Parole di vita

Capitolo 23

Un messaggio alla chiesa d'oggi

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Il popolo ebraico

Nella parabola dei due figli Cristo aveva fatto rilevare ai rabbini ebraici l'importanza dell'obbedienza. Nella successiva parabola della vigna Egli sottolineò le ricche benedizioni che Israele aveva ricevuto ed il diritto di Dio di attendersi obbedienza. Gli prospettò il glorioso piano divino che avrebbero potuto realizzare se fossero stati fedeli. Sollevando il velo che nasconde il futuro preannunciò però anche che tutto il popolo avrebbe perduto questi benefici e sarebbe andato incontro alla rovina se fosse venuto meno al suo dovere.

"V'era un padron di casa", raccontò Cristo, "il quale piantò una vigna e le fece attorno una siepe, e vi scavò un luogo da spremer l'uva, e vi edificò una torre; poi l'allogò a de' lavoratori, e se n'andò in viaggio". Matteo 21:33.

Anche il profeta Isaia utilizza in questi termini l'immagine della vigna: "Io vo' cantare per il mio benamato il cantico dell'amico mio circa la sua vigna. Il mio benamato aveva una vigna sopra una fertile collina. La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti di scelta, vi fabbricò in mezzo una torre, e vi scavò uno strettoio. Ei s'aspettava ch'essa gli facesse dell'uva". Isaia 5:1, 2.

Il vignaiuolo sceglie un appezzamento di terra in un zona deserta, lo recinta, lo ripulisce, lo ara e vi pianta delle viti selezionate. Dato che il terreno ora è molto migliore di quello incolto, si attende che le sue cure e fatiche siano ricompensate da un abbondante raccolto. Così anche Dio aveva scelto un popolo che Cristo doveva educare ed istruire. Il profeta dice: "Or la vigna dell'Eterno degli eserciti è la casa d'Israele, e gli uomini di Giuda son la piantagione ch'era la sua delizia". Isaia 5:7. Dio aveva concesso grandi privilegi a questo popolo e l'aveva benedetto riccamente, perciò si aspettava dei frutti: esso doveva rivelare i princìpi del suo regno e rappresentare il carattere di Dio in mezzo ad un mondo decaduto e perverso.

Essendo la vigna del Signore, doveva portare frutti ben diversi dalle vigne dei pagani. Questi idolatri si erano votati anima e corpo al peccato: violenza e criminalità, avidità, oppressione e vizi erano all'ordine del giorno, e il frutto di tanta corruzione non poteva che essere ingiustizia, degradazione e miseria. I frutti della vigna del Signore dovevano essere esattamente il contrario di tutto questo.

Israele aveva il privilegio di rappresentare il carattere divino come era stato rivelato a Mosè. Quando questi aveva implorato: "Fammi vedere la tua gloria!", l'Eterno gli aveva risposto: "Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà". Esodo 33:18, 19. "E l'Eterno passò davanti a lui, e gridò: 'L'Eterno! L'Eterno! L'Iddio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato". Esodo 34:6, 7. Ecco i frutti che Dio desiderava dal suo popolo! Con la purezza del carattere, la santità di vita, la misericordia, la carità e la simpatia per gli altri dovevano dimostrare che "la legge dell'Eterno è perfetta, ella ristora l'anima". Salmi 19:7.

Tramite gli Ebrei Dio voleva benedire riccamente tutto il popolo e far giungere la sua luce in tutta la terra. Immersi nella corruzione, i pagani avevano perduto la conoscenza di Dio, tuttavia nella sua misericordia Egli non li aveva annientati, anzi voleva dar loro l'occasione di conoscerlo tramite la sua chiesa. Grazie all'esempio del suo popolo Egli contava di restaurare la propria immagine morale nell'uomo.

Fu per realizzare questo piano che Dio invitò Abramo ad abbandonare i parenti idolatrici e a stabilirsi nel paese di Canaan. "Io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione". Genesi 12:2.

Dio condusse in Egitto i discendenti di Abramo -- Giacobbe e i suoi figli -- affinché manifestassero di fronte a quel popolo grande ma corrotto i principi del regno di Dio. Con la sua integrità ed il suo meraviglioso contributo alla salvezza di tutti gli Egiziani, Giuseppe ci ha lasciato un'immagine della vita di Cristo. Similmente anche Mosè e tanti altri furono fedeli testimoni di Dio.

Traendo Israele fuori dall'Egitto il Signore manifestò ancora una volta la sua potenza e misericordia. I miracoli che operò per liberarlo dalla schiavitù e il modo di trattarlo durante le sue peregrinazioni nel deserto, non dovevano servire solo a suo beneficio esclusivo, ma dovevano trasmettere una lezione anche ai paesi circostanti. Il Signore si rivelò un Dio superiore ad ogni autorità e grandezza umana. I segni e i miracoli compiuti a favore del suo popolo dimostrarono il suo potere sulla natura e sui massimi esponenti di coloro che adoravano la natura. Dio punì l'orgoglioso Egitto come punirà tutta la terra degli ultimi giorni. Il grande "Io sono" liberò il suo popolo col fuoco e la tempesta, col terremoto e la morte, lo trasse fuori dal paese della schiavitù "attraverso questo grande e temibile deserto, pieno di serpenti ardenti e di scorpioni, terra arida, senza acqua". Egli "ha fatto sgorgare... dell'acqua dalla durissima rupe" e "dette loro frumento del cielo". Deuteronomio 8:15; Salmi 78:24. "Poiché", diceva Mosè, "la parte dell'Eterno è il suo popolo, Giacobbe è la porzione della sua eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d'urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodi come la pupilla dell'occhio suo. Pari all'aquila che desta la sua nidiata, si libra a volo sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. L'Eterno solo l'ha condotto, e nessun dio straniero era con lui". Deuteronomio 32:9-12. Così l'Onnipotente l'ha attratto a sé, per farlo dimorare all'ombra delle sue ali.

