I tesori delle testimionianze 1

Introduzione

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Le Testimonianze (Testimonies for the Church in inglese) occupano uno spazio particolare fra gli scritti di Ellen G. White e nella Chiesa Avventista. Tutta l'opera di questa autrice è ricca di consigli, suggerimenti, indicazioni utili alla vita spirituale e all'esperienza di fede secondo la matrice indubbiamente metodista alla quale ella faceva riferimento. Ma le Testimonianze sono un vero prontuario di risposte pratiche alle più svariate situazioni nelle quali un credente può venire a trovarsi: dall'alimentazione all'educazione dei figli, alla gestione delle finanze personali, al lavoro pastorale, alle attività nella chiesa. Spesso si tratta anche di risposte molto specifiche rivolte non al grande pubblico, ma ad alcuni individui. Infatti nelle Testimonianze si trovano anche numerose lettere private che Ellen G. White ha ritenuto utile rendere pubbliche per i consigli di carattere generale che contengono.

Proprio in virtù della sua specificità, in italiano e in altre lingue, si è deciso di tradurre solo la riduzione in tre volumi, The Testimonies Treasures (I tesori delle Testimonianze), di quest'opera monumentale (nove volumi nell'edizione americana). Il lavoro di sintesi è del White Estate, depositario dei manoscritti di Ellen G. White. Ecco quindi come I tesori delle Testimonianze, di cui questo è il primo volume, hanno visto la luce.

Se altre opere di Ellen G. White sono destinate particolarmente alla Chiesa Avventista e ai suoi membri, le Testimonianze, e quindi I tesori delle Testimo nianze, lo sono in modo ancora più netto. Le testimonianze.

Composizione

Come abbiamo già detto, le Testimonianze sono composte da una serie di articoli e lettere scritti in periodi e circostanze diversi, senza collegamento fra loro. Raccolgono riflessioni, osservazioni, consigli, esortazioni di Ellen G. White alla Chiesa Avventista nascente, intesa nel suo insieme e come individui. La prima collezione, sotto forma di opuscolo, fu pubblicata nel 1855. In seguito altre edizioni delle Testimonianze furono messe a disposizione dei membri della Chiesa Avventista, in tutto 37 libri od opuscoli pubblicati nell'arco di 55 anni. Questo materiale è stato riunito in nove volumi, per un totale di 4.737 pagine.

I tesori delle Testimonianze, lo abbiamo già detto, sono una riduzione a 1.500 pagine circa dell'insieme di questa mole imponente di testo. In un certo senso l'operazione è stata autorizzata dall'autrice stessa che, in occasione della riedizione di una parte della prima raccolta, fece questa osservazione:

"Negli ultimi nove anni, dal 1855 al 1864, ho scritto 10 opuscoli intitolati Testimonies for the Church. Essi sono stati pubblicati e hanno circolato fra gli Avventisti del 7° Giorno. La prima edizione è esaurita. Siccome ci sono pervenute numerose richieste abbiamo pensato di ristamparli, omettendo gli accenni alla questioni locali e personali e riproponendo solo quelle parti che hanno un interesse pratico e generale".1

Le Testimonianze sono un po' la storia vissuta, non raccontata, della Chiesa Avventista. Il lettore si confronta con il modo di risolvere i numerosi problemi pratici che sorgevano nella vita dei singoli o della comunità. Il tono generale interpella e invita a una presa di posizione. Sullo sfondo vi è sempre il sentimento dell'urgenza e dell'imminenza dell'irruzione di Dio nella storia dell'umanità. Questa preoccupazione spinge l'autrice a invitare pressantemente i suoi lettori a fare di tutto per essere pronti al grande evento del ritorno del Cristo.

Nel leggere le Testimonianze occorre tenere presente che spesso sono debitrici delle circostanze del tutto particolari che le hanno ispirate. Prima di trarre delle conclusioni affrettate dalla loro lettura è auspicabile cercare di conoscere meglio il contesto storico specifico a cui si riferiscono.

Nel paragrafo Ellen G. White e il concetto di santificazione forniremo alcune indicazioni sull'esperienza personale di Ellen G. White che aiutano a capire meglio l'obiettivo di fondo del suo ministero e il pensiero che è all'origine delle Testimonianze.

Le testimonianze e la Bibbia

Nella sua concezione Ellen G. White ha sempre sostenuto la centralità della Bibbia come riferimento unico per la fede.

"La Bibbia e la Bibbia soltanto deve essere il nostro credo, il vincolo della nostra unità; tutti coloro che riconosceranno l'autorità della Parola sacra si troveranno in un rapporto di armonia fra loro. Le nostre idee personali e i nostri punti di vista non devono assumere il controllo delle nostre azioni. L'uomo è fallibile ma la Parola di Dio [in Gesù Cristo] è infallibile. Gli esseri umani esaltino il Signore invece di discutere gli uni con gli altri. Come il Maestro, risolviamo ogni contrasto con un "Sta scritto". Sulla nostra bandiera deve esserci scritto il motto: La Bibbia è la nostra regola di fede e di condotta".2

La collocazione della Sacra Scrittura alla base dell'esperienza religiosa è senz'altro in sintonia con il Sola Scriptura della tradizione protestante.

Le affermazioni di Ellen G. White sul valore da attribuire alle Testimonianze confermano questa posizione della Bibbia.

