Principi di educazione cristiana

Capitolo 5

L'educazione in Israele

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Il sistema educativo stabilito in Eden era fondato sulla famiglia. Adamo era figlio di Dio (cfr. Luca 3:38), ed è dal loro Padre che i figli dell'Altissimo ricevevano l'istruzione. La loro scuola era, nel senso più vero, una scuola di famiglia.

Nel piano divino dell'educazione, adattato alla condizione degli esseri umani dopo la caduta, Gesù è il rappresentante del Padre, l'anello di congiunzione fra Dio e l'umanità. Egli ha voluto che gli uomini e le donne fossero i suoi rappresentanti. La famiglia è la scuola e i genitori sono gli insegnanti.

Il sistema educativo avente il suo fulcro nella famiglia era quello più in uso all'epoca dei patriarchi. Quanti si trovarono sotto la guida di Dio si attennero sempre al piano di vita che egli aveva stabilito al principio. Coloro che invece se ne allontanarono, edificarono delle città e si raggnipparono in esse, gloriandosi dello splendore, del lusso e del vizio che sempre hanno fatto delle città moderne l'orgoglio e la maledizione del mondo. Le famiglie rimaste attaccate ai princpi divini continuarono ad abitare nei campi o sulle colline, coltivando il suolo e pascolando le greggi. In questa vita libera e indipendente che permetteva loro di lavorare, studiare e meditare, essi imparavano da Dio e insegnavano ai figli le sue opere e le sue vie.

Era questo il metodo educativo che Dio intendeva stabilire in Israele. Quando però il popolo fu tratto fuori dell'Egitto, pochi israeliti erano preparati per essere suoi collaboratori nell'educazione dei loro figli; i genitori stessi avevano bisogno di educazione e di disciplina. Vittime di una schiavitù durata in pratica tutta una vita, erano ignoranti, senza cultura e degradati. Avevano scarsa conoscenza di Dio e poca fede in lui; erano confusi da falsi insegnamenti e corrotti dal prolungato contatto con il paganesimo. Dio desiderava innalzarli a un livello morale più alto e per questo cercò di dar loro una migliore conoscenza di se stesso.

Nei rapporti con gli israeliti, erranti nel deserto, durante le marce, quando giungeva il momento della fame, della sete, della stanchezza, quando il pericolo incombeva a causa della presenza dei nemici pagani, come pure nella manifestazione della provvidenza soccorritrice, Dio interveniva cercando di fortificare la loro fede e mostrando la sua potenza che era sempre in azione per il loro bene. Dopo aver insegnato a confidare nel suo amore e nella sua forza, egli pose all'attenzione dei suoi figli, esemplificato nei precetti della legge, l'ideale di carattere che dovevano raggiungere per sua grazia.

Preziose furono le lezioni insegnate a Israele durante il suo soggiorno al Sinai. Fu quello un periodo di speciale preparazione e l'ambiente naturale favorì la realizzazione del programma di Dio. Sulla cima del monte Sinai, che adombrava la pianura dove il popolo aveva piantato le tende, c'era la colonna di nubi che aveva diretto la marcia d'Israele. Di notte una colonna di fuoco dava la certezza della protezione divina e mentre il popolo dormiva, il pane dal ciclo scendeva dolcemente sull'accampamento. Da ogni lato la solenne grandezza di quelle vette montane aspre e scoscese parlava dell'eternità e della maestà di Dio. Il popolo si rendeva conto della propria ignoranza e debolezza in presenza di colui che ha "pesato le montagne con la stadera e i colli con la bilancia". Isaia 40:12. Manifestandosi in gloria, Dio cercava di far capire a Israele la santità del suo carattere e delle sue esigenze, come pure l'estrema gravità della trasgressione.

Il popolo però era lento a imparare. Abituato in Egitto a rappresentazioni materialistiche della deità, sotto forma di immagini degradanti, gli era difficile concepire l'esistenza e il carattere del Dio invisibile. Consapevole della debolezza di questo popolo, Dio volle dare un simbolo della sua presenza e disse: Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Esodo 25:8.