Fu Cristo a condurre gli Israeliti durante il pellegrinaggio nel deserto: avvolto di giorno nella colonna di nuvole e di notte nella colonna di fuoco, li guidava, li proteggeva dai pericoli del deserto e li introdusse nella terra promessa. Di fronte a tutti i popoli che non credevano in lui ne fece un tesoro prezioso, la vigna dell'Eterno.

A questo popolo Dio affidò i suoi oracoli. Esso fu come circondato dal recinto della legge divina con i suoi eterni principi di verità, giustizia e purezza. L'obbedienza a questi principi sarebbe stata la sua protezione impedendogli di abbandonarsi ad abitudini e peccati che avrebbero segnato la sua sicura fine. E come la torre si ergeva in mezzo alla vigna, così Dio fece costruire il suo sacro tempio al centro del paese.

Come Cristo era stato col popolo d'Israele nel deserto, rimaneva ancora il suo maestro e la sua guida spirituale. Nel tabernacolo come nel tempio, la sua gloria si manifestava nella santa shekinah al di sopra del propiziatorio. Egli non cessava di dispensare agli Israeliti la ricchezza della sua pazienza e del suo amore.

Dio desiderava essere lodato e glorificato dal suo popolo. Gli aveva elargito ogni vantaggio spirituale senza negargli nulla di ciò che potesse aiutarlo a sviluppare un carattere degno di rappresentare il Signore.

Se avesse obbedito alla sua legge, Dio gli avrebbe concesso un tale benessere da stupire tutti gli altri popoli. Il Signore, che poteva benissimo elargirgli saggezza e talento in ogni arte, voleva rimanere il suo maestro e affinare il suo carattere tramite i comandamenti. Se avesse ubbidito Egli l'avrebbe preservato dalle malattie che tormentavano gli altri popoli e gli avrebbe donato grandi capacità intellettuali. La sua prosperità doveva manifestare la gloria, la maestà e la potenza di Dio. Doveva costituire un regno di sacerdoti e di principi. Dio l'aveva dotato di ogni strumento per farne il più grande popolo della terra.

Per bocca di Mosè Cristo gli aveva illustrato più che chiaramente il piano divino e le condizioni del suo benessere: "Poiché tu sei un popolo consacrato all'Eterno, ch'è l'Iddio tuo; l'Eterno, l'Iddio tuo, ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra... Riconosci dunque che l'Eterno, l'Iddio tuo, è Dio: l'Iddio fedele, che mantiene il suo patto e la sua benignità fino alla millesima generazione a quelli che l'amano e osservano i suoi comandamenti... Osserva dunque i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che oggi ti do, mettendoli in pratica. E avverrà che, per aver voi dato ascolto a queste prescrizioni e per averle osservate e messe in pratica, il vostro Dio, l'Eterno, vi manterrà il patto e la benignità che promise con giuramento ai vostri padri. Egli t'amerà, ti benedirà, ti moltiplicherà, benedirà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo: il tuo frumento, il tuo mosto e il tuo olio, il figliare delle tue vacche e delle tue pecore, nel paese che giurò ai tuoi padri di darti. Tu sarai benedetto più di tutti i popoli... L'Eterno allontanerà da te ogni malattia, e non manderà su te alcun di quei morbi funesti d'Egitto che ben conoscesti". Deuteronomio 7:6, 9, 11-15.

Dio gli promise il miglior frumento ed il miglior miele, una lunga vita e la rivelazione della via della salvezza.

Per la loro disubbidienza Adamo ed Eva avevano perduto il giardino d'Eden e tutta la terra era maledetta a causa del peccato, ma se gli Israeliti avessero seguito le istruzioni divine, la loro terra avrebbe ritrovato la precedente fertilità e bellezza. Dio stesso li istruì sulla coltivazione del terreno e loro dovevano collaborare con lui in quest'opera di bonifica e di risanamento. Cosi tutto il paese, sotto la guida divina, avrebbe fornito una lezione pratica di verità spirituali: come la terra produce i suoi tesori in obbedienza alle leggi naturali, così gli uomini riflettono gli attributi del carattere di Dio in obbedienza alla sua legge morale. I pagani stessi dovevano riconoscere la superiorità di coloro che servono e adorano il Dio vivente.

