Per "mala parola" non bisogna intendere solamente espressioni volgari, ma qualunque espressione contraria ai sacri principi della religione pura e immacolata, insinuazioni lascive e velati suggerimenti al male. Chi non reprime tutto questo immediatamente finirà per commettere peccati ben più gravi. PV 231 3 Ogni famiglia, ogni cristiano ha il dovere di chiudere la strada alle conversazioni impure. Trovandoci in compagnia di gente frivola è nostro compito stornare possibilmente l'argomento della conversazione. Con l'aiuto e la grazia di Dio facciamo cadere tranquillamente qualche parola o introduciamo un discorso che dia una svolta proficua. PV 231 4 È compito dei genitori educare i figli a parlare correttamente, e la migliore scuola per farsi questo tipo di cultura è proprio il focolare domestico. Sin dai primi anni i bambini dovrebbero imparare a rivolgersi ai genitori e l'uno all'altro con rispetto e amabilmente. Bisognerebbe insegnargli che dalle loro labbra devono uscire solo parole gentili, vere e pure. I genitori stessi apprendano quotidianamente alla scuola di Cristo e poi, col precetto e l'esempio, potranno indurre i figli ad un "parlar sano, irreprensibile". Tito 2:8. Si tratta di uno dei compiti più gravi e responsabili. PV 232 1 Da seguaci di Cristo serviamoci solo di parole che siano di aiuto e incoraggiamento reciproco nella vita cristiana, parliamo di più delle nostre esperienze positive, della bontà e misericordia di Dio, dell'insondabile e profondo amore del Salvatore! Esprimiamo parole di lode e di ringraziamento. Se il cuore e la mente sono pieni dell'amor di Dio, lo dimostreremo nei nostri discorsi e non sarà difficile trasmettere agli altri ciò che arricchisce la nostra vita spirituale. Il tesoro nascosto nelle profondità di un cuore cristiano si manifesterà nell'espressione di pensieri elevati, aspirazioni nobili, una chiara percezione della verità, obiettivi disinteressati, un desiderio ardente di pietà e di santità. Chi manifesta Cristo in questo modo nel suo linguaggio, avrà anche la capacità di guadagnare delle anime per lui. PV 232 2 Parliamo di Cristo a coloro che non lo conoscono! Facciamo come lui. Dovunque si trovasse -- nella sinagoga, per strada, in barca a qualche distanza dalla sponda, alla mensa del fariseo o a tavola col pubblicano -- parlava alla gente della vita eterna. Il regno della natura e le vicende della vita quotidiana gli offrivano spunti sufficienti per parlare della verità. Gli ascoltatori si sentivano attratti a lui perché Egli guariva i loro infermi, li confortava nelle loro amarezze, prendeva in braccio i bambini per benedirli. Bastava che aprisse la bocca per conquistare la loro attenzione e ogni sua parola era per loro una fonte di vita. PV 232 3 Così dovremmo fare anche noi, approfittando di ogni occasione per raccontare agli altri del Salvatore. Se imitiamo Cristo nel fare del bene, come lui arriveremo ad aprire la porta dei cuori e a parlare -- non bruscamente ma con quel tatto che scaturisce dalla carità divina -- di colui che "si distingue fra diecimila" e la cui "persona è un incanto". Cantico dei Cantici 5:10, 16. Ecco il compito più grande per il quale dobbiamo impiegare il dono della parola. Questo talento ci è stato dato affinché annunciamo Cristo, il Salvatore che perdona i peccati. L'influenza PV 233 1 In tutta la sua vita terrena Cristo esercitò un'influenza immensa che lo univa a Dio e a tutta la famiglia umana. Tramite Cristo Dio ha investito l'uomo di un influsso che non gli permette di vivere solo per se Stesso. Ognuno di noi fa parte dell'universo di Dio, è legato agli altri e tutti abbiamo obblighi reciproci. Nessuno può vivere indipendentemente dagli altri, in quanto la prosperità degli uni decide di quella degli altri. Il piano di Dio è che ciascuno si senta necessario al bene comune e si sforzi di contribuire alla felicità di tutti. PV 233 2 Ogni individuo emana un'atmosfera particolare che può essere illuminata dalla forza vivificante della fede, dal coraggio, dalla speranza e dalla dolce fragranza dell'amore, oppure essere incupita e gravata di malumore ed egoismo o avvelenata da qualche peccato lungamente accarezzato. Chiunque ci passa vicino, consapevole o no, subisce gli effetti di questa atmosfera che ci circonda. PV 233 3 Ne scaturisce una responsabilità alla quale non possiamo sottrarci: le nostre parole, gli atti, il modo di vestire, il contegno, perfino l'espressione del viso emanano un'influenza dai risultati, buoni o cattivi che siano, imprevedibili. Ogni impressione che suscitiamo è un seme darà il suo frutto, un anello nella lunga catena delle vicende umane cui non si riesce a vedere la fine. Se col nostro esempio aiutiamo gli altri a seguire dei buoni principi, gli comunichiamo la forza di fare il bene. Anch'essi influenzeranno altri positivamente, e quelli altri ancora, cosicché il nostro influsso, senza che ce ne rendiamo conto, può trarsi in una benedizione per migliaia di persone. PV 233 4 Getta un sasso in uno stagno e subito si formerà un'onda, poi un'altra e un'altra ancora, ed il cerchio andrà via via allargandosi fino a raggiungere la sponda. Altrettanto avviene con la nostra influenza: essa si trasforma in benedizione o maledizione per gli altri, ben al di là di quando immaginiamo o possiamo controllare. PV 233 5 Il carattere è una potenza. La testimonianza silenziosa di una vita consacrata, sincera e disinteressata esercita un'influenza quasi irresistibile. Manifestando il carattere di Gesù nella nostra vita noi collaboriamo con lui nell'opera di salvezza degli altri. Solo così possiamo essere suoi collaboratori. E man mano che cresce la nostra sfera d'influenza aumentano le nostre possibilità di fare del bene. Quando tutti coloro che professano di servire Dio seguiranno l'esempio di Cristo, applicando i principi della legge divina nella vita quotidiana, quando ogni loro atto dimostrerà concretamente che amano Dio più di tutto ed il prossimo come se stessi, la chiesa sarà in grado di scuotere il mondo. PV 234 1 Ma non dobbiamo dimenticare che esiste anche un influsso negativo. E terribile andare in perdizione, ma far perdere gli altri è ancora peggio! Che idea terrificante pensare che il nostro influsso possa spingere altri alla morte! Eppure questo è più che possibile. Molti che pretendono di raccogliere per Cristo, in realtà disperdono e allontanano i fedeli da lui. Ecco perché la chiesa è debole! Molti si permettono di criticare e accusare gli altri liberamente. Esprimendo sospetti, gelosia e scontento si trasformano in strumenti di Satana e, prima di rendersi conto di quello che stanno facendo, l'avversario ha già raggiunto il suo scopo: l'impressione negativa è già sorta si profilano delle ombre, gli strali di Satana hanno fatto centro e la diffidenza, il dubbio e l'incredulità occupano nei cuori il posto che avrebbe potuto occupare Cristo. Nel frattempo i collaboratori di Satana osservano compiaciuti coloro che hanno spinto allo scetticismo e che ora non sentono rimproveri né esortazioni. Confrontandosi con loro si lusingano di essere virtuosi e giusti, ma non si rendono minimamente conto che proprio loro, con discorsi avventati e un cuore malvagio, hanno contribuito al naufragio del loro carattere. E stata la loro influenza a far cadere questi miseri esseri già esposti alla tentazione. PV 234 2 Un atteggiamento frivolo, la sete di piacere e l'indifferenza spensierata dei sedicenti cristiani distolgono molti dal sentiero della vita. Ci sono tanti che saranno presi dalla paura quando dovranno presentarsi di fronte al tribunale divino per rispondere degli effetti della loro influenza! PV 234 3 Solo con la grazia di Dio possiamo usare questa dote nel modo giusto, dal momento che non c'è niente di buono in noi con cui influenzare positivamente gli altri. Quando avremo preso coscienza della nostra debolezza e dipendenza dalla potenza divina, non riporremo la nostra fiducia in noi stessi. Noi non sappiamo quali conseguenze può avere un giorno, un'ora o un solo momento, perciò non iniziamo mai la giornata senza raccomandare le nostre vie al Padre celeste. I suoi angeli hanno l'incarico di vegliare su di noi e se ci rimettiamo alla loro protezione, saranno alla nostra destra nel momento del pericolo. Quando inconsciamente stiamo per esercitare un'influenza sbagliata, essi saranno al nostro fianco per portarci su una strada migliore, scegliendo le parole per noi e guidando felicemente i nostri passi. Così la nostra influenza si trasformerà in una forza silenziosa, inconsapevole e tuttavia efficace nell'attrarre gli altri a Cristo e al cielo. Il tempo PV 235 1 Il nostro tempo, ogni momento, appartiene a Dio, ed è il nostro più solenne dovere utilizzarlo alla sua gloria. Di nessun altro talento Egli ci chiederà conto così rigorosamente come del tempo. PV 235 2 Il tempo ha un valore inestimabile. Per Cristo ogni istante era prezioso e così dovremmo considerarlo anche noi. La vita è troppo breve sprecarla futilmente. Ci rimangono pochi giorni di grazia per prepararci all'eternità e non c'è tempo da perdere o da dedicare alla ricerca piaceri o alle gioie del peccato. È ora che dobbiamo formare il nostro carattere per l'eternità e prepararci al giudizio investigativo. PV 235 3 L'uomo è appena nato che il processo della morte incomincia; la vita di incessante lavoro finisce nel nulla se non acquisisce per tempo la vera conoscenza della vita eterna. Chi invece impiega proficuamente il suo tempo si prepara alle dimore celesti e ad una vita immortale non è nato invano. PV 235 4 La Bibbia ci esorta ad approfittare del tempo, ma quello che abbiamo sprecato è perduto per sempre, non possiamo recuperarne nemmeno un momento! L'unico modo di "riscattarlo" è quello di utilizzare il tempo che ci rimane come meglio possiamo, collaborando con Dio nel grande piano di redenzione. PV 236 1 Chi opererà in tal senso noterà la trasformazione del proprio carattere: egli diventa figlio di Dio, membro della famiglia reale, figlio del Re celeste, ed è degno di entrare nella compagnia degli angeli. PV 236 2 Ora è il momento propizio per additare all'umanità la via della salvezza. Alcuni pensano che il loro dovere si esaurisca nell'offrire denaro alla causa di Cristo e lasciano passare inutilmente il tempo prezioso che potrebbero consacrare all'attività evangelistica personale. Invece è privilegio e dovere di chiunque abbia energia e goda buona salute, servire il Signore attivamente per guadagnare uomini a Cristo. Le offerte pecuniarie non sostituiscono il lavoro personale. PV 236 3 Dato che ogni momento è gravido di conseguenze per l'eternità, dobbiamo essere sempre pronti per ogni emergenza. L'occasione che ora ci si offre di annunciare la Parola della vita ad un uomo in crisi, può non ripresentarsi più, perché Dio potrebbe dirgli: "Questa notte stessa l'anima tua ti sarà domandata". Luca 12:20. E se non è pronto, può essere anche colpa nostra. In tal caso, come ci giustificheremo dinanzi a Dio nel gran giorno del giudizio? PV 236 4 La vita è troppo solenne per lasciarci assorbire totalmente da questioni materiali e terrene, da un vortice di ansietà e preoccupazioni per cose completamente insignificanti di fronte ai valori eterni. Nondimeno Dio ci chiama a servirlo anche negli affari della vita temporale; l'impegno in quest'opera rientra nella vera religiosità come la meditazione e la preghiera. La Bibbia non giustifica i fannulloni. La pigrizia è la peggiore piaga che affligga il mondo e chi è veramente convertito lavorerà con cura e zelo. PV 236 5 Dal giusto uso del tempo dipende anche se avremo successo nell'acquisire conoscenze e cultura intellettuale. La povertà, umili origini e altre circostanze sfavorevoli non saranno un ostacolo insormontabile se sappiamo far tesoro di ogni istante disponibile. Alcuni momenti qui e altri là, trascorsi in chiacchiere inutili; le ore mattutine passate a poltrire a letto; il tempo impiegato viaggiando in tram o in autobus, o ad aspettare alla stazione, prima di mettersi a tavola oppure ad attendere gente poco puntuale ad un appuntamento: quante cose si potrebbero fare se avessimo un libro a portata di mano e approfittassimo di questi tagli di tempo per studiare, leggere e riflettere accuratamente! Chi è di fermi propositi, impegnato e sa fare un'attenta economia del proprio tempo, sarà in grado di acquisire conoscenze ed un'abilità mentale che gli permetteranno di occupare quasi qualunque ufficio d'influenza e responsabilità. PV 237 1 È dovere di ogni cristiano abituarsi a lavorare con metodo, accuratezza e rapidità. Non c'è scusa per chi fa un lavoro lento e raffazzonato. Se uno è continuamente affaccendato e tuttavia non arriva a capo di nulla, è perché non impegna il cuore e l'anima. Chi lavora con flemma ed in perdita, deve rendersi conto della necessità di correggere questi difetti. Bisogna che impari ad utilizzare il tempo in modo da conseguire i migliori risultati. Con tatto e metodo alcuni smaltiscono in cinque ore il lavoro che altri fanno in dieci. Certe casalinghe sono indaffarate tutto il giorno, non perché ci sia tanto da fare, bensì perché non sanno economizzare il tempo. Con il loro ritmo lento e pieno di rinvii si danno un gran daffare per faccende inutili, ma chiunque voglia può vincere queste abitudini deplorevoli: si fissi un obiettivo preciso e si segua un programma di lavoro prestabilito, non risparmiando sforzi per finire entro il termine. La ferma volontà di lavorare speditamente renderà più rapido anche il movimento delle mani. PV 237 2 Quando manca l'energia e la decisione di imporsi un'autodisciplina e di cambiare se stessi, ci si àncora inesorabilmente a metodi di lavoro sbagliati. Al contrario, chi coltiva le proprie doti sviluppa delle abilità che gli permetteranno di assolvere i suoi compiti nel modo migliore. I suoi servizi saranno cercati sempre e ovunque ed egli sarà apprezzato nel suo giusto valore. PV 237 3 Molti bambini e fanciulli perdono tempo invece di dare una mano nei lavori domestici e dimostrare così il loro amore per i genitori, mentre i giovani potrebbero assumere già qualche incarico che altrimenti andrà a ricadere su qualcun altro. PV 237 4 Sin dalla più tenera infanzia Cristo ha avuto una vita molto attiva. Non viveva per compiacere se stesso. Pur essendo il Figlio di Dio lavorava nella falegnameria di Giuseppe, suo padre terreno. Questo mestiere era significativo e simboleggiava anche che Egli era venuto nel mondo come artefice del carattere e come tale ogni sua opera fu perfetta. Tutti i suoi lavori materiali erano caratterizzati da quella compiutezza che poi trasfondeva nei caratteri che trasformava con la sua potenza divina. Egli è e rimane il nostro modello. PV 238 1 I genitori hanno il dovere di insegnare ai figli il valore ed il giusto uso del tempo, che vale la pena impegnarsi in un'opera che onora Dio e torna a beneficio dell'umanità. Sin dalla più tenera età i piccoli possono essere missionari al servizio di Dio! PV 238 2 I genitori non potrebbero commettere peccato più grave del tollerare nei figli la pigrizia e l'ozio. I bambini si abituano presto a non far niente e così cresceranno inutili e incapaci. Quando arriverà il momento di guadagnarsi da vivere e troveranno un impiego, si metteranno al lavoro pigramente, pretendendo tuttavia la medesima retribuzione di chi s'impegna energicamente. C'è una differenza enorme fra questo tipo di persone e quanti hanno coscienza di dover essere fedeli operai e amministratori di Dio. PV 238 3 L'indolenza e la trascuratezza nel lavoro quotidiano si rifletteranno poi sulla vita di fede, rendendo l'individuo incapace di svolgere un servizio efficace nella causa di Dio. Grazie ad un lavoro diligente molti avrebbero potuto essere una benedizione per il mondo, ma la pigrizia ha rovinato la loro vita. La mancanza d'impegno e di fermi propositi apre la porta a mille e mille tentazioni: le cattive compagnie e le abitudini viziose corrompono l'anima e lo spirito e rovinano l'individuo per la vita presente e per quella futura. PV 238 4 Qualunque sia il nostro campo di attività, la Parola di Dio ci invita: "Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore". Romani 12:11. "Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze", "sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l'eredità. Servite a Cristo il Signore!" Ecclesiaste 9:10; Colossesi 3:24. La salute PV 238 5 La salute è un bene che pochi sanno apprezzare, eppure la nostra efficienza fisica e mentale dipende in gran parte da lei! Il corpo è la sede delle nostre sensazioni e dei nostri istinti più forti, bisogna perciò mantenerlo nelle migliori condizioni fisiche e sottoporlo ad influenze spirituali per utilizzare al meglio i talenti ricevuti. PV 239 1 Tutto ciò che riduce le nostre forze fisiche indebolisce anche lo spirito e la