Consigli sull' economato cristiano

Capitolo 25

Responsabilità dell'uomo a cui era stato affidato un solo talento

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Alcuni avendo ricevuto un solo talento, si scusano perché non sono stati favoriti come gli altri ai quali ne sono stati affidati molti. Come l'amministratore infedele, essi seppelliscono il talento perché temono di dover rendere conto a Dio di quello che ha affidato loro. Si impegnano nel mondo degli affari, ma investono poco, se non addirittura nulla, in favore dell'opera di Dio. Essi si aspettano che quelli che hanno ricevuto molti talenti li investano nell'opera del Signore, mentre essi ritengono di non essere responsabili del suo successo e del suo sviluppo. (...)

Molti, pur professando di amare la chiesa, si comportano in questo modo. Essi ingannano se stessi, perché Satana li ha accecati. Derubando Dio, derubano se stessi. A causa della loro avidità, del loro cuore malvagio e incredulo, perdono le ricchezze celesti. Disponendo di un solo talento, hanno paura di impegnarlo nell'opera di Dio e così lo seppelliscono. In questo modo si sentono sollevati della loro responsabilità. Pur desiderando veder progredire l'opera credono di non essere chiamati alla rinuncia e alla collaborazione tramite l'impegno personale e i loro beni, anche se di scarsa entità. (...)

Tutti hanno ricevuto dei talenti

Tutti, a qualsiasi livello sociale, ricchi e poveri, hanno ricevuto dei talenti dal Maestro; alcuni ne hanno ricevuti di più, altri meno, secondo le loro capacità. Dio benedirà coloro che lavorano con sincerità, amore e diligenza. Il loro impegno sarà fruttuoso: permetterà a molti di entrare nel regno dei cieli e di assicurarsi così un tesoro eterno. Tutti sono amministratori ai quali sono stati affidati i beni del cielo. La quantità di talenti è proporzionata alle capacità di ognuno.

Dio affida a ogni uomo un compito e si aspetta dei risultati in proporzione alla sue responsabilità. All'uomo che ha ricevuto un solo talento non chiede il ricavato dell'investimento di dieci talenti. Non pensa che il povero possa offrire quanto il ricco. Non si aspetta da una persona debole e sofferente la forza e l'energia di cui può disporre una persona sana. Anche un solo talento, utilizzato nel modo migliore, sarà accettato da Dio "secondo quello che un uomo ha e non secondo quello che egli non ha". 2 Corinzi 8:12.

Dio ci definisce "servitori" perché ci chiama a compiere un determinato lavoro e ad assumere delle responsabilità. Egli ci ha prestato un capitale da investire. Esso non ci appartiene e quindi il Signore è dispiaciuto se spendiamo come vogliamo i suoi beni. Noi siamo responsabili dell'uso e dell'abuso di ciò che Dio ha messo a nostra disposizione. Se il capitale che il Signore ci ha affidato non viene utilizzato o viene seppellito sotto terra, anche se si tratta di un solo talento dovremo render conto al Signore. Egli non reclama i nostri beni, ma i suoi e con gli interessi.

Ogni talento che ritorna a Dio viene registrato. Gli investimenti e gli incarichi affidati ai collaboratori di Dio non saranno privi di importanza. Ogni persona verrà valutata individualmente e invitata a rendere conto dei suoi talenti per verificare se li ha fatti fruttare o li ha sprecati. La ricompensa accordata sarà proporzionata ai talenti utilizzati. Nello stesso modo la punizione sarà in rapporto ai talenti sprecati. -- The Review and Herald, 23 febbraio 1886.

I talenti affidati devono essere utilizzati

Nessuno dovrebbe lamentarsi di non aver ricevuto un maggior numero di talenti. Quando i nostri talenti saranno utilizzati alla gloria di Dio, porteranno frutto. Non è il momento di lamentarsi della nostra situazione economica e di scusare la nostra negligenza nell'utilizzare le nostre capacità, sostenendo che non disponiamo delle qualità e delle possibilità di un'altra persona: "Oh, se avessi i suoi talenti e le sue capacità potrei investire un grosso capitale per il mio Maestro". Se queste persone usassero saggiamente e adeguatamente il loro unico talento, il Signore non richiederebbe altro da loro. (...)