"Ecco", esclamò Mosè, "io vi ho insegnato leggi e prescrizioni, come l'Eterno, l'Iddio mio, mi ha ordinato, affinché le mettiate in pratica nel paese nel quale state per entrare per prenderne possesso. Li osserverete dunque e li metterete in pratica; poiché quella sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: 'Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente!'. Qual è difatti la gran nazione alla quale la divinità sia così vicina come l'Eterno, l'Iddio nostro, è vicino a noi ogni volta che l'invochiamo? E qual è la gran nazione che abbia delle leggi e delle prescrizioni giuste com'è tutta questa legge ch'io vi espongo quest'oggi?" Deuteronomio 4:5-8.

I figli d'Israele dovevano occupare tutto il territorio che Dio aveva loro assegnato scacciando tutti quei popoli che rifiutavano di adorarlo e servirlo. Ma Dio desiderava che gli uomini imparassero ad amarlo grazie alla manifestazione vivente del suo carattere rivelato dal suo popolo. L'invito evangelico doveva essere annunciato al mondo intero. Il culto dei sacrifici si proponeva di esaltare Cristo di fronte a tutti i popoli e chiunque avesse guardato a lui sarebbe stato salvato. Chi abbandonava l'idolatria per adorare il vero Dio -- come Rahab la Cananea e Ruth la moabita -- doveva unirsi al popolo eletto. Così Israele piano piano doveva crescere e allargare i suoi confini fino ad abbracciare tutta la terra.

Dio desiderava stabilire il suo regno di misericordia su tutti i popoli e riempire la terra di pace e di gioia. Egli ha creato l'uomo per la felicità e il suo più ardente desiderio è di inondare i cuori della pace celeste. Egli vuole che ogni famiglia terrena sia l'immagine della grande famiglia celeste.

Ma Israele non realizzò il piano divino e il Signore dovette dichiarare: "Eppure, io t'avevo piantato come una nobile vigna tutta del miglior ceppo; come dunque mi ti sei mutata in rampolli degenerati di una vigna straniera? ". Geremia 2:21. "Israele è stato una vigna deserta..." Osea 10:1 (Diodati). "Or dunque, o abitanti di Gerusalemme e voi uomini di Giuda, giudicate voi fra me e la mia vigna! Che più si sarebbe potuto fare alla mia vigna di quello che io ho fatto per essa? Perché, mentr'io m'aspettavo che facesse dell'uva, ha essa fatto delle lambrusche? Ebbene, ora io vi farò conoscere quel che sto per fare alla mia vigna: ne torrò via la siepe e vi pascoleranno le bestie; ne abbatterò il muro di cinta e sarà calpestata. Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le spine; e darò ordine alle nuvole che su lei non lascino cader pioggia... ei s'era aspettato rettitudine, ed ecco spargimento di sangue; giustizia, ed ecco grida d'angoscia!" Isaia 5:3-7.

Tramite Mosè il Signore aveva messo in guardia il suo popolo dalle conseguenze dell'infedeltà: violando il patto che aveva stabilito col Signore avrebbe interrotto da solo ogni collegamento col Creatore -- fonte della vita --, e avrebbe perduto le sue benedizioni. "Guardati bene", aveva avvertito Mosè, "dal dimenticare il tuo Dio, l'Eterno, al punto da non osservare i suoi comandamenti, le sue prescrizioni e le sue leggi che oggi ti do; onde non avvenga, dopo che avrai mangiato a sazietà ed avrai edificato e abitato delle belle case, dopo che avrai veduto il tuo grosso e il tuo minuto bestiame moltiplicare, accrescersi il tuo argento e il tuo oro, ed abbondare ogni cosa tua, che il tuo cuore s'innalzi e tu dimentichi il tuo Dio... Guardati dunque dal dire in cuor tuo: 'La mia forza e la potenza della mia mano m'hanno acquistato queste ricchezze'... Ma se avvenga che tu dimentichi il tuo Dio, l'Eterno, e vada dietro ad altri dèi e li serva e ti prostri davanti a loro, io vi dichiaro quest'oggi solennemente che certo perirete. Perirete come le nazioni che l'Eterno fa perire davanti a voi, perché non avrete dato ascolto alla voce dell'Eterno, dell'Iddio vostro". Deuteronomio 8:11-14, 17, 19, 20.

Questo avvertimento fu inutile e gli Israeliti dimenticarono l'Eterno e il grande privilegio di rappresentarlo di fronte all'umanità. Le benedizioni ricevute non arrecarono alcun beneficio al mondo, ma servirono solo ad esaltare se stessi. Negarono il servizio richiesto da Dio e la guida religiosa e l'esempio dovuti al prossimo. Come gli antidiluviani, non nutrivano che pensieri e disegni malvagi ed empi. Avevano ridotto le cose sacre ad una farsa esclamando "Questo è il tempio dell'Eterno, il tempio dell'Eterno, il tempio dell'Eterno!" (Geremia 7:4), mentre nel contempo davano una falsa idea del carattere di Dio, disonoravano il suo nome e profanavano il suo santuario.

I vignaiuoli ai quali il Signore aveva affidato la responsabilità della sua vigna non si dimostrarono degni della fiducia riposta in loro. Avrebbero dovuto essere i sacerdoti e maestri del popolo, ma si rivelarono infedeli in quanto non annunciarono agli altri la bontà e la misericordia di Dio e il suo diritto al loro amore e al loro servizio. Questi vignaiuoli cercavano solo la propria gloria, volevano godere per sé soltanto i frutti della vigna e richiamare su di sé l'omaggio e l'attenzione.