facoltà di distinguere il bene dal male. In tal caso saremo sempre meno in grado di scegliere il bene e diminuirà la nostra forza di volontà di scegliere la giustizia. PV 239 2 L'abuso delle nostre forze fisiche abbrevia la durata della vita che altrimenti avremmo potuto impiegare per la gloria di Dio, e ci rende incapaci di eseguire l'opera che Egli ci ha affidato. Le abitudini sbagliate, come ad esempio le veglie prolungate e la soddisfazione dell'appetito a spese della salute, pregiudicano il nostro benessere fisico. La mancanza di movimento o il sovraffaticamento fisico e mentale squilibrano il sistema nervoso. Chi abbrevia in tal modo la propria vita e si rende incapace di qualche attività al servizio di Dio, perché ignora le leggi della natura, è colpevole di rapina dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. Col suo modo di agire egli distrugge la possibilità di fare del bene agli altri, che è proprio la missione alla quale Dio lo chiama in questo mondo; non è più in grado di assumere incarichi più lievi che avrebbe potuto assolvere in meno tempo. Il Signore ci ritiene responsabili del bene che avremmo potuto fare al mondo e che non abbiamo fatto a causa delle nostre insane abitudini. PV 239 3 Violare le leggi naturali equivale a violare le leggi morali, dal momento che Dio è l'autore delle une come delle altre. Egli le ha scritte su ognuno dei nostri nervi e muscoli, su ogni nostra facoltà; abusando di una qualunque parte del nostro organismo trasgrediamo nel contempo legge morale. PV 239 4 Tutti dovrebbero avere una conoscenza intelligente del corpo umano per mantenerlo nelle condizioni più adatte a svolgere un lavoro nella vigna del Signore. Bisogna che curiamo attentamente la nostra salute se vogliamo riflettere la natura divina in tutta la sua pienezza. L'intima relazione esistente tra la condizione fisica e la vita spirituale costituisce uno degli aspetti più rilevanti dell'educazione e bisognerebbe dedicarle la dovuta attenzione in famiglia e a scuola. Ognuno di noi dovrebbe acquisire le cognizioni fondamentali dell'anatomia e studiare le leggi della vita naturale. Chi rimane volontariamente nell'ignoranza di queste leggi e le viola, commette peccato contro Dio. Tutti noi dovremmo adoperarci per creare le migliori condizioni possibili a favore della vita e della salute e sottoporre le nostre abitudini al controllo di un intelletto che sia anch'esso guidato da Dio. PV 240 1 "E non sapete voi", scrive l'apostolo Paolo, "che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Poiché foste comprati a prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo". 1 Corinzi 6:19, 20. La forza PV 240 2 Dobbiamo amare Dio non solamente con tutto il cuore, l'anima e lo spirito, ma anche con tutta la nostra forza, e questo esige un uso intelligente delle nostre energie fisiche. PV 240 3 Cristo assolveva fedelmente sia i suoi compiti materiali che quelli spirituali e traduceva in tutta la sua attività il proposito di fare la volontà del Padre. Il cielo e la terra sono legati più intimamente e sono sottoposti alla sorveglianza di Cristo più direttamente di quanto molti immaginano. Era stato Cristo a concepire il progetto del primo tabernacolo terreno e a dare precise istruzioni anche per la costruzione del tempio di Salomone. Colui che nella sua vita terrena aveva lavorato da falegname a Nazaret era nello stesso tempo l'architetto celeste del sacro edificio in cui gli uomini dovevano onorare il suo nome! PV 240 4 Era stato Cristo a trasmettere ai costruttori l'abilità e la saggezza di realizzare quel singolare capolavoro: "Vedi, io ho chiamato per nome Betsaleel, figliuolo di Un, figliuolo di Hur, della tribù di Giuda: e l'ho ripieno dello Spirito di Dio, di abilità, d'intelligenza e di sapere per ogni sorta di lavori... Ed ecco, gli ho dato per compagno Oholiab, figliuolo di Ahisamac, della tribù di Dan; e ho messo sapienza nella mente di tutti gli uomini abili, perché possan fare tutto quello che t'ho ordinato". Esodo 31:2, 3, 6. PV 241 1 Dio desidera che tutti i suoi collaboratori, in qualunque settore lavorino, riconoscano in lui il dispensatore di tutti i talenti che possiedono. Tutte le buone invenzioni ed i vari miglioramenti scaturiscono da colui che è ammirevole per i suoi consigli e grande in sapienza. Il medico deve il suo abile tocco, la capacità di intervenire su nervi e muscoli, la conoscenza dei delicati meccanismi organici, all'onnipotenza di Dio che gli ha concesso tutto questo perché lo usi a favore dei sofferenti. La destrezza del carpentiere nell'usare il martello e la forza del fabbro che batte l'incudine, provengono da Dio. Egli ci ha affidato dei doni e si attende che andiamo a lui per chiedergli consiglio. Qualunque cosa facciamo, in qualsiasi ramo dell'opera lavoriamo, Egli desidera dirigere il nostro pensiero e la nostra mente affinché facciamo un lavoro perfetto. PV 241 2 La religione e l'attività professionale non vanno separate perché sono tutt'uno. La nostra fede biblica dovrebbe permeare tutto quello che facciamo o diciamo. Gli strumenti umani e divini devono collaborare sia nelle imprese materiali che in quelle spirituali, nell'industria e nell'agricoltura, nel commercio e in campo scientifico. Ogni iniziativa del cristiano deve svolgersi all'insegna della più stretta collaborazione. PV 241 3 Dio ha già proclamato a quali condizioni questa collaborazione è possibile. La sua gloria deve essere il nostro unico movente, tutta la nostra opera deve essere ispirata dall'amor di Dio e svolta secondo la sua volontà. PV 241 4 È importante fare la volontà di Dio nel costruire una casa come nel partecipare al culto religioso; chi ispira il proprio carattere ai retti princìpi crescerà anche in grazia e conoscenza nel suo lavoro quotidiano. PV 241 5 Tuttavia Dio non accetterà i talenti più brillanti o il servizio più splendido di un individuo che non è disposto a deporre il proprio io sull'altare in sacrificio vivente. Se la radice non è santa l'albero non può portare un frutto gradito a Dio. PV 241 6 Il Signore fece degli abili amministratori di Daniele e Giuseppe, speciali tramite i quali Egli poté operare perché essi non cercavano il proprio piacere ma la sua volontà. PV 241 7 Il caso di Daniele è molto istruttivo per noi e ci dimostra che un uomo d'affari non necessariamente deve essere astuto e senza scrupoli, anzi può chiedere consiglio a Dio ad ogni passo. Primo ministro del regno babilonese, Daniele era nel contempo un profeta di Dio che riceveva la luce delle rivelazioni celesti. La Bibbia paragona gli ambiziosi statisti del mondo all'erba e al fiore che presto cresce, fiorisce e muore, nondimeno il Signore gradisce collaboratori intelligenti e abili nei vari rami della sua opera. C'è bisogno di uomini d'affari che trasfondano i grandi principi della verità in tutte le loro transazioni e che perfezionino le loro doti con studi accurati e una continua preparazione. Se ci sono uomini che devono sfruttare in tutti i campi le varie possibilità per acquisire saggezza ed efficienza, sono proprio coloro che usano le loro capacità per costruire il regno di Dio sulla terra! Quando l'amministrazione di Daniele fu sottoposta ad un attento esame, non emerse il minimo errore. Egli rimane d'esempio per tutti gli uomini d'affari, e la sua storia dimostra che cosa può raggiungere l'uomo che consacra l'intelligenza, il cuore e ogni energia al servizio di Dio. Il denaro PV 242 1 Dio affida all'uomo anche dei beni e gli dà la capacità di acquisire ricchezze. Egli bagna la terra con la rugiada del cielo e con le piogge, fa splendere il sole che riscalda il terreno, desta ovunque nuova vita nella natura facendola fiorire e fruttificare. In cambio di tutto questo Dio chiede che gli restituiamo una parte di quanto gli appartiene. PV 242 2 Il denaro non ci viene dato per onorare ed esaltare noi stessi, bensì affinché lo usiamo, da fedeli amministratori, ad onore e gloria di Dio. Alcuni pensano che solo una parte dei loro beni appartenga al Signore e così, dopo aver stanziato una certa somma per scopi religiosi e di beneficenza, ritengono il resto loro proprietà di cui possono disporre a piacimento. È un errore: tutto quel che possediamo è del Signore e noi siamo responsabili di fronte a lui dell'uso che ne faremo. Ogni lira che spendiamo dimostrerà se amiamo Dio sopra tutto e il nostro prossimo come noi stessi. PV 242 3 Il denaro è prezioso perché può fare molte opere buone: nelle mani dei figli di Dio esso si trasforma in cibo per gli affamati, bevanda per gli assetati e vestito per gli ignudi, strumento di difesa per gli oppressi e di soccorso per gli infermi. Ma se non si usa per soddisfare i bisogni elementari della vita quotidiana, per il bene del prossimo e l'avanzamento della causa di Cristo, esso non vale più della sabbia. PV 243 1 Le ricchezze accumulate non sono solo inutili, ma una maledizione, un insidia per l'anima che distolgono dai tesori celesti. Nel giorno del giudizio esse saranno una testimonianza di condanna contro il possessore per i talenti che non ha sviluppato e le occasioni che ha trascurato. La Scrittura dice: "A voi ora, o ricchi! Piangete e urlate per le calamità che stanno per venirvi addosso! Le vostre ricchezze son marcite, e le vostre vesti son rose dalle tignuole. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro a voi, e divorerà le vostre carni a guisa di fuoco. Avete accumulato tesori negli ultimi giorni. Ecco, il salario dei lavoratori che han mietuto i vostri campi, e del quale li avete frodati, grida; e le grida di quelli che han mietuto sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti". Giacomo 5:1-4. PV 243 2 Tuttavia Cristo non approva chi spreca il denaro con leggerezza e Invita tutti i suoi seguaci ad apprendere la lezione del risparmio: "Raccogliete i pezzi avanzati, che nulla se ne perda". Giovanni 6:12. Chi ha capito che anche il suo denaro è un dono di Dio, lo userà con parsimonia e sentirà il dovere di risparmiarlo per darlo a chi ne ha bisogno. PV 243 3 Quanto più spendiamo per la nostra vanitosa ostentazione e soddisfazione personale, tanto meno ci rimarrà per alimentare gli affamati e vestire gli ignudi. Ogni lira spesa futilmente riduce le nostre possibilità di fare del bene agli altri ed equivale a derubare Dio dell'onore e della gloria che scaturirebbero da un corretto impiego dei talenti che ci ha affidato. Impulsi generosi e gesti di bontà PV 243 4 Un carattere benevolo e affettuoso e la capacità di afferrare subito i temi spirituali sono talenti preziosi e comportano una grande responsabilità per chi li possiede. Bisogna impegnare anche queste doti al servizio di Dio, ma molti sbagliano in proposito: si compiacciono di queste qualità ma non le mettono al servizio degli altri. Si lusingano pensando che farebbero qualcosa di buono e grandioso se ne avessero l'occasione, se le circostanze fossero favorevoli, e così continuano ad attendere l'occasione... Disprezzano la meschinità dell'avaro che rimpiange il boccone dato al bisognoso. Vedono che vive solo per se stesso e che è responsabile dei suoi talenti usati cosi male. Con un certo compiacimento si paragonano a lui e si convincono di essere molto migliori di una persona così gretta, ma si ingannano. Anche loro hanno dei doni inutilizzati e questo non fa che accrescere la loro responsabilità. Quanti hanno grandi qualità affettive, hanno il dovere dinanzi a Dio di manifestarle non solo agli amici, ma a tutti coloro che hanno bisogno del loro aiuto. Anche i vantaggi di ordine sociale rappresentano dei talenti da usare a beneficio di quanti ci stanno intorno. Se siamo gentili solo con alcuni, questo non è vero amore ma egoismo e non contribuirà al bene degli altri né alla gloria di Dio. Chi lascia inutilizzati i doni di Cristo è più colpevole di quell'avaro per il quale provava solo disprezzo. A questo tipo di persone un giorno sarà detto: "Conoscevate la volontà del Maestro, ma non l'avete fatta!" I talenti sì moltiplicano con l'uso PV 244 1 I talenti utilizzati si moltiplicano. Il successo non dipende dal caso o dal destino, ma è il risultato della provvidenza divina, la ricompensa della fede e della prudenza, della virtù e di sforzi perseveranti. Il Signore desidera che impieghiamo ogni nostro dono e se lo facciamo ne riceveremo di più grandi. Dio non ci dà in modo soprannaturale le doti che ci mancano, me se usiamo quelle che abbiamo, Egli ci aiuterà ad incrementarle e a perfezionarle. Ogni sacrificio fervente e sincero che facciamo al servizio del Maestro contribuirà allo sviluppo dei nostri talenti. Se ci mettiamo a disposizione dello Spirito Santo per essere suoi docili strumenti, la grazia divina ci aiuterà a vincere le cattive tendenze, le abitudini inveterate, per farci trovare un nuovo stile di vita. Seguendo i suggerimenti dello Spirito, il nostro cuore potrà ricevere sempre più la sua forza e noi saremo in grado di lavorare sempre più o meglio. Si destano energie latenti e le capacità atrofizzate ricevono nuova vita. PV 245 1 Chi obbedisce umilmente all'appello divino può avere la certezza che Dio l'aiuterà. L'accettare una responsabilità così solenne eleva il carattere, mobilita le più alte facoltà mentali e spirituali e affina i pensieri ed i sentimenti. È meraviglioso osservare come, grazie alla fede nella potenza di Dio, un essere debole acquisti forza, produca sforzi decisi e ottenga grandi risultati. Chi inizia anche con modeste conoscenze, dicendo quello che sa e continuando a studiare con zelo, vedrà aprirsi tutti i tesori celesti dinanzi a lui. Quanta più luce trasmetterà agli altri tanta più ne riceverà, e man mano che spiega la Parola di Dio agli altri, spinto dall'amore del prossimo, la comprenderà meglio personalmente. il nostro sapere e le nostre capacità cresceranno con l'uso. PV 245 2 Ogni sforzo intrapreso a favore di Cristo si rifletterà beneficamente su noi stessi. Se impieghiamo i nostri mezzi alla sua gloria Egli ce ne darà di più; quando cerchiamo di guadagnare altri per Cristo, esprimendo in preghiera la nostra responsabilità, l'influsso vivificante della grazia di Dio ci toccherà il cuore e conferirà un fervore divino alla nostra carità. Tutta la nostra vita di fede si farà più autentica, più fervente e animata da uno spirito di preghiera. PV 245 3 Il cielo giudica il valore di un uomo dalla sua capacità di conoscere Dio. Questa conoscenza è la sorgente di ogni forza. Dio ha creato l'uomo per manifestare il suo Spirito creativo in ognuna delle doti umane e cerca sempre di associare il pensiero umano a quello divino. Egli ci offre il privilegio di collaborare con Cristo nel rivelare la sua grazia al mondo e farci acquisire una maggiore conoscenza delle cose celesti. PV 245 4 Contemplando Gesù, la nostra concezione di Dio si farà sempre più chiara e profonda e questa contemplazione ci trasformerà: la bontà e l'amor del prossimo diventeranno un istinto naturale e svilupperemo un carattere che sarà una copia di quello di Dio. Crescendo alla sua somiglianza, riuscirèmo a conoscerlo sempre meglio. Entreremo in intima comunione col cielo e crescerà la nostra capacità di ricevere le ricchezze della conoscenza e sapienza eterna. Un solo talento PV 246 1 Il servo che aveva ricevuto un talento "andò e, fatta una buca in terra, vi nascose il danaro del suo padrone". Matteo 25:18. PV 246 2 Proprio colui che aveva ricevuto il talento più piccolo lo lasciò inutilizzato. C'è in questo un avvertimento per tutti coloro che si sentono dispensati dal servire Cristo per la modestia delle loro doti. Se ci fosse qualcosa di grande da realizzare, come la farebbero volentieri! Ma siccome sono in grado di assumere solo piccoli incarichi, credono di avere il diritto di non fare niente! Che errore! Distribuendo i talenti il Signore prova il carattere. L'uomo che trascurò il talento ricevuto si dimostrò servo infedele, e se ne avesse ricevuti cinque li avrebbe nascosti lo stesso in una buca. Il cattivo uso fatto di quell'unico talento dimostrava chiaramente che egli disprezzava i doni del cielo. PV 246 3 "Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele nelle grandi". Luca 16:10. Spesso si sottovaluta l'importanza delle piccole cose proprio perché sono piccole, eppure sono proprio loro a determinare ampiamente il corso della nostra vita quotidiana. Per il cristiano le cose di poco conto in effetti non esistono. Noi compromettiamo lo sviluppo del nostro carattere se sottovalutiamo l'importanza delle piccole cose. PV 246 4 "Chi è ingiusto nelle cose minime, è pure ingiusto nelle grandi". Luca 16:10. Chi trascura sia pure i doveri minimi rifiuta in sostanza il servizio che dovrebbe rendere a Dio, e questa infedeltà si riflette negativamente su di lui stesso perché egli non può ricevere né la grazia né la forza di carattere né il vigore che si otterrebbero