Per la costruzione del santuario come dimora di Dio, a Mosè fu indicato di fare tutte le cose sul modello di quelle celesti. Per questo motivo Dio lo chiamò sul monte e gli rivelò le cose del cielo. Il santuario fu costruito secondo questo progetto.

In questo modo Dio riverlò il glorioso ideale del suo carattere a Israele in mezzo al quale egli desiderava abitare. Il modello fu da lui mostrato sul monte Sinai, quando diede la legge e passò davanti a Mosè proclamando: Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà. Esodo 34:6.

Gli israeliti, da soli, non erano capaci di raggiungere questo ideale, e la grande rivelazione del Sinai poteva solo rendere chiare le loro necessità e la loro impotenza. Doveva essere insegnata un'altra lezione: il tabernacolo, con il suo servizio basato sul sacrificio, mostrava loro il perdono dei peccati e la capacità, nel Salvatore, di ubbidire e vivere.

Nel Cristo doveva trovare adempimento il proposito di cui il tabernacolo era il simbolo. Di quel glorioso edificio, le pareti coperte d'oro scintillante riflettevano i colori delle tende inghirlandate con disegni di cherubini; il profumo dell'incenso si diffondeva ovunque; i sacerdoti, vestiti di bianco candido, servivano il Signore; nel profondo mistero del luogo più interno, al di sopra del propiziatorio, fra gli angeli che chinavano la fronte in segno di adorazione, si trovava la gloria del Santissimo. Dio voleva che in ogni cosa il popolo leggesse qual era il suo piano per l'animo umano. Era lo stesso piano che, molti secoli dopo, l'apostolo Paolo avrebbe indicato, ispirato dallo Spirito Santo: Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi. 1 Corinzi 3:16, 17.

Un'impresa colossale

Grandi furono l'onore e il privilegio accordati a Israele nella preparazione del santuario; e grande fu anche la sua responsabilità. Nel deserto, da un popolo che usciva dalla schiavitù, doveva essere eretto un edificio di incommensurabile splendore che esigeva per la sua costruzione il materiale più costoso e la più grande abilità artistica. Questa sembrava un'impresa colossale; però colui che aveva fornito il piano della costruzione s'impegnò a collaborare con i costruttori.

"Il Signore parlò ancora a Mosè dicendo: 'Vedi, io ho chiamato per nome Besaleel, figlio di Uri, figlio di Cur, della tribù di Giuda; l' ho riempito dello Spirito di Dio, per dargli sapienza, intelligenza e conoscenza per ogni sorta di lavori... Ed ecco, gli ho dato per aiutante Ooliab, figlio di Aisamac, della tribù di Dan; ho messo sapienza nella mente di tutti gli uomini abili, perché possano fare tutto quello che ti ho ordinato'". Esodo 31:1-3, 6.

Nel deserto ci fu, così, una scuola di formazione artistica nella quale Cristo e gli angeli erano gli istruttori. Tutto il popolo doveva collaborare alla preparazione del tabernacolo e del suo arredamento: vi era lavoro per la mente e per il braccio. Siccome occorreva grande quantità di materiale, tutti furono invitati a contribuire secondo il desiderio del loro cuore. In tal modo, gli israeliti impararono a collaborare con Dio e con i propri simili, come pure a preparare l'edificio spirituale: il tempio di Dio nelle persone umane.

Già prima di lasciare la terra d'Egitto era stata istituita un'organizzazione temporanea: il popolo era stato suddiviso in schiere sotto la guida di capi scelti. Al Sinai ciò venne perfezionato, e così l'ordine già rivelato da tutte le opere di Dio si manifestò nell'economia giudaica: Dio era il centro dell'autorità e del governo; Mosè, suo rappresentante, doveva amministrare la legge nel suo nome. Vennero, poi, il consiglio dei settanta, i sacerdoti, i principi, i capi di migliaia, di centinaia, di cinquantine, di decine e, infine, gli addetti a uffici speciali. Cfr. Numeri 11:16, 17; Deuteronomio 1:15. Il campo era sistemato in modo ordinato: al centro il tabernacolo, la dimora di Dio, circondato dalle tende dei sacerdoti e dei leviti; più lontano, ogni tribù accampata sotto la propria bandiera.

