Patriarchi e profeti

Prefazione

***

[AUDIO]

Il libro

Patriarchi e profeti è il primo di un'opera in più volumi chiamata la "serie del [gran] conflitto". In essi Ellen G. White ripercorre la storia biblica dalla ribellione di Lucifero fino alla restaurazione dell'armonia e della pace nel nuovo regno escatologico di Dio. Il volume che presentiamo giunge fino alla fine del grande regno israelitico di Davide.

Attraverso le sue pagine ci vengono descritte la realtà dell'Eden troppo presto perduto, le conseguenze del male sulla vita dell'uomo e del mondo intero, il tentativo costante di Dio di ricondurre gli uomini a sé, la sua pazienza, il suo discutere con gli uomini ponendosi al loro livello per ricondurli al suo. La storia degli antichi patriarchi diventa vita vissuta. Con Mosè soffriamo per la schiavitù in Egitto e ci rallegriamo per la potenza liberatrice di Dio, saliamo sul monte dell'allenza e sogniamo il riposo della terra promessa. Con Giosuè entriamo finalmente nella terra della libertà dove scorre "il latte e il miele". Con i Giudici assistiamo alla difesa di questo popolo dagli attacchi dei tanti nemici, attacchi militari aperti ma anche insidie spirituali che tendevano a snaturare il senso stesso della sua esistenza. Partecipiamo poi al dramma di Saul, il primo re d'Israele e vediamo infine Davide, il re "secondo il cuore dell'Eterno" che cambia i rapporti con le altre nazioni vicine trasformando Israele, da popolo debole e oppresso, in un grande impero che può competere da pari a pari con le superpotenze del momento.

L'autrice

Anche se scrisse moltissimi libri e migliaia di articoli, Ellen G. White, non fu una scrittrice di professione. I suoi scritti sono semplicemente il frutto di un ministero cristiano multiforme e intenso che l'ha vista impegnata dalla sua adolescenza fino al momento della sua morte, sopravvenuta nel 1915, poco prima dello scoppio della grande guerra, all'età di 88 anni. Organizzatrice dinamica e intelligente, predicatrice di talento, educatrice e riformatrice in campi che spaziano dalla salute alla famiglia, Ellen G. White, seppe coniugare la sua intensa attività pubblica con l'amore per il marito e la dedizione ai figli.

Nata nell'ambito del metodismo americano, Ellen G. White diventò una tra i più importanti pionieri della Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno. Se questa chiesa è oggi una realtà presente in tutto il mondo, conosciuta non solo per la predicazione del messaggio del Vangelo, ma anche per la testimonianza pratica in favore dei bisognosi di cui si prende cura attraverso le sue numerose istituzioni sanitarie, assistenziali ed educative, il merito va in gran parte all'impegno e alle capacità di questa donna.

Epoca in cui fu scritto il libro

Patriarchi e profeti ebbe una lunga gestazione durata dal 1858 al 1890, anno della sua redazione definitiva e autonoma. Da allora ha visto numerose edizioni ed è stato tradotto in moltissime lingue. Si tratta quindi di un classico con tutti gli onori che gli competono ma che presenta anche alcune difficoltà di cui bisogna tenere conto. Il tempo trascorso dalla sua prima pubblicazione e i particolari obiettivi che l'opera si prefigge, rendono necessarie alcune spiegazioni per farne comprendere e apprezzare il valore.

Nel 1858, quando Ellen G. White cominciò a scrivere questo libro, la Chiesa Avventista non era stata ancora organizzata ufficialmente. Questo sarebbe avvenuto solo 5 anni dopo, nel 1863. Quelli furono anni di fermento in cui grandi speranze ardevano nel cuore di questa donna e grandi fatiche e sacrifici ne segnavano la vita. Nel 1852 fu comprata una macchina da stampa a mano. I coniugi White vivevano e lavoravano con i loro bambini e alcuni collaboratori in una casa in affitto accontentandosi del minimo necessario.

Nel 1855 la famiglia White, accettando l'invito di alcuni confratelli, si trasferì a Battle Creek, nel Michigan, una cittadina che sarebbe diventata ben presto il primo centro consistente dell'Avventismo. Tuttavia la loro vita era impegnata in continui viaggi per sostenere la piccola comunità nascente. Fu durante uno di questi viaggi, il 14 marzo 1858, che Ellen G. White ebbe una visione in cui scorse quel senso particolare della storia come lotta fra il bene e il male che è caratteristico della sua opera.