Spero che ogni chiesa si impegni a sensibilizzare coloro che non si lasciano coinvolgere. Il Signore desidera far comprendere loro che chiederà conto del talento ricevuto e del guadagno che poteva derivarne. Se lo spendono trascurando di guadagnare altri talenti, da aggiungere a quello ricevuto, non solo lo perderanno, ma perderanno anche le loro anime. Noi ci auguriamo di riscontrare un cambiamento nella chiesa. Il Signore sta per tornare e chiederà ai suoi amministratori di render conto dei talenti loro affidati. Che Dio abbia pietà di chi non si è impegnato! Le parole di elogio: "Bene, buono e fedel servitore" saranno rivolte a coloro che hanno cercato di utilizzare i loro beni e di sfruttare le loro capacità alla gloria di Dio. -- The Review and Herald, 14 marzo 1878.

Talenti non sfruttati

Alcuni sono desiderosi di dare in proporzione a ciò che posseggono e sanno che Dio non chiede loro nient'altro, perché non hanno molto denaro. Essi non hanno delle entrate sufficienti per poter risparmiare dopo aver provveduto a soddisfare i bisogni della famiglia. Vi sono, però, molti che potrebbero rivolgere a se stessi la domanda: "Offro in base a ciò che posseggo?" Dio desidera che vengano utilizzate le facoltà del corpo e della mente. Alcuni non hanno sfruttato al massimo le possibilità loro concesse da Dio. Il lavoro è il retaggio del peccato dell'uomo. Il benessere fisico, mentale e morale dell'uomo implica che egli impegni la sua vita in un lavoro utile. L'apostolo Paolo esortava: "...non siate pigri". Romani 12:11. Nessuno, povero o ricco che sia, può glorificare Dio con una vita indolente. Tutto il capitale di cui dispongono molti uomini poveri si riduce al tempo e all'energia fisica che spesso vengono sprecate nell'amore per la comodità e nella pigrizia, tanto che essi non hanno nulla da presentare a Dio sotto forma di decime e offerte. Se alcuni cristiani mancano di quella saggezza, che permette di lavorare adeguatamente e utilizzare le proprie energie fisiche e mentali, dovrebbero avere l'umiltà sufficiente per accettare i consigli e i suggerimenti dei fratelli il cui buon senso potrà sopperire alle loro lacune. Molti sono contenti di non impegnarsi per il bene del prossimo e per l'opera di Dio, anche se in realtà potrebbero fare molto se solo lo volessero. Essi sono responsabili, nei confronti di Dio, del loro patrimonio di energie fisiche, così come lo sono i ricchi per il loro, quello economico. -- Testimonies for the Church 3:400.

Responsabili delle proprie energie

Coloro che non hanno dei capitali ma dispongono di un organismo forte e robusto, sono responsabili nei confronti di Dio delle loro energie. Essi dovrebbero essere diligenti negli affari, ferventi spiritualmente e non dovrebbero lasciare solo ai ricchi il compito di fare dei sacrifici, perché anch'essi possono impegnarsi. È loro dovere, infatti, agire come se possedessero dei capitali. Spesso però accade che coloro che sono poveri non si rendano conto che anch'essi possono fare delle rinunce, ad esempio non soddisfacendo tutti i loro desideri, trovando il modo di risparmiare in favore dell'opera di Dio e facendosi un tesoro in cielo. -- Testimonies for the Church 1:115.

Coloro che dispongono di notevoli energie fisiche devono utilizzarle al servizio di Dio. Lavorando manualmente possono guadagnare e offrire il ricavato all'opera di Dio. Coloro che hanno un lavoro sono chiamati a impegnarsi fedelmente per sfruttare tutte le opportunità che si presentano e aiutare coloro che non riescono a trovare un'occupazione. -- The Review and Herald, 21 agosto 1894.

Non incoraggiare l'indolenza

La Parola di Dio ci insegna che l'uomo che non vuol lavorare non deve neanche mangiare. Il Signore non chiede che l'uomo che lavora duramente mantenga i pigri. Lo spreco del tempo e la mancanza d'impegno portano all'indigenza e alla povertà. Se tali errori non vengono individuati e corretti da coloro che li commettono, tutto quello che può essere fatto per loro è inutile: è come mettere del denaro in un sacco bucato. Esistono comunque delle miserie nascoste e dobbiamo dimostrare tenerezza e compassione nei confronti di coloro che sono in difficoltà. -- The Review and Herald, 3 gennaio 1899.