Il peccato dei capi d'Israele era diverso da quello del peccatore comune perché avevano degli obblighi particolari di fronte a Dio. Essi si erano impegnati ad insegnare secondo un "così dice il Signore" e ad obbedire rigorosamente nella vita pratica, e invece travisavano le Scritture e addossavano gravi pesi sugli altri imponendo delle cerimonie per ogni aspetto della vita. Non potendo osservare tutte le norme stabilite dai rabbini la gente viveva in continua inquietudine, e vedendo che era impossibile osservare i comandamenti stabiliti dagli uomini, finiva per non prendere sul serio anche i comandamenti di Dio.

Il Signore aveva insegnato ad Israele che il proprietario della vigna era lui e che tutti i beni di cui il popolo disponeva gli erano stati affidati perché li usasse alla sua gloria. Ma i sacerdoti e rabbini non disimpegnavano il loro dovere sacro con la consapevolezza di amministrare i beni divini. Utilizzavano sistematicamente per il proprio tornaconto le capacità ed i mezzi che il Signore aveva affidato loro per l'avanzamento della sua opera. A causa della loro avidità ed ambizione gli stessi pagani li disprezzavano e finirono per crearsi una falsa idea del carattere di Dio e delle leggi del suo regno.

Con cuore paterno Dio sopportò il suo popolo, cercando di riportarlo sulla retta via ora con benedizioni ora con minacce e punizioni. Gli faceva notare i suoi peccati attendendo con pazienza che li riconoscesse. Inviava profeti e messaggeri per ricordare i suoi diritti ai vignaiuoli, ma invece di accoglierli affettuosamente, li trattavano da nemici, li perseguitavano e li uccidevano. Dio inviò altri messi, ma anche loro subirono il medesimo trattamento dei primi, con la differenza che i vignaiuoli manifestavano un odio ancora più violento.

Alla fine Dio fece un ultimo tentativo, inviò il proprio Figlio pensando: "Avranno rispetto al mio figliuolo". Matteo 21:37. Ma la resistenza aveva imbaldanzito e reso senza scrupoli i vignaiuoli, che si dissero l'un l'altro: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciam nostra la sua eredità". Matteo 21:38. La vigna rimarrà a noi e faremo col raccolto quello che ci piace!

I dirigenti ebraici non amavano Dio, perciò si allontanarono da lui rifiutando ogni tentativo di conciliazione. Cristo, l'amato figlio di Dio, venne per far valere i diritti del proprietario sulla vigna, ma i vignaiuoli esclamarono con aperto disprezzo: "Non vogliamo che costui regni su di noi". Luca 19:14. Erano invidiosi del carattere immacolato di Cristo e, vedendo che il suo modo di ammaestrare il popolo era ben superiore al loro, temevano il suo successo. Inoltre Egli li censurava, metteva a nudo la loro ipocrisia e faceva capire chiaramente dove sarebbero andati a finire persistendo nel loro atteggiamento. Proprio questo li mandava su tutte le furie. Fremevano di fronte a quei rimproveri che non potevano controbattere e odiavano l'alto ideale di giustizia che Cristo gli presentava continuamente. Rendendosi conto che il suo insegnamento metteva a nudo il loro egoismo decisero di ucciderlo. Non potevano sopportare il suo esempio di autentica pietà e di nobile spiritualità evidenti in tutto ciò che faceva. La sua vita intera costituiva un rimprovero per il loro egoismo, e quando infine giunse la prova decisiva, nella quale si trattava di obbedire e conseguire la vita eterna o disobbedire e ricevere la morte eterna, finirono per respingere il Santo d'Israele. Di fronte alla scelta tra Cristo e Barabba gridarono: "Liberaci Barabba!" Luca 23:18. E quando Pilato chiese: "Che farò dunque di Gesù detto Cristo?" essi gridarono selvaggiamente: "Sia crocifisso". Matteo 27:22. "Pilato disse loro: Crocifiggerò io il vostro Re? I capi sacerdoti risposero: Noi non abbiamo altro re che Cesare". Giovanni 19:15. Quando Pilato, lavandosi le mani, disse: "Io sono innocente del sangue di questo giusto", i sacerdoti si unirono alla plebe ignorante urlando: "Il suo sangue sia sopra noi e sopra i nostri figliuoli". Matteo 27:24, 25.

Ecco la scelta dei capi ebraici! Questa scelta fu registrata nel libro che Giovanni vide in mano a colui che sedeva sul trono e che nessuno poteva aprire, e si ripresenterà dinanzi a loro nel giorno che quel libro sarà aperto dal Leone della tribù di Giuda.

I Giudei si lusingavano all'idea di essere i beniamini del cielo e pensavano di dover occupare sempre un'alta posizione come chiesa di Dio. Erano fieri di essere discendenti di Abramo e ritenevano la loro prosperità cosi sicura che nulla al mondo potesse cambiare alcunché. Ma la loro infedeltà era in procinto di scatenare la condanna del cielo e di separarli da Dio.