La stesura finale di questo libro, come abbiamo già visto, si conclude nel 1890. Appena due anni prima, nel 1888, la Chiesa Avventista aveva vissuto la determinante esperienza della Conferenza Generale di Minneapolis. In questo incontro si erano gettate le fondamenta -- e lei aveva dato un importante contributo -- per una forte riaffermazione della centralità della dottrina evangelica della giustificazione per fede: solo in Cristo possiamo avere il perdono dei nostri peccati e la salvezza al di là di qualsiasi merito umano. L'anno successivo preparò invece il manoscritto di un piccolo ma prezioso libro, Steps to Christ, tradotto in italiano come La via migliore. La stesura finale di Patriarchi e profeti vede quindi la luce nel bel mezzo di un'importante riflessione sul Cristo. Il fatto è probabilemnte casuale, ma non casuale è il desiderio di Ellen G. White di porre il Cristo al centro di tutta la sua opera, fatto che si vede abbondantemente anche nel nostro libro anche se, trattando della storia dell'Antico Testamento, non tutti se lo aspetterebbero.

Chiavi di lettura

Un libro che nasce da un rapporto di fede con la Parola di Dio e che vuole suscitare fede. Patriarchi e profeti è una lunga predicazione, una profonda testimonianza di fede che viene offerta ai lettori, secondo uno stile profondamente biblico. La fede in Dio nasce, secondo la Bibbia, non tanto attraverso una riflessione astratta, ma attraverso la percezione di quello che Dio ha fatto. Questo è il motivo per cui la Bibbia stessa è fondamentalmente un libro di storia, probabilmente il primo libro di storia mai scritto. E questo è il motivo per cui Ellen G. White, imbevuta del linguaggio biblico, narra la sua visione della fede ripercorrendo la storia biblica.

Dato lo scopo di questa narrazione, non bisogna aspettarsi che essa segua i criteri della storiografia moderna. Il suo scopo non è quello di dimostrare la veridicità della storia biblica o discutere tutte le problematiche sorte sulla scia delle moderne correnti interpretative. Come la Bibbia non cerca di provare l'esistenza di Dio perché solo chi non vede ha bisogno di provare, così Ellen G. White non discute il valore e la veridicità della Bibbia semplicemente perché sa che quello che la Bibbia racconta è totalmente vero. La sua testimonianza riprende perciò il testo biblico così com'è, espandendolo in modo tale da potervi entrare più facilmente dentro, aiutandoci a immedesimarci con i suoi personaggi, rivivendo i loro problemi, i loro sogni, le loro delusioni, le loro fatiche, le loro sconfitte e le loro vittorie per sentirli compagni di uno stesso lungo viaggio in cui possono cambiare la lingua, lo stile degli abiti e i costumi, ma in cui si rimane uniti dagli stessi problemi fondamentali e dalle stesse esigenze. In un tale viaggio, l'esperienza di ognuno può costituire un avvertimento e un incoraggiamento per tutti gli altri.

"Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche". 1 Corinzi 10:11. Il libro può essere letto semplicemente per soddisfare una curiosità naturale nei confronti della Bibbia, ma sarà apprezzato particolarmente da coloro che accettano di porsi davanti alla Bibbia per ascoltare quanto Dio vuole dire loro attraverso le sue pagine. Con le parole di Ellen G. White, possiamo dire che i suoi libri "non servono a dare una nuova luce ma a imprimere nei cuori, in modo vivido, le verità dell'ispirazione già rivelata".1

Bibbia e storia

Per l'uomo contemporaneo è difficile guardare alla Bibbia con gli stessi occhi della White. Il nostro approccio è più smaliziato e problematico. La critica si è accanita soprattutto contro i primi libri della Bibbia, quelli la cui storia è ripresa in Patriarchi e profeti. È necessario quindi spendere una parola sull'argomento.

Diversi studiosi del secolo scorso e dei primi decenni del nostro vedevano questi libri solo come una raccolta di miti, leggende e saghe, testimoni vaghi di un passato non più storicamente raggiungibile, utili soltanto per tracciare, ma con molte incertezze, lo sviluppo della religiosità di questo libro. Charles Darwin pubblicava L'origine della specie attraverso la selezione naturale, un'opera che avrebbe rappresentato il fondamento più consistente contro la visione biblica della creazione. Pochi anni dopo, Julius Wellhausen proponeva l'ipotesi documentaria, una tesi che tendeva a scardinare il valore storico dei primi libri della Bibbia. Anche coloro che oggi continuano a vedere nella Bibbia una rivelazione di Dio, sono spesso portati a leggerla secondo i criteri stabiliti dall'evoluzionismo e dalla critica storica di cui l'ipotesi documentaria è una componente essenziale.

Gran parte dell'Ottocento era poi impregnato delle idee deistiche. Il deismo non negava l'esistenza di un Dio creatore, ma rifiutava all'uomo qualsiasi possibilità di entrare in un rapporto diretto con lui. In questo contesto la testimonianza di Ellen G. White fu quella di una donna consapevole dei problemi ma anche, e soprattutto, della sua personale esperienza di fede con Dio, che illuminava di una luce intensa le pagine delle Sacre Scritture.

