I tesori delle testimionianze 1

Capitolo 73

Decime e offerte

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La missione della chiesa del Cristo è salvare i peccatori, far conoscere l'amore di Dio agli uomini e condurli al Cristo grazie alla potenza di questo amore. Il messaggio della verità per la nostra epoca deve essere trasmesso anche negli angoli più bui della terra; quest'opera può cominciare nel nostro paese. I discepoli di Gesù non devono vivere una vita caratterizzata dall'egoismo: essi, grazie al suo Spirito, devono lavorare in armonia con le sue direttive.

La freddezza e l'incredulità del nostro tempo sono provocate dall'amore per il mondo e dalle preoccupazioni della vita che separano il nostro spirito da Dio. L'acqua della vita dev'essere in noi e diventare una fonte che continuerà a sgorgare fino all'eternità. Dobbiamo rivelare ciò che Dio ha realizzato dentro di noi. Se il cristiano vuole godere della luce della vita, deve impegnarsi per condurre altri alla conoscenza della verità. La sua vita deve essere caratterizzata da una attività intensa e da sacrifici in favore del prossimo. Allora le persone non si lamenteranno più per la tristezza dell'esistenza.

Gli angeli sono sempre impegnati per la felicità degli altri. Questa è la fonte della loro gioia. Quello che uomini egoisti potrebbero considerare un servizio umiliante, perché si tratta di aiutare esseri miserabili e inferiori, sia per carattere sia per posizione sociale, è un'opera che viene svolta da angeli puri e irreprensibili. Lo spirito dell'amore altruistico del Cristo è lo spirito che caratterizza il cielo e costituisce la vera essenza delle gioie celesti.

Coloro che non provano nessun piacere particolare nel cercare di essere una benedizione per gli altri, nel lavorare, anche a costo di sacrifici, in vista del loro bene, non possono avere né lo spirito del Cristo né lo spirito del cielo perché essi dimostrano di non essere in sintonia con l'opera degli angeli e quindi non possono beneficiare di quella benedizione che infonde nell'animo una profonda gioia. Il Cristo disse: "Io vi dico che così vi sarà in cielo più allegrezza per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti i quali non han bisogno di ravvedimento". Luca 15:7. Se gli angeli gioiscono vedendo i peccatori pentirsi, quale gioia proveranno i peccatori salvati dal sacrificio del Cristo nel vedere, grazie a loro, altri peccatori pentirsi e rivolgersi a Gesù? Lavorando in sintonia con il Cristo e con gli angeli proveremo una gioia che non può essere sperimentata in nessun'altra occasione.

Se comprendiamo l'importanza dell'opera del Cristo sulla croce, capiremo anche il dovere assoluto di rinunciare a noi stessi per comunicare ad altri il suo messaggio e offrire una parte dei nostri beni per la proclamazione del messaggio del Vangelo. Se siamo in contatto con il cielo saremo impegnati con gli angeli in un'opera comune.

L'obiettivo di coloro che sono legati alle realtà terrene è quello di accumulare il più possibile le ricchezze effimere di questa vita. L'amore per il denaro è il principio fondamentale della loro esistenza. Ma la vera gioia non scaturisce dalle ricchezze, dall'avidità, ma dalla capacità di accontentarsi, da quell'amore che porta alla rinuncia. Migliaia di persone trascorrono la loro vita cercando di soddisfare le proprie passioni mentre il loro cuore è colmo di preoccupazioni. Sono vittime dell'egoismo e scontente degli sforzi inutili che hanno fatto per soddisfare i propri desideri. Sui loro volti si legge l'infelicità e interiormente sono vuote, incapaci di realizzare qualcosa di positivo.

Nella misura in cui l'amore del Cristo riempie il nostro cuore e guida la nostra vita, supereremo l'avidità, l'egoismo, l'amore per le comodità e proveremo una grande gioia nel compiere la volontà del Cristo, di cui affermiamo di essere i discepoli. La nostra felicità sarà, allora, proporzionata alle nostre opere disinteressate ispirate dall'amore del Figlio di Dio.

La sapienza divina ha stabilito, nel piano della salvezza, la legge della causa e dell'effetto che implica una doppia benedizione per l'opera di assistenza in tutte le sue ramificazioni. Colui che offre ai disagiati è una benedizione per loro ed egli stesso è benedetto in misura ancora più grande. Dio avrebbe potuto realizzare il piano della salvezza senza l'aiuto dell'uomo, ma sapeva che essi non avrebbero potuto essere felici senza partecipare a questa grande opera. Essa li avrebbe portati a sviluppare spirito di sacrificio e amore per il prossimo.

Affinché l'uomo potesse godere delle benedizioni che derivano dalla generosità, il nostro Redentore elaborò un piano che prevedeva la cooperazione degli uomini come suoi collaboratori. Per una serie di circostanze che rendono possibili iniziative in favore del prossimo, egli concede all'uomo i mezzi migliori per sviluppare le attività di beneficenza, per abituarlo ad aiutare coloro che sono in difficoltà e per continuare la sua opera. Egli considera i poveri come suoi rappresentanti. Attraverso le necessità del povero, un mondo in rovina ci chiede quei mezzi e quell'influsso necessari alla presentazione della verità di cui gli uomini hanno un estremo bisogno. Quando rispondiamo a questi inviti, tramite il nostro lavoro e la nostra generosità in favore degli altri, diventiamo simili a colui che per amor nostro è diventato povero. Donando, siamo una benedizione per gli altri ed entriamo in possesso delle vere ricchezze.

I beni terreni e i tesori celesti

Nella chiesa manca la carità cristiana. Coloro che potevano, per le loro qualità, contribuire nel modo migliore allo sviluppo dell'opera di Dio non si sono impegnati veramente. Dio, nella sua misericordia, ha comunicato la conoscenza della verità a un certo gruppo di persone affinché potessero apprezzarne il valore infinito rispetto alle ricchezze terrene. Gesù ha detto loro: "Seguitemi!"; egli li mette alla prova invitandoli alla cena che ha preparato. Egli li osserva per individuare il loro carattere e verificare se daranno un valore maggiore ai loro interessi o alle ricchezze eterne. Molti di questi cari fratelli imitano coloro che si scusarono nella parabola:

"...Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e all'ora della cena, mandò il suo servitore a dire agl'invitati: Venite, perché tutto è già pronto. E tutti, ad una voce, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: Ho comprato un campo e ho necessità d'andarlo a vedere; ti prego, abbimi per iscusato. E un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi, e vado a provarli; ti prego, abbimi per iscusato. E un altro disse: Ho preso moglie, e perciò non posso venire. E il servitore, tornato, riferì queste cose al suo signore. Allora il padron di casa, adiratosi, disse al suo servitore: Va' presto per le piazze e per le vie della città, e mena qua i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi". Luca 14:16-21.

Questa parabola rappresenta esattamente la condizione di molti che professano di credere nella verità. Il Signore li ha invitati a partecipare alla cena preparata per loro, ma gli interessi terreni sembrano molto più importanti delle ricchezze celesti. Essi sono invitati a condividere quei beni che hanno un valore eterno, ma le loro fattorie, il loro bestiame, le responsabilità familiari appaiono loro molto più importanti dell'ubbidienza all'invito di Dio e trovano dei pretesti per non rispondere positivamente all'appello divino: "Venite, tutto è pronto". Questi fratelli imitano ciecamente l'esempio di coloro che sono rappresentati nella parabola. Considerando i beni terreni, dicono: "No, Signore, non posso seguirti: ti prego, scusami!"