Dopo aver illustrato, in questa parabola della vigna, con quale atto i sacerdoti avrebbero colmato la misura della loro malvagità, Cristo chiese direttamente: "Quando dunque sarà venuto il padron della vigna, che farà egli a que' lavoratori?" I sacerdoti avevano seguito il racconto con vivo interesse, ma senza rendersi conto che si riferiva proprio a loro, perciò risposero ad una voce con il popolo: "Li farà perir malamente, codesti scellerati, e allogherà la vigna ad altri lavoratori, i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo". Matteo 21:40, 41.

Senza avvedersene avevano pronunciato la propria condanna. Gesù li fissò con un sguardo penetrante ed essi intuirono che Egli poteva leggere nel loro cuore. Emanava uno splendore divino e una potenza inequivocabile. Riconoscendo nei vignaiuoli il ritratto di se stessi esclamarono: "Così non sia!" Luca 20:16.

Con triste solennità Cristo chiese: "Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella ch'è divenuta pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri? Perciò io vi dico che il Regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne faccia i frutti. E chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà colui sul quale cadrà". Matteo 21:42-44.

Cristo avrebbe risparmiato questa sentenza ai Giudei se lo avessero accettato, ma l'invidia e la gelosia li avevano resi implacabili. Rimasero fermamente decisi a non riconoscere il Messia in Gesù di Nazareth e respinsero così la luce del mondo: da quel momento in poi la loro vita fu avvolta dalle più fitte tenebre ed il giudizio predetto alla fine si abbatté sul popolo ebraico. Il loro odio feroce fu la loro rovina e nel loro cieco furore finirono per dilaniarsi reciprocamente. La loro arroganza ribelle e ostinata scatenò l'ira dei conquistatori romani, Gerusalemme fu distrutta, il tempio raso al suolo e quel luogo fu arato come un campo. I Giudei furono massacrati nelle forme più terribili e a milioni furono venduti schiavi in terra pagana.

Come popolo nella sua totalità gli Ebrei non realizzarono il piano divino, perciò la vigna gli fu tolta. I privilegi di cui avevano abusato e l'opera che non avevano preso sul serio furono affidati ad altri.

La chiesa di oggi

La parabola dei vignaiuoli non si applica solamente al popolo ebraico ma contiene una lezione anche per noi. Dio ha elargito alla sua chiesa odierna grandi benedizioni e privilegi e si attende risultati corrispondenti.

Siamo stati riscattati ad un alto prezzo, e solo se teniamo presente la grandezza di questo riscatto possiamo farci un'idea dei suoi risultati. Su questa terra, bagnata dalle lagrime e dal sangue del Figlio di Dio, devono crescere i preziosi frutti del paradiso e la vita dei figli di Dio deve esprimere, in modo sublime e glorioso, le verità della sua Parola. Grazie al suo popolo Cristo vuole manifestare il proprio carattere ed i principi del suo regno.

Per intralciare l'opera di Dio Satana cerca continuamente di indurre gli uomini ad accettare i suoi principi. Egli rappresenta il popolo eletto come una folla di persone smarrite e sedotte, e, da accusatore dei fratelli, si scaglia proprio contro coloro che si sono consacrati alla causa della giustizia. Dio desidera invece smentire le accuse di Satana mettendo in evidenza, tramite il suo popolo, i risultati dell'obbedienza ai sani principi.

Questi principi devono manifestarsi nella vita di ogni cristiano, nella famiglia, nella chiesa e in ogni istituzione consacrata al servizio di Dio: siano tutti un simbolo di ciò che si può fare nel mondo, una dimostrazione della potenza salvifica delle verità evangeliche, uno strumento per la realizzazione del grande piano che Dio ha concepito a favore della stirpe umana.

I capi ebraici erano fieri del loro splendido tempio e degli imponenti riti del culto, ma la giustizia, la misericordia e l'amor di Dio erano inesistenti. La gloria del tempio e lo splendore delle cerimonie non costituivano un titolo di raccomandazione sufficiente dinanzi a Dio; essi non offrivano quello che il Signore apprezza, cioè uno spirito umile e contrito. Quando si dimenticano i principi essenziali del regno di Dio, aumentano le cerimonie stravaganti. Quando si trascura la formazione del carattere e mancano i valori interiori, quando si perde di vista la semplicità e la pietà, l'orgoglio e l'ostentazione esigono chiese grandiose, splendidi ornamenti e liturgie imponenti. Ma tutto questo non onora Dio, Egli non accetta una religione alla moda fatta di cerimonie, apparenza e ostentazione. Questo tipo di culto religioso non trova eco nei messaggeri celesti.

La vera chiesa invece è preziosa agli occhi di Dio, non perché abbia dei pregi evidenti, quanto per la sincera pietà che la distingue dal mondo. Egli l'apprezza sempre più nella misura in cui i membri crescono nella conoscenza di Cristo e progrediscono nella propria esperienza spirituale.

Cristo attende vivamente di cogliere i frutti della sua vigna, santità ed altruismo, cerca in noi l'amore e la bontà. Nessuna opera d'arte può reggere al confronto con la bellezza di carattere che deve rivelarsi nel seguaci di Cristo. Il credente vive in un'atmosfera di grazia, lo Spirito Santo agisce sui suoi pensieri e sentimenti facendo di lui un portatore di vita che Dio può benedire.

Una chiesa può essere la più povera della terra e non avere nulla che attiri gli sguardi, ma se i membri sono rivestiti del carattere di Cristo saranno inondati dalla sua gioia. Gli angeli parteciperanno al loro culto e tutti eleveranno un canto di lode e gratitudine a Dio come una dolce oblazione.