"Nelle Sacre Scritture troviamo gli insegnamenti di Dio per la gestione della vita e il comportamento di tutti. Ma, nonostante essa contenga molti particolari relativi al nostro carattere, alla nostra conversazione e condotta, le sue indicazioni sono in larga misura ignorate e sottovalutate. Allora il Signore ha voluto che alle istruzioni fornite nella sua Parola fosse affiancata una testimonianza speciale rivolta al suo popolo. Non una nuova rivelazione, ma una presentazione chiara degli insegnamenti della sua Parola per correggere gli errori, per indirizzare sulla giusta via, affinché nessuno possa accampare delle scuse".3

In un'altra occasione assume un tono categorico, quasi di sfida: "Se le Testimonianze non sono in accordo con la parola di Dio, rigettatele. Non ci può essere nessuna unione fra Cristo e Belial".4

E ancora: "Si attribuisce scarsa attenzione alla Bibbia. Il Signore ha quindi dato una luce più piccola che guidi uomini e donne verso la luce più grande".5

"Nella predicazione non presentate e non usate ciò che la sorella White ha scritto per sostenere le vostre posizioni. Farlo non aumenterebbe la fiducia nelle Testimonianze. I vostri argomenti siano attinti dalla Parola di Dio. Un "Così dice l'Eterno" è la testimonianza più forte che potete presentare alla gente. Nessuno si abitui a fare riferimento alla sorella White, ma rivolga lo sguardo verso il Dio potente che dà le sue istruzioni alla sorella White".6

Quest'ultima affermazione è particolarmente importante per la Chiesa Avventista. Avendo riconosciuto il dono profetico di Ellen G. White, spesso corre il rischio di suscitare o coltivare un malinteso circa il suo ruolo nell'esperienza di fede individuale e collettiva.

Guida alla lettura delle testimonianze

In questa introduzione riportiamo alcuni brani di un articolo intitolato L'uso e l'abuso di un dono prezioso di Joe Engelkeimer apparso sulla Adventist Review.

"Nell'usare le Testimonianze, e in verità tutti gli scritti di Ellen G. White, occorre adottare un metodo di studio adeguato. Suggerirei di seguire otto principi:

1. Tenere presente la natura dell'ispirazione

La Chiesa Avventista non crede all'ispirazione verbale. Pietro afferma che "...degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo". 2 Pietro 1:21. Ellen G. White commenta: "Gli autori biblici sono scrittori scelti da Dio, non la sua penna"... -- Selected Messages 1:21.

2. Pregare prima di iniziare la lettura

I fatti spirituali "...si giudicano spiritualmente". 1 Corinzi 2:14. La preghiera apre l'animo e consente allo Spirito di parlare tramite ciò che si legge.

3. Pensate che ciò che leggete è la voce di Gesù

"...La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia" dice Giovanni. Apocalisse 19:10. È vero anche il contrario: lo spirito di profezia è la voce non del messaggero ma di Gesù.

4. Cercare le descrizioni della persona di Gesù, del Padre e dello Spirito Santo Conoscere Gesù significa amarlo. Questo è vero anche per il Padre e lo Spirito Santo. Nelle pagine scritte da Ellen G. White troviamo migliaia di frasi, affermazioni e paragrafi che offrono una descrizione del carattere di Dio Padre, di Gesù, dello Spirito Santo...

5. Cercare una risposta a problemi personali

Ellen G. White asserisce: "Il cristianesimo è sempre intensamente pratico". Messages to Young People, 200. Anche i suoi libri lo sono. Qualunque siano i vostri bisogni -- spirituali, affettivi, fisici o altri -- troverete idee utili e ispirazione in tutti i suoi scritti. Durante la lettura tenete a portata di mano una penna e sottolineate o segnate in qualche modo ciò che Dio vi dice in particolare.

6. In caso di incertezza o di controversia raccogliere il maggior numero di informazioni sull'argomento

7. Se il consiglio sembra superato, cercare il principio da cui scaturisce "Circa le Testimonianze... occorre tener presente i tempi e le circostanze". -- Selected Messages 1:57.

Questo principio ci permette di evitare due errori: applicarne rigidamente ogni dettaglio, anche quando le circostanze sono cambiate e, d'altra parte, affermare che l'insieme dei consigli è superato...

8. Essere equilibrati

Pur sostenendo la necessità di una riforma, Ellen G. White fu sempre una donna molto equilibrata. Nel campo dell'alimentazione ad esempio scrive: "La riforma nell'alimentazione è il frutto di un'opera lenta e graduale. Dovremmo fare molta attenzione a non procedere tanto in fretta da essere poi costretti a ritornare sui nostri passi. Nelle riforme è meglio rimanere al di sotto dell'obiettivo che andare troppo in là. E se ci deve essere un errore che sia il più vicino possibile alla posizione in cui le persone si trovano". -- Testimonies for the Church 3:20, 21.

Ci sono anche otto errori da evitare nell'uso degli scritti di Ellen G. White.

1. Non servono a stabilire le dottrine

"Le Testimonianze non devono sostituire la Parola... Ognuno sostenga il proprio punto di vista a partire dalle Scritture e provi la verità di quanto afferma usando la Parola di Dio". -- Evangelism, 256.

2. Non vanno usati nei confronti di estranei per sostenere la propria fede

"Alcuni hanno preso delle iniziative non avvedute. Hanno parlato della propria fede a dei non credenti e per provare le loro tesi hanno letto il racconto di una visione anziché far riferimento alla Bibbia. Ho visto che questo modo di fare era sbagliato e rendeva i non credenti ostili alla verità". -- Testimonies for the Church 1:119, 120.

3. Non trasformateli in una mazza da baseball o una frusta

"Non pensate che sia vostro dovere costringere le persone usando le Testimonianze". -- Opera citata 6:122.