Le benedizioni che Dio ha concesso a questi uomini per metterli alla prova e vedere se restituiranno "a Dio ciò che è di Dio" vengono utilizzate come una scusa per sottrarsi alle esigenze della verità. Sono così attaccati ai loro beni terreni che dicono: "Io devo occuparmi di queste cose; non posso trascurare gli affari terreni: tutto questo mi appartiene!" Il loro cuore diventa insensibile e duro. Essi chiudono la porta del loro cuore al messaggero celeste che ripete: "Venite: tutto è pronto!" e la spalancano invece alle loro preoccupazioni terrene, ai loro affari, lasciando che Gesù, desideroso di entrare, bussi inutilmente.

Il giogo schiacciante dell'egoismo

Il loro cuore è talmente sopraffatto da problemi e sollecitazioni terreni che le realtà celesti non vengono prese in considerazione. Gesù invita coloro che sono stanchi e oppressi e promette loro riposo, se si rivolgeranno a lui. Egli li invita a prendere il suo giogo, che è dolce, e il suo carico, che è leggero, al posto dell'egoismo e dell'avidità che rendono gli uomini schiavi di Mammona. Ecco l'invito: "Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perch'io son mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre". Matteo 11:29. Gesù vorrebbe che essi deponessero i pesanti fardelli delle preoccupazioni e delle ansietà per prendere il suo giogo che è rinuncia e sacrificio in favore degli altri. Questo giogo risulterà leggero. Coloro che rifiutano di accettare quel sollievo che il Cristo offre e continuano a trascinare l'opprimente giogo dell'egoismo, aggravando il proprio spirito con progetti elaborati per accumulare denaro in vista di obiettivi personali, non hanno conosciuto la pace e il riposo che si provano quando si accetta il dolce giogo del Cristo e il leggero fardello della rinuncia e dell'amore disinteressato che egli ha portato per loro.

Quando l'amore per il mondo s'impadronisce del cuore e diventa una passione dominante non c'è più spazio per l'adorazione di Dio in quanto le più elevate facoltà della mente risultano sottomesse alla schiavitù di Mammona e non possono più percepire le realtà spirituali. Lo spirito, allora, dimentica Dio e diventa insensibile, preoccupato soltanto dal desiderio di accumulare denaro.

Questi uomini, a causa del loro egoismo e del loro amore per il mondo, si rendono conto sempre meno della grande importanza dell'opera da compiere in questi ultimi tempi. Essi non hanno sviluppato la loro mente in vista del servizio di Dio e, quindi, non hanno nessuna esperienza in questo senso. I loro beni hanno assorbito ogni affetto ed eclissato la grandezza del piano della salvezza. Mentre si preoccupano di ampliare sempre più i loro progetti terreni, non comprendono la necessità di estendere l'opera di Dio. Investono i loro beni negli affari e non in quelle realtà che hanno un valore eterno. Essi desiderano sempre maggiori ricchezze. Dio ha affidato loro la sua legge affinché trasmettano ad altri la loro conoscenza. Ma essi si sono creati preoccupazioni e problemi tali che non hanno più il tempo di esercitare un influsso positivo su coloro che li circondano, di conversare con i loro vicini, di pregare con loro e per loro, cercando di condurli alla conoscenza della verità.

Questi uomini sono responsabili del bene che potrebbero fare e che non fanno, con la scusa di non poterlo compiere a causa delle preoccupazioni che offuscano la loro mente e assorbono i loro affetti. Coloro per cui il Cristo è morto potrebbero essere salvati grazie al loro impegno e al loro esempio, in realtà sono stati privati della conoscenza che Dio aveva affidato agli uomini affinché la diffondessero intorno a loro. Questa luce è stata messa sotto il moggio e così non illumina coloro che sono in casa.

La parabola dei talenti

Ogni uomo è un amministratore di Dio. Il Signore ha affidato a tutti dei beni, ma l'uomo pretende di esserne il proprietario. Il Cristo dice: "...Trafficate finch'io venga". Luca 19:13. Verrà il giorno in cui il Maestro esigerà ciò che gli appartiene con l'interesse. Egli dirà a ciascuno dei suoi amministratori: "...Rendi conto della tua amministrazione..." Luca 16:2. Chi avrà nascosto e seppellito il denaro del Signore, invece di farlo fruttare, chi l'avrà sprecato per cose non necessarie, invece di investirlo nella sua opera, non riceverà l'approvazione ma la condanna. Il cattivo servitore della parabola, restituendo il talento ricevuto, disse: "...Signore, io sapevo che tu sei uomo duro, che mieti dove non hai seminato, e raccogli dove non hai sparso; ebbi paura, e andai a nascondere il tuo talento sotterra; eccoti il tuo. E il suo padrone, rispondendo, gli disse: Servo malvagio ed infingardo, tu sapevi ch'io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio danaro dai banchieri; e al mio ritorno, avrei ritirato il mio con interesse". Matteo 25:24-27.

Questo servo incapace non ignorava affatto i piani di Dio, ma aveva deciso di contrastarli, accusandolo di crudeltà perché chiedeva il frutto del talento affidatogli. Queste lamentele e queste critiche vengono fatte da una vasta categoria di uomini ricchi che dicono di credere nella verità. Simili al servo infedele, essi temono che venga loro chiesto, per lo sviluppo dell'opera di Dio, il frutto del talento ricevuto, e quindi si affrettano a nasconderlo, a seppellirlo, utilizzandolo per scopi esclusivamente temporali; in questo modo, in breve tempo, non hanno più nulla, o quasi nulla, per l'opera di Dio. Essi hanno sotterrato il loro talento, temendo che Dio richiedesse loro una parte dell'interesse. Quando, su richiesta del Signore, essi riconsegnano quanto era stato loro affidato, presentano delle scuse per non aver fatto fruttare i beni ricevuti da Dio e non averli investiti per lo sviluppo della sua opera.

Chi dissipa i beni che appartengono al Signore, non solo perde il talento avuto in prestito da Dio, ma perde anche la vita eterna. "E quel servitore disutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Ivi sarà il pianto e lo stridor dei denti". Matteo 25:30. Il servitore fedele, che investe il denaro nell'opera in vista della salvezza degli uomini, utilizza i suoi beni alla gloria di Dio e riceverà l'elogio del suo Signore: "...Va bene, buono e fedel servitore... entra nella gioia del tuo Signore". Matteo 25:21. Quale sarà questa gioia? Sarà la gioia di vedere degli uomini salvati nel regno di Dio. Gesù "...per la gioia che gli era posta dinanzi sopportò la croce sprezzando il vituperio, e s'è posto a sedere alla destra del trono di Dio". Ebrei 12:2.

Questa idea del servizio dovrebbe avere una ripercussione concreta sull'intero popolo di Dio. La parabola dei talenti, se ben compresa, eliminerà l'avidità che Dio definisce idolatria. La generosità assicurerà una vita spirituale a migliaia di persone che credono di vivere nella verità ma che, in realtà, gemono ancora nell'ignoranza. Essa li trasformerà e li condurrà dall'egoismo e dall'adorazione di Mammona al Cristo, per farne dei collaboratori fedeli nell'opera della salvezza.

Rinuncia e sacrificio

Il piano della salvezza si basa sul sacrificio. Gesù lasciò il cielo e accettò la povertà affinché noi potessimo diventare ricchi. Tutti coloro che accettano questa salvezza, che è stata acquisita tramite il sacrificio infinito del Figlio di Dio, seguiranno l'esempio divino. Il Cristo è la pietra angolare e noi dobbiamo costruire su questo fondamento. Ogni cristiano deve avere uno spirito di rinuncia e di sacrificio. La vita del Cristo sulla terra è stata esente da ogni forma di egoismo e caratterizzata dall'umiliazione e dal sacrificio. Gli uomini che accettano la salvezza che Gesù ha assicurato loro lasciando il cielo, rifiuteranno di seguire il Signore e di condividere le stesse rinunce e gli stessi sacrifici? Il Cristo dice: "Io son la vite, voi siete i tralci..." (Giovanni 15:5); Dio "...toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo rimonda affinché ne dia di più". Giovanni 15:2. Il principio vitale, la linfa che fluisce attraverso la vite, nutre i tralci affinché essi possano fiorire e portare frutto. Il servo è maggiore del suo Signore? Il Redentore del mondo si sacrifica per noi mentre i membri del corpo di Cristo soddisfano i propri desideri? La rinuncia a se stessi è la condizione fondamentale del discepolato.

"Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua". Matteo 16:24. Io apro la via lungo il sentiero della rinuncia. Non vi chiedo altro, se non quello che io, vostro Signore, vi ho insegnato con l'esempio della mia vita.

Il Salvatore del mondo vinse Satana nel deserto della tentazione. Egli vinse per insegnare all'uomo come si vince. Nella sinagoga di Nazareth Gesù annunciò: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir liberazione a' prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a predicare l'anno accettevole del Signore". Luca 4:18, 19.

La grande opera che Gesù ha iniziato sulla terra è stata affidata ai suoi discepoli affinché la continuassero. Il Cristo, come nostro Capo, guida quest'opera di salvezza e ci esorta a seguire il suo esempio. Egli ci ha affidato un messaggio da diffondere al mondo. Questa verità deve essere trasmessa a ogni nazione, tribù, lingua e popolo. La potenza di Satana doveva essere contestata e vinta sia dal Cristo sia dai suoi discepoli. Un'intensa lotta doveva essere sostenuta contro le potenze delle tenebre. Per il successo dell'impresa sono necessari dei mezzi. Dio non ha intenzione di inviarceli direttamente dal cielo, ma affida ai suoi discepoli i beni necessari per realizzare questo obiettivo.

Il sistema della decima

Dio ha rivelato al suo popolo un piano che permette di raccogliere i fondi necessari per realizzare l'autonomia finanziaria. Il piano divino basato sulla decima è straordinario per la sua semplicità ed equità. Tutti lo possono attuare con fede e con coraggio perché è stato concepito da Dio. Essendo semplice, e di estrema utilità, non richiede affatto vaste conoscenze per comprenderlo e realizzarlo. Tutti possono facilmente capire come contribuire al successo dello straordinario piano della salvezza. Ogni uomo, donna o giovane può diventare amministratore del Signore. L'apostolo Paolo dice: "Ogni primo giorno della settimana ciascun di voi metta da parte a casa quel che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci sian più collette da fare". 1 Corinzi 16:2.

Questo metodo permette di raggiungere importanti obiettivi. Se tutti lo accettassimo, ognuno potrebbe diventare un attento e fedele amministratore del Signore; in questo modo non ci sarebbero problemi finanziari nella grande opera di proclamazione del messaggio di avvertimento in tutto il mondo. Se ogni membro di chiesa adottasse questo sistema non mancherebbero i fondi e nessuno sarebbe in miseria. Investendo i nostri beni ci sentiremmo più coinvolti nella proclamazione di questo messaggio. Così accumuleremo "...un tesoro ben fondato per l'avvenire, a fin di conseguire la vera vita". 1 Timoteo 6:19.

Nella misura in cui gli amministratori fedeli e perseveranti vedranno che la loro generosità alimenta il loro amore nei confronti di Dio e del prossimo e che il loro impegno contribuisce ad estendere il loro influsso, si renderanno conto che essere collaboratori del Cristo è una grande benedizione. I cristiani, in genere, rifiutano di soddisfare le richieste di Dio che li invita a offrire una parte dei loro beni per sostenere la lotta contro le tenebre morali che invadono il mondo. L'opera di Dio non potrà mai progredire veramente come dovrebbe fino a quando i discepoli del Cristo non diventeranno collaboratori attivi e fedeli.

Ogni membro di chiesa deve capire che la verità in cui crede è una realtà e diffondere questo messaggio in modo disinteressato. Alcuni uomini ricchi mormorano perché l'opera del Signore si estende e quindi c'è bisogno di altri fondi. Essi dicono che le richieste e le necessità si moltiplicano. A queste persone vorremmo dire che auspichiamo uno sviluppo dell'opera di Dio che preveda sempre nuove occasioni e quindi richieste di fondi, più frequenti e urgenti, per proseguire le attività iniziate.

Se il piano dell'economato cristiano" fosse stato adottato da tutti e venisse pienamente realizzato vi sarebbe sempre denaro sufficiente. Le rendite affluirebbero costantemente grazie alla generosità di ognuno. Le offerte fanno parte della religione del Vangelo. Se consideriamo il prezzo infinito pagato per la nostra redenzione, comprendiamo la necessità urgente di consacrare il nostro denaro e tutte le nostre facoltà all'opera del Signore.

Un giorno dovremo saldare il nostro conto con il Signore. Egli ci dirà: "...Rendi conto della tua amministrazione..." Luca 16:2. Se gli uomini preferiscono non ascoltare gli appelli divini e trattenere egoisticamente ciò che Dio ha affidato loro, egli continuerà a metterli alla prova, accordando sempre le sue benedizioni. Essi godranno del favore di coloro che li circondano e non saranno biasimati dalla chiesa. Ma verrà il momento in cui egli dirà loro: "Rendete conto della vostra amministrazione". Il Cristo, allora, aggiungerà: "...In verità vi dico che in quanto non l'avete fatto ad uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me". Matteo 25:45. Voi "...non appartenete a voi stessi? Poiché foste comprati a prezzo..." (1 Corinzi 6:19, 20) e dovete quindi glorificare Dio con i vostri beni, come lo glorificate, con il vostro corpo e con il vostro spirito che appartengono al Signore. Voi "foste comprati a prezzo" non "...con cose corruttibili, con argento o con oro... ma col prezioso sangue di Cristo". 1 Pietro 1:18, 19. Egli chiede la restituzione di quei doni che ci ha affidati per contribuire alla salvezza degli uomini. Egli che ha dato il suo sangue reclama la vostra generosità. Grazie alla sua povertà siamo diventati ricchi, rifiuteremo di restituirgli ciò che ci ha affidato?

Collaboratori di Dio

Dio, per il sostegno della sua opera, non dipende dall'uomo. Egli avrebbe potuto inviare direttamente dal cielo i mezzi necessari per alimentare il suo tesoro, qualora la sua provvidenza avesse ritenuto che questa fosse la cosa migliore per l'uomo. Egli avrebbe anche potuto incaricare gli angeli di proclamare la verità al mondo, senza la collaborazione dell'uomo; avrebbe potuto scrivere la verità nei cieli e lasciare ad essi il compito di dichiarare al mondo, a vividi caratteri, la sua volontà. Dio non ha bisogno né del nostro oro né del nostro argento. Ecco cosa dice: "...mie son tutte le bestie della foresta, mio è il bestiame ch'è per i monti a migliaia... Se avessi fame, non te lo direi, perché il mondo, con tutto quel che contiene, è mio". Salmi 50:10, 12. Qualunque sia il nostro ruolo per lo sviluppo dell'opera di Dio è una grazia che il Signore ci ha fatto. Egli ha voluto onorarci scegliendoci come suoi collaboratori e ha voluto che esistesse questa cooperazione umana perché fosse mantenuto sempre vivo e attivo in noi lo spirito della generosità.

Dio, nella sua saggezza, ha sempre permesso che ci fossero dei poveri fra noi affinché, vedendo le diverse forme della miseria e della sofferenza che esistono nel mondo, potessimo essere messi alla prova e avere la possibilità di sviluppare un carattere cristiano, manifestando la simpatia e l'amore fraterno.

I peccatori, che "periscono per mancanza di conoscenza", rimarranno nell'ignoranza fino a quando gli uomini non trasmetteranno loro la verità. Dio non invierà degli angeli dal cielo a compiere l'opera che ci ha affidato perché vuol metterci alla prova e offrirci l'opportunità di manifestare il nostro vero carattere. Il Cristo considera i poveri che sono in mezzo a noi come suoi rappresentanti. "Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere". Matteo 25:42. Il Cristo si immedesima nell'umanità sofferente tramite i più miserabili figli degli uomini. Egli si accolla le loro necessità e condivide le loro afflizioni.