consacrandosi senza riserve a Dio. Allontanandosi da Cristo egli si espone alle tentazioni di Satana e commette gravi errori al servizio del Maestro. Non attenendosi ai retti principi nelle piccole cose, non obbedisce a Dio nemmeno nei compiti che ritiene più importanti. I difetti manifestati nelle vicende minori della vita si fanno sentire anche negli affari più rilevanti. Egli agisce appunto com'è abituato. Il ripetersi dei medesimi atti crea l'abitudine, l'abitudine plasma il carattere e il carattere decide del nostro destino per il tempo e per l'eternità. PV 247 1 Solo la fedeltà nei piccoli doveri prepara l'individuo ad assumere responsabilità maggiori. Dio mise Daniele e i suoi compagni in contatto con i più eminenti personaggi di Babilonia affinché quei pagani conoscessero i principi della vera fede. In mezzo ad un popolo idolatrico Daniele doveva rappresentare il carattere di Dio. Che cosa gli permise di ricoprire un incarico così importante, di fiducia e onore? Proprio la fedeltà nelle piccole cose che ispirava tutta la sua vita. Egli onorava Dio anche nei minimi doveri e il Signore collaborava con lui. A lui e ai suoi compagni Egli "dette conoscenza e intelligenza in tutta la letteratura e sapienza; e Daniele s'intendeva d'ogni sorta di visioni e di sogni". Daniele 1:17. PV 247 2 Come chiamò Daniele ad essere suo testimone a Babilonia, Dio chiama anche noi ad essere i suoi araldi nel mondo d'oggi e desidera che viviamo i principi del suo regno di fronte all'umanità, nelle piccole vicende della vita come nelle più grandi. PV 247 3 Cristo stesso ci ha insegnato durante la sua vita terrena quanto sia importante dedicare cura e attenzione ai minimi particolari. La grande opera della redenzione gli pesava continuamente nell'anima. Mentre ammaestrava e guariva doveva impegnare al massimo ogni sua energia fisica e psichica, eppure non gli sfuggivano gli aspetti più semplici della vita quotidiana e della natura, anzi ne approfittava per impartire le sue lezioni più istruttive sulle grandi verità del regno di Dio. Non ignorava le necessità del suo più umile servo e ascoltava il grido del bisognoso. Non era rimasto insensibile a quella povera donna che l'aveva toccato in mezzo alla folla: anche il minimo gesto di fede trovava esaudimento. Dopo aver risuscitato la figlia di Iairo dalla morte ricordò ai genitori di darle da mangiare, e, quando lui stesso, con la sua potenza, risorse dalla tomba, ebbe cura di piegare e mettere accuratamente da parte i panni mortuari nei quali era stato avvolto. PV 247 4 L'opera alla quale siamo chiamati come cristiani è di collaborare con Cristo per la salvezza degli altri. Ci siamo impegnati in quest'opera con un patto e trascurarla significa dimostrarsi infedeli a lui. Se invece vogliamo assolvere questo compito dobbiamo seguire coscienziosamente il suo esempio anche nelle piccole cose. Ecco il segreto del successo in ogni campo di attività e di influenza del cristiano! PV 248 1 Il Signore desidera che il suo popolo giunga al più alto gradino della scala per glorificarlo con le doti e capacità che Egli vuole elargirgli. Nella sua grazia Egli ha adottato tutti i provvedimenti che ci permettono di dimostrare che noi agiamo secondo piani e concezioni migliori di quelli del mondo. Dobbiamo rivelare una superiorità di intelligenza, abilità pratica e conoscenza perché crediamo in Dio e nella sua potenza di trasformare il cuore umano. PV 248 2 Non si scoraggi chi non ha ricevuto grandi doti! Usi quelle che ha, tenendo d'occhio i propri punti deboli di carattere e cercando di fortificarli con la grazia di Dio. Ogni atto della vita si ispiri alla fedeltà e all'accuratezza. Coltiviamo quelle caratteristiche che ci aiuteranno a fare un buon lavoro. PV 248 3 Bisogna combattere decisamente la tendenza alla trascuratezza. Molti credono di poter scusare anche gli errori più gravi con la loro dimenticanza, ma non possiedono anche loro le stesse facoltà mentali degli altri? Esercitino la memoria! Dimenticare, essere negligenti è peccato. Se ti abitui alla trascuratezza, finirai per trascurare anche la salvezza dell'anima e infine ti ritroverai impreparato per il regno di Dio! PV 248 4 Bisogna tradurre le grandi verità anche nelle piccole cose, applicare praticamente la fede agli umili doveri della vita quotidiana. La prima e più grande virtù dell'uomo è quella di obbedire assolutamente alla Parola di Dio. PV 248 5 Dato che non lavorano direttamente in un'opera religiosa, molti si sentono inutili e credono di non portare alcun contributo all'avanzamento del regno di Dio, ma si sbagliano. Se svolgono un lavoro che qualcuno deve pur fare, non devono rimproverarsi di essere inutili nella grande famiglia di Dio. Non bisogna ignorare i doveri più umili. Qualunque lavoro onesto è una benedizione e la fedeltà in esso può dimostrarsi una preparazione ad assumere incarichi di maggiore responsabilità. PV 248 6 Dio gradisce qualsiasi servizio che gli dedichiamo con abnegazione, il più umile come il più elevato. Nessuna offerta è piccola quando si fa con gioia e sincerità. PV 249 1 Ovunque ci troviamo, Cristo ci esorta ad assolvere i doveri che si presentano. Se si tratta del focolare, fai il possibile per renderlo piacevole e accogliente. Se sei una madre, educa i figli nello spirito di Cristo e il tuo compito non sarà affatto inferiore a quello del predicatore al pulpito. Se lavori in cucina, sii una cuoca perfetta; nella preparazione dei cibi bada che siano sani, nutrienti e appetitosi. E come per i tuoi piatti usi i migliori ingredienti, alimenta il tuo spirito con i migliori pensieri. Che tu sia contadino e coltivi la campagna o abbia un qualunque altro mestiere, fai il tuo lavoro come si deve e il successo non mancherà. Concentrati in quello che fai e sii un rappresentante di Cristo in ogni cosa, agendo come agirebbe lui al tuo posto. PV 249 2 Anche se il tuo talento è piccolo, il Signore se ne può servire lo stesso. Saggiamente impiegato farà anch'esso la sua parte. Mentre noi con la fedeltà nei piccoli doveri agiamo addizionando, Dio agirà per noi moltiplicando. Così le piccole cose finiranno per esercitare l'influenza più potente in tutta la sua opera. PV 249 3 La fede vivente ispiri e guidi come un filo d'oro l'assolvimento dei doveri più umili, e allora tutto il lavoro giornaliero favorirà la nostra crescita cristiana. Terremo lo sguardo fisso a Gesù e l'amore di lui vivificherà tutte le nostre imprese. Così il giusto uso dei nostri talenti ci legherà come un'aurea catena al mondo celeste. In fondo la vera santificazione è proprio questa: fare con gioia il proprio dovere quotidiano obbedendo perfettamente alla volontà di Dio. PV 249 4 Ma molti cristiani attendono di ricevere qualche grande compito, e siccome non trovano un impiego che gli permetta di soddisfare la loro ambizione, finiscono per trascurare anche i comuni doveri della vita che essi giudicano così poco interessanti. Un giorno dopo l'altro lasciano passare le occasioni per dimostrare la loro fedeltà a Dio, e mentre continuano a sognare qualche grande impresa, la loro vita scorre senza che essi raggiungano l'obiettivo e la loro opera rimane da fare. La resa del conti PV 249 5 "Or dopo molto tempo, ecco il padrone di que' servitori a fare i conti con loro". Matteo 25:19. Quando il Signore chiamerà i servi a render conto, esaminerà il frutto di ogni talento e la resa manifesterà il carattere di ogni operaio. PV 250 1 Coloro che avevano ricevuto l'uno cinque e l'altro due talenti li restituiscono al padrone con il relativo guadagno, ma senza rivendicare alcun merito. I talenti erano stati loro affidati solo in prestito, e senza questo capitale non avrebbero potuto ricavare alcun interesse. Hanno piena coscienza di aver fatto solo il proprio dovere. Il capitale era del Signore, perciò anche gli interessi. Se il Salvatore non gli avesse dimostrato la sua grazia ed il suo amore, avrebbero fatto fallimento per l'eternità. PV 250 2 Nondimeno quando il Padrone riprende i talenti elogia e ricompensa i servi come se il merito fosse tutto loro. È visibilmente lieto e soddisfatto e si compiace di benedirli e approvarli. Premia ogni loro servizio e sacrificio, non perché gli debba nulla, ma perché il suo cuore trabocca di bontà e carità. PV 250 3 "Va bene, buono e fedel servitore;", esclama, "sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". Matteo 25:21. PV 250 4 È la fedeltà e la lealtà a Dio, un servizio d'amore, che Dio gradisce e approva. Ogni impulso dello Spirito Santo, che spinge gli uomini al bene e verso Dio, è registrato nei libri celesti. Nel giorno del giudizio tutti gli operai che sono stati uno strumento nelle sue mani saranno lodati. PV 250 5 Gioiranno col Signore quando vedranno nel suo regno coloro che sono stati redenti tramite loro, e godranno il privilegio di partecipare alla sua opera lassù essendosi preparati già qui a tale compito. Quello che saremo un giorno nel cielo è un riflesso di ciò che siamo ora nel carattere e nel modo di agire. Cristo ha detto di sé: "Il Figliuol dell'uomo non è venuto per esser servito ma per servire". Matteo 20:28. L'opera che ha compiuto in terra è la stessa che compie nei cieli, e se abbiamo collaborato con Cristo quaggiù, la nostra ricompensa sarà una maggiore capacità di lavoro e il privilegio di collaborare con lui nel mondo avvenire. PV 250 6 "Poi, accostatosi anche quello che aveva ricevuto un talento solo, disse: Signore, io sapevo che tu sei uomo duro, che mieti dove non hai seminato, e raccogli dove non hai sparso; ebbi paura, e andai a nascondere il tuo talento sottoterra; eccoti il tuo". Matteo 25:24, 25. PV 251 1 Ecco come gli uomini cercano di scusarsi quando hanno trascurato i doni di Dio! Giudicano Dio un inesorabile tiranno pronto a scoprire in loro il minimo errore per punirli duramente. L'accusano di pretendere cose che non ha mai dato e di voler raccogliere senza aver seminato... PV 251 2 Numerosi sono coloro che, fra sé e sé, accusano Dio di essere un padrone duro perché esige i loro beni ed il loro servizio, ma che cosa possiamo dare a Dio che non sia in realtà già suo? "Giacché tutto viene da te;", esclamava il re Davide, "e noi t'abbiam dato quello che dalla tua mano abbiam ricevuto". 1 Cronache 29:14. Tutte le cose appartengono a Dio, perché le ha create e redente, tutti i beni di questa vita e di quella avvenire che possiamo godere recano l'impronta della croce del Calvario. Perciò l'accusa che Dio sia un padrone duro e raccolga dove non ha seminato è priva di ogni fondamento. PV 251 3 Per quanto il rimprovero del servo infedele sia ingiusto, il padrone non lo confuta, anzi lo coglie sul suo stesso terreno per dimostrare che il suo modo di agire è iniscusabile. Non erano mancati al servo mezzi e modi per far fruttare il talento a favore del proprietario che replicò: "Dovevi dunque portare il mio danaro dai banchieri; e al mio ritorno, avrei ritirato il mio con interesse". Matteo 25:27. PV 251 4 Il nostro Padre celeste non richiede da noi né più né meno di quanto siamo in grado di fare secondo le capacità che ci ha dato. Non ci grava di un fardello che non possiamo portare: "Poiché egli conosce la nostra natura; egli si ricorda che siam polvere". Salmi 103:14. Tutto ciò che esige da noi possiamo anche farlo con la sua grazia. PV 251 5 "A chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato". Luca 12:48. Ognuno di noi sarà responsabile personalmente di aver fatto sia pure una virgola in meno di quanto avrebbe potuto fare. Il Signore misura esattamente la nostra possibilità di lavoro e terrà conto delle doti che abbiamo sfruttato come di quelle che abbiamo lasciato inutilizzate. Egli ci riterrà responsabili di tutto ciò che avremmo potuto guadagnare col giusto uso dei nostri talenti e ci giudicherà secondo quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto perché non abbiamo impiegato i nostri doni alla gloria di Dio. Anche se questo non comprometterà la salvezza della nostra anima, nell'eternità ci renderemo conto dei risultati della nostra trascuratezza. Tutto il sapere e l'abilità che non abbiamo acquisito per pigrizia sarà una perdita eterna e definitiva. PV 252 1 Quando invece ci consacriamo pienamente a Dio e nel lavoro seguiamo le sue istruzioni, assumerà lui la responsabilità della riuscita. Non dovremo preoccuparci o dubitare del successo dei nostri sforzi sinceri, e ancor meno dobbiamo temere l'insuccesso, essendo chiamati a collaborare con colui che non conosce il fallimento. PV 252 2 Non parliamo sempre della nostra debolezza e incapacità, e una dimostrazione di sfiducia in Dio una negazione della sua Parola. Quando mormoriamo per il nostro fardello o rifiutiamo le responsabilità che Egli vorrebbe affidarci, stiamo virtualmente affermando che è un padrone duro e che pretende da noi cose che non siamo in grado di fare. PV 252 3 Facilmente si scambia l'atteggiamento del servo indolente per umiltà, ma la vera umiltà è ben diversa, non ha niente a che fare con la ristrettezza mentale, la mancanza di aspirazioni e di coraggio nella vita e il rifiuto delle responsabilità per paura dell'insuccesso. L'umiltà autentica realizza i piani di Dio confidando nella sua forza. PV 252 4 Dio si serve di chi vuole e a volte sceglie proprio gli strumenti più umili per compiere le sue opere più grandiose, per rivelare la sua potenza attraverso la debolezza umana. Secondo le nostre convinzioni noi riteniamo una cosa grande e l'altra piccola, ma Dio adotta una misura diversa. Non pensiamo che ciò che è grande per noi lo sia anche per lui e viceversa. Non sta a noi giudicare il valore dei nostri talenti né sceglierci il compito da soli. Bisogna piuttosto accettare il fardello che Dio ci dà e portarlo alla sua gloria. Quando abbiamo bisogno di riposo andiamo a lui. Qualunque sia la nostra attività, onoreremo Dio solo servendolo con gioia e sincerità. Egli si compiace quando disimpegniamo lietamente i nostri doveri, con la grata consapevolezza di essere ritenuti degni di collaborare con lui. Il talento tolto PV 253 1 Contro il servo pigro fu pronunciata questa sentenza: "Toglietegli dunque il talento, e datelo a colui che ha i dieci talenti". Matteo 25:28. Come per la retribuzione degli operai fedeli, c'è qui un simbolo non solo del giudizio finale, ma anche del graduale processo di retribuzione che avviene in questa vita. Nell'ambito spirituale è come nella natura: ogni facoltà inutilizzata si indebolisce e muore. L'attività è la legge della vita, mentre l'ozio conduce alla morte. "Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l'utile comune". 