4. Non sostenete delle posizioni estremiste

"Hanno tenuto in considerazione solo il significato estremista delle visioni e lo hanno usato in modo tale che molti dubitano di quanto è stato mostrato da Dio e la chiesa si è scoraggiata e abbattuta". -- Opera citata 5:669, 670. "Gli estremismi spesso fanno tanti danni in poco tempo che un'intera vita di impegno coerente non è sufficiente a riparare". -- The Ministry of Healing, 324.

5. Non cercate di diventare la coscienza degli altri

Il suggerimento che segue, del 1881, in piena riforma dell'abbigliamento, è applicabile anche in altri ambiti: "Alcuni di coloro che hanno adottato la riforma non si sono accontentati di mostrare con l'esempio i vantaggi di un abbigliamento diverso, fornendo le ragioni di questa scelta alle persone che lo chiedevano. Hanno cercato di diventare la coscienza degli altri". -- Testimonies for the Church 4:636.

6. Non inserite nelle citazioni parole vostre

"Nel leggere le Testimonianze fate attenzione a non mescolare le vostre parole a quelle del testo perché questo rende impossibile agli ascoltatori distinguere fra la parola di Dio e la vostra". -- Opera citata 6:122, 123.

7. Non riportate le citazioni fuori dal loro contesto

"So che diversi prendono le testimonianze che il Signore ha dato e le applicano secondo il loro giudizio personale, estrapolando una frase qui un'altra là, togliendola dal contesto e applicandola a proprio piacimento. Questo modo di fare ha scosso alcune persone. Se avessero potuto leggere il consiglio nel suo contesto ne avrebbero capito la vera applicazione e non sarebbero rimasti confusi". -- Selected Messages 1:44.

8. Non sezionate i messaggi alla ricerca di errori

"Non togliete la loro forza alle Testimonianze con le vostre critiche. Non vi sentite autorizzati a sezionarle per seguire la vostra idea, con la pretesa che Dio vi ha dato la capacità di discernere fra ciò che è luce del cielo e ciò che è solo espressione della conoscenza umana". -- Testimonies for the Church 5:691.

"Alcuni credenti che si professano tali accettano alcune porzioni delle Testimonianze come provenienti da Dio mentre respingono quelle parti che condannano le loro debolezze". -- Testimonies for the Church 9:154.7

Ellen G. White: Elementi biografici

Oltre a segnalare il particolare momento storico di cui Ellen G. White e molti altri suoi contemporanei sono stati insieme spettatori e protagonisti, i diversi risvegli che a ondate successive hanno percorso l'Europa e l'America protestanti nel XIX secolo, ci è sembrato utile attirare l'attenzione su alcuni episodi della vita di Ellen G. White. Sicuramente hanno influito sul suo pensiero e, per le caratteristiche relative alla composizione, di cui abbiamo già detto, sulla redazione delle Testimonianze.8

Questa contestualizzazione relativizza in qualche modo l'opera di Ellen G. White, ma nello stesso tempo consente di vedere come le sue scelte, il suo linguaggio e il suo messaggio siano in sintonia con il tempo in cui ha vissuto, sia perché ne seguono alcune tendenze sia perché vi si oppongono. È possibile apprezzare la sua capacità di "stare" nella società del suo tempo, di interpretarla, di accoglierla e di criticarla.

In quanto avventisti siamo convinti che solo attraverso questo processo di studio del contesto, applicato comunque anche ai profeti biblici, sia possibile attualizzare il messaggio profetico, senza correre il rischio di cadere in facili estrapolazioni e semplificazioni.9

Ellen G. White e il concetto di santificazione

Il tema della santificazione e della perfezione è alla base delle Testimonianze.

"Considerando che viviamo negli ultimi tempi dovremmo vegliare, pregare e non permettere di lasciarci distogliere dalla solenne opera di preparazione necessaria per il grande evento che ci attende... La misericordia di Dio prolunga il tempo di grazia per permettere agli uomini di formare il loro carattere per la futura vita immortale. Ogni momento è estremamente importante: il tempo è concesso non perché sia utilizzato nella ricerca delle comodità o per sistemarsi meglio su questa terra, ma per l'opera che consiste nel vincere ogni difetto di carattere e nell'aiutare gli altri, con l'esempio e con l'attività personale, a cogliere tutta la bellezza della santità".10

Ellen G. White si è sempre preoccupata, prima e dopo l'incontro con il movimento millerita e la sua adesione al movimento avventista, della santificazione. In che modo il cristiano deve prepararsi a incontrare Dio? Quali comportamenti deve assumere nella vita quotidiana? Qual è la volontà di Dio per gli uomini? Fin da bambina Ellen G. White si è posta questi problemi con serietà e grande partecipazione emotiva. La sua esperienza spirituale giovanile ha avuto un ruolo determinante nella sua evoluzione religiosa.

Nata in una famiglia di metodisti aderenti alla Chiesa Episcopale, Ellen G. White ha vissuto la propria conversione in concomitanza con lo sviluppo del millerismo, un movimento di risveglio che ha percorso le chiese americane verso la metà dell' 800.

Woodrow W. Whidden II descrive così la vicenda vissuta da Ellen G. White: "A fare da sfondo all'esperienza della salvezza di Ellen G. White è il fervente mondo del risveglio religioso risultato, nel suo caso, dalla combinazione di una forte dose di metodismo e millerismo (e talvolta di opposizione fra i due movimenti)...

Fin dall'infanzia la sua esperienza spirituale è segnata da una forte preoccupazione religiosa. Di questa sua esperienza ricorda il senso di pace e il desiderio di fare il possibile perché tutti conoscessero e amassero Gesù.