Il declino dei principi morali della nostra società sollecita l'attenzione dei cristiani e richiede uno sforzo individuale: è necessario contribuire al piano della salvezza impegnando i propri beni ed esercitando il proprio influsso per riflettere l'immagine di colui che si è fatto povero per salvarci, pur possedendo ricchezze infinite. Lo Spirito di Dio non è presente in coloro che annunciano il messaggio della verità contenuto nella sua Parola se non mostrano il loro senso del dovere come collaboratori del Cristo. L'apostolo sottolinea che è necessario qualcosa di più di una semplice simpatia umana frutto della compassione. Egli insiste sul principio di un impegno disinteressato che miri unicamente alla gloria di Dio.

I cristiani sono invitati a manifestare la loro generosità per diventare sensibili nei confronti dei loro simili. La legge morale prevedeva l'osservanza del sabato che non rappresentava un peso fino a quando questo comandamento veniva trasgredito e ne derivavano conseguenze previste dalla legge stessa. Il sistema della decima non era un peso per coloro che erano fedeli. Questa regola, data agli ebrei, non era mai stata abrogata da colui che ne era l'autore. Invece di perdere la sua importanza, avrebbe dovuto essere mantenuta e confermata nell'era cristiana, nella misura in cui si comprendeva che la salvezza si poteva ottenere solo tramite il Cristo.

Gesù rese noto al dottore della legge che la condizione per ottenere la vita eterna consisteva nell'adempiere, nella propria esistenza, i comandamenti della legge: essi possono essere riassunti nell'amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutta la forza e nell'amare il prossimo come se stessi. Quando, alla morte del Cristo, furono aboliti i sacrifici del cerimoniale ebraico, la legge originale scolpita su tavole di pietra rimase immutata e la sua validità si estese all'uomo in tutti i tempi. L'era cristiana non ha eliminato i doveri dell'uomo, ma li ha definiti meglio e li ha espressi con maggiore semplicità.

Il Vangelo, nel suo costante sviluppo, richiedeva maggiori fondi per l'espansione dell'opera dopo la morte del Cristo. La generosità è diventata quindi un dovere ancora più urgente di quanto non lo fosse nella dispensazione ebraica. Oggi Dio non chiede meno, ma più di qualsiasi altro periodo della storia del mondo. Il principio stabilito dal Cristo è che i doni e le offerte devono essere proporzionati alla conoscenza e alle benedizioni ricevute. Egli ha detto: "...E a chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato..." Luca 12:48.

Le benedizioni ricevute dai primi discepoli furono trasformate in amor fraterno e in beneficenza. L'effusione dello Spirito di Dio, dopo il ritorno del Cristo in cielo, condusse i discepoli a rinunciare e a sacrificarsi in vista della salvezza degli uomini. Quando i cristiani di Gerusalemme si trovarono in difficoltà, Paolo scrisse ai cristiani della diaspora e disse loro: "Ma siccome voi abbondate in ogni cosa, in fede, in parola, in conoscenza, in ogni zelo e nell'amore che avete per noi, vedete d'abbondare anche in quest'opera di carità". 2 Corinzi 8:7. Qui la generosità è messa sullo stesso piano della fede, dell'amore e dello zelo del cristiano. Coloro che pensano di poter essere dei buoni cristiani pur chiudendo le orecchie e il cuore agli appelli di Dio, che sollecita la loro generosità, sono vittime di terribili illusioni. Molti, infatti, pur affermando a parole di amare la verità, di avere a cuore la sua diffusione, non fanno nulla di concreto. La loro fede è morta perché non è accompagnata dalle opere. Il Signore non ha mai commesso l'errore di convertire un uomo e lasciarlo vittima della sua avidità.

Dai giorni di Adamo

Il sistema della decima è anteriore all'epoca di Mosè. Già ai tempi di Adamo gli uomini furono invitati a offrire a Dio dei doni. Con queste offerte, seguendo le direttive divine, manifestavano il loro apprezzamento per la misericordia e le benedizioni di Dio. Con le generazioni successive questa abitudine si trasmise fino ad Abramo che diede la decima a Melchisedech, sacerdote del Dio Altissimo. Lo stesso principio era in vigore all'epoca di Giobbe. Anche Giacobbe, quando trascorse una notte a Betel, sul sentiero dell'esilio, con una pietra per cuscino, promise a Dio: "...di tutto quello che tu darai a me, io, certamente, darò a te la decima". Genesi 28:22. Tutte le offerte devono essere volontarie. Dio non obbliga gli uomini a dare. Egli non desidera che i fondi messi a disposizione della sua opera provengano da offerte forzate.

Il Signore, affinché gli uomini vivessero in stretta comunione con lui e manifestassero simpatia e amore per i propri simili, affidò loro delle responsabilità che li avrebbero aiutati a lottare contro ogni tendenza all'egoismo e a rafforzare il loro amore nei confronti di Dio e dell'umanità. Il piano dell'economato cristiano è stato elaborato dall'Eterno per il bene dell'uomo che è incline all'egoismo e all'avarizia. Il Signore desidera che le offerte siano fatte in occasioni prestabilite affinché la generosità diventi un'abitudine e la beneficenza un dovere cristiano. Un cuore che è diventato sensibile non deve avere il tempo di raffreddarsi egoisticamente e di chiudersi prima che gli venga lanciato un nuovo appello.

La decima parte delle entrate

Dio ha precisato che la decima parte delle nostre entrate gli appartiene. Tutto è lasciato alla coscienza e alla generosità degli uomini il cui giudizio, in questo sistema della decima, deve essere privo di condizionamenti. Non vi è nessuna costrizione, ma è stato stabilito un piano ben definito per tutti. Nella dispensazione mosaica, Dio invitò gli uomini a offrire la decima parte delle loro entrate. Egli affidò loro l'amministrazione di beni e talenti. Egli ne ha richiesto soltanto la decima parte e questo rappresenta il minimo che l'uomo deve restituirgli. Egli dice: "Io vi do nove decimi e ne chiedo uno: mi appartiene". Quando, però, gli uomini trattengono questa decima parte, derubano l'Altissimo. Oltre alla decima, venivano richieste anche offerte per il peccato e sacrifici di azioni di grazie.

Tutto quello che tratteniamo per noi di questa decima parte delle entrate viene registrato nei libri del cielo come un furto, accanto al nome di chi ne è responsabile. Queste persone derubano Dio e, quando sono messe davanti all'evidenza del peccato commesso, non è sufficiente che cambino modo di agire conformandosi al principio stabilito. Tutto ciò non cancella, nel libro del cielo, i dati relativi alla nostra infedeltà nell'amministrazione dei beni che Dio ci aveva affidato. È necessario pentirsi per questa infedeltà e per la vergognosa ingratitudine che è stata manifestata.

"L'uomo dev'egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: "In che t'abbiam noi derubato?" Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perché mi derubate, voi, tutta quanta la nazione! Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia del cibo nella mia casa, e mettetemi alla prova in questo, dice l'Eterno degli eserciti; e vedrete s'io non v'apro le cateratte del cielo e non riverso su voi tanta benedizione, che non vi sia più dove riporla". Malachia 3:8-10. Questo testo contiene una promessa: se tutte le decime sono portate alla casa del tesoro, la benedizione di Dio si riverserà su colui che ubbidisce.