1 Corinzi 12:7. Se li impieghiamo per il bene degli altri, i nostri doni aumenteranno, se li usiamo invece per i nostri scopi egoistici diminuiranno e alla fine ci saranno tolti completamente. Chi rifiuta di dare agli altri quello che ha, si accorgerà un giorno di non aver più niente da dare, avendo tollerato in sé una tendenza che finirà per atrofizzare e distruggere le facoltà dell'anima. PV 253 2 Nessuno si illuda di poter coltivare per tutta la vita i propri interessi egoistici e di entrare un giorno nella gioia del suo Signore! Simili persone non potrebbero condividere la gioia dell'amore disinteressato e sarebbero fuori posto in cielo. Non saprebbero apprezzare la pura atmosfera della carità che pervade il cielo, rimarrebbero indifferenti nell'udire le voci angeliche e le melodie delle loro arpe, la scienza celeste rimarrebbe per loro un mistero incomprensibile. PV 253 3 Nel gran giorno del giudizio chi non ha fatto niente per Cristo, chi ha seguito la corrente, rifiutando ogni responsabilità, pensando solo a se stesso, ai propri interessi e piaceri, si ritroverà insieme con gli empi e riceverà dal gran Giudice di tutta la terra la loro stessa condanna. PV 253 4 Molti sedicenti cristiani ignorano semplicemente le richieste divine e tuttavia non ci trovano niente di male. Sanno che il bestemmiatore, l'omicida e l'adultero meritano la punizione, ma quanto a loro, godono il piacere di partecipare al culto, ascoltano volentieri la predicazione evangelica e perciò si ritengono cristiani. Pur avendo trascorso tutta la vita curandosi solo di se stessi, rimarranno un giorno non poco stupiti, come il servo infingardo della parabola, di udire la sentenza: "Toglietegli dunque il talento". Come gli Ebrei, confondono il godimento per se dei beni ricevuti con l'uso che dovrebbero farne a favore degli altri. PV 254 1 Molti eludono l'impegno cristiano scusandosi di non essere capaci, ma è stato Dio a crearli veramente incapaci? Assolutamente no! Questa incapacità è il prodotto della loro inattività e di una precisa scelta. Già ora si fa sentire in loro l'esito della sentenza: "Toglietegli dunque il talento". Il continuo abuso dei loro talenti finirà per allontanare da loro lo Spirito Santo, l'unica luce. "E quel servitore disutile, gettatelo nelle tenebre di fuori". Matteo 25:30. Con questo verdetto il cielo suggella la scelta che questi uomini hanno fatto per l'eternità. ------------------------Capitolo 26: Talenti di successo PV 255 1 Cristo venne sulla terra in un periodo di intensa mondanità, quando per la gente gli interessi temporali erano più importanti di quelli eterni e le preoccupazioni del futuro passavano in seconda linea di fronte a quelle del presente. L'umanità scambiava la fantasia per realtà e viceversa, non contemplava il mondo invisibile con l'occhio della fede. Satana presentava le cose di questo mondo nel loro aspetto più attraente ed esclusivo e gli uomini cadevano miseramente nella rete delle sue tentazioni. PV 255 2 Cristo venne per mutare questa situazione, per rompere l'incantesimo che infatuava ed irretiva l'umanità. Con i suoi insegnamenti cercò di collocare il cielo e la terra nella giusta prospettiva, distogliendo il pensiero degli ascoltatori dal presente all'avvenire. Li invitava a prepararsi per l'eternità invece di concentrarsi nella ricerca di cose vane. PV 255 3 "V'era un uomo ricco che aveva un fattore", disse, "il quale fu accusato dinanzi a lui di dissipare i suoi beni". Luca 16:1. Il ricco gli aveva affidato tutti i suoi beni, ma l'amministratore era infedele e il padrone si convinse di essere derubato sistematicamente. Decise perciò di licenziarlo e lo fece chiamare per un esame dei libri contabili. "Che cos'è questo che odo di te?", chiese. "Rendi conto della tua amministrazione, perché tu non puoi più esser mio fattore". Luca 16:2. PV 255 4 Con la prospettiva del licenziamento sicuro, l'amministratore prevedeva solo tre possibilità: cercarsi un altro lavoro, chiedere l'elemosina o morire di fame. "E il fattore disse fra sé: Che farò io, dacché il padrone mi toglie l'amministrazione? A zappare non son buono; a mendicare mi vergogno. So bene quel che farò, affinché, quando dovrò lasciare l'amministrazione, ci sia chi mi riceva in casa sua. Chiamati quindi a sé ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: Quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento bati d'olio. Egli disse: Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto: Cinquanta. Poi disse ad un altro: E tu, quanto devi? Quello rispose: Cento cori di grano. Egli disse: Prendi la tua scritta, e scrivi: Ottanta". Luca 16:3-7. PV 256 1 Questo amministratore disonesto coinvolse altri nella sua disonestà: a spese del padrone li favoriva e li impegnava cosi ad accoglierlo in casa da amico... PV 256 2 "E il padrone lodò il fattore infedele, perché aveva operato con avvedutezza". Luca 16:8. Uomo mondano anche lui, rimase colpito dall'astuzia di colui che l'aveva derubato e lo elogiò, ma questa lode non era quella di Dio. PV 256 3 Cristo non lodò affatto l'amministratore disonesto, ma si servì semplicemente di un episodio allora ben noto per illustrare il consiglio che intendeva dare: "Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; affinché quand'esse verranno meno, quelli vi ricevano ne' tabernacoli eterni". Luca 16:9. PV 256 4 I Farisei criticavano il Salvatore perché frequentava pubblicani e peccatori, ma non per questo Egli smise di interessarsi e prendersi cura di loro. Vedeva benissimo che proprio la loro attività quotidiana li induceva in tentazione e li circondava di mille allettamenti al male. Il primo passo falso era facile e rapida la china verso atti disonesti e crimini sempre più gravi. Gesù cercava con tutti i mezzi di recuperare questa gente per obiettivi più elevati e principi più nobili. Ecco perché raccontò la parabola dell'amministratore infedele. Proprio fra i pubblicani si era verificato un caso simile e nella parabola di Cristo essi riconobbero i propri intrighi. Il racconto attrasse vivamente la loro attenzione e dal quadro che Gesù fece dei loro disonesti imbrogli molti appresero una lezione di profonda verità spirituale. PV 256 5 Eppure la parabola si rivolgeva in primo luogo direttamente ai discepoli. Furono loro a ricevere per primi il lievito della verità, per offrirlo poi agli altri. I discepoli dapprima non compresero molti degli insegnamenti di Cristo e spesso sembravano averli dimenticati quasi completamente, ma sotto l'influenza dello Spirito Santo, in seguito, se ne ricordarono vividamente e furono in grado di trasmetterli ai neofiti che si aggiungevano alla chiesa. PV 257 1 Ma con questa parabola il Salvatore si rivolgeva anche ai Farisei. Non aveva abbandonato la speranza che un giorno si lasciassero convincere dalla forza delle sue parole. Molti lo erano già nel proprio cuore, e ascoltando ora la verità sotto l'influenza dello Spirito Santo, non pochi avrebbero creduto in lui. PV 257 2 I Farisei avevano cercato di screditare Cristo accusandolo di frequentare pubblicani e peccatori; ora Egli ritorce l'argomento presentando quello che era accaduto tra i pubblicani come uno specchio del loro modo di agire e per mettere in rilievo l'unico modo di riparare i propri errori. PV 257 3 Il padrone della parabola aveva affidato i propri beni al servo infedele affinché li impiegasse a scopo di beneficenza, ma egli li aveva usati per se stesso. Esattamente come Israele. Dio aveva eletto i discendenti di Abramo liberandoli con braccio potente dalla schiavitù d'Egitto. Ne aveva fatto i depositari delle verità sacre per il bene del mondo; aveva loro affidato gli oracoli viventi perché trasmettessero la luce agli altri, ma essi approfittarono di questi doni solo per arricchire ed esaltare se stessi. PV 257 4 Pieni di sé, i Farisei abusavano dei beni che Dio aveva loro affidato affinché li usassero alla sua gloria. Il servo della parabola non si era preoccupato minimamente dell'avvenire. Sprecando egoisticamente il patrimonio ricevuto per aiutare gli altri, non aveva pensato oltre il presente e ora che doveva abbandonare il suo ufficio si ritrovava senza nulla. Ma disponeva ancora dei beni del padrone e decise di servirsene per assicurarsi il futuro. Doveva agire secondo un piano nuovo: invece di accumulare per sé doveva distribuire agli altri e farsi degli amici sicuri che l'avrebbero accolto dopo il suo licenziamento. I Farisei si trovavano in una situazione analoga: dato che ben presto avrebbero perduto il loro ufficio di amministratori, dovevano preoccuparsi del loro futuro. Solo facendo del bene agli altri avrebbero fatto del bene a se stessi, solo dispensando generosamente i doni divini si sarebbero assicurata l'eternità. PV 257 5 Alla conclusione di questa parabola Gesù esclamò: "I figliuoli di questo secolo nelle relazioni con que' della loro generazione, sono più accorti dei figliuoli della luce". Luca 16:8. In altri termini, gli uomini materialisti di questo mondo sono più abili e decisi nel perseguire i loro interessi personali di quanti fanno professione di cristianesimo al servizio del Maestro. Cosi era ai giorni di Cristo e cosi è ora. Osserviamo la vita di molti sedicenti cristiani! Il Signore gli ha dato capacità, energia ed influenza, gli ha affidato del denaro affinché collaborino con lui nella grande opera della redenzione. Tutti questi doni vanno impiegati per il bene dell'umanità, per alleviare i sofferenti e i bisognosi. È nostro compito cibare gli affamati, vestire gli ignudi, prenderci cura di vedove e orfani, assistere gli scoraggiati e gli oppressi. Non è secondo la volontà di Dio che ci sia tanta miseria nel mondo, né Egli ha mai inteso che un individuo nuoti nell'abbondanza mentre altri muoiono di fame. Chi possiede più di quanto gli occorre per vivere deve usare queste risorse a beneficio dell'umanità. Il Signore ci invita: "Vendete i vostri beni, e fatene elemosina". Luca 12:33. I benestanti "siano ricchi di opere buone, pronti a dare, a far parte dei loro averi". 1 Timoteo 6:18. "Quando fai un convito, chiama i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi". Luca 14:13. "Che spezzino le catene della malvagità, che si sciolgono i legami del giogo, che si lascino liberi gli opressi, e che si infranga ogni sorta di giogo... che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu meni a casa tua gl'infelici senz'asilo, che quando vedi un ignudo tu lo copra... e sazi l'anima afflitta". Isaia 58:6, 7, 10. "Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura". Marco 16:15. Ecco i comandamenti del Signore. Ma in che misura ne tiene conto la gran massa dei cristiani? PV 258 1 Ahimè, quanti si appropriano indebitamente dei doni divini solo per se stessi! Quanti non fanno che aggiungere una casa all'altra, un terreno all'altro! Quanti scialacquano il denaro per i piaceri, la soddisfazione della gola, abitazioni, mobili e abiti stravaganti, mentre abbandonano i loro simili in un abisso di miseria e criminalità, malattia e morte! Folle intere muoiono senza il conforto di uno sguardo pietoso, di una parola o un gesto di simpatia... PV 258 2 Gli uomini sono colpevoli di furto dinanzi a Dio. Usando i loro averi egoisticamente derubano il Signore della gloria di cui godrebbe se queste risorse fossero impiegate per alleviare le sofferenze dell'umanità e la salvezza delle anime. Abusano dei suoi beni, perciò il Signore li avverte: "E io m'accosterò a voi per il giudizio, e, senza indugio, io sarò testimonio contro... quelli che frodano l'operaio del suo salario, che opprimono la vedova e l'orfano, che fanno torto allo straniero... L'uomo deve egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: "In che t'abbiam noi derubato?" Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perché mi derubate, voi, tutta quanta la nazione!" Malachia 3:5, 8, 9. "A voi ora, o ricchi! ... Le vostre ricchezze son marcite, e le vostre vesti son rose dalle tignuole. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro a voi... Avete accumulato tesori negli ultimi giorni ... Voi siete vissuti sulla terra nelle delizie e vi siete dati ai piaceri". "Ecco, il salario dei lavoratori che han mietuto i vostri campi, e del quale li avete frodati, grida; e le grida di quelli che han mietuto sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti". Giacomo 5:1-3, 5, 4. PV 259 1 Ognuno di noi sarà chiamato a render conto dei talenti che gli sono stati affidati. Nel giorno del giudizio finale le ricchezze ammassate finora saranno inutili e gli uomini non possederanno proprio nulla. PV 259 2 Chi trascorre la vita ammassando tesori materiali dimostra meno sagezza e previdenza per la sua sorte eterna che non l'amministratore disonesto della parabola per il suo benessere terreno. I sedicenti figli della luce sono meno accorti dei figli di questo mondo. Ecco ciò che un profeta dice di loro nella sua visione del gran giorno del giudizio: "In quel giorno gli uomini getteranno ai topi ed ai pipistrelli gl'idoli d'argento e gl'idoli d'oro, che s'eran fatti per adorarli; ed entreranno nelle fessure delle rocce e nei crepacci delle rupi per sottrarsi al terrore dell'Eterno e allo splendore della sua maestà, quand'ei si leverà per far tremare la terra". Isaia 2:20, 21. PV 259 3 "Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste", suggerisce Cristo, "affinché quand'esse verranno meno, quelli vi ricevano ne' tabernacoli eterni". Luca 16:9. Dio, Cristo e gli angeli sono tutti al servizio degli afflitti, dei sofferenti e dei peccatori. Consacriamoci a Dio per quest'opera, usando i suoi doni a tale scopo e gli esseri celesti collaboreranno con noi. Il nostro cuore palpiterà all'unisono con il loro e gli somiglieremo nel carattere. Questi abitanti dei tabernacoli eterni non ci saranno più estranei e quando tutte le vicende terrene saranno passate, i custodi delle porte celesti ci daranno il benvenuto. PV 260 1 I mezzi usati per il bene degli altri daranno i loro frutti e le ricchezze rettamente impiegate realizzeranno opere grandi e buone. Si guadagneranno anime per Cristo, e colui che nella vita segue il piano di Cristo, rivedrà un giorno in cielo coloro per i quali ha fatto in terra sforzi e sacrifici. Questi redenti si ricorderanno con gratitudine quanti sono stati gli strumenti della loro salvezza. Il cielo sarà prezioso per coloro che hanno contribuito fedelmente all'opera di salvezza delle anime. PV 260 2 La lezione di questa parabola vale per tutti. Ognuno di noi sarà ritenuto responsabile della grazia ricevuta da Cristo. La vita è troppo solenne per sprecarla in questioni di ordine temporale e terreno. Il Signore desidera che trasmettiamo agli altri ciò che l'Eterno e Invisibile ha trasmesso a noi. PV 260 3 Ogni anno milioni e milioni di persone passano all'eternità, senza aver ricevuto alcun avvertimento e sono perciò praticamente perdute. In ogni momento della vita, quante occasioni ci si presentano per trovare e salvare i nostri simili! Queste occasioni vanno e vengono continuamente e Dio desidera che ne approfittiamo. Passano i giorni, le settimane e i mesi, e così ci rimane un giorno, una settimana, un mese in meno per compiere la nostra missione... Ancora qualche anno al massimo, e poi udremo la voce che non potremo respingere: "Rendi conto della tua amministrazione". PV 260 4 Cristo ci invita tutti a riflettere. Fai un calcolo esatto ed onesto e metti su un piatto della bilancia il Salvatore, cioè le ricchezze eterne, la vita, la verità, il cielo, la gioia delle anime riscattate, e sull'altro tutte le attrattive di questo mondo. Su un piatto metti però anche la perdita della vita eterna per te e per quanti avresti potuto contribuire a salvare; sull'altro piatto metti, per te e per gli altri, una vita che si misura con quella di Dio. Pesa per il tempo e per l'eternità. Intanto Cristo ci dice: "E che giova egli all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua?" Marco 8:36. PV 261 1 Dio desidera che ci decidiamo per l'eternità e non per ciò che passa. Egli ci permette di fare un investimento in cielo e vorrebbe spronarci verso gli obiettivi più elevati e assicurarci il tesoro più prezioso. Egli ha promesso: "Io farò che un uomo sarà più pregiato che oro fino, e una persona più che oro di Ofir". Isaia 13:12 (Diodati). Quando le ricchezze terrene saranno consumate dalla tignola e dalla ruggine, i discepoli di Cristo potranno godere le loro imperiture ricchezze celesti. PV 261 2 L'amicizia dei redenti è preferibile all'amicizia del mondo, abitare le dimore che il Signore è andato a preparare è meglio che possedere i più sontuosi palazzi della terra, e le parole che il Salvatore rivolge ai Suoi servi fedeli valgono molto più di tutte le lodi del mondo: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio: eredate il regno che v'è stato preparato sin dalla fondazione del mondo". Matteo 25:34. PV 261 3 A coloro che hanno dissipato i propri beni, Cristo offre ancora la possibilità di assicurarsi ricchezze eterne. Egli ci invita: "Date, e vi sarà dato". "Fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro che non venga meno ne' cieli, ove ladro non s'accosta e tignuola non guasta". Luca 6:38; Luca 12:33. "A quelli che son ricchi in questo mondo ordina ... che facciano del bene, che siano ricchi in buone opere, pronti a dare, a far parte dei loro averi, in modo da farsi un tesoro ben fondato per l'avvenire, al fin di conseguire la vera vita". 