Queste avvisaglie erano il preludio di ciò che potremmo definire la sua crisi di conversione. Essa si delineò durante la prima visita di William Miller a Portland (Maine) nel marzo 1840. Egli presentò una serie di conferenze sul secondo avvento che impressionarono Ellen G. White dodicenne, provocando una crisi che non si risolverà prima del 1842, anno in cui Miller tornò a Portland per una seconda serie di conferenze".11

Poco dopo la sua conversione e il battesimo, avvenuti a 15 anni, Ellen G. White coltiva l'intenso desiderio di santificarsi per il Signore. Questa sua aspirazione rimane inappagata sia perché la santificazione le era stata presentata come un processo difficile, facendo nascere in lei il timore che non fosse alla sua portata, sia perché la seconda visita di Miller la getta nello sconforto: non si sente pronta a incontrare il Signore. La sua ansia è tale da farle auspicare la morte. Ella concentra le sue energie spirituali sull'impegno di riuscire ad avvertire nel suo intimo di essere degna del nome di "figlia di Dio". Prova il forte desiderio di sentirsi perdonata e pienamente accolta da Dio.12

Questa evoluzione spirituale di Ellen G. White, fa notare Woodrow W. Whidden II, assomiglia "all'esperienza che nel movimento metodista viene definita "la seconda benedizione", vissuta nel contesto dell'attesa del ritorno del Cristo [annunciato da Miller]. Questa corrente del metodismo è conosciuta con l'appellativo di Santità Metodista...

Per capire meglio occorre sapere che Santità Metodista insegnava una "santificazione" successiva all'esperienza della certezza del perdono e della giustificazione. La dottrina di base di questo movimento era che il processo di conversione dovesse essere seguito dalla "santificazione". Essa consisteva nel raggiungimento di uno stato d'animo particolare, avveniva istantaneamente e doveva essere confermata dalla testimonianza dello Spirito".13

Ellen G. White uscirà da questa concezione confusa e molto emotiva della santificazione vivendo un travaglio personale profondo. Comprenderà quanto le sue aspirazioni fossero influenzate da una percezione egocentrica della salvezza e, come lei stessa spiega, progressivamente imparerà a rivolgere la propria attenzione al Cristo.14

Un fattore determinante contribuì a farle rivedere questo concetto di santificazione. Nei suoi scritti Ellen G. White racconta gli "incontri, avvenuti durante il suo ministero, con diversi fanatici perfezionisti della "santificazione". Infatti, nel corso dei primi dieci anni di attività, ella ricorda almeno sei casi di questo tipo di fanatismo estremista... In questo periodo... è significativo notare che tutti gli episodi riportati sul problema della pretesa "santità" di alcuni individui sono negativi. È chiaro quindi che il motivo della sua presa di distanza dal concetto di perfezione insegnato da Santità Metodista è proprio l'impatto creato da queste perversioni della "santificazione"".15

L'accento posto sull'importanza della santificazione, intesa nel senso di opera di trasformazione del carattere ma anche di stato d'animo particolare, rimane comunque una caratteristica della sua opera letteraria.

Ellen G. White, dopo l'esperienza millerita e gli eventi posteriori alla fatidica data del 1844, 16 si è trovata di fronte a un altro tipo di fanatismo: quello anti-legalista. Per una parte di coloro che parteciparono all'avventismo postmillerita, l'osservanza della legge era superflua ai fini della salvezza. Ellen G. White si oppose a questa tendenza tanto che alcuni l'accusarono di essere "tutta e solo legge" e di "credere che saremo salvati solo per la legge e che nessuno sarà salvato senza osservare la legge".17

La risposta di Ellen G. White è interessante e ci aiuta a capire il suo concetto di santificazione e di salvezza. "La legge non è in grado di salvare un solo trasgressore. La legge convince e condanna il peccatore, ma non può perdonare nessun peccato piccolo o grande che sia. Quando pecchiamo abbiamo un Avvocato presso il padre, Gesù Cristo il giusto... Il Cristo non è venuto a scusare i peccati o giustificare il peccatore per lasciarlo continuare a trasgredire la legge... Da che cosa si deve convertire il peccatore? Deve uscire dalla trasgressione della legge di Dio per ritornare alla trasgressione? Questo è assurdo".18

All'altro estremo numerosi aderenti al gruppo avventista in formazione, per opporsi al concetto molto emotivo ed estatico della santificazione, diffuso dalla corrente religiosa Santità Metodista descritta sopra, calcarono la mano sull'osservanza dei comandamenti di Dio -- del sabato in particolare -- e sul dovere di metterli in pratica nella vita quotidiana. Questa corrente di pensiero prevalse nella Chiesa Avventista e negli anni successivi raggiunse toni eccessivi in alcuni suoi esponenti. Ad essi Ellen G. White rivolse un sermone durante un'assemblea della Conferenza Generale, pubblicato poi sulla rivista ufficiale della Chiesa Avventista: "Vi aspettate forse che i vostri meriti vi rendano idonei a godere del favore di Dio e di essere senza peccato prima di affidarvi alla sua capacità di salvare? Se questo è il dilemma che agita la vostra mente temo che non riceverete nessuna forza e per finire vi scoraggerete...

Alcuni pensano di dover superare delle prove per dimostrare a Dio che hanno riformato la propria vita prima di reclamare le sue benedizioni. Queste persone possono richiedere le benedizioni di Dio fin d'ora. Esse hanno bisogno che la grazia e lo spirito del Cristo le aiutino a superare le loro debolezze altrimenti non riusciranno ad acquisire un carattere cristiano".19

Nelle Testimonianze Ellen G. White insiste sulla necessità, per il credente, di impegnarsi per la propria santificazione, concepita come il raggiungimento di uno stadio di "perfezione". Anche da questa insistenza è scaturito il dibattito sul "perfezionismo" all'interno della Chiesa Avventista.20

Il linguaggio categorico di Ellen G. White, nelle Testimonianze e in altre sue opere, su alcuni lettori ha l'effetto di aumentare l'ansia di perfezione, sottolineando quanto sia impegnativo il percorso da seguire dopo l'accettazione della salvezza; in altri suscita perplessità perché contrasterebbe con l'insegnamento biblico sulla salvezza per grazia mediante la fede.