"E, per amor vostro, io minaccerò l'insetto divoratore; ed egli non distruggerà più i frutti del vostro suolo, e la vostra vigna non abortirà più nella campagna, dice l'Eterno degli eserciti. E tutte le nazioni vi diranno beati, perché sarete un paese di delizie, dice l'Eterno degli eserciti". Malachia 3:11, 12. Se tutti coloro che professano la verità restituiscono a Dio la decima che gli appartiene e si sottomettono alla sua volontà, il tesoro di Dio sarà provvisto dei mezzi necessari all'avanzamento della grande opera per la salvezza degli uomini.

Il Signore affida all'uomo i nove decimi delle sue entrate e chiede che soltanto la decima parte gli venga restituita, così come ha dato all'uomo sei giorni per lavorare e ha riservato per sé e santificato il settimo giorno. Ecco perché, come il sabato, la decima è sacra: Dio se l'è riservata. Egli compirà la sua opera sulla terra tramite i beni che ha affidato agli uomini.

Un tempo Dio invitava il suo popolo a riunirsi tre volte all'anno. "Tre volte all'anno ogni tuo maschio si presenterà davanti all'Eterno, al tuo Dio, nel luogo che questi avrà scelto: nella festa de' pani azzimi, nella festa delle settimane e nella festa delle Capanne; e nessuno si presenterà davanti all'Eterno a mani vuote. Ognuno darà ciò che potrà, secondo le benedizioni che l'Eterno, l'Iddio tuo, t'avrà date". Deuteronomio 16:16, 17. Circa un terzo delle entrate era devoluto per scopi sacri e religiosi.

Ogni volta che il popolo di Dio, in qualsiasi momento della storia del mondo, ha realizzato con gioia e spontaneamente questo piano, tramite i doni e le offerte, ha beneficiato della promessa secondo la quale le sue attività sarebbero state coronate dal successo, in proporzione alla sua ubbidienza. Quando i cristiani si rendono conto delle esigenze di Dio e vi si sottomettono, godono delle ricche benedizioni divine. Ma avendo derubato Dio nelle decime e nelle offerte, sono stati costretti a rendersi conto che danneggiavano se stessi in quanto l'Eterno limitava le sue benedizioni nella misura in cui essi limitavano le loro offerte.

La decima rappresenta un peso?

Alcuni considerano questa legge come una delle più dure per gli ebrei. In realtà tutto ciò non rappresentava un peso per colui che amava Dio. Lo diventava quando l'egoismo si rafforzava; trattenendo ciò che spettava al Signore, gli uomini perdevano di vista i valori eterni e attribuivano ai beni terreni un'importanza maggiore della salvezza degli uomini. Per il popolo di Dio degli ultimi tempi si presentano necessità ancora più urgenti di quelle che incombevano sull'antico Israele, perché in un tempo brevissimo deve essere compiuta un'opera vasta e importante. Dio non ha mai voluto che il principio della decima perdesse la sua importanza per il suo popolo; anzi, egli voleva che lo spirito di sacrificio si estendesse e si approfondisse in vista dell'opera finale.

La generosità sistematica non deve diventare una costrizione sistematica. Solo le offerte volontarie sono gradite a Dio. La vera generosità cristiana scaturisce da un amore riconoscente. L'amore per il Cristo non può essere disgiunto da un corrispondente amore nei confronti di coloro che è venuto a redimere. L'amore per il Cristo deve essere un principio che domina l'intero essere, un principio che controlla tutte le emozioni e le energie. L'amore che redime dovrebbe risvegliare tutto l'affetto e tutta l'abnegazione che possono esistere nel cuore dell'uomo. Quando questo si verifica, non saranno più necessari gli appelli per vincere l'egoismo, risvegliare la sensibilità e ottenere offerte generose in favore dell'opera di Dio.

Gesù ci ha riscattati con un sacrificio di un valore inestimabile e quindi tutte le nostre capacità, l'influsso che possiamo esercitare gli appartengono e devono essere messi a sua completa disposizione. In questo modo manifesteremo la nostra gratitudine nei confronti di colui che ci ha riscattati dalla schiavitù del peccato con l'offerta del proprio sangue. Il Salvatore agisce sempre in nostro favore. Asceso in cielo, intercede per noi presentando al Padre le sue sofferenze sulla croce. Egli mostra le mani ferite e intercede per la sua chiesa affinché essa possa resistere alla tentazione.

Se le nostre facoltà potessero essere potenziate per permetterci di comprendere tutta la portata di questa meravigliosa opera compiuta dal Salvatore per la nostra redenzione, i nostri cuori sarebbero pervasi da un amore profondo e ardente e quindi saremmo preoccupati per la nostra apatia e per la nostra indifferenza. L'amore motiverebbe la nostra consacrazione e la nostra generosità; in questo modo, anche la più piccola offerta, data con entusiasmo, avrebbe un valore infinito. Dopo aver donato spontaneamente al nostro Maestro tutto ciò che potevamo offrire, qualunque fosse il suo valore per noi, considerando il nostro debito di riconoscenza nei confronti di Dio, le nostre offerte ci sembreranno veramente insignificanti. Gli angeli, però, prenderanno in considerazione queste offerte, che a noi sembrano così misere, le presenteranno davanti al trono di Dio ed esse saranno accettate.

In quanto discepoli del Cristo non ci rendiamo conto della nostra vera posizione. Non abbiamo un'esatta visione delle nostre responsabilità come collaboratori di Gesù. Egli ha scontato la nostra pena tramite la sua vita di sofferenze e ha sparso il suo sangue per unirci a lui. Tutti i favori di cui godiamo ci sono stati accordati dal nostro Salvatore. Egli ci ha scelto come suoi amministratori. Le nostre offerte più modeste, i nostri servizi più umili, se presentati con fede e amore, possono essere considerati dei doni utilizzati per guidare altri al servizio del Maestro ed esaltare la sua gloria. L'interesse e la prosperità del regno del Cristo dovrebbero essere anteposti a tutto. Quelli che fanno del proprio piacere e del proprio interesse egoistico i principali obiettivi della vita non sono amministratori fedeli.

Chi rinuncia a se stesso, in favore del bene degli altri, e si consacra al servizio del Cristo con tutto ciò che possiede, proverà quella felicità che l'egoista persegue invano. Il Salvatore disse: "Così dunque ognun di voi che non rinunzi a tutto quello che ha, non può esser mio discepolo". Luca 14:33. La carità "non ricerca il proprio interesse". Essa è il frutto dell'amore e della generosità disinteressata che caratterizzavano la vita del Cristo. Con la legge di Dio nei nostri cuori subordineremo i nostri interessi alle realtà eterne.

Un tesoro sulla terra

Il Cristo ci esorta a cercare, prima di ogni altra cosa, il regno di Dio e la sua giustizia. È questo il nostro primo e più alto dovere. Il Maestro avvertì i suoi discepoli invitandoli a non accumulare tesori sulla terra, perché in questo modo si sarebbero legati alle realtà terrene piuttosto che a quelle celesti. È in questo senso che molti hanno abbandonato la fede. Sono andati esattamente nel senso contrario all'invito espresso dal Signore e hanno permesso che l'amore del denaro diventasse la passione dominante della loro vita. Hanno fatto sforzi inauditi per accumulare denaro e sono dominati da questa passione sfrenata per le ricchezze come l'alcolizzato per le bevande alcoliche.

I cristiani dimenticano di essere collaboratori del Maestro e quindi dimenticano che la loro vita, il loro tempo e tutto ciò che possiedono appartengono a lui. Molti sono tentati e la maggior parte è sopraffatta dalle allettanti seduzioni di Satana che vuole indurli a investire le loro ricchezze in modo da ottenere il maggiore profitto finanziario. Solo pochi riconoscono i diritti che Dio può esercitare nei loro confronti e il fatto che dovrebbero occuparsi, prima di tutto, delle necessità dell'opera e poi pensare a se stessi. Non sono molti coloro che investono il denaro nell'opera di Dio in proporzione ai mezzi di cui dispongono. Molti hanno impegnato il loro denaro per l'acquisto di proprietà che ora dovrebbero vendere per poter investire in favore della chiesa. Questo rappresenta una scusa per giustificare le scarse offerte al loro Redentore. Essi hanno praticamente seppellito il loro talento, come l'uomo della parabola, e non restituiscono a Dio la decima che egli reclama. Nel derubarlo essi si privano delle ricchezze celesti.