1 Timoteo 6:17-19. PV 261 4 Le tue ricchezze ti precedano nel cielo; mettile sul trono di Dio e assicurati il diritto di ricevere le inestimabili ricchezze di Cristo: "Fatevi dunque degli amici con le ricchezze ingiuste; affinché quand'esse verranno meno, quelli vi ricevano ne' tabernacoli eterni". ------------------------Capitolo 27: La vera ricchezza PV 262 1 Chi è il mio prossimo? Per gli Ebrei questo interrogativo era motivo d'interminabili discussioni. Non nutrivano alcun dubbio sui pagani ed i Samaritani, che consideravano stranieri e nemici. Ma dove tracciare una linea di separazione fra le varie classi sociali all'interno del proprio popolo? Per il sacerdote, il rabbino e l'anziano, chi era il prossimo? Essi passavano la vita in un susseguirsi continuo di riti purificatori, ritenendo che il contatto con la massa ignorante e trascurata fosse causa di una contaminazione di cui ci si poteva liberare non senza ardui sforzi. Dovevano considerare loro prossimo anche questi "impuri"? PV 262 2 Gesù rispose a questo interrogativo con la parabola del buon samaritano, dimostrando che il prossimo non è necessariamente un membro della nostra stessa chiesa o comunità e non dipende dalla razza, dal colore della pelle o dalla classe sociale. Nostro prossimo è chiunque ha bisogno del nostro aiuto, chi è rimasto ferito o abbattuto dall'avversario, chiunque appartiene a Dio. PV 262 3 Cristo raccontò questa parabola per rispondere alla domanda che gli aveva posto un dottore della legge. Mentre ammaestrava il popolo, "un certo dottor della legge si levò per metterlo alla prova, e gli disse: PV 262 4 Maestro, che dovrò fare per eredar la vita eterna?" Luca 10:25. Erano stati i Farisei a suggerirgli questa domanda, nella speranza che Gesù commettesse un passo falso, e ora attendevano ansiosamente la risposta. Ma il Salvatore, invece di impegnarsi in un dibattito, chiese la risposta al suo interlocutore stesso: "Nella legge che sta scritto? Come leggi?" Luca 10:26. I Giudei continuavano ad accusare Gesù di non prendere abbastanza sul serio la legge del Sinai, ma Egli subordinò la salvezza all'osservanza dei comandamenti di Dio. PV 262 5 Il dottore della legge rispose: "Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l'anima tua e con tutta la forza tua, e con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso. E Gesù gli disse: Tu hai riposto rettamente; fa' questo, e vivrai". Luca 10:27, 28. PV 263 1 La posizione ed il modo di agire dei Farisei avevano lasciato insoddisfatto quest'uomo. Egli aveva studiato la Scrittura perché voleva capirla veramente. L'argomento gli stava sinceramente a cuore quando chiese: "Che dovrò fare per eredar la vita eterna?" Nella sua risposta egli ignorò significativamente la massa di norme rituali e cerimoniali, non attribuendole alcun valore, ma citò piuttosto i due principi fondamentali su cui si fondano la legge e i profeti. Avendo elogiato questa risposta, il Salvatore si ritrovò in vantaggio sui rabbini che non potevano certo rimproverargli di aver approvato l'affermazione di un interprete ufficiale della legge. PV 263 2 "Fa' questo, e vivrai", rispose Cristo. Nei suoi discorsi Egli sottolineava sempre l'unità della legge, dimostrando che è impossibile osservare un comandamento e violarne un altro in quanto il medesimo principio è alla base di tutti. Il destino umano dipende dall'osservanza di tutta la legge. PV 263 3 Cristo sapeva che nessuno è in grado di obbedire alla legge con le proprie forze e voleva indurre questo dottore della legge ad una ricerca più critica e profonda fino a scoprire la verità. Solo accettando la virtù e la grazia di Cristo possiamo osservare la legge, solo credendo che Gesù ha espiato i nostri peccati l'uomo caduto è in grado di amare Dio di tutto cuore ed il prossimo come se stesso. PV 263 4 Il dottore della legge aveva coscienza di non aver osservato né i primi quattro né gli ultimi sei comandamenti. Le penetranti parole di Cristo avevano messo a nudo la sua condizione, ma invece di confessare i propri peccati cercò di scusarli e di dimostrare quanto fosse difficile osservare i comandamenti. Sperava di nascondere di essere stato smascherato e voleva giustificarsi agli occhi della gente. Sebbene il Salvatore gli avesse dimostrato che la sua domanda era superflua -- dal momento che lui stesso aveva fornito la risposta --, pose un nuovo interrogativo: "E chi è il mio prossimo?" PV 263 5 Evitando nuovamente una controversia, Cristo rispose illustrando un episodio accaduto di recente e ancora fresco nella memoria degli ascoltatori: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté in ladroni i quali, spogliatolo e feritolo, se ne andarono, lasciandolo mezzo morto". Luca 10:30. PV 264 1 Per andare da Gerusalemme a Gerico bisognava percorrere una parte del deserto della Giudea. Il cammino attraversava selvagge gole rocciose infestate da malviventi e spesso teatro di scene di violenza. Anche il viandante della parabola fu aggredito in questo punto, derubato di quanto possedeva e lasciato mezzo morto ai margini della strada. Un sacerdote si trovò a passare di là e vide il ferito immerso in una pozza di sangue, ma "passò dal lato opposto" senza prestargli soccorso. In seguito arrivò un levita il quale, curioso di sapere che cosa era accaduto, si fermò a guardare il malcapitato. Si rese subito conto del suo dovere, ma era un dovere poco gradito e desiderò non essere mai passato di là per non vedere quel disgraziato. Alla fine si convinse che il caso non lo riguardava e anche lui "passò oltre dal lato opposto". PV 264 2 Ma un Samaritano che passava dalla stessa strada lo vide e fece quello che gli altri non avevano voluto fare. Con tenerezza e bontà si prese cura dell'infelice: "Vedutolo, n'ebbe pietà; e accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra dell'olio e del vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo menò ad un albergo e si prese cura di lui. E il giorno dopo, tratti fuori due denari, li diede all'oste e gli disse: Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, quando tornerò in su, te lo renderò". Luca 10:33-35. Il sacerdote ed il levita facevano professione di religiosità, ma il Samaritano diede prova di essere veramente convertito. Aiutare quello sciagurato era anche per lui un dovere poco piacevole come per il sacerdote ed il levita, ma col suo modo di pensare e di agire dimostrò di essere in armonia con Dio. PV 264 3 Con questa parabola Cristo sottolineò i principi della legge in modo chiaro e stringente, dimostrando agli ascoltatori che in realtà non agivano secondo tali principi. Le sue parole erano così precise che nessuno degli ascoltatori -- nemmeno il dottore della legge -- trovava appigli per cavillare o criticare. Anzi i pregiudizi che quest'ultimo aveva contro Cristo erano spariti. Non era riuscito a vincere tuttavia il suo pregiudizio e la sua antipatia nazionale al punto da non chiamare il Samaritano per nome. "Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s'imbatté ne' ladroni?": quando Gesù gli fece questa domanda egli rispose con un giro di parole: "Colui che gli usò misericordia". PV 265 1 "E Gesù gli disse: Va' e fa' tu il simigliante". Luca 10:36, 37. Dimostra la stessa tenera bontà a quanti sono nel bisogno e adempirai veramente tutta la legge! PV 265 2 Quello che separava profondamente gli Ebrei ed i Samaritani era la diversa concezione del culto. I Farisei non dicevano niente di buono dei Samaritani, anzi riversavano su di loro le peggiori maledizioni. L'avversione tra i due popoli era talmente aspra che la samaritana rimase stupita che Gesù le chiedesse da bere: "Come mai", chiese, "tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?" "Infatti", spiega l'evangelista, "i Giudei non hanno relazioni co' Samaritani". Giovanni 4:9. E quando, nel loro furore omicida contro Cristo, i Giudei si levarono un giorno nel tempio per lapidarlo, non trovarono parole migliori di queste per esprimergli il loro odio: "Non diciam noi bene che sei un Samaritano e che hai un demonio?" Giovanni 8:48. Nondimeno furono proprio il sacerdote ed il levita ad ignorare il comandamento divino dell'amor del prossimo, lasciando ad un odiato e disprezzato Samaritano il compito di soccorrere un loro connazionale. PV 265 3 Il Samaritano aveva tradotto in pratica il comandamento "ama il tuo prossimo come te stesso", dimostrando di essere più giusto di coloro che lo disprezzavano. Mettendo la propria vita a repentaglio, trattò il ferito come un fratello. Questo Samaritano rappresenta Cristo che ci ha trattati con un amore sovrumano. Quando eravamo feriti e morenti ha avuto pietà di noi, non è passato dal lato opposto della strada, non ci ha abbandonati, impotenti e disperati, in balia della morte. Non è rimasto nella sua dimora santa e felice, circondato dall'amore delle schiere celesti. Osservando la nostra dolorosa necessità, prese a cuore il nostro caso identificando i suoi interessi con quelli dell'umanità. Mori per salvare i suoi nemici e pregò per i suoi assassini. Mettendo in rilievo il proprio esempio Egli ricorda ai suoi discepoli: "Questo vi comando: che vi amiate gli unì gli altri". "Com'io v'ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri". Giovanni 15:17; 13:34. PV 266 1 Il sacerdote ed il levita erano andati al tempio per il culto stabilito da Dio stesso. Parteciparvi rappresentava un grande privilegio, perciò essi pensavano che, dopo tanto onore, fosse umiliante per loro soccorrere un individuo ferito e sconosciuto, abbandonato ai margini della strada. Ignorarono l'occasione d'oro che Dio gli offriva di essere suoi strumenti di benedizione a favore di un loro simile. PV 266 2 Anche oggi molti commettono un errore simile: distinguono due tipi di doveri, di cui il primo comprende tutte le grandi cose richieste dalla legge, mentre nel secondo rientrerebbero le cosiddette piccolezze per le quali ignorano il comandamento "ama il tuo prossimo come te stesso". Abbandonano questo dovere al capriccio, all'inclinazione o all'impulso, rovinando cosi il carattere e dando una falsa immagine della fede cristiana. PV 266 3 Alcuni pensano che sia umiliante per la loro dignità occuparsi delle sofferenze degli altri e osservano con indifferenza, se non con disprezzo, quanti hanno distrutto il tempio della propria anima. Altri trascurano i poveri per un motivo diverso: sono cosi impegnati -- pensano -- a realizzare qualche grande compito nella causa di Cristo che non possono fermarsi per prendersi cura dei bisognosi e degli afflitti. È possibile addirittura che, nel promuovere la loro presunta grande opera, opprimano i poveri, li mettano in situazioni insopportabili e ignorino i loro diritti e bisogni. Nondimeno essi continuano a illudersi che tutto questo sia giustificabile se contribuisce all'avanzamento della causa di Cristo... PV 266 4 Molti stanno a guardare un fratello o un vicino dibattersi in circostanze avverse. Siccome essi si professano cristiani, quest'ultimo potrebbe pensare facilmente che il loro freddo egoismo sia un tratto del carattere di Cristo. Siccome molti sedicenti figli di Dio non collaborano con lui, il suo amore, che essi dovrebbero trasmettere, in gran parte non raggiunge affatto gli altri, e le lodi ed il ringraziamento a Dio che dovrebbero scaturire dal cuore e dalle labbra degli uomini, svaniscono nel nulla. Dio viene derubato della gloria dovuta al suo santo nome e delle anime per le quali Cristo è morto e che Egli vorrebbe portare volentieri nel suo regno perché vivano eternamente alla sua presenza. PV 267 1 La verità divina ha poca influenza sul mondo mentre dovrebbe rivelarsi una grande potenza tramite il nostro modo di vivere. Abbonda la mera professione di fede, ma ha poco peso. Possiamo dirci discepoli di Cristo e affermare di credere in tutte le verità della Parola di Dio, ma questo non servirà al nostro prossimo finché non traduciamo la nostra fede nella vita di ogni giorno. Quel che professiamo può essere sublime come il cielo, ma non salverà né noi né i nostri simili se non siamo veri cristiani. Un buon esempio vale molto più di qualunque professione formale. PV 267 2 Nessun modo egoistico di agire potrà mai servire la causa di Dio, che è quella degli oppressi e dei poveri. Ai sedicenti seguaci di Cristo manca la sua tenera simpatia e un amore più profondo per coloro che Egli ha ritenuto tanto preziosi da sacrificare la sua vita per loro. Queste persone valgono molto più di qualunque altra offerta che possiamo fare a Dio. Dedicare ogni energia ad un'opera apparentemente grande, trascurando i bisognosi e calpestando i diritti dello straniero, costituisce un servizio che Egli non approverà. PV 267 3 La santificazione dell'anima da parte dello Spirito Santo si realizza quando riflettiamo in noi la natura di Cristo. La religione dell'Evangelo è questa: manifestare Cristo nella vita, applicare un principio vivente e attivo, è la sua grazia rivelata nel carattere e nelle buone opere. I principi evangelici non vanno separati da nessun aspetto della vita quotidiana. La vita di Cristo deve manifestarsi in ogni atto e in tutte le fasi della nostra esperienza religiosa. PV 267 4 L'amore è la base della religiosità. Qualunque sia la nostra professione di fede, ameremo veramente Dio solo quando amiamo altruisticamente il fratello. Ma noi non acquisiremo mai questo spirito di carità cercando semplicemente di amare gli altri: abbiamo bisogno dell'amore di Cristo nel cuore. Quando Gesù assorbe l'io l'amore scaturirà spontaneamente. Raggiungeremo un carattere cristiano perfetto quando sentiremo il continuo impulso interiore ad aiutare gli altri e ad esser loro in benedizione, quando la luce celeste ci riempirà il cuore e si rifletterà sul viso. PV 267 5 Chi ha Cristo nel cuore non può essere senza amore. Se amiamo Dio perché ci ha amati per primo, ameremo anche coloro per i quali Cristo è morto. Non possiamo essere in comunione con Dio senza avere comunione con gli uomini, dal momento che l'umanità e la divinità si fondono in colui che siede sul trono dell'universo. Se siamo uniti a Cristo saremo legati anche ai nostri simili dall'aurea catena dell'amore e nella nostra vita si manifesterà la sua pietà e compassione. Non attenderemo più che siano gli infelici ed i bisognosi a venire da noi, e non ci faremo pregare a lungo di fronte alle miserie altrui. Aiutare chi è nel bisogno e nella sofferenza ci riuscirà naturale come lo era per Cristo. PV 268 1 Dovunque il cuore trabocca di amore e simpatia, quando si avverte il bisogno irresistibile di risollevare il prossimo e fargli del bene, è un segno dell'azione dello Spirito Santo. Perfino fra i pagani più ottenebrati c'erano uomini che, pur non conoscendo la legge di Dio né avendo mai sentito parlare di Cristo, trattavano con umanità i propri servi e mettevano a repentaglio la loro vita per proteggerli. Il loro modo di agire non rivelava che la potenza di Dio era all'opera? Lo Spirito Santo riempie della grazia di Cristo anche il cuore di un selvaggio, suscitando in lui una simpatia contraria alla sua natura e alle sue abitudini: "La vera luce che illumina ogni uomo" (Giovanni 1:19) gli illumina l'anima e lo guida, se egli la segue, fino al regno di Dio. PV 268 2 La gloria del cielo consiste nel risollevare i caduti e consolare gli angosciati. Chiunque ha Cristo nel cuore farà altrettanto. Dovunque si manifesti, la religione di Cristo farà del bene e spanderà luce intorno. PV 268 3 Dio non fa distinzioni di nazionalità, razza o classe sociale, essendo il Creatore di tutto il genere umano. Alla luce della creazione e della redenzione tutti gli uomini costituiscono un'unica famiglia e Cristo è venuto ad abbattere ogni muro divisorio e ha aperto ogni parte del tempio affinché tutti abbiano libero accesso a Dio. Il suo amore è così vasto e profondo da penetrare ovunque. Esso strappa agli artigli di Satana le anime sedotte e le spinge dinanzi al trono divino sovrastato dall'arcobaleno della promessa. PV 268 4 In Cristo non c'è Giudeo né Greco, né servo né libero, perché tutti sono "stati avvicinati mediante il sangue di Cristo". Galati 3:28; Efesini 2:13. PV 269 1 Bisogna aiutare chi è nel bisogno anche se di fede diversa, anzi, proprio l'impegno personale caritatevole può fugare l'amarezza di sentimenti provocata da divergenze dottrinali. Un servizio affettuoso farà cadere i pregiudizi inducendo le anime a Dio. PV 269 2 Simpatizziamo con le preoccupazioni e le difficoltà degli altri, condividiamo gioie e dolori di grandi e piccoli, ricchi e poveri! "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date", ci esorta Cristo. Cfr. Matteo 10:8. Ovunque intorno a noi ci sono persone povere e provate dal dolore, bisognose di una parola di simpatia e di una mano d'aiuto, vedove che hanno bisogno di comprensione e soccorso, orfani che il Signore ci invita, quali suoi discepoli, ad accogliere come un sacro deposito e di cui troppo spesso nessuno si prende cura. Forse sono laceri, rozzi e di aspetto poco gradevole, eppure anche loro sono figli di Dio, comprati a caro prezzo e preziosi ai suoi occhi non meno di noi. Anch'essi sono membri della grande famiglia di Dio ed i cristiani, quali suoi amministratori, ne sono responsabili. "Io richiederò la loro anima dalle tue mani", ci ricorda il Signore. PV 269 3 Il peccato è il più grave di tutti i mali ed è nostro dovere compatire il peccatore e aiutarlo. Ma non possiamo raggiungere tutti nello stesso modo. Molti nascondono la loro fame di verità e trarrebbero un gran beneficio da una parola affettuosa che non li faccia sentire dimenticati. Altri si trovano nello stato più miserabile e non se ne rendono conto, non hanno coscienza della loro profonda degradazione morale. Quanti sono sprofondati nel fango del peccato al punto d'aver perduto il senso delle realtà eterne e la somiglianza con Dio! Non sanno più di avere un anima da salvare, non credono più in Dio né hanno fiducia negli uomini. Molti di loro potranno essere conquistati solo con atti di generosa bontà. Bisogna innanzi tutto prendersi cura delle loro necessità fisiche, dargli da mangiare, pulirli e vestirli decentemente, e quando vedranno queste dimostrazioni di carità disinteressata, troveranno più facile credere anche nella carità di Cristo. PV 269 4 Tra quelli che si sono smarriti molti si rendono conto della loro follia e se ne vergognano. Hanno i loro errori continuamente dinanzi agli occhi e questa ossessione li spinge inesorabilmente