Non intendiamo aprire qui un discorso che altri hanno cercato di portare avanti, senza convincere i fautori dell'una o dell'altra posizione. Vogliamo solo segnalare che quanto detto sopra sull'esperienza personale di Ellen G. White potrebbe fornire una chiave di lettura interessante per risolvere il problema del contrasto di alcune sue affermazioni sulla salvezza. Occorre tenere presente quanto le sue radici metodiste, che insistono sul tema della trasformazione del comportamento e dello stato d'animo, influiscano sul modo in cui si esprime quando parla di santificazione. Secondo lei la salvezza non si riceve passivamente, provoca sempre un cambiamento, come d'altra parte spiega la Bibbia.

Il vero problema è decidere se il cambiamento è opera di Dio o dell'uomo. La risposta, come sappiamo, non è univoca. Per Ellen G. White esso dipende da entrambi i protagonisti. Di volta in volta, nella sua esposizione del messaggio della salvezza, in base all'obiettivo che ha in mente, ella rivolge l'attenzione del lettore all'opera di Dio o a quella dell'uomo, insistendo sulla responsabilità specifica dell'uno o dell'altro in questo processo.

L'ispirazione

La Chiesa Avventista ritiene che Ellen G. White sia una scrittrice ispirata. Il concetto di ispirazione è un concetto dinamico. Nella Bibbia troviamo diversi modelli di ispirazione. In un articolo pubblicato dalla The Advent Review, 30 maggio 1996, Juan Carlos Viera, direttore del Ellen G. White Estate, ne individua sei:

1. Il modello "visionario" nel quale la rivelazione di Dio viene comunicata attraverso delle visioni. Cfr. Ezechiele; Daniele 7. In questo caso il profeta è coinvolto anche dal punto di vista fisico. Cfr. Giudici 13-16; Daniele 10:7-11.

2. Il modello "testimone". Un esempio di questa forma di rivelazione sono i vangeli di Matteo e di Giovanni. I loro autori sono stati testimoni oculari di alcuni eventi e ne forniscono un resoconto.

3. Il modello "storico" che possiamo individuare nell'opera degli evangelisti Marco e Luca. La loro comunicazione profetica nasce dall'ispirazione a comporre un testo raccogliendo e organizzando documenti storici e testimonianze di terze persone.

4. Il modello "consigliere" identifica la funzione di consulente svolta dalprofeta. Talvolta il consiglio scaturisce da un "comandamento" di Dio, talvolta è il frutto di un'intuizione personale.

5. Il modello "epistolare". Il Nuovo Testamento contiene numerose lettere(epistole) provenienti dalla corrispondenza intrattenuta dagli apostoli con chiese o individui. In queste epistole il profeta formula raccomandazioni, esorta, censura, indica il comportamento da tenere. Per comprenderne correttamente il contenuto (come anche quello di altri testi) occorre risalire alle circostanze che le hanno ispirate, alla personalità dell'autore, al contesto storico in cui si muovevano i destinatari, al problema specifico che intendevano affrontare.

6. Nel modello "letterario" lo Spirito Santo spinge il profeta a esprimere leproprie emozioni e i propri sentimenti attraverso la poesia, il canto o un racconto in prosa.

Tutti questi modelli di ispirazione si ritrovano nella Bibbia e nell'opera di Ellen G. White. I tesori delle Testimonianze possono essere collocati prevalentemente nel quinto modello.

L'esposizione di Viera prosegue con alcune considerazioni interessanti sulla persona del profeta.

Un messaggero imperfetto

"Il fatto che i profeti fossero definiti uomini consacrati a Dio non significa che fossero esenti dal peccato e non ci impedisce di riconoscere le loro debolezze di esseri umani. Ogni tentativo di fare dei profeti biblici degli esseri perfetti viene smentito dalla Bibbia stessa.

Pensate al re Davide. Pur essendo profeta ha commesso gravissimi errori. Quando la sua relazione con Dio fu interrotta dal peccato, Dio mandò un altro profeta per rimproverarlo. Cfr. 2 Samuele 12:1-13. Dopo il pentimento di Davide la via di comunicazione con Dio fu riaperta ed egli fu ispirato a scrivere un magnifico salmo di confessione. Cfr. Salmi 51.

Non dobbiamo fondare la nostra fiducia nei profeti biblici sulla base della loro perfezione. E non dobbiamo farlo neppure per i profeti successivi: l'autorità profetica non deriva da una vita perfetta o un comportamento esente da errori. Ellen G. White non ha mai preteso di essere perfetta o infallibile. "Non ho mai sostenuto di essere infallibile. Soltanto Dio è infallibile. Solo la sua parola è verace e in lui non vi è cambiamento né ombra di rivolgimento". Selected Messages 1:37. Dai suoi diari e dalle sue lettere personali sappiamo che le è accaduto di essere scoraggiata, di avere dei dissensi con il marito. Varie volte ha dovuto chiedere perdono...