Per il bene dell'uomo

Il piano di Dio relativo alle offerte non è un peso per nessuno. "Or quanto alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi. Ogni primo giorno della settimana ciascun di voi metta da parte a casa quel che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci sian più collette da fare". 1 Corinzi 16:1, 2. I poveri non sono esclusi dal privilegio di dare. Anch'essi possono, come i ricchi, partecipare a quest'opera. La lezione del Cristo a proposito dei due spiccioli della vedova insegna che anche le offerte esigue ma spontanee del povero, se motivate dall'amore, sono accettate, come quelle più consistenti del ricco.

Sulle bilance celesti le offerte dei poveri non vengono valutate in base all'entità del dono, ma secondo l'amore che ha spinto a compiere quel gesto. Le promesse di Gesù si adempiranno per il povero che ha donato soltanto una piccola somma, ma con gioia, e anche per il ricco che ha offerto il superfluo. Il povero ha fatto un vero sacrificio mentre il ricco ha dato senza risentire della privazione. Ecco perché l'offerta del povero ha un carattere sacro che quella del ricco non ha. Dio ha predisposto un piano di offerte sistematiche per il bene dell'uomo e questo piano è sempre valido. Se i figli di Dio lo seguiranno diventeranno efficienti collaboratori nella sua opera.

Coloro che sottraggono dal tesoro di Dio per accumulare denaro per i propri figli mettono in pericolo gli interessi spirituali di questi ultimi. I loro beni diventano un inciampo per loro stessi e per i figli, provocandone forse la rovina spirituale. Molti commettono gravi errori economizzando e sottraendo a sé e agli altri quei benefici che potrebbero derivare da un saggio uso dei beni affidati loro e diventano avari ed egoisti. Trascurano i loro veri interessi e non crescono spiritualmente per il solo piacere di accumulare denaro, che poi non utilizzano. Lasciano tutto ai figli e, in nove casi su dieci, questo risulta una maledizione maggiore per gli eredi che per loro stessi. I figli, contando sui beni dei genitori, spesso non hanno successo in questa vita e generalmente perdono anche quella eterna.

La migliore eredità che i genitori possono lasciare ai figli è insegnare loro un lavoro utile e dare l'esempio di una vita caratterizzata dalla generosità. Con questo stile di vita essi riveleranno il vero valore del denaro, che non va apprezzato solo per il bene che può procurarci nel sopperire alle nostre necessità personali, ma a provvedere a quelle degli altri e a contribuire allo sviluppo dell'opera di Dio.

Le responsabilità del povero

Alcuni sono desiderosi di dare in proporzione a ciò che posseggono e sanno che Dio non chiede loro nient'altro, perché non hanno molto denaro. Essi non hanno delle entrate sufficienti per poter risparmiare, dopo aver provveduto a soddisfare i bisogni della famiglia. Vi sono, però, molti che potrebbero rivolgere a se stessi la domanda: "Offro in base a ciò che posseggo?" Dio desidera che vengano utilizzate le facoltà del corpo e della mente. Alcuni non hanno sfruttato al massimo le possibilità concesse loro da Dio. Il lavoro è il retaggio del peccato dell'uomo. Il benessere fisico, mentale e morale dell'uomo implica che egli impegni la sua vita in un lavoro utile. L'apostolo esortava: "...non siate pigri..." Romani 12:11. Nessuno, povero o ricco che sia, può glorificare Dio con una vita indolente. Tutto il capitale di cui dispongono molti uomini poveri si riduce al tempo e all'energia fisica che spesso vengono sprecati nell'amore per la comodità e nella pigrizia, tanto che essi non hanno nulla da presentare a Dio sotto forma di decime e offerte. Se alcuni cristiani mancano di quella saggezza che permette di lavorare adeguatamente e utilizzare le proprie energie fisiche e mentali, devono avere l'umiltà sufficiente per accettare i consigli e i suggerimenti dei fratelli il cui buon senso potrà sopperire alle loro lacune. Molti sono contenti di non impegnarsi per il bene del prossimo e per l'opera di Dio, anche se in realtà potrebbero fare molto se solo lo volessero. Essi sono responsabili, nei confronti di Dio, del loro patrimonio di energie fisiche, così come lo sono i ricchi per il loro, quello economico.

Alcuni di coloro che dovrebbero portare del denaro al tesoro di Dio, in realtà ne beneficiano. Alcuni che ora sono poveri avrebbero potuto migliorare la loro condizione grazie a un uso giudizioso del tempo, non impegnandosi in speculazioni per guadagnare del denaro in modo più facile rispetto a un lavoro paziente e perseverante. Se coloro che non hanno riportato dei successi nella vita desiderassero lasciarsi guidare, potrebbero imparare a rinunciare ed economizzare e avrebbero così la soddisfazione di esercitare la generosità invece di esserne l'oggetto. Molti sono pigri e se facessero tutto quello che sono in grado di fare sperimenterebbero la grande benedizione che si ottiene aiutando gli altri e si accorgerebbero che "più felice cosa è il dare che il ricevere".

La generosità, se ben orientata, agisce sulle facoltà mentali e morali dell'uomo e lo motiva a compiere le azioni più nobili sia per aiutare i bisognosi sia per sviluppare l'opera di Dio. Se coloro che dispongono di capitali si rendessero conto di essere responsabili nei confronti di Dio per il denaro che spendono, i loro presunti bisogni diminuirebbero. Se la loro coscienza fosse sensibile si renderebbero conto dei loro errori ogni volta che cedono alle passioni, all'orgoglio, alla vanità, all'amore per i divertimenti e allo spreco del denaro del Signore che avrebbe dovuto essere consacrato alla sua opera. Chi dilapida le ricchezze dell'Eterno, un giorno dovrà rendere conto al Maestro del proprio comportamento.

Un avvertimento ai ricchi

Se coloro che si definiscono cristiani spendessero meno denaro per adornarsi, abbellire le loro case, guarnire le loro tavole o acquistare alimenti che mettono a repentaglio la salute, potrebbero essere più generosi nelle offerte per il tesoro di Dio. In questo modo imiterebbero il loro Redentore che ha lasciato il cielo, le sue ricchezze, la sua gloria ed è diventato povero in vista della nostra salvezza affinché potessimo ottenere le ricchezze eterne.

Se siamo troppo poveri per restituire fedelmente a Dio le decime e le offerte che egli richiede, siamo anche troppo poveri per spendere il nostro denaro in abiti e cibi, perché in questo modo sprechiamo il denaro del Signore per i nostri piaceri. Dovremmo chiederci: "Quale tesoro ci siamo assicurati nel regno di Dio? Siamo ricchi per il Signore?"

Gesù diede ai suoi discepoli una lezione sull'avidità: "...La campagna d'un certo uomo ricco fruttò copiosamente; ed egli ragionava così fra se medesimo: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Questo farò: demolirò i miei granai e ne fabbricherò dei più vasti, e vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all'anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi, godi. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quel che hai preparato, di chi sarà? Così è di chi tesoreggia per sé, e non è ricco in vista di Dio". Luca 12:16-21.