Il Signore desidera che raccontiamo agli altri della sua bontà e potenza. Le nostre espressioni di lode e di riconoscenza lo onorano: "Chi mi offre il sacrificio della lode mi glorifica". Salmi 50:23. Durante il pellegrinaggio nel deserto Israele lodava Dio con inni sacri, e ci fu chi musicò le promesse e i comandamenti divini che venivano poi cantati durante tutto il viaggio. E anche successivamente, quando gli Israeliti celebravano in Canaan le loro festività religiose, rievocavano i grandi miracoli del Signore con accenti di lode e di gratitudine. Dio desiderava che lo lodassero in tutta la loro vita affinché la sua via fosse conosciuta sulla terra, e la sua salvezza fra tutte le genti. Cfr. Salmi 67:2.

Così dovrebbe essere anche oggi che i popoli del mondo adorano tanti falsi déi. È nostro compito distoglierli dalla loro via sbagliata, non imprecando contro i loro idoli, ma offrendo qualcosa di migliore, facendogli conoscere la bontà di Dio: "Voi me ne siete testimoni, dice l'Eterno: Io sono Iddio". Isaia 43:12.

Il Signore vorrebbe che apprezzassimo il grande piano di redenzione ed il privilegio di essere suoi figli, e che gli fossimo grati e obbedienti. Egli desidera che iniziamo una vita nuova e che lo serviamo quotidianamente con gioia; si attende vivamente che il nostro cuore trabocchi di gratitudine per il fatto che il nostro nome è scritto nel libro della vita dell'Agnello e perché possiamo affidare tutte le nostre ansie a lui che si prende cura di noi. Egli ci invita a rallegrarci perché siamo la sua eredità, perché la giustizia di Cristo rivestirà di bianco i santi e ci arride la beata speranza che il Salvatore ritornerà presto.

Lodare Dio con tutto il cuore e sinceramente è importante come pregare. Bisogna dimostrare al mondo e a tutti gli esseri celesti quanto apprezziamo il meraviglioso amore di Dio per l'umanità caduta e che ci aspettiamo da lui benedizioni sempre maggiori. Dobbiamo far conoscere più che mai la nostra preziosa esperienza cristiana. Dopo una speciale effusione dello Spirito Santo, la nostra gioia nel Signore si moltiplicherebbe e avremmo più successo al suo servizio se proclamassimo agli altri la sua bontà e le meraviglie che Egli opera a favore dei suoi figli.

Questi esercizi spirituali bloccano la potenza di Satana, bandiscono lo spirito di malcontento e di mormorio e fanno perdere terreno al tentatore. Essi contribuiscono inoltre alla formazione del carattere necessario per vivere nelle dimore celesti.

Una testimonianza simile non rimarrà senza effetto sugli altri, anzi non esiste un metodo più efficace per guadagnare anime a Cristo!

Lodiamo Dio con un servizio pratico, facendo tutto quel che dipende da noi per contribuire alla gloria del suo nome. Egli ci elargisce i suoi doni affinché li trasmettiamo agli altri e facciamo conoscere il suo carattere al mondo. Le offerte e i sacrifici costituivano una parte essenziale del culto ebraico. Gli Israeliti venivano ammaestrati a consacrare al culto del santuario la decima parte delle loro entrate, come pure a presentare offerte per i peccati, volontarie e di ringraziamento. In questo modo si provvedeva a sostenere il ministero evangelico, e Dio oggi non si aspetta da noi meno che dal suo popolo di allora. Bisogna promuovere la grande opera di salvezza delle anime, e la decima, i doni e le offerte servono proprio a questo. Il Signore vuole che si sovvenga così ai bisogni del ministero evangelico. Egli reclama la decima come sua proprietà e noi dovremmo sempre considerarla una riserva sacra da riporre nel suo tesoro per finanziare la sua causa. Dio ci chiede anche offerte volontarie, di ringraziamento e di gratitudine, perché solo così è possibile annunciare l'Evangelo fino ai più remoti confini della terra.

Il servizio che dobbiamo a Dio richiede un impegno personale. Dobbiamo collaborare con lui per la salvezza del mondo. Il mandato di Cristo: "Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura" (Marco 16:15), è rivolto a tutti i suoi seguaci. Tutti coloro che sono chiamati a vivere in Cristo hanno anche il compito di lavorare per la redenzione del prossimo. Il loro cuore deve palpitare all'unisono con quello di Gesù e manifestare il medesimo anelito che sentiva lui. Non tutti possono occupare lo stesso incarico nell'opera di Dio, ma c'è posto e lavoro per tutti.

Anticamente, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè nella sua saggezza e umiltà, e Giosué con le sue molteplici capacità, furono chiamati al servizio di Dio. Ma c'era anche bisogno della musica di Maria, del coraggio e della pietà di Deborah, dell'affetto filiale di Ruth, dell'obbedienza e fedeltà di Samuele, dell'incrollabile coscienza di Elia, della dolce influenza di Eliseo. Così anche oggi tutti coloro che hanno ricevuto le benedizioni di Dio sono chiamati a consacrarsi al suo servizio attivo, impiegando ogni talento al progresso del suo regno e alla gloria del suo nome.