alla disperazione. Non dobbiamo trascurare queste persone. Chi nuota contro corrente viene trascinato indietro dalla forza dell'acqua: porgiamogli una mano di aiuto, come fece Gesù quando Pietro stava affondando. Esprimiamogli qualche parola di speranza che susciti fiducia e amore. PV 270 1 Il tuo fratello, malato spiritualmente, ha bisogno di te come anche tu in passato hai avuto bisogno dell'amore di un fratello. Ha bisogno dell'esperienza di qualcuno che abbia avuto le sue stesse debolezze e che gli possa offrire perciò simpatia e aiuto. Proprio la coscienza della nostra debolezza dovrebbe spingerci a soccorrere chi è in crisi e nell'angoscia. Non passiamo oltre alla vista di chi soffre, senza offrirgli la consolazione che anche noi abbiamo ricevuto da Dio! PV 270 2 La comunione personale con Cristo, nostro Salvatore vivente, darà al cuore, alla mente e all'anima la forza di trionfare sui malvagi impulsi della natura umana. Raccontiamo allo smarrito della mano onnipotente che vuole sostenerlo, e che Cristo, nella sua infinita umanità, ha pietà di lui. Non deve limitarsi a credere nel diritto e nella forza, cose che non sentono la compassione e non odono le invocazioni di aiuto. Ha bisogno di aggrapparsi ad una mano benigna che lo sostenga e a fidare in un cuore affettuoso. Ricordiamogli continuamente che Dio è sempre presente, accanto a lui, e lo guarda con pietà e amore. Invitiamolo a pensare al Padre celeste, che si rattrista per il peccato ma continua a tenderci la mano e a invitarci benevolmente: "...mi si prenda per rifugio, ... si faccia la pace meco, ... si faccia la pace meco". Isaia 27:5. PV 270 3 Impegnandoti in questo compito avrai degli aiutanti invisibili all'occhio umano. Gli angeli celesti accompagnavano il Samaritano che si prese cura dello straniero ferito e assistono tutti coloro che sono al servizio di Dio e aiutano il prossimo. Cristo stesso, il Salvatore del mondo, collaborerà con te e sotto la sua guida vivrai successi inaspettati! PV 270 4 Dalla tua fedeltà in quest'opera dipende non solo la prosperità degli altri, ma il tuo stesso destino eterno. Cristo vorrebbe stabilire una comunione con tutti coloro che sono disposti affinché siano uno con lui come lui lo è col Padre. Egli ci fa fare l'esperienza del dolore e della sciagura per strapparci al nostro egoismo, per sviluppare in noi gli attributi del suo carattere: compassione, tenerezza e amore. Accettando questo ministero di carità noi entriamo nella sua scuola e saremo preparati per il cielo e per l'eternità. Se invece lo rifiutiamo, rifiutiamo le sue lezioni e scegliamo la separazione eterna da lui. PV 271 1 Il Signore promette: "Se tu cammini nelle mie vie, e osservi quello che t'ho comandato... io ti darò libero accesso fra quelli che stanno qui davanti a me" (Zaccaria 3:7), cioè fra gli angeli che circondano il suo trono. La nostra collaborazione con gli esseri celesti in quest'opera terrena ci preparerà ad avere comunione con loro un giorno nel cielo. Gli angeli celesti, "spiriti ministratori, mandati a servire a pro di quelli che hanno da eredare la salvezza" (Ebrei 1:14), daranno il benvenuto a chiunque ha vissuto in terra "non... per essere servito, ma per servire". Matteo 20:28. In quella beata compagnia comprenderemo nella sua pienezza e con nostra gioia eterna il senso della domanda: chi è il nostro prossimo? ------------------------Capitolo 28: I criteri della ricompensa finale PV 272 1 Gli Ebrei avevano dimenticato quasi completamente che la grazia di Dio è un dono. I rabbini insegnavano che bisogna meritare il favore divino e cosi cercavano di guadagnarsi con le opere la ricompensa del giusto. Il loro culto era intriso di uno spirito avido e utilitaristico. I discepoli stessi non ne erano del tutto esenti perciò il Salvatore approfittava di ogni occasione per far loro notare questo errore. Proprio prima di raccontare la parabola degli operai delle diverse ore, Gesù ebbe un incontro che gli diede modo di presentare questa verità. PV 272 2 Mentre era in cammino, un giovane rettore lo raggiunse di corsa ed inginocchiandosi gli chiese con riverenza: "Maestro buono, che farò io per ereditare la vita eterna?" Marco 10:17. PV 272 3 Questo rettore si era rivolto a Gesù come ad un venerabile rabbino, senza riconoscere in lui il Figlio di Dio, perciò il Salvatore replicò: PV 272 4 "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Iddio". Marco 10:18. Come mai mi chiami buono? Dio solo lo è, e se tu mi definisci cosi, devi accettarmi anche come suo Figlio e rappresentante. PV 272 5 "Ma se vuoi entrar nella vita", proseguì Gesù, "osserva i comandamenti". Matteo 19:17. Il carattere di Dio si esprime nella sua legge e chi vuole vivere in armonia con lui deve ispirare ogni suo atto ai principi di questa legge. PV 272 6 Cristo non sminuisce le esigenze della legge, anzi dice in termini inequivocabili che l'obbedienza è la condizione della vita eterna, dunque la medesima condizione alla quale era soggetto Adamo prima della caduta nel peccato. Il Signore non si attende dagli uomini di oggi nulla di meno che da Adamo in paradiso: una perfetta obbedienza, una giustizia irreprensibile. Il patto della grazia contiene la stessa condizione stabilita nel giardino di Eden: l'osservanza della legge divina che è santa, giusta e buona. PV 273 1 All'invito di Gesù: "Osserva i comandamenti", il giovane replicò: "Quali?" Pensava probabilmente a qualche precetto cerimoniale, ma Cristo stava parlando della legge del Sinai e citò alcuni comandamenti della seconda tavola del decalogo che poi sintetizzò nella formula "Ama il tuo prossimo come te stesso". Matteo 19:19. PV 273 2 Il giovane rispose senza esitare: "Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza; che mi manca ancora?" Matteo 19:20 (Diodati). Aveva una concezione della legge esteriore e superficiale. Secondo il giudizio umano aveva conservato un carattere irreprensibile e condotto una vita apparentemente esente da colpe, cosicché credeva veramente che la sua obbedienza fosse perfetta. Nondimeno nutriva un timore segreto che non tutto fosse in regola tra lui e Dio, perciò chiese: "Che mi manca ancora?" PV 273 3 "Gesù gli disse: Se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguitami. Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò contristato, perché avea di gran beni". Matteo 19:21, 22. PV 273 4 L'amore di sé è una violazione della legge. Gesù voleva farglielo capire e lo sottopose ad una prova che mise a nudo tutto l'egoismo del suo cuore. Aveva toccato il punto debole del suo carattere. Improvvisamente il giovane non desiderò più altri chiarimenti: l'idolo che accarezzava era venuto alla luce, il suo dio era il mondo. Pretendeva di osservare i comandamenti, ma ignorava il principio che trasmette ad essi spirito e vita: gli mancava il vero amore di Dio e del prossimo. Gli mancava proprio l'essenziale per entrare nel regno di Dio. Il suo egoismo e la sua sete di guadagno erano inconciliabili con i principi del cielo. PV 273 5 Quando questo giovane rettore si era presentato a Gesù, la sua sincerità ed il suo fervore avevano conquistato il Salvatore che, "riguardatolo in viso, l'amò". Marco 10:21. In questo giovane di talento e di nobile famiglia aveva visto un futuro predicatore di giustizia, e l'avrebbe accolto volentieri al suo servizio come aveva accolto i poveri pescatori che lo seguivano. Se avesse dedicato le sue capacità all'opera di salvezza delle anime, sarebbe stato un operaio di successo al servizio del Maestro. PV 274 1 Ma doveva prima accettare le condizioni del discepolato e consacrarsi a Dio senza riserve. Quando ad esempio Giovanni, Pietro, Matteo ed i loro compagni ricevettero la chiamata del Salvatore, lasciata ogni cosa lo seguirono. Cfr. Luca 5:28. Gesù richiedeva la medesima consacrazione dal rettore, un sacrificio che non era affatto più grande di quello che lui stesso aveva fatto perché, "essendo ricco, s'è fatto povero per amor vostro, onde, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi". 2 Corinzi 8:9. Il giovane ricco doveva semplicemente seguire il cammino tracciato da Gesù. PV 274 2 Guardandolo, Gesù fu preso dal desiderio ardente di guadagnare questo giovane per inviarlo ad annunciare la buona novella della salvezza agli uomini. In cambio di tutto quello che doveva abbandonare, Cristo gli offriva il privilegio della comunione con lui: "Seguitami", gli disse. Pietro, Giacomo e Giovanni l'avevano seguito con gioia. Anche il giovane ammirava Cristo e si sentiva attratto a lui, tuttavia non era disposto ad accettare il principio del sacrificio di sé. Le ricchezze erano per lui più importanti di Gesù. Desiderava la vita eterna ma rifiutava d'altra parte l'amore altruistico che è l'unico a condurre alla vita. Con tristezza si allontanò dal Salvatore. PV 274 3 Mentre se ne stava andando Gesù disse ai discepoli: "Io vi dico in verità che un ricco malagevolmente entrerà nel regno dei cieli". Matteo 19:23. Queste parole stupirono i discepoli perché avevano sempre sentito insegnare che i ricchi fossero i favoriti del cielo. Loro stessi speravano anzi di conquistare ricchezze e potenza mondana nel regno del Messia, ma se i ricchi non potevano entrare in cielo, che speranza rimaneva allora per gli altri? PV 274 4 Gesù soggiunse: "E da capo vi dico: È più facile a un cammello passare per la cruna d'un ago, che ad un ricco entrare nel regno di Dio. I suoi discepoli, udito questo, sbigottirono forte". Matteo 19:24-26. A questo punto si resero conto che il solenne avvertimento valeva anche per loro. Le parole del Salvatore avevano messo a nudo la loro segreta ambizione di potenza e di ricchezze. Preoccupati di se stessi chiesero: "Chi dunque può esser salvato?" PV 275 1 "E Gesù, riguardateli fisso, disse loro: Agli uomini questo e impossibile; ma a Dio ogni cosa è possibile". Matteo 19:25, 26. PV 275 2 Chi è ricco non entrerà nel regno dei cieli sol perché è ricco. I suoi beni non gli conferiscono alcun diritto di ricevere l'eredità gloriosa dei santi. E solo l'immeritata grazia di Cristo che ci permette di entrare nella città di Dio. PV 275 3 Per i ricchi come per i poveri valgono le parole dello Spirito Santo: "Non sapete ... che non appartenete a voi stessi? Poiché foste comprati a prezzo..." 1 Corinzi 6:19, 20. Chi ci crede vedrà nei suoi beni un prestito che secondo la volontà di Dio è da usare per la salvezza dei perduti e il conforto dei sofferenti e dei poveri. Per l'uomo inconvertito questo è impossibile, perché il suo cuore è legato ai tesori terreni. Chi è schiavo di mammona rimane sordo al grido dell'umanità sofferente. Ma per Dio tutto è possibile: contemplando l'impareggiabile amore di Cristo, il nostro egoismo svanirà e anche il ricco si sentirà costretto a confessare col Fariseo Saulo: "Ma le cose che m'eran guadagni, io le ho reputate danno a cagion di Cristo. Anzi, a dir vero, io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore". Filippesi 3:7, 8. Allora ci renderemo conto che niente ci appartiene e saremo felici piuttosto di considerarci dispensatori della molteplice grazia di Dio e servi di tutti gli uomini per amor suo. PV 275 4 Pietro fu il primo a riprendersi dopo che il Salvatore aveva messo in luce il loro atteggiamento sbagliato. Con soddisfazione pensava a tutto quello che aveva sacrificato insieme ai suoi confratelli. "Ecco", esclamò, "noi abbiamo lasciato ogni cosa e t'abbiam seguitato". Marco 10:28. Tenendo presente la promessa condizionata fatta al giovane ricco "...tu avrai un tesoro nel cielo", voleva sapere che ricompensa avrebbero ricevuto lui e i suoi compagni per i loro sacrifici. PV 275 5 La risposta del Salvatore fece trasalire il cuore di questi pescatori galilei. Egli parlava di una gloria tale da far svanire i loro sogni più belli: "Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figliuol dell'uomo sederà sul trono della sua gloria, anche voi che m'avete seguitato, sederete su dodici troni a giudicar le dodici tribù d'Israele". Matteo 19:28. Poi Gesù aggiunse: "Io vi dico in verità che non v'è alcuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figliuoli, o campi, per amor di me e per amor dell'evangelo, il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto; case, fratelli, sorelle, madri, figliuoli, campi, insieme a persecuzioni; e nel secolo avvenire, la vita eterna. Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi". Marco 10:29-31. PV 276 1 Ma la domanda di Pietro "Che ne avremo dunque?", dimostrava un atteggiamento che, se non fosse stato corretto, avrebbe impedito ai discepoli di fare da ambasciatori di Cristo. Si trattava di uno spirito opportunistico e mercenario. Pur essendo stati attratti dall'amore di Gesù, i discepoli non erano ancora del tutto esenti dal modo di pensare dei Farisei, lavoravano con l'idea di ricevere una ricompensa in base ai meriti e accarezzando uno spirito di orgoglio e autocompiacimento facevano l'un l'altro dei paragoni. Se uno commetteva un errore, gli altri si sentivano superiori. PV 276 2 Per evitare che i discepoli perdessero di vista i principi dell'Evangelo, Cristo raccontò la parabola che illustrava in che modo Dio tratta i suoi servi e quale spirito si attende da loro. PV 276 3 "Il regno dei cieli", iniziò, "è simile a un padron di casa, il quale, in sul far del giorno, uscì a prender ad opra, de' lavoratori per la sua vigna". Matteo 20:1. Allora si usava che chi cercasse un impiego andasse alla piazza del mercato ad attendere qualche datore di lavoro. La parabola ci presenta uno di loro che in differenti ore della giornata, andava a cercare operai per la sua attività. Quelli che furono assunti sin dalle prime ore del mattino concordarono un certo salario; gli altri, impiegati in un secondo momento, si rimisero alla discrezionalità del padrone. PV 276 4 "Poi, fattosi sera, il padron della vigna disse al suo fattore: Chiama i lavoratori e paga loro la mercede, cominciando dagli ultimi fino ai primi. Allora, venuti quei dell'undicesima ora, ricevettero un denaro per uno. E venuti i primi, pensavano di ricever di più; ma ricevettero anch'essi un denaro per uno". Matteo 20:8-10. PV 276 5 Il trattamento che il proprietario della vigna riserva agli operai è un immagine del modo in cui Dio tratta noi uomini, cioè ben diversamente dagli usi umani. Nella vita professionale il pagamento è in proporzione al lavoro svolto e l'operaio si attende una retribuzione commisurata alla sua resa. Ma nella parabola Cristo illustra i principi del suo regno, un regno che non è di questo mondo e che non si può misurare con parametri umani: "Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice l'Eterno. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri". Isaia 55:8, 9. PV 277 1 Gli operai della parabola impiegati sin dal mattino ricevettero la paga che avevano pattuito, non una lira in più. Gli ultimi arrivati credettero alla promessa del padrone: "Vi darò quel che sarà giusto". Matteo 20:4. E dimostrarono la loro fiducia non facendo domande di sorta in merito al salario. Confidavano nel suo senso di giustizia ed equità e furono ricompensati non in base alla quantità di lavoro prestato ma secondo la generosità del datore di lavoro. PV 277 2 Similmente Dio desidera che abbiamo fiducia in lui che giustifica i peccatori e ci ricompensa non secondo il nostro merito bensì secondo il "proponimento eterno ch'Egli ha mandato ad effetto nel nostro Signore, Cristo Gesù". Efesini 3:11. "Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia". Tito 3:5. E per quanti hanno fiducia in lui Egli può "fare infinitamente al di là di quel che domandiamo o pensiamo". Efesini 3:20. PV 277 3 Non è la quantità di lavoro svolto o i suoi risultati visibili che Dio apprezza, quanto lo spirito con cui lavoriamo. Gli operai che sì presentarono nella vigna all'undicesima ora erano riconoscenti di quella possibilità di lavorare e che il proprietario li avesse accettati così a tarda ora. E quale non fu la loro sorpresa quando, alla fine, egli lì ricompensò per una giornata intera di lavoro! Sapevano benissimo di non meritare quella retribuzione. La gentilezza con cui li trattava li riempì di gioia e mai dimenticarono la sua bontà e il generoso salario ricevuto. Così è del peccatore che, cosciente della propria indegnità, entra nella vigna del Signore all'undicesima ora. Sa che non gli rimane ormai molto tempo per lavorare al servizio di Dio e meritare una ricompensa, ma è felice che Dio l'accetti. Fa il suo dovere con umiltà e fiducia, grato del privilegio di collaborare con Cristo. Dio gradisce questo atteggiamento e lo onora. PV 278 1 Il Signore desidera che abbiamo fiducia in lui senza preoccuparci della ricompensa. Per chi ha Cristo nel cuore la ricompensa non è la cosa principale e nemmeno il movente che lo spinge al servizio. È vero che dovremmo tenere di mira la ricompensa futura, attenderla con gioia e apprezzare le benedizioni promesse, ma Dio non vuole che pensiamo solo a questo e che pretendiamo una ricompensa per ogni opera buona che facciamo. Dobbiamo preoccuparci non tanto di ricevere una ricompensa quanto di agire bene indipendentemente dal nostro vantaggio. Il movente dei nostri atti sia l'amor di Dio e del prossimo! PV 278 2 Questa parabola non scusa quanti hanno udito il primo appello a entrare nella vigna e si sono rifiutati di andare. Quando il padrone andò alla piazza del mercato all'undicesima ora, chiese agli uomini disoccupati: "Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi? Essi gli dissero: Perché nessuno ci ha presi a giornata". Matteo 20:6, 7. Nessuno di questi disoccupati si trovava li ad aspettare dal mattino o aveva respinto l'offerta del datore di lavoro. Chi lo fa e dopo si pente, fa bene a pentirsi, ma è pericoloso ignorare il primo appello della grazia. PV 278 3 Quando i vignaiuoli ricevettero "un denaro per uno", quelli che avevano lavorato sin dal primo mattino si indignarono. Non erano stati all'opera per ben dodici ore? Non era loro buon diritto ricevere più di coloro che avevano prestato la loro opera solo un'ora e quand'era più fresco? "Questi ultimi non han fatto che un'ora", obiettarono, "e tu li hai fatti pari a noi che abbiamo portato il peso della giornata e il caldo. PV 278 4 "Ma egli rispondendo a un di loro disse: Amico, io non ti fo alcun torto; non convenisti meco per un denaro? Prendi il tuo, e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non m'è lecito far del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio ch'io sia buono? PV 278 5 "Cosi gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi". Matteo 20:12-16. PV 278 6 Gli operai del primo gruppo rappresentano coloro che, in virtù dei loro servizi, vorrebbero essere preferiti rispetto agli altri. Si mettono all'opera compiaciuti di loro stessi, ma senza spirito di rinuncia e di sacrificio. Forse hanno promesso di servire Dio per tutta la vita e sono stati in prima fila a sopportare fatiche, privazioni e prove, perciò ritengono di avere diritto ad una lauta ricompensa. Pensano più alla retribuzione che al privilegio di servire Cristo. Secondo loro il lavoro ed i sacrifici che hanno fatto gli dà diritto di essere più onorati degli altri, e siccome Dio non riconosce questa pretesa, si offendono. Lavorando con dedizione e fiducia potrebbero continuare ad essere i primi, ma la loro tendenza a lamentarsi e criticare è contraria allo spirito di Cristo e dimostra che non sono degni di fiducia, che si preoccupano soprattutto di far carriera, che non confidano in Dio, che sono gelosi e invidiosi dei fratelli. La bontà e generosità del Signore per loro sono solo motivo di mormorio, e questo dimostra che essi non hanno alcuna comunione con lui. Non conoscono la gioia di collaborare col Maestro. PV 279 1 Non c'è niente che offenda Dio più di questa meschinità egoistica. Egli non può collaborare con coloro che manifestano queste caratteristiche e sono insensibili all'opera dello Spirito Santo. PV 279 2 Gli Ebrei erano stati chiamati per primi nella vigna del Signore e questo li aveva resi orgogliosi e arroganti. Credevano che i lunghi anni di servizio conferissero loro il diritto di ricevere una ricompensa maggiore degli altri ed erano indignati al massimo nell'apprendere che anche i gentili avrebbero goduto gli stessi privilegi. PV 279 3 Cristo mise in guardia i discepoli, che aveva chiamato per primi, da una simile reazione negativa. Egli prevedeva che l'orgoglio sarebbe stato una maledizione e causa di debolezza per la chiesa. Gli uomini si sarebbero illusi di poter fare qualcosa per guadagnarsi un posto nel regno dei cieli, avrebbero immaginato che il Signore li avrebbe aiutati solo dopo aver conseguito i primi progressi. Cosi l'io avrebbe trionfato e Gesù sarebbe stato accantonato. Molti sarebbero andati fieri di ogni minimo passo avanti, ritenendosi superiori agli altri, sarebbero stati avidi di adulazioni e gelosi del primo posto nella considerazione altrui. Cristo voleva preservare i discepoli da questo pericolo. PV 279 4 Vantarsi dei propri meriti è fuori luogo: "Il savio non si glori della sua saviezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono l'Eterno, che esercita la benignità, il diritto e la giustizia sulla terra; perché di queste cose mi compiaccio, dice l'Eterno". Geremia 9:23, 24. PV 280 1 Noi non saremo ricompensati in base ai nostri meriti -- affinché nessuno si glori --, ma per grazia: "Che diremo dunque che l'antenato nostro Abrahamo abbia ottenuto secondo la carne? Poiché se Abrahamo è stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che gloriarsi; ma dinanzi a Dio egli non ha di che gloriarsi; infatti, che dice la Scrittura? Or Abrahamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia. Or a chi opera, la mercede non è messa in conto di grazia, ma di debito; mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli è messa in conto di giustizia". Romani 4:1-5. Non c'è motivo quindi di ritenersi migliori degli altri o invidiarli. Non abbiamo alcun privilegio che ci metta ad un livello superiore agli altri e nessuno ha diritto alla ricompensa. PV 280 2 Sia i primi che gli ultimi riceveranno la medesima ricompensa eterna, e i primi dovranno dare gioiosamente il benvenuto agli ultimi. Chi invidia la ricompensa altrui dimentica che anche lui è salvato solo per grazia. La parabola dei vignaiuoli condanna ogni atteggiamento di gelosia e di invidia. Chi ama si rallegra della verità e non fa confronti invidiosi, ma paragona soltanto il proprio carattere imperfetto alla perfezione e bontà di Cristo. PV 280 3 Questa parabola è un monito per tutti gli operai del Signore, indipendentemente dalla loro anzianità di servizio e dall'importanza delle loro realizzazioni: senza carità per il fratello, senza umiltà dinanzi a Dio tutto questo non vale niente. Chi vive una fede religiosa non può nel contempo idolatrare il proprio io, altrimenti si accorgerà presto che gli manca quella grazia che sola può rendere efficace la sua opera al servizio di Cristo. Dove l'orgoglio e la vanità si fanno spazio l'opera risulta compromessa. PV 280 4 Dio apprezza non quanto tempo lavoriamo per lui, bensì se lavoriamo volenterosamente e con fedeltà. Ci vuole una consacrazione totale. Il dovere più umile, assolto con sincerità e abnegazione di sè, è gradito a Dio più di un'opera imponente segnata dall'egoismo. Egli osserva se coltiviamo lo spirito di Cristo e fino a che punto le nostre opere somigliano alle sue. L'amore e la fedeltà sono per lui più importanti della quantità di lavoro che sbrighiamo. PV 281 1 Solo quando l'egoismo e morto in noi e abbiamo bandito ogni ambizione di supremazia, quando il cuore trabocca di riconoscenza e l'amore ispira la nostra vita, Cristo dimorerà veramente in noi e Dio ci riconoscerà suoi collaboratori. PV 281 2 Per quanto duro, i veri operai di Dio non considerano il loro compito un penoso fardello. Sono pronti a sacrificarsi e a lavorare di buon animo. La loro gioia somiglia a quella di Cristo, che poteva dire: "Il mio cibo è di far la volontà di Colui che mi ha mandato, e di compire l'opera sua". Giovanni 4:34. La consapevolezza di collaborare con il Signore della gloria allevia ogni fatica, tonifica la volontà e dà allo spirito la forza di affrontare qualunque cosa accada. Nel loro altruismo i discepoli di Cristo parteciperanno alle sue sofferenze, ma anche alla sua bontà e simpatia. Cosi essi contribuiscono ad annunciare il lieto messaggio al mondo e ad esaltare il nome di Dio. PV 281 3 Ecco con quale spirito bisogna servire il Signore! Dove esso manca, molti che sono apparentemente i primi saranno gli ultimi, mentre coloro che lo possiedono, anche se annoverati fra gli ultimi, si ritroveranno fra i primi. PV 281 4 Molti si sono consacrati a Cristo ma non vedono alcuna possibilità di fare qualcosa di grande al suo servizio o di fare grandi sacrifici. Si consolino al pensiero che non è necessariamente la sorte del martire la più gradita a Dio. Può darsi che non sia il missionario, che affronta tutti i giorni vari pericoli e la morte, ad occupare il primo posto nei libri del cielo. Chi si dimostra vero cristiano nella vita privata, nel sacrificio quotidiano di sé, nella sincerità di propositi, nella purezza di pensiero, nella mansuetudine di fronte alla provocazione, nella fede e pietà, nella fedeltà nelle piccole cose, chi nella famiglia riflette il carattere di Cristo, è più prezioso dinanzi a Dio del missionario o martire di fama universale. PV 281 5 Come è diverso il parametro con cui Dio e gli uomini misurano il carattere! Egli vede le numerose tentazioni alle quali abbiamo resistito e che il mondo e gli stessi amici intimi ignorano -- tentazioni scatenatesi in famiglia o nella profondità del cuore. Egli vede quando siamo umiliati e depressi dalla nostra stessa debolezza e ci pentiamo sinceramente di un pensiero malvagio. La consacrazione senza riserve al suo servizio non gli rimane nascosta, come pure le lotte e le vittorie realizzate contro il nostro io. Dio e gli angeli sanno tutto questo. Un libro di memorie è scritto dinanzi all'Eterno a favore di coloro che lo temono e celebrano il suo nome. PV 282 1 Il segreto del successo non risiede nella cultura o nella nostra posizione sociale, nel numero degli adepti, dei talenti che abbiamo ricevuto o nella forza della volontà umana. Coscienti della nostra insufficienza, contempliamo Gesù, sorgente di ogni forza e del pensiero supremo, e se siamo volenterosi e obbedienti conquisteremo una vittoria dopo l'altra! PV 282 2 Quantunque breve il nostro servizio ed umile la nostra attività, se seguiamo Cristo con una fede semplice non rimarremo delusi in merito alla ricompensa. I più deboli e umili potranno ottenere quel che i più grandi e saggi non possono raggiungere con le loro forze. L'aurea porta del cielo rimarrà chiusa di fronte agli orgogliosi e non si aprirà davanti ai superbi, ma si spalancherà al trepido bussare di un bambino. Magnifica sarà la ricompensa della grazia riservata a quanti hanno lavorato per Dio nella semplicità della fede e dell'amore. ------------------------Capitolo 29: Incontro allo sposo PV 283 1 Cristo è seduto con i discepoli sul Monte degli Ulivi. Il sole è tramontato dietro le montagne e le ombre della sera coprono il cielo. Dinanzi a loro c'è una casa riccamente illuminata a festa. La luce che esce dalle aperture e la folla in attesa fanno capire che arriverà presto un corteo nuziale. In molte regioni orientali le nozze si celebrano la sera. Lo sposo va a prendere la sposa e la conduce a casa sua. Alla luce delle fiaccole il corteo nuziale avanza dalla casa del padre di lei alla dimora dello sposo, dove è pronto un banchetto per gli invitati. Gesù osserva appunto in questa scena un gruppo di persone in attesa di unirsi al corteo nuziale. PV 283 2 Vicino alla casa dei genitori della sposa -- inizia Gesù il suo racconto -- ci sono dieci ragazze vestite di bianco, e ognuna ha una lampada ardente e un vasetto d'olio. Aspettano tutte ansiosamente l'arrivo dello sposo, ma egli ritarda. Le ore passano e le ragazze a un certo punto si addormentano dalla stanchezza. A mezzanotte risuona improvvisamente un grido: "Ecco lo sposo, uscitegli incontro!" Matteo 25:6. Svegliandosi di soprassalto, balzano in piedi e vedono avanzare il corteo nuziale illuminato dalle fiaccole e accompagnato da una lieta musica. Distinguono già la voce dello sposo e della sposa. Prendono rapidamente le lampade e le rimettono in ordine per raggiungere subito la processione. Ma cinque hanno dimenticato di riempire il vasetto di olio, non avendo previsto un'attesa così lunga, e ora si ritrovano sfornite. In questa emergenza si rivolgono alle compagne più sagge: "Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono". Matteo 25:8. Ma le altre cinque hanno versato tutta la riserva d'olio nelle lampade e non ne hanno più, perciò replicano: "No, che talora non basti per noi e per voi; andate piuttosto da' venditori e compratevene!" Matteo 25:9. PV 283 3 Mentre vanno a comprarlo il corteo passa e le lascia indietro. Le cinque ragazze con le lampade accese si uniscono alla folla ed entrano nella sala con il seguito nuziale, poi la porta si chiude. Quando finalmente arrivano le ritardatarie, vengono respinte in un modo veramente inatteso. Il padrone di casa dichiara: "Non vi conosco". Matteo 25:12. E così dovettero rimanere fuori, nel buio della notte, nella strada deserta. PV 284 1 Cristo raccontò ai discepoli la storia delle dieci fanciulle mentre osservava la gente che attendeva lo sposo, ma questo caso illustra l'esperienza che la chiesa farà alla vigilia del suo ritorno. PV 284 2 I due gruppi di ragazze rappresentano i due tipi di persone che professano di attendere il Signore. Si parla di "vergini" perché professano una fede pura. Le lampade rappresentano la Parola di Dio, di cui il salmista dice: "La tua parola è una lampada al mio piè ed una luce sul mio sentiero". Salmi 119:105. L'olio è un simbolo dello Spirito Santo, come ben evidenzia una profezia di Zaccaria: "E l'angelo che parlava meco tornò, e mi svegliò come si sveglia un uomo dal sonno. E mi disse: 'Che vedi?' Io risposi. Ecco, vedo un candelabro tutto d'oro, che ha in cima un vaso, ed è munito delle sue sette lampade, e di sette tubi per le lampade che stanno in cima; e vicino al candelabro stanno due ulivi; l'uno a destra del vaso, e l'altro alla sua sinistra'. E io presi a dire all'angelo che parlava meco: 'Che significan queste cose, signor mio?'... Allora egli rispondendo, mi disse: 'È questa la parola che l'Eterno rivolge a Zorobabele: Non per potenza nè per forza, ma per lo spirito mio, dice l'Eterno degli eserciti'... E per la seconda volta io presi a dire! 'Che significano questi due ramoscelli d'ulivo che stanno allato ai due condotti d'oro per cui scorre l'olio dorato? '... Allora egli disse: 'Questi sono i due unti che stanno presso il Signore di tutta la terra'". Zaccaria 4:1-14. PV 284 3 Dai due ramoscelli d'ulivo l'olio dorato scorreva attraverso i condotti d'oro fino al vaso del candelabro e di là nelle lampade d'oro che illuminavano il santuario. Cosi lo Spirito Santo si riversa dagli esseri santi che vivono in presenza di Dio sugli uomini che si sono consacrati al suo servizio. I "due unti" hanno il compito di trasmettere al popolo di Dio quella grazia celeste che unicamente può fare della sua Parola una lampada al nostro piede e una luce sul nostro sentiero. "Non per potenza né per forza, ma per lo spirito mio, dice l'Eterno degli eserciti". Zaccaria 4:6. PV 285 1 Nella parabola delle dieci vergini tutte si levarono per andare incontro allo sposo e tutte avevano la lampada e il vasetto dell'olio, perciò inizialmente non si scorgeva nessuna differenza. Altrettanto è della chiesa immediatamente prima della seconda venuta di Gesù. Tutti conoscono la Sacra Scrittura, hanno udito il messaggio del suo imminente ritorno e lo attendono fiduciosamente. Ma, come nella parabola, anche oggi l'attesa si prolunga e mette alla prova la nostra fede. Quando echeggerà finalmente il grido: "Ecco lo sposo, uscitegli incontro!", molti saranno impreparati: non hanno olio con sé per alimentare la propria lampada, manca loro lo Spirito Santo. PV 285 2 Senza lo Spirito divino tutta la conoscenza della sua Parola è vana. La cognizione teorica della verità, se non è accompagnata dallo Spirito, non può vivificare l'anima né santificare il cuore. Possiamo conoscere a menadito i comandamenti e le promesse della Bibbia, ma se lo Spirito di Dio non fa penetrare la verità nel fondo del cuore, il nostro carattere non cambierà. Senza il suo aiuto non siamo in grado di distinguere la verità dall'errore e cadremo facilmente nelle sottili tentazioni di Satana. PV 285 3 Le vergini sciocche non rappresentano degli ipocriti, bensì persone che apprezzano la verità e la difendono: esse amano la compagnia di coloro che ci credono, ma non si sono abbandonate all'azione dello Spirito Santo. Non sono cadute sulla Roccia che è Gesù Cristo, permettendo l'infrangersi della loro vecchia natura. Sono le stesse persone rappresentate altrove dal suolo pietroso. Accettano volentieri la Parola ma non ne assimilano i principi, perciò la sua influenza non è duratura. Lo Spirito Santo agisce nel nostro cuore nella misura in cui lo desideriamo e gli permettiamo di ricreare la nostra natura, ma le persone rappresentate dalle vergini sciocche si sono accontentate di un'opera superficiale. Non conoscono veramente Dio, non hanno studiato il suo carattere, non hanno coltivato la comunione con lui, perciò non sanno nutrire fiducia in lui, non sanno contemplarlo e viverlo. Il loro culto è puramente formale: "E vengon da te come fa la folla, e il mio popolo si siede davanti a te, e ascolta le tue parole, ma non le mette in pratica; perché, con la bocca fa mostra di molto amore, ma il suo cuore va dietro alla sua cupidigia". Ezechiele 33:31. L'apostolo Paolo sottolinea che cosa caratterizzerà l'umanità immediatamente prima del ritorno di Cristo: "Or sappi questo, che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, ... amanti del piacere anziché di Dio, aventi le forme della pietà, ma avendone rinnegata la potenza". 