La durata e la felicità della vita non dipendono dai beni terreni. Quest'uomo ricco, ma sciocco, per il suo egoismo esasperato aveva accumulato delle ricchezze che non poteva sfruttare. Egli era vissuto unicamente in funzione di se stesso; aveva sfruttato metodi disonesti per concludere abili affari, senza preoccuparsi di esercitare né la misericordia né l'amore di Dio. Egli aveva derubato l'orfano e la vedova e frodato il prossimo per accrescere sempre più i propri capitali. Avrebbe potuto benissimo accumulare i suoi tesori in cielo dove nulla perde il suo valore, ma, a causa della sua avidità, perse tutto. Quanti, invece, utilizzano umilmente alla gloria di Dio i beni che egli ha affidato loro, un giorno riceveranno il premio da Dio stesso, insieme alla benedizione: "...Va bene, buono e fedel servitore... entra nella gioia del tuo Signore". Matteo 25:23.

Quando ci soffermiamo a considerare l'immenso sacrificio fatto per la salvezza degli uomini, ci sentiamo sopraffatti dallo stupore. Quando nel cuore umano regna l'egoismo e l'uomo è tentato di utilizzare a proprio vantaggio ciò che invece dovrebbe servire per aiutare il prossimo, il pensiero di colui che ha rinunciato alle proprie ricchezze per scendere sulla terra e diventare povero dovrebbe rafforzare la sua convinzione di impegnarsi in favore del bene. Questo sacrificio è stato compiuto perché potessimo ottenere le ricchezze eterne.

Il Cristo ha percorso la via della rinuncia e del sacrificio ed è questa stessa via che tutti i suoi discepoli devono seguire se vogliono, alla fine, partecipare alla gloria del Maestro. Gesù ha voluto condividere le nostre sofferenze. Spesso la mente degli uomini si sclerotizza ed essi vedono soltanto le realtà terrene che eclissano la gloria e il valore di quelle celesti. Gli uomini percorrono terra e mare per guadagnare denaro e sopportano privazioni e sofferenze per raggiungere i loro obiettivi, ma trascurano gli interessi spirituali e non si occupano affatto delle ricchezze eterne. Altri uomini, invece, relativamente poveri, spesso sostengono maggiormente l'opera di Dio. Nelle loro ristrettezze essi sono comunque disponibili, esercitando questa loro spontaneità con continue manifestazioni di generosità. Quando le spese praticamente equivalgono alle entrate c'è ben poco margine per attaccarsi alle ricchezze terrene.

Molti, quando cominciano ad arricchirsi, fanno dei calcoli per sapere in quanto tempo riusciranno a raccogliere una determinata somma di denaro. Nella loro ansia di accumulare dei beni, essi trascurano di crescere spiritualmente. Le loro offerte non aumentano in proporzione alle loro entrate. Nella misura in cui si sviluppa la loro passione per le ricchezze, tutti i loro interessi si concentrano sui beni terreni. Se i loro capitali aumentano cresce il desiderio di investire costantemente e alcuni giungono a considerare la decima come un'imposizione ingiusta e severa da parte di Dio. La Parola ispirata insegna: "...se le ricchezze abbondano, non vi mettete il cuore". Salmi 62:10. Molti dicono: "Se fossi ricco come il tale, moltiplicherei i miei doni per l'opera di Dio. Se avessi delle ricchezze non farei altro che utilizzarle per la proclamazione del suo messaggio". Dio ha messo alla prova alcuni affidando loro dei capitali, ma con le ricchezze sono aumentate le tentazioni e la loro generosità è diminuita rispetto a quella che manifestavano quando erano poveri. Il desiderio sfrenato di ottenere sempre maggiori ricchezze ha assorbito la loro mente e il loro cuore al punto da giungere a una forma di idolatria.

Fedeltà assoluta

Colui che offre agli uomini le ricchezze infinite e la vita eterna nel suo regno, come premio di una fedele ubbidienza, non può accettare un cuore diviso. Noi viviamo in mezzo alle tentazioni degli ultimi tempi, dove tutto contribuisce a distogliere la mente e gli affetti da Dio. Potremo percepire e apprezzare chiaramente il nostro dovere solo quando lo considereremo alla luce della vita del Cristo. Come il sole sorge da oriente e inonda di luce tutto il mondo, fino a occidente, il discepolo del Cristo sarà una luce per il suo prossimo. Egli percorrerà il mondo affinché coloro che vivono nelle più fitte tenebre spirituali possano essere illuminati e riscaldati dai suoi raggi. Il Cristo definisce così i suoi discepoli: "Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può rimaner nascosta". Matteo 5:14.

Gesù, il nostro grande esempio, era altruista. Coloro che si definiscono suoi discepoli potrebbero avere un comportamento opposto? Il Salvatore offrì tutto per un mondo votato alla rovina, fino a donare se stesso. La chiesa di Dio si è addormentata: è indebolita dall'inattività. Da ogni parte del mondo echeggia il grido: "Venite ad aiutarci!", ma questi appelli rimangono senza risposta. Solo di tanto in tanto si nota un piccolo sforzo: alcuni manifestano il desiderio di collaborare con il Cristo, ma spesso sono lasciati soli a lavorare. Abbiamo solo un missionario al di fuori degli Stati Uniti.1

La verità è potente, ma non viene messa in pratica. Non basta deporre il denaro sopra l'altare: Dio cerca degli uomini, dei volontari, per diffondere il messaggio della verità ad altre "nazioni, lingue e popoli". Il successo non dipende né dal numero né dalle ricchezze, ma dalla dedizione all'opera, dal coraggio morale, dall'amore per gli uomini e dall'impegno costante.

La gioia di offrire

Molti hanno considerato gli ebrei come un popolo da commiserare perché era continuamente sollecitato a partecipare al sostentamento della struttura religiosa. Dio, però, che ha creato l'uomo e lo ha colmato di tutte le benedizioni di cui gode, sapeva ciò che era necessario per il bene del suo popolo e ha fatto in modo che i nove decimi che rimanevano, accompagnati dalla sua benedizione, avessero maggior valore della totalità delle entrate senza la benedizione divina. Se qualcuno, per egoismo, derubava Dio o gli offriva qualcosa di imperfetto, ne ricavava senz'altro un danno e una perdita. L'Eterno legge nei cuori; egli conosce i progetti degli uomini e quindi saprà agire al momento opportuno e nel modo più corretto.

Il sistema della decima si fonda su un principio permanente come la legge di Dio: era una benedizione per gli ebrei e sarà una benedizione anche per quanti lo osserveranno fino alla fine dei tempi. Il nostro Padre celeste non ha concepito questo piano per arricchirsi, ma per accordare agli uomini una grande benedizione. Ha visto che questo piano era proprio ciò di cui l'uomo aveva bisogno.

Le chiese che sistematicamente e generosamente sostengono l'opera di Dio, sono anche le più ricche spiritualmente. La vera generosità dei discepoli del Cristo è quella che li porta a identificare i propri interessi con quelli del Maestro. Dio ha voluto che gli ebrei e il suo popolo, fino alla fine dei tempi, adottassero questo piano che richiede delle offerte proporzionate alle entrate. Il piano della salvezza fu elaborato a prezzo di un sacrificio infinito: il sacrificio del Figlio di Dio. Il messaggio del Vangelo, che scaturisce dalla croce del Cristo, condanna l'egoismo e incoraggia la generosità. Non ci si deve lamentare perché gli appelli alla generosità aumentano continuamente. Dio, nella sua lungimiranza, esorta i suoi figli a uscire dalla loro limitata sfera d'azione per lanciarsi in grandi imprese. In quest'epoca di fitte tenebre spirituali è richiesto un impegno senza limiti. La mondanità e l'avidità distruggono le forze vitali del popolo di Dio. I credenti devono comprendere che è Dio, nella sua misericordia, a moltiplicare le richieste di denaro. L'angelo di Dio considera la beneficenza sullo stesso piano della preghiera. Nel caso di Cornelio, l'angelo disse: "...Le tue preghiere e le tue elemosine son salite come una ricordanza davanti a Dio". Atti 10:4.