Furono inoltre prese in considerazione alcune leggi di carattere sanitario molto dettagliate. Queste non erano solo necessarie alla salute, ma anche per assicurarsi la presenza di colui che solo è il Santo. Per divina autorità, Mosè dichiarò: "Infatti il Signore, il tuo Dio, cammina in mezzo al tuo accampamento per proteggerti...; perciò il tuo accampamento dovrà essere santo". Deuteronomio 23:14.

L'educazione degli israeliti includeva tutte le loro abitudini di vita. Tutto quello che riguardava il loro benessere era oggetto della sollecitudine divina e perciò fu incluso nell'ambito della sua legge. Perfino nel provvedere al cibo, Dio si preoccupò del loro bene maggiore. La manna con la quale egli li nutrì nel deserto era di tale qualità da contribuire a fortificare le loro energie fisiche, mentali e morali. Quantunque molti di loro si ribellassero a questa restrizione alimentare, la saggezza della scelta di Dio si manifestò in modo tale che nessuno poté negarla. Infatti, nonostante la dura vita nel deserto, nessuno era fiacco.

L'arca, che conteneva la legge di Dio, doveva guidarli nelle loro peregrinazioni. Il luogo per accamparsi era indicato dalla discesa della colonna di nuvola, e fino a quando questa rimaneva sul tabernacolo, essi restavano in quell'accampamento; quando la nube si alzava, il popolo si rimetteva in cammino. Sia la sosta sia la partenza erano accompagnate da una solenne invocazione. "Quando l'arca partiva, Mosè diceva: 'Sorgi, o Signore, e siano dispersi i tuoi nemici, e fuggano davanti alla tua presenza quelli che ti odiano!'. Quando l'arca si posava, diceva: 'Torna, o Signore, alle miriadi di migliaia d'Israele!'" Numeri 10:35-36.

Lezioni di grande valore

Mentre il popolo si spostava nel deserto apprese molte preziose lezioni dal canto. Liberato dall'esercito del faraone, tutto Israele intonò un canto di trionfo. Nel deserto e sul mare risuonò la gioiosa melodia, e le montagne riecheggiarono di accenti di lode: "Cantate al Signore, perché è sommamente glorioso". Esodo 15:21. Questo cantico fu spesso ripetuto durante il cammino e contribuì a rallegrare i cuori e a ravvivare la fede dei pellegrini. I comandamenti che Dio diede al Sinai, uniti alla promessa del suo favore e al ricordo delle sue opere meravigliose per la loro liberazione, dietro consiglio divino furono espressi con il canto e intonati al suono di strumenti musicali: il popolo camminava accompagnato dalle voci che si univano in accenti di lode.

Il pensiero degli israeliti, così, era distolto dalle prove e dalle difficoltà del cammino; gli spiriti turbolenti venivano tranquillizzati, i principi di verità fissati nella memoria e la fede ne era rinvigorita. L'azione di gruppo insegnava ordine e unità, e il popolo era messo in intima comunione con Dio e con il prossimo.

Circa l'atteggiamento di Dio verso Israele durante i quarantanni di permanenza nel deserto, Mosè dichiarò: "Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge suo figlio, così il Signore, il tuo Dio, corregge te... per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti". Deuteronomio 8:5; Deuteronomio 8:2.

"Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d'urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodì come la pupilla dei suoi occhi. Come un'aquila che desta la sua nidiata, svolazza sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. Il Signore solo l'ha condotto e nessun dio straniero era con lui". Deuteronomio 32:10-12.