Quando un profeta sbaglia

Nella Bibbia, in varie occasioni, un profeta ha dovuto rivedere le proprie concezioni sbagliate. Gli apostoli credevano, in un primo tempo, che soltanto gli ebrei potessero essere salvati. Lo Spirito Santo dovette correggere questo errore per fare in modo che il Vangelo fosse diffuso in tutto il mondo: con una visione indirizzata a Pietro (cfr. Atti 10, 11) e una rivelazione speciale a Paolo (cfr. Efesini 3:3-6) illuminò gli apostoli e, grazie a loro, la chiesa.

Ritroviamo circostanze simili anche nel movimento avventista... I pionieri dell'avventismo avevano una comprensione fortemente limitata della missione a causa di un errore teologico mutuato dal movimento millerita: la dottrina della "porta chiusa", cioè la convinzione che la porta della grazia fosse inaccessibile dopo il 22 ottobre 1844. Ellen G. White fece propria questa dottrina. Lo Spirito Santo, mediante delle visioni, modificò questa idea in Ellen G. White e, per suo tramite, in tutto il movimento. -- Cfr. Selected Messages 1:63, 64.

Tutti gli autori del Nuovo Testamento erano convinti che il ritorno di Gesù fosse imminente. Pur non essendo in grado di seguire cronologicamente il modo in cui lo Spirito Santo ha modificato questa loro convinzione, sappiamo che gli apostoli, in seguito, hanno ricevuto informazioni diverse. Per esempio in 1 Tessalonicesi 4:16, 17, Paolo dà l'impressione di aspettarsi che il ritorno del Signore debba avvenire durante la sua vita. In seguito deve aver ricevuto altre indicazioni per cui nella sua seconda lettera avverte la chiesa di non aspettare il ritorno di Gesù come se fosse imminente. Cfr. 2 Tessalonicesi.

Giovanni era convinto di vivere "nell'ultima ora". Cfr. 1 Giovanni 2:18. Nelle visioni successive gli fu rivelato che le cose non stavano proprio come egli pensava, annunciò alla chiesa che diversi eventi -- compresa una dura persecuzione -- avrebbero preceduto la venuta del Signore. L'Apocalisse è indubbiamente la risposta dello Spirito alle numerose domande che l'amato discepolo si poneva.

Tutti i credenti del movimento avventista, Ellen G. White inclusa, erano persuasi che il ritorno di Gesù fosse imminente. Non dobbiamo sentirci in difficoltà di fronte all'espressione delle sue aspettative perché sono le stesse di Paolo, Pietro e Giovanni. Ancora una volta lo Spirito Santo ha dovuto correggere alcune idee e fornire informazioni supplementari per guidare la chiesa nella direzione giusta. Durante un incontro avvenuto nel 1856, Ellen G. White ricevette l'indicazione che alcuni fra i presenti avrebbero vissuto fino alla venuta di Gesù. Cfr. Testimonies for the Church 1:131, 132. Successivamente, durante la lunga visione sul grande conflitto fra il bene e il male, il Signore le mostrò quale fosse il percorso che la chiesa aveva ancora davanti a sé. Le fu anche rivelato che "dovremo rimanere in questo mondo per molti anni ancora per la nostra disubbidienza". -- Evangelism, 696.

L'uso di un linguaggio imperfetto

Gli Avventisti del 7° Giorno non credono nell'ispirazione verbale (l'idea che Dio detti le parole esatte nelle quali il profeta si esprime). A parte i dieci comandamenti, tutti gli scritti ispirati sono il risultato della cooperazione dello Spirito Santo, che ispira il profeta con una visione, un'intuizione, un consiglio o un giudizio con il profeta stesso che usa parole, frasi, immagini o espressioni utili a trasmettere il più fedelmente possibile il messaggio di Dio.

Dio lascia al profeta la libertà di scegliere il tipo di linguaggio con cui intende comunicare. Questo spiega le differenze di stile fra gli autori della Bibbia e il motivo per cui Ellen G. White descrive il linguaggio usato dagli scrittori ispirati come "imperfetto" e "umano". Siccome "tutto ciò che è umano è imperfetto" (Selected Messages 1:20, 21), dobbiamo accettare l'idea che nella Bibbia e nelle opere di Ellen G. White vi siano imperfezioni ed errori.

Questo significa due cose:

1. Il profeta si esprime nella lingua di tutti i giorni, imparata nell'infanzia e perfezionata grazie a studi, letture e viaggi. Non c'è niente di soprannaturale nelle parole usate per trasmettere il messaggio.

2. Il profeta può commettere errori ortografici o grammaticali e cadere anche in altre forme di imperfezioni linguistiche come il lapsus linguae (un errore di pronuncia) o il lapsus memoriae (un errore di memoria) che possono e devono essere corretti da un redattore che prepara il testo in vista della pubblicazione. Il redattore in questo caso non corregge il messaggio ispirato ma il linguaggio, che non è ispirato.

Troviamo un lapsus linguae nel vangelo di Matteo quando menziona Geremia pensando a Zaccaria in merito all'episodio delle trenta monete d'argento. Cfr. Matteo 27:9, 10; Zaccaria 11:12, 13; Geremia 32:6-9. Per chi crede nella ispirazione verbale questo errore crea un grosso problema.

Ritroviamo lo stesso errore in Ellen G. White quando cita un brano di Paolo attribuendolo a Pietro: "L'apostolo Pietro dice: 'L'amore di Cristo ci costringe'. Ecco perché questo discepolo così zelante sente il desiderio di impegnarsi nella difficile opera di proclamazione del messaggio del Vangelo". -- The Review and Herald, 30 ottobre 1913; cfr. l'affermazione di Paolo in 2 Corinzi 5:14.