Il Cristo insegnò: "Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere?" Luca 16:11. La salute spirituale e la prosperità della chiesa dipendono in modo particolare dalla sua generosità. Essa è paragonabile alla linfa vitale che deve fluire in tutto l'organismo vivificando tutte le membra del corpo. Essa ci rende sensibili nei confronti dei nostri simili, perchè lo spirito di rinuncia e di sacrificio rende più profonda la nostra comunione con il Cristo che per amor nostro ha rinunciato alle sue ricchezze. Più offriamo in favore dell'opera di Dio, per contribuire alla salvezza degli uomini, più ci sentiamo uniti a loro. Se fossimo anche la metà di quanti siamo, ma tutti collaboratori fedeli, avremmo una potenza tale da scuotere il mondo. A coloro che collaborano attivamente il Cristo dice: "...Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente". Matteo 28:20.

In tutto il mondo

Incontreremo un'opposizione determinata da motivi egoistici, da bigottismo e da pregiudizi, ma con grande coraggio e fede profonda dobbiamo seminare ovunque. Gli agenti di Satana sono forti, ma dobbiamo affrontarli e combatterli. La nostra attività non deve limitarsi al nostro paese, perché il campo è il mondo ed è giunto il tempo del raccolto. L'ordine dato dal Cristo ai discepoli, poco prima di salire al cielo, è stato: "...Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura". Marco 16:15.

Siamo molto rattristati nel vedere alcuni dei nostri pastori che viaggiano da una chiesa all'altra, apparentemente facendo notevoli sforzi, ma non avendo praticamente nulla da presentare come risultato del loro lavoro. Il campo è il mondo. È necessario che si rivolgano ai non credenti e si impegnino per trasmettere il messaggio della verità agli uomini. Noi ricordiamo ai nostri fratelli e sorelle l'esempio di Abramo che salì sul monte Moria per offrire suo figlio, secondo l'ordine di Dio. Questa è l'ubbidienza! Questo è il sacrificio! Mosè viveva alla corte d'Egitto e poteva sperare di diventare un giorno faraone. Ma rinunciò a quella prospettiva allettante e "...rifiutò d'esser chiamato figliuolo della figliuola di Faraone, scegliendo piuttosto d'esser maltrattato col popolo di Dio, che di godere per breve tempo i piaceri del peccato; stimando egli il vituperio di Cristo ricchezza maggiore de' tesori d'Egitto, perché riguardava alla rimunerazione". Ebrei 11:24-26.

Gli apostoli non erano attaccati alla loro vita e si rallegravano di essere considerati degni di soffrire in nome del Cristo. Paolo e Sila persero tutto. Dopo essere stati percossi vennero brutalmente gettati sul freddo suolo di una cella sotterranea, con i piedi legati ai ceppi. Il carceriere non udì nessun lamento; anzi, da quel cunicolo interno del carcere delle voci ruppero il silenzio della notte: erano dei canti di gioia e di lode che salivano a Dio. Quei discepoli, sostenuti da un profondo e sincero amore per il Redentore, erano lieti di soffrire in favore della sua opera.

Se la verità divina riempie i nostri cuori, assorbe i nostri affetti e guida la nostra vita, le sofferenze saranno affrontate con gioia. Né le mura di un carcere né il ceppo del martirio potranno frenarci od ostacolarci in questa grande opera.

Contempliamo la scena del Calvario, consideriamo l'umile vita del Figlio di Dio: "...uomo di dolore, familiare col patire..." Isaia 53:3. Meditiamo sulle infamie subite, sulla sua agonia nel Getsemani e impariamo che cos'è la rinuncia! Forse siamo in difficoltà? Anche il Cristo lo è stato, proprio lui, il Sovrano del cielo. Egli si è fatto povero per amor nostro. Forse siamo ricchi? Anch'egli lo era. Eppure ha accettato, per amor nostro, di diventare povero affinché, grazie alla sua povertà, potessimo diventare ricchi. In Cristo abbiamo l'esempio della rinuncia. Il suo sacrificio non consisteva semplicemente nel lasciare il cielo, nell'essere trattato da uomini malvagi come un criminale, essere condannato e giustiziato come un malfattore e portare su di sé il peso dei peccati del mondo. La vita del Cristo condanna la nostra indifferenza e la nostra freddezza. Noi siamo giunti alla fine dei tempi, all'epoca in cui Satana manifesta la sua ira sapendo che ha poco tempo. Egli fa tutto il possibile per condurre gli uomini alla perdizione. Dio ci ha affidato il compito di lottare con tutta la nostra forza. Non facciamo neppure la minima parte di quel che potremmo se fossimo veramente consapevoli della missione da compiere; lo sviluppo dell'opera è ritardato dall'amore per le comodità e dalla mancanza di quello spirito di sacrificio che ha dimostrato il nostro Salvatore.

Occorrono dei collaboratori del Cristo, degli uomini che si rendano conto della necessità di impegnarsi maggiormente. L'attività delle nostre case editrici non deve essere rallentata, ma raddoppiata. Si devono organizzare delle scuole in vari luoghi affinché i nostri giovani possano prepararsi in vista della proclamazione del messaggio del Vangelo.

È già stato perso molto tempo e gli angeli hanno registrato la nostra trascuratezza. La nostra apatia e la nostra mancanza di consacrazione ci hanno fatto perdere di vista le preziose occasioni che Dio ci ha offerto tramite coloro che erano in grado di aiutarci. Quanto avremmo bisogno di una Hannah More che collabori nel nostro programma di evangelizzazione di altre nazioni! La sua grande conoscenza dei territori missionari ci permetterebbe di entrare in paesi di cui non conosciamo la lingua. Dio aveva permesso che collaborasse con noi per colmare le nostre insufficienze, ma noi non abbiamo saputo apprezzarla ed egli, allora, ce l'ha tolta. Ella riposa, ma le sue opere sono una testimonianza in suo favore. È deplorevole il fatto che la nostra opera missionaria sia ritardata perché non sappiamo come raggiungere le varie nazioni e località della terra.2

Sono profondamente dispiaciuta al pensiero di quei doni che abbiamo perso, mentre avremmo potuto utilizzarli se fossimo stati più sensibili. Alcuni operai sono stati richiamati dai campi dove era giunto il tempo della mietitura. Il popolo di Dio deve umiliarsi davanti all'Altissimo e pregare il Signore perché egli perdoni la nostra apatia, la nostra indulgenza egoistica e cancelli il ricordo doloroso dei doveri trascurati e dei privilegi non sfruttati. Contemplando la croce del Calvario il vero cristiano rinuncerà all'idea di limitare le sue offerte al superfluo e percepirà il chiaro invito di andare a lavorare nella "vigna del Signore". Quando Gesù stava per salire al cielo, disse ai discepoli: "...Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura". Marco 16:15. "...Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Matteo 10:8. Vogliamo rinunciare a noi stessi affinché "il grano possa essere raccolto"?

Dio ha bisogno del nostro influsso e dei nostri beni. Rifiuteremo di ubbidire? Il nostro Padre celeste ci benedice materialmente e chiede una parte dei beni che ci ha affidato per metterci alla prova e vedere se noi siamo degni o meno di ricevere il dono della vita eterna.

Dio gradisce le offerte dei bambini. Il loro valore sarà proporzionato allo spirito che le determina. Il povero, nel seguire la regola indicata dall'apostolo, che consiste nel mettere da parte ogni settimana una piccola somma, contribuisce ad accrescere il tesoro di Dio. I suoi doni sono apprezzati dal Signore perché egli compie dei sacrifici maggiori di quelli fatti dai fratelli più facoltosi. Il piano della generosità sistematica preserverà ogni famiglia dalla tentazione di spendere il suo denaro per cose inutili e rappresenterà una particolare benedizione per il ricco perché gli permetterà di non lasciarsi andare a stravaganze. -- Testimonies for the Church 3:412 (1875).