Dio circondò Israele d'ogni comodità e gli diede tutti i privilegi possibili perché potesse onorare il suo nome ed essere una benedizione per tutte le nazioni vicine. Se avesse camminato nelle vie dell'ubbidienza, si sarebbe realizzata la promessa secondo la quale Dio lo avrebbe messo "al di sopra di tutte le nazioni che ha fatte, quanto a gloria, rinomanza e splendore". Deuteronomio 26:19. "Tutti i popoli della terra vedranno che tu porti il nome del Signore, e ti temerano". Deuteronomio 28:10. Le nazioni udendo le leggi che Dio aveva dato al suo popolo, avrebbero detto: "Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente". Deuteronomio 4:6. Nelle leggi affidate a Israele, esplicite istruzioni furono date in merito all'educazione. Sul monte Sinai Dio, rivelandosi a Mosè si autodefin: "...misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà". Esodo 34:6. Questi princìpi, incorporati nella sua legge, dovevano essere insegnati ai figli dai padri e dalle madri in Israele. Mosè, per incarico di Dio, dichià loro: "Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai". Deuteronomio 6:6, 7.

Tutto cià non doveva essere insegnato come arida teoria. Coloro che insegnavano la verità dovevano essere i primi a metterla in pratica. Solo riflettendo nella propria vita il carattere di Dio in giustizia, nobità e altruismo, si potevano imprimere queste virtù negli altri.

La vera educazione non consiste nell'imporre l'istruzione a una mente non preparata e non ricettiva. Le facoltà della mente devono essere risvegliate, e l'interesse deve essere suscitato. È a questo che provvedono i divini metodi d'insegnamento. In casa e nel santuario, per mezzo della natura e dell'arte, mediante riti e simboli innumerevoli, Dio impartì a Israele delle lezioni che illustravano i suoi principi e che avrebbero conservato la memoria delle sue opere meravigliose. Così, quando sorgeva una domanda, le istruzioni date come risposta rimanevano impresse nella mente e nel cuore.

Dalle disposizioni date per la formazione del popolo, risulta evidente che una vita centrata su Dio è una vita completa. È Dio, infatti, che provvede a soddisfare ogni desiderio e impulso dell'animo umano e a sviluppare ogni facoltà della mente.

L'Autore di ogni bellezza, amante egli stesso di ciò che è bello, si preoccupò di appagare nei suoi figli l'amore per la bellezza. Provvide anche ai loro bisogni sociali, incrementando quelle utili relazioni che contribuiscono a coltivare la simpatia e a rendere la vita più dolce e più luminosa.

Educazione attraverso feste religiose

In Israele, un posto notevole fu dato alle feste come mezzo di educazione. Nella vita quotidiana la famiglia era una scuola e una chiesa: ai genitori era affidato il compito dell'insegnamento secolare e religioso. Tre volte l'anno erano messi da parte brevi periodi per l'adorazione e per la formazione sociale del popolo. In un primo tempo questi raduni ebbero luogo a Silo; in seguito si tennero a Gerusalemme. Solo i padri e i figli erano tenuti a parteciparvi, però nessuno voleva rinunciare alla festa e così, nella misura del possibile, tutta la famiglia vi andava. In quell'occasione, lo straniero, il levita e il povero godevano di grande ospitalità.

Il viaggio a Gerusalemme, fatto in forma semplice e patriarcale, in mezzo agli splendori della primavera, alle ricchezze dell'estate e alle glorie dell'autunno, diventava una vera delizia. Tutti, dall'uomo canuto al bambino, giungevano portando le loro offerte di gratitudine per incontrare Dio nella sua santa dimora. Lungo la strada si narravano ai bambini le esperienze del passato, storie che grandi e piccoli ancora prediligono. Si cantavano gli inni che avevano rallegrato le peregrinazioni nel deserto. Anche i comandamenti di Dio erano cantati e, uniti al benefico influsso della natura e delle relazioni umane, rimanevano per sempre impressi nella mente dei giovani e dei bambini.