Fortunatamente nella Bibbia e nella storia del movimento avventista abbiamo prove sufficienti a farci capire che lo Spirito Santo corregge gli errori dei suoi messaggeri quando riguardano questioni importanti per la chiesa.

Il Signore ci sorprende per le sue scelte, talvolta strane... Dobbiamo essergli grati perché non ha scelto di trasmettere il suo messaggio con un linguaggio "sovrumano" accessibile solo a pochi, ma lo ha affidato al nostro modo limitato e imperfetto di vedere e capire la realtà.

Nell'accettare questa scelta dobbiamo essere molto cauti per non confondere il contenitore con il contenuto. Rischieremmo di scartare il "tesoro" solo perché il "mezzo" è imperfetto e qualche volta indegno".21

Sfatare alcuni stereotipi

Un altro autore, Steve Daily, in un capitolo dello studio Adventism for a New Generation, fa un ottimo esame della funzione profetica. In alcuni punti riprende quanto già detto da Viera. Tuttavia il suo lavoro è utile a inquadrare nella giusta dimensione la figura e la funzione di Ellen G. White.

"In quanto giovane avventista ho sempre pensato che un profeta dovesse avere delle visioni, parlare con autorità infallibile, vivere una vita moralmente irreprensibile, essere in grado di preannunciare con precisione eventi che sarebbero accaduti nel futuro. Non si trattava di una convinzione personale: la maggioranza dei miei coetanei a scuola e in chiesa condivideva questa opinione.

In realtà, però, essa non corrisponde all'insegnamento biblico.

Non tutti i profeti hanno delle visioni

Alcuni tra i profeti più importanti della Bibbia corrispondono a questa descrizione: Daniele, Ezechiele, Giovanni l'apostolo erano dei veggenti. Altri però come Mosè o Giovanni Battista non lo sono stati. Ma vi è di più. Spesso coloro che hanno ricevuto delle visioni non le hanno capite. In Numeri 12:6-8 le visioni sono definite come "enigmi", messaggi che mancano di "chiarezza", una forma di rivelazione inferiore a quella mediante la quale Dio comunicava con Mosè.

Questa definizione di Numeri e quella di Ebrei 1:1-3 implicano una gerarchia nella rivelazione profetica e nell'autorevolezza degli scritti profetici. Le visioni dei profeti sono soggette alla rivelazione di Dio a Mosè e vanno interpretate alla luce di questo documento, ma Mosè e tutti gli altri profeti sono soggetti alla perfetta rivelazione di Dio in Gesù, il profeta di Dio per eccellenza, e vanno interpretate facendovi riferimento.

I profeti non sono infallibili

È un altro mito popolare biblicamente non sostenibile. Quando Dio comunica una verità a un essere umano imperfetto mediante visioni, sogni, illuminazioni o con la parola, la comprensione che ne ha il profeta rimane incompleta o imperfetta. Dio scelse Giovanni Battista per annunciare la venuta del Messia, ma la comprensione che aveva della missione profetica del Cristo era così incompleta e lacunosa da costringerlo a dubitare dell'identificazione che egli stesso aveva compiuto nella persona di Gesù di Nazaret.

Pietro ricevette una visione nella quale Dio lo invitava a infrangere il muro dei pregiudizi religiosi e razziali del suo tempo, ma inizialmente non la comprese e ne diede un'interpretazione errata. Comunque i fatti di cui siamo a conoscenza circa il suo comportamento in proposito dimostrano che non ne capì in pieno tutte le implicazioni.

Ritroviamo errori simili anche nell'esperienza profetica di Agabo. L'infallibilità della Sacra Scrittura deriva solo e soltanto dal suo interprete più autorevole, Gesù Cristo. Egli è il solo profeta infallibile.

I profeti non sono moralmente irreprensibili

Molti cristiani danno per scontato che, per comunicare con l'uomo, Dio usi i canali umani più puri che ha a disposizione. Tuttavia bisogna ricordare che le vie di Dio non sono le nostre vie. I profeti nella Bibbia non si ritengono moralmente superiori agli altri e vi sono alcuni esempi specifici in cui Dio ha affidato la verità a individui o creature immorali o amorali.

L'esempio più evidente è quello di Balaam. Dio si è servito di un profeta apostata, che si era lasciato corrompere dal nemico. Non solo, ha parlato per bocca di un'asina!

L'orgoglio spirituale di Elia lo ha indotto a pensare di essere l'ultimo uomo giusto rimasto sulla terra e Davide, uno dei canali più fecondi della rivelazione di Dio, ha vissuto un'esistenza segnata dalla decadenza morale. Come tutti noi, anche i profeti sono peccatori profondamente bisognosi della grazia di Dio.

Non tutti i profeti predicono il futuro

Benché vi siano alcuni profeti, in particolare quelli che hanno ricevuto delle visioni, che hanno annunciato eventi futuri, ancora una volta nella Bibbia questa prerogativa non è un requisito indispensabile per definire un profeta. La maggior parte dei profeti biblici sembra preoccuparsi maggiormente del presente che del futuro. Essi preconizzano quasi sempre una riforma, incoraggiando il pentimento, la giustizia sociale e il ripristino dell'alleanza con Dio, piuttosto che formulare previsioni.

L'obiettivo della profezia è il rafforzamento della fede e non la formulazione di un oroscopo. Cfr. Giovanni 14:29. E benché il profeta che annuncia il futuro debba essere veritiero nelle sue affermazioni (cfr. Deuteronomio 18:22), questa esigenza deve sempre essere recepita tenendo conto del fatto che ogni predizione è condizionale. Cfr. Geremia 18:7-10.