2 Timoteo 3:1-5. PV 286 1 Ecco le persone che nei momenti di crisi esclameranno: "Pace e sicurezza!" Ma si cullano in una falsa sicurezza e non hanno coscienza del pericolo. Scosse dal letargo, si rendono conto della loro misera situazione e chiedono agli altri di supplire ai loro bisogni, ma in campo spirituale nessuno può riparare alle carenze altrui. La grazia di Dio viene offerta liberamente a tutti ed è stato proclamato ad alta voce il messaggio evangelico: "E chi ha sete venga; chi vuole, prenda in dono dell'acqua della vita". Apocalisse 22:17. Ma il carattere non si trasmette. Nessuno può credere al posto di un altro né ricevere lo Spirito in sua vece, nessuno può trasferire agli altri quelle caratteristiche che sono il frutto dell'azione dello Spirito Santo: "Se in mezzo ad esso si trovassero Noè, Daniele e Giobbe, com'è vero ch'io vivo, dice il Signore, l'Eterno, essi non salverebbero né figliuoli né figliuole; non salverebbero che le loro persone, per la loro giustizia". Ezechiele 14:20. PV 286 2 Il carattere si rivela nei momenti cruciali. Quando, a mezzanotte, si sentì il grido: "Ecco lo sposo, uscitegli incontro!", e le vergini furon bruscamente svegliate dal sonno, si vide chiaramente chi di loro si era preparata all'avvenimento. Furono colte tutte di sorpresa, ma un gruppo era pronto per l'emergenza, l'altro no. Cosi anche oggi, una catastrofe improvvisa ed inattesa può metterci faccia a faccia con la morte e dimostrare se crediamo veramente nelle promesse di Dio e siamo sorretti dalla sua grazia. L'ultima grande prova avrà luogo alla fine del tempo di grazia, quando non sarà più possibile curare i bisogni dell'anima. PV 286 3 Le dieci vergini vegliano al crepuscolo della storia di questo mondo. Si dicono tutte cristiane, hanno ricevuto tutte un appello, un nome, una lampada, e tutte pretendono di essere al servizio del Signore. Apparentemente attendono tutte l'apparizione di Cristo, ma cinque non sono pronte e rimarranno sorprese e desolate ritrovandosi escluse dalla sala del banchetto. PV 287 1 Nel giorno finale molti pretenderanno di entrare nel regno di Cristo affermando: "Noi abbiam mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze!" "Signore, Signore, non abbiam noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demoni, e fatte in nome tuo molte opere potenti?" Ma Egli risponderà: "Io vi dico non so donde voi siate; dipartitevi da me voi tutti operatori d'iniquità". Luca 13:26, 27; Matteo 7:22. Non avendo coltivato in questa vita la comunione con Cristo, non conoscono il linguaggio del cielo e la sua gioia rimane loro estranea. "Infatti, chi, fra gli uomini, conosce le cose dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? E così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio". 1 Corinzi 2:11. PV 287 2 Le parole più tristi che orecchie umane dovranno ascoltare sono contenute in questa terribile sentenza: "Io non vi conosco". Solo la comunione dello Spirito Santo, che molti disdegnano, può farci partecipare al lieto convito delle nozze celesti, altrimenti sarà impossibile per noi prender parte a quella festa: saremmo ciechi per vederne la luce, e sordi per udirne la melodia. Il suo amore e la sua gioia non susciterebbero alcuna eco nel nostro cuore intorpidito dal mondo. La nostra impreparazione stessa ci esclude dalla compagnia del cielo. PV 287 3 Non possiamo essere pronti ad incontrare il Signore se afferriamo le nostre lampade e vogliamo farle riempire solo dopo essere stati destati dal grido: "Ecco lo sposo!" Non possiamo escludere Cristo dalla nostra vita presente e godere, ciò nonostante, la comunione con lui nell'eternità! PV 287 4 Le vergini sagge della parabola avevano con sé anche dei vasetti d'olio oltre alle lampade, e la loro fiamma poté ardere così tutta la notte di veglia. Quella luce contribuiva ad aumentare lo splendore dell'illuminazione allestita in onore dello sposo e rischiarava la via che conduceva alla sua casa, alla festa di nozze. PV 287 5 È così che i discepoli di Cristo dovrebbero brillare nelle tenebre del mondo. Tramite lo Spirito Santo la Parola di Dio agisce come una luce e una potenza che trasforma la vita di chi la riceve. Imprimendo nei cuori i principi della Parola, lo Spirito Santo sviluppa negli uomini gli attributi divini. I suoi discepoli devono riflettere la luce della sua gloria, il suo carattere. È così che devono glorificare Dio e illuminare la via che conduce alla dimora dello Sposo, alla città di Dio dove è pronto il banchetto per le nozze dell'Agnello. PV 288 1 Lo sposo arrivò a mezzanotte, nel momento più buio, e anche Cristo ritornerà nell'ora più tenebrosa della storia di questa terra. I giorni di Noè e Lot illustrano in che condizioni si troverà il mondo prima dell'avvento del Figlio dell'uomo. Le Scritture profetizzano in merito che Satana agirà "con ogni sorta di opere potenti... e con ogni sorta d'inganno, d'iniquità". 2 Tessalonicesi 2:9, 10. Il suo operato si rileva chiaramente dalle tenebre rapidamente dilaganti, dai numerosi errori e dalle eresie e seduzioni di questi ultimi giorni. Con i suoi inganni Satana non sta catturando solo il mondo ma anche le chiese che si dicono cristiane. Questa grave apostasia genererà delle tenebre fitte come quelle della mezzanotte e impenetrabili come un nero sacco di cilicio. Per il popolo di Dio sarà una notte di prova, di lagrime e di persecuzione per amore della verità, ma la luce di Dio brillerà in piena notte. PV 288 2 Dio fa splendere "la luce fra le tenebre". 2 Corinzi 4:6. Quando "la terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell'abisso... lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. E Dio disse: 'Sia la luce!'. E la luce fu". Genesi 1:2, 3. Similmente Dio pronuncerà queste parole nella notte delle tenebre spirituali: "Sia la luce!" Al suo popolo Egli dice: "Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria dell'Eterno s'è levata su te!" Isaia 60:1. PV 288 3 "Poiché, ecco", leggiamo ancora, "le tenebre coprono la terra, e una fitta oscurità avvolge i popoli; ma su te si leva l'Eterno, e la sua gloria appare su te". Isaia 60:2. PV 288 4 Il mondo è avvolto nel buio di una falsa concezione di Dio. L'umanità quasi non sa più che carattere abbia e fraintende la sua natura, perciò in quest'epoca bisogna proclamare un messaggio di Dio che faccia chiarezza e abbia la potenza di salvare. Bisogna far conoscere il carattere di Dio, illuminare le tenebre del mondo con la luce della sua bontà, misericordia e verità. PV 289 1 Proprio questo intende il profeta Isaia quando dice: "O tu che rechi la buona novella a Sion, sali sopra un alto monte! O tu che rechi la buona novella a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di alle città di Giuda: 'Ecco il vostro Dio!'. Ecco, il Signore, l'Eterno, viene con potenza, e col suo braccio Ei domina. Ecco, la sua mercede è con lui, e la sua ricompensa lo precede". Isaia 40:9, 10. PV 289 2 Tutti coloro che attendono lo Sposo hanno il dovere di dire alla gente: "Ecco il vostro Dio!" Gli ultimi raggi della luce della grazia, l'ultimo messaggio di misericordia devono rivelare al mondo l'affettuoso e benigno carattere di Dio. I suoi figli sono chiamati a proclamare la sua gloria dimostrando con la propria vita ed il proprio carattere ciò che la grazia divina ha fatto per loro. PV 289 3 Dobbiamo riflettere la luce del Sole di Giustizia compiendo opere buone e sante e pronunciando parole di verità. PV 289 4 Cristo, il riflesso della gloria del Padre, è venuto a noi come luce del mondo, per rappresentare Dio dinanzi agli uomini, e di lui sta scritto che era "unto di Spirito Santo e di potenza... è andato attorno facendo del bene". Atti 10:38. Nella sinagoga di Nazareth Egli disse: "Lo Spirito del Signore è sopra me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir liberazione ai prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a predicare l'anno accettevole del Signore". Luca 4:18, 19. Questo è anche il mandato che assegnò ai discepoli: "Voi siete la luce del mondo ... Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne' cieli". Matteo 5:14, 16. PV 289 5 Ancora il profeta Isaia descrive questo compito nei seguenti termini: "Non è egli questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu meni a casa tua gl'infelici senz'asilo, che quando vedi uno ignudo tu lo copra, e che tu non ti nasconda a colui ch'è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l'aurora, e la guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, e la gloria dell'Eterno sarà la tua retroguardia". Isaia 58:7, 8. PV 290 1 Ecco come la chiesa deve riflettere la luce divina nell'oscurità spirituale, risollevando l'oppresso e consolando l'afflitto. PV 290 2 Quanta sofferenza e miseria nel mondo e intorno a noi! Dovunque volgiamo lo sguardo ci sono persone bisognose e in difficoltà, e tocca a noi dare una mano di aiuto e alleviare gli stenti della loro vita. PV 290 3 Un impegno pratico in loro favore sarà molto più efficace di tanti pii discorsi. Dobbiamo dare da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi e ospitare i senzatetto, ma anche di più. Solo l'amore di Cristo può soddisfare i bisogni dell'anima, ma se Egli dimora in noi anche i nostri cuori traboccheranno di simpatia divina e le fonti dell'ardente carità cristiana finora sepolte si dischiuderanno. PV 290 4 Dio non chiede solamente che offriamo i nostri doni ai bisognosi, ma desidera da noi anche un viso lieto e affabile, parole incoraggianti, una calda stretta di mano. Quando Cristo guariva un infermo gli imponeva le mani, perciò anche noi dobbiamo entrare in un rapporto intimo con le persone alle quali vogliamo fare del bene. PV 290 5 Molti vivono ormai senza speranza: portiamogli un raggio di sole! Molti non hanno più il coraggio di vivere: rincuoriamoli e preghiamo per loro. Altri hanno fame del pane della vita: leggiamogli qualche brano della Parola di Dio. Altri ancora soffrono di una malattia dell'anima che nessun balsamo e nessuna medicina terrena può guarire: preghiamo per loro e conduciamoli a Gesù, ricordiamogli che esiste un "balsamo in Galaad", un Medico potente. PV 290 6 La luce naturale arreca beneficio al mondo intero, anche agli ingrati, agli empi, ai corrotti. Altrettanto avviene con la luce di Gesù, Sole di Giustizia. Tutta la terra, avvolta nel buio del peccato e della sofferenza, deve essere rischiarata dalla conoscenza dell'amore di Dio. La luce che emana dal trono divino deve illuminare tutti gli uomini, senza distinzione di setta, rango o classe sociale. PV 290 7 Bisogna annunciare il messaggio della speranza e misericordia fino ai confini della terra, e chiunque voglia può tendere la mano, afferrare la potenza di Dio e far pace con lui. I pagani non devono restare più immersi nel buio di mezzanotte. I luminosi raggi del Sole di Giustizia devono illuminare anche loro. Il potere dell'inferno è stato infranto. PV 291 1 Ma nessuno può trasmettere agli altri ciò che non ha ricevuto. Nella causa di Dio l'uomo da solo nulla può fare, e nessuno può trasformarsi con i suoi sforzi in un canale di luce divina. Solo l'olio che gli angeli versavano nei tubi d'oro e che dal vaso d'oro si riversava nelle lampade del santuario, alimentava una luce chiara e continua. È l'amore che Dio trasmette continuamente all'uomo che gli permette di diffondere la luce tutt'intorno. L'olio d'oro dell'amore scorre copiosamente nel cuore di quanti sono uniti a Dio dalla fede, per brillare e trasformarsi in opere buone ed in un servizio devoto e fedele. PV 291 2 L'inestimabile dono dello Spirito Santo comprende tutte le ricchezze del cielo. Se la sua grazia non si manifesta doviziosamente fra gli uomini, non è perché Dio ne sia avaro: chiunque voglia può ricevere il dono del suo Spirito. PV 291 3 Ognuno di noi ha il privilegio di fungere da canale vivente tramite il quale Dio trasmette al mondo i tesori della sua grazia, le insondabili ricchezze di Cristo. Non c'è niente che Egli desideri più vivamente dell'avere dei collaboratori che presentino al mondo il suo spirito e il suo carattere. Il maggiore bisogno del mondo è quello di uomini che manifestino nella loro vita l'amore del Salvatore. Il cielo intero attende e cerca dei canali per far giungere all'umanità il sacro olio della gioia e della benedizione. PV 291 4 Cristo ha adottato tutti i provvedimenti per trasformare la sua chiesa, illuminarla della Luce del mondo e farle possedere la gloria del Principe Emmanuele. È suo proposito che ogni cristiano sia circondato da un'atmosfera spirituale di luce e di pace, e che noi riveliamo la sua gioia nella vita quotidiana. PV 291 5 Chi è ripieno dello Spirito di Dio traboccherà di amore divino, e questa pienezza si riverserà su altri tramite lui. PV 291 6 Il Sole della Giustizia porterà "la guarigione ... nelle sue ali". Malachia 4:2. Similmente il vero cristiano diffonderà un'influenza vivificante che trasmette coraggio, soccorso e una vera guarigione. PV 291 7 La religione di Cristo comporta più del perdono dei peccati: essa non solo elimina i nostri peccati, ma riempie il vuoto con le grazie dello Spirito Santo, è luce e gioia di Dio in noi. Essa ci svuota il cuore dell'egoismo e lo pervade della continua presenza di Cristo. Quando Gesù regna nell'anima, c'è purezza, libertà dal peccato. La gloria, la pienezza, la completezza del piano evangelico si manifestano nella vita. L'accettazione del Salvatore porta al godimento di una perfetta pace, di amore e sicurezza. Ovunque la bellezza e fragranza del carattere di Cristo si manifestino nella vita di un uomo, dimostrano che Dio ha veramente inviato il Figlio perché fosse il Salvatore del mondo. PV 292 1 Cristo non ordina ai suoi seguaci di sforzarsi per brillare, ma dice piuttosto di lasciare che la loro luce brilli. Se abbiamo accettato la grazia di Dio, la luce sarà in noi. Rimuoviamo gli ostacoli, e la gloria del Signore si manifesterà! La luce splenderà fugando le tenebre e noi risplenderemo a nostra volta nel nostro campo di influenza. PV 292 2 La rivelazione della gloria di Dio nella natura umana farà scendere il cielo sulla terra al punto da manifestare la bellezza del santuario divino in chiunque ha accettato Gesù come proprio Salvatore. Gli uomini saranno affascinati dalla gloria di Cristo che dimora nel cuore ed eleveranno un concento di lodi e ringraziamenti al grande Dispensatore di ogni bene. PV 292 3 "Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta, e la gloria dell'Eterno s'è levata su te!" Isaia 60:1. Questo messaggio è rivolto a quanti vanno incontro allo Sposo. Cristo ritorna con potenza e gran gloria: con la sua propria e con la gloria del Padre. Tutti i santi angeli lo accompagneranno. E mentre il mondo intero è sprofondato nel buio, ci sarà luce nelle dimore dei santi. Saranno loro a scorgere i primi chiari raggi della sua seconda apparizione. Il suo splendore irradierà una luce nitida e pura e tutti coloro che l'hanno servito l'adoreranno come Redentore. Mentre gli empi fuggono dinanzi a lui, i redenti si rallegrano. Anticipando in visione il momento del secondo avvento di Cristo, il patriarca esclamava: "Lo contempleranno gli occhi miei, non quelli di un altro". Giobbe 19:27. Per i suoi fedeli seguaci Cristo è stato un compagno quotidiano ed amico familiare. Hanno vissuto in intimo contatto, in costante comunione con Dio. Su di loro si è levata la gloria dell'Eterno e hanno riflesso la luce della conoscenza di Dio. Ora sono felici nello splendore del Re dei re, pronti a godere la comunione celeste, in quanto avevano già il cielo nel cuore. PV 293 1 A testa alta, illuminati dai raggi del Sole di Giustizia e felici per la redenzione imminente, vanno incontro allo Sposo esclamando: "Ecco, questo è il nostro Dio: in lui abbiamo sperato, ed egli ci ha salvati". Isaia 25:9. PV 293 2 "Poi udii come la voce di una gran moltitudine e come il suono di molte acque e come il rumore di forti tuoni, che diceva: Alleluia! poiché il Signore Iddio nostro, l'Onnipotente ha preso a regnare. Rallegriamoci e giubiliamo e diamo a lui la gloria, poiché son giunte le nozze dell'Agnello, e la sua sposa s'è preparata... E l'angelo mi disse: Scrivi: Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell'Agnello". "Egli è il Signor dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e fedeli". Apocalisse 19:6-9; 17:14.