Tutti quelli che hanno accettato Cristo come Salvatore personale devono dimostrare nella propria vita la verità dell'Evangelo e la sua potenza salutare. Dio non pretende nulla da noi senza darci nel contempo gli strumenti per agire. Con la grazia di Cristo potremo realizzare tutto ciò che Dio richiede, cioè rivelare come suo popolo tutte le ricchezze celesti. Gesù dice: "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli". Giovanni 15:8.

La terra intera è la vigna del Signore. Sebbene sia ora in mano all'usurpatore, essa appartiene a Dio che l'ha creata e redenta. Per lei Cristo ha consumato il suo sacrificio: "Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo". Giovanni 3:16. Tramite questo dono l'umanità riceve tutti gli altri, quotidianamente il mondo intero riceve benedizioni da Dio. Il sole e la pioggia, ogni foglia, fiore e frutto sono la prova della pazienza e del grande amore di Dio per un mondo ingrato.

E noi che cosa restituiamo al grande Dispensatore di tutti questi beni? Come reagiamo alle sue richieste? A chi le folle consacrano la propria vita? Al culto del dio mammona, alle ricchezze, alla posizione, al piacere! Ammassano beni derubando non solo gli altri uomini, ma Dio stesso. Usano i doni divini per soddisfare i propri interessi egoistici; tutto quello che possono arraffare deve servire la loro bramosia e sete di divertimenti.

Il peccato del mondo d'oggi è lo stesso che provocò la rovina d'Israele: l'ingratitudine per Dio, il disprezzo delle sue benedizioni e l'abuso dei suoi doni. Questo peccato scatenò l'ira divina contro Israele e segnerà anche il destino della società contemporanea.

Dal Monte degli Ulivi Gesù contemplava Gerusalemme con gli occhi pieni di lagrime, ma non piangeva solo per la città eletta, bensì per il giudizio che si abbatterà sul mondo intero.

"Oh se tu pure avessi conosciuto in questo giorno quel ch'è per la tua pace! Ma ora è nascosto agli occhi tuoi". Luca 19:42.

"In questo giorno". La storia umana volge alla conclusione, e il tempo di grazia e dei privilegi è quasi finito. Già si avvicina la tempesta del giudizio e quanti respingono la grazia divina saranno presto travolti da una repentina ed irreparabile rovina.

Eppure il mondo dorme e l'umanità ignora il momento della propria visitazione!

Dove si trova la chiesa in questo momento di crisi? I suoi membri corrispondono alle richieste divine? Assolvono il mandato di far conoscere il suo carattere al mondo? Richiamano l'attenzione dell'umanità su quest'ultimo messaggio di grazia e di avvertimento?

Gli uomini sono in pericolo e le folle periscono, ma come son pochi i seguaci di Gesù che si sentono responsabili per loro! C'è in gioco il destino del mondo intero, ma anche questo preoccupa ben poco quanti pretendono di credere nella più grande verità mai rivelata agli esseri mortali. Gli manca quell'amore che ha indotto Cristo ad abbandonare la dimora celeste per rivestire l'umanità, per essere uomo vicino agli uomini e attrarre l'umanità verso la divinità. Il popolo di Dio è come preso da un torpore, da una paralisi spirituale che gli impedisce di riconoscere i doveri dell'ora presente.

Insediandosi in Canaan gli Israeliti non realizzarono il piano divino di occupare tutto il paese. Dopo una conquista parziale si accinsero a godere i frutti delle vittorie. La loro incredulità e l'amore della comodità li spinsero a concentrarsi nelle zone conquistate piuttosto che ad attaccare territori nuovi. Cosi cominciarono ad allontanarsi da Dio. Venendo meno alloro compito di effettuare il disegno celeste, impedirono che Dio gli riversasse le benedizioni promesse. La chiesa odierna non commette il medesimo errore? Mentre il mondo intero ha un disperato bisogno dell'Evangelo, i sedicenti cristiani si raccolgono là dove possono godere tranquillamente i privilegi dell'Evangelo. Non sentono la necessità di occupare nuovi territori, di annunciare il messaggio della salvezza in paesi lontani, rifiutano in sostanza di assolvere il mandato di Cristo: "Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura". Marco 16:15. Sono forse meno colpevoli degli Israeliti del passato?

Quanti si dicono discepoli di Cristo sono messi alla prova di fronte a tutto l'universo celeste. La loro mancanza di zelo ed i deboli sforzi intrapresi al servizio di Dio mettono a nudo la loro infedeltà. Se si impegnassero al massimo delle loro capacità non avrebbero da temere alcuna sentenza di condanna, e se partecipassero all'opera con anima e cuore potrebbero fare molto di più. Essi sanno benissimo, come del resto anche il mondo, di aver perduto in gran parte lo spirito di sacrificio e di rinuncia. Accanto al nome di molti di loro un giorno si troveranno scritte queste parole nei libri celesti: Ha preso soltanto, non ha dato nulla. Molti che si professano cristiani oscurano la bellezza, velano la gloria, disonorano il nome di Cristo!

Molti sono iscritti nei registri di chiesa ma non si fanno guidare da Cristo, non seguono le sue norme né lo servono. In realtà soggiacciono al dominio di Satana e, non facendo nulla di veramente buono, provocano danni incalcolabili: la loro influenza non conduce gli altri alla vita ma alla morte...