È quindi evidente che la lettura di queste pagine può essere apprezzata soprattutto da chi condivide la stessa fede di Ellen G. White o è disposto ad ascoltarne la testimonianza con simpatia e fare la propria esperienza con Dio per potere capire. Non possiamo neppure, in questa sede, discutere né la validità dell'evoluzionismo né quella della critica storica. Possiamo però affermare che, finita l'epoca delle ubriacature ideologiche del passato -- anche di quelle scientifiche e filosofiche -- la Bibbia può essere riletta, ed è riletta da molti, con rinnovata fiducia. L'evoluzionismo non è un dogma intoccabile e per quel che riguarda le origini d'Israele, l'archeologia ha riportato alla luce tutto un mondo antico estremamente coerente con il quadro biblico. Dove gli uomini non avevano più il coraggio di parlare, come aveva detto Gesù, le pietre hanno fatto udire la loro voce. Cfr. Luca 19:40. Come dice lo storico John Bright, nonostante i limiti dei dati in nostro possesso, uno studio obiettivo del materiale biblico ed extra biblico consentirà di "rafforzare la fiducia che le traduzioni patriarcali siano fermamente ancorate alla storia".2

Intento pastorale

"Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona". 2 Timoteo 3:16, 17. Questo testo dell'apostolo Paolo costituisce probabilmente il presupposto principale su cui si fonda la lettura della Bibbia da parte di Ellen G. White. L'ascolto della Parola di Dio non è fine a se stesso: deve produrre speranza, saggezza, conversione. In modo esplicito o implicito, quest'intento permea continuamente le pagine di questo libro. Il gusto moderno può vedere questa tendenza come moralistica, ma la verità della vita non è solo moderna e non deve rispondere ai canoni e ai gusti delle varie epoche. Rimane sempre per l'uomo onesto il bisogno di confrontarsi con una verità che lo metta in discussione e gli dia speranza. Chi vorrà accettare questa prospettiva troverà in queste pagine una profonda ricchezza.

Origine dei suoi scritti

La Chiesa Avventista riconosce nel ministero di Ellen G. White i caratteri del profetismo biblico che svolse con umiltà e perseveranza, senza chiedere privilegi e senza assumere ruoli direttivi che potessero trasformarla in una sorta di santa o di capo della chiesa. L'autorità morale e spirituale che acquisì fu soltanto il frutto della qualità della sua testimonianza e della profondità della sua consacrazione.

La capacità di introspezione nel cuore dell'uomo e della storia che lei manifesta, i dettagli e le considerazioni di cui arricchisce il racconto biblico, sono attribuibili a una sua personale capacità intuitiva, alla sua abilità psicologica naturale, o essere il frutto di questo suo particolare rapporto con Dio? Chi non conosce la sua esperienza e i motivi che hanno spinto la Chiesa Avventista a riconoscere in lei questo particolare dono dello Spirito (cfr. 1 Corinzi 12:10, 28; Efesini 4:11) può optare per la prima possibilità ed esserne ugualmente arricchito.

Tuttavia anche il riconoscimento di un reale dono profetico non esaurisce la questione della natura dei suoi scritti. La sua stessa visione dell'ispirazione degli scrittori biblici ci impedisce di considerarla come una semplice "penna"3, irresponsabile e passiva, nelle mani di Dio. Il profeta di Dio è parte attiva nella formulazione del messaggio che riceve. Egli cerca di renderlo il più comprensibile possibile ai suoi destinatari, adattandone la formulazione, arricchendola in base alle circostanze e ai particolari fini che di volta in volta vuole raggiungere.

Come per i profeti biblici, il messaggio di Dio non cadeva in Ellen G. White in un vuoto culturale o psicologico. La sua esperienza, la sua sensibilità umana, le sue letture, la stessa profonda conoscenza della Bibbia accompagnano la sua testimonianza, le danno forma, la rendono più gradevole e nello stesso tempo più incisiva.

La stessa lunga gestazione letteraria dell'opera (dal 1858 al 1890), pur nella personale consapevolezza dell'origine divina della sostanza del suo messaggio, è una testimonianza del suo contributo a migliorare la presentazione del testo. Questo significa che, anche quando si cerca in lei una rivelazione proveniente da Dio, non è detto che la si debba cercare in una parola, o in un singolo argomento usato, quanto piuttosto nella sostanza di fondo del suo messaggio senza potere più distinguere nei particolari quanto viene da Dio o quanto da lei. Quello che importa è che il suo personale contributo non travisi la sostanza del messaggio ricevuto. Ma su questo, per coloro che accettano la realtà del suo dono, non possono esservi dubbi.