Le cerimonie che si celebravano a Gerusalemme in occasione del servizio pasquale erano tali da colpire l'immaginazione e il cuore. Si teneva la riunione notturna alla quale gli uomini si presentavano con i fianchi cinti, le calzature ai piedi e col bastone in mano; frettolosamente si consumava il frugale pasto: agnello, pane azzimo, erbe amare; e nel solenne silenzio si ascoltava il racconto del sangue spruzzato, dell'angelo sterminatore e della partenza dal paese della schiavitù.

La festa delle Capanne, o della Mietitura, con le offerte del frutteto e del campo, con la settimana trascorsa sotto capanne di frasche, con le riunioni, le funzioni, la generosa ospitalità offerta agli operai del Signore, ai leviti del santuario, agli stranieri e ai poveri, invogliava ogni mente a pensare con gratitudine a colui che aveva coronato l'annata con i suoi benefici. Il fedele israelita trascorreva circa un intero mese ogni anno in questo modo. Durante questo periodo egli era libero da pensieri e lavori, e quasi del tutto consacrato, nel senso più vero, a scopi educativi.

Possesso della terra

Nel distribuire l'eredità al suo popolo, Dio intendeva insegnargli, e per mezzo di esso insegnare alle future generazioni, princìpi corretti circa il possesso della terra. Il paese di Canaan fu suddiviso fra tutto il popolo, a esclusione dei leviti, ministri del santuario. Sebbene una famiglia potesse disporre per un po' di tempo a proprio piacere della sua terra, non poteva vendere l'eredità dei figli. Se anche vendeva, poteva dopo un certo tempo riscattare le sue terre. Ogni sette anni i debiti erano rimessi e il cinquantesimo anno, o anno giubilare, tutta la proprietà terriera ritornava al proprietario originario. In tal modo ogni famiglia era sicura dei propri beni e ciò costituiva una salvaguardia contro gli estremi della ricchezza e della povertà.

Nell'assegnare la terra al popolo, Dio gli fornì, come già aveva fatto in Eden, un'occupazione che fosse la più adatta al suo sviluppo: la cura degli animali e delle piante. Un'ulteriore misura educativa fu adottata con l'istituzione della sospensione del lavoro agricolo ogni settimo anno. La terra, quell'anno, rimaneva incolta, e il suo prodotto spontaneo era lasciato al povero. C'era così l'opportunità per approfondire lo studio, per gli incontri sociali, per il culto e per l'esercizio della beneficenza, attività spesso impedite dalle preoccupazioni e dalle fatiche quotidiane. Se anche ai nostri giorni fossero attuati i princìpi di Dio circa la ripartizione delle proprietà, quanto diversa sarebbe la condizione della gente! L'attuazione di queste regole eviterebbe quei mali terribili che in tutti i tempi sono stati causa di oppressione del povero da parte del ricco, e di odio verso il ricco da parte del povero. Contribuirebbe, inoltre, a far trovare soluzioni pacifiche a quei problemi che minacciano di riempire il mondo di anarchia e di sangue.

La consacrazione a Dio di un decimo di ogni rendita sia del frutteto sia dei campi, sia del gregge sia della mandria, sia dell'attività cerebrale sia di quella fisica, oltre alla consacrazione di una seconda decima per aiutare il povero e per altre forme di beneficenza, avevano lo scopo di mantenere viva nel popolo la verità secondo cui tutto appartiene a Dio e che all'uomo è offerta l'opportunità di essere lo strumento delle sue benedizioni. Si trattava di una forma di educazione che si prefiggeva di annullare ogni manifestazione di gretto egoismo e coltivare, invece, larghezza e nobiltà di carattere.

La conoscenza di Dio, la comunione con lui nello studio e nel lavoro, la somiglianza con il suo carattere, dovevano costituire la fonte, il mezzo, e lo scopo dell'educazione d'Israele che era impartita da Dio ai genitori e che questi, a loro volta, dovevano inculcare nei propri figli.