Il Signore chiede: "Non li punirei io per queste cose?" Geremia 5:9. Per non aver realizzato i piani divini, gli Israeliti furono accantonati e Dio rivolse il suo appello ad altri popoli. Ma se anche questi si dimostrano infedeli, Egli non respingerà anche loro?

Nella parabola della vigna Cristo dichiara colpevoli i vignaiuoli perché si erano rifiutati di rendere al proprietario i frutti della sua terra. In Israele, furono i sacerdoti e rabbini che, portando il popolo fuori strada, defraudando Dio del culto dovuto, furono loro a distogliere tutto il paese da Cristo.

Gesù sottolineò che la legge divina, libera dalle tradizioni umane, costituisce il grande parametro dell'obbedienza, e questo scatenò l'ostilità dei rabbini che avevano elevato le teorie umane al di sopra della Parola di Dio e distolto la gente dalla sua legge. Non intendevano affatto sopprimere i loro comandamenti umani per obbedire a quelli della Sacra Scrittura. Nemmeno per amore della verità erano disposti a rinunciare all'orgoglio della ragione e al plauso degli uomini. Quando Cristo presentò a tutti le richieste divine, i sacerdoti e gli anziani gli contestarono il diritto di intromettersi fra loro ed il popolo. Non accettavano i suoi moniti e rimproveri e cominciarono addirtitura ad aizzare il popolo contro di Lui con l'intento di eliminarlo.

Era colpa loro se Cristo non fu accolto come Messia, con tutte le conseguenze che questo comportò. Il grave peccato e la rovina di tutto un popolo erano da imputare proprio ai capi religiosi.

Oggi non sono all'opera le medesime forze? Molti operai della vigna del Signore non seguono anche ai nostri giorni la stessa strada dei capi ebraici? Non sono molti maestri religiosi a stornare i fedeli dalle chiare norme della Parole di Dio? Non sono loro che invece di insegnargli l'obbedienza alla legge di Dio, li educano alla trasgressione? Da quanti pulpiti, nelle varie chiese, predicano che la legge divina non sarebbe più vincolante! Mettono in primo piano tradizioni, norme e costumi umani, utilizzano i doni ricevuti da Dio per alimentare l'orgoglio ed il compiacimento di sé ma ignorano semplicemente le sue richieste!

Accantonando la legge divina gli uomini non sanno quello che fanno. Questa legge è il riflesso del suo carattere e incarna i princìpi del suo regno, e chi rifiuta tali principi ostruisce da solo il canale delle benedizioni divine.

Solo obbedendo ai comandamenti di Dio Israele avrebbe visto realizzarsi le gloriose prospettive che aveva dinanzi, e, allo stesso modo, anche noi: solo sul sentiero dell'ubbidienza troveremo la medesima nobiltà di carattere, la medesima abbondanza di benedizioni nel corpo, nell'anima e nello spirito, in casa e nei campi, nella vita presente e in quella futura.

Nel regno spirituale come in quello naturale l'obbedienza alle leggi di Dio è la condizione per portare frutto. Chi insegna ad ignorare i Comandamenti divini impedisce agli altri di portar frutto alla gloria di Dio ed è colpevole personalmente in quanto rifiuta al Signore i frutti della sua vigna.

I messaggeri di Dio vengono a noi su incarico del Maestro e ci chiedono, come faceva Gesù, di prestare ascolto alla Parola del Signore. Ci fanno notare che Egli ha diritto ai frutti della vigna, frutti di amore, umiltà e sacrificio. Ma molti vignaiuoli d'oggi non si indignano come i capi ebraici di una volta? Quando c'è chi proclama chiaramente le esigenze della legge divina, questi teologi e dottori non usano similmente il loro ascendente sulla gente per indurla a respingere quelle esigenze? Dio definisce questo tipo di persone servi infedeli.

Il monito che Dio rivolse all'Israele antico dovrebbero far meditare anche la chiesa di oggi. Il Signore dice di quel popolo: "Scrivessi pur per lui le mie leggi a miriadi, sarebbero considerate come cosa che non lo concerne". Osea 8:12. E ad ogni sacerdote e dottore della legge dice: "Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai sdegnata la conoscenza, anch'io sdegnerò d'averti per sacerdote; giacché tu hai dimenticata la legge del tuo Dio, anch'io dimenticherò i tuoi figliuoli". Osea 4:6.

Questi moniti divini rimarranno inascoltati? Le occasioni di servirlo passeranno inutilmente? Lo scherno del mondo, l'orgoglio intellettuale, l'adattamento alle tradizioni ed ai costumi umani impediranno ai discepoli di Cristo di servirlo veramente? Respingeranno la Parola di Dio come i capi ebraici respinsero Cristo? Le conseguenze del peccato d'Israele sono sotto i nostri occhi. La chiesa d'oggi terrà conto di questo avvertimento?

"E se pure alcuni de' rami sono stati troncati, e tu, che sei olivastro, sei stato innestato in luogo loro e sei divenuto partecipe della radice e della grassezza dell'ulivo non t'insuperbire... sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t'insuperbire, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te". Romani 11:17-21.