Elementi profetici e linguaggio biblico

Un particolare problema è posto dalla lettura che Ellen G. White fa della storia del peccato originale narrata in Genesi 2-3. Il testo biblico è già di per sé abbastanza estraneo alla sensibilità moderna. Leggere di alberi della vita e della conoscenza del bene e del male, di un serpente tentatore, di angeli posti a guardia del giardino perché l'uomo non si impadronisca permanentemente della nuova realtà conquistata, tutto questo sembra eredità di un mondo culturale passato più che di una verità divina. L'impressione si accentua ancora di più con la lettura delle pagine di Ellen G. White. Il testo biblico vi trova infatti una sua spiegazione attraverso ampliamenti che dovrebbero rendere più coerente e credibile il racconto, ma che rischiano di farlo apparire ancora più estraneo. Si pensi, per esempio, alla maledizione sul serpente condannato a strisciare sul suo ventre e a nutrirsi di polvere per tutta la vita. Cfr. Genesi 3:14. Una visione letteralista del testo fa subito nascere un problema. Se il serpente assume la sua attuale postura come conseguenza del peccato, com'era prima? La critica moderna spiega il testo vedendovi soltanto una eziologia, cioè un racconto inventato per spiegare una situazione attuale. La spiegazione di Ellen G. White parte invece dalla sua totale fiducia nel testo biblico che legge così come le si presenta: il serpente è un vero serpente e la maledizione di Dio cambia effettivamente il suo aspetto che assomigliava a quello di una bellissima farfalla. Il tutto è narrato in modo drammatico, ma sobrio e coerente. Non crede nei serpenti parlanti. Il serpente è per lei solo lo strumento di cui Satana, il vero tentatore, si serve per ingannare Eva. Facendo così si avvicina all'interpretazione fornitaci dall'Apocalisse secondo cui "il serpente antico... è chiamato Diavolo e Satana" (Genesi 12:9), ma non ne sfrutta tutte le possibilità simboliche. È evidente che il nostro modo di comprendere il testo di Ellen G. White dipenda da come comprendiamo il testo biblico. Se ci poniamo di fronte alla Genesi con gli occhi della White, allora la sua lettura è coerente e accettabile. Se invece giudichiamo che la Genesi debba essere letta con occhi diversi, lo stesso bisognerà fare con lei. Nell'ambito della Chiesa Avventista sono presenti entrambe le posizioni. Il testo biblico, può essere visto come autorevole rivelazione di una verità storica, ma che si esprime attraverso un genere letterario che non è quello della storia o della cronaca, ma della didattica. Allo stesso modo in cui le grandi visioni dell'Apocalisse hanno a che fare con una storia reale, ma esprimendola attraverso un genere letterario che deve essere compreso in base a regole proprie.

Se si vuole mantenere intatto il valore teologico del testo della Genesi, su cui si fonda tutta la successiva teologia cristiana della salvezza, non si può svuotare il racconto del suo contenuto sostanziale, e cioè che ci sia stato un tempo in cui, ad opera di un tentatore, l'uomo abbia rotto il suo rapporto di amore e fiducia con Dio scatenando il disordine, la violenza, la sofferenza e la morte. L'albero della vita offerto all'uomo, corrisponde realmente a una situazione in cui l'uomo riceve da Dio una vita senza limiti, ma quest'albero non è altro che il simbolo della vita che ha in Dio stesso la sua origine e il suo datore. Cfr. Apocalisse 22:1. L'assunzione del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male corrisponde veramente a una prima dichiarazione di autonomia e autosufficienza da parte dell'uomo, ma per questo non c'è bisogno di credere nell'esistenza fisica di un albero. La Bibbia esprime una verità storica e spirituale attraverso il linguaggio che nasceva dal contesto culturale e religioso in cui fu scritta. In questo modo si evita di fare del racconto semplicemente un'espressione delle paure e delle speranze dell'uomo antico, ma si evita anche di farlo apparire tale all'uomo moderno.

In questa prospettiva il testo di Ellen G. White perde il suo valore? Niente affatto. Bisogna soltanto fare una fatica in più per percepire all'interno della forma del suo scritto, come facciamo anche per la Bibbia, la sostanza del suo messaggio. Si tratta, in fondo, di applicare alle sue pagine gli stessi criteri che applichiamo alla Bibbia sul cui piano lei si mantiene. Le sue pagine conservano allora un significato altissimo, come testimonianza di una fede che ancora oggi ha molto da insegnarci.

Come avviene per molte parti della Bibbia, soprattutto nei libri profetici di Daniele e Apocalisse, a cui Ellen G. White è molto vicina, la natura stessa delle visioni profetiche favorisce l'immagine al di sopra del discorso. Dio parla in questi libri attraverso delle scene mostrate ai suoi testimoni. Il profeta ce le racconta, ma sta anche a noi coglierne il significato. Come facciamo per le visioni dei libri profetici della Bibbia, senza svilirne il significato, così possiamo leggere, e non con meno amore, queste pagine particolari della signora Ellen G. White. Le Edizioni ADV.