Le caratteristiche del profeta biblico

Se le caratteristiche elencate sopra non rientrano necessariamente fra le qualità di un profeta biblico, sorge spontanea la domanda: che cos'è un profeta secondo la Bibbia? Abraham Heschel, che ha studiato i caratteri peculiari dei profeti biblici più di ogni altro nella storia, descrive una serie di elementi comuni a tutti i profeti biblici.

Trasmette il messaggio di Dio

I profeti biblici si considerano gli umili strumenti di Dio. Non ritengono di possedere il messaggio. Essi parlano quando Dio li convince tramite visioni, sogni, dialogo diretto o illuminazione. Il messaggio non li accredita presso la società e non ne traggono alcun beneficio personale in termini di reputazione o discepolato. Spesso sono titubanti e preferirebbero sottrarsi alla missione di trasmettere ciò che hanno recepito da Dio, ma la volontà di Dio è al centro delle loro azioni e preoccupazioni.

È sensibile al peccato

Nella Bibbia i profeti sembrano essere dotati di una coscienza che vibra un'ottava sopra a quella del resto dell'umanità. Non solo riconoscono tempestivamente il proprio peccato, ma diventano anche la coscienza della comunità a cui appartengono. Quando lo hanno individuato essi denunciano con coraggio qualsiasi peccato individuale e collettivo.

Va controcorrente

I profeti si esprimono e si comportano seguendo parametri che la società considera marginali e controcorrente. Osea sposa una prostituta, Ezechiele rifiuta di indossare il lutto per la morte della moglie (cfr. Ezechiele 24:15-18), Geremia rompe un prezioso recipiente di ceramica dal vasaio (cfr. Geremia 19:10) e Isaia va in giro nudo per tre anni. Cfr. Isaia 20:3. Si vestono spesso in modo insolito, vivono in luoghi desolati e si nutrono di cibi speciali. Nella loro vita sembrano alternarsi momenti di grande successo e di profondo isolamento, sofferenza e miseria, come Elia al Carmelo e nella grotta della disperazione.

È radicale

A parte Daniele, i profeti non sono disposti ad accettare lo status quo. Sono fautori del cambiamento. Dio li chiama a proclamare un messaggio di avvertimento, liberazione, giustizia, pentimento o riforma. Rimettono in discussione anche le tradizioni più sacre dei loro contemporanei, pagando il prezzo della loro audacia in termini di persecuzioni e rigetto. Non tollerano una religione sterile, fatta solo di riti e formalismo. Quando è necessario sono capaci di opporsi al potere politico e religioso per difendere il povero e l'oppresso, come Nathan ed Elia.

Dimostra un amore disposto al sacrificio

I profeti amano la comunità in cui esercitano il loro ministero con un amore leale e costante. Benché siano spesso oggetto di scherno, persecuzioni ed emarginazione per il messaggio di cui sono portatori, essi continuano a svolgere la propria vocazione fino a raggiungere lo scopo prefissato o subire il martirio. A volte possono respingere il mandato che Dio vuole affidare loro, come Giona, ma la maggioranza dimostra una fede caratterizzata dall'amore e dalla perseveranza...

Gesù, il profeta per eccellenza

Gli attributi di cui abbiamo parlato sopra identificano i profeti biblici. Ci sembra quindi logico pensare che siano applicabili anche ai profeti post-biblici. Gli avventisti che riconoscono in Ellen G. White un profeta, saranno anche disposti ad accettare il ministero profetico di Giovanna d'Arco, Martin Lutero, John Wesley, Martin Luther King, Desmond Tutu, ecc... Queste persone non solo hanno rivolto ai loro contemporanei un invito radicale al pentimento e alla giustizia, ma hanno indicato in Gesù Cristo l'unica fonte perfetta di verità per l'umanità.

Gesù è il profeta per eccellenza, l'unico perfetto nella storia. Le Sacre Scritture devono la loro autorità al Cristo, non ad autori umani fallibili. Gesù non fornisce solo la corretta interpretazione dell'Antico Testamento, ma è la fonte principale del Nuovo Testamento. Le visioni e i sogni di cui Dio si è servito per comunicare con i profeti non sono mai stati pienamente compresi e trasmessi da questi messaggeri umani. Cfr. Numeri 12:6-8. La Scrittura parla della profezia in termini di "enigmi" in quanto essa non ha la chiarezza o l'autorità della parola diretta di Dio.

Gesù Cristo, il profeta senza difetti, è l'autorivelazione di Dio, la parola ultima e definitiva che Dio ha rivolto agli uomini, in contrasto con la trasmissione imperfetta della rivelazione compiuta dai profeti umani. Cfr. 1 Giovanni 1:1-4. Il ministero del Cristo è superiore e trascende il messaggio di tutti gli altri profeti in tutti i sensi. Cfr. Ebrei 1:1-3. Perciò una chiesa o un gruppo di cristiani diventa colpevole di idolatria quando conferisce a un profeta il diritto di esercitare, sulla propria vita, un'autorità uguale, superiore o in contrasto a quella del Cristo.

Non è quindi difficile capire perché la Bibbia sottolinei il fatto che la testimonianza di Gesù equivale allo spirito di profezia. Cfr. Apocalisse 19:10. Lo spirito profetico dell'Antico Testamento trova il proprio compimento nel ministero di Gesù Cristo. Il vero spirito profetico vive nella chiesa di Dio perché procede dal Cristo e ricorda all'umanità i principi che egli ha vissuto e insegnato. Gesù mise in guardia contro il proliferare di falsi profeti. Ecco perché è importante mettere alla prova coloro che pretendono di avere un dono profetico, come qualsiasi altro dono, verificando se è in armonia con l'insegnamento e la vita di Gesù".22 